Israele è una cattiva notizia, ma perché non ne sentiamo parlare nei media tradizionali?

Un'immagine della sede della BBC. Foto: Raşid Necati Aslım – Anadolu Agency
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Yvonne Ridley

20 agosto 2024, Middle East Monitor

All’inizio di quest’anno un sondaggio mondiale ha dimostrato che i media meno affidabili al mondo sono quelli della Gran Bretagna. È stato un sondaggio schiacciante. L’influente Edelman Trust Barometer [la più grande società di consulenza in comunicazione e relazioni pubbliche al mondo, ndt.], ha rivelato come il giornalismo britannico sia precipitato in fondo alle annuali classifiche con solo il 31% delle persone che affermano di fidarsi dei media. Parlando da giornalista ed ex dipendente di Fleet Street [sede dei maggiori quotidiani inglesi fino agli anni Ottanta e sinonimo di giornalismo britannico, ndt.] non sono rimasta del tutto sorpresa, avendo assistito al degrado della carriera che ho scelto da quasi 50 anni. Naturalmente, Edelman è un’agenzia di pubbliche relazioni quindi è stata probabilmente troppo diplomatica nello spiegare la perdita di fiducia che ha portato al crollo della tiratura dei giornali e delle cifre di ascolto televisivo, ma lasciate che lo faccia io per loro.

Quando è stato rivelato, il pubblico è rimasto scioccato dall’insaziabile appetito per le esclusive sulla famiglia reale, come ha rivelato in tribunale il principe Harry durante gli storici processi per intercettazione telefonica. Dopo aver parlato inizialmente del Mirror Group Newspapers [il gruppo che pubblica Daily Mirror, ndt.], il reale ribelle ha poi ottenuto il diritto di presentare un reclamo contro il Daily Mail per raccolta illegale di informazioni. La fiducia del pubblico è stata scossa anche quando presentatori televisivi molto amati e rispettati sono stati colpiti da scandali inizialmente e violentemente smentiti da Huw Edwards della BBC, Phillip Schofield di ITV e Dan Wootton di GB News. I loro datori di lavoro sono stati tutti accusati di insabbiamento per proteggere le loro star.

Purtroppo c’è un aspetto che non è stato trattato da Edelman, ma merita più che un’indagine. Sto parlando del modo disonesto in cui i media hanno trattato gli eventi nella Palestina occupata, in particolare la guerra di Israele contro i palestinesi nella Striscia di Gaza, sia nei titoli che nel contenuto degli articoli. Grazie alla rigorosa ricerca del Glasgow University Media Group, rinomato a livello mondiale, abbiamo due libri di grande impatto che esaminano la copertura mediatica del conflitto in Medio Oriente e l’impatto che ha sull’opinione pubblica. Bad News From Israel e More Bad News From Israel sono stati entrambi scritti da giornalisti professionisti e semplici testimoni che hanno indagato come il pubblico comprenda le notizie e come l’opinione pubblica sia plasmata dai resoconti dei media.

Nel più vasto studio del genere mai intrapreso il defunto e molto stimato Greg Philo e Mike Berry si sono concentrati sui notiziari televisivi, illustrando le principali differenze nel modo in cui vengono rappresentati israeliani e palestinesi, incluso il modo in cui vengono mostrate e descritte le vittime e la presentazione delle motivazioni e delle ragioni di entrambe le parti.

Combinando queste scoperte con un’ampia ricerca sul pubblico che ha coinvolto centinaia di partecipanti provenienti da Stati Uniti, Regno Unito e Germania, More Bad News From Israel è stato descritto come “una lezione magistrale per comprendere come le persone percepiscono il conflitto grazie ai pregiudizi dei media”.

Tuttavia, gli eventi del 7 ottobre in Israele, quando Hamas ha scatenato l’audace Operazione Al-Aqsa Flood, sembrano aver cambiato radicalmente il modo in cui il pubblico generale riceve le notizie. Ad esempio, TikTok è diventato il servizio di notizie in più rapida crescita, fornendo notizie di eventi in diretta e in tempo reale a chiunque segua il social network.

Le immagini erano spesso crude e scioccanti e fornivano un servizio di informazione che pochi di noi avevano mai incontrato prima. Grazie alle Forze di Difesa israeliane, ovvero l’esercito di TikTok, i cui soldati hanno filmato generosamente i propri crimini di guerra e crimini contro l’umanità, il pubblico ha potuto guardare un genocidio in streaming live sui propri iPad e smartphone. Con tanti eroici cittadini giornalisti sul campo, la raccolta di notizie è diventata una competizione che ha lasciato indietro i media tradizionali a fornire la copertura degli stessi eventi ma in modo edulcorato e diluito. Israele ha ostacolato la copertura delle notizie non solo bandendo i giornalisti occidentali da Gaza, ma anche uccidendo deliberatamente i giornalisti arabi sul campo a Gaza per Al Jazeera e altri canali di informazione del Medio Oriente.

Sui social media la censura dei contenuti è praticamente inesistente e quindi, che lo volessimo o no, abbiamo visto genitori sconvolti piangere sui loro bambini senza testa e altre immagini orribili di neonati, bambini, donne e anziani fatti a pezzi dalle bombe statunitensi e britanniche. In una scuola delle Nazioni Unite utilizzata come rifugio pubblico, i palestinesi pregavano all’alba quando sono stati colpiti dalle bombe israeliane. Abbiamo visto parenti “versare” ciò che restava delle loro famiglie sterminate in buste di plastica per la spesa.

Non sono certo della legalità del tipo di bombe sganciate a Gaza: Israele ha una lunga storia nell’ignorare le leggi internazionali in generale, non da ultimo per quanto riguarda la legalità dell’uso di certi tipi di bombe, ma i medici hanno riferito di aver visto cadaveri in condizioni orribili come non avevano mai visto prima. Avendo avuto accesso ai video espliciti e ai crimini di guerra commessi dall’esercito israeliano (molti dei quali filmati dalle loro stesse mani, probabilmente con loro grande rammarico se e quando saranno sul banco degli imputati all’Aja), il resoconto addomesticato dei media mainstream è servito solo a evidenziare le inadeguatezze del giornalismo in Occidente.

Un esempio di titoli fuorvianti e di disumanizzazione dei palestinesi è avvenuto il mese scorso, quando la BBC ha riferito dell’uccisione di un giovane uomo con sindrome di Down che è stato sbranato a morte dai cani da attacco dell’esercito israeliano. Il clamore per la gestione “vergognosa” della storia ha spinto la BBC a riscrivere il titolo e il contenuto, per poi vedere l’ambasciata israeliana a Londra sporgere una denuncia quando è stata detta la verità. Ed è questo il problema. Quando i media britannici forniscono resoconti veritieri e non modificati degli eventi a Gaza i lettori e gli spettatori che non hanno accesso ai social media sono scioccati, alcuni sono persino increduli.

Secondo l’apprezzato giornalista israeliano Gideon Levy, che scrive senza timore per Haaretz, anche i media in Israele, ad eterna vergogna, più o meno proteggono gli israeliani da ciò che viene realmente fatto in loro nome sul campo a Gaza (e nella Cisgiordania occupata e a Gerusalemme Est).

In quanto emittente nazionale britannica finanziata con fondi pubblici, in questo paese è la BBC che riceve la maggior parte delle critiche. Ha fallito miseramente l’esame esterno quando sono state esaminate quattro settimane di copertura diurna trasmesse dal primo canale della BBC dell’assalto israeliano a Gaza a partire dal 7 ottobre. Il successivo rapporto di Open Democracy ha rivelato che i giornalisti hanno usato le parole “omicidio”, “omicida”, “omicidio di massa”, “omicidio brutale” e “omicidio spietato” un totale di 52 volte per riferirsi alle morti israeliane, ma mai in relazione alle morti palestinesi.

Per di più molte organizzazioni giornalistiche devono ancora correggere o scusarsi per la famigerata fake news dell’anno scorso secondo cui Hamas avrebbe decapitato 40 bambini il 7 ottobre.

Si dice che uno dei peggiori trasgressori sia il destrorso Daily Mail, che questa settimana ha pubblicato in prima pagina un articolo sui parlamentari del partito laburista nel nuovo governo di Keir Starmer. Il Mail ci ha raccontato con le sue solite enfatiche invettive che più della metà dei parlamentari avrebbe preso soldi dai sindacati per correre per le elezioni generali di luglio.

Dei 404 parlamentari laburisti eletti, il Mail ha detto che 213 “hanno rastrellato la bellezza di 1,8 milioni di sterline dai dirigenti sindacali da quando sono state indette le elezioni a maggio”, aggiungendo: “È la prima volta che l’entità delle donazioni dei sindacati ai parlamentari nel nuovo governo è stata messa a nudo scatenando ieri sera nuove accuse secondo cui il partito laburista è ‘in mano’ ai suoi ‘padroni pagatori’ con aumenti salariali anti-inflazione offerti senza vincoli”.

L’intera storia ha sostanzialmente messo in discussione l’imparzialità dei parlamentari laburisti, la cui influenza potrebbe essere stata comprata dai sindacati che cercano di migliorare gli stipendi dei membri – che sono insegnanti, medici di base, medici giovani, infermieri e ferrovieri “a cui sono già stati offerti aumenti salariali anti-inflazione”. L’ex ministro conservatore degli Interni e degli Esteri James Cleverly ha affermato: “Questo dimostra la misura allarmante in cui il partito laburista è in mano ai suoi padroni del sindacato. I parlamentari di Keir Starmer hanno intascato quasi 2 milioni di sterline dai sindacati, mentre i contribuenti sono costretti a finanziare i premi salariali anti-inflazione del partito laburista a quegli stessi sindacati. Per quanto tempo ancora Keir Starmer venderà influenze in questo modo?”

Ha ragione, ovviamente, ma Cleverly non ha detto una parola sull’influenza acquistata dai Labour Friends of Israel (LFI) di Westminster [che dal 1957 cerca di rafforzare il legame tra il Labour Party e l’Israeli Labour Party, ndt.] e dalla sua controparte conservatrice. Nemmeno una parola. Il Daily Mail pensa ovviamente che un partito politico di sinistra che prende soldi dai sindacati di sinistra meriti un’attenzione in prima pagina, ma che dire dello stesso partito che prende soldi dai lobbisti di destra centrati sul miglioramento dello status di uno stato alieno nei corridoi del potere di Westminster?

Secondo l’organizzazione giornalistica DeclassifiedUK, LFI ha finanziato più della metà dei ministri del governo britannico. Alcuni dei colleghi più fidati di Keir Starmer che siedono nel gabinetto britannico hanno rastrellato centinaia di migliaia di sterline in contanti da diversi lobbisti pro-Israele. I principali beneficiari includono lo stesso Starmer, il suo vice primo ministro Angela Rayner, il cancelliere Rachel Reeves, il ministro degli Esteri David Lammy e il ministro degli Interni Yvette Cooper. Jonathan Reynolds, che gestisce le esportazioni di armi in Israele come segretario al commercio del Regno Unito, così come la mente elettorale del Labour Pat McFadden, le cui responsabilità ora includono la sicurezza nazionale, hanno entrambi beneficiato di donazioni da parte di lobbisti pro-Israele. LFI porta i parlamentari in missioni di “inchiesta” nella Palestina occupata. I principali finanziatori individuali includono gli imprenditori pro-Israele Trevor Chinn e Stuart Roden.

L’European Leadership Network (ELNET) è un altro gruppo di pressione che mira a rafforzare i legami tra Israele e l’Europa. Ha sborsato soldi per viaggi di piacere in Israele per i membri dello staff parlamentare. Uno di loro ha detto a OpenDemocracy: “C’era un programma chiaro e ovvio per assicurarsi che le persone avessero una posizione pro-Israele quando entravano nel governo”, aggiungendo che, dopo essere tornati dal viaggio, una figura di spicco dell’ambasciata israeliana ha chiesto: “Ti è piaciuto il viaggio che ti abbiamo fatto fare?”

Tra i finanziatori di ELNET c’è il miliardario americano Bernie Marcus, sostenitore di Donald Trump e uno dei principali donatori dell’American Israel Public Affairs Committee (AIPAC), spesso accusato di esercitare un’influenza indebita sulla politica statunitense e che ha già speso milioni di dollari per influenzare i risultati delle elezioni primarie in America.

“Il valore delle donazioni o dell’ospitalità ammonta a oltre 430.000 sterline, con le organizzazioni che hanno pagato i parlamentari conservatori in carica per visitare Israele in 187 occasioni”, ha affermato DeclassifiedUK a maggio.

Sicuramente la minaccia rappresentata da una potenza nucleare straniera che ha un’influenza indebita su entrambi i lati della Camera dei Comuni avrebbe dovuto far venire la bava alla bocca al Daily Mail, ma la storia è stata ampiamente ignorata. Eppure, se fosse stata Mosca e non Tel Aviv ad acquistare influenza con parlamentari e governi sarebbe stata la notizia di prima pagina ogni giorno per settimane e mesi.

Sono questo tipo di propaganda e pregiudizi sfacciati che hanno minato la fiducia del pubblico nei media. Possiamo tutti vedere che si stanno verificando un genocidio, crimini di guerra e crimini contro l’umanità, ma perché le atrocità viste quotidianamente sui social media non vengono riportate in modo imparziale e completo dai media tradizionali? Con storie trapelate di censura in giornali come il New York Times, dove ai giornalisti è vietato usare la parola “genocidio”, non c’è da stupirsi che le persone non si fidino più delle fonti di notizie tradizionali. Ciò che la BBC, il NYT e altri media tradizionali non riescono a realizzare è che, sanificando il proprio linguaggio e le proprie immagini, sono complici dell’omicidio di bambini innocenti come Hind Rajab, stanno dando luce verde ai crimini di guerra perpetrati dalle forze di occupazione e stanno insabbiando l’intento omicida, anzi, genocida, di Israele.

“Non riesco proprio a capire perché i colleghi giornalisti che scrivono i copioni usati nei notiziari televisivi e nei media online stiano perseguendo questa narrazione edulcorata e forse razzista”, ho scritto a febbraio. Questo in relazione all’omicidio di Hind Rajab, sei anni. Lei e la sua famiglia sono stati massacrati dai soldati israeliani, ma un articolo pubblicato online dalla BBC era intitolato “Hind Rajab, 6 anni, trovata morta a Gaza giorni dopo le telefonate di aiuto”, sottintendendo che fosse morta per cause naturali. Eppure la bambina è stata chiaramente uccisa in un atto omicida che rientra chiaramente nella definizione di crimine di guerra, così come i due medici che hanno cercato di salvarla. A meno che o fino a che i media tradizionali non riconoscono la forza distruttiva insita nella funesta ideologia chiamata sionismo, allora per quel che concerne la raccolta di notizie, i giornali e i notiziari televisivi diventeranno superflui. Forse è questo l’obiettivo di Israele: se uccide i giornalisti non conformi e i loro organi di stampa e controlla chi ha accesso ai suoi campi di sterminio, allora sarà in grado di manipolare ciò che il mondo è in grado di vedere e come viene riferito, e quando. Lo stato canaglia dell’apartheid sarà quindi in grado di continuare a uccidere i palestinesi con ancora più impunità di quanta ne goda al momento. Potreste pensare che stia scherzando, ma la cosa è già evidente.

(traduzione dall’inglese di Luciana Galliano)