Ramzy Baroud e Romana Rubeo
25 luglio 2022 – Monitor de Oriente
La nuova relatrice speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani nei territori palestinesi occupati dal 1967, Francesca Albanese, deve affrontare un compito colossale. Ci si aspetta che difenda i diritti umani dei palestinesi in un’istituzione politica che, per il momento, è dominata in gran parte dagli Stati Uniti e dai loro alleati occidentali.
Un recente scambio di opinioni nel parlamento italiano ha confermato questa affermazione. Il 6 luglio la Commissione Esteri del parlamento italiano ha tenuto una seduta informale con Albanese per discutere delle risoluzioni parlamentari sulla riattivazione del “processo di pace” in Medio Oriente. La commissione era presieduta da Piero Fassino, politico italiano del Partito Democratico.
Fino a pochi giorni fa il partito di Fassino faceva parte della coalizione di governo italiana guidata da Mario Draghi. Fassino era già noto per essere un sostenitore di Israele. Nel 2009, durante la guerra israeliana contro Gaza, partecipò a una manifestazione organizzata dalla Comunità Ebraica di Roma, durante la quale accusò i palestinesi della guerra dichiarando: “La responsabilità (della guerra) è di Hamas, un’organizzazione che nega a Israele il diritto di esistere”. Come era prevedibile le sue parole furono accolte con un grande applauso.
Ma, indipendentemente dalle posizioni filo-israeliane di Fassino, Albanese non era in discussione. Da anni fa ricerche, scrive e difende i diritti dei rifugiati, in particolare di quelli palestinesi. Il suo libro Palestinian Refugees In International Law [I rifugiati palestinesi nel diritto internazionale], scritto insieme a Lex Takkenberg, è una lettura imprescindibile per chi intenda conoscere i diritti legali dei rifugiati palestinesi in base alle leggi internazionali.
Purtroppo Fassino non era dello stesso parere. Dopo la sua introduzione, nella quale ha cercato di confondere le violazioni israeliane del diritto internazionale con la mancanza di democrazia dei dirigenti palestinesi, è stata data la parola ad Albanese. Nella sua esposizione l’esperta di diritto internazionale ha riferito la situazione attuale dei palestinesi sottoposti all’occupazione israeliana, e nel contempo ha spiegato l’importanza delle leggi internazionali di fronte alle sistematiche violazioni dei diritti dei palestinesi da parte di Israele.
“È necessario che ci siano attori internazionali in grado di portare avanti un processo di costruzione della pace, (…) a cui partecipino anche l’Europa e l’Italia,” ha detto Albanese. “Di conseguenza mi piacerebbe proporre due spunti di riflessione: il primo, la necessità di contestualizzare l’attuale situazione; il secondo, vederla attraverso il prisma del diritto internazionale.”
“Non si tratta propriamente di un conflitto,” ha continuato Albanese. “La realtà è che c’è un’occupazione militare iniziata 55 anni fa e che si è trasformata in uno strumento di colonizzazione. E quando dico ‘colonizzazione’ mi riferisco al significato giuridico del termine, nel tentativo di escludere dalla discussione ogni componente ideologica.”
Fassino si è subito messo sulla difensiva. Prima ha attaccato Albanese, accusandola di non essere imparziale. Poi è passato ad elaborare una visione falsa della storia. Nella versione di Fassino della storia la Nakba, la catastrofica distruzione della patria storica palestinese, è stata totalmente assente. Per lui la spoliazione di quasi un milione di palestinesi delle loro terre e la distruzione di quasi 500 città e villaggi tra il 1947 e il 1948 non è degna di essere menzionata.
Invece ha accusato della loro stessa sofferenza i palestinesi, e non il movimento sionista e poi Israele: “Perché non venne fondato uno Stato palestinese?” ha chiesto in modo retorico prima di proporre una risposta: “Perché i palestinesi e altri Paesi arabi non accettarono la partizione del Mandato britannico e scatenarono una guerra contro Israele. Non possiamo dire che non venne creato perché qualcuno lo impedì. Questa è storia. Ci sono precise responsabilità.”
Una volta terminata la sua analisi storica senza fondamento, Fassino ha dedicato una parte del suo discorso a respingere totalmente il diritto internazionale, affermando: “Che una questione tanto complessa possa essere risolta solo sulla base della legalità è un’illusione astratta.”
Di per sé questa affermazione scandalosa esige una seria analisi, dato che viene da un parlamentare il cui lavoro è preservare la legalità del proprio Paese, dando importanza alla centralità del diritto internazionale.
Alcuni giorni dopo la seduta parlamentare e le bizzarre dichiarazioni di Fassino, Albanese ha scritto sul quotidiano italiano Il Manifesto un articolo in cui ha manifestato la propria preoccupazione per la difficoltà di discutere razionalmente di Palestina, non solo nelle istituzioni statali, ma in tutta Italia.
“L’idea che il diritto internazionale sia cogente per i nemici e facoltativo per gli alleati è una declinazione pericolosa del concetto di autonomia della politica, che da giurista non posso esimermi dal condannare,” ha scritto nel suo articolo. “Parlare di Palestina in Italia è impossibile, anche in parlamento.”
Fassino ha subito replicato, sempre su Il Manifesto. Nonostante la sua affermazione secondo cui egli “lotta per una pace giusta” e crede nella soluzione a due Stati, ha riproposto gli stessi vecchi luoghi comuni sionisti secondo cui Israele è “un Paese democratico… (Israele è) un Paese a cui, per molto tempo, i suoi vicini hanno negato (il diritto di esistere) … È un errore dare la colpa solo a Israele…Mi risulta difficile accettare la definizione di Israele come Paese razzista…”
Purtroppo gli inganni di Fassino non sono l’eccezione ma la norma tra i politici, gli intellettuali e i mezzi di comunicazione italiani. È piuttosto triste quello che è successo in Italia negli ultimi decenni. SI tratta di un Paese che ha avuto un numeroso elettorato socialista che, nel corso degli anni, nonostante le pressioni degli Stati Uniti e dell’Occidente, ha appoggiato la Palestina e i palestinesi.
Negli anni ’80 l’atteggiamento del governo italiano fu apertamente filo-palestinese, almeno rispetto ad altri Paesi dell’Europa occidentale. Ciò provocò spesso scontri in politica estera con Israele e i suoi benefattori statunitensi, soprattutto durante la cosiddetta crisi di Sigonella nel 1985.
Durante un discorso al parlamento italiano il primo ministro socialista Bettino Craxi arrivò fino a difendere il diritto dei palestinesi alla lotta armata.
Nel 1982, durante il tradizionale discorso di fine anno alla nazione, il presidente italiano Sandro Pertini fece lungamente riferimento all’orrore del massacro di Sabra e Shatila.
Il fatto che uno dei tradizionali club di tifosi dell’AS Roma, una delle squadre di calcio più amate in Italia, si chiami “Fedayn”, in riferimento ai combattenti palestinesi per la libertà, dice molto di quanto nel corso del tempo la solidarietà filo-palestinese sia penetrata in tutti gli aspetti della società italiana.
Negli ultimi anni tuttavia le cose hanno iniziato a cambiare. Il sentimento filo-israeliano è cresciuto in modo esponenziale in molti settori della vita italiana, soprattutto nel governo e sui mezzi di comunicazione. La lobby filo-israeliana ora è un attore importante della politica italiana. Anche il mondo accademico italiano, che una volta era un esempio del pensiero politico radicale – in fin dei conti Gramsci era italiano -, ora vomita spazzatura orientalista e propaganda filo-israeliana.
Per quanto possa sembrare strano, un tempo, prima di convertirsi in apologeta di Israele e del sionismo, Fassino era membro del Partito Comunista Italiano.
Tuttavia c’è speranza. Dopotutto la stessa Albanese è italiana. Inoltre i gruppi di solidarietà italiani stanno crescendo molto rapidamente, sfidando l’ideologia sionista che ora imperversa nella classe dirigente italiana.
Voltando le spalle alla Palestina, l’Italia rinnegherebbe la sua storia, definita dalla lotta esistenziale contro il fascismo e il nazismo. Se Fassino avesse compreso la sua storia, avrebbe capito anche che la lotta palestinese contro il sionismo è essenzialmente la stessa storia dell’Italia che si ripete. Disgraziatamente Fassino, consciamente o meno, si trova ora dalla parte sbagliata della storia.
Le opinioni espresse in questo articolo sono dell’autore e non riflettono necessariamente la politica editoriale di Monitor de Oriente.
(traduzione dallo spagnolo di Amedeo Rossi)