L’esercito israeliano rileva un ‘rapido aumento’ degli attacchi dei coloni ai palestinesi

Redazione di MEMO

29 novembre 2022 – Middle East Monitor

Lunedì media locali hanno riferito che l’esercito israeliano ha registrato un rapido aumento degli attacchi dei coloni ebrei illegali contro i palestinesi.

Secondo i dati pubblicati dall’esercito di occupazione, solo quest’anno i coloni hanno già effettuato 838 attacchi contro palestinesi, in confronto ai 446 del 2021 e ai 353 del 2020.

Il Times of Israel [giornale israeliano indipendente in lingua inglese, ndt.] ha riferito che l’esercito ha affermato che gli attacchi hanno incluso il lancio di pietre e atti di vandalismo. Ha specificato che sono comunemente chiamati attacchi “price tag” [prezzo da pagare, che i coloni impongono a carico dei palestinesi, ndt.]. Il giornale ha aggiunto che nel 2022 sono state aperte solo 101 indagini di polizia sugli attacchi dei coloni e che sono state richieste solo 28 incrimininazioni.

L’esercito ha affermato che non sono stati solo gli estremisti a mettere in atto attacchi contro i palestinesi, ma anche i coloni “moderati”. È significativo, tuttavia, che non vi sia nessun apparente riferimento al fatto che i coloni normalmente effettuano i loro attacchi con la completa protezione dei soldati israeliani. Tutti i coloni israeliani e le colonie in cui vivono sono illegali secondo il diritto internazionale.

Citando le valutazioni dei servizi segreti militari, l’esercito ha dichiarato di aver sventato lo scorso anno circa 500 attacchi della resistenza palestinese. Ha anche affermato di aver arrestato dalla fine di marzo più di 2.500 palestinesi nella Cisgiordania mentre ha confiscato armi e 2.7 milioni di shekel in contanti (circa 710.000 euro).

Il Times of Israel ha citato fonti dell’Autorità Nazionale Palestinese secondo cui circa 150 palestinesi sono stati uccisi durante gli attacchi dell’esercito israeliano.

(traduzione dall’inglese di Gianluca Ramunno)




Timori dei palestinesi dopo che l’israeliana Elbit Systems ha rivelato che nella Cisgiordania occupata verrà utilizzato un nuovo “terribile” drone

Redazione di The New Arab

25 novembre 2022 – The New Arab

Il nuovo drone di Elbit Systems presenta nuovi pericoli per i civili palestinesi nella Cisgiordania occupata

Un recente video reso pubblico dall’industria bellica israeliana Elbit Systems in cui si mostra un nuovo drone ha sollevato timori riguardo ad armi automatizzate con tecnologia avanzata che potrebbero essere utilizzate contro civili palestinesi.

Lanius è un nuovo drone armato in grado di mappare edifici e di volare attraverso stretti corridoi e vani della porta anche in aree urbane.

L’industria bellica afferma che renderà più facile per chi lo utilizzerà trovare “punti di interesse per possibili minacce” e che può portare carichi letali o non letali per eseguire un “ampio spettro di possibili missioni”.

“Lanius riunisce una serie di tecnologie che lo pongono all’avanguardia nel modo in cui i droni stanno trasformando la guerra,” afferma Elbit.

Secondo il sito di Elbit il drone “è un’arma vagante molto manovrabile e versatile basata su un drone e destinata a operazioni a corto raggio in contesto urbano.”

Il dottor Samuel Perlo-Freeman, della Campaign Against Arms Trade [Campagna Contro il Commercio delle Armi] (CAAT) afferma che è probabile che ogni nuova potenzialità letale israeliana significhi più terrore e morte per i palestinesi della Cisgiordania occupata.

“Il fatto che questi droni siano concepiti per operare in angusti contesti urbani… potrebbe aggiungere una nuova dimensione al terrore per la popolazione civile, con droni mortali che svolazzano attorno agli edifici dove essa vive e lavora, non sapendo mai se e quando potrebbero colpire,” dice a The New Arab.

Secondo Perlo-Freeman pare che Lanius abbia una “persona responsabile” che prende le decisioni su quando colpire i bersagli.

“La possibilità che armi totalmente autonome (sistemi d’arma letali autonome) possano prendere la decisione di colpire un bersaglio senza intervento umano è una delle prospettive più terrificanti nella guerra contemporanea.”

Il coordinatore di ricerca del CAAT afferma che, mentre ciò non è ancora avvenuto, la tecnologia militare sta avanzando rapidamente senza alcuna regolamentazione internazionale su tali armi.

The New Arab si è rivolto a Elbit System per un commento, ma al momento della pubblicazione [di questo articolo] non ha ancora ricevuto una risposta.

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)




‘Non potevo respirare’: un weekend di violenze dei coloni a Hebron

Oren Ziv

22 novembre 2022 – +972 Magazine

Gli abitanti palestinesi della città occupata, da tempo abituati alle aggressioni dei coloni, descrivono un massiccio attacco da parte di religiosi israeliani affiancati dalle forze di sicurezza.

Lo scorso weekend circa 30.000 ebrei israeliani sono calati sulla città di Hebron nella Cisgiordania occupata per onorare le parole della Torah dal Libro della Genesi in cui Abramo acquista un appezzamento di terreno a Hebron dove seppellire sua moglie Sarah. Ogni anno il “Sabato della Vita di Sarah” viene celebrato da una marcia attraverso la città occupata, spesso accompagnata da atti di violenza contro gli abitanti palestinesi. Il corteo di quest’anno non è stato diverso: infatti gli abitanti del luogo lo hanno descritto come la peggior violenza che la manifestazione abbia comportato in circa due decenni.

Gli attacchi sono iniziati venerdì notte, quando decine di israeliani hanno attaccato per due volte la casa di un abitante palestinese, rompendo le finestre e danneggiando la sua auto. Secondo testimoni oculari soldati e polizia sono arrivati sul posto, ma non hanno eseguito alcun arresto. Poi, sabato, decine di migliaia di israeliani hanno marciato attraverso il mercato, attaccando negozi e abitanti palestinesi, accompagnati da soldati che non hanno fatto niente per impedire le violenze. Intanto gran parte del centro città, dove i movimenti dei palestinesi sono già fortemente limitati, è stato ulteriormente sbarrato ai palestinesi.

Il giorno seguente la zona intorno alla Tomba dei Patriarchi/Moschea di Ibrahim era tranquilla, ma ancora gremita da visitatori ebrei che dovevano ancora ritornare a casa. Gli operai hanno smontato pedane, tende e montagne di rifiuti, che erano la prova delle decine di migliaia di partecipanti. Sulla strada da Kiryat Arba alla Tomba dei Patriarchi/Moschea di Ibrahim comparivano ogni pochi metri striscioni con le parole “Hebron, sempre e per sempre”, mentre i soldati pattugliavano l’area.

Nel quartiere di Tel Rumeida, che si trova vicino alla colonia ebraica nella città e sopra la via Shuhada, gli abitanti hanno cercato di valutare l’ampiezza dei danni provocati dai coloni e di aggiornare i propri vicini sulle persone ferite e arrestate. La gran parte dell’attenzione dei media era rivolta alla zona intorno al quartiere di Bab al-Zawiya, dove coloni accompagnati dalle forze militari sono entrati nell’area sotto controllo palestinese ed hanno aggredito venditori e vandalizzato negozi. Ma centinaia di persone hanno condotto anche attacchi a Tel Rumeida, ferendo diversi palestinesi, inclusa una ragazza di 17 anni colpita in faccia da una pietra.

Dieci abitanti del quartiere hanno detto che gli attacchi sono iniziati intorno alle 15,30 e che vi hanno preso parte centinaia di persone. Secondo questi testimoni i soldati israeliani, oltre a non impedire gli attacchi, in alcuni casi hanno addirittura aggredito i palestinesi venuti a difendere le proprie case o a chiedere aiuto.

La casa di Imad Abu Shamsiyyeh, che nel 2015 aveva filmato il soldato Elor Azaria mentre colpiva a morte un aggressore palestinese ferito e disarmato, si trova su un’altura che sovrasta un posto di blocco della polizia. Sabato pomeriggio centinaia di coloni hanno circondato la sua casa tirando pietre. Alcuni si sono arrampicati sul tetto e hanno lanciato oggetti nel cortile.

Qui ci sono stati molti attacchi, ma come numero e come livello di violenza non ho mai visto niente di simile”, ha detto più volte Abu Shamsiyyeh, in piedi accanto alla rete che protegge il suo cortile, ancora ricoperto da pietre e bottiglie in seguito all’attacco. Secondo lui l’escalation è collegata al governo che si formerà dopo le elezioni dell’inizio del mese. “Ben Gvir è la colonna di questo nuovo governo e vive nel centro di Hebron. Ieri ha marciato con loro fino alla tomba (del giudice biblico Othniel ben Kenaz, che si trova sul lato controllato dai palestinesi).”

Secondo Abu Shamsiyyeh la maggior parte dei partecipanti è arrivata da fuori città, ma i coloni del luogo li hanno indirizzati verso la zona vicina alla sua casa. “C’erano dei coloni ben noti qui, che hanno detto loro ‘questa è la casa di Imad Abu Shamsiyyeh, che ha fotografato Elor Azaria.’ E’ durato 40 minuti. Gridavano ‘Morte agli arabi’ e ‘Am Yisrael Chai’ (lunga vita alla nazione ebrea). C’erano quattro soldati qui e non hanno fatto niente.”

Non lontano dalla casa di Abu Shamsiyyeh c’è quella di Basem Abu Aysheh, di 60 anni, che i soldati hanno picchiato durante l’attacco, ferendolo a una gamba. Come racconta, “Sono arrivati qui, alcuni chiaramente ubriachi, hanno fatto danni e l’esercito li ha aiutati mentre ci attaccavano. Il quartiere è chiuso dai posti di blocco, come una prigione. In altri posti la gente scappa quando c’è un attacco, ma qui non avevamo dove andare. Il posto di blocco era chiuso. Sono calati su di noi e noi eravamo bloccati nelle nostre case.”

Secondo Abu Aysheh, dato che gli abitanti sapevano in anticipo che decine di migliaia di persone sarebbero arrivate nella zona, “nessun bambino e nessun adulto ha lasciato la propria casa. Siamo rimasti in casa per difenderli.” Ha anche spiegato che, anche se sono abituati agli attacchi, che a volte l’esercito interviene ad impedire e a volte no, questa volta è stato diverso.

Ci siamo stupiti che l’esercito li aiutasse a lanciare granate assordanti e gas asfissiante mentre eravamo in casa e non facevamo nulla. Ci sono stati molti feriti nella nostra famiglia, almeno dieci dei nostri figli sono stati feriti dal fuoco dei soldati e dalla violenza dei coloni. Non c’è rispetto per adulti come me. Gli ho chiesto aiuto, ma loro hanno attaccato. I soldati mi hanno picchiato con i fucili fuori da casa. Gli stessi soldati con cui parliamo tutti i giorni sono quelli che ci picchiano”, ha detto.

Le finestre in casa di Abu Aysheh, come quelle di molte case nel quartiere, sono protette da doppie sbarre per impedire danni dai lanci di pietre. “Se non fossero sbarrate tutto sarebbe rotto”, ha detto, indicando i sassi rimasti dentro casa. “Hanno raccolto delle pietre vicino al cimitero e ce le hanno tirate. Amici ebrei che hanno visto al notiziario ciò che è successo hanno telefonato dicendo che provavano vergogna.”

Mentre parlavamo, il figlio di Abu Aysheh, che ieri è stato arrestato dai soldati, ha detto di essere stato picchiato in una caserma dell’esercito. Ci sono lividi evidenti sul suo viso e sulle braccia. E’ stato rilasciato nella notte, senza essere interrogato.

Anche Youssef Al-Azza, un altro abitante, è stato aggredito sabato. Il 26enne stava tornando a casa dal lavoro verso le 15,30, quando ha sentito dire che i coloni avevano preso di mira la sua casa, che è proprio vicino ad un posto di blocco, e ferito sua sorella.

Io ero il più vicino a loro tra i membri della mia famiglia, perciò sono corso a casa. Mia sorella è stata ferita al viso da una pietra. Ho chiamato i soldati. Sono arrivati e poi se ne sono andati.” Poi, continua Al-Azza, è iniziato un altro attacco. “Sono andato in cortile a vedere che cosa stava succedendo. C’erano circa 50 coloni. Mi hanno dato pugni sul collo, sulle spalle e sulla schiena, hanno inveito contro di me, mia madre, mio padre, mia sorella e il nostro profeta. Non voglio ripetere quelle parole. Mi girava la testa. Avevo paura che entrassero in casa e nei dintorni non c’era nessuno a cui potessi chiedere aiuto”, ricorda Al-Azza stando nel suo cortile, ancora ingombro di pietre e bottiglie di birra.

Dopo l’attacco è corso sulla via principale, gridando e pregando i soldati di venire in aiuto alla sua famiglia – una situazione ripresa da un video e diffusa sui social media. “Sono corso a chiedere aiuto perché i coloni non entrassero nella mia casa”, dice. “Sono arrivato alla strada. Ho visto i soldati picchiare due miei amici. Uno era a terra e il soldato teneva un ginocchio sul suo collo. Non sapevo che cosa fare. Non riuscivo a respirare e sono caduto a terra”. Di là Al-Azza è andato in una clinica vicina ed è stato dimesso nella notte.

C’erano soldati, anche ufficiali, ma nessuno ci ha aiutati a difenderci”, continua Al-Azza. “Sono un cittadino palestinese. Non ho voce, non ho un’arma, non ho forze di sicurezza o soldati che mi difendano. Non ho mai visto niente del genere. Ci sono centinaia di soldati, dove erano ieri? Hanno attaccato qui decine di volte. Sono cresciuto qui, ma mai nella mia vita è successa una cosa simile. Se un palestinese avesse fatto qualcosa di questo tipo, in un minuto sarebbe arrivato qui l’intero esercito.”

So come comportarmi con i palestinesi, ma con gli israeliani ho delle esitazioni’.

Stranamente l’esercito ha confermato in una dichiarazione ufficiale che gli eventi di sabato sono iniziati dopo che cittadini israeliani hanno lanciato pietre. Il portavoce della comunità ebraica di Hebron ha sostenuto che si trattava di “gravi incidenti immotivati” che sono avvenuti “a margine dell’evento” e che “devono essere considerati in termini legali”. Il portavoce di Hebron ha anche criticato il portavoce dell’esercito per aver “enfatizzato un increscioso e marginale incidente e averne fatto l’unico argomento della sua dichiarazione”, descrivendo questo come “un approccio ostile e non professionale con cui bisogna immediatamente fare i conti.”

Un soldato che era presente a Hebron sabato ha detto a +972, riguardo alla preparazione dell’esercito per gli eventi: “Tutta la settimana è stata pazzesca: pattugliamenti, turni di guardia continui, arresti, tutto per garantire che il weekend trascorresse pacificamente. Abbiamo a malapena dormito”.

Sabato quel soldato era di stanza su una delle strade dove i coloni passavano accanto alle case palestinesi. “Nel pomeriggio diverse centinaia di adolescenti, ma anche alcuni di più di 20 anni, hanno cominciato a lanciare pietre dall’alto sulle case degli arabi. Alla fine siamo riusciti a riprendere il controllo degli eventi, insieme alla polizia. Ci sono volute due ore. Ogni tanto tiravano altre pietre e non siamo riusciti a prenderli. Ci hanno chiamati (nazisti) tedeschi e ci hanno insultati. C’è anche stata qualche violenza fisica, ci hanno dato spintoni.”

Secondo il soldato non vi era una reale preparazione per affrontare coloni scatenati. “Siamo stati avvertiti in anticipo che sarebbe potuto accadere, ma ci hanno messo sotto pressione, lavorando 24 ore al giorno per 7 giorni. Non c’erano istruzioni a riguardo. I coloni sapevano che potevano fare quel che volevano. Io personalmente esitavo ad ammanettarli o tirargli contro una granata stordente, mezzo legittimo [di controllo della folla]. Come prassi, non si usa la mano pesante contro i coloni. Non ho visto nessuno essere arrestato. C’erano 30.000 persone qui, centinaia hanno preso parte alle violenze. E’ solo una piccola percentuale, ma sono riusciti a fare un vero casino.”

Non ci sono ordini chiari”, continua il soldato. “So come affrontare i palestinesi, ma con gli israeliani ho delle esitazioni. [Sabato] non ho potuto scegliere. Avevo un equipaggiamento pesante e i coloni tiravano pietre e poi scappavano via. Se avessimo avuto maggiori forze, spero che li avrei arrestati, ma è difficile dirlo.”

A Beit Hadassah, vicino a via Shuhada, uno di quelli arrivati da fuori città domenica mattina ha detto che durante il weekend non aveva sentito niente né visto alcun attacco. “E’ stato uno Shabbat (sabato, festa ebraica, ndtr.) bello e tranquillo. Non ho visto problemi con i soldati e gli arabi. Sabato sera ho sentito che ci sono stati attacchi. La tomba è fuori dalla colonia; questo in realtà non è un’indicazione di ciò che è accaduto sabato. C’era chi pregava, vi era una bellissima atmosfera.” Un altro residente ha detto che è impossibile controllare “ogni ubriaco” e impedirgli di unirsi alla marcia.

Il portavoce dell’esercito ha detto in risposta: “Dopo aver lasciato la tomba di Othniel ben Kenaz, sono scoppiati violenti scontri tra israeliani e palestinesi. Le forze di sicurezza hanno faticato a separare le parti. In seguito ai violenti eventi sono stati arrestati diversi cittadini israeliani e del loro caso si sta occupando la polizia israeliana. Non si è a conoscenza di denunce di violenze di soldati contro palestinesi. Qualora venissero inoltrate denunce, saranno esaminate come sempre.”

Oren Ziv è un fotogiornalista corrispondente di Local Call e membro fondatore del collettivo di fotografia Activestills.

(Traduzione dall’inglese di Cristiana Cavagna)




Carrefour fa affari nelle colonie israeliane

Jean Stern

23 novembre 2022 – Orient XXI

In società con un partner israeliano il gigante francese della distribuzione lancia una nuova catena di supermercati in Israele e in diverse colonie dei territori palestinesi occupati. Una scelta cinica contraria al diritto internazionale, della quale il Primo Ministro israeliano uscente si è detto felice.

Sono ormai più di 200 le colonie israeliane in Cisgiordania e variano da qualche famiglia a parecchie decine di migliaia di abitanti. Le due colonie più importanti, Maale Adumin vicina a Gerusalemme e Ariel non lontana da Nablus, sono diventate vere e proprie città, rispettivamente con oltre 40.000 e oltre 20.000 abitanti. Ariel inoltre ospita un’università inserita nel sistema universitario israeliano. Le colonie, installate il più delle volte su alture o posizioni dominanti, ricoprono e rimodellano la Cisgiordania.

Costituiscono dei mondi chiusi, recintati da filo spinato, turni di guardia, tralicci luminosi e camminamenti di ronda e sono serviti da strade quasi sempre vietate ai veicoli palestinesi. Quando i coloni escono dai loro universi chiusi e dalle loro strade messe in sicurezza è per attaccare i palestinesi. La recrudescenza della violenza dei coloni nei loro confronti vede una crescita esponenziale e drammatica dall’inizio del 2022.

I supermercati al centro della vita sociale

Tre luoghi sono determinanti per la vita sociale di queste colonie che hanno poche attività industriali ed economiche, ad eccezione delle colonie agricole della Valle del Giordano e del nord della Cisgiordania. La maggior parte dei coloni lavora a Gerusalemme o nell’area urbana di Tel Aviv, e spesso deve passare tre o quattro ore al giorno in viaggio. In questi spazi urbani paranoici e sinistri i tre luoghi centrali sono la sinagoga, il campo sportivo e il supermercato, a lungo la sola attività commerciale della zona, tranne alcuni servizi a domicilio, per esempio parrucchieri.

In questi supermercati, generalmente molto modesti, di un centinaio di m2, si trova di tutto, come si usa dire, e queste attività di prossimità sono essenziali al corretto funzionamento delle zone illegali rispetto al diritto internazionale. I prezzi sono molto alti, ancor più che nei negozi di alimentari in Israele, dove d’altronde la vita è molto cara. In diverse colonie dove la popolazione di origine russa è molto numerosa ho visto rivendite di alcolici particolarmente ben fornite, da fare invidia ad un negozio notturno di Parigi, ovviamente con delle bottiglie di vodka per tutti i gusti e per tutti i prezzi.

Una popolazione rinchiusa e in espansione, l’assenza di vera concorrenza: la scelta del gruppo francese Carrefour, uno dei giganti mondiali del commercio con più di 12.000 rivendite in 39 Paesi, è stata quella di insediarsi nelle colonie dei territori palestinesi occupati. Citata in un rapporto pubblicato il 17 novembre 2022 dall’Associazione di Solidarietà Francia-Palestina (AFPS) insieme alla CGT [sindacato francese, ndt.], Solidaires, Lega dei Diritti Umani (LDH), Piattaforma delle ONG per la Palestina e Al-Haq, questa decisione è quindi tutt’altro che casuale.

Un accordo sottoscritto per 20 anni

Si tratta di un accordo di franchising firmato a inizio marzo 2022 tra Carrefour e Yenot Bitan, filiale del gruppo israeliano Elco. Della durata di 20 anni, l’accordo consentirà ai negozi Yenot Bitan, per ora 150, di vendere una certa quantità di prodotti di marchio Carrefour. Questi negozi saranno anzitutto rinominati “Super”, ma non è escluso che alla fine il marchio Carrefour si installi con proprio nome in Israele e nei territori palestinesi. Il partner israeliano di Carrefour, il gruppo Elco, ed una delle sue filiali, Electra Consumer Products, sono inoltre coinvolti in vario modo nell’economia delle colonie (costruzione di alloggi e lavori pubblici, climatizzazione di edifici, generatori elettrici…). È quindi difficile che Carrefour possa dire di non aver saputo niente nella scelta dei suoi alleati commerciali. Tanto più che le Nazioni Unite hanno pubblicato nel 2013 un elenco di dieci “attività suscettibili di rendere le imprese israeliane o multinazionali complici di violazioni dei diritti umani in relazione alla colonizzazione del territorio palestinese”, precisa il rapporto, di cui fa parte “l’offerta di servizi e prestazioni che contribuiscono al mantenimento e all’esistenza delle colonie di insediamento.” Non si potrebbe essere più chiari.

Attualmente Yenot Bitan possiede tre supermercati nelle colonie, uno a Alfei Menashe, non lontano da Tulkarem e che conta 8.000 abitanti e due nelle “mega-colonie” che formano Maale Adumin e Ariel. In queste due colonie questi supermercati completano l’offerta commerciale dei grandi centri commerciali dove alcuni marchi internazionali come Castro hanno dei negozi.

Il Primo Ministro israeliano uscente, Yair Lapid, a luglio si è chiaramente felicitato di questo accordo, che a suo parere consentirà ad altre imprese della distribuzione di “seguirne le orme”. Inoltre anche il gruppo olandese Spar prevede di aprire filiali in Israele e sicuramente nei territori occupati. La scelta di Carrefour di installarsi nella Cisgiordania occupata contribuisce dunque alla banalizzazione della colonizzazione, perché occultare gli abusi che essa comporta è l’obbiettivo principale della propaganda israeliana.

La ripresa della campagna #stopcolonie

I governi israeliani, e certamente ancor di più quello che sta predisponendo Benjamin Netanyahu, vogliono infatti che gli alleati internazionali di Israele, soprattutto la Francia e l’Unione Europea (UE), non facciano più della colonizzazione un casus belli. Per parte loro l’AFPS (Associazione Francia-Palestina) e i suoi alleati ritengono che si tratti di complicità diretta di Carrefour con la colonizzazione. “Se Carrefour intende conformarsi a principi etici che peraltro pone come prioritari, deve recedere da questo accordo”, afferma Bertrand Heilbronn, presidente della AFPS. “Quando diciamo che la colonizzazione è un crimine di guerra, non è un’affermazione retorica.”

Dopo la pubblicazione del rapporto il 17 novembre, alla fine il presidente dell’AFPS ha incontrato, insieme ai rappresentanti della Piattaforma delle ONG per la Palestina e della LDH, una delegazione del settore “responsabilità sociale delle imprese” di Carrefour. Si trattava di evidenziare le contraddizioni dell’impresa che assicura nei suoi “principi etici” che “la promozione dei diritti umani è fondamentale per condurre le proprie attività in modo responsabile e duraturo.” L’inquietante investimento nei supermercati delle colonie dimostra bene, se ci fosse qualche dubbio, che si tratta di parole al vento…tipiche del cinismo delle grandi imprese globalizzate.

Non hanno chiuso la porta”, precisa uno dei partecipanti all’incontro, “ma neppure rinunciano”. Dato che l’impresa non recede dalla sua scelta di investire nelle colonie, i firmatari del rapporto lanceranno una campagna che fa appello all’opinione pubblica, in particolare nei confronti dei (numerosi) clienti francesi dei diversi supermercati Carrefour. Si tratta anche di proseguire la campagna #stopcolonie lanciata da qualche mese proprio per porre fine al commercio con le colonie. Oltre ai firmatari del rapporto su Carrefour, questa campagna è sostenuta da diversi partiti di sinistra, in particolare dagli ecologisti di ‘Europe Ecologie Les Verts’ [Europa Ecologia-I Verdi] (EELV) e dal PCF [partito comunista francese, ndt.], e anche dalla Confederazione degli agricoltori e dalla Confederazione Francese Democratica del Lavoro (CFDT). Il loro impegno deve superare la fase simbolica, dato che i francesi hanno dimostrato in varie circostanze che, contrariamente ai dirigenti del gruppo Carrefour, non dimenticano la Palestina. “Partecipiamo con molta convinzione”, dice un responsabile della Piattaforma delle ONG per la Palestina. Di fronte all’inganno di Carrefour e di alcune altre società francesi, non si può che rallegrarsene. Sempre che duri….

Jean Stern

Storico collaboratore di Liberation, La Tribune e La Chronique d’ Amnesty International. Ha pubblicato nel 2012 “Les patrons de la presse nationale, tous mauvais” [I padroni della stampa nazionale, tutti cattivi], per La Fabrique; per le edizioni Libertalia: nel 2017 “Mirage gay à Tel Aviv” [Miraggio gay a Tel Aviv] e nel 2020 “Canicule” [Canicola].

(Traduzione dal francese di Cristiana Cavagna)




Coloni bloccano le strade nella Cisgiordania occupata

Redazione di MEMO

23 novembre 2022 – Middle East Monitor

Anadolu [agenzia di stampa turca, ndt.] ha riferito che oggi coloni israeliani hanno bloccato delle strade ai veicoli palestinesi nella zona settentrionale della Cisgiordania occupata. Testimoni oculari hanno affermato che, in seguito a due esplosioni a Gerusalemme ovest nelle quali un israeliano è stato ucciso e 14 sono stati feriti, i coloni hanno anche lanciato pietre contro le auto.

Le strade sono state blocccate a Hawara e Yitzhar, a sud di Nablus, e a Deir Sharaf, ad ovest della città. Sono stati incendiati pneumatici.

In una dichiarazione ufficiale la polizia israeliana ha affermato che “oggi, dopo l’esplosione avvenuta vicino ad un incrocio all’ingresso di Gerusalemme nei pressi di una stazione degli autobus ce n’è stata un’altra vicino alla stazione degli autobus all’incrocio di Ramot”. Undici feriti sono stati coinvolti nella prima esplosione, mentre gli altri tre hanno subito ferite “di minore gravità” nella seconda.

Sccondo la radio dell’esercito israeliano la polizia “ha deciso di elevare il livello di allerta a Gerusalemme, e in seguito si è discusso di alzare il livello di allerta in tutto lo Stato di Israele”. Ha inoltre segnalato che il ministro della Difesa Benny Gantz ha tenuto una seduta di valutazione della sicurezza con la partecipazione di alti ufficiali dell’esercito, della polizia e dei servizi di sicurezza israeliani.

Più tardi oggi stesso il primo ministro israeliano Yair Lapid terrà una seduta di valutazione della sicurezza.

(traduzione dall’inglese di Gianluca Ramunno)




Un morto e diversi feriti in due esplosioni a Gerusalemme

Redazione di Al Jazeera

AlJazeera – 23 novembre 2022

Le due distinte esplosioni fanno seguito all’uccisione di un sedicenne palestinese da parte delle forze israeliane nella Cisgiordania occupata, affermano i funzionari.

Almeno una persona è stata uccisa e altre 12 ferite in due diverse esplosioni che hanno scosso la città di Gerusalemme, come riportano i funzionari israeliani.

La polizia israeliana ha affermato che si sospetta gli incidenti di mercoledì mattina essere attacchi palestinesi.

Secondo alcuni funzionari palestinesi le esplosioni sono avvenute poche ore dopo l’uccisione di un adolescente palestinese di 16 anni da parte delle forze israeliane nella città occupata di Nablus, in Cisgiordania.

La prima esplosione è avvenuta verso le 7 (le 6 ora italiana) vicino a una stazione degli autobus israeliana lungo un’autostrada all’entrata occidentale di Gerusalemme, di solito piena di pendolari.

Sette persone sono rimaste ferite nella prima esplosione, di cui, secondo i medici, almeno due in gravi condizioni.

La seconda esplosione, che i funzionari hanno definito “controllata”, è avvenuta meno di mezz’ora dopo allo svincolo di Ramot, a nord di Gerusalemme. I funzionari hanno detto che cinque persone sono rimaste leggermente ferite dalle schegge.

Secondo quanto riferito da Ramot da Alan Fisher di Al Jazeera, la polizia ritiene che il primo incidente sia stato causato da “esplosivi nascosti all’interno di una bicicletta lasciata alla fermata dell’autobus”.

Si ritiene che entrambe le esplosioni siano state attivate a distanza.

Il primo ministro uscente Yair Lapid ha annunciato la convocazione di una riunione straordinaria con i funzionari della sicurezza israeliani.

Le autorità israeliane hanno chiuso le strade principali e istituito posti di blocco nella parte orientale e occidentale di Gerusalemme e intanto conducono un’indagine sulle esplosioni e ricercano i sospetti.

Per una decisione del Ministro della Difesa, l’esercito israeliano ha anche annunciato la chiusura di due fondamentali posti di blocco nell’area di Jenin: Jalameh e Salem.

Il commissario di polizia israeliano ha affermato che il tipo di attacco che ha avuto luogo a Gerusalemme “non si vedeva da anni” e che le autorità stanno cercando gli assalitori. Ha aggiunto che la polizia sta cercando altri possibili esplosivi in città.

Il filmato della prima esplosione da una telecamera di sorveglianza è stato condiviso sui social.

Yosef Haim Gabay, un medico che era sul posto quando è avvenuta l’esplosione, ha detto ad Army Radio che c’erano “danni ovunque sul posto” e che alcuni dei feriti stavano sanguinando copiosamente.

Se la causa è ancora sotto indagine, l’incidente è avvenuto mentre dall’anno scorso continuano a crescere le tensioni nella zona. Le incursioni dell’esercito israeliano e le uccisioni di palestinesi nelle città e nei villaggi della Cisgiordania occupata sono recentemente aumentate parallelamente all’aumento degli attacchi armati palestinesi, nonché all’aumento degli attacchi dei coloni contro i palestinesi.

Almeno 200 palestinesi, tra cui più di 50 bambini, sono stati uccisi da Israele nei territori illegalmente occupati di Gerusalemme Est, Cisgiordania e nella Striscia di Gaza assediata nell’anno più letale per i palestinesi dal 2006.

Più di 25 persone sono state uccise anche fra gli israeliani.

Poco dopo la mezzanotte di mercoledì i funzionari sanitari palestinesi hanno confermato l’uccisione a Nablus di un ragazzo di 16 anni, Ahmad Amjad Shehadeh, con una pallottola al cuore.

Le forze israeliane avevano fatto irruzione a Nablus nella Cisgiordania occupata settentrionale per garantire l’ingresso dei coloni israeliani al sito sensibile del Santuario di Giuseppe, circa un chilometro dal centro di Nablus.

Almeno altri cinque palestinesi sono rimasti feriti dopo essere stati colpiti con proiettili veri e granate assordanti, di cui uno in gravi condizioni per un proiettile allo stomaco, ha detto il Ministero della Salute palestinese.

La Mezzaluna Rossa [la Croce Rossa, ndt.] palestinese ha affermato di aver curato altri 22 feriti da proiettili rivestiti di gomma e molti altri per l’inalazione di gas lacrimogeni. Ha aggiunto che “l’ambulanza della Mezzaluna Rossa è stata presa di mira con proiettili veri dalle forze di occupazione”.

Le esplosioni sono avvenute mentre il primo ministro eletto Benjamin Netanyahu continua i negoziati per formare una nuova coalizione di governo con i partiti di estrema destra e gli ultranazionalisti, che hanno ottenuto la maggioranza in parlamento alle elezioni generali di questo mese.

Itamar Ben-Gvir, il politico di estrema destra che ha chiesto la pena di morte per i palestinesi che compiono attacchi e che è destinato a diventare Ministro della Sicurezza Interna responsabile della polizia nel nuovo governo del Paese, ha affermato che le esplosioni di Gerusalemme significano che dovrà applicare misure più forti.

“Dobbiamo riprendere gli omicidi mirati e fargliela pagare”, ha detto Ben-Gvir, riferendosi all’aumento degli omicidi mirati di combattenti palestinesi da parte dell’esercito israeliano nella Cisgiordania occupata.

Hamas, il gruppo palestinese che governa la Striscia di Gaza assediata da Israele, ha elogiato l’attacco definendolo un’operazione eroica, ma si è fermato prima di rivendicarne la responsabilità.

“L’occupazione sta pagando il prezzo dei suoi crimini e dell’aggressione contro il nostro popolo”.

(traduzione dall’inglese di Luciana Galliano)




Studente a Jenin ucciso dall’esercito israeliano mentre andava a scuola

Mariam Barghuti

22 Novembre 2022 – Mondoweiss

Mahmoud Al-Saadi era all’ultimo anno di liceo e suo padre ha lavorato tutta la vita per garantire un’istruzione a suo figlio. Israele ha ucciso la luce degli occhi di suo padre.

Lunedì 21 novembre le forze israeliane hanno ucciso uno studente liceale palestinese del campo profughi di Jenin e ne hanno feriti altri tre durante un’operazione militare nella città di Jenin, 98 km a nord-ovest di Gerusalemme.

Mahmoud Al-Saadi, 17 anni, si stava recando alla Farhat Shihad Boys’ School di Jenin quando le forze israeliane gli hanno sparato all’addome. Quasi un’ora dopo, Al-Saadi è morto per le ferite riportate all’ospedale pubblico Ibn Sina. Suo padre lo ha identificato in ospedale prima di seppellirlo.

La morte viene a bussare

Poco prima delle 8:00, una forza composta da militari israeliani, polizia di frontiera e Shin Bet (intelligence interna) ha invaso Jenin e si è diretta verso l’abitazione di Rateb Al-Bali, ricercato per presunto coinvolgimento in scontri armati contro obiettivi militari israeliani.

Arrenditi, sappiamo che sei qui. È meglio che tu ti arrenda, prima che ti rovesci la casa sulla testa e su tutti quelli che ci sono dentro”, si è sentito un soldato israeliano minacciare attraverso un altoparlante. “Ti avverto! Esci!”

“Sappiamo che sei a casa e tutti sono a casa con te”, la voce del soldato poteva essere ascoltata da tutti nel quartiere. “Vieni fuori e arrenditi prima che ti abbattiamo la casa addosso.”

Ferito e preoccupato per l’incolumità della sua famiglia, Al-Bali si è arreso.

La casa di Rateb è vicino alla scuola di Al-Saadi. L’operazione di ricerca e arresto, pianificata da alcune delle unità operative speciali più di élite di Israele, è stata programmata durante l’orario scolastico di un giorno di scuola, mentre c’erano i ragazzi.

Uccidere la luce degli occhi un padre

Riguardo all’assassinio di Mahmoud Al-Saadi, XX ha dichiarato, chiedendo l’anonimato, a Mondoweiss: “I suoi amici pensavano che stesse scherzando quando ha urlato che gli avevano sparato”. I compagni di classe di Al-Saadi, che hanno scambiato la supplica dell’amico per una ferita leggera, hanno dovuto schivare i proiettili dell’esercito israeliano e garantire l’evacuazione del loro coetaneo ferito.

I giornalisti locali hanno confermato a Mondoweiss che Al-Saadi è stato trasferito, mentre sanguinava dall’addome, in un’auto privata poiché era improbabile che le ambulanze lo raggiungessero in tempo.

Poco dopo la sua sepoltura, un parente di Al-Saadi ha dichiarato in un’intervista che il padre di Mahmoud aveva lavorato tutta la vita “per fornire [a Mahmoud] un futuro dignitoso e un’istruzione”.

“L’occupazione ha ucciso questo sogno”, ha detto prima di scoppiare in lacrime.

Un cuore abbastanza grande da abbracciare tutto il campo

Secondo il Ministero della Salute palestinese più di 202 palestinesi sono stati uccisi dall’inizio dell’anno. Molti dei martiri sono stati uccisi durante le incursioni offensive dei militari israeliane nelle città e nei paesi palestinesi intese a reprimere la resistenza armata palestinese contro la continua invasione dei coloni.

Agli scolari e ai giovani palestinesi non sono state risparmiate le violenze della continua offensiva militare di Israele. Molte delle uccisioni di quest’anno sono state di minori, molti dei quali uccisi nel corso delle frequenti incursioni di ricerca e arresto dell’esercito israeliano.

Ben 33 bambini sono stati uccisi durante l’offensiva militare israeliana di quest’anno, l’Operazione Break the Wave (spezzare l’onda). Proprio la scorsa settimana i soldati israeliani hanno crivellato di proiettili un’auto quando questa si è avvicinata inconsapevolmente a un’operazione di ricerca e arresto simile a Betunia, uccidendo la quattordicenne Fulla Masalma all’interno dell’auto.

Al-Saadi faceva parte del Jenin Freedom Theatre, che ha rilasciato una dichiarazione per piangere la morte di Al-Saadi.

“Un formatore esperto e appassionato del nostro programma per bambini e giovani, ha portato il suo carattere unico in questo lavoro”, si legge nella dichiarazione. “Mahmoud aveva un futuro promettente davanti a sé, ed eravamo entusiasti di vedere dove lo avrebbe portato il suo lavoro in teatro”.

Anche Ranin Odeh, che aveva formato Al-Saadi al Freedom Theatre, ha scritto una commemorazione del giovane ucciso.

“Il tuo cuore era abbastanza grande da abbracciare l’intero campo, le sue strade e le sue case”, si legge nella lettera. “Penso a te che sali sul palco e ti unisci ai workshop per divertirti e recitare. Questo è ciò che mi fa più male, che il ragazzo dal cuore d’oro se ne sia andato. Credimi, la notizia del tuo martirio ferisce il mio corpo e mi fa piangere».

(traduzione dall’Inglese di Giuseppe Ponsetti)




Prima i droni. Poi le bombe

Abdallah al-Naami 

The Electronic Intifada 10 novembre 2022

Il fine settimana era finalmente arrivato.

E la cosa migliore dei fine settimana è che posso passare del tempo con mio nipote Yahya di 5 mesi.

Lui e mia sorella Inas vengono a trovarci ogni fine settimana nella nostra casa nel campo di Maghazi al centro di Gaza.

Ma lo scorso fine settimana vorrei che non l’avessero fatto.

Il 3 novembre, verso le 10 di notte, eravamo tutti in soggiorno a dire come i droni israeliani volassero particolarmente bassi e rumorosi.

Sebbene i droni siano una maledetta costante nella vita di ogni palestinese a Gaza, non mi ci sono mai abituato. Il ronzio rende difficile lo studio e il lavoro e devo dormire con il ventilatore acceso, anche in inverno, per coprirne il rumore.

Ma più che un fastidio i droni sono una minaccia mortale. Un promemoria che l’occupazione israeliana ci osserva sempre dall’alto, pronta ad uccidere in qualsiasi momento.

La conversazione si è interrotta quando mia sorella ha chiesto chi volesse dar da mangiare a Yahya. Gli ho dato un biberon di latte e l’ho cullato per farlo addormentare, cantandogli una canzone per coprire, anche solo un po’, il ronzio dei droni.

Un brusco risveglio

Andammo tutti a letto, Yahya e mia sorella al piano di sopra, ma non dormimmo a lungo.

Intorno alle 3 del mattino, mi sono svegliato al frastuono di un’enorme esplosione.

Ho subito pensato a Yahya. Sono riuscito a malapena ad alzarmi dal letto che è arrivata la seconda esplosione. L’elettricità è saltata. Ho preso il cellulare per usare la torcia, ma la terza esplosione è stata così forte che la finestra sopra il mio letto è andata in frantumi, coprendo me e il cuscino di vetri.

Sono seguite altre due esplosioni. Dal rumore sembrava che gli aerei israeliani lanciassero due missili ad ogni esplosione.

Potevo sentire i vetri infrangersi, terra e mattoni cadere, urla. Era passato meno di un minuto.

Mi feci strada al piano di sopra, nella stanza di Inas e Yahya. L’ho sentito prima di vederlo: strillava, la faccia rossa per le urla.

Siamo andati nella “zona sicura” della nostra casa, che in realtà non è affatto sicura. È solo un corridoio che ci diciamo sia sicuro perché non ha finestre. Ma le finestre contano davvero quando l’intera casa trema per le esplosioni?

Eravamo tutti sotto shock, terrorizzati, ma abbiamo fatto del nostro meglio per calmare Yahya. Abbiamo cantato, applaudito e riso per cercare di calmare la sua paura.

Ho poi saputo che quando alla prima esplosione Yahya si è svegliato, le mie sorelle lo hanno riparato con i loro corpi per proteggerlo da possibili ferite.

Dopo circa un’ora nel corridoio, Yahya si è riaddormentato e io ho controllato il resto della casa.

Le finestre erano in frantumi in ogni stanza e si erano aperte crepe lungo molte pareti.

Distruzione

Il giorno dopo sono andato alla moschea per la preghiera del venerdì. La nostra strada era irriconoscibile: coperta di fango, mattoni e pietre lanciati fino a 300 metri di distanza dal luogo dello scoppio.

I vicini parlavano dell’attacco israeliano, di quali bombe fossero state usate, quali aerei fatti volare. Questi attacchi sono così numerosi che ora siamo tutti esperti di aerei e bombe.

Dopo la preghiera ho fatto una passeggiata per il quartiere. Riuscivo a malapena a riconoscere il parco giochi di al-Mamoura, dove sono cresciuto e ho giocato, dove avevo di recente guardato le partite di calcio su un grande schermo all’aperto. Il parco giochi era ora sepolto da terra e macerie.

Ho pensato a come questo non fosse nemmeno il primo attacco israeliano vissuto da Yahya, come il 5 agosto 2022, quando Israele attaccò Gaza, Yahya avevesse pianto tutta la notte.

È passata quasi una settimana da quest’ultimo attacco israeliano e, sebbene fortunatamente non siano stati segnalati decessi, la copertura dei media in lingua inglese è stata minima o inesistente.

Nel frattempo, lavoriamo per riparare i danni alla nostra casa. Stiamo ancora raccogliendo pezzi di vetro così piccoli da essere penetrati in vestiti, tende e tappeti. E infine ieri abbiamo sostituito i vetri delle finestre. Fino ad allora, il vento soffiava dentro la pioggia torrenziale attraverso le tende e io mi precipitavo ad asciugare l’acqua.

Ho tenuto sott’occhio Yahya ogni giorno dal bombardamento. È piccolo, ma il trauma degli attacchi israeliani ha un impatto incalcolabile e duraturo sui bambini. La mia speranza è che dimentichi tutto.

E, mentre il fine settimana si avvicina, non vedo l’ora di abbracciare di nuovo Yahya, e di cantare per farlo dormire.

Abdallah al-Naami è un giornalista e fotografo che vive a Gaza.

(traduzione dall’inglese di Luciana Galliano)




Palestinese colpito a morte in Cisgiordania dopo aver ucciso degli israeliani

Redazione di AL Jazeera 

15 novembre 2022 Al Jazeera e Agenzie di stampa

Mohammad Souf, di 18 anni, ha accoltellato diversi israeliani all’ingresso industriale della colonia di Ariel nella Cisgiordania occupata.

Un palestinese ha ucciso tre israeliani e ne ha feriti altri tre in un attacco in una colonia nella Cisgiordania occupata, prima di essere colpito e ucciso da agenti della sicurezza israeliani: questo è quanto hanno riferito paramedici israeliani e funzionari palestinesi.

Il servizio paramedico Zaka ha detto che i tre feriti nell’attacco nella colonia illegale di Ariel sono stati curati in ospedale e sono in gravi condizioni.

E’ stato l’ultimo attacco di un’ondata di violenza tra israeliani e palestinesi in questo anno, che ha visto incursioni israeliane quasi quotidiane nella Cisgiordania occupata, con arresti e uccisioni di palestinesi, così come attacchi di palestinesi contro israeliani.

L’esercito israeliano ha affermato che il palestinese, identificato dal Ministero della Salute palestinese come il 18enne Mohammad Souf, prima ha attaccato gli israeliani all’entrata della zona industriale della colonia, poi ha proseguito fino ad un vicino distributore di benzina e lì ha accoltellato altre persone. L’esercito ha detto che poi l’uomo ha rubato un’auto, si è intenzionalmente scontrato con un’automobile sulla vicina strada principale ed ha colpito ed ucciso un’altra persona prima di fuggire a piedi.

Ha riferito che l’aggressore è stato colpito da un soldato e che le truppe stavano perlustrando l’area per cercare altri sospetti.

Un video amatoriale diffuso dalla televisione israeliana sembra mostrare il sospetto aggressore percorrere di corsa una strada e crollare a terra dopo essere stato colpito. Più tardi il Ministero della Salute ha dichiarato che Souf proveniva dal vicino villaggio di Hares.

Le forze israeliane hanno fatto irruzione nella casa di famiglia di Souf e, secondo organi di stampa palestinesi, hanno aggredito fisicamente membri della famiglia.

Nessuna fazione palestinese ha rivendicato la responsabilità dell’attacco, ma esso è stato acclamato da portavoce di Hamas, Jihad islamica e Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina.

In una dichiarazione il portavoce di Hamas Abdel Latif al-Qanou ha affermato che l’operazione ha dimostrato “la capacità del nostro popolo di proseguire la sua rivoluzione e difendere la Moschea di Al-Aqsa da quotidiane incursioni”.

Il FPLP, di sinistra, ha affermato che l’attacco è stato una risposta “alla politica di esecuzioni sul campo perseguita dall’occupazione israeliana e dai suoi servizi di sicurezza contro il nostro popolo, delle quali l’uccisione della ragazza palestinese Fulla Masalmeh ieri a Beitunia non sarà l’ultima.”

L’anno più sanguinoso

Il Primo Ministro israeliano uscente Yair Lapid ha inviato le condoglianze alle famiglie degli israeliani uccisi nell’attacco e ha detto che Israele “sta combattendo il terrorismo senza sosta e col massimo delle forze.”

Le nostre forze di sicurezza lavorano 24 ore al giorno per proteggere i cittadini israeliani e danneggiano senza sosta le infrastrutture del terrorismo”, ha detto.

Quest’anno l’ondata di violenza tra israeliani e palestinesi in Cisgiordania e Gerusalemme est ha fatto almeno 25 morti dalla parte israeliana e più di 130 da quella palestinese, rendendo il 2022 l’anno con più vittime dal 2006.

Israele afferma che le sue incursioni ed arresti che avvengono quasi ogni notte in Cisgiordania sono necessari per smantellare le reti armate in un momento in cui le forze di sicurezza palestinesi non sono capaci o non vogliono farlo.

L’Autorità Nazionale Palestinese afferma che le incursioni indeboliscono le sue forze di sicurezza ed hanno lo scopo di consolidare l’occupazione illegale di Israele che continua da 55 anni nei territori che i palestinesi vogliono per il loro auspicato Stato.

In queste incursioni sono state fermate centinaia di palestinesi, molti dei quali sottoposti alla cosiddetta detenzione amministrativa, che consente ad Israele di detenerli a tempo indefinito senza processo né imputazione.

(Traduzione dall’inglese di Cristiana Cavagna)




L’esercito israeliano uccide un’adolescente palestinese nella Cisgiordania occupata

Zena Al Tahan

14 novembre 2022 – Aljazeera

Fulla Rasmi Abdelazeez Masalmeh, di 15 anni, è stata colpita e uccisa dall’esercito israeliano mentre si trovava a bordo di un veicolo vicino alla città di Ramallah.

Ramallah, Cisgiordania occupataL’esercito israeliano ha ucciso a colpi d’arma da fuoco una ragazza palestinese di 15 anni nella città di Beitunia vicino a Ramallah, nella Cisgiordania occupata.

Il ministero della salute palestinese ha identificato la vittima come Fulla Rasmi Abdelazeez Masalmeh, di 15 anni. Domani, giorno del suo compleanno, avrebbe dovuto compiere 16 anni. Lunedì è stato reso noto che è stata uccisa quando soldati occupanti le hanno sparato contro nel corso di un’incursione a Beitunia”.

I funzionari palestinesi inizialmente hanno erroneamente identificato la vittima come una donna di 19 anni di nome Sanaa al-Tal.

Secondo l’agenzia di stampa ufficiale palestinese Wafa durante la sparatoria è ​​stato ferito e arrestato un altro palestinese, il 26enne Anas Hassouneh.

Masalmeh, che è stata uccisa mentre si trovava in macchina, proveniva dalla città di al-Thahiriyeh a sud della città di Hebron, nella Cisgiordania meridionale occupata.

Notizie e immagini del fatto sono state diffuse dai media locali alle 4 del mattino (01:00 GMT) e la sua uccisione è stata confermata diverse ore dopo.

Un testimone ha riferito a Wafa che Masalmeh e Hassouneh si trovavano a bordo di un veicolo che stava percorrendo una strada, ignari del fatto che le forze israeliane si fossero posizionate in diversi punti finché non si sono imbattuti improvvisamente nell’esercito.

“Quando hanno cercato di cambiare direzione hanno trovato altri soldati di fronte a loro che hanno iniziato a sparare contro di loro senza alcun preavviso”, ha detto il testimone, che vive nella zona, aggiungendo che mentre cercava di scappare l’auto è stata colpita tre volte da soldati appostati in diversi punti.

Il testimone aggiunge che i soldati israeliani hanno tirato fuori dal veicolo Hassouneh, che era alla guida dell’auto, e che stava sanguinando, mentre Masalmeh è morta sul colpo.

Secondo i media israeliani, una dichiarazione dell’esercito israeliano afferma che i soldati hanno individuato un “veicolo sospetto che accelerava nella loro direzione nel corso un’operazione delle forze di sicurezza”. I soldati avrebbero segnalato al veicolo di fermarsi, ma questo avrebbe accelerato verso di loro, dopodiché hanno sparato contro il veicolo, afferma la nota.

Un video di sorveglianza ampiamente condiviso sui social media sembra mostrare l’auto che si ferma lentamente nell’area prima di essere colpita da soldati appostati nelle vicinanze. Al Jazeera non ha potuto verificare autonomamente il filmato.

Diaa Qurt, sindaco di Beitunia, ha dichiarato ad Al Jazeera che l’esercito israeliano ha fatto irruzione nella città, che si trova a ovest di Ramallah, per effettuare degli arresti, durante i quali sono scoppiati gli scontri.

“Questi giovani erano in macchina … L’esercito ha ritenuto l’auto sospetta, per cui le ha sparato contro”, afferma Qurt. “La loro uccisione in un batter di ciglia è un crimine.

L’esercito israeliano, dice Qurt, ha consegnato il corpo della ragazza ai medici palestinesi, che l’hanno trasferita all’ospedale pubblico di Ramallah.

Qurt fa presente che domenica notte l’esercito aveva arrestato tre palestinesi di Beitunia.

In quanto popolo palestinese sotto occupazione, l’esercito israeliano ha il potere di sparare e uccidere i nostri giovani anche se stanno solo lanciando pietre durante gli scontri. Sparano anche contro semplici passanti o persone a bordo delle loro auto”, aggiunge.

Lunedì, in seguito all’uccisione, il ministero palestinese degli affari esteri ha chiesto “misure internazionali per costringere lo Stato occupante a fermare la sua aggressione contro il nostro popolo”.

Si legge che la ragazza martirizzata questa mattina a Beitunia è l’ultima vittima di questa aggressione”.

Le forze israeliane effettuano quasi quotidianamente raid e arresti in tutta la Cisgiordania occupata nell’intento di reprimere i gruppi armati che operano nel territorio palestinese.

Durante tali raid l’esercito spara regolarmente proiettili veri con la frequente uccisione o ferimento di abitanti, tra cui persone del tutto estranee.

Finora, nel 2022, l’esercito israeliano ha ucciso nella Cisgiordania occupata e Striscia di Gaza sotto assedio197 palestinesi, tra cui 43 minori. Secondo le Nazioni Unite, il numero di palestinesi uccisi da Israele nella Cisgiordania occupata quest’anno è il più alto degli ultimi 16 anni.

L’Ufficio dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani ha rilevato in precedenti rapporti che le forze israeliane spesso usano armi da fuoco contro i palestinesi per un semplice sospetto o come misura precauzionale, in violazione degli standard internazionali”.

(traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)