‘Non siamo noi gli intrusi’: viaggio di un ragazzino palestinese dalla paralisi alla speranza

Nada Al Kahlout

27 febbraio 2023 – The Palestine Chronicle

Muhammad Zaqout è sempre stato un undicenne attivo, vivace e brillante. Era uno studente di seconda media alla scuola di Gaza gestita dall’UNRWA. Viveva con la sua famiglia, i suoi genitori, due fratelli e cinque sorelle.

La sua vita era piena delle attività di un ragazzino”, dice a The Palestine Chronicle la sorella ventiduenne di Muhammad, Eman. “Muhammad si svegliava come ogni altro ragazzino a Gaza, prendeva la sua colazione e i suoi libri e andava a scuola…”

Eman sorride mentre parla del suo fratellino: “Muhammad amava mangiare il maftoul (couscous palestinese), scherzava sempre e giocava a pallone coi suoi amici,” ma le cose sono cambiate. “La vita di Muhammad era del tutto normale prima che contraesse il virus Guillain-Barre, cosa che è avvenuta improvvisamente”, continua Eman. “Stava giocando a pallone a scuola e un attimo dopo è svenuto e lo hanno portato immediatamente all’ospedale.”

I crimini dell’occupazione israeliana e dell’assedio di Gaza assumono diversi aspetti e spesso colpiscono i più vulnerabili e innocenti tra i palestinesi, come il giovane Muhammad.

All’inizio, quando Muhammad è stato ricoverato d’urgenza in ospedale per cure immediate, i medici hanno pensato che la sua condizione fosse psicologica, causata dal continuo stress e pressione che il ragazzo subiva a Gaza. Questa diagnosi non era inverosimile, dopotutto i bambini a Gaza crescono assistendo a guerre, massacri e incursioni militari contro le loro famiglie, amici e comunità.

Tuttavia lo shock maggiore per Muhammad e per tutti quelli intorno a lui è arrivato quando infine ha ripreso conoscenza, solo per rendersi conto che non sentiva più le gambe. Aveva la metà inferiore del corpo paralizzata, con acuti dolori nella parte superiore.

Alla fine a Muhammad è stata diagnosticata una grave forma di sindrome di Guillain-Barre, che richiedeva attenzione medica e tempestività.

La sindrome di Guillain-Barre è una grave condizione neurologica che comporta che il sistema immunitario del paziente danneggi i nervi del corpo. Nella sua forma più grave questa patologia può provocare paralisi. È necessario un ricovero immediato in ospedale per impedire che i sintomi peggiorino. Prima inizia un trattamento adeguato, più vi sono possibilità di recupero. Ma ciò non sempre è possibile in un posto come Gaza, che da quasi due decenni è sotto totale assedio israeliano.

I famigliari di Muhammad hanno capito che dovevano agire in fretta per scongiurare al figlio una paralisi permanente. Sfortunatamente l’ospedale a Gaza da anni è sottoposto a blocco militare e scarsità di risorse, proprio come tutte le altre istituzioni nella Striscia assediata.

Perciò la famiglia è stata costretta a lasciare l’ospedale e a cercare le cure in una clinica privata, dove un medico ha prescritto una crema al cortisone che, come ha spiegato, “potrebbe curarlo”. Tuttavia egli ha raccomandato alla famiglia che Muhammad avrebbe dovuto andare immediatamente a Ramallah, nella Cisgiordania occupata, per farsi curare ed evitare un danno permanente al suo giovane e fragile corpo.

Ramallah dista solo un’ora di viaggio da Gaza. Ma a Muhammad sono serviti mesi per arrivarci.

Cure mediche urgenti sotto assedio

La crema al cortisone non ha funzionato. Alla famiglia di Muhammad non è rimasto che tentare con la mossa successiva: come raggiungere Ramallah. Come superare i posti di blocco militari israeliani? Come fuggire da questo assedio?

Questi problemi sono sconosciuti alla maggior parte dei pazienti in tutto il mondo. Per i pazienti palestinesi, soprattutto a Gaza, è la realtà quotidiana.

Il medico di Muhammad ha scritto un referto per la cura presso la Clinica H di Ramallah. Ha sottolineato che la cura era urgente, prima che la salute del ragazzo potesse peggiorare. Tuttavia per i palestinesi come Muhammad il potere di curare un paziente non è nelle mani del medico, ma in quelle dei soldati israeliani ai posti di blocco militari.

Salvare mio figlio

La famiglia di Muhammad ha subito chiesto il permesso di Israele per andare a Ramallah con il figlio. Ha ricevuto un immediato rifiuto dall’esercito israeliano, che sosteneva che la famiglia non si era presentata ad un colloquio. Ma non era stato previsto alcun colloquio: se lo era, la famiglia non ne è stata informata.

Alla fine Muhammad ha lasciato l’ospedale ed è tornato a casa in sedia a rotelle.

I genitori di Muhammad hanno inoltrato una seconda richiesta, soprattutto quando il ragazzo ha iniziato a soffrire di battiti cardiaci rapidi e irregolari e difficoltà di respirazione, tutti sintomi della sindrome di Guillain-Barre che avrebbero potuto essere evitati con cure tempestive e adeguate.

La madre di Muhammad, Nailaa, ha preparato con cura una borsa da viaggio con vestiti pesanti e coperte, e con la documentazione necessaria e un po’ di denaro. Era decisa a portare suo figlio all’ospedale di Ramallah.

Al suo arrivo al posto di blocco militare i soldati israeliani occupanti le hanno negato l’accesso, senza darne alcuna ragione. Nailaa è tornata a casa, delusa ma non sconfitta.

Dopo tre dinieghi dell’esercito israeliano i genitori di Muhammad hanno inoltrato una quarta richiesta di viaggio come ultima speranza perchè il loro figlio potesse essere nuovamente in grado di camminare. Questa volta il permesso è stato concesso. Nel frattempo la salute del ragazzo era ulteriormente peggiorata.

Nell’attesa che l’esercito approvasse la mia richiesta di cure avevo molto dolore ai piedi e potevo a malapena muovere le gambe”, dice Muhammad a The Palestine Chronicle. “Avevo continui dolori allo stomaco e respiravo con molta difficoltà. Non potevo dormire e ho perso tante ore di scuola. I miei genitori e la mia famiglia erano molto depressi e sempre stressati. Le mie condizioni erano molto peggiori di quando mi sono ammalato all’inizio.”

Un temporaneo rilascio dal carcere

Muhammad descrive il suo viaggio a Ramallah come un temporaneo rilascio dalla prigione.

Gaza è circondata da ogni lato da soldati e posti di blocco. Tutti i soldati israeliani ci puntano contro il fucile. E’ opprimente”, dice.

Abbiamo aspettato molto tempo al posto di blocco e i soldati perquisivano tutti, minori e adulti, anch’io sono stato perquisito nella mia sedia a rotelle. La cosa insopportabile è che loro ci perquisiscono sulla nostra terra, mentre sono loro gli intrusi, non noi.”

La breve fuga di Muhammad dalla “prigione a cielo aperto più grande del mondo” ha voluto dire per lui poter fare qualcosa che la maggioranza dei gazawi può solo sognare. Ha visitato la città occupata di Gerusalemme.

La mia gioia nel vedere la moschea di Al-Aqsa è stata grande. Ho pregato là, nonostante la presenza intimidatoria dei soldati israeliani, che erano ad ogni cancello a sorvegliarci.”

Muhammad è tornato a Gaza ed ora sta facendo fisioterapia nell’ospedale Hamad. Le sue condizioni stanno lentamente migliorando ed è felice di essere di nuovo sé stesso, anche se usa ancora una stampella. Nonostante il suo snervante viaggio vuole vivere una vita normale.

È anche tornato a scuola. Dice a The Palestine Chronicle che sogna di diventare un giorno un insegnante.

Nada Al Kahlout è una giornalista indipendente di Gaza. ‘We are not Numbers’ ha concesso questo articolo a The Palestine Chronicle.

(Traduzione dall’inglese di Cristiana Cavagna)




Netanyahu e i funzionari israeliani negano il congelamento degli insediamenti dopo il vertice di Aqaba

Redazione di MEE

27 febbraio 2023 MiddleEastEye

La smentita arriva dopo che in una dichiarazione congiunta Israele aveva affermato di accettare di “interrompere il dibattito su qualsiasi nuova unità di insediamento” per quattro mesi

Poche ore dopo l’incontro tra Israele e l’Autorità Nazionale Palestinese conclusosi con una dichiarazione congiunta che delineava l’impegno israeliano a sospendere le discussioni sui nuovi insediamenti nella Cisgiordania occupata, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha dichiarato che la costruzione degli insediamenti israeliani proseguirà.

Le note apparentemente contraddittorie hanno portato a confusione, visto che anche un certo numero di funzionari israeliani si è affrettato a negare il congelamento della costruzione di insediamenti in Cisgiordania.

All’incontro, che si è svolto domenica nella città giordana di Aqaba, sul Mar Rosso, hanno partecipato anche Egitto e Stati Uniti.

Secondo un comunicato congiunto rilasciato domenica dal Dipartimento di Stato americano, Israele si è impegnato a “interrompere la discussione su qualsiasi nuova unità di insediamento per quattro mesi e a bloccare l’autorizzazione di qualsiasi avamposto per sei mesi”.

Poco dopo la pubblicazione del comunicato, Netanyahu ha twittato che “non ci sarà alcun congelamento” nella costruzione degli insediamenti.

Secondo il diritto internazionale, gli insediamenti costruiti nei territori occupati sono illegali.

Molti ministri importanti di Israele hanno concordato, affermando che non vi è alcun impegno a congelare la costruzione di nuove unità di insediamento.

Il consulente del Consiglio di Sicurezza Nazionale israeliano Tzachi Hanegbi ha affermato che il governo israeliano non ritirerà la sua decisione di legalizzare nove avamposti in Cisgiordania e di costruire 9.500 ulteriori unità abitative nella Cisgiordania occupata.

“Contrariamente ai rapporti e ai tweet sull’incontro in Giordania, non vi è alcun cambiamento nella politica israeliana”, ha detto Hanegbi.

Il Ministro delle Finanze Bezalel Smotrich ha dichiarato su Twitter di non avere “la più pallida idea di che cosa si sia detto o non detto in Giordania”, aggiungendo che non ci sarebbe stato alcun congelamento degli insediamenti, “nemmeno per un giorno”.

Fonti a conoscenza dei colloqui hanno detto ad Haaretz che l’impegno a non discutere la costruzione di nuovi insediamenti per quattro mesi non costituisce una vera concessione, dato che il processo di pianificazione richiederà diversi mesi prima che possano essere approvate nuove ulteriori unità abitative.

In risposta alle dichiarazioni di Netanyahu e di altri ministri israeliani, lunedì il portavoce del Dipartimento di Stato Ned Price ha detto ai giornalisti: “Pensiamo che la dichiarazione parli da sola. Proprio come ci aspettiamo che i palestinesi mantengano i loro impegni, ci aspettiamo che gli israeliani facciano lo stesso”.

Nessuna pressione dagli Stati Uniti

Zaha Hassan, avvocato per i diritti umani e membro del Carnegie Endowment for International Peace [Fondo Carnegie per la Pace Internazionale, think tank apartitico con sede a Washington, ndt.] ha affermato che l’incontro è stato un altro segno che gli Stati Uniti non sono disposti a usare la loro influenza per spingere Israele al rispetto del diritto internazionale.

“Tenere riunioni ad Aqaba o Sharm El Sheikh rappresenta una grande photo opportunity, ma è tutto ciò che può esserci se gli Stati Uniti non mettono in campo il loro potere per raffreddare la situazione”.

Hassan afferma che gli Stati Uniti hanno chiarito che i legami bilaterali di Washington con Israele sono di fondamentale importanza, e che il presidente Joe Biden ha “considerato oltraggioso” suggerire di mettere condizioni agli aiuti militari al Paese.

Ha aggiunto: “Dire a Israele che gli aiuti e la copertura politica non saranno mai ritirati o sospesi è esattamente il motivo per cui i funzionari israeliani si sentono incoraggiati ad andare avanti con l’annessione della Cisgiordania”.

“È anche il motivo per cui i membri della Knesset israeliana si sentono liberi di parlare a sostegno dei coloni israeliani che attaccano e danno fuoco ai villaggi palestinesi”.

Domenica dei coloni israeliani con la protezione dei militari israeliani hanno dato fuoco a decine di case e auto palestinesi nella città di Huwwara, vicino alla città di Nablus nella Cisgiordania occupata. L’attacco è avvenuto dopo che un palestinese armato ha sparato uccidendo due coloni israeliani che attraversavano la città palestinese.

L’attacco alla città è stato appoggiato dai funzionari israeliani, tra cui Smotrich che ha chiesto di “colpire senza pietà le città del terrore e i suoi istigatori con carri armati ed elicotteri”.

Almeno 62 palestinesi sono stati uccisi dagli israeliani quest’anno, al ritmo di più di un decesso al giorno.

Ciò fa seguito a un forte aumento della violenza nel 2022, quando almeno 167 palestinesi sono stati uccisi in Cisgiordania e Gerusalemme Est, il più alto numero di vittime in quei territori in un solo anno dalla Seconda Intifada.

Mentre i colloqui di Aqaba sono stati descritti come “un grande progresso” dal comunicato congiunto, il vertice è stato condannato da un certo numero di fazioni palestinesi.

Suhail al-Hindi, membro di spicco del movimento Hamas, ha affermato che l’incontro di Aqaba “mira a mettere in ginocchio il popolo palestinese”, mentre Maher Mezher, membro del gruppo di sinistra Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (FPLP), ha affermato che al vertice il popolo palestinese non era rappresentato.

(traduzione dall’inglese di Luciana Galliano)




I disordini di Huwwara: il racconto in prima persona dell’attacco dei coloni israeliani contro una cittadina palestinese

Hussein al-Suwaiti a Huwwara, Palestina occupata

27 febbraio 2023 – Middle East Eye

Testimonianza resa a Ola Marshoud

Hussein al-Suwaiti descrive le scene dell’aggressione da parte di coloni israeliani violenti, che ha lasciato sul terreno macchine, edifici e autodemolizioni bruciati in tutta la sua cittadina

I coloni israeliani si sono riuniti presso l’incrocio di una colonia, sono scesi a Huwwara a piedi ed hanno dato fuoco a tutta la cittadina.

Sono arrivati sventolando bandiere per vendicarsi perché in precedenza quel giorno un palestinese aveva ucciso due coloni israeliani.

I coloni hanno incendiato case, negozi e autodemolizioni. Si sono diretti verso la strada principale della cittadina in cui abitiamo e prima hanno aggredito i nostri vicini. Hanno dato fuoco all’autosalone del mio vicino e all’autodemolizioni di fronte.

Poi si sono diretti contro la mia famiglia.

Hanno attaccato la nostra casa con pietre e pezzi di ferro ed hanno cercato di farvi irruzione. Hanno scagliato tutto quello che trovavano contro la nostra casa.

Huwwara aveva già subito attacchi dei coloni in precedenza, ma non così, non a questo livello di violenza. È stato indescrivibile.

Abbiamo iniziato a pregare e i miei figli si sono messi a piangere e a gridare.

Nel passato alcuni coloni si erano piazzati fuori dalla nostra casa, gridando e lanciando qualche pietra. Attaccavano una o due case alla volta, ma ieri si sono sparpagliati in città più di 250 coloni.

Non potevi neanche cercare rifugio dai tuoi vicini perché anche loro erano sotto attacco.

Ridotta in cenere

Vicino a me c’è un’officina di autodemolizioni, con dentro circa 25 macchine.

I coloni hanno incendiato le gomme, le hanno lanciate contro le auto e l’hanno ridotta in cenere.

Ne hanno bruciata anche un’altra vicino, più grande della mia, e il fumo ha riempito la strada. I soldati israeliani hanno sparato gas lacrimogeni contro i coloni, ma la maggior parte è finita nella nostra casa, che è sparita sotto tutto quel fumo e quei lacrimogeni. Stavamo soffocando. Non potevamo far altro che pregare, gridare aiuto e urlare contro i coloni.

Quando stavano davanti all’ingresso di casa cercando di fare irruzione ho iniziato a tirargli contro attraverso la finestra le scarpe dal porta scarpe che avevo vicino a me. Mentre ciò avveniva i soldati israeliani se ne stavano lì fermi a guardare.

Ho urlato verso i soldati e gli ho detto che i coloni stavano cercando di entrare a forza in casa mia. Mi hanno puntato contro le armi e mi hanno detto di tornare dentro.

Non c’era nessuno ad aiutarci. Il fuoco si stava avvicinando sempre di più e stavamo per bruciare vivi nella nostra casa. Il mio maggior timore era che mi incendiassero la macchina che avevo parcheggiato nel cortile davanti all’entrata. Se lo avessero fatto, saremmo rimasti bloccati in casa.

Ho scritto su Facebook un messaggio angoscioso: per l’amor di Dio, abbiamo bisogno di un’ambulanza e di un mezzo antincendio.

Il fuoco aveva attecchito nell’officina di autodemolizioni. Sono arrivati sul posto dei poliziotti palestinesi e hanno chiesto a noi e ai nostri vicini di lasciare le nostre case. Ci hanno messi su un’ambulanza palestinese e ci hanno portati in ospedale.

A mio figlio di sette anni hanno dovuto dare l’ossigeno per le inalazioni di fumo, mentre io ho ricevuto cure d’emergenza perché ho l’asma.

Sfrontatezza

Ho altri tre figli, di 15,14 e 13 anni. Il panico che abbiamo vissuto è indescrivibile.

L’attacco di ieri ha messo in discussione la sicurezza che si prova nella propria casa, nella propria città. Ora siamo in stato di allerta e ci aspettiamo che ritornino in qualunque momento.

Prima che iniziasse questo attacco i coloni erano arrivati a Huwwara con le loro famiglie, compresi i bambini, alcuni dei quali nei passeggini, e andavano in giro per la città.

Dietro a questa sfrontatezza c’è l’esercito. I coloni sanno di essere protetti dai soldati, per cui ovviamente fanno tutto quello che vogliono. Sono entrati nella cittadina sotto la protezione dell’esercito, che gliel’ha consentito.

In passato, quando arrivavano sul posto, i soldati contenevano la situazione e i coloni si disperdevano. Questa volta no.

Quando ho urlato ai soldati che non potevamo respirare, mi hanno puntato contro i fucili. Dobbiamo avere osservatori internazionali sul posto.

Come dice il proverbio, “il giudice e il boia sono la stessa identica persona”. Non c’è nessuno che ci protegga.

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)




Dopo aver aiutato le vittime del terremoto, un palestinese è stato ucciso dalla furia israeliana

Fayha Shalash

27 febbraio 2023 – Middle East Eye

Sameh al-Aqtash era appena tornato dal volontariato in Turchia quando i coloni hanno attaccato il suo villaggio in Cisgiordania

Quattro giorni fa Sameh al-Aqtash è tornato dalla Turchia, dove aveva sostenuto le vittime del terremoto come volontario. Domenica sera il 37enne palestinese è stato ucciso da coloni israeliani che si sono scatenati nel suo villaggio, Zatara, nella Cisgiordania occupata.

Zatara si trova a sud di Nablus, vicino a un famigerato checkpoint militare israeliano dove, secondo gli abitanti, i soldati vessano quotidianamente i palestinesi. A Zatara vivono solo 100 persone e sono tutti membri della stessa famiglia. La maggior parte di loro sono donne e bambini.

Gli attacchi dei coloni israeliani sono iniziati dopo che domenica pomeriggio un presunto palestinese armato ha ucciso due coloni vicino alla città di Huwwara. In risposta, centinaia di israeliani hanno attaccato città e villaggi palestinesi, ferendo quasi 300 persone e bruciando le case.

Nonostante Zatara si trovi a circa sei chilometri da Huwara, dove i coloni sono stati uccisi e la violenza della folla ha raggiunto il massimo, un gruppo di israeliani ha attaccato il villaggio e ha iniziato a tentare di rimuoverne il principale cancello di ingresso.

Abdel Moneim, il fratello di Aqtash, era con lui mentre si precipitavano a fermare il vandalismo dei coloni.

“Ci siamo affrettati tutti, incluso Sameh, e abbiamo fermato i coloni al cancello e impedito loro di entrare”, ha detto a Middle East Eye.

Ma dopo poco tempo i coloni hanno attaccato di nuovo, questa volta con la protezione dei soldati israeliani. I colpi di arma da fuoco hanno iniziato a prenderci di mira e poi Sameh è caduto a terra”.

Coloni e soldati stazionano insieme dopo la furia devastatrice. (Reuters)

Con i soldati israeliani e i coloni che bloccavano le strade, nessuna ambulanza ha potuto accedere a Zatara, così i fratelli di Aqtash hanno dovuto usare un veicolo privato e trasportarlo su una strada sterrata fino al vicino paese di Beita.

Mentre correvano lungo la strada accidentata, il sangue è uscito da un foro di proiettile nell’addome di Aqtash, che ha iniziato a perdere conoscenza.

Al centro medico di Beita i fratelli di Aqtash sono scoppiati in lacrime quando il medico ha detto loro che egli era morto per le ferite. Lascia tre figli, il più piccolo è una bambina di quattro mesi.

Abdel Moneim afferma: “Non c’erano scontri quando i coloni ci hanno attaccato. Sameh era una persona gentile che amava aiutare la gente: due giorni prima di essere ucciso aveva parlato con i capi dei consigli locali della nostra regione per raccogliere donazioni per le vittime del terremoto in Turchia e Siria”.

Città in fiamme

Le cicatrici degli attacchi senza precedenti dei coloni alle città e ai villaggi a sud di Nablus saranno difficili da cancellare. Case, negozi e automobili sono stati distrutti e incendiati. I coloni hanno massacrato il bestiame dei palestinesi.

Elias Dmaidi, un bambino di otto anni residente a Huwwara, ha detto che pensava che sarebbe stata l’ultima della sua vita.

“Non ho mai visto un attacco così grave: centinaia di coloni urlavano, insultavano, distruggevano tutto ciò che incontravano e davano fuoco alle case mentre le famiglie erano dentro”, ha detto Dmaidi ai giornalisti.

Huwwara, una città divisa da una strada principale frequentata da coloni e soldati israeliani, ha avuto una storia di conflitti crescenti.

La maggior parte delle sue terre sono state confiscate da Israele per costruire colonie ebraiche illegali, con varie strade ad uso esclusivo degli israeliani costruite per servirli e garantire la loro sicurezza.

Mentre il caos inghiottiva la città, l’esercito israeliano ha chiuso tutti i checkpoint intorno a Nablus, bloccando i palestinesi all’interno e all’esterno dell’area. Nonostante gli attacchi dei coloni, gli abitanti hanno aperto le loro case a tutti coloro che non potevano andarsene.

Al sorgere del mattino il sole ha rivelato l’entità dei danni. Nere strisce carbonizzate macchiavano case, negozi e alberi. Anche la scuola era stata attaccata. Temendo per la propria vita gli studenti lunedì sono rimasti a casa.

Palestinesi ispezionano i danni causati dalla furia dei coloni (AP)

Durante i disordini al personale medico e ai vigili del fuoco è stato impedito di raggiungere le aree colpite, con il risultato che centinaia di palestinesi feriti sono stati curati molto tempo dopo essere stati aggrediti.

Ahmed Jibril, direttore delle ambulanze e del dipartimento di emergenza della Mezzaluna Rossa palestinese, ha affermato che i medici sono stati oggetto di numerosi abusi durante l’attacco a Huwwara.

Ha proseguito: “I paramedici sono stati attaccati ed è stato impedito loro di entrare in città, anche le ambulanze sono state colpite. L’ aggressione non è stata opera solo dei soldati, ma anche dei coloni, che hanno aggredito il personale medico mentre cercava di trasportare un ferito”.

Bersagliati dentro casa

Anche Brin, una cittadina vicina che si trova accanto a blocchi di colonie, è stata oggetto di furiosi attacchi.

Ayman Soufan era a casa con moglie e figli quando i coloni li hanno attaccati e hanno dato fuoco alla loro casa.

Ha raccontato a Middle East Eye: “Più di 100 coloni ci hanno attaccati e si sono divisi in due gruppi, uno ha sfondato finestre e porte e l’altro ha rubato le nostre cose e le pecore dalla parte anteriore della casa”.

Poi le hanno dato fuoco. La famiglia di mio fratello e io siamo fuggiti dall’altra parte per proteggerci. Mio figlio è stato colpito alla spalla da una pietra lanciata dai coloni.”

Quasi ogni mese vengono attaccati da coloni. protetti dai soldati israeliani, che vogliono prendere la loro casa e rubare la loro terra per espandere gli insediamenti vicini.

Soufan prosegue: “I coloni hanno cercato di bruciarci vivi all’interno della nostra casa, se non fossimo riusciti a scappare ora saremmo morti. Nonostante l’enorme incendio, i vigili del fuoco non sono riusciti a raggiungerci perché i soldati li hanno ostacolati e il fuoco è rimasto acceso finché non si è spento da solo. Dal 2000 viviamo la stessa spirale di aggressione”.

(traduzione dall’inglese di Giuseppe Ponsetti)




Un israeliano-americano ucciso in un attacco a Gerico

Redazione di Al Jazeera

28 febbraio 2023 – Al Jazeera

La sparatoria è avvenuta dopo che coloni ebrei hanno ucciso un palestinese durante una sanguinosa aggressione contro alcuni villaggi della Cisgiordania.

Un automobilista israeliano-americano è stato ucciso in un attacco da un sospetto palestinese armato vicino la città di Gerico, nella Cisgiordania occupata.

Fonti ufficiali israeliane hanno affermato che prima di dileguarsi gli aggressori palestinesi hanno effettuato molteplici sparatorie da automobili su una superstrada vicino a Gerico, in una delle quali lunedì è stato ucciso l’ israeliano -americano.

Gli Stati Uniti hanno confermato che l’uomo ucciso era un cittadino statunitense, ma non ne hanno rese note le generalità.

L’incidente è accaduto dopo che coloni ebrei si sono scatenati a Huwara e in altri villaggi palestinesi vicino a Nablus, in Cisgiordania, uccidendo un civile palestinese e bruciando decine di automobili e di case in quello che è stato descritto da alcuni palestinesi come un “pogrom” [termine riferito alle sanguinose violenze antiebraiche nell’Europa orientale, ndt.].

Israele ha rinforzato le sue basi in Cisgiordania dopo che domenica due fratelli provenienti da una colonia ebraica sono stati uccisi, ma è stato accusato di aver appoggiato i coloni ebrei che hanno attaccato i villaggi palestinesi.

Con il mese sacro musulmano del Ramadan e la festività della Pasqua ebraica tra poche settimane, mediatori esteri hanno chiesto di ridurre le tensioni che hanno subito una impennata dopo che il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha riconquistato il potere alla testa di una coalizione di estrema destra.

Gli eventi fanno dubitare della capacità di Netanyahu di camminare sul filo del rasoio diplomatico tra Washington – che spinge per un compromesso duraturo – e il suo governo, che include coloni estremisti che chiedono una azione dura contro gli attacchi palestinesi.

Nelle periodiche conferenze stampa il portavoce del dipartimento di Stato [statunitense, ndt.] Ned Price ha condannato gli attacchi da entrambe le parti e ha accolto positivamente le affermazioni di Netanyahu, che chiede la cessazione di ciò che ha descritto come “violenza da giustizieri” da parte dei coloni.

Ci aspettiamo che il governo israeliano assicuri la piena responsabilità e i azioni legali contro coloro che sono stati responsabili di questi attacchi, in aggiunta agli indennizzi per le case e le proprietà distrutte”, ha affermato Price.

Domenica la Giordania ha ospitato un raro incontro tra funzionari israeliani e palestinesi, con la presenza di rappresentanti americani. Il ministro degli Esteri giordano ha affermato che lo Stato di Israele ha promesso una riduzione degli annunci di colonie ebraiche e ha riconfermato i precedenti accordi di pace.

Tuttavia Netanyahu ha subito negato e ha twittato che non ci sarà nessun congelamento [dello sviluppo, ndt.] delle colonie.

(traduzione dall’inglese di Gianluca Ramunno)