Il parlamento israeliano avanza una proposta di legge che condannerebbe a fino cinque anni di carcere gli israeliani che collaborino con la Corte Penale Internazionale
Noa Shpigeland e Chen Maanit
19 febbraio 2025 Haaretz
Il disegno di legge propone fino a cinque anni di carcere per chiunque “fornisca servizi o risorse alla CPI”. Un’esperta di diritto internazionale avverte che potrebbero finire in prigione anche i giornalisti che indagano su potenziali crimini delle forze militari israeliane
La Knesset (parlamento israeliano, ndt.) ha avanzato mercoledì una proposta di legge che vieta ai cittadini, alle autorità e agli enti pubblici israeliani di “cooperare con la Corte Penale Internazionale (CPI) dell’Aia”. La proposta di legge dispone una pena fino a cinque anni di carcere per chiunque “fornisca servizi alla CPI o offra risorse”, a meno che non dimostri di non essere a conoscenza del fatto che la sua azione si colleghi alle attività della Corte. La proposta, presentata dal parlamentare Amit Halevi del partito Likud del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, è stata approvata con 25 voti a favore e 11 contrari. Tamar Meggido, esperta di diritto internazionale, ha avvertito che “le definizioni in questa pericolosa proposta di legge sono così ampie che persino qualcuno che condivida sui social media una foto o il video di un soldato che documenta se stesso mentre commette quello che sembra essere un crimine di guerra potrebbe ritrovarsi in prigione”.
Se il disegno di legge venisse approvato, secondo Megiddo qualsiasi giornalista che pubblichi un’inchiesta che ipotizzi un crimine commesso dalle forze dell’IDF (esercito israeliano, ndt.) correrebbe il rischio di essere imprigionato.
Il disegno di legge proibisce inoltre alle autorità pubbliche e agli enti in Israele di collaborare con la CPI e impone restrizioni alle persone che agiscono per conto della Corte, vietando loro l’ingresso, la permanenza o il possesso di proprietà in Israele.
La motivazione del disegno di legge afferma che Israele non riconosce l’autorità della CPI e che le attività della Corte rappresentano una grave minaccia per Israele e per coloro che agiscono in suo nome.
Lo scorso novembre la CPI ha emesso mandati di arresto per il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e l’ex ministro della Difesa Yoav Gallant, accusandoli di crimini di guerra e crimini contro l’umanità nell’offensiva israeliana a Gaza, seguita all’attacco di Hamas del 7 ottobre.
È stato emesso un mandato di arresto anche contro il defunto leader di Hamas Mohammed Diab Ibrahim Al-Masri (noto anche come Mohammed Deif). Ad agosto le autorità israeliane hanno confermato che Deif era stato ucciso in un attacco dell’IDF un mese prima.
La scorsa settimana gli Stati Uniti hanno imposto sanzioni a Karim Khan, procuratore capo della Corte Penale Internazionale.
Secondo l’Ufficio per il Controllo dei Beni Esteri del Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti, i beni statunitensi di Khan sono stati congelati e potrebbe essergli interdetto l’ingresso negli Stati Uniti.
Le sanzioni seguono a un ordine esecutivo firmato dal Presidente Trump venerdì scorso, che ha autorizzato sanzioni economiche e di spostamento nei confronti di Khan nonché di coloro che lavorino alle indagini della Corte su cittadini statunitensi o alleati degli Stati Uniti tra cui Israele.
Ben Samuels ha contribuito a questo articolo.
(traduzione dall’inglese di Luciana Galliano)