Stavolta è diverso

Ahmed Abu Artema

14 maggio 2021 The Electronic Intifada

Mentre scrivo l’edificio dove vivo qui a Gaza trema incessantemente. Sopra di noi gli aerei da combattimento israeliani F-16 ci attaccano con una bordata apparentemente incessante di bombe.

Mentre scrivo gli eventi si succedono rapidi, quindi sicuramente quando l’articolo verrà pubblicato è probabile che ci saranno stati molti cambiamenti, ma voglio tentare di evidenziare le caratteristiche generali dell’attuale fase di escalation in Palestina.

L’escalation è iniziata a Gerusalemme durante il mese di Ramadan, con una serie di provocazioni messe in atto dalle autorità di occupazione israeliane.

La prima della serie, alla fine di aprile, è stata la decisione di impedire ai palestinesi di radunarsi a Bab al-Amoud [Porta di Damasco, una delle entrate principali alla Città Vecchia, ndtr] in Gerusalemme. Questo ha dato origine a diverse proteste che alla fine hanno costretto Israele a ritirare l’ordine.

Un’altra provocazione – tuttora in corso – che ha attirato qualche attenzione internazionale, è costituita dalle ordinanze di espulsione in corso contro le famiglie palestinesi dalle loro case di Sheikh Jarrah [quartiere prevalentemente palestinese a Gerusalemme Est,ndtr] – una concessione dei tribunali ai coloni israeliani.

Una terza provocazione israeliana è stata l’irruzione nella moschea di al-Aqsa durante la preghiera di venerdì 7 maggio. Le forze israeliane hanno sparato gas lacrimogeni e pallottole metalliche ricoperte di gomma sui fedeli, causando oltre 200 feriti.

In una quarta provocazione i coloni hanno annunciato che avrebbero marciato a Gerusalemme il 10 maggio per celebrare quello che essi definiscono il Giorno di Gerusalemme [festa nazionale israeliana che commemora la riunificazione di Gerusalemme e l’istituzione del controllo israeliano sulla Città Vecchia all’indomani della guerra dei sei giorni nel 1967, ndtr]. L’intenzione era di sfilare vicino alla moschea di al-Aqsa.

Questa marcia è poi degenerata, la mattina del 10 maggio, in una quinta provocazione quando, per la seconda volta in una settimana, le forze israeliane hanno fatto irruzione ad al-Aqsa, attaccando i fedeli che pregavano all’interno e devastando il luogo sacro. Più di trecento palestinesi sono rimasti feriti.

Un’ondata di rabbia

Queste provocazioni si sono protratte per tutto il Ramadan e hanno provocato un’ondata di rabbia che ha investito i palestinesi in tutta la loro patria storica. Sono scoppiate proteste ad Haifa, Giaffa, Ramallah e Gaza.

A Gaza i manifestanti hanno chiesto alle Brigate Qassam, il braccio armato di Hamas, di intervenire. I palestinesi di Gaza hanno sostenuto con forza la necessità di una pronta risposta da parte delle fazioni della resistenza in ritorsione alle violazioni a Gerusalemme.

Ho letto sui social media qualcosa come centinaia di messaggi di attivisti che chiedevano ad Hamas perché la rappresaglia ci mettesse così tanto ad arrivare. Tassisti, negozianti, gente comune: tutti facevano la stessa domanda.

Alla fine è arrivato l’avvertimento da Qassam che i soldati israeliani avevano due ore per evacuare al-Aqsa, togliere l’assedio ai murabitoun – i fedeli che rimangono giorno e notte nel sito per proteggerlo con la loro presenza – e liberare tutti i prigionieri.

Allo scadere del termine fissato, non avendo ricevuto alcuna risposta da Israele, Qassam ha lanciato una raffica di razzi verso Gerusalemme.

L’esercito israeliano ha risposto bombardando la città di Beit Hanoun nel nord della Striscia di Gaza.

Nove persone, compresi tre bambini, sono stati uccisi mentre si preparavano ad interrompere il digiuno.

I combattenti per la libertà di Gaza hanno continuato con le ritorsioni ed Israele ha intensificato i bombardamenti colpendo abitazioni residenziali.

L’aviazione israeliana ha distrutto diverse torri residenziali che ospitavano anche dozzine di sedi di organi di stampa e imprese commerciali.

Israele ha inoltre attaccato stazioni di polizia e vari edifici governativi, tutti obiettivi civili.

Perché è diverso

L’attuale escalation si distingue per il fatto che il popolo palestinese chiedeva una risposta alle pratiche dell’occupazione israeliana. Poiché Hamas ha risposto, esso viene considerato eroico.

Non c’è critica o denuncia della decisione di agire da parte di Hamas, nonostante siano i cittadini a pagare il prezzo più alto dell’aggressione israeliana con la perdita dei propri cari e delle loro case.

Gaza mostra con chiarezza che i palestinesi credono fermamente nella resistenza come via verso la liberazione dall’occupazione.

Questa ondata di combattimenti è significativa anche perché è nata come risposta alle continue violazioni avvenute a Gerusalemme.

Tutti i precedenti casi di escalation da parte di Hamas erano stati provocati da aggressioni israeliane contro la Striscia di Gaza. Così. quando Gerusalemme ha chiesto aiuto a Gaza e questa si è sollevata in sua difesa, si è rafforzato un sentimento nascente di unità nazionale palestinese e si è liberata dall’isolamento la resistenza palestinese di Gaza.

Che si tratti di Gaza o di qualsiasi altro luogo in Palestina, i palestinesi lottano contro l’occupazione che li ferisce ovunque con aggressioni ed abusi.

Questa escalation si è caratterizzata anche per un aumento del livello di sfida all’interno dei movimenti di resistenza. La cancellazione della marcia per il Giorno di Gerusalemme ha rappresentato una delle prime vittorie.

Gli attacchi israeliani contro Gaza hanno sempre comportato sofferenze e tragedie. Tuttavia, stavolta l’escalation viene percepita come particolarmente significativa, come eroica.

In tutta la Palestina la gente aveva un disperato bisogno di qualcuno che la facesse sentire sostenuta e difesa. I palestinesi hanno bisogno di sentire che non sono soli a pagare il prezzo. E’ pertanto estremamente significativo che la resistenza sia esplosa in tutta la Palestina storica.

Israele si è impegnato a distruggere l’identità palestinese, specialmente in città, paesi e villaggi all’interno dei confini del 1948 che ha volutamente tenuto in stato di povertà – le zone cioè dove quell’anno veniva proclamato lo Stato di Israele durante la Nakba, la pulizia etnica della Palestina.

In quelle aree le proteste di massa, le stazioni di polizia incendiate, la sostituzione delle bandiere israeliane con quelle palestinesi, tutto sembra indicare un nuovo risveglio dello spirito palestinese.

I palestinesi sono ancora profondamente radicati nella propria terra, attaccati alla loro identità, il loro profondo senso di unità è più significativo di qualsiasi fattore che li possa tenere separati, e la loro capacità di sopravvivere agli orrori e ai crimini di Israele non finisce mai di sorprendere.

Israele possiede un potente arsenale missilistico e nel tentativo di recuperare la dignità perduta a fronte della resistenza palestinese, Israele continua a commettere crimini contro la popolazione civile di Gaza.

Tuttavia la potenza di Israele non gli garantisce legittimazione né stabilità. Il progetto sionista in Palestina è estraneo a questa terra, e tutti gli sforzi di neutralizzare o rimuovere la presenza palestinese sono falliti da più di settanta anni.

Il popolo palestinese potrà anche indebolirsi, ma non morirà. Ha la volontà di combattere fino alla fine e alla vittoria certa.

Ahmed Abu Artema è uno scrittore residente a Gaza, ricercatore presso il Centro di Studi di Politica e Sviluppo.

traduzione dall’inglese di Stefania Fusero