La normalizzazione non farà sparire i palestinesi

Noa Landau

29 marzo 2022 – Haaretz

Se solo avessi avuto uno shekel da ogni persona che di recente mi ha spiegato che il problema israeliano nel Negev è la perdita della governabilità, che i russi non avanzano sul fronte ucraino come avevano sperato, che Israele non è riuscito a imparare la lezione dell’Olocausto sui rifugiati e il cliché sull’attualità che al momento preferisco: che oggi possiamo dire con certezza che Francis Fukuyama aveva torto!

È quello che noi umani facciamo: aggrapparci ai cliché e ripeterli fino all’ovvietà per dare ordine e logica al caos delle nostre vite.

Uno di questi cliché usurati è la clamorosa intuizione che oggi vari Paesi arabi hanno interessi comuni con Israele non correlati alla situazione palestinese (e ora in coro ripetete con me: Iran, sicurezza informatica, gas naturale). La teoria che la pace con il mondo arabo possa e debba essere perseguita senza tenere conto dei palestinesi è stata promossa principalmente da Benjamin Netanyahu. A quasi tutte le riunioni diplomatiche da primo ministro sollevava il suo “paradigma ribaltato” del conflitto israelo-palestinese che spiegava così:

Il metodo (della sinistra) è questo: bisogna fare pericolose concessioni ai palestinesi perché è necessario un accordo con i palestinesi per fare la pace con gli arabi e di conseguenza con il mondo. … Io prima mi rivolgo al mondo e da lì vado al mondo arabo musulmano e dal mondo arabo musulmano arriviamo ai palestinesi. Solo così, se siamo così forti, capiranno che non hanno altra scelta che arrivare a un compromesso con noi.”

Presumibilmente gli accordi di Abramo [tra Israele e alcuni Paesi arabi, sponsorizzati da Trump, ndtr.] e ora il summit del Negev sono la manifestazione di questa teoria ora ovvia: un “nuovo Medio Oriente” senza la precondizione di una soluzione con i palestinesi. A causa della disperazione dovuta all’impasse nel contesto Gerusalemme-Ramallah, hanno smesso di negare il premio di una normalizzazione aperta per la fine dell’occupazione e l’hanno offerta in cambio della necessità condivisa di bloccare l’Iran e promuovere accordi su armi, energia e tecnologia, oltre all’accesso ad Al-Aqsa [la moschea più importante di Gerusalemme, ndtr.]. 

Persino il tragico attacco terroristico a Be’er Sheva avvenuto durante il summit a Sde Boker [tra i ministri degli esteri di Israele, USA e i Paesi arabi coinvolti negli Accordi di Abramo, ndtr.], un evento che in passato sarebbe potuto diventare un incubo diplomatico, è diventato, a causa dell’insolito legame con l’ISIS [che ha rivendicato l’attentato, ndtr.], un simbolo della lotta di Israele e dei Paesi arabi moderati contro il comune nemico islamista.

Il problema con questa tesi, che in realtà riflette l’ovvio, è che tutto ciò non significa che i palestinesi stiano scomparendo. Persino nello scenario di Netanyahu l’obiettivo alla fine sarebbe di adoperarsi per la pace anche con loro.

Perciò la più estesa normalizzazione fra Paesi arabi e Israele non significa che adesso noi possiamo ignorare i palestinesi, ma piuttosto che, ora più che mai, sta a noi trovare una soluzione. Perché a un cittadino degli Emirati (non che ce ne siano molti o che la loro opinione là conti molto) dovrebbe importare del conflitto israelo-palestinese più che a un israeliano o un palestinese? L’interesse in una soluzione era e resta innanzitutto nostro. 

Questo sogno infantile dell’apertura alla normalizzazione con il mondo arabo che farebbe evaporare i palestinesi è stato commentato dal Segretario di Stato USA Antony Blinken, che ci ha ricordato quello che la maggior parte degli israeliani preferirebbero dimenticare: gli accordi di Abramo non “sostituiscono i progressi fra palestinesi e israeliani.”

Anche la maggior parte dei ministri arabi nei loro discorsi hanno messo l’accento sui palestinesi. È molto facile descrivere questo come parole al vento e la semplice adesione all’assioma, ma sono forse gli arabi che hanno deciso di ribaltare il paradigma su di noi? Noi potremmo raggiungere i palestinesi tramite il mondo arabo e musulmano, aveva detto Netanyahu, e infatti è stato a causa degli Accordi di Abramo che il suo piano di annessione [di parte dei territori palestinesi occupati, ndtr.] è stato cestinato. Rafforzare le relazioni con il mondo arabo potrebbe essere anche un’opportunità nel contesto palestinese, ma dipende principalmente da noi e loro, non dall’opinione pubblica del Bahrain.

(traduzione dall’inglese di Mirella Alessio)