Armando migliaia di israeliani Ben -Gvir gioca con il fuoco
Eyal Lurie-Pardes
3 novembre 2023 – Dawnmena
All’indomani dell’orrendo attacco terroristico di Hamas il 7 ottobre, Itamar Ben-Gvir, il ministro israeliano della Sicurezza Nazionale, di estrema destra, continua a premere per realizzare il suo programma suprematista ebraico rischiando nuove tensioni e ulteriore violenza tra ebrei israeliani e palestinesi. La sua priorità è rendere meno rigide le norme sulle armi per semplificarne l’acquisto da parte dei cittadini israeliani, invocando un riarmo di massa degli ebrei in Israele. Secondo Ben-Gvir i fucili sono essenziali per la sicurezza pubblica e per prepararsi a uno “scenario di Guardiano delle Mura 2.0,” in riferimento ai disordini e alle violenze intercomunitarie nelle città israeliane a popolazione mista ebraico-araba scoppiati durante le proteste nel maggio 2021 a causa dell’espulsione di palestinesi da Gerusalemme Est e delle operazioni militari israeliane a Gaza.
Ora che Israele è consumato da rabbia nazionalista, ostilità e paura nei confronti dei palestinesi in seguito agli attacchi di Hamas, la nuova politica delle armi—armare migliaia di israeliani, inclusi i coloni—aumenta il rischio di innescare questo scenario da incubo.
Da lungo tempo Ben-Gvir propone il possesso delle armi [da parte dei civili]. Da quando è entrato nel governo israeliano nella coalizione del primo ministro Benjamin Netanyahu, il numero delle licenze di porto d’armi è aumentato considerevolmente. Come parte della risposta del ministero della Sicurezza Nazionale all’attacco di Hamas, Ben-Gvir ha adottato modifiche ai requisiti per il porto d’armi intese a estendere l’idoneità e velocizzarne il rilascio. Attraverso un nuovo processo di selezione da remoto, con queste nuove norme un permesso viene rilasciato dopo solo una settimana a chiunque soddisfi i nuovi criteri per l’autodifesa. Sono anche state prorogate le date di scadenza degli attuali permessi ed è stato raddoppiato il numero delle pallottole che è possibile acquistare. Dal 7 ottobre oltre 120.000 persone hanno fatto domanda per il porto d’armi.
In generale le leggi israeliani sulle armi discriminano i non ebrei, rendendo quasi impossibile per loro l’ottenimento di un permesso. Per esempio, le norme concedono una certa discrezione ai funzionari del ministero riguardo alla richiesta ai richiedenti di fornire prova di “sufficiente padronanza dell’ebraico.” Il nuovo criterio per l’autodifesa al centro di tali norme meno rigorose sulle armi è ancora più discriminatorio. Include due requisiti principali: aver prestato il servizio militare o nazionale in determinate unità e la residenza in una “città eleggibile.” I cittadini palestinesi in Israele sono collettivamente esentati dal servizio militare. Anche se soddisfacessero tale requisito sarebbe probabilmente loro negato il porto d’armi in base al luogo di residenza, perché le “città eleggibili” designate sono a gran maggioranza ebraiche. Le norme vanno anche a favore dei coloni ebrei, in particolare in Cisgiordania, dato che l’eleggibilità favorisce le città considerate “pericolose” anche oltre la Linea Verde del 1967. Di 100 città e paesi con il numero più alto di porto d’armi in Israele, 86 sono colonie ebraiche in Cisgiordania.
Un’altra componente della politica sulle armi di Ben-Gvir è istituire più squadre di risposta rapida—conosciute in ebraico come kitat konenut —che da lungo tempo fanno parte delle forze di sicurezza israeliane nelle zone rurali, specialmente in Cisgiordania. Sono gruppi di civili, abitanti di un villaggio o kibbutz, che in caso d’emergenza agiscono come forza volontaria di difesa fino all’intervento della polizia o dell’esercito. Hanno giocato un ruolo chiave nel combattere Hamas nel sud di Israele il 7 ottobre, quando villaggi e kibbutz sotto attacco hanno aspettato che arrivassero i soldati per molte ore, talvolta anche più a lungo.
Nelle settimane seguenti l’attacco di Hamas, il ministero della Sicurezza Nazionale si è attivato per creare 600 nuove squadre di risposta rapida nelle aree urbane e rurali. Simili ai criteri per il porto d’armi, queste squadre sono autorizzate principalmente nelle città ebraiche ed è richiesto aver fatto il servizio militare, per cui discriminano i cittadini palestinesi di Israele. A differenza delle zone rurali, dove c’è il rischio che passi molto tempo prima che arrivi la polizia durante una crisi, tali forze volontarie di difesa hanno meno senso nelle aree urbane più densamente abitate, se la sicurezza, e non qualcos’altro, è veramente l’obiettivo principale. Queste unità armate di civili sono ancora meno giustificabili in zone con una significativa comunità palestinese e un influsso di coloni israeliani, come a Gerusalemme Est, dove le tensioni sono sempre alte e gli scontri frequenti.
In pratica queste squadre creano un ulteriore percorso per armare gli ebrei israeliani. Come ha segnalato Daniel Seidemann, un avvocato israeliano e fondatore e direttore dell’ong Terrestrial Jerusalem, potrebbero finire per assomigliare alle “milizie private di Ben-Gvir.” Per esempio, recentemente a Gerusalemme Est sono state fondate due squadre a Ir David e Nof Zion, piccoli avamposti ebraici composti da coloni di estrema destra nel cuore dei quartieri palestinesi di Silwan e Jabel Mukaber.
In Israele, a differenza della maggior parte delle politiche di mantenimento dell’ordine pubblico, che sono determinate dalla polizia indipendentemente dal ministero della Sicurezza Nazionale, le normative e la gestione delle armi ricadono interamente sotto l’autorità del ministero—che Ben-Gvir sta usando per i propri scopi politici. Facilitando la distribuzione di più fucili agli israeliani, inclusi molti coloni, Ben-Gvir—lui stesso un colono—sta sperando di promuovere la propria immagine pubblica militarista e scatenare un’isteria anti-palestinese ancora maggiore. Ha trasformato la distribuzione pubblica di fucili in un circo mediatico, talvolta offrendo armi persino lui di persona davanti alle telecamere e pubblicizzando foto e video sui social.
Recentemente queste foto pubblicitarie hanno messo in allarme i funzionari USA, che hanno espresso preoccupazione sul fatto che le armi da loro fornite ad Israele siano usate per armare civili e per far pubblicità a Ben-Gvir invece di essere consegnate all’esercito o alla polizia come previsto. Dopo che gli USA hanno minacciato di sospendere la consegna di 20.000 fucili che il ministero della Sicurezza Nazionale aveva acquistato da fornitori americani, il governo israeliano si è ufficialmente impegnato con Washington a fare in modo che tali fucili vengano distribuiti solo dalla polizia o dall’esercito. Tuttavia le armi potrebbero ancora essere date alle squadre di risposta rapida, perché esse dipendono dalla polizia israeliana.
Una politica di armare così tanti israeliani non potrà far altro che alimentare le tensioni già alte fra ebrei e palestinesi entro la Linea Verde e Gerusalemme Est. A differenza di quanto avvenuto nel maggio 2021, nelle ultime settimane non ci sono stati gravi disordini nelle città miste arabo-ebraiche o scontri a Gerusalemme Est. Ma questa relativa calma è fragile, specialmente in un momento in cui molti israeliani descrivono ogni palestinese come “il nemico”. Questa rabbia contro i palestinesi è evidente nei gruppi di destra che hanno attaccato studenti e attivisti di sinistra palestinesi in Israele. In una situazione così esplosiva armare così tanti israeliani che non hanno ancora di un sufficiente addestramento per usare un’arma potrebbe alimentare una nuova ondata di disordini su scala nazionale.
Rendere meno rigida la normativa sulle armi è dannoso specialmente in Cisgiordania, dove la violenza dei coloni è aumentata dal 7 ottobre e dove durante gli attacchi sono stati uccisi almeno 115 palestinesi, feriti oltre 2.000 e rimossi con la forza dalle proprie case circa 1.000 palestinesi. La violenza dei coloni era già in aumento l’anno scorso. Armare praticamente ogni colono come vuole Ben-Gvir porterà solo altra violenza. Dopo l’attacco di Hamas il capo del consiglio regionale di Binyamin, il municipio con circa 50 colonie e avamposti nella Cisgiordania centrale, ha affermato che “ogni arabo che si avvicina a una colonia e mette a rischio gli abitanti” è un obiettivo legittimo.
Ben-Gvir sta giocando con il fuoco. Una nuova fase di violenza intercomunitaria peggiore del maggio 2021—”Guardiano delle Mura 2.0,” come si è espresso Ben-Gvir —potrebbe diventare una profezia che si autoavvera. Persino quando finirà questa guerra a Gaza tutte queste armi in eccesso e le nuove squadre di difesa simili a milizie creeranno una nuova pericolosa situazione in tutto Israele.
Eyal Lurie-Pardes è professore-ospite presso l’Istituto per gli studi sul Medio Oriente (Washington) per il programma sulla Palestina e sugli affari palestinesi-israeliani.
(traduzione dall’inglese di Mirella Alessio)