Il pericolo di trattare Smotrich come un’anomalia

Edo Konrad

9 Marzo 2023 +972

Segnalando come inaccettabile il politico israeliano gli ebrei statunitensi eludono la necessità di fare i conti con il sistema più ampio che consente le sue opinioni genocide.

Due settimane dopo aver invocato un’azione genocida contro i palestinesi, uno dei più potenti ministri del governo israeliano sbarcherà negli Stati Uniti dove è destinato a imbattersi in grandi proteste e affrontare quello che probabilmente sarà un rifiuto senza precedenti da parte dei funzionari statunitensi. Bezalel Smotrich, Ministro delle Finanze israeliano e sorvegliante de facto dei territori occupati, ha espresso pubblicamente la convinzione che la città di Huwara in Cisgiordania dovrebbe essere “spazzata via” dopo che due coloni vi sono stati uccisi mentre percorrevano in auto la strada principale. Smotrich ha fatto questi commenti pochi giorni dopo che più di 400 coloni, appoggiati dai soldati israeliani, hanno condotto un pogrom su Huwara e il vicino villaggio di Za’atara dando fuoco a case, attività commerciali e veicoli palestinesi e ucciso il 37enne Sameh Aqtesh.

La dichiarazione di Smotrich è stata ampiamente condannata dai leader dell’opposizione israeliana, dai giornalisti e persino dal Dipartimento di Stato americano, che ha descritto le sue affermazioni come “irresponsabili” e “ripugnanti”. Percependo la furia crescente, e dopo essere stato rimproverato pubblicamente dal Primo Ministro Benjamin Netanyahu, Smotrich ha provato spudoratamente due volte a ritrattare il suo commento, sostenendo che quando ha insistito esplicitamente che Huwara fosse spazzata via, in qualche modo non stava davvero chiedendo che fosse cancellata.

Con l’annuncio del suo arrivo il 12 marzo per una conferenza sugli Israel Bonds [sottoscrizione statunitense di titoli emessi dallo Stato di Israele, ndt.] a Washington D.C., le organizzazioni dell’establishment ebraico americano così come importanti gruppi sionisti liberali sono entrati in azione chiedendo che il Ministro delle Finanze israeliano fosse trattato come persona non grata. Oltre 120 leader ebrei americani hanno firmato una petizione chiedendo alle comunità ebraiche di boicottare la visita di Smotrich. Il gruppo di pressione J Street [gruppo liberale senza scopo di lucro per la leadership americana nel porre fine diplomaticamente ai conflitti arabo-israeliani, ndt.]. ha chiesto all’amministrazione Biden di “assicurarsi che nessun funzionario del governo degli Stati Uniti legittimerà incontrandolo l’estremismo [di Smotrich]” e che bisognerebbe interpretare quelle affermazioni come “motivi per il riesame di un visto per l’ingresso negli Stati Uniti.” Gruppi come T’ruah [organizzazione senza scopo di lucro di rabbini che si richiamano all’imperativo ebraico di rispettare e proteggere i diritti umani in Nord America, Israele e Territori palestinesi, ndt.] e Americans for Peace Now [organizzazione statunitense non-profit per la risoluzione politica globale del conflitto israelo-palestinese, ndt.] hanno chiesto apertamente la revoca del visto di Smotrich.

Nel frattempo organizzazioni tradizionali come l’Anti-Defamation League [organizzazione statunitense contro l’antisemitismo, ndt.] hanno affermato che “è imperdonabile che [Smotrich] inciti alla violenza di massa contro i palestinesi come forma di punizione collettiva”. William Daroff, l’amministratore delegato della Conferenza dei presidenti delle principali organizzazioni ebraiche americane, ha fatto eco alle parole del Dipartimento di Stato definendo i commenti di Smotrich “irresponsabili, ripugnanti e disgustosi”. Nonostante l’indignazione, Smotrich dovrebbe ancora parlare alla conferenza.

Va da sé che a Smotrich – un uomo che si definisce da sé “omofobo fascista” e ha una storia ben documentata di commenti chiaramente odiosi sui palestinesi, la comunità LGBTQ e altri gruppi – dovrebbe essere categoricamente condannato e vedersi negato l’ingresso negli Stati Uniti.

Questo è vero non solo per il puro sadismo genocida dei suoi commenti su Huwara, o per il fatto che Smotrich è diventato ufficialmente quello che lo studioso di diritto Eliav Leiblich ha soprannominato il “signore supremo della Cisgiordania”. Lo è anche perché, in un momento in cui l’incitamento all’omicidio contro i palestinesi continua a dare frutti mortali, la posizione degli ebrei americani sta dimostrando che ci sono passi reali che si possono fare contro un governo che sembra si dedichi oscenamente a bruciare tutto ciò che lo circonda per riconfigurare il paese a sua immagine e somiglianza.

Eppure ci si dovrebbe fermare e meravigliarsi dell’occasione singolarmente rara in cui le principali organizzazioni americane, da sinistra a destra, si uniscono per condannare e mettere in discussione la legittimità di un importante politico israeliano. Non c’è bisogno di sforzarsi per trovare altri funzionari israeliani che hanno analogamente invocato o giustificato retroattivamente massicce violenze contro i palestinesi. E questo è in parte dovuto al fatto che, a differenza di Smotrich, icona dell’estrema destra fondamentalista ebraica, molti di quei politici provengono in realtà dal centro israeliano e dalla sinistra sionista.

Ad esempio Benny Gantz, ex capo di Stato Maggiore dell’Esercito israeliano e poi Ministro della Difesa, ha lanciato la sua campagna elettorale del 2019 come sfida centrista a Netanyahu vantandosi di quanti palestinesi avesse ucciso e di come avesse riportato Gaza “all’età della pietra”. Oppure prendiamo Matan Vilnai del partito laburista, ex viceministro della Difesa, che all’inizio del 2008 avvertì che i palestinesi a Gaza avrebbero dovuto affrontare un “olocausto” meno di un anno prima che Israele lanciasse l’Operazione Piombo Fuso che uccise quasi 1.400 palestinesi in tre settimane.

C’è anche Mordechai Gur, Capo di Stato Maggiore dell’Esercito israeliano diventato Ministro della Difesa, anche lui laburista, che nel 1978 disse al quotidiano israeliano Al HaMishmar di aver fatto bombardare dalle sue forze quattro villaggi nel sud del Libano “senza autorizzazione” e senza fare distinzioni tra civili e combattenti; Gur ha inoltre affermato di “non aver mai avuto dubbi” sul fatto che i civili palestinesi in quelle aree dovessero essere puniti, dicendo al giornale “sapevo esattamente cosa stavo facendo”. Oppure prendiamo David Ben-Gurion, il primo Primo Ministro israeliano e artefice della Nakba, che quando nel 1948 gli fu chiesto cosa fare dei palestinesi di Lydd e Ramle dopo che le città erano state conquistate dalle milizie sioniste, fece il famigerato cenno con la mano per ordinare loro espulsione (decenni dopo Smotrich si sarebbe rammaricato pubblicamente che Ben-Gurion non avesse “finito il lavoro”).

Come non debellare la piaga

Non si tratta di grandi rivelazioni. La sinistra sionista (e quella parte che è diventata gran parte del centro) ha sempre chiamato in causa le proprie credenziali militariste contro la destra sionista. Il punto, quindi, non è costringere le organizzazioni a prendere posizioni retroattive su azioni passate, ma piuttosto capire che l’indignazione selettiva su Smotrich, sebbene giustificata, rischia di oscurare il fatto che è il prodotto di un sistema più ampio di espropriazione e sottomissione. Come Meir Kahane, che è stato trattato come inaccettabile e isolato nella società israeliana e in gran parte della comunità ebraica americana per il suo sfacciato fascismo, Smotrich viene presentato come un paria ma con l’effetto di legittimare l’apparato di apartheid che ha ereditato dai suoi predecessori .

Raffigurando uno o due politici estremisti come inaccettabili, le comunità ebraiche possono eludere la necessità di fare i conti con il modo in cui Smotrich e Kahane realizzano gli impulsi più profondi del progetto sionista. La stessa elusione si sta operando in luoghi come il Regno Unito, dove il Consiglio dei Deputati degli ebrei britannici, uno dei principali organi della classe dirigente della comunità ha apertamente respinto Smotrich ma continua a incontrare altri estremisti di estrema destra come l’ambasciatrice Tzipi Hotovely o il Ministro degli Affari della Diaspora Amichai Chikly.

In questo modo Smotrich diventa il cattivo contro cui gli ebrei americani possono mobilitarsi: messianico, razzista, impenitente. Personaggi come Ben-Gurion e Gur, nel frattempo, rimangono eroi piuttosto che uomini che hanno soppresso un numero incalcolabile di vite. E mentre i gruppi ebraici americani possono fare i picchetti contro Smotrich alla conferenza degli Israel Bonds di questo mese, nessuno ha chiesto agli Stati Uniti di revocare il visto a Benny Gantz che ha visitato la Casa Bianca l’anno scorso, pochi mesi dopo aver messo fuori legge sei importanti gruppi palestinesi per i diritti umani come “organizzazioni terroriste”. Per le istituzioni pubbliche ebraiche iniziare a mettere in discussione chi rappresenta il “buon Israele” rischia di sgretolare l’intero edificio psicologico del sostegno allo Stato.

Anche Washington, da parte sua, ha interesse a trasformare Smotrich in un evento anomalo. Nell’ambito della sua politica di pacificazione nei confronti del nuovo governo israeliano, l’amministrazione Biden sta cercando di esercitare una certa pressione su Netanyahu almeno per tenere in riga la sua coalizione. Ma in un momento in cui Israele è pervaso dall’instabilità – per la combinazione di un tentativo di colpo di stato giudiziario, incursioni dell’esercito israeliano nelle città palestinesi, violenza sfrenata dei coloni e attacchi palestinesi a soldati e civili – il meglio che la Casa Bianca può sperare è di convincere Israele ad allontanarsi dall’orlo dell’abisso in cui sembra desideroso di buttarsi a capofitto.

Per i funzionari statunitensi si tratta di uno specchietto per le allodole: operare accordi con leader israeliani come Netanyahu o il ministro della Difesa Yoav Galant ed evitare quelli “ripugnanti” come Smotrich o il Ministro della Sicurezza Nazionale Itamar Ben Gvir, tutto nell’interesse di “stabilizzare” la situazione – un compito che questo governo sta rendendo sempre più irrealizzabile ogni giorno che passa.

In un momento di grave crisi dello Stato israeliano sia gli ebrei americani che l’amministrazione Biden sperano che la loro strategia di controllo dei danni contro lo smotrichismo possa ricondurre Israele verso una versione più accettabile dell’apartheid israeliano. Una in cui l’esercito è legittimato a fare irruzione e uccidere i palestinesi nei campi profughi in cui Israele li ha segregati, ma in cui i massimi ministri non invitino attivamente i vigilantes dei coloni a “prendere in mano la situazione”. Una che mantenga la facciata di una magistratura indipendente, ma distolga lo sguardo quando i tribunali approvano quasi tutte le leggi discriminatorie e le politiche coloniali. Una in cui c’è sempre un individuo anomalo da incolpare, ma non il regime coloniale stesso.

Eppure il miope tentativo di categorizzare gli estremisti israeliani – di trattarli come intrinsecamente più ripugnanti dei falchi e dei nazionalisti “mainstream” – non è semplicemente destinato a fallire. In effetti, consentirà solo più violenza. La società israeliana ha rifiutato di ammettere che il kahanismo attinge dai fiumi del sionismo (e non il contrario) solo per scoprire che è tornato a dominare la vita pubblica. Le organizzazioni ebraiche americane stanno ora commettendo lo stesso errore.

Sperano che in qualche modo, con richiami minimi e forti condanne, sconfiggeranno il flagello Smotrich – senza affrontare l’ideologia e le strutture statali che sostengono la sua richiesta di genocidio e danno a lui e ai suoi successori il potere di realizzarlo. Si sbagliano tragicamente.

(traduzione dall’inglese di Luciana Galliano)




L’arte dei bambini palestinesi mette in luce il genocidio culturale israeliano

Ramzy Baroud

7 marzo 2023 – Middle East Monitor

Il seguente messaggio di testo racconta l’intera storia di ciò per cui le comunità filo-palestinesi di tutto il mondo stanno combattendo e contro cui combattono i filo-israeliani: “Siamo lieti di annunciare che il Chelsea e il Westminster Hospital ha rimosso un’esposizione di opere d’arte disegnate da bambini provenienti da Gaza”.

Questo è il riassunto di una notizia pubblicata sulla homepage del gruppo lobbista filo-israeliano UK Lawyers for Israel [Avvocati Britannici per Israele, ndt.] (UKLFI). L’associazione è accreditata – se credito è la parola giusta – come lo schieramento che è riuscito a convincere l’amministrazione di un ospedale nella zona ovest di Londra a rimuovere alcune opere d’arte create dai bambini rifugiati nella Striscia di Gaza sotto assedio.

Per spiegare la logica alla base della loro incessante campagna per la rimozione dell’arte dei bambini, UKLFI ha affermato che i “pazienti ebrei” in ospedale “si sentivano vulnerabili e colpevolizzati dall’esibizione”. Le poche opere d’arte raffiguravano la Cupola della Roccia nella Gerusalemme Est occupata, la bandiera palestinese e altri simboli che non dovrebbero realmente “colpevolizzare” nessuno. L’articolo dell’ UKLFI è stato successivamente modificato, con la rimozione del riassunto offensivo, sebbene sia ancora accessibile sui social media.

Per quanto ridicola possa sembrare questa storia, in realtà è l’essenza stessa della campagna anti-palestinese lanciata da Israele e dai suoi alleati in tutto il mondo. Mentre i palestinesi si battono per i diritti umani fondamentali, la libertà e la sovranità come sancito dal diritto internazionale, il campo filo-israeliano si batte per la totale cancellazione di tutto ciò che è palestinese.

Alcuni chiamano ciò genocidio o etnocidio culturale. Sebbene i palestinesi abbiano familiarità con questa pratica israeliana in Palestina sin dall’inizio dello stato di occupazione, i confini della guerra sono stati ampliati per raggiungere qualsiasi parte del mondo, specialmente nell’emisfero occidentale.

La disumanità dell’UKLFI e dei suoi alleati è abbastanza palpabile, ma l’associazione non può essere l’unica da biasimare. Quegli avvocati non sono che la continuazione di una cultura coloniale israeliana che osserva l’esistenza stessa di un popolo palestinese, inclusa l’arte dei bambini rifugiati, attraverso una visione politica, come una “minaccia esistenziale” per lo stato di occupazione.

Il rapporto tra l’esistenza stessa di un Paese e l’arte dei bambini può sembrare assurdo, – e lo è – ma ha una sua, seppur strana, logica: finché questi bambini profughi si riconosceranno come palestinesi continueranno a vedere se stessi, ed essere considerati da altri, come parte di un tutto più grande, il popolo palestinese. Questa autoconsapevolezza e il riconoscimento da parte di altri – per esempio, pazienti e personale di un ospedale di Londra – di questa identità palestinese collettiva, rende difficile, di fatto impossibile, per Israele vincere.

Per palestinesi e israeliani la vittoria significa due cose completamente diverse, che sono conciliabili. Per i palestinesi la vittoria significa libertà per il popolo palestinese e uguaglianza per tutti. Per Israele la vittoria può essere raggiunta solo attraverso la cancellazione dei palestinesi sul piano geografico, storico, culturale e sulla base di ogni altro aspetto che potrebbe costituire parte dell’identità di un popolo.

Purtroppo il Chelsea and Westminster Hospital assume ora una parte attiva in questa tragica cancellazione dei palestinesi, allo stesso modo in cui nel 2018 Virgin Airlines [compagnia aerea privata britannica, ndt.] ha ceduto alle pressioni quando ha accettato di rimuovere il “cuscus di ispirazione palestinese” dal suo menu. All’epoca questa storia sembrò un bizzarro episodio del cosiddetto “conflitto israelo-palestinese”, anche se in realtà la vicenda rappresentava il nucleo stesso di questo “conflitto”.

Per Israele la guerra in Palestina ruota attorno a tre finalità fondamentali: acquisire terra; cancellare le persone; riscrivere la storia. Il primo obiettivo è stato in gran parte raggiunto attraverso un processo di pulizia etnica e di folle colonizzazione della Palestina dal 1947-48. L’attuale governo di estrema destra di Benjamin Netanyahu spera solo di portare a termine questo processo. Il secondo compito va oltre la pulizia etnica, perché anche la semplice consapevolezza della loro identità collettiva da parte dei palestinesi, ovunque si trovino, costituisce un problema. Da qui il processo attivo del genocidio culturale. E sebbene Israele sia riuscito a riscrivere la storia per molti anni, questo compito viene ora sfidato, grazie alla tenacia dei palestinesi e dei loro alleati e al potere delle reti sociali e digitali.

I palestinesi sono senza dubbio i maggiori beneficiari dello sviluppo dei media digitali. Questi hanno contribuito al decentramento delle narrazioni politiche e persino storiche. Per decenni la conoscenza da parte dell’opinione pubblica di cosa rappresentino “Israele” e “Palestina” nell’immaginario dominante è stata ampiamente controllata attraverso una specifica narrazione approvata da Israele. Coloro che deviavano da questa narrazione venivano attaccati ed emarginati, e quasi sempre accusati di “antisemitismo”. Sebbene queste tattiche siano ancora scatenate contro i critici di Israele, il risultato non è più garantito.

Ad esempio, un singolo tweet che descrive la “gioia” dell’UKLFI ha ricevuto oltre 2 milioni di visualizzazioni su Twitter. Milioni di britannici indignati e utenti di social media in tutto il mondo hanno trasformato quella che doveva essere una vicenda locale in uno degli argomenti riguardanti Palestina e Israele più discussi in tutto il mondo. Com’era prevedibile, non molti utenti dei social media hanno condiviso la “gioia” dell’ UKLFI, costringendo così il gruppo di pressione a riformulare l’articolo originale. Ancora più importante, in un solo giorno milioni di persone sono venuti a conoscenza di un argomento completamente nuovo su Palestina e Israele: la cancellazione culturale. La “vittoria” si è trasformata in un’assoluta figuraccia per la lobby filo-israeliana, forse addirittura una sconfitta.

Grazie alla crescente popolarità della causa palestinese e all’impatto dei social media, le iniziali vittorie israeliane quasi sempre gli si ritorcono contro. Un altro esempio recente è stato il licenziamento e la rapida reintegrazione dell’ex direttore di Human Rights Watch [una delle principali ong per i diritti umani, ndt.] (HRW), Kenneth Roth. A gennaio, il dottorato di Roth presso la Kennedy School dell’Università di Harvard è stata revocato a causa del rapporto di HRW che definisce Israele un regime di apartheid. Un’importante campagna avviata da piccole organizzazioni di media alternativi ha portato in pochi giorni alla reintegrazione di Roth. Questo e altri casi dimostrano che criticare Israele non determina più la fine di una carriera, come spesso accadeva in passato.

Israele continua ad impiegare tattiche obsolete per controllare il confronto e la narrazione sulla sua occupazione della Palestina. Sta fallendo perché quelle tattiche tradizionali non possono più funzionare in un mondo moderno in cui l’accesso alle informazioni è decentrato e dove nessuna censura può controllare il confronto. Per i palestinesi questa nuova realtà è un’opportunità per ampliare la loro rete di sostegno in tutto il mondo. Per Israele la missione è fragile, soprattutto quando le vittorie iniziali possono diventare in poche ore sconfitte totali.

(traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)




Le forze israeliane uccidono almeno 6 palestinesi nell’ultima incursione a Jenin

Redazione di Al Jazeera

7 marzo 2023- Al Jazeera

Il Ministero della salute palestinese afferma che sono più di 11 le persone ferite, tra cui due gravi.

Le forze israeliane hanno ucciso almeno sei palestinesi e ferito altri 11 durante un raid nella città occidentale della Cisgiordania di Jenin, secondo il Ministero della salute dell’Autorità palestinese.

Martedì il Ministero ha dichiarato che due delle persone ferite hanno subito lesioni gravi.

Testimoni hanno detto all’agenzia di stampa AFP [principale agenzia di stampa francese, ndt.] che una casa è stata assediata dalle forze israeliane e colpita con razzi. I filmati circolanti sui social media mostrano elicotteri che sorvolano una colonna di veicoli militari che entrano in città.

Le autorità israeliane hanno sostenuto che uno dei palestinesi uccisi la scorsa settimana è stato complice nella sparatoria ai danni di due fratelli di una colonia illegale vicino al villaggio palestinese di Huwara.

L’ufficio del Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha dichiarato che le truppe hanno “eliminato” l’uomo armato che il mese scorso ha ucciso due coloni israeliani in Cisgiordania.

Sara Khairat di Al Jazeera, riferendo da Ramallah, ha affermato che un’altra incursione da parte delle forze israeliane è stata condotta anche martedì sera in un altro campo profughi a sud di Nablus.

L’esercito è entrato in un edificio nel campo profughi di Askar e ha arrestato tre uomini, tra cui due figli di un uomo di 49 anni ucciso a Jenin.

L’agenzia di stampa palestinese Wafa riporta che Nabil Abu Rudeineh, portavoce del presidente palestinese Mahmud Abbas, ha definito l’uso dei razzi a Jenin martedì un atto di “guerra totale”.

Abu Rudeineh ha accusato il governo israeliano di essere “responsabile di questa pericolosa escalation che minaccia di infiammare la situazione e distruggere tutti gli sforzi volti a ripristinare la stabilità”.

Nel corso della notte il segretario di Stato degli Stati Uniti, Antony Blinken, ha ribadito le richieste a entrambe le parti di “ridurre” le tensioni in Cisgiordania, e si prevede anche che la questione delle violenze sarà sollevata dal segretario alla Difesa Lloyd Austin quando visiterà Israele questa settimana.

Tuttavia prima dell’inizio del mese sacro musulmano del Ramadan e delle festività della Pasqua ebraica non vi è stato alcun segno di rinuncia alla violenza.

Durante la notte di lunedì i coloni israeliani hanno attaccato i palestinesi nel villaggio di Huwara, che la scorsa settimana è stato teatro di un violento pogrom da parte di decine di coloni in cerca di vendetta per l’uccisione di due israeliani sulla loro auto.

Le forze israeliane dell’esercito e della polizia di confine hanno disperso la folla di quelli che i militari hanno descritto come “un certo numero di rivoltosi violenti ” a Huwara. I video condivisi sui social media mostrano un gruppo di giovani vestiti di nero che attaccano un’auto palestinese prima che il guidatore riesca ad allontanarsi.

Omar Khalifa, che aveva appena finito di fare la spesa in un supermercato ed era in macchina con la sua famiglia quando sono stati attaccati, racconta: “Mia moglie era seduta dietro e ha abbracciato nostra figlia per proteggerla con il suo corpo”.

Avremmo potuto perderla. Eravamo veramente in pericolo di vita.

Altri filmati sembrano mostrare soldati israeliani che ballano insieme a coloni ebrei nella città durante la festività ebraica di Purim. Si sente una voce dire in ebraico: “Signori, Huwara è stata conquistata!”

L’esercito di Israele non ha dato risposte a una domanda sul filmato dei suoi soldati che ballano con i coloni quando ha risposto a una richiesta di informazioni dell’agenzia Reuters sull’incidente.

La scorsa settimana i coloni hanno dato fuoco a decine di auto e case a Huwara dopo che due fratelli sono stati colpiti da un palestinese armato mentre erano seduti in macchina a un checkpoint nelle vicinanze.

Le violenze, descritte come un “pogrom” da un alto comandante israeliano, hanno provocato indignazione e condanna in tutto il mondo, cresciute quando il ministro delle Finanze ultra-nazionalista Bezalel Smotrich, che ha la responsabilità di aspetti delle attività amministrative in Cisgiordania, ha affermato che Huwara avrebbe dovuto essere “rasa al suolo”. In seguito Smotrich ha parzialmente ritrattato.

Marwan Bishara, esperto analista politico di Al Jazeera, afferma che la violenta repressione di Israele servirà a ben poco per stroncare la resistenza palestinese.

Bishara afferma: “Nel corso degli anni e dei decenni l’idea che puoi semplicemente reprimere Jenin con più violenza si è dimostrata sbagliata. I campi profughi e le città che gli israeliani attaccano di più, dove hanno ucciso di più, si sono rivelati i simboli più importanti della resistenza palestinese “.

“Hebron, Gaza o Jenin e altri hanno dimostrato di essere i più resistenti, i più ostinati e continueremo a vedere più incursioni israeliane, più resistenza palestinese: il ciclo continuerà.”

Nel 2023 i coloni hanno ucciso finora almeno cinque palestinesi, mentre le forze israeliane quest’anno ne hanno uccisi almeno 68. Nello stesso periodo, 13 israeliani e una donna ucraina sono stati uccisi in attacchi apparentemente non coordinati.

(traduzione dall’Inglese di Giuseppe Ponsetti)




I coloni festeggiano Purim con altri attacchi contro i palestinesi

Ali Abunimah 

7 marzo 2023 – Electronic Intifada

Lunedì quattro palestinesi, tra cui una ragazza, sono stati portati in ospedale dopo che coloni israeliani li hanno aggrediti a colpi di pietre nel villaggio di Huwwara, nella Cisgiordania occupata.

Si tratta dello stesso villaggio che il mese scorso i coloni, appoggiati da soldati israeliani, hanno assaltato bruciando automobili, case e attività commerciali.

Durante il pogrom è stata uccisa una persona, il trentasettenne Sameh Aqtash, appena tornato dalla Turchia dove era andato volontario per aiutare le vittime del terremoto.

Dopo questo attacco il ministro israeliano delle Finanze Bezalel Smotrich ha rilasciato un appello genocida secondo cui Huwwara deve essere “spazzato via”.

Giovedì mi sono unito a Rania Khalek e Eugene Purvear su BreakThrough News [notiziario di controinformazione con sede negli USA, ndt.] per parlare dell’aggressione contro Huwwara e del contesto più generale dell’estremismo e della violenza israeliani in aumento, soprattutto delle sempre più frequenti incursioni letali nelle città e nei campi profughi palestinesi.

Si può vedere l’intervista completa nel video all’inizio di questo articolo [nella versione originale in inglese, ndt.].

Nonostante la condanna internazionale del primo attacco contro Huwwara, Israele non sta facendo niente per frenare i coloni.

I pogrom a Huwwara continuano anche come parte dei festeggiamenti per Purim dei coloni, appoggiati dal governo e senza che le autorità facciano rispettare la legge,” afferma l’Ong israeliana per i diritti umani Yesh Din.

Lunedì si sono visti coloni ballare e cantare per le strade del villaggio come parte dei festeggiamenti per la festa ebraica di Purim, un’esibizione che un giornalista ha definito uno “spettacolo di suprematismo ebraico”.

Spesso Purim viene festeggiato in maschera, ma per l’avanguardia dei coloni dello Stato israeliano è diventato da tempo un’occasione per sfoggiare il loro razzismo e la loro violenza.

Itamar Ben-Gvir, ora ministro israeliano della Sicurezza Nazionale, è stato un partecipante entusiasta di questa orribile tradizione.

Nel 1995, da giovane adulto, Ben-Gvir si è travestito da Baruch Goldstein, il colono e medico ebreo americano che un anno prima aveva massacrato 29 palestinesi che stavano pregando nella moschea di Ibrahimi a Hebron per il Ramadan.

Il dottor Goldstein è il mio eroe”, dice Ben-Gvir a una televisione israeliana in un video.

Nonostante il suo odio violento contro i palestinesi sia rimasto immutato, ora Ben-Gvir recita la parte dello statista, celebrando Purim con una cerimonia religiosa solenne insieme al Primo Ministro Benjamin Netanyahu.

Ma nelle città palestinesi i coloni continuano a scatenarsi, con il totale appoggio dell’esercito israeliano.

Utilizzare Purim come scusa per la violenza è praticamente una tradizione” nella Cisgiordania occupata, osserva Breaking the Silence, un’associazione israeliana contro l’occupazione.

La scorsa notte a Huwwara coloni e soldati hanno ballato insieme con la musica di Purim mentre altri coloni aggredivano palestinesi,” aggiunge Breaking the Silence.

Sfortunatamente il resto dell’anno l’esercito israeliano e i coloni non si scomodano a inventare scuse per le continue violenze contro i palestinesi.

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)




‘I palestinesi sono animali’ – Perché molti ebrei israeliani approvano il pogrom dei coloni

Philip Weiss

7 marzo 2023 – Mondoweiss

C’è un’opinione diffusa tra molti israeliani: ok, questa è la situazione, comunque loro sono animali, comportiamoci allo stesso modo”, dice Amos Harel riguardo alla visione israeliana degli attacchi dei coloni contro i palestinesi.

Un importante giornalista israeliano la scorsa settimana ha spiegato agli ebrei americani che molti nella società israeliana approvano il “pogrom” dei coloni contro il villaggio palestinese di Huwwara perché considerano i palestinesi “animali” ed accettano come normale l’occupazione.

Parlando all’associazione della lobby filoisraeliana ‘Israel Policy Forum’ (IPF), Amos Harel del quotidiano Haaretz [principale quotidiano israeliano di centro sinistra, ndt.] ha detto che la furia dei coloni a Huwwara il 26 febbraio, che ha ucciso un palestinese e distrutto negozi e automobili, ricorda il Ku Klux Klan che terrorizzava i neri nel sud [degli USA, ndt.], o i pogrom russi contro gli ebrei.

Susie Gelman, presidentessa dell’IPF, ha quindi chiesto se gli israeliani provassero orrore per Huwwara e se il pogrom potesse aprire gli occhi a coloro che hanno rimosso gli orrori della Cisgiordania. Harel ha detto che la maggioranza non prova orrore, che Huwara potrebbe essere “il lato oscuro della luna” benché disti 45 minuti dalla periferia di Tel Aviv.

E per molti israeliani il pogrom è assolutamente giustificabile, occhio per occhio:

La maggioranza degli israeliani rimuove ciò che accade nei territori [occupati, ndt.], non va a visitarli…Per la maggior parte delle persone è una specie di realtà oscura che avviene altrove e che non ha praticamente niente a che fare con loro…

Molti israeliani che hanno saldi principi si sentono malissimo riguardo a quanto è accaduto. Altri dicono: ‘Gli sta bene, bisogna fare così: occhio per occhio, dente per dente’. E purtroppo ciò che sentite è quanto affermano anche alcune persone di destra, non solo i politici di estrema destra.

C’è un’opinione tra molti israeliani: ok, questa è la situazione, comunque loro sono animali, comportiamoci allo stesso modo. Questo spaventa moltissimo, e penso che sia uno dei risultati o delle implicazioni di una lunga occupazione. Io sono nato dopo la Guerra dei Sei Giorni [nel 1967, ndt.], questa è la realtà che conosco. Molte altre persone non pensano neanche più a questo. Fa parte della realtà – gli ebrei stanno sopra, gli arabi sotto, le cose stanno così. Ma ovviamente sul lungo termine questo non può durare per sempre. Ci sarà un alto prezzo morale da pagare per questa situazione, soprattutto se si pone all’interno dell’equazione anche la religione, che a mio avviso è parte del problema.”

È importante sottolineare che quando si tratta di rimuovere gli orrori dell’occupazione i capi degli ebrei sionisti americani sono stati centrali nel soffocare questa consapevolezza negli USA. L’‘Israel Policy Forum’ è tra le associazioni filoisraeliane che hanno agito a Washington per fornire a Israele un’assoluta impunità politica per le sue violazioni delle Convenzioni di Ginevra nell’insediare e popolare colonie per 55 anni, al punto che ora ci sono più di 700.000 coloni ebrei soggetti a leggi differenti rispetto ai palestinesi che vivono sotto occupazione.

Per esempio, l’‘Israel Policy Forum’ ha difeso Israele dalle accuse di “apartheid” avanzate da importanti associazioni per i diritti umani. Nondimeno Harel ha detto che i recenti cambi nell’amministrazione sotto il governo Netanyahu non fanno che rafforzare le accuse, ponendo i palestinesi della Cisgiordania sotto la competenza del Ministero della Difesa e i coloni ebrei sotto l’autorità del Ministero delle Finanze.

[Harel] ha motivato l’uso di termini come “pogrom” e “KKK” relativamente alla furia dei coloni, seguita all’uccisione di due coloni israeliani da parte di un palestinese armato di fucile sulla strada principale di Huwwara:

Questo è il termine che utilizzano i media israeliani: è stato un pogrom. E’ stato compiuto da decine, se non centinaia, di coloni che hanno dato fuoco a negozi e case in tutto il villaggio di Huwwara…La cosa più sconcertante forse è stato il fatto che l’esercito israeliano non ha agito, non è intervenuto, ci è voluto molto tempo…prima che iniziasse a impedire ai coloni ulteriori rappresaglie…Sembrava che un uragano fosse passato per la strada principale del villaggio…E’ stato molto preoccupante da un punto di vista strategico – significa maggiore escalation e maggiore violenza…E dal punto di vista etico…ciò che abbiamo visto, e mi scuso per il brutale linguaggio che sto usando, è stato un KKK locale scatenato per tutte le strade di Huwara: è qualcosa che come ebrei e israeliani non possiamo permettere.”

I ministri di destra fascisti nella coalizione di Netanyahu pensano che “forse una nuova Nakba non è una cattiva idea, una deportazione di palestinesi.”, ha detto Harel. “Sono le persone che fanno parte della struttura decisionale. Non sono dei fanatici. Sono le persone su cui Netanyahu fa affidamento.”

Harel prevede che a causa delle proteste senza precedenti in Israele Netanyahu non andrà avanti con la riforma giudiziaria che ha predisposto, e che alla fine il governo cadrà perché l’estrema destra sarà delusa da Netanyahu e lo abbandonerà.

Ha anche detto che la presenza nelle manifestazioni di riservisti dell’esercito e di altre forze di sicurezza ha dato loro un carattere “militarizzato”, ma le rende più efficaci in quanto rappresentano “il cuore, l’anima e la spina dorsale della società israeliana.”

Se parlate con i funzionari, sono tutti molto preoccupati (dalle proposte di riforma di Netanyahu)… Ex importanti membri del Mossad [servizi segreti israeliani per l’estero, ndt.) e funzionari dello Shin Bet [servizi segreti interni, ndt.] partecipano alle manifestazioni…C’è qualcosa di molto militaresco nelle proteste israeliane, ma anche di patriottico…E’ così che bisogna fare. Usare i generali, le uniformi e le truppe per far valere la propria autorità, se volete, per farsi sentire.”

Philip Weiss

Philip Weiss è caporedattore di Mondoweiss.net e ha fondato il sito nel 2005-06.

(Traduzione dall’inglese di Cristiana Cavagna)




Durante i fatti di Hawara l’Autorità Nazionale Palestinese non si è vista da nessuna parte

Amira Hass

2 marzo 2023 –Haaretz

Sebbene le ben addestrate forze di sicurezza dell’Autorità Nazionale Palestinese non abbiano trovato un modo per proteggere i loro compatrioti dagli attacchi dei coloni, sono sempre lì quando si tratta di reprimere i loro concittadini.

Le cinque ore durante le quali centinaia di ebrei si sono scatenati senza ostacoli attraverso Hawara, attaccando persone e proprietà e appiccando incendi, sono il risultato di decenni di incoraggiamento alla violenza dei coloni e delle calcolate disattenzione e clemenza da parte dell’esercito israeliano, della polizia, dei pubblici ministeri, dei tribunali e dei successivi governi. Ma quelle cinque ore hanno anche dimostrato ancora una volta quanto l’Autorità Nazionale Palestinese sia compiacente con la divisione artificiale della Cisgiordania nelle aree A, B e C, stabilita dagli Accordi di Oslo – una divisione che doveva essere temporanea e scadere entro il 1999.

Questa è una ragione in più per cui l’opinione pubblica palestinese disprezza e detesta la leadership dell’Autorità palestinese. Sebbene le sue forze di sicurezza, addestrate nei paesi arabi e occidentali, non abbiano trovato un modo per proteggere dagli attacchi dei coloni i loro compatrioti, sono sempre presenti quando si tratta di reprimerli.

L’ “Iniziativa da 14 milioni”, che sta tentando di rivitalizzare l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina e di indire le elezioni per un consiglio nazionale e un’assemblea legislativa di tutti i palestinesi, aveva programmato un mercoledì una conferenza stampa in diretta dallo studio televisivo Watan. Considerando la parola “elezione” come una minaccia nucleare, le forze di sicurezza dell’ANP hanno assediato l’edificio che ospita lo studio e hanno fatto irruzione negli uffici per impedire la conferenza stampa. Non era la prima volta che accadeva: le forze di sicurezza hanno interrotto un altro degli incontri dell’iniziativa a novembre.

La scorsa settimana le forze di sicurezza palestinesi hanno istituito posti di blocco alle uscite di diverse città della Cisgiordania per impedire agli insegnanti delle scuole statali, in sciopero dal 5 febbraio, di partecipare a una manifestazione unitaria a Ramallah. L’ANP e il sindacato degli insegnanti della scuola pubblica avevano firmato accordi per un modesto aumento salariale del 15% e l’organizzazione di elezioni sindacali libere e democratiche nel maggio 2022. Ciò ha fatto seguito a un’iniziativa guidata da diverse associazioni educative senza scopo di lucro, gruppi di genitori e dalla Commissione indipendente per i diritti umani (un organo quasi governativo). Come era da prevedere non si è mai tenuta un’elezione. All’inizio di febbraio gli insegnanti hanno appreso che, nonostante l’accordo, gli stipendi di gennaio non includevano l’aumento concordato; sono rimasti addirittura all’80% dei normali livelli salariali, come prima. Ciò ha portato allo sciopero, giunto alla sua quarta settimana, a cui hanno aderito 50.000 insegnanti e che ha tenuto a casa un milione di studenti. I leader dello sciopero mantengono un profilo basso per paura di essere arrestati, come è successo con le precedenti proteste degli insegnanti.

Anche se i figli sono a casa, le associazioni dei genitori sostengono le richieste degli insegnanti. La crisi finanziaria è reale: Israele continua a trattenere ogni anno centinaia di milioni di shekel [1 shekel = 0,26 €] dell’ANP, equivalenti alle indennità che l’ANP paga alle famiglie dei prigionieri detenuti da Israele, ma l’opinione pubblica non crede che non ci siano soldi per stipendi decenti agli insegnanti.

Quindi il messaggio dell’ANP è chiaro: continua a rispettare i suoi accordi con Israele (compreso il coordinamento per la sicurezza), ma non quello con gli insegnanti, uno dei settori più importanti per garantire il benessere comune.

Hawara (e la strada congestionata che la attraversa) è stata classificata più di 25 anni fa come area B [cioè sotto controllo amministrativo palestinese ma israeliano per la sicurezza, ndt.], nella quale ai poliziotti palestinesi è vietato operare e sostarvi armati o in divisa. L’esercito pesantemente armato e la polizia di frontiera, tuttavia, sono una presenza costante vicino a garage e minimarket, stazioni di servizio e bancarelle di falafel. Tutti sanno chi sono stati mandati a proteggere. Le colonie della zona sono note per la loro violenza: Yitzhar e i suoi avamposti, che spuntano febbrilmente come funghi dopo la pioggia; Itamar e i suoi avamposti in espansione; l’avamposto di Givat Ronen, vicino alla colonia di Har Bracha.

I villaggi palestinesi di Burin, Madama, Einabus, Urif, Aqraba, Beita, Yanun e altri vivono da diversi decenni sotto la minaccia del terrore rappresentato da questi intrusi. Alberi abbattuti, raccolti di olive rubati, incendi dolosi, colpi di arma da fuoco contro i contadini, palestinesi aggrediti nelle loro case, sorgenti del villaggio sfruttate [a favore dei coloni, ndt.]: questi non sono atti di “vendetta” compiuti dopo un attacco agli ebrei. Costituiscono un piano calcolato per impossessarsi di più terra palestinese attraverso la violenza e l’intimidazione. Tutto, sia allora che adesso, è stato ed è fatto sotto gli auspici del monopolio esercitato dall’IDF [esercito israeliano, ndt.] sulla sicurezza.

Ovviamente nessuna agenzia di sicurezza palestinese ha tentato di sfidare questa situazione al fine di proteggere gli abitanti dai loro assalitori recidivi. Invece di ringraziare l’Autorità Nazionale Palestinese per la sua obbedienza e lealtà, il governo Netanyahu-Smotrich-Ben-Gvir la incolpa per ogni morto israeliano in un’area sotto il pieno controllo israeliano, vale a dire l’intera Cisgiordania e Israele vero e proprio. Allo stesso tempo, Israele chiede all’ANP di controllare i giovani palestinesi disperati e senza addestramento militare che si sono armati in Cisgiordania. Non c’è da meravigliarsi che il pubblico palestinese ami e ammiri quei giovani uomini armati, anche se non sono capaci, addestrati o preparati a proteggerlo fisicamente dagli attacchi dei coloni o a sventare il furto delle loro terre.

La notte in cui gli ebrei imperversavano ad Hawara, molti dei suoi abitanti che si trovavano fuori città non potevano tornare a casa. Attraverso i social media gli abitanti di Nablus hanno offerto loro ospitalità. A questo si è aggiunto l’apparato di sicurezza nazionale palestinese, che ha aperto loro il suo quartier generale. Le reazioni sono state taglienti, ha detto ad Haaretz un abitante di Nablus. “Cosa siete, un ente di beneficenza?” hanno chiesto con sarcasmo le persone infuriate.

L’esperienza ci insegna che i soldati dell’IDF e i poliziotti di frontiera avrebbero sparato e persino ucciso qualsiasi palestinese avesse cercato di opporsi agli aggressori e difendere la propria famiglia, i vicini o la proprietà con una pistola, un bastone o un coltello. Oppure potrebbe essere stato arrestato e condannato in un tribunale militare prima di essere condannato a molti anni di prigione per possesso di un’arma illegale, aver sparato e messo in pericolo vite ebraiche.

Anche se i poliziotti dell’Autorità Nazionale Palestinese fossero potuti arrivare rapidamente ad Hawara per proteggere i loro connazionali dagli assalitori ebrei, l’esercito li avrebbe bloccati o addirittura uccisi o imprigionati e i giudici militari li avrebbero condannati a lunghe pene detentive senza ascoltare le spiegazioni dei loro avvocati. Qualsiasi tentativo locale di organizzare una difesa usando le armi sarebbe finito in uno spargimento di sangue, soprattutto da parte palestinese, e con un’escalation incontrollabile. È comprensibile, quindi, perché un tale intervento sia ancora oggi improbabile.

Ma al di là delle dichiarazioni, delle condanne e delle richieste che le Nazioni Unite forniscano protezione internazionale, per anni alti funzionari palestinesi si sono astenuti, come risposta alla violenza dei coloni, dall’alzare la testa, revocare un accordo, o stabilire condizioni chiare e ben definite per continuare il coordinamento della sicurezza con Israele.

Invece di inviare le sue forze di sicurezza ad impedire conferenze stampa e manifestazioni che invocano la democratizzazione, e di spiare la propria gente, l’Autorità Nazionale Palestinese avrebbe potuto dislocare permanentemente queste forze – disarmate e in borghese, ma addestrate al controllo antisommossa – nei villaggi frequentemente attaccati dai coloni. Avrebbe potuto informare Israele che lo stava facendo perché l’esercito e la polizia israeliani non stanno adempiendo ai loro doveri come dettato dal diritto internazionale e persino dagli Accordi di Oslo. Avrebbe potuto inviare i suoi comandanti di grado più alto in tournée regolari in questi villaggi, per partecipare all’aratura e alla raccolta delle olive, pascolare le pecore con gli abitanti del villaggio, mentre spiegava agli ufficiali israeliani di non essere disponibile per riunioni di coordinamento con l’IDF, lo Shin Bet e l’Amministrazione Civile, poiché era impegnata a proteggere la sua gente.

La conclusione ovvia è che le agenzie di sicurezza palestinesi e il loro comandante supremo Mahmoud Abbas considerano sacro non solo il coordinamento per la sicurezza con Israele, ma anche i confini dei Bantustan creati dalle divisioni temporanee e permanenti nelle aree A, B e C. Ecco come possono essere garantiti i ristretti interessi personali ed economici del gruppo dirigente, così slegato dal suo popolo.

(traduzione dall’inglese di Giuseppe Ponsetti)




Israele: il terrorismo dei coloni ora è legge

Richard Silverstein

1 marzo 2023, MiddleEastEye

Gruppi di coloni in massa percorrono senza controllo Huwwara in cerca di vendetta. Questo è quanto sul nuovo governo fascista di Israele

Domenica un palestinese armato ha ucciso due coloni israeliani fuori dal villaggio di Huwwara. L’uccisione era una rappresaglia per il massiccio attacco israeliano a Nablus pochi giorni prima, in cui erano stati assassinati 11 palestinesi e la principale via del mercato parzialmente distrutta.

Dopo gli omicidi a Huwwara centinaia di soldati e agenti dello Shin Bet sono sciamati attraverso il villaggio alla ricerca dell’uomo armato. Ma quando è scesa la notte non c’era un soldato in vista. È stato allora che i coloni ebrei si sono ammassati a centinaia e si sono sparsi per la città, bruciando tutto ciò che vedevano – automobili, case, pali della luce – urlando grida di vendetta. Hanno persino pubblicato senza ritegno messaggi celebrativi sulle piattaforme dei social media.

Un palestinese è stato colpito a morte e più di 400 palestinesi sono rimasti feriti, compreso un bambino in modo grave.

Lunedì l’esercito ha preso il controllo dell’intera città. Tutti i negozi sono stati chiusi. Gli otto coloni arrestati al culmine dei disordini sono stati tutti rilasciati.

Terrorismo dei coloni

Peraltro molti israeliani sono intervenuti sui social media per esprimere il loro shock, alcuni lo hanno paragonato a un pogrom o alla Notte dei Cristalli, un altro lo ha definito il trionfo del “Reich sionista” e un terzo ha scritto su Facebook: “Benvenuti nel 1933”.

Tuttavia, il terrorismo dei coloni non è una novità per i palestinesi; secondo le Nazioni Unite la violenza dei coloni contro i palestinesi in Cisgiordania è in aumento di anno in anno dal 2016.

I dati delle Nazioni Unite mostrano che nel 2022 ci sono stati almeno 849 attacchi da parte di coloni contro palestinesi, di cui almeno 228 hanno provocato vittime. In confronto, nel 2021 erano stati registrati 496 attacchi e 358 nel 2020.

Di tutti gli attacchi dello scorso anno, 594 hanno provocato danni alle proprietà. Secondo il Land Research Center di Gerusalemme [Centro di Ricerca sul Territorio, fondato nel 1986 all’interno dell’Associazione di Studi Arabi, ndt.], 13.130 ulivi di proprietà palestinese sono stati danneggiati.

Gli esperti delle Nazioni Unite accusano le autorità israeliane di essere complici della violenza dei coloni.

“Le prove inquietanti del fatto che le forze israeliane spesso facilitano, sostengono e partecipano agli attacchi dei coloni rendono difficile discernere tra coloni israeliani e violenza di Stato”, si legge in una dichiarazione delle Nazioni Unite rilasciata lo scorso anno.

Negli ultimi mesi Huwwara, che ospita 7.000 palestinesi ed è circondata da colonie ebraiche, è stata teatro di ripetuti attacchi.

Gli ultimi eventi sembrerebbero, a prima vista, straordinari e senza precedenti, ma sono un riflesso diretto del nuovo governo israeliano.

Non solo è il più estremista nella storia del paese ma, per la prima volta, comprende fra i ministri più importanti dei terroristi già condannati che appoggiano e adottano questa violenza. Disprezzano gli strumenti dello Stato – l’esercito e la polizia – che sotto i governi precedenti avevano esercitato un limitato controllo su questa violenza estremista.

Tale collusione tra forze statali e coloni impegnati in atti arbitrari di terrorismo contro i palestinesi minaccia di trasformare Israele in uno Stato privo di legge. Oggi, per la prima volta, la violenza omicida tenuta sotto controllo in passato si è scatenata – con il tacito avallo del governo.

Banda di giustizieri

Non si sta più parlando di una Terza Intifada, anche se i palestinesi sicuramente reagiranno. Rispetto a quanto sta accadendo oggi, durante le precedenti rivolte palestinesi la risposta del governo israeliano, pur impiegando un uso eccessivo della forza, mostrava probabilmente in certa misura della moderazione.

Ora si fa sul serio e lo Stato e queste bande di giustizieri hanno scatenato un livello di violenza terrificante.

Senza un intervento esterno diretto e decisivo da parte degli Stati Uniti, dell’Unione Europea e delle Nazioni Unite, potrebbe esserci molto più spargimento di sangue e con esso il saccheggio di decine, se non di più, di villaggi palestinesi.

L’obiettivo finale di questi terroristi israeliani è il completo sradicamento della presenza palestinese in Israele-Palestina, seguito dalla distruzione del complesso della Moschea di Al-Aqsa e dalla costruzione di un Terzo Tempio.

Fino a quando il mondo permetterà che questo vada avanti?

Questo pogrom è enorme”

Due giornalisti, uno dei quali Josh Breiner di Haaretz, hanno documentato il pogrom. Breiner ha twittato che per la prima volta nella sua carriera di giornalista gli israeliani gli hanno sparato proiettili veri.

Un altro giornalista israeliano ha confermato che l’uomo armato indossava un’uniforme dell’esercito israeliano. È sorprendente che un soldato apparentemente in servizio attivo tenti di uccidere un giornalista israeliano. Ho contattato il capo ufficio stampa dell’esercito israeliano per un commento, ma al momento in cui scrivo non ho ricevuto risposta.

L’esercito e i coloni si sono schierati dalla stessa parte, cosa che tutti gli attivisti israeliani già sapevano. Ma qui si evidenzia in modo particolarmente inquietante.

Naturalmente, i palestinesi affrontano questo pericolo ogni giorno. Ma dev’essere difficile per un israeliano che gode di uno stato privilegiato immaginare che la teppa ebraica possa odiarlo tanto da essere felice se fosse morto piuttosto che vivo.

In un forum su Twitter Breiner ha offerto il resoconto di un testimone oculare: “Vi siete sicuramente chiesti quanti arresti ci siano stati questa notte quando gli ebrei hanno compiuto un pogrom in un villaggio palestinese, bruciando case e automobili, lanciando pietre ai giornalisti durante i principali disordini e tutto sotto il naso dell’esercito israeliano.

“E dunque, come previsto, la risposta è: niente arresti [Breiner ha poi aggiornato, sei sono stati arrestati]. Potete star certi che c’è un ministro [Ben Gvir] che non ha pianto alla vista delle fiamme ad Huwwara. Si era impegnato ad essere il proprietario di casa, no? [Ben Gvir dice che gli arabi dovranno abituarsi al fatto che gli ebrei sono i ‘padroni di casa’ in Israele]”.

Il reportage del giornalista palestinese Muhammad Shehada su Twitter ha offerto un resoconto dettagliato dell’entità della devastazione: “Centinaia di coloni stanno attaccando Huwwara scortati e protetti dai soldati israeliani. I residenti palestinesi sono ingabbiati. Gli altoparlanti delle moschee chiedono aiuto. Chiunque cerchi di difendersi viene attaccato da coloni e soldati. Questo pogrom è enorme! Fuochi ovunque!”

Huwwara deve essere cancellata”

Il giornalista israeliano Edo Konrad ha twittato che Bezalel Smotrich, un importante ministro del governo che una volta era stato arrestato dallo Shin Bet mentre trasportava un ordigno esplosivo a una protesta contro il ritiro da Gaza, ha apprezzato un tweet che chiedeva la “cancellazione” (cioè il genocidio) di Huwwara.

Questa è una traduzione del tweet sul genocidio che Konrad ha ritwittato: “Il villaggio di Huwwara deve essere cancellato adesso. Basta con le dichiarazioni sulla costruzione e il potenziamento degli insediamenti. La deterrenza che abbiamo perso deve essere riconquistata immediatamente, senza pietà”.

Fania Oz-Salzberger, figlia del defunto romanziere israeliano Amos Oz, ha paragonato l’attacco dei coloni a un pogrom cosacco. Ha evocato il nome del capo dei criminali, Bogdan Chmielnicki, il comandante militare ucraino del XVII secolo responsabile degli omicidi di decine di migliaia di ebrei.

Il testo: “Teppisti ebrei che bruciano case ad Hawwara nella migliore tradizione di Chmielnicki. Una persona gravemente ferita, famiglie salvate da edifici in fiamme, decine di persone colpite dall’inalazione di gas lacrimogeni. Un’unità di riserva dell’esercito è stata rapidamente mobilitata e inviata ‘per portare la calma’. Cosa? Per abbracciare i pogromnik e accarezzarli sulla testa?”

Gli ebrei hanno subito la loro parte di pogrom: i romani bruciarono i rabbini sul rogo; l’Inquisizione spagnola li ha torturati sulla griglia; Hitler ha gasato milioni di ebrei europei nei campi di sterminio.

Dopo la massiccia violenza a Huwwara è macabro che il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu rilasci una dichiarazione in cui chiede ai coloni di “non farsi giustizia da soli”.

I buoi sono già scappati dalla stalla. I coloni non lo ascoltano. Lui è irrilevante. Hanno già preso in mano la legge e molto altro.

In realtà non c’è nessuna legge. I coloni governano e nessuno li ostacola.

Le opinioni espresse in questo articolo appartengono all’autore e non riflettono necessariamente la politica editoriale di Middle East Eye.

Richard Silverstein scrive sul blog Tikun Olam che denuncia gli eccessi dello stato di sicurezza nazionale israeliano. Suoi articoli sono apparsi su Haaretz, Forward, Seattle Times e Los Angeles Times. Ha contribuito alla raccolta di saggi dedicata alla guerra del Libano del 2006, A Time to Speak Out (Verso) e con un altro saggio alla raccolta Israel and Palestine: Alternate Perspectives on Statehood (Rowman & Littlefield)

(traduzione dall’inglese di Luciana Galliano)




Perché il pogrom di Huwwara era inevitabile

Maureen Clare Murphy

27 febbraio 2023 – The Electronic Intifada

All’inizio di gennaio, mentre Israele stava formando il suo governo più apertamente di estrema destra mai varato, Nadav Tamir, un ex diplomatico israeliano e attuale direttore di un’organizzazione lobbystica J Street,[ associazione sionista moderata, ndt.], ha dato un profetico avvertimento.

Tamir ha affermato che Zvika Fogel, una figura precedentemente poco conosciuta che ora presiede il Comitato per la sicurezza nazionale del parlamento israeliano, “esprime apertamente la velenosa verità” del partito Potere Ebraico di Itamar Ben-Gvir, un attore chiave nella coalizione di governo di Benjamin Netanyahu.

Tamir afferma che mentre Ben-Gvir potrebbe desiderare di mascherare i suoi obiettivi estremisti con un linguaggio moderato, Fogel “ha parlato con orgoglio tranquillamente e ad alta voce: vale la pena ascoltarlo”.

Fogel ha svolto quel ruolo lunedì, elogiando l’effetto “deterrente” dopo che centinaia di coloni hanno attaccato le comunità palestinesi nel nord della Cisgiordania, dando fuoco a case e veicoli palestinesi.

Un palestinese di 37 anni è stato ucciso durante questa furia durata ore, organizzata dai coloni dopo che due fratelli israeliani sono stati uccisi a colpi di arma da fuoco a Huwwara, l’epicentro della rabbia violenta della folla di giustizieri.

Mentre Netanyahu e Ben-Gvir facevano finta di invitare gli israeliani ad astenersi dal farsi giustizia da sé, Fogel ha intrapreso una campagna mediatica esprimendo la sua approvazione per la devastazione.

Fogel ha affermato: “Una Huwwara chiusa e bruciata – questo è quello che voglio vedere”. Ha spiegato: “Questo è l’unico modo per ottenere deterrenza. Dopo un omicidio come quello di ieri dobbiamo bruciare villaggi quando [l’esercito israeliano] non agisce”.

Fogel in seguito ha ritrattato i suoi commenti e si è contraddetto dicendo: “Ho detto che lo Stato è quello che dovrebbe agire per scoraggiare i terroristi, sicuramente non i civili”.

Ma a quel punto i seguaci del suo partito e gli aderenti all’ideologia suprematista che esso rappresenta avevano già ricevuto il messaggio, forte e chiaro.

Violenza autorizzata dallo Stato”

Anche se chiedere ai vendicatori “di non farsi giustizia da sé” lunedì era la linea del governo Netanyahu, essa è smentita da tutto ciò che la coalizione di governo ha detto e fatto fino ad ora.

Breaking the Silence, un gruppo di veterani [dell’esercito, ndt] israeliani che denunciano quanto avviene nei territori occupati, ha affermato lunedì che “il pogrom di Huwwara è stata una violenza autorizzata dallo Stato”.

Rappresentati ai massimi livelli del governo, “i coloni si sono scatenati impunemente perché sanno di avere lo Stato dalla loro parte”, ha aggiunto Breaking the Silence.

E questo include l’esercito israeliano, la cui funzione principale nella Cisgiordania occupata è proteggere i coloni che vivono in colonie per soli ebrei costruite in violazione del diritto internazionale.

B’Tselem,organizzazione israeliana per i diritti umani, ha sottolineato la “sinergia” della cooperazione: “I coloni effettuano l’attacco, i militari lo proteggono, i politici lo sostengono”.

Rifiutando le affermazioni che suggerivano che il governo israeliano avesse perso il controllo, B’Tselem ha affermato che “è proprio così che si manifesta il controllo israeliano” e ha aggiunto che “il pogrom di Huwwara è stata una manifestazione estrema di una politica israeliana di lunga data”.

Il precedente di Hebron

Per un altro tragico esempio di questa politica bisogna guardare alla città di Hebron, in Cisgiordania.

Un giorno, 29 anni prima del pogrom dei coloni a Huwwara, Baruch Goldstein, un colono ebreo nato negli Stati Uniti, sparò nella moschea di Ibrahimi, massacrando 29 uomini e ragazzi palestinesi.

Goldstein era un seguace del rabbino genocida Meir Kahane. Ben-Gvir, il ministro della Sicurezza Nazionale di Israele, definisce sé stesso come un “discepolo” di Kahane, come ha affermato The Times of Israel, e considera Goldstein un eroe.

Sulla scia del massacro di Goldstein, Israele intensificò le sue misure repressive contro i palestinesi e spartì la moschea Ibrahimi a favore dei coloni – un precedente che Israele potrebbe tentare di ripetere alla moschea al-Aqsa di Gerusalemme.

Da allora i coloni hanno sequestrato proprietà palestinesi nella Città Vecchia di Hebron, rendendo il suo ex cuore commerciale una città fantasma chiusa.

Lunedì, dopo che l’esercito israeliano ha chiuso i negozi palestinesi a Huwwara, agli osservatori non è sfuggito il parallelo con Hebron.

Lungi dal fatto che Israele non gradisca la violenza dei coloni, quest’ultima è un mezzo necessario per raggiungere l’obiettivo dello Stato di svuotare la Palestina della sua popolazione nativa in modo che possa essere sostituita da coloni stranieri.

La violenza dei coloni, compresi i massacri durante il periodo della fondazione di Israele nel 1948, è stata essenziale per la formazione e il mantenimento di uno Stato ebraico in Palestina.

La “guerra” di Ben-Gvir

Lunedì Ben-Gvir ha espresso un cenno di approvazione a questa prosecuzione della violenza che ha descritto come una necessità esistenziale per il progetto sionista in Palestina: “Questa non è una guerra iniziata ieri, non è una guerra che finirà in un giorno, ma è una guerra per la nostra casa, per le nostre vite”.

Ben-Gvir stava parlava con i coloni a Evyatar, un avamposto non autorizzato dal governo israeliano.

I coloni hanno fondato Evyatar nel maggio 2021 su un terreno appartenente alle comunità palestinesi di Beita, Qabalan e Yatma a Jabal Subeih, vicino alla città di Nablus, nel nord della Cisgiordania. Da allora diversi palestinesi sono stati uccisi durante le proteste contro l’insediamento o subito dopo.

Il governo di Netanyahu intende legalizzare Evyatar, che è stato co-fondato da Zvi Sukkot, un estremista di estrema destra del famigerato insediamento di Yitzhar che, dopo aver ottenuto il seggio lasciato da Smotrich [ministro delle Finanze in carica e che ha rilasciato dichiarazioni simili a quelle di Fogel, ndt.] e che è anche un parlamentare dell’attuale maggioranza del governo israeliano.

I coloni di Yitzhar, che si trova vicino a Huwwara ed è costruito in parte sulla terra del villaggio, sono noti per aver attaccato le vicine comunità palestinesi, con le guardie private di Yitzhar che hanno persino dato ordini ai soldati israeliani durante quegli attacchi.

Il leader dell’opposizione Benny Gantz ha dichiarato lunedì di sostenere il compromesso che il suo governo ha fatto per “legalizzare” Evyatar.

Gantz e il suo collega dell’opposizione Yair Lapid sono stati molto critici nei confronti del governo di estrema destra, affermando che ha “perso il controllo” e sta portando Israele a un “disastro della sicurezza”.

Ma a parte le critiche, Gantz e Lapid condividono la stessa visione di uno Stato suprematista ebraico in Palestina, anche se con una patina di democrazia liberale piuttosto che con la tendenza teocratica di Ben-Gvir e Smotrich.

Le fiamme che hanno avvolto Huwwara domenica sono la logica conclusione dell’ideologia suprematista di Israele.

Lo Stato è oggi guidato dagli aderenti più estremi al sionismo, che, secondo le parole del commentatore palestinese Muhammad Shehada, “non si fermeranno finché tutta la terra non sarà in fiamme”.

(traduzione dall’inglese di Giuseppe Ponsetti)




‘Non siamo noi gli intrusi’: viaggio di un ragazzino palestinese dalla paralisi alla speranza

Nada Al Kahlout

27 febbraio 2023 – The Palestine Chronicle

Muhammad Zaqout è sempre stato un undicenne attivo, vivace e brillante. Era uno studente di seconda media alla scuola di Gaza gestita dall’UNRWA. Viveva con la sua famiglia, i suoi genitori, due fratelli e cinque sorelle.

La sua vita era piena delle attività di un ragazzino”, dice a The Palestine Chronicle la sorella ventiduenne di Muhammad, Eman. “Muhammad si svegliava come ogni altro ragazzino a Gaza, prendeva la sua colazione e i suoi libri e andava a scuola…”

Eman sorride mentre parla del suo fratellino: “Muhammad amava mangiare il maftoul (couscous palestinese), scherzava sempre e giocava a pallone coi suoi amici,” ma le cose sono cambiate. “La vita di Muhammad era del tutto normale prima che contraesse il virus Guillain-Barre, cosa che è avvenuta improvvisamente”, continua Eman. “Stava giocando a pallone a scuola e un attimo dopo è svenuto e lo hanno portato immediatamente all’ospedale.”

I crimini dell’occupazione israeliana e dell’assedio di Gaza assumono diversi aspetti e spesso colpiscono i più vulnerabili e innocenti tra i palestinesi, come il giovane Muhammad.

All’inizio, quando Muhammad è stato ricoverato d’urgenza in ospedale per cure immediate, i medici hanno pensato che la sua condizione fosse psicologica, causata dal continuo stress e pressione che il ragazzo subiva a Gaza. Questa diagnosi non era inverosimile, dopotutto i bambini a Gaza crescono assistendo a guerre, massacri e incursioni militari contro le loro famiglie, amici e comunità.

Tuttavia lo shock maggiore per Muhammad e per tutti quelli intorno a lui è arrivato quando infine ha ripreso conoscenza, solo per rendersi conto che non sentiva più le gambe. Aveva la metà inferiore del corpo paralizzata, con acuti dolori nella parte superiore.

Alla fine a Muhammad è stata diagnosticata una grave forma di sindrome di Guillain-Barre, che richiedeva attenzione medica e tempestività.

La sindrome di Guillain-Barre è una grave condizione neurologica che comporta che il sistema immunitario del paziente danneggi i nervi del corpo. Nella sua forma più grave questa patologia può provocare paralisi. È necessario un ricovero immediato in ospedale per impedire che i sintomi peggiorino. Prima inizia un trattamento adeguato, più vi sono possibilità di recupero. Ma ciò non sempre è possibile in un posto come Gaza, che da quasi due decenni è sotto totale assedio israeliano.

I famigliari di Muhammad hanno capito che dovevano agire in fretta per scongiurare al figlio una paralisi permanente. Sfortunatamente l’ospedale a Gaza da anni è sottoposto a blocco militare e scarsità di risorse, proprio come tutte le altre istituzioni nella Striscia assediata.

Perciò la famiglia è stata costretta a lasciare l’ospedale e a cercare le cure in una clinica privata, dove un medico ha prescritto una crema al cortisone che, come ha spiegato, “potrebbe curarlo”. Tuttavia egli ha raccomandato alla famiglia che Muhammad avrebbe dovuto andare immediatamente a Ramallah, nella Cisgiordania occupata, per farsi curare ed evitare un danno permanente al suo giovane e fragile corpo.

Ramallah dista solo un’ora di viaggio da Gaza. Ma a Muhammad sono serviti mesi per arrivarci.

Cure mediche urgenti sotto assedio

La crema al cortisone non ha funzionato. Alla famiglia di Muhammad non è rimasto che tentare con la mossa successiva: come raggiungere Ramallah. Come superare i posti di blocco militari israeliani? Come fuggire da questo assedio?

Questi problemi sono sconosciuti alla maggior parte dei pazienti in tutto il mondo. Per i pazienti palestinesi, soprattutto a Gaza, è la realtà quotidiana.

Il medico di Muhammad ha scritto un referto per la cura presso la Clinica H di Ramallah. Ha sottolineato che la cura era urgente, prima che la salute del ragazzo potesse peggiorare. Tuttavia per i palestinesi come Muhammad il potere di curare un paziente non è nelle mani del medico, ma in quelle dei soldati israeliani ai posti di blocco militari.

Salvare mio figlio

La famiglia di Muhammad ha subito chiesto il permesso di Israele per andare a Ramallah con il figlio. Ha ricevuto un immediato rifiuto dall’esercito israeliano, che sosteneva che la famiglia non si era presentata ad un colloquio. Ma non era stato previsto alcun colloquio: se lo era, la famiglia non ne è stata informata.

Alla fine Muhammad ha lasciato l’ospedale ed è tornato a casa in sedia a rotelle.

I genitori di Muhammad hanno inoltrato una seconda richiesta, soprattutto quando il ragazzo ha iniziato a soffrire di battiti cardiaci rapidi e irregolari e difficoltà di respirazione, tutti sintomi della sindrome di Guillain-Barre che avrebbero potuto essere evitati con cure tempestive e adeguate.

La madre di Muhammad, Nailaa, ha preparato con cura una borsa da viaggio con vestiti pesanti e coperte, e con la documentazione necessaria e un po’ di denaro. Era decisa a portare suo figlio all’ospedale di Ramallah.

Al suo arrivo al posto di blocco militare i soldati israeliani occupanti le hanno negato l’accesso, senza darne alcuna ragione. Nailaa è tornata a casa, delusa ma non sconfitta.

Dopo tre dinieghi dell’esercito israeliano i genitori di Muhammad hanno inoltrato una quarta richiesta di viaggio come ultima speranza perchè il loro figlio potesse essere nuovamente in grado di camminare. Questa volta il permesso è stato concesso. Nel frattempo la salute del ragazzo era ulteriormente peggiorata.

Nell’attesa che l’esercito approvasse la mia richiesta di cure avevo molto dolore ai piedi e potevo a malapena muovere le gambe”, dice Muhammad a The Palestine Chronicle. “Avevo continui dolori allo stomaco e respiravo con molta difficoltà. Non potevo dormire e ho perso tante ore di scuola. I miei genitori e la mia famiglia erano molto depressi e sempre stressati. Le mie condizioni erano molto peggiori di quando mi sono ammalato all’inizio.”

Un temporaneo rilascio dal carcere

Muhammad descrive il suo viaggio a Ramallah come un temporaneo rilascio dalla prigione.

Gaza è circondata da ogni lato da soldati e posti di blocco. Tutti i soldati israeliani ci puntano contro il fucile. E’ opprimente”, dice.

Abbiamo aspettato molto tempo al posto di blocco e i soldati perquisivano tutti, minori e adulti, anch’io sono stato perquisito nella mia sedia a rotelle. La cosa insopportabile è che loro ci perquisiscono sulla nostra terra, mentre sono loro gli intrusi, non noi.”

La breve fuga di Muhammad dalla “prigione a cielo aperto più grande del mondo” ha voluto dire per lui poter fare qualcosa che la maggioranza dei gazawi può solo sognare. Ha visitato la città occupata di Gerusalemme.

La mia gioia nel vedere la moschea di Al-Aqsa è stata grande. Ho pregato là, nonostante la presenza intimidatoria dei soldati israeliani, che erano ad ogni cancello a sorvegliarci.”

Muhammad è tornato a Gaza ed ora sta facendo fisioterapia nell’ospedale Hamad. Le sue condizioni stanno lentamente migliorando ed è felice di essere di nuovo sé stesso, anche se usa ancora una stampella. Nonostante il suo snervante viaggio vuole vivere una vita normale.

È anche tornato a scuola. Dice a The Palestine Chronicle che sogna di diventare un giorno un insegnante.

Nada Al Kahlout è una giornalista indipendente di Gaza. ‘We are not Numbers’ ha concesso questo articolo a The Palestine Chronicle.

(Traduzione dall’inglese di Cristiana Cavagna)




Netanyahu e i funzionari israeliani negano il congelamento degli insediamenti dopo il vertice di Aqaba

Redazione di MEE

27 febbraio 2023 MiddleEastEye

La smentita arriva dopo che in una dichiarazione congiunta Israele aveva affermato di accettare di “interrompere il dibattito su qualsiasi nuova unità di insediamento” per quattro mesi

Poche ore dopo l’incontro tra Israele e l’Autorità Nazionale Palestinese conclusosi con una dichiarazione congiunta che delineava l’impegno israeliano a sospendere le discussioni sui nuovi insediamenti nella Cisgiordania occupata, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha dichiarato che la costruzione degli insediamenti israeliani proseguirà.

Le note apparentemente contraddittorie hanno portato a confusione, visto che anche un certo numero di funzionari israeliani si è affrettato a negare il congelamento della costruzione di insediamenti in Cisgiordania.

All’incontro, che si è svolto domenica nella città giordana di Aqaba, sul Mar Rosso, hanno partecipato anche Egitto e Stati Uniti.

Secondo un comunicato congiunto rilasciato domenica dal Dipartimento di Stato americano, Israele si è impegnato a “interrompere la discussione su qualsiasi nuova unità di insediamento per quattro mesi e a bloccare l’autorizzazione di qualsiasi avamposto per sei mesi”.

Poco dopo la pubblicazione del comunicato, Netanyahu ha twittato che “non ci sarà alcun congelamento” nella costruzione degli insediamenti.

Secondo il diritto internazionale, gli insediamenti costruiti nei territori occupati sono illegali.

Molti ministri importanti di Israele hanno concordato, affermando che non vi è alcun impegno a congelare la costruzione di nuove unità di insediamento.

Il consulente del Consiglio di Sicurezza Nazionale israeliano Tzachi Hanegbi ha affermato che il governo israeliano non ritirerà la sua decisione di legalizzare nove avamposti in Cisgiordania e di costruire 9.500 ulteriori unità abitative nella Cisgiordania occupata.

“Contrariamente ai rapporti e ai tweet sull’incontro in Giordania, non vi è alcun cambiamento nella politica israeliana”, ha detto Hanegbi.

Il Ministro delle Finanze Bezalel Smotrich ha dichiarato su Twitter di non avere “la più pallida idea di che cosa si sia detto o non detto in Giordania”, aggiungendo che non ci sarebbe stato alcun congelamento degli insediamenti, “nemmeno per un giorno”.

Fonti a conoscenza dei colloqui hanno detto ad Haaretz che l’impegno a non discutere la costruzione di nuovi insediamenti per quattro mesi non costituisce una vera concessione, dato che il processo di pianificazione richiederà diversi mesi prima che possano essere approvate nuove ulteriori unità abitative.

In risposta alle dichiarazioni di Netanyahu e di altri ministri israeliani, lunedì il portavoce del Dipartimento di Stato Ned Price ha detto ai giornalisti: “Pensiamo che la dichiarazione parli da sola. Proprio come ci aspettiamo che i palestinesi mantengano i loro impegni, ci aspettiamo che gli israeliani facciano lo stesso”.

Nessuna pressione dagli Stati Uniti

Zaha Hassan, avvocato per i diritti umani e membro del Carnegie Endowment for International Peace [Fondo Carnegie per la Pace Internazionale, think tank apartitico con sede a Washington, ndt.] ha affermato che l’incontro è stato un altro segno che gli Stati Uniti non sono disposti a usare la loro influenza per spingere Israele al rispetto del diritto internazionale.

“Tenere riunioni ad Aqaba o Sharm El Sheikh rappresenta una grande photo opportunity, ma è tutto ciò che può esserci se gli Stati Uniti non mettono in campo il loro potere per raffreddare la situazione”.

Hassan afferma che gli Stati Uniti hanno chiarito che i legami bilaterali di Washington con Israele sono di fondamentale importanza, e che il presidente Joe Biden ha “considerato oltraggioso” suggerire di mettere condizioni agli aiuti militari al Paese.

Ha aggiunto: “Dire a Israele che gli aiuti e la copertura politica non saranno mai ritirati o sospesi è esattamente il motivo per cui i funzionari israeliani si sentono incoraggiati ad andare avanti con l’annessione della Cisgiordania”.

“È anche il motivo per cui i membri della Knesset israeliana si sentono liberi di parlare a sostegno dei coloni israeliani che attaccano e danno fuoco ai villaggi palestinesi”.

Domenica dei coloni israeliani con la protezione dei militari israeliani hanno dato fuoco a decine di case e auto palestinesi nella città di Huwwara, vicino alla città di Nablus nella Cisgiordania occupata. L’attacco è avvenuto dopo che un palestinese armato ha sparato uccidendo due coloni israeliani che attraversavano la città palestinese.

L’attacco alla città è stato appoggiato dai funzionari israeliani, tra cui Smotrich che ha chiesto di “colpire senza pietà le città del terrore e i suoi istigatori con carri armati ed elicotteri”.

Almeno 62 palestinesi sono stati uccisi dagli israeliani quest’anno, al ritmo di più di un decesso al giorno.

Ciò fa seguito a un forte aumento della violenza nel 2022, quando almeno 167 palestinesi sono stati uccisi in Cisgiordania e Gerusalemme Est, il più alto numero di vittime in quei territori in un solo anno dalla Seconda Intifada.

Mentre i colloqui di Aqaba sono stati descritti come “un grande progresso” dal comunicato congiunto, il vertice è stato condannato da un certo numero di fazioni palestinesi.

Suhail al-Hindi, membro di spicco del movimento Hamas, ha affermato che l’incontro di Aqaba “mira a mettere in ginocchio il popolo palestinese”, mentre Maher Mezher, membro del gruppo di sinistra Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (FPLP), ha affermato che al vertice il popolo palestinese non era rappresentato.

(traduzione dall’inglese di Luciana Galliano)