Soldati israeliani fanno irruzione in un centro per l’infanzia nel campo profughi di Jenin e distruggono libri, giocattoli e l’impianto idraulico

Tony Greenstein

5 luglio 2021- Mondoweiss

Il Brighton Trust, l’ente caritatevole di cui io sono un amministratore, insieme agli attivisti dell’inglese National Education Union, (sindacato personale scolastico) raccoglie fondi da tre anni per il centro per l’infanzia Al-Tafawk nel campo profughi di Jenin, nella Palestina occupata.

Il centro, gestito da volontari del posto e l’unico nel suo genere nel campo, ospita 14.000 profughi palestinesi che hanno perso la casa dopo la fondazione di Israele nel 1948. Offre giochi, istruzione, cibo e un’affettuosa accoglienza a circa 120 minori, fra i 3 e i 16 anni.

È l’unica occasione di divertimento nella cupa atmosfera del campo, che durante la Seconda Intifada nel 2002 ha perso decine di abitanti nel massacro dell’esercito israeliano e oltre 400 abitazioni in seguito a una brutale campagna di demolizioni, uno dei molti atti di punizione collettiva condotti dagli israeliani contro civili palestinesi. Da allora il campo ha subito regolari incursioni militari.

Il centro Al-Tafawk, sorto nel 2010, era riuscito a sfuggire all’attenzione dei militari, almeno fino a poco tempo fa. I primi segnali che l’esercito l’aveva preso di mira sono arrivati a gennaio, quando il manager è stato incarcerato per 24 ore e gravemente traumatizzato.

Sulla scia delle proteste nella Gerusalemme occupata dopo gli attacchi israeliani contro i fedeli della moschea Al-Aqsa e i sanguinari bombardamenti di Gaza, le forze israeliane hanno intensificato il loro regime di terrore su tutta la Palestina storica, estendendolo anche alla Cisgiordania occupata, dove alla fine di maggio sono stati uccisi oltre 25 palestinesi. A Jenin, come in altre città palestinesi, ci sono state dimostrazioni contro la violenza israeliana.

La sera del 15 maggio l’esercito israeliano ha compiuto un raid contro il centro per l’infanzia Al-Tafawk di Jenin distruggendolo completamente. La loro scusa era che stavano cercando delle armi, ma naturalmente non le hanno trovate.

Un testimone ha dichiarato:

Hanno fatto irruzione nel centro ieri sera. Hanno cominciato a sparare dall’esterno. Poi hanno abbattuto la porta d’ingresso e sono entrati. Hanno messo tutto a soqquadro e danneggiato ogni cosa di valore.”

Oltre ad arredi e attrezzature, i soldati hanno intenzionalmente distrutto le infrastrutture, rendendo l’edificio insicuro e inutilizzabile. Hanno demolito le tubature dell’acqua e i rubinetti, sfasciato il quadro elettrico, tagliando la luce e interrompendo l’erogazione dell’acqua, hanno danneggiato scale e porte, divelto maniglie. Il danno ammonta in totale a migliaia di dollari.

Non hanno neppure risparmiato i libri dei bambini. Secondo un altro testimone, un soldato intento a far proprio questo, ha urlato che i bambini palestinesi non hanno bisogno di leggere libri, dato che sarebbero cresciuti per diventare assassini ed essere uccisi.

Da ebreo, questo atteggiamento di totale disprezzo razzista per i bambini palestinesi, la convinzione che non abbiano bisogno di istruzione dato che comunque moriranno presto, mi ricorda l’atteggiamento dei nazisti verso i bambini ebrei.

Al regime di occupazione israeliano è chiaro che il centro Al-Tafawk, o qualsiasi altra organizzazione della società civile palestinese di questo genere, rappresenta una minaccia. Questo è il motivo per cui il centro, e iniziative simili, cerca di offrire ai palestinesi la possibilità di un minimo di normalità nelle loro vite.

Ma a una popolazione sfollata e traumatizzata, condannata a una totale pulizia etnica, non può essere permesso di mettere radici e vivere la normalità. Deve essere sempre tenuta in una condizione di precarietà, ripetutamente spossessata e oppressa affinché cessi di reclamare la propria terra.

Ecco perché Israele demolisce periodicamente case palestinesi, con bulldozer o bombe, distruggendo infrastrutture, che siano gli impianti di trattamento delle acque a Gaza o pannelli solari nella Cisgiordania occupata, e tormenta e attacca i fedeli palestinesi mussulmani e cristiani a Gerusalemme.

La distruzione del centro Al-Tafawk, come quella di molti altri edifici civili, smentisce l’affermazione che gli israeliani agiscano per legittima difesa. È una bugia che sempre meno persone in Occidente sono disposte a credere, dato che l’intento genocida di Israele è così chiaro.

Abbiamo cominciato a raccogliere fondi per riparare il centro e riaprirlo ai bambini, ma ho deciso di scrivere a Tzipi Hotovely, personalità di estrema destra e ambasciatrice di Israele nel Regno Unito, per chiedere che Israele paghi i danni e risarcisca i bambini che sono stati traumatizzati da ciò che è successo. Non ho ricevuto risposta.

Se voi lettori voleste contribuire lo potete fare qui. Potete anche aiutarci diffondendo la notizia e facendo pressione sui politici del vostro Paese affinché agiscano e smettano di ignorare i crimini israeliani contro i palestinesi. È ora che Israele sia considerato responsabile per la miriade di violazioni del diritto internazionale, inclusi l’uccisione, l’imprigionamento e la persecuzione di minori palestinesi e gli attacchi contro case e infrastrutture civili.

Tony Greenstein

Tony Greenstein, inglese di Brighton, veterano attivista anti-sionista e anti-fascista ebreo. Nel 1982 ha co-fondato in Gran Bretagna la Palestine Solidarity Campaign [Campagna di Solidarietà con la Palestina]. Nel 2016 è stato sospeso dal partito Laburista e nel 2018, in seguito a una caccia alle streghe sull’antisemitismo [all’interno del partito, ndtr.], è stato il primo ebreo a esserne espulso. È l’autore di The Fight Against Fascism in Brighton and the South Coast. [Lotta contro il fascismo a Brighton e nella Costa Meridionale]. Ha scritto molto sulla Palestina e il sionismo per varie pubblicazioni, fra cui il Guardian nella rubrica Comment is Free, Journal of Holy Land and Palestine Studies, Tribune e Weekly Worker. È figlio di un rabbino ortodosso e da giovane è stato membro del movimento religioso sionista Bnei Akiva, ora parte del movimento per il Greater Israel (Grande Israele).

(traduzione dall’inglese di Mirella Alessio)