La risposta dei palestinesi agli incendi in Israele: se fossero intenzionali, sarebbe una follia.

di Amira Hass – 25 novembre 2016, Haaretz

Gli incendi in Israele sono stati acclamati in commenti online da Gaza e da Paesi arabi, ma molti altri palestinesi dicono: questi sono i nostri alberi e le nostre terre, quindi perché distruggerli?

“Cosa pensate del fatto che l’incendio sia scoppiato vicino a voi, accanto alla base militare di Neveh Yair?” ho chiesto per telefono, parlando ad amici del villaggio di Nabi Saleh, in Cisgiordania, dopo essermi assicurata che il fuoco fosse sufficientemente lontano e loro fossero in salvo.

“Oh, è l’esercito.” ha detto un amico – ancor prima che fosse data la notizia che un soldato sbadato potesse aver gettato via una sigaretta accesa.

La gente del villaggio ha smesso di contare quante volte i loro campi hanno preso fuoco a causa di granate assordanti e di lacrimogeni lanciati dai soldati per reprimere manifestazioni contro il furto di una sorgente da parte dei coloni.

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“Siete sicuri che non siano intenzionali?” ho chiesto; era chiaro che mi stavo riferendo alla possibilità che un palestinese avesse appiccato il fuoco.

Un amico ha affermato: “E’ impossibile. E se qualcuno lo avesse fatto di proposito, sarebbe folle, irrazionale e sbagliato. Sono la natura e l’ambiente ad essere danneggiati: alberi ed animali.”

C’erano informazioni su un incendio scoppiato nei pressi della colonia di Mevo Horon, e sull’evacuazione di escursionisti dal “Canada Park” nell’enclave di Latrun. Ho chiamato un conoscente che vive nel villaggio di Beit Liqya, al di là della barriera di separazione [cioè in territorio israeliano. Ndtr.].

“Cosa pensi che sia accaduto?” chiedo dopo essermi assicurata che stesse bene. “Qualcuno ha buttato una sigaretta da un’auto di passaggio,” ha sostenuto.

Il mio conoscente è originario di Beit Nuba. L’esercito espulse i residenti di questo villaggio e dei villaggi circostanti di Yalo e Imwas subito dopo che furono conquistati nella guerra del 1967. Mevo Horon fu costruito sulle terre di Beit Nuba. Il Fondo Nazionale Ebraico [organizzazione che promuove la colonizzazione della Palestina. Ndtr.] ha costruito il “Canada Park” sulle rovine di Yalo e Imwas. Il nome commemora gli ebrei canadesi che hanno donato fondi per crearlo.

” Secondo te l’incendio non è intenzionale?” ho chiesto. Il mio conoscente ha pensato che mi stessi riferendo ai sospetti che i palestinesi avessero appiccato il fuoco.

“In primo luogo, nessun palestinese ha il permesso di entrare in quell’area, salvo gli operai che si guadagnano lo stipendio nella colonia,” ha detto. “Secondo, ci sono i nostri alberi là, i nostri morti sepolti nei cimiteri, le cisterne d’acqua scavate dai nostri nonni. Ci ritorneremo, perché distruggerli?”

Le informazioni sui siti di notizie arabi sono deliranti. Ci sono commenti secondo cui l’entità (sionista) sarà bruciata – come punizione per la legge che proibisce di diffondere il richiamo alla preghiera con altoparlanti, la mano di dio. Ci sono citazioni dal Corano che avvalorano questo, come anche critiche all’Autorità Nazionale Palestinese, che vorrebbe ancora una volta offrire le proprie attrezzature per combattere gli incendi.

Un esame approssimativo mostra che molte delle persone che si rallegrano risiedono in Paesi limitrofi (Egitto, Giordania). Gli abitanti di Gaza che tifano per gli incendi rivelano solo quanto il blocco israeliano della Striscia li abbia separati dal resto del loro popolo. Non sanno che ci sono palestinesi che vivono ad Haifa e nei dintorni? Non sanno che ci sono carcerati palestinesi nella prigione di Damon (costruita sul villaggio di Damon distrutto nel 1948)?

Ovviamente ci sono molti altri post, scritti da palestinesi, che si prendono gioco di quelli che plaudono e sono furiosi contro di loro perché dimenticano che “gli alberi sono i nostri, la terra è la nostra, il Paese è il nostro.”

Qualcuno ha scritto: “Smettetela con le fesserie. Gli incendi sono scoppiati anche in Giordania. Per che cosa dio la starebbe punendo?” I sospetti comuni contro i palestinesi espressi dal ministro dell’Educazione Naftali Bennett e dal primo ministro Benjamin Netanyahu si diffondono nel sottobosco israeliano di arroganza e pregiudizio.

“Il sospetto automatico nasconde una profonda, sorprendente visione, non solo ignoranza e razzismo, ” ha affermato un amico palestinese della Galilea. ” A quanto pare gli ebrei israeliani si rendono conto che l’oppressione e l’espropriazione del popolo palestinese da parte di Israele e la nostra perdita della speranza stanno prendendo dimensioni apocalittiche. Gli israeliani si aspettano che la nostra risposta all’oppressione sia anch’essa apocalittica. E non lo è.”

(traduzione di Amedeo Rossi)