Hebron, colpita dal coronavirus, lotta contro lo stigma sociale e l’occupazione israeliana

Mustafa Abu Sneineh

15 luglio 2020 – Middle East Eye

La più grande città della Cisgiordania è un microcosmo delle sfide che affrontano i palestinesi mentre cercano di combattere il Covid-19.

Se si cammina per le strade di Hebron è facile sentire le persone salutarsi con lo stesso modo di dire: “Ti bacerò sulle guance nonostante il coronavirus.”

È una frase che sta destando sempre più preoccupazione tra le autorità della più grande città della Cisgiordania.

Hebron è stata colpita duramente dalla seconda ondata di coronavirus, che si è manifestata all’inizio di giugno dopo che sembrava che la Cisgiordania avesse superato la fase peggiore della pandemia. In questa sola settimana sono morti di Covid-19 una bambina di 12 anni, tre donne e un uomo di 90 anni.

Complessivamente i territori palestinesi hanno registrato un tasso di mortalità relativamente basso, con 47 decessi contro i 371 di Israele. Ma il numero dei casi sta rapidamente crescendo, con 8.153 contagi da marzo in Cisgiordania, Gerusalemme est e nella Striscia di Gaza.

Mai al-Kauleh, la Ministra della Sanità dell’Autorità Nazionale Palestinese, ha affermato che sono stati identificati 27 focolai di coronavirus attivi in Cisgiordania, nei villaggi, nei campi profughi e nelle città.

Kaiuleh ha detto che attualmente sono ricoverati in ospedale 111 palestinesi, di cui sette intubati in terapia intensiva.

Hebron, città socialmente conservatrice, divisa dall’occupazione israeliana e centro propulsore dell’economia della Cisgiordania, è un microcosmo delle sfide che i palestinesi affrontano mentre cercano di combattere il coronavirus.

In base ad un accordo del 1997 firmato dal governo israeliano e dall’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, la città è di fatto divisa in due parti.

Hebron è suddivisa in H1, sotto il pieno controllo amministrativo e di sicurezza dell’Autorità Nazionale Palestinese (ANP), e H2, sottoposta alla gestione amministrativa dell’ANP, ma controllata dall’esercito israeliano, che ha potere decisionale su chi entra e chi esce dall’area.

Tayseer Abu Sneineh, sindaco e capo del comune di Hebron, ha detto a Middle East Eye che questa divisione si è dimostrata una sfida per il personale medico che combatte la pandemia, con le ambulanze a cui spesso è impedito di entrare nella zona H2, dove circa 40.000 palestinesi vivono accanto a 800 coloni israeliani.

Nella zona H2 vi sono 18 checkpoint militari israeliani permanentemente presidiati.

L’occupazione israeliana, in generale, è un ostacolo allo sviluppo della città e controlla il confine, l’acqua ed ogni cosa. A partire dall’occupazione nel 1967, non è stato aggiunto un singolo posto letto all’ospedale pubblico di Hebron, fino a quando l’Autorità Nazionale Palestinese ha iniziato a governare la città negli anni ‘90”, ha affermato Abu Sneineh.

Attualmente nel distretto di Hebron ci sono diversi ospedali che si occupano di pazienti con coronavirus, compreso l’ospedale della Mezzaluna Rossa ad Halhul e l’ospedale Dura, aperto prima della data prevista in giugno. Si sta predisponendo anche l’apertura di un reparto nell’ospedale pubblico di Hebron.

Complessivamente questi ospedali sono a disposizione dei 215.000 palestinesi che vivono nella città e nei villaggi circostanti, un’area in cui ci sono quasi 120 checkpoint militari israeliani. Secondo Abu Sneineh 120.000 palestinesi di Hebron vivono in zone prive di ambulatori o persino di stazioni di polizia e la grande quantità di posti di blocco impedisce loro l’accesso agli ospedali del distretto.

Detto questo, le politiche dell’ANP e le risposte pubbliche alla pandemia non hanno fatto che aggravare una situazione già difficile.

A marzo l’ANP ha posto la Cisgiordania in completo isolamento fino alla fine di maggio, replicandolo per nove giorni a giugno quando i casi hanno ricominciato ad aumentare.

Ma Hebron, polo manifatturiero del territorio, non ha mai realmente aderito alle restrizioni ed ora ne sta subendo le conseguenze.

Purtroppo alcuni si rapportano ancora alla pandemia di coronavirus come se non esistesse e fosse parte di una cospirazione globale, e questo ha portato alla diffusione del virus”, ha detto Abu Sneineh.

Il Comune di Hebron ha istituito un centro di emergenza per coordinare la sua risposta ed ha pubblicato opuscoli e manifesti per mettere in guardia contro il rischio mortale del Covid-19, ma con scarsi risultati.

L’11 luglio le autorità hanno chiesto il rispetto delle misure di distanziamento sociale quando sono stati annunciati gli esiti degli esami della scuola secondaria, ma molta gente invece si è ammassata nelle macchine e ha fatto il giro della città per festeggiare.

Noi popolo palestinese abbiamo qualcosa nel nostro carattere che è lo spirito di sfida. Certamente sfidare l’occupazione è positivo, ma sfidare un virus in questo modo è una cosa negativa”, ha detto Abu Sneineh.

Bashar al-Atrash, un abitante della zona H1 che lavora nell’industria alimentare, ha detto a MEE di essere tornato a lavorare in fabbrica dopo aver rispettato i 20 giorni del primo isolamento.

Per Atrash il coronavirus è sconcertante perché molte persone risultate positive non hanno mostrato alcun sintomo.

Abbiamo appreso del coronavirus dai media, dalle autorità e dalla moschea, che dopo il richiamo alla preghiera ha fatto un annuncio dicendo alla gente di pregare a casa”, ha detto Atrash.

Che cos’è questo virus che non ti provoca tosse, mal di testa, febbre o diarrea? Cinque miei parenti sono risultati positivi ai test del coronavirus e quando sono andato a trovarli a casa dopo che sono usciti dall’ospedale sembravano sani e in buone condizioni. Allora che cos’è il coronavirus?”

Atrash ha mostrato a MEE un messaggio che è circolato sui social media ad Hebron, scritto da un sedicente dottore che ha proposto una “cura” per il Covid-19, che consiste nel tagliare a fette sottili l’aglio e mangiarlo crudo due volte al giorno durante i pasti.

Il messaggio diceva che “l’esperimento ha dimostrato… che è sufficiente per proteggersi dal coronavirus e dai virus dell’apparato respiratorio, a prescindere da quanto siano violenti e senza ricorrere alle misure di prevenzione.”

Atrash ha detto anche di aver sperimentato questa “cura”, ma di aver aggiunto uno spicchio d’aglio in base al consiglio di un parente.

Quando a marzo la pandemia ha colpito il mondo arabo, sui social media si sono diffusi molti messaggi di questo genere.

Il più famoso rimedio falso è stato proposto nel corso di un’intervista televisiva con un medico egiziano, che ha sostenuto che una cura per il coronavirus esiste già nel shalawlaw, un cibo copto consumato durante il digiuno della vergine Maria, costituito da molokhia [pianta simile alla malva, ndtr.] secca, aglio, acqua fredda, limoni e spezie.

Non sappiamo a chi credere: al governo, ai media, o alle autorità? Ognuno agisce di propria iniziativa per proteggersi”, ha detto Atrash.

Intanto Hebron resta aperta, con visitatori provenienti dalla comunità palestinese beduina dell’interno del Negev israeliano, famiglie di Gerusalemme est originarie della città e palestinesi cittadini di Israele provenienti da città come Oum al-Fahim, Nazareth, Kafr Qasim e Kafr Kanna, che vengono a fare acquisti e a pregare nella storica moschea di Ibrahim.

(Traduzione dall’inglese di Cristiana Cavagna)