Uno o due stati, Israele ha il potere di manipolare il compromesso palestinese

Ramona Wadi

12 luglio 2018, middleeastmonitor.com

In seguito alla dichiarazione del 2016 del Quartetto sul Medio Oriente che ha reso obsoleto il compromesso dei due stati, la comunità internazionale, compresi i rappresentanti del Quartetto, non è riuscita a trovare altre strategie. La diplomazia internazionale ha deciso di estendere la farsa del far vedere di star lavorando per l’impossibile.

Ci sono altre narrazioni che contribuiscono a questa illusione. Da un lato, l’Autorità Nazionale Palestinese ha ripetutamente sollecitato l’attuazione del paradigma dei due stati, mettendo la leadership in linea con gli obiettivi internazionali e, contemporaneamente, in contrasto con le aspirazioni palestinesi. Nel frattempo, Israele è diventato irremovibile nel suo rifiuto di consentire lo scenario dei due stati.

Nel giro di pochi giorni, il ministro della Scienza e della Tecnologia Ofir Akunis, così come il sindaco di Gerusalemme Nir Barkat, hanno confermato il loro rifiuto a prendere in considerazione l’opzione dei due stati. Come riporta Israel National News, Akunis ha sottolineato: “Durante l’era Obama e Kerry ho detto che non ci sarebbe stata una soluzione a due stati e ho orientato in tal senso l’opinione pubblica in Israele, negli Stati Uniti e in Europa”. Ha affermato che i sostenitori dei due stati cercherebbero di “distruggere l’esistenza di Israele” attraverso “l’istituzione di uno Stato palestinese terrorista “.

In un’intervista con la BBC, Barkat ha respinto l’idea dei due stati e ha proposto un sistema in cui ai palestinesi sarebbe concessa parziale autonomia, mentre Israele sarebbe rimasto “saldamente responsabile della sicurezza e della difesa”. Israele, ha aggiunto, è “l’unica democrazia – una vera democrazia in Medio Oriente.

Una parte di questa equazione viene costantemente omessa. Sia che la comunità internazionale, Israele e l’ANP parlino di uno o di due stati, il risultato finale è comunque un sistema oppressivo per i palestinesi. Questo perché la sola narrativa e il solo risultato che venga preso seriamente in considerazione è la sopravvivenza di Israele come entità coloniale. Attualmente, vi è una discrepanza per cui la soluzione dei due stati è ancora oggetto di discussione da parte della comunità internazionale, con solo l’ANP ad essere veramente interessato ad una soluzione, mentre Israele sta apertamente rifiutandola per creare prospettive di maggiore espansione coloniale.

C’è dell’ironia nel fatto che mentre Israele sta rafforzando la sua netta opposizione alla possibilità di due stati, la leadership palestinese propenda in tal senso. La persistente richiesta di negoziati da parte dell’Autorità Nazionale Palestinese per creare uno stato frammentato sul territorio, del tutto privo di contiguità, ostruisce la strada all’emergere delle crescenti richieste palestinesi di uno stato decolonizzato. Quindi, la narrazione prevalente di un solo stato è quella del “Grande Israele”, e intanto l’ANP si mette contro alle richieste di decolonizzazione della gente. Sostiene anche una situazione per cui i Paesi che appoggiano la Palestina non hanno altra opzione diplomatica che sostenere strategie che possono solo contribuire all’eliminazione di ciò che rimane della terra palestinese. Ciò fa anche sì che il sostegno diplomatico internazionale alla Palestina sia sintonizzato solo con l’ANP per quel che riguarda le richieste internazionali, mentre la gente è dimenticata.

Quindi, se il compromesso dei due stati verrà alla fine completamente abbandonato, le uniche narrazioni che la comunità internazionale prenderà in considerazione saranno quelle provenienti da Israele. Dunque, proprio come l’attuale presunta soluzione è progettata per dare a Israele il maggior tempo possibile per implementare la sua espansione, qualsiasi altro paradigma futuro legittimerà semplicemente le ulteriori violazioni che Israele commette nel suo tentativo di colonizzare l’intero territorio che un tempo era la Palestina storica.

(Traduzione di Luciana Galliano)