Il glorioso lascito della cosiddetta “guardiana della democrazia” israeliana

Orly Noy e Amos Brison

28 marzo 2025 – +972 Magazine

Bisogna resistere ai tentativi del governo di rimuovere la procuratrice generale. Ma persino per sua stessa ammissione lei ha orgogliosamente autorizzato i crimini di Israele contro i palestinesi.

“La procuratrice generale sembra una leonessa che lotta per la ‘democrazia ebraica’, ma quando si tratta dei rapporti (dello Stato) con gli arabi si trasforma nel (ministro della Sicurezza Nazionale Itamar) Ben Gvir [esponente dell’estrema destra dei coloni religiosi, ndt.].” È così che in un’intervista dello scorso anno a Local Call [edizione in ebraico di + 972, ndt.] Hassan Jabareen, direttore dell’associazione per i diritti civili dei palestinesi Adalah, ha descritto Gali Baharav-Miara, la consulente legale del governo israeliano. Adesso che il governo sta spingendo per cacciarla dal suo incarico, la stessa Baharav-Miara sta usando questo stesso argomento nel tentativo di dimostrare la propria lealtà.

Domenica scorsa il governo israeliano ha approvato con voto unanime una mozione di sfiducia contro la procuratrice generale, facendo il primo passo sia di un lunghissimo procedimento legale per cacciarla sia la mossa forse più audace finora del tentativo iniziato due anni fa di distruggere ogni controllo giudiziario. Con una proposta di 84 pagine il ministro della Giustizia e principale sostenitore del golpe contro il sistema giudiziario Yariv Levin ha accusato Baharav-Miara di agire “come longa manus degli oppositori del governo”; nel contempo il primo ministro Netanyahu ha inveito contro “lo Stato profondo di sinistra che utilizza il sistema giudiziario per ostacolare la volontà del popolo.”

La procuratrice generale non è l’unica funzionaria importante nel mirino del governo; anche Ronen Bar, capo del servizio della sicurezza [interna, ndt.]  Shin Bet, è finito sotto attacco, e un’ingiunzione della Corte Suprema è stata l’unica cosa che gli ha permesso di rimanere al suo posto dopo che il governo ha votato per cacciarlo.

Fine modulo

All’inizio della guerra Bar è stato preso di mira da Netanyahu in quanto figura chiave del sistema della sicurezza, nel tentativo di assolvere se stesso dalla responsabilità per gli errori del 7 ottobre, nonostante [Bar] abbia apertamente riconosciuto il ruolo dell’agenzia. In seguito, come Baharav-Miara, ha provocato ulteriore collera chiedendo la creazione di una commissione d’inchiesta statale su questi errori, una cosa a cui Netanyahu si oppone strenuamente nel timore che consideri responsabile anche lui.

Ma l’iniziativa che sembra aver segnato il destino di Bar è giunta all’inizio di marzo, quando ha approvato l’avvio di un’indagine sui rapporti tra due dei collaboratori più vicini al primo ministro e il governo del Qatar, ufficialmente nemico di Israele, in uno scandalo noto come “Qatargate”. Per anni Netanyahu ha personalmente agevolato i trasferimenti finanziari del Qatar ad Hamas a Gaza, considerandolo uno strumento per indebolire l’Autorità Palestinese e approfondire le divisioni tra palestinesi. Ora, con il suo circolo più intimo sotto inchiesta per accordi segreti con Doha, c’è un crescente rischio che i rapporti stessi di Netanyahu con lo Stato del Golfo possano essere indagati ancor più nel dettaglio.

In coincidenza con la ripresa della guerra a Gaza, dove 59 ostaggi israeliani continuano a rimanere in ostaggio, questi sviluppi hanno infiammato una nuova ondata di proteste di massa in Israele, con decine di migliaia di persone scese in piazza a Tel Aviv, Gerusalemme e in altre città. Sventolando bandiere israeliane e scandendo slogan contro la dittatura, che ricordano le manifestazioni che hanno scosso il Paese per buona parte del 2023, i dimostranti hanno bloccato le principali autostrade e si sono scontrati con la polizia, che ha risposto con granate stordenti e cannoni ad acqua.

Il progettato licenziamento di Baharav-Miara e Bar, insieme al più generale rafforzamento del potere del governo, compresa l’approvazione di una nuova legge che accentua il controllo governativo sulla selezione dei giudici, è stato identificato dall’opposizione alla Knesset [il parlamento israeliano, ndt.] e nelle piazze come un assalto contro i presunti “garanti della legge”. Ma la loro risposta evidenzia una profonda contraddizione che illumina i limiti della cosiddetta democrazia israeliana.

Un via libera ai crimini di guerra

In risposta alla decisione del governo di licenziarla, Baharav-Miara ha reso pubblica una lettera in sua difesa che elenca le decisioni del governo che lei ha appoggiato nell’ultimo anno e mezzo. Alcune rappresentano una palese distorsione della legge, altre sono profondamente radicate nella discriminazione razziale e altre ancora riguardano evidenti crimini di guerra e contro l’umanità.

Dietro a quasi ogni esempio che cita nella sua lettera come prova della sua lealtà al governo ci sono orribili delitti che ha approvato. Per esempio, il cosiddetto “approccio operativo a Gaza” è un eufemismo per definire la guerra di Israele contro i palestinesi nella Striscia che ha portato ad accuse di genocidio presso la Corte Internazionale di Giustizia. Questo “approccio” include ad esempio l’uccisione indiscriminata di civili definiti “danni collaterali” in un processo di selezione di obiettivi realizzato dall’intelligenza artificiale.

La “guerra contro il terrorismo e l’incitamento al terrorismo”, di cui pure si vanta la procuratrice generale nella sua lettera, ha significato arresti di massa di cittadini palestinesi di Israele dopo il 7 ottobre anche per minime espressioni di solidarietà con il loro popolo massacrato a Gaza, e tutto ciò mentre le reti sociali in ebraico sono state inondate di espliciti incitamenti al genocidio senza alcuna conseguenza nei confronti dei responsabili. Nei mesi che hanno seguito il 7 ottobre Baharav-Miara ha appoggiato la politica delle forze di polizia di Ben Gvir per impedire ai cittadini palestinesi di protestare contro la guerra mentre il sangue scorreva nelle strade di Gaza.

Nella sua lettera Baharav-Miara ha anche ricordato ai ministri di aver ampiamente collaborato con il governo per “espandere le colonie e sostenerle”, una politica che solo pochi giorni fa è stata descritta in un nuovo rapporto dell’ONU come un crimine di guerra. Che razza di esperto di diritto si vanta di aver appoggiato una così palese violazione delle leggi internazionali? Che razza di procuratore generale è fiero di aver legittimato crimini di guerra?

Ma non si è fermata qui, ha continuato ad elencare un’agghiacciante serie di ulteriori crimini che ha appoggiato: la detenzione amministrativa, lo strumento draconiano che Israele utilizza per incarcerare palestinesi senza accuse né processo; la demolizione punitiva di case di proprietà di quelli che Israele sostiene essere “terroristi”, molti dei quali non sono neppure stati accusati, per non dire condannati, di alcun crimine; il trattenimento di cadaveri di palestinesi come merce di scambio, un atto degno delle peggiori organizzazioni criminali; la difesa della “politica del governo sull’aiuto umanitario a Gaza”, un nauseante eufemismo per [definire] la sistematica privazione di cibo a oltre 2 milioni di esseri umani. Evidentemente questo è il glorioso lascito della cosiddetta guardiana della democrazia israeliana.

La verità è che Baharav-Miara ha totalmente fallito nel suo dovere fondamentale di mettere in guardia il governo contro le evidenti violazioni della legge e di perseguire i responsabili di questi crimini. La lettera che ha inviato ai ministri per difendere la sua posizione è davvero un’ammissione di quanto lei sia inadeguata per il suo ruolo. Mentre lamenta che “la proposta (di licenziarla) non riguarda una maggior fiducia, ma la richiesta di fedeltà politica,” la prima parte della sua lettera è una testimonianza della lealtà criminale che ha dimostrato per le illegali e sanguinarie politiche durante la guerra. Se non fosse per gli orrori incarnati in quelle parole, ci sarebbe da ridere.

Eppure, nonostante tutto ciò, gli israeliani devono ancora uscire a protestare contro il licenziamento di Baharav-Miara perché le forze che intendono sostituirla sono ancora più moralmente corrotte e pericolose di lei. Ogni giorno in cui questo sanguinario governo rimane al potere le vite di milioni di palestinesi sono in grave pericolo e dobbiamo resistergli in ogni modo possibile finché non cadrà.

Questa è anche la ragione per cui il deputato di Hadash [partito arabo-ebraico di sinistra, ndt.] Ayman Odeh chiede ai cittadini palestinesi di unirsi alle proteste. Odeh comprende meglio di chiunque altro il ruolo che Baharav-Miara e Bar giocano in questo miserabile sistema di oppressione (va ricordato che lo Shin Bet è noto, tra le varie cose, per ricattare i palestinesi LGBTQ+ per obbligarli a diventare informatori); il suo appello perché i cittadini palestinesi scendano in piazza non è un sostegno a loro quanto piuttosto un riflesso di quanto profondamente perversa e disperata sia diventata la situazione in Israele.

È essenziale resistere a questo governo e ai suoi instancabili tentativi di proteggersi dal controllo e dal dover rendere conto delle proprie azioni. Ma dipingere la procuratrice generale – che in base alle sue stesse ammissioni ha coperto praticamente ogni crimine israeliano nella guerra genocida contro Gaza e nella persecuzione dei cittadini palestinesi – come una campionessa della democrazia è una tragica farsa.

Baharav-Miara incarna la logica etnocratica di una democrazia solo per gli ebrei. Se questi giorni amari chiariscono qualcosa è che il concetto di una democrazia selettiva non è solo immorale, ma è un’illusione assurda, scollegata dalla realtà e in ultima istanza pericolosa sia per i palestinesi che per gli ebrei.

Orly Noy è redattrice di Local Call, attivista politica e traduttrice di poesia e prosa dal Farsi. Dirige il consiglio esecutivo di B’Tselem ed è attivista del partito politico Balad [partito della minoranza araba, ndt.]. I suoi scritti riguardano le linee di intersezione e definizione della sua identità come mizrahi [ebrea originaria di un Paese a maggioranza musulmana, ndt.], donna di sinistra, donna, migrante temporanea che vive entro incessanti migrazioni e il costante dialogo tra loro.

Amos Brison è un redattore di +972 che risiede a Berlino.

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)