Rapporto OCHA del periodo 23 ottobre – 5 novembre 2018 (due settimane)

Nei pressi della recinzione israeliana che circonda Gaza sono continuate le dimostrazioni del venerdì: quattro palestinesi sono stati uccisi da forze israeliane e 531 sono rimasti feriti.

Tutte le uccisioni si sono verificate il 26 ottobre, quando centinaia di manifestanti hanno raggiunto la recinzione e, secondo fonti israeliane, hanno lanciato un numero relativamente elevato di bottiglie incendiarie, granate rudimentali e palloncini incendiari, mettendo in atto vari tentativi di aprire brecce nella recinzione. Al contrario, il venerdì successivo, 2 novembre, è stata registrata una considerevole riduzione degli scontri violenti e non sono state registrate uccisioni. Fonti israeliane hanno segnalato che in questo secondo venerdì non sono stati lanciati aquiloni o palloncini incendiari e che non sono stati registrati tentativi di violazione della recinzione. Secondo il Ministero della Salute palestinese per 405 feriti [dei 531] si è reso necessario il ricovero in ospedale.

Nel corso di altre manifestazioni e attività che si sono svolte in altri giorni, sempre nel contesto della “Grande Marcia di Ritorno”, altri due palestinesi sono stati uccisi dalle forze israeliane e 112 sono stati feriti. Uno dei due è stato ucciso, con arma da fuoco, il 23 ottobre presso la recinzione, mentre partecipava ad una manifestazione tenutasi nella zona di Deir al Balah. Il secondo è stato ucciso, con arma da fuoco, il 29 ottobre, nell’area settentrionale di Beit Lahiya, durante una dimostrazione a sostegno dei tentativi di rompere il blocco navale.

Altri tre palestinesi sono morti per le ferite riportate durante le proteste delle settimane precedenti.

Tra il 26 e il 27 ottobre, un gruppo armato palestinese ha sparato decine di razzi e colpi di mortaio verso il sud di Israele. Successivamente, l’aviazione israeliana ha attaccato diversi siti in Gaza. Non ci sono notizie di feriti, ma, nel nord di Gaza, l”Ospedale indonesiano” ha subito danni ed è stato costretto ad interrompere l’erogazione dei servizi; nella città di Gaza un edificio disabitato di cinque piani, utilizzato, a quanto riferito, da una fazione armata, è stato preso di mira e distrutto e diverse abitazioni sono state danneggiate. Tutti i razzi sparati contro Israele o sono caduti in aree aperte (inclusi alcuni caduti all’interno di Gaza) o sono stati intercettati in volo e non hanno provocare vittime. L’ala armata della Jihad islamica palestinese si è assunta la responsabilità del lancio dei razzi, sostenendo che è stata una risposta all’uccisione di quattro palestinesi, avvenuta durante le proteste di quel giorno, e il 27 ottobre ha annunciato un cessate il fuoco unilaterale.

Il 28 ottobre, vicino alla recinzione perimetrale, ad est di Deir el Balah, tre minori palestinesi, di età compresa tra i 13 e i 15 anni, sono stati uccisi da un attacco aereo israeliano. Secondo fonti israeliane, i ragazzi sono stati colpiti perché avvistati mentre tentavano di collocare un rudimentale ordigno esplosivo contro la recinzione. Secondo il Centro palestinese per i diritti umani a Gaza, i ragazzi non portavano alcunché e non rappresentavano alcuna minaccia. Un’equipe medica palestinese ha potuto recuperare i loro corpi un’ora dopo l’accaduto.

Il 4 novembre, un 17enne è morto per le ferite riportate il giorno precedente; era stato colpito, secondo quanto riferito, mentre si avvicinava alla recinzione; il suo corpo è trattenuto dalle autorità israeliane. A Gaza, nelle Aree ad Accesso Riservato di terra e di mare, in almeno sette occasioni, le forze israeliane hanno aperto il fuoco di avvertimento, senza provocare feriti. In due distinti episodi, verificatisi il 23 ottobre, le forze navali israeliane hanno arrestato quattro pescatori e confiscato le loro due barche. In due occasioni, ad est della città di Gaza e nella zona settentrionale, le forze israeliane sono entrate nella Striscia ed hanno effettuato operazioni di spianatura del terreno e di scavo nelle vicinanze della recinzione perimetrale.

Dal 28 ottobre, nella Striscia di Gaza, in conseguenza dell’approvvigionamento di carburante aggiuntivo per il funzionamento della Centrale Elettrica, la fornitura di elettricità è passata dalle 4-5 ore dei mesi precedenti, a 12-16 ore al giorno. L’incremento è da attribuire al carburante entrato a Gaza dal 9 ottobre e finanziato dal governo del Qatar. Di conseguenza, rispetto al precedente funzionamento ad una sola turbina, la centrale ha iniziato ad attivare tre delle sue quattro turbine. Si prevede che questo sviluppo migliorerà significativamente le condizioni di vita. Nonostante ciò, durante le interruzioni di corrente, i servizi sanitari di base, la fornitura di acqua ed il trattamento dei reflui continueranno a dipendere dal carburante fornito dall’ONU per il funzionamento dei generatori elettrici di riserva e dei veicoli di emergenza.

In Cisgiordania, in due diversi episodi, due palestinesi sono stati colpiti con armi da fuoco e uccisi dalle forze israeliane. Il 24 ottobre, nel villaggio di Tammun (Tubas), un’operazione di ricerca-arresto ha innescato scontri che hanno provocato la morte di un palestinese di 22 anni. Il 26 ottobre, nel villaggio di Al Mazra’a al Qibilya (Ramallah), durante scontri con le forze israeliane un uomo di 33 anni è stato ucciso con arma da fuoco. Gli scontri erano seguiti ad una incursione di coloni israeliani nel villaggio, nel quale si stava manifestando contro la violenza dei coloni e l’espansione degli insediamenti colonici.

In Cisgiordania, in numerosi scontri, 62 palestinesi, tra cui nove minori, sono stati feriti dalle forze israeliane. 50 delle 153 operazioni di ricerca-arresto condotte dalle forze israeliane, hanno innescato scontri con i residenti: 30 palestinesi sono stati feriti. Nel villaggio di Ar Ram, nel corso di una operazione, le forze israeliane hanno fatto irruzione nell’ufficio del Governatorato di Gerusalemme dell’Autorità Palestinese (AP); si sono scontrate con i dipendenti, ferendone cinque e sequestrando attrezzature. A Gerusalemme Est, in un episodio separato, il governatore di Gerusalemme dell’Autorità Palestinese è stato arrestato. Altri 27 palestinesi sono rimasti feriti nel villaggio di Al Mazra’a al Qibilya (Ramallah) durante le proteste sopra menzionate. Altri tre palestinesi sono rimasti feriti a Kafr Qaddum (Qalqiliya), nel corso della manifestazione settimanale contro le restrizioni all’accesso e contro l’espansione degli insediamenti [colonici israeliani]. Durante il periodo di riferimento, nei villaggi di Bil’in e Ni’lin (entrambi a Ramallah) e Madama (Nablus), sono proseguite altre dimostrazioni settimanali simili e scontri, conclusi senza feriti.

Un palestinese è stato ferito con arma da fuoco e successivamente arrestato: secondo quanto riferito, aveva tentato di pugnalare un soldato israeliano. L’episodio è avvenuto il 5 novembre vicino all’insediamento israeliano di Kiryat Arba ‘(Hebron).

Nell’Area C della Cisgiordania, per mancanza di permessi di costruzione rilasciati da Israele, 13 strutture di proprietà palestinese sono state demolite o sequestrate, sfollando 14 persone e colpendo i mezzi di sostentamento di altre 34. Sette delle strutture prese di mira si trovavano nella comunità di pastori di Al Hadidiya, nella Valle del Giordano, ed erano state fornite precedentemente come assistenza umanitaria. Le autorità israeliane hanno inoltre emesso ordini di stop lavori o di demolizione contro cinque strutture finanziate da donatori (tra queste una scuola e quattro abitazioni) in due comunità situate nella “Zona 918 per esercitazioni a fuoco” dell’area di Massafer Yatta, nella Cisgiordania meridionale.

In seguito al rinvio della demolizione della Comunità beduina di Khan al Ahmar-Abu al-Helu, le autorità israeliane hanno smantellato le strutture che avevano installato nel sito di trasferimento prefissato (Al Jabal Ovest); nonostante questi sviluppi, permangono preoccupazioni per la possibile demolizione e il trasferimento forzato della Comunità.

Coloni israeliani hanno ferito, in due episodi separati, cinque palestinesi, tra cui tre minori. Il 4 novembre, un bambino di quattro anni è stato ferito alla testa, quando coloni israeliani hanno lanciato pietre contro un veicolo palestinese che viaggiava sulla strada 60, vicino all’avamposto [=colonia israeliana non autorizzata da Israele] di Havat Gilad (Nablus). Gli altri quattro palestinesi sono stati fisicamente aggrediti e feriti il 2 novembre, in scontri con un gruppo di decine di coloni israeliani che marciavano nella città vecchia di Hebron; le forze israeliane sono intervenute e hanno sparato lacrimogeni, ferendo un palestinese (incluso nel totale sopra). Inoltre, durante il periodo di riferimento, nella città vecchia di Hebron, è stato vandalizzato da coloni un negozio palestinese. Inoltre, in una serie di altri attacchi, coloni israeliani hanno aggredito o intimidito palestinesi: agricoltori intenti alla raccolta delle olive nel villaggio di Jit (Qalqiliya) e nell’area di Tel Rumeida (Hebron); lavoratori durante il ripristino di una strada agricola nel villaggio di Qaryut (Nablus); attivisti internazionali e palestinesi nella città vecchia di Hebron.

550 alberi di proprietà palestinese sono stati sradicati dalle autorità israeliane, con la motivazione che erano stati piantati in “terra di stato” [definita tale da Israele]; 8.000 mq di terra sono stati sequestrati per la costruzione di una strada destinata ad un insediamento colonico. L’episodio dello sradicamento, che ha interessato 200 ulivi e 350 mandorli, si è svolto il 29 ottobre in Area C, nel villaggio di Beit Ula (Hebron). Il sequestro di terra è stato compiuto per far posto a una nuova strada di accesso all’insediamento israeliano di Qedumim (Qalqiliya); i lavori di costruzione hanno causato danni a 35 ulivi.

In Cisgiordania, vicino a Hebron, Ramallah e Gerusalemme, in tre occasioni, palestinesi hanno lanciato pietre contro veicoli israeliani; secondo fonti israeliane, hanno causato danni ad almeno un veicolo privato. Non sono stati segnalati feriti. A Nablus, le forze israeliane hanno chiuso l’ingresso principale della scuola Al Lubban ash Sharqiya / As Sawiya, secondo quanto riferito, in risposta al ripetuto lancio di pietre da parte di studenti contro veicoli israeliani. Per lo stesso motivo, durante il periodo di riferimento del precedente Rapporto, la scuola era già stata chiusa per un giorno su ordine militare.

Il valico di Rafah, tra Gaza e l’Egitto, sotto controllo egiziano, è stato aperto in entrambe le direzioni per tutto il periodo di riferimento, ad eccezione di quattro giorni. Un totale di 1.454 persone sono entrate a Gaza, 2.644 ne sono uscite. Dal 12 maggio 2018, il valico è stata quasi continuativamente aperto cinque giorni a settimana.

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Ultimi sviluppi (fuori dal periodo di riferimento)

Il 7 novembre un pescatore palestinese, mentre navigava ad ovest di Rafah, è stato ucciso con armi da fuoco dalle forze navali egiziane.

nota 1:

I Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati ogni due settimane in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informa-zioni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati.

sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina: https://www.ochaopt.org/reports/protection-of-civilians

L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano (vedi di seguito) l’edizione inglese dei Rapporti.

la versione in italiano è scaricabile dal sito Web della Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, alla pagina:

https://sites.google.com/site/assopacerivoli/materiali/rapporti-onu/rapporti-settimanali-integrali

nota 2: Nella versione italiana non sono riprodotti i dati statistici ed i grafici. Le scritte [in corsivo tra parentesi quadre]

sono talvolta aggiunte dai traduttori per meglio esplicitare situazioni e contesti che gli estensori dei Rapporti

a volte sottintendono, considerandoli già noti ai lettori abituali.

nota 3: In caso di discrepanze (tra il testo dei Report e la traduzione italiana), fa testo il Report originale in lingua inglese.

Associazione per la pace – Via S. Allende, 5 – 10098 Rivoli TO; e-mail: assopacerivoli@yahoo.it




Rapporto OCHA del periodo 9- 22 ottobre 2018

Nella Striscia di Gaza, venerdì 12 ottobre, durante le manifestazioni della “Grande Marcia del Ritorno” e gli scontri presso la recinzione israeliana attorno a Gaza, sette palestinesi, tra cui un giovane di 17 anni, sono stati uccisi dalle forze israeliane.

Secondo fonti israeliane, durante le dimostrazioni c’è stato un significativo incremento sia nel lancio di bottiglie incendiarie, granate rudimentali e palloncini incendiari contro le forze israeliane, sia nel danneggiamento della recinzione. Quattro delle vittime sono state colpite mortalmente dopo aver aperto una breccia nella recinzione ed essersi avvicinate ad una postazione militare israeliana. Durante le manifestazioni tenutesi il venerdì successivo, 19 ottobre, l’ampiezza degli scontri è diminuita, concludendosi senza morti. Secondo il Ministero della Sanità palestinese, in entrambi i venerdì, sono rimaste ferite complessivamente 831 persone; 590 hanno dovuto essere assistite in ospedale, tra queste 271 erano state colpite con armi da fuoco.

Nel contesto di altre iniziative riconducibili alla “Grande Marcia del Ritorno”, un palestinese è stato ucciso e 181 sono rimasti feriti in scontri con forze israeliane. Il 15 ottobre, durante un raduno in mare per protestare contro il blocco navale, un palestinese è stato ferito con arma da fuoco: è morto il giorno seguente per le ferite riportate. Sono continuati i raduni notturni [di palestinesi] con uso di fuochi d’artificio, bombe assordanti e combustione di pneumatici.

Nella Striscia di Gaza, in conseguenza degli avvenimenti del 12 ottobre (di cui sopra), le autorità israeliane hanno vietato l’ingresso di carburante e gas da cucina. Il divieto è stato esteso anche al combustibile distribuito dall’ONU per i generatori elettrici di emergenza e per i veicoli necessari al funzionamento di servizi sanitari, acqua potabile e trattamento reflui. La restrizione è stata revocata il 21 ottobre.

Il 17 ottobre un razzo lanciato dalla Striscia di Gaza ha colpito una casa nella città israeliana di Beer Sheva. Successivamente, l’esercito israeliano ha effettuato diversi attacchi aerei su Gaza; ha chiuso quasi completamente i valichi controllati da Israele (Erez e Kerem Shalom) ed ha ridotto, da sei a tre miglia nautiche, la zona di pesca consentita [ai palestinesi]. La casa israeliana colpita è stata gravemente danneggiata, ma non sono stati segnalati feriti; nessun gruppo armato ne ha rivendicato la responsabilità. Nel corso dei raid aerei israeliani su Gaza, un componente di un gruppo armato è stato ucciso e altri tre sono rimasti feriti. La restrizione alla zona di pesca è stata revocata il 23 ottobre e i valichi di Erez e Kerem Shalom sono stati riaperti il 21 ottobre.

A Gaza, nelle Aree ad Accesso Riservato di terra e di mare, in almeno dieci occasioni al di fuori degli eventi della “Grande Marcia del Ritorno”, le forze israeliane hanno aperto il fuoco di avvertimento causando un ferito. In un caso quattro pescatori sono stati arrestati. In tre occasioni, nelle vicinanze della recinzione perimetrale, ad est della città di Gaza e in aree settentrionali, le forze israeliane sono entrate nella Striscia ed hanno effettuato operazioni di livellamento del terreno e di scavo.

In Cisgiordania, due sospetti attentatori palestinesi sono stati uccisi e due soldati israeliani sono rimasti feriti durante tre attacchi con il coltello diretti contro soldati israeliani. I morti sono un 22enne, ucciso il 15 ottobre vicino all’insediamento colonico di Barqan, in Salfit, ed un 42enne, padre di sette figli, ucciso, il 22 ottobre dopo aver ferito un soldato israeliano ad un posto di blocco nella Città Vecchia di Hebron. Fonti palestinesi hanno segnalato che, nel secondo caso, ai paramedici è stato impedito di avvicinarsi all’uomo ferito e sanguinante a terra; il suo corpo è stato trattenuto dalle autorità israeliane. L’11 ottobre, vicino al posto di blocco di Huwwara (Nablus), un palestinese ha ferito con coltello un soldato israeliano; l’aggressore è stato arrestato.

Sempre in Cisgiordania, in numerosi scontri, sono stati feriti dalle forze israeliane 162 palestinesi, tra cui sei minori. Quasi la metà delle lesioni (causate in grande maggioranza da inalazione di gas lacrimogeno) si sono avute in scontri verificatisi nel villaggio di Al Lubban Asharqiya (Nablus) in seguito alla chiusura della scuola secondaria del villaggio da parte dell’esercito israeliano; chiusura avvenuta il 15 ottobre, a quanto riferito in seguito al ripetuto lancio di pietre da parte di studenti contro veicoli israeliani. La scuola è stata riaperta il giorno seguente. Altri 24 palestinesi sono rimasti feriti negli scontri scoppiati a Khan al Ahmar-Abu al-Helu (Gerusalemme), una Comunità a rischio di demolizione e trasferimento forzato. Altri 20 feriti si sono avuti nei villaggi di Kafr Qaddum (Qalqiliya) e Bil’in (Ramallah), nel corso di dimostrazioni settimanali contro le restrizioni all’accesso e l’espansione degli insediamenti colonici. Nel complesso, le forze israeliane hanno condotto 206 operazioni di ricerca-arresto; la maggior parte nei governatorati di Gerusalemme e Tulkarm, circa 60 di tali operazioni hanno provocato scontri con i residenti.

In Area C e a Gerusalemme Est, per mancanza di permessi di costruzione rilasciati da Israele, sono state demolite o sequestrate 38 strutture di proprietà palestinese, sfollando 35 palestinesi e colpendo i mezzi di sostentamento di altri 120. Si tratta di due abitazioni a Gerusalemme Est e 36 strutture (tra cui 14 case) in zona C, presso nove Comunità beduine e pastorali. In tre di queste Comunità, sei tra le strutture prese di mira erano state precedentemente fornite come aiuti umanitari.

Il 13 ottobre, una donna palestinese, madre di sette figli, è morta dopo essere stata colpita alla testa da una pietra, a quanto riferito lanciata da coloni israeliani contro il suo veicolo. L’episodio si è verificato vicino al checkpoint di Za’atra / Tappuah (Salfit). Il marito della donna e uno dei figli sono rimasti leggermente feriti. Sul caso la polizia israeliana ha avviato un’indagine.

Nel contesto della stagione della raccolta delle olive, è proseguita la violenza ed il vandalismo di coloni israeliani, insieme ad altri attacchi e incursioni [dei medesimi]. Gli episodi correlati alla raccolta delle olive comprendono l’aggressione fisica ed il ferimento di due contadini palestinesi a Deir al-Hatab (Nablus), danni a circa 700 ulivi e cinque casi di furto di raccolto verificatisi nei villaggi di Al Mughayyer (Ramallah), Burqa e Tell ( Nablus), Al Khader (Betlemme) e Far’ata (Qalqiliya). Finora, quest’anno, oltre 7.000 alberi sono stati danneggiati da coloni israeliani. In altri tre episodi, coloni hanno aggredito e ferito tre palestinesi nella Città Vecchia di Hebron e uno studente presso una scuola del villaggio di ‘Urif (Nablus). Nei villaggi di Al Mazra’a al Qibliye (Ramallah), Marda (Salfit) e Qaryut (Nablus), coloni hanno bucato le gomme di 40 veicoli ed hanno spruzzato scritte offensive su alcuni veicoli e, nel villaggio di Qaryut, sui muri di una moschea. Ancora in Al Mazra’a al Qibliye, palestinesi si sono scontrati con soldati israeliani che erano intervenuti dopo un tentativo, da parte di coloni israeliani, di entrare in un parco di nuova costruzione vicino al villaggio; cinque palestinesi sono rimasti feriti (inclusi nel totale sopraccitato).

Secondo fonti israeliane, in Cisgiordania, nelle vicinanze di Hebron, Betlemme, Ramallah e Gerusalemme, in almeno 17 occasioni, palestinesi hanno lanciato pietre o bottiglie incendiarie contro veicoli israeliani, causando danni a tre veicoli privati. Non sono stati segnalati feriti.

Per tutto il periodo di riferimento, il valico di Rafah, tra Gaza e l’Egitto, sotto controllo egiziano, è stato aperto in entrambe le direzioni, ad eccezione di quattro giorni. Un totale di 1.524 persone sono entrate a Gaza e 3.064 ne sono uscite. Dal 12 maggio 2018, il valico è rimasto aperto quasi continuativamente per cinque giorni a settimana.

Ultimi sviluppi (fuori dal periodo di riferimento)

Il 24 ottobre, nel villaggio di Tammun (Tubas), durante un’operazione di ricerca-arresto, forze israeliane hanno sparato, uccidendo un palestinese di 22 anni. Il giorno prima, nei pressi della Comunità pastorale di Ibziq, forze israeliane avevano confiscato due strutture di una scuola.

nota 1:

I Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati ogni due settimane in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informa-zioni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati.

sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina: https://www.ochaopt.org/reports/protection-of-civilians

L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano (vedi di seguito) l’edizione inglese dei Rapporti.

la versione in italiano è scaricabile dal sito Web della Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, alla pagina:

https://sites.google.com/site/assopacerivoli/materiali/rapporti-onu/rapporti-settimanali-integrali

nota 2: Nella versione italiana non sono riprodotti i dati statistici ed i grafici. Le scritte [in corsivo tra parentesi quadre]

sono talvolta aggiunte dai traduttori per meglio esplicitare situazioni e contesti che gli estensori dei Rapporti

a volte sottintendono, considerandoli già noti ai lettori abituali.

nota 3: In caso di discrepanze (tra il testo dei Report e la traduzione italiana), fa testo il Report originale in lingua inglese.

Associazione per la pace – Via S. Allende, 5 – 10098 Rivoli TO; e-mail: assopacerivoli@yahoo.it




Rapporto OCHA del periodo 25 settembre- 8 ottobre 2018 (due settimane)

Durante le manifestazioni e gli scontri del venerdì che hanno avuto luogo vicino alla recinzione israeliana [che circonda Gaza] nel contesto della “Grande Marcia di Ritorno”, dieci palestinesi, tra cui tre minori, sono stati uccisi dalle forze israeliane e altri 882 sono stati feriti.

Venerdì 28 settembre ha registrato, dal 14 maggio 2018, il più alto numero di morti in un solo giorno (sette). Tali fatti hanno indotto Jamie McGoldrick, Coordinatore Umanitario per i Territori palestinesi occupati (oPt), ad intervenire sollecitando “Israele, Hamas e tutti gli altri attori capaci di incidere sulla situazione ad agire ora per prevenire ulteriori deterioramenti e perdite di vite umane”. Due dei minori uccisi, di 11 e 15 anni, sono stati colpiti alla testa e al petto con armi da fuoco; sale così a 39 il numero di minori uccisi a Gaza dal 30 marzo, data di inizio delle proteste. Tra le persone ferite il 28 settembre e il 5 ottobre, 402 sono state ricoverate: tra essi 216 (53%) sono state colpite con armi da fuoco, mentre, secondo il Ministero della Sanità di Gaza, i rimanenti [480] sono stati curati sul campo. Secondo fonti israeliane, durante le proteste sono stati lanciati numerosi ordigni esplosivi contro le forze israeliane, nessuno dei quali ha provocato feriti tra gli israeliani.

In aggiunta a quanto sopra, durante il periodo di riferimento, in altre azioni che si svolgono quasi quotidianamente nel contesto della “Grande Marcia di Ritorno”, un minore palestinese è stato ucciso e 189 sono rimasti feriti in scontri con le forze israeliane. Queste azioni contemplano l’uso di fuochi d’artificio, di altoparlanti, di bombe sonore e l’incendio di pneumatici durante i raduni notturni presso la recinzione; proteste vicino al valico di Erez; tentativi di rompere il blocco navale e, nel nord della Striscia, manifestazioni sulla spiaggia vicino al confine con Israele. Fonti israeliane hanno anche riportato un significativo aumento del lancio di aquiloni e palloncini incendiari verso Israele, che avrebbero provocato decine di incendi con limitati danni materiali e nessuna vittima israeliana. Le forze israeliane hanno condotto diversi attacchi aerei, alcuni dei quali avevano come obiettivo persone che, vicino alla recinzione perimetrale, lanciavano ordigni esplosivi o incendiari.

Il 2 ottobre, a Gaza, nel Campo Profughi di Al Maghazi, un palestinese di 74 anni è stato colpito e ferito dalle forze israeliane; poco dopo è morto. Le circostanze dell’episodio non sono chiare: secondo Organizzazioni palestinesi per i Diritti Umani, l’uomo è stato colpito mentre era in piedi vicino a casa sua, a circa 2.000 metri dalla recinzione perimetrale, in un momento in cui non erano in corso manifestazioni o scontri.

Il 7 ottobre le autorità israeliane hanno ridotto da 9 a 6 miglia nautiche [1 miglio nautico internazionale = 1.852 metri], la zona di pesca consentita lungo la costa meridionale di Gaza. Secondo fonti israeliane, le restrizioni sono state imposte in risposta a quanto avviene lungo la recinzione perimetrale. La misura ha un impatto diretto su circa 50.000 palestinesi che dalla pesca ricavano i loro mezzi di sostentamento.

Nelle Aree ad Accesso Riservato (ARA) sia di terra che di mare al largo della costa di Gaza, in almeno altre otto occasioni al di fuori del contesto della “Grande Marcia di Ritorno”, le forze israeliane hanno aperto il fuoco, ferendo un pescatore e arrestandone altri due. In sette occasioni, le forze israeliane sono entrate nella Striscia di Gaza e hanno effettuato operazioni di spianatura del terreno e di scavo in prossimità della recinzione perimetrale.

Il 7 ottobre nella zona industriale dell’insediamento di Barkan (Salfit) nella Cisgiordania settentrionale, in una aggressione con arma da fuoco, un palestinese ha ucciso un uomo e una donna israeliani e ferito un’altra donna israeliana. L’uomo – che, a quanto riferito, proveniva dalla città di Tulkarm e lavorava nell’insediamento – è riuscito a fuggire incolume dal luogo dell’aggressione. Dall’inizio del 2018, in Cisgiordania, nove israeliani sono stati uccisi da palestinesi. In seguito all’aggressione, le forze israeliane hanno perquisito la casa di famiglia dell’attentatore ed eseguito rilevamenti, secondo quanto riferito, in previsione della sua demolizione punitiva; la madre e due sorelle dell’aggressore sono state arrestate. Le forze israeliane sono state dispiegate presso tutti gli ingressi della città di Tulkarm, interrompendo l’accesso e l’uscita dalla città.

Sempre in Cisgiordania, in numerosi scontri, 122 palestinesi, tra cui 36 minori, sono stati feriti dalle forze israeliane. Trentasei dei ferimenti si sono verificati durante le numerose manifestazioni tenutesi il 1° ottobre in tutta la Cisgiordania nel contesto di uno sciopero di un giorno in segno di protesta contro l’approvazione, da parte del Parlamento israeliano, lo scorso luglio, della “Legge fondamentale” che elegge Israele quale “Nazione-Stato del Popolo Ebraico”. Lo sciopero intendeva anche manifestare la solidarietà con la Comunità palestinese beduina di Khan al Ahmar, che è a rischio imminente di demolizione di massa. Altre undici persone sono rimaste ferite durante le seguenti manifestazioni settimanali: a Ras Karkar (Ramallah), contro la costruzione, su terra privata palestinese, di una nuova strada per i coloni; in Kafr Qaddum (Qalqiliya) contro l’espansione degli insediamenti e le restrizioni all’accesso; in Bil’in e Ni’lin (entrambi a Ramallah) contro la Barriera e l’espansione degli insediamenti. Altri 26 feriti si sono avuti in scontri scoppiati in sei operazioni di ricerca-arresto. Nel complesso, le forze israeliane hanno condotto 131 di queste operazioni, arrestando oltre 132 palestinesi, tra cui 16 minori. Altri 15 palestinesi sono rimasti feriti negli scontri con forze israeliane, seguiti all’ingresso di israeliani in un sito religioso nella città di Nablus.

In Area C e Gerusalemme Est, a causa della mancanza di permessi di costruzione rilasciati da Israele, le autorità israeliane hanno demolito o ordinato di autodemolire quattro strutture di proprietà palestinese colpendo i mezzi di sostentamento di 26 persone. Due delle strutture, inclusa una fornita da associazioni umanitarie in risposta a una precedente demolizione, erano situate nell’area di Massafer Yatta del Governatorato di Hebron, in un’area designata [da Israele] come “zona per esercitazioni militari a fuoco”; in quest’area 1.300 residenti rischiano il trasferimento forzato. Un’altra struttura era in un’area della città di Hizma, situata all’interno del confine municipale di Gerusalemme, ma separata dalla Barriera dal resto della città. Inoltre, nel quartiere di Beit Hanina a Gerusalemme Est, una famiglia palestinese è stata costretta ad autodistruggere un ampliamento della loro casa, colpendo il sostentamento di otto persone.

L’8 ottobre, a Khan al Ahmar – Abu al Helu, le autorità israeliane hanno rinnovato gli ordini di requisizione dei terreni che saranno utilizzati dalle forze israeliane durante la demolizione della Comunità. Lo stesso giorno, le autorità israeliane hanno completato il drenaggio di una pericolosa pozza di liquami che, dalla fine di settembre, si era accumulata nell’area della Comunità: era stata originata dalla fuoriuscita di liquami da una condotta fognaria dell’insediamento colonico di Kfar Adumim. Il 5 settembre l’Alta Corte di Giustizia Israeliana ha respinto tutte le petizioni relative alla sua sentenza del 24 maggio e, il 23 settembre, le autorità israeliane hanno consegnato alla Comunità una lettera in cui informavano i residenti che dovranno demolire tutti gli edifici entro il 1 ottobre; in caso contrario saranno le autorità ad effettuare le demolizioni, in linea con la decisione del tribunale. Nella lettera, Israele ha anche promesso di fornire assistenza, compreso il trasporto nel sito di trasferimento, a coloro che avranno rispettato l’ordine.

La stagione della raccolta delle olive, ufficialmente iniziata all’inizio di ottobre, in varie aree è stata resa problematica dalla violenza dei coloni; in particolare vi è stata l’aggressione fisica e il ferimento di due contadini, danni a 190 alberi, il furto di raccolti. Cinque casi sono stati registrati a Turmus’ayya (Ramallah), Burin, Haris e Al Lubban ash Sharqiya (tutti a Nablus); tutte aree vicine agli insediamenti colonici, per le quali l’accesso palestinese è soggetto all’approvazione dell’esercito israeliano. In un altro episodio, coloni israeliani hanno aggredito e ferito un palestinese nella città vecchia di Gerusalemme. Durante il periodo di riferimento, almeno due episodi di lancio di pietre da parte di coloni israeliani hanno causato danni a veicoli di proprietà palestinese. La violenza dei coloni è in aumento dall’inizio del 2018, con una media settimanale di cinque attacchi recanti lesioni fisiche o danni alle proprietà, rispetto a una media di tre nel 2017 e due nel 2016.

Secondo i media israeliani, a Ramallah, Betlemme, Hebron, Gerusalemme e Salfit, quattordici veicoli israeliani sono stati danneggiati dal lancio di pietre da parte di palestinesi.

Il valico di Rafah tra Gaza e l’Egitto, sotto controllo egiziano, ha aperto in entrambe le direzioni per nove giorni, e in una direzione (verso Gaza) per due giorni. Un totale di 1.178 persone sono state autorizzate ad entrare in Gaza ed altre 3.166 persone ne sono uscite.

nota 1:

I Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati ogni due settimane in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informa-zioni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati.

sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina: https://www.ochaopt.org/reports/protection-of-civilians

L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano (vedi di seguito) l’edizione inglese dei Rapporti.

la versione in italiano è scaricabile dal sito Web della Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, alla pagina:

https://sites.google.com/site/assopacerivoli/materiali/rapporti-onu/rapporti-settimanali-integrali

nota 2: Nella versione italiana non sono riprodotti i dati statistici ed i grafici. Le scritte [in corsivo tra parentesi quadre]

sono talvolta aggiunte dai traduttori per meglio esplicitare situazioni e contesti che gli estensori dei Rapporti

a volte sottintendono, considerandoli già noti ai lettori abituali.

nota 3: In caso di discrepanze (tra il testo dei Report e la traduzione italiana), fa testo il Report originale in lingua inglese.

Associazione per la pace – Via S. Allende, 5 – 10098 Rivoli TO; e-mail: assopacerivoli@yahoo.it




Rapporto OCHA del periodo 11- 24 settembre (due settimane)

Nella Striscia di Gaza, durante gli eventi legati alla “Grande Marcia del Ritorno”, nove palestinesi, tra cui tre minori, sono stati uccisi dalle forze israeliane e altri 829 sono rimasti feriti.

Quattro delle vittime, tre uomini e un ragazzo, sono stati uccisi durante le manifestazioni che si sono svolte venerdì 14 e venerdì 21 settembre, vicino alla recinzione; manifestazioni che hanno visto un aumento significativo del numero complessivo di partecipanti. Le altre vittime palestinesi sono state registrate durante eventi aggiuntivi che hanno iniziato a tenersi con regolarità: manifestazioni notturne vicino alla recinzione (un uomo e un ragazzo uccisi); tentativi di rompere il blocco navale [israeliano] (un uomo ucciso); dimostrazioni vicino al valico pedonale di Erez con Israele (un uomo ucciso). Un altro ragazzo di 16 anni è morto per le ferite riportate durante una precedente manifestazione svolta all’inizio di agosto (non incluso nel totale). Secondo il Ministero della Salute di Gaza, delle 829 persone ferite durante il periodo di riferimento, 629 sono state ricoverate in ospedale; fra queste, 261 (41%) sono state colpite da armi da fuoco, mentre le rimanenti sono state curate sul campo. Tra i feriti, 97 erano minori, 59 dei quali colpiti da armi da fuoco, e 6 donne, di cui tre colpite da armi da fuoco.

Sempre durante le manifestazioni del 14 settembre, un soldato israeliano è rimasto ferito e una scuola dell’UNRWA è stata danneggiata. Secondo fonti israeliane, i palestinesi hanno lanciato una serie di bottiglie incendiarie e due granate contro le forze israeliane dispiegate lungo la recinzione, ferendo un soldato. In una zona ad est di Khan Younis, forze israeliane hanno sparato con cannone da carro: il proiettile ha colpito il muro di una scuola dell’UNRWA, danneggiando due aule; non sono stati segnalati feriti, ma le lezioni sono state sospese per un giorno.

Altri due palestinesi, tra cui un ragazzo di 16 anni, sono stati uccisi da un attacco aereo israeliano contro un gruppo di palestinesi che, di notte, si erano avvicinati alla recinzione di sicurezza. L’episodio è avvenuto il 17 settembre, a nord-est di Khan Younis.

Nelle Aree ad Accesso Riservato di terra e di mare al largo della costa di Gaza, le forze israeliane hanno aperto il fuoco in almeno 33 casi non collegati alle dimostrazioni. Non sono state segnalate vittime, ma il lavoro di agricoltori e pescatori è stato interrotto. In due casi distinti sono stati arrestati tre pescatori e un ragazzo che, secondo quanto riferito, stava tentando di infiltrarsi in Israele. Inoltre, in quattro occasioni, le forze israeliane sono entrate nella Striscia di Gaza e hanno effettuato operazioni di spianatura del terreno e di scavo vicino alla recinzione perimetrale.

In Cisgiordania, nel corso di due aggressioni con coltello di cui si è avuta notizia, sono rimasti uccisi un presunto aggressore palestinese e un colono israeliano. Il 16 settembre, presso il raccordo stradale di Gush Etzion (Hebron), un ragazzo palestinese di 17 anni ha accoltellato e ucciso un colono israeliano; successivamente il giovane è stato colpito con arma da fuoco e poi arrestato dalle forze israeliane. Nel secondo caso, il 18 settembre, a Gerusalemme Est, un palestinese di 26 anni è stato colpito a morte dalle forze israeliane dopo aver tentato, a quanto riferito, di pugnalare un israeliano con cui aveva avuto un alterco; in questa circostanza non sono stati segnalati israeliani feriti. Il corpo del presunto aggressore è stato trattenuto dalle autorità israeliane, insieme ai corpi di almeno altri 16 uccisi nei mesi precedenti, in circostanze simili. Dall’inizio del 2018, durante attacchi e presunti attacchi palestinesi, sono stati uccisi sette israeliani e sette aggressori e presunti aggressori palestinesi.

Sempre in Cisgiordania, in diversi episodi, sono stati feriti dalle forze israeliane 103 palestinesi, tra cui 56 minori. Quattordici dei ferimenti, tra cui quello di due minori, sono avvenuti a Ras Karkar (Ramallah) durante le manifestazioni contro la costruzione su proprietà privata palestinese di una nuova strada destinata ai coloni; durante le dimostrazioni settimanali contro l’espansione degli insediamenti e le restrizioni all’accesso a Kafr Qaddum (Qalqiliya), e contro la Barriera e l’espansione degli insediamenti a Bil’in (Ramallah). Nell’area controllata da Israele della città di Hebron, per la seconda settimana consecutiva, le forze israeliane hanno lanciato lacrimogeni nel cortile di una scuola, creando lesioni a 49 minori ed un insegnante. Secondo fonti israeliane, questo fatto è stato conseguente al lancio di pietre, provenienti dal complesso scolastico, contro le forze israeliane. In seguito all’ingresso di israeliani in siti religiosi della Cisgiordania, altri 19 palestinesi sono rimasti feriti in tre scontri con le forze israeliane.

Il 18 settembre, un palestinese di 24 anni è morto in custodia israeliana dopo essere stato presumibilmente picchiato durante l’arresto avvenuto nello stesso giorno in casa sua, nel villaggio di Beit Rima (Ramallah). Non sono ancora stati resi noti i risultati dell’autopsia effettuata dalle autorità israeliane. Nel complesso, in Cisgiordania, le forze israeliane hanno condotto 132 operazioni di ricerca, sei delle quali hanno provocato scontri e 15 dei 103 feriti indicati nel paragrafo precedente. Sono stati arrestati un totale di 128 palestinesi, tra cui 15 minori. Il governatorato di Hebron ha registrato il maggior numero di operazioni.

In Area C e Gerusalemme Est, a causa della mancanza di permessi di costruzione rilasciati da Israele, le autorità israeliane hanno demolito, o costretto i proprietari a demolire, dieci strutture. Cinque delle strutture prese di mira erano state costruite da attivisti in solidarietà con la comunità beduina di Khan al Ahmar-Abu al-Helu, a rischio di demolizioni di massa e trasferimento forzato (vedi sotto); quattro strutture, non residenziali, si trovavano nel villaggio di Rantis (Ramallah). A Gerusalemme Est, una famiglia palestinese è stata costretta ad autodemolire un ampliamento della propria casa, provocando lo sfollamento di quattro minori. Con le stesse motivazioni, sono stati emessi ordini di demolizione e di blocco-lavori per almeno altre otto strutture situate in tre comunità dell’Area C.

Il 23 settembre, le autorità israeliane hanno avvertito ufficialmente i residenti della comunità di Khan al Ahmar-Abu al-Helu (35 famiglie: 188 persone, metà minori) che dovranno autodemolire le loro case e altre strutture entro il 1° ottobre; in caso contrario lo faranno le autorità. L’avvertimento segue una sentenza definitiva dell’Alta Corte di Giustizia israeliana, del 5 settembre, che consente [alle autorità israeliane] di procedere alle demolizioni. La comunicazione informa inoltre i residenti che le autorità forniranno assistenza (compreso il trasporto verso un sito di trasferimento) a coloro che rispetteranno l’ordinanza. Nel frattempo, il 14 settembre, le autorità hanno bloccato la principale strada sterrata che porta alla Comunità, innescando scontri con attivisti, mentre il 21 settembre, hanno impedito che una clinica sanitaria mobile potesse accedere alla Comunità.

Nove attacchi da parte di coloni e di altri israeliani hanno provocato il ferimento di tre palestinesi e danni a proprietà palestinesi. Nella zona H2 della città di Hebron, coloni israeliani hanno aggredito con spray al peperoncino un ragazzo palestinese di 11 anni che giocava vicino alla propria casa. Nei pressi del villaggio di Jamma’in (Salfit), altri due palestinesi sono stati colpiti con pietre e feriti da coloni israeliani. Circa 200 ulivi, a quanto riferito, sono stati vandalizzati da coloni israeliani in tre diversi episodi accaduti in At Tuwani (Hebron) e Al Mania (Betlemme). In altri quattro separati episodi, a Khallet Sakariya (Betlemme) e Jalud (Nablus), coloni israeliani hanno vandalizzato veicoli palestinesi, tra cui imbrattamenti con scritte tipo: “questo è il prezzo [che dovete pagare]” e la foratura dei pneumatici di cinque veicoli. La violenza dei coloni è in aumento dall’inizio del 2018, con una media settimanale di cinque attacchi risultanti in ferimenti o danni a proprietà, rispetto ad una media di tre nel 2017 e di due nel 2016.

In Cisgiordania, vicino a Gerusalemme, Betlemme e Ramallah, secondo fonti israeliane, in almeno quattro occasioni, palestinesi hanno lanciato pietre contro veicoli israeliani causando danni ad almeno quattro veicoli privati; a Gerusalemme, in uno di questi episodi, un colono israeliano è rimasto ferito.

In occasione delle festività ebraiche, tra il 24 settembre e il 2 ottobre, le autorità israeliane hanno annunciato l’interdizione del transito di persone attraverso il valico di Erez (tra Israele e la Striscia di Gaza). Il provvedimento avrà effetto per tutti i palestinesi possessori di permessi, con esclusione dei casi di emergenza.

Il valico di Rafah tra Gaza e l’Egitto, sotto controllo egiziano, ha aperto in entrambe le direzioni per nove giorni, e in una direzione (verso Gaza) solo per un giorno. Un totale di 1.946 persone sono state autorizzate a entrare a Gaza e altre 2.966 persone sono uscite.

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nota 1:

I Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati ogni due settimane in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informa-zioni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati.

sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina: https://www.ochaopt.org/reports/protection-of-civilians

L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano (vedi di seguito) l’edizione inglese dei Rapporti.

la versione in italiano è scaricabile dal sito Web della Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, alla pagina:

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nota 2: Nella versione italiana non sono riprodotti i dati statistici ed i grafici. Le scritte [in corsivo tra parentesi quadre]

sono talvolta aggiunte dai traduttori per meglio esplicitare situazioni e contesti che gli estensori dei Rapporti

a volte sottintendono, considerandoli già noti ai lettori abituali.

nota 3: In caso di discrepanze (tra il testo dei Report e la traduzione italiana), fa testo il Report originale in lingua inglese.

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Rapporto OCHA del periodo 28 agosto – 10 settembre 2018( due settimane)

Lungo la recinzione israeliana che circonda Gaza, le manifestazioni e gli scontri del venerdì sono continuati, provocando, ad opera delle forze israeliane, la morte di tre palestinesi, tra cui due minori, e il ferimento di altri 666.

Durante le manifestazioni che si sono svolte il 7 settembre, ad est di Rafah, in due occasioni, le forze israeliane hanno colpito con armi da fuoco due ragazzi di 16 anni che si trovavano in prossimità della recinzione, uccidendo uno di loro e ferendo gravemente l’altro; per le ferite riportate, anche quest’ultimo è deceduto il giorno successivo. Dalle prime indagini e riprese video pare che nessuno dei ragazzi fosse armato o minacciasse la vita delle forze israeliane. Dal 30 marzo 2018, sono stati uccisi dalle forze israeliane 31 minori, in prevalenza nel corso di manifestazioni. Tra le persone ferite durante il periodo di riferimento, 260 sono state ricoverate in ospedale, 172 di esse erano state colpite con armi da fuoco; le rimanenti persone ferite sono state assistite sul campo. Non sono state segnalate vittime israeliane.

Altri 50 palestinesi sono stati feriti dalle forze israeliane durante due tentativi attuati da decine di imbarcazioni salpate da Gaza con l’intento di forzare il blocco navale israeliano. Le partenze, che si sono svolte il 2 e il 10 settembre, facevano parte delle dimostrazioni della Grande Marcia del Ritorno. Le barche sono state fermate dalla marina israeliana che ha aperto il fuoco verso di esse ed ha lanciato lacrimogeni.

Sempre il 7 settembre, alle stessa ora delle dimostrazioni del venerdì, a nord di Gaza, l’aviazione israeliana ha sparato contro un gruppo di palestinesi e contro una postazione di osservazione militare, senza provocare vittime. Il primo attacco era diretto contro persone che cercavano di lanciare palloncini incendiari verso Israele; il secondo, secondo fonti israeliane, era in risposta all’incendio di una torretta militare israeliana mediante un aquilone incendiario.

Per costringere [i palestinesi] al rispetto delle restrizioni di accesso alle Aree Riservate, sia di terra [la fascia interna alla recinzione] che di mare [lungo la costa di Gaza] imposte da Israele, sono stati registrati almeno 15 episodi in cui le forze israeliane hanno aperto il fuoco, costringendo agricoltori e pescatori a lasciare le aree. Inoltre, secondo fonti palestinesi, cinque pescatori sono stati costretti a togliersi i vestiti e a nuotare verso le imbarcazioni militari israeliane, dove sono stati arrestati, mentre la loro imbarcazione veniva sequestrata. Inoltre, in un caso, le forze israeliane sono entrate nella Striscia di Gaza ed hanno effettuato operazioni di spianatura del terreno e di scavo vicino al recinto perimetrale, a est della città di Gaza. In tre diversi episodi, le forze israeliane hanno arrestato nove persone, tra cui due minori, che erano vicine alla recinzione perimetrale; quattro di loro sono poi state rilasciate.

Il 3 settembre, nell’area H2 di Hebron, controllata dagli israeliani, le forze israeliane hanno sparato e ucciso un palestinese di 36 anni: a quanto riferito, avrebbe tentato di pugnalare un soldato israeliano; non sono stati segnalati israeliani feriti. L’episodio è avvenuto all’ingresso del complesso colonico di Giv’at Ha’Avot. Il corpo del presunto aggressore è stato trattenuto dalle Autorità israeliane, insieme ai corpi di almeno altri quindici palestinesi uccisi in circostanze simili nei mesi precedenti.

In Cisgiordania, in diversi episodi, 130 palestinesi (tra cui 37 minori) sono stati feriti dalle forze israeliane. Dei 130 ferimenti, 32 (di cui 8 di minori) sono avvenuti durante scontri con forze israeliane conseguenti all’ingresso di israeliani in luoghi religiosi che si trovano all’interno di città palestinesi. Altri 27 feriti sono stati registrati durante due manifestazioni nel governatorato di Ramallah: a Bil’in, durante la consueta protesta settimanale contro la Barriera e l’espansione degli insediamenti; a Ras Karkar, contro la costruzione, su proprietà privata palestinese, di una nuova strada destinata ai coloni. Inoltre, nella zona H2 della città di Hebron, le forze israeliane hanno aggredito fisicamente e ferito quattro insegnanti ed hanno sparato lacrimogeni nel cortile di un complesso scolastico, ferendo 20 minori; per più di 300 studenti le lezioni sono state sospese per il resto della giornata. Secondo fonti israeliane, l’accaduto ha fatto seguito al lancio di pietre, provenienti dal complesso scolastico, contro forze israeliane di pattuglia vicino alla scuola. Altri 19 palestinesi sono stati feriti durante scontri seguiti a sette operazioni di ricerca; complessivamente, le forze israeliane hanno condotto 140 operazioni di ricerca-arresto ed hanno arrestato 205 palestinesi, tra cui dodici minori.

In Zona C e Gerusalemme Est, citando la mancanza dei permessi edilizi israeliani, le autorità israeliane hanno demolito o sequestrato 25 strutture di proprietà palestinese, provocando lo sfollamento di 47 persone, tra cui 23 minori, e colpendo i mezzi di sostentamento di altre 108 persone. Diciassette delle strutture prese di mira erano nell’Area C: i due episodi più rilevanti sono stati registrati nella Comunità beduina di Deir al Qilt (Gerico), situata in un’area designata [da Israele] come “zona per esercitazioni a fuoco”, e nel villaggio di Barta’a ash Sharqiya (Jenin), una città separata dal resto della Cisgiordania dalla Barriera. Le altre otto strutture erano a Gerusalemme Est, cinque delle quali in un’area del villaggio di Al Walaja situata all’interno del comune di Gerusalemme, ma separate dal resto della Città dalla Barriera. Due dei casi di demolizione segnalati, tra cui quello di Al Walaja, hanno provocato scontri con forze israeliane: venti palestinesi sono stati feriti.

Il 5 settembre, l’Alta Corte di Giustizia Israeliana ha respinto tutte le petizioni relative alla sua sentenza del 24 maggio [vedere bollettino 223], che autorizzava la demolizione dell’intera Comunità beduina palestinese di Khan al Ahmar-Abu al-Helu, situata nell’Area C del governatorato di Gerusalemme. Una precedente ordinanza, contraria alle demolizioni, è scaduta il 12 settembre, lasciando la Comunità, che ospita 35 famiglie comprendenti 188 persone, più della metà delle quali minori, a rischio demolizione di massa e trasferimento forzato. Le Nazioni Unite avevano in precedenza chiesto alle Autorità israeliane di rinunciare ai piani di demolizione e di trasferimento della Comunità, in quanto tali provvedimenti sarebbero stati in contrasto con le norme del Diritto internazionale.

Il 4 agosto, nella parte settentrionale della Valle del Giordano, per consentire addestramenti militari israeliani, in due distinti episodi, le forze israeliane hanno spostato, per 17 ore, cinque famiglie palestinesi di due Comunità di pastori. Entrambe le Comunità si trovano in aree designate come “zone per esercitazioni a fuoco”. Insieme alle demolizioni ed alle restrizioni di accesso, questa pratica contribuisce ad accrescere la pressione su queste Comunità, esponendone i residenti ad un elevato rischio di trasferimento forzato.

Undici attacchi da parte di coloni ed altri israeliani hanno provocato sei feriti e danni a proprietà palestinesi. Il 1° settembre, vicino all’incrocio di Yitzhar (Nablus), coloni israeliani hanno lanciato pietre contro veicoli palestinesi, ferendo quattro palestinesi, tra cui un bambino di cinque anni. In due distinti episodi accaduti nella zona H2 della città di Hebron, coloni israeliani hanno aggredito con spray al peperoncino e ferito un ragazzo palestinese 15enne che tornava a casa da scuola ed hanno anche danneggiato, con lancio di pietre, un’ambulanza in servizio. A Gerusalemme Est un palestinese autista di autobus è stato aggredito fisicamente e ferito da un gruppo di israeliani. Secondo quanto riportato, circa 90 ulivi, di proprietà palestinese, sono stati vandalizzati da parte di coloni israeliani in quattro diversi episodi avvenuti in At Tuwani (Hebron), Al Lubban ash Sharqiya e Burin (entrambi a Nablus). In altri quattro diversi episodi verificatisi ad Asira al Qibliya, Al Lubban ash Sharqiya, Madama e Beita (tutti a Nablus), coloni israeliani hanno vandalizzato veicoli e case palestinesi, anche con scritte “Questo è il prezzo”. La violenza dei coloni è in aumento dall’inizio del 2018, con una media settimanale di cinque attacchi risultanti in ferimenti o danni a proprietà, rispetto ad una media di tre nel 2017 e di due nel 2016.

In Cisgiordania, secondo fonti israeliane, in almeno quattordici occasioni, palestinesi hanno lanciato pietre contro veicoli israeliani vicino a Hebron, Betlemme e Ramallah, danneggiando almeno quattordici veicoli privati; in tre di questi episodi, vicino a Ramallah e Betlemme, tre coloni israeliani sono rimasti feriti.

In Cisgiordania, durante il periodo di riferimento, in occasione delle festività ebraiche di Capodanno, le Autorità israeliane hanno imposto una chiusura generale di quattro giorni. A tutti i detentori di documenti di identificazione della Cisgiordania, inclusi lavoratori e commercianti con permessi validi, è stato impedito di entrare a Gerusalemme Est e Israele attraverso tutti i checkpoint; hanno fatto eccezione i casi di emergenza medica, gli studenti e gli impiegati palestinesi di ONG internazionali e di Agenzie delle Nazioni Unite.

Il 5 settembre, e fino al termine del periodo di riferimento di questo Rapporto, le Autorità israeliane hanno chiuso il valico di Erez con la Striscia di Gaza, facendo transitare solo casi di emergenza per due giorni. Secondo quanto riferito, la chiusura è stata imposta per riparare i danni alle infrastrutture causati dai palestinesi durante le manifestazioni del venerdì e, a seguire, per le festività ebraiche.

Il valico di Rafah tra Gaza e l’Egitto, sotto controllo egiziano, ha aperto in entrambe le direzioni per sette giorni e per altri cinque giorni in una sola direzione (verso Gaza). Hanno potuto entrare in Gaza 6.307 persone (inclusi 3.229 pellegrini di ritorno dalla Mecca) e ne sono uscite 2.695.

nota 1:

I Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati ogni due settimane in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informa-zioni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati.

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L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano (vedi di seguito) l’edizione inglese dei Rapporti.

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sono talvolta aggiunte dai traduttori per meglio esplicitare situazioni e contesti che gli estensori dei Rapporti

a volte sottintendono, considerandoli già noti ai lettori abituali.

nota 3: In caso di discrepanze (tra il testo dei Report e la traduzione italiana), fa testo il Report originale in lingua inglese.

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Rapporto OCHA del periodo 14 – 27 agosto (due settimane)

Nei pressi della recinzione israeliana che circonda Gaza, sono continuate, per la ventiduesima settimana consecutiva, le dimostrazioni e gli scontri del venerdì, provocando la morte di due palestinesi e il ferimento di altri 733.

Nelle aree di Rafah e Deir al Balah, durante le manifestazioni che si sono svolte il 17 agosto, le forze israeliane hanno sparato ed hanno ucciso due uomini di 27 e 28 anni. 325 dei [733] feriti sono stati ricoverati in ospedale; 141 di loro erano stati colpiti con armi da fuoco; i rimanenti feriti sono stati curati sul posto. Non sono state segnalate vittime fra gli israeliani. Il 21 agosto, per la prima volta dall’inizio delle manifestazioni, l’Avvocatura Militare Generale israeliana ha annunciato l’apertura di indagini penali sull’uccisione, avvenuta nei mesi precedenti, di due manifestanti palestinesi.

Secondo fonti israeliane, il 20 agosto un palestinese ha forzato la recinzione perimetrale di Gaza ed è entrato in Israele, ha aperto il fuoco contro una pattuglia israeliana e, successivamente, è stato colpito e ucciso dalle forze israeliane. L’uomo era un dipendente di una ONG internazionale che forniva assistenza medica a Gaza, ma, al momento dell’accaduto, non era in servizio. Nessuna informazione utile a chiarire le circostanze della sua morte è stata condivisa con la ONG.

Sono stati registrati almeno 15 casi in cui forze israeliane, per far rispettare le restrizioni di accesso alle Aree Riservate [stabilite da Israele] su zone [di Gaza] di terra e di mare, hanno aperto il fuoco in direzione dei palestinesi ivi presenti, ferendo due di essi, tra cui un minore, e costringendo agricoltori e pescatori ad allontanarsi. Secondo fonti palestinesi, in due diversi episodi, sei pescatori sono stati costretti a togliersi i vestiti e a nuotare verso le imbarcazioni militari israeliane, dove sono stati arrestati; le loro tre barche e le reti da pesca sono state sequestrate. Il 15 agosto, Israele ha esteso l’accessibilità alle zone di pesca, a seconda dell’area, a 6 e 9 miglia nautiche dalla costa (il 16 luglio erano state ridotte a 3 miglia). Le restrizioni all’accesso al mare continuano a influenzare il sostentamento di oltre 50.000 palestinesi, per i quali l’attività della pesca costituisce la principale fonte di reddito. Inoltre, in due occasioni, vicino al recinto perimetrale, ad est di Gaza e di Khan-Younis, le forze israeliane sono entrate in Gaza ed hanno effettuato operazioni di spianatura del terreno e di scavo.

Il 15 agosto, Israele ha revocato le severe restrizioni, imposte il 9 luglio, di ingresso e uscita delle merci attraverso il valico di Kerem Shalom, al confine con Gaza; inoltre ha portato da 3 a 6-9 miglia nautiche dalla costa la zona di pesca consentita [vedi paragrafo precedente]. Le restrizioni erano state adottate in risposta al lancio di aquiloni e palloncini incendiari che da Gaza avevano provocato estesi danni alle proprietà israeliane.

Il 27 agosto, l’Alta Corte di Giustizia israeliana ha stabilito che le Autorità israeliane non potranno più negare ai parenti dei membri di Hamas i permessi di uscita dalla Striscia di Gaza per ricevere cure mediche in Cisgiordania. La sentenza ha fatto seguito ad una petizione congiunta presentata da organizzazioni per i diritti umani, sia palestinesi che israeliane.

Il 27 agosto, le autorità israeliane hanno revocato le restrizioni (emanate il 19 agosto) che limitavano l’uscita dei palestinesi attraverso il valico di Erez solo ai casi di urgenza medica. Al momento, il valico è transitabile solo da un numero limitato di persone che possono beneficiare del permesso di uscita: ammalati, uomini d’affari, dipendenti di organizzazioni internazionali; mentre alla maggior parte della popolazione non è consentita l’uscita.

In Cisgiordania, nel corso di numerosi scontri, 29 palestinesi, tra cui cinque minori, sono stati feriti dalle forze israeliane. Gli scontri avvenuti a Kafr Qaddum (Qalqiliya), durante la dimostrazione settimanale contro le restrizioni di accesso, hanno registrato Il maggior numero di feriti, seguiti dagli scontri presso l’area di Bab az Zawiyah nella città di Hebron. Complessivamente, le forze israeliane hanno condotto 114 operazioni di ricerca-arresto, tre delle quali hanno provocato scontri ed il ferimento di sette palestinesi. La maggior parte dei ferimenti (22) sono stati causati da proiettili gommati, seguiti da quelli dovuti ad inalazione di gas lacrimogeno necessitanti cure mediche (5) e da aggressioni fisiche (3).

Il 17 agosto, a Gerusalemme Est, le forze israeliane hanno sparato ad un cittadino israeliano palestinese di 30 anni, uccidendolo: a quanto riferito, aveva tentato di accoltellare un poliziotto israeliano. L’episodio è avvenuto nella Città Vecchia, presso uno degli ingressi del Complesso Haram ash Sharif / Monte del Tempio; non sono stati segnalati ferimenti di israeliani. Il corpo dell’uomo è trattenuto dalle autorità israeliane, insieme ai corpi di almeno altri quindici palestinesi uccisi in circostanze simili nei mesi precedenti.

Il 28 agosto, nel villaggio di Kobar (Ramallah) in zona B, le autorità israeliane hanno demolito una casa per motivi “punitivi”, sfollando una famiglia di sei persone. La casa apparteneva alla famiglia del 17enne palestinese che, il 26 luglio 2018, nell’insediamento di Adam (governatorato di Gerusalemme), uccise un colono israeliano e venne, a sua volta, ucciso da un altro colono. Il 26 agosto, le Autorità israeliane hanno emesso un ordine di demolizione punitiva contro due piani di un edificio situato nel Campo profughi di Al Amaari (Ramallah). Si tratta dell’abitazione della famiglia di un palestinese accusato di aver ucciso un soldato israeliano durante un’operazione di ricerca-arresto svolta nel maggio 2018. Dall’inizio del 2018, sono state demolite, per ragioni “punitive”, quattro abitazioni; erano state nove in tutto il 2017 e 29 nel 2016.

In Area C e Gerusalemme Est, per mancanza di permessi di costruzione israeliani, le autorità israeliane hanno demolito o sequestrato tre strutture di proprietà palestinese, colpendo i mezzi di sostentamento di 34 persone. Una delle strutture sequestrate ad Al Khader (Betlemme) è una unità di stoccaggio agricolo fornita come assistenza umanitaria in risposta a una precedente demolizione. Nella Comunità di Zanuta (Hebron) è stato emesso [dalle autorità israeliane] un ordine di demolizione contro una scuola in costruzione; era destinata a sostituirne un’altra, utilizzata da 40 bambini, sequestrata in aprile 2018.

Inoltre, in Zona B, vicino alla città di Ya’bad (Jenin), citando norme ambientali israeliane, le Autorità israeliane hanno demolito due strutture in una fabbrica di carbone, ed hanno distrutto oltre dieci tonnellate di legna, colpendo i mezzi di sostentamento di due famiglie. Dal 2016, questo è il terzo episodio di questo genere nella zona.

Il 13 agosto, nella zona di Massafer Yatta, nel sud di Hebron, le Autorità israeliane hanno sequestrato un veicolo 4×4 utilizzato per una clinica mobile, costringendo i residenti a percorrere distanze maggiori per accedere ai servizi di assistenza sanitaria di base. I motivi del sequestro rimangono poco chiari. Il veicolo, utilizzato per il trasporto del personale e delle attrezzature della clinica, era stato fornito da una ONG internazionale. L’area di Massafer Yatta è destinata [da Israele] all’addestramento militare e designata come “zona per esercitazioni a fuoco”: i 1.300 residenti rischiano il trasferimento forzato.

Dodici aggressioni da parte di coloni israeliani hanno provocato il ferimento di sei palestinesi ed estesi danni a proprietà palestinesi. In due distinti episodi, verificatisi il 19 e il 23 agosto, agli incroci di Za’tara e Yitzhar (Nablus), coloni israeliani hanno lanciato pietre contro veicoli palestinesi: feriti cinque palestinesi, tra cui un ragazzo di 16 anni, e danneggiate oltre 50 auto. Le aggressioni sono avvenute all’indomani di un incidente stradale, avvenuto nella stessa zona, tra veicoli palestinesi e israeliani, durante il quale era morto un israeliano. Nella città di Hebron, nella zona controllata dagli israeliani, coloni israeliani hanno aggredito fisicamente e ferito una donna palestinese sorda di 50 anni. In quattro diversi episodi accaduti a Ras Karkar (Ramallah), Al Lubban ash Sharqiya e As Sawiya (entrambi a Nablus) e Sheikh Jarrah (Gerusalemme Est), circa 160 olivi di proprietà palestinese sono stati vandalizzati, secondo quanto riferito, da coloni israeliani. In altri quattro episodi, ad Aqraba e “Asira al Qibliya (entrambi a Nablus), Sinjil (Ramallah) e Al ‘Isawiya (Gerusalemme Est), coloni israeliani hanno forato le gomme di 44 veicoli palestinesi, hanno spruzzato sui muri di una casa palestinese scritte tipo “questo è il prezzo” ed hanno danneggiato un pozzo d’acqua. Inoltre, nell’area Massafer Yatta, quattro attivisti israeliani che, con la loro presenza, garantivano protezione ai palestinesi, sono stati aggrediti fisicamente e feriti da coloni israeliani. Dall’inizio del 2018, la violenza dei coloni è in aumento, con una media settimanale di 5 attacchi che causano feriti o danni. La media era di tre nel 2017 e di due nel 2016.

Secondo resoconti di media israeliani, sono stati segnalati almeno cinque episodi di lancio di pietre da parte di palestinesi contro veicoli israeliani, con conseguenti danni a cinque veicoli privati, vicino a Betlemme, Gerusalemme e Ramallah.

Il valico di Rafah tra Gaza e l’Egitto, sotto controllo egiziano, ha aperto in entrambe le direzioni per sei giorni, e in una sola direzione per altri due giorni. Un totale di 2.896 persone (inclusi 112 pellegrini di ritorno dalla Mecca) hanno potuto entrare a Gaza; 1.832 ne sono uscite (inclusi 438 pellegrini). Dal 12 maggio 2018, il valico è stato aperto quasi continuativamente.

nota 1:

I Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati ogni due settimane in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informa-zioni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati.

sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina: https://www.ochaopt.org/reports/protection-of-civilians

L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano (vedi di seguito) l’edizione inglese dei Rapporti.

la versione in italiano è scaricabile dal sito Web della Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, alla pagina:

https://sites.google.com/site/assopacerivoli/materiali/rapporti-onu/rapporti-settimanali-integrali

nota 2: Nella versione italiana non sono riprodotti i dati statistici ed i grafici. Le scritte [in corsivo tra parentesi quadre]

sono talvolta aggiunte dai traduttori per meglio esplicitare situazioni e contesti che gli estensori dei Rapporti

a volte sottintendono, considerandoli già noti ai lettori abituali.

nota 3: In caso di discrepanze (tra il testo dei Report e la traduzione italiana), fa testo il Report originale in lingua inglese.

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Associazione per la pace – Via S. Allende, 5 – 10098 Rivoli TO; e-mail: assopacerivoli@yahoo.it




Rapporto OCHA del periodo 31 luglio – 13 agosto 2018 (due settimane)

Nella Striscia di Gaza e nel sud di Israele una nuova ondata di ostilità ha provocato l’uccisione di cinque palestinesi, tra cui una donna incinta e sua figlia di 18 mesi; altri 50 palestinesi e 28 israeliani sono rimasti feriti.

L’8 agosto, due membri dell’ala armata di Hamas sono stati uccisi dal fuoco dei carri armati israeliani. A partire da quella sera e fino al 9 agosto, gruppi armati palestinesi hanno lanciato circa 180 razzi ed hanno sparato con mortai contro le comunità israeliane che circondano Gaza; alcuni razzi hanno colpito aree abitate, causando il ferimento di israeliani e danni a diversi edifici, tra cui un asilo nella città di Sderot. L’aviazione israeliana ha effettuato numerosi attacchi aerei su Gaza, lanciando oltre 110 missili, uno dei quali, a Deir al Balah, ha ucciso la donna palestinese e sua figlia [vedere ad inizio paragrafo]; inoltre sono state danneggiate sei strutture idriche che rifornivano oltre 30.000 persone, dozzine di case e diversi veicoli. Successivamente, il 9 agosto, una fazione palestinese ha lanciato un razzo a medio raggio verso la città israeliana di Beersheba, senza provocare feriti o danni. In risposta, Israele ha completamente distrutto, nel centro della città di Gaza, un edificio di cinque piani che ospitava un centro culturale; secondo l’esercito israeliano, la struttura era utilizzata anche dalla sicurezza interna di Hamas. Questi due ultimi attacchi sono stati i primi del loro genere dalle ostilità del 2014. La sera del 9 agosto è stato raggiunto un cessate il fuoco informale.

A Gaza, nell’ambito della “Grande Marcia del Ritorno”, sono continuate le dimostrazioni e gli scontri del venerdì: quattro palestinesi sono stati uccisi dalle forze israeliane; tra essi un operatore di primo soccorso e un minore. Oltre 580 i feriti. Altri tre palestinesi sono morti per le ferite riportate nelle precedenti proteste. L’operatore [di cui sopra] è stato ucciso durante una dimostrazione del 10 agosto: è il terzo operatore sanitario ucciso in servizio in simili circostanze. Circa il 60% dei feriti (338 di 580) sono stati ricoverati in ospedale; tra loro, 165 colpiti con armi da fuoco. Non sono state segnalate vittime israeliane. L’11 agosto, nel contesto delle proteste, un raduno di 40 battelli ha tentato di rompere il blocco navale: sono stati fermati dalla marina israeliana che ha aperto il fuoco verso le barche ferendo un palestinese.

Il 2 agosto, le autorità israeliane hanno ripristinato il divieto di ingresso di carburante nella Striscia di Gaza, portando i servizi essenziali sull’orlo del collasso; il 12 agosto è ripresa l’importazione di carburante d’emergenza. Secondo quanto riferito, il divieto era stato adottato in risposta alla prosecuzione del lancio di aquiloni e palloncini incendiari verso Israele. In una dichiarazione rilasciata l’8 agosto, il Coordinatore Umanitario ha invitato le autorità israeliane a consentire immediatamente l’ingresso del combustibile di emergenza acquistato dall’ONU per assicurare il funzionamento dei principali ospedali e dei servizi essenziali: acqua potabile, trattamento reflui e servizi igienici. Già dal 9 luglio, Israele aveva rafforzato il blocco su Gaza, vietando l’ingresso di una gamma di materiali, inclusi materiali da costruzione, mobili, legno, elettronica e tessuti, oltre a proibire l’uscita di ogni tipo di merce.

Dopo il cessate il fuoco del 9 agosto, è stata segnalata una significativa riduzione di lanci di aquiloni e palloncini incendiari da Gaza verso Israele. Secondo le autorità israeliane, dalla fine di aprile sono stati registrati 1.364 incendi che, pur non provocando vittime israeliane, hanno bruciato coltivazioni e riserve naturali.

Dal 5 agosto, un nuovo accordo ha permesso l’importazione di gas da cucina dall’Egitto verso Gaza, attraverso la Porta di Salah ad Din [in Rafah]. Questo accordo compensa la possibile penuria di tale gas, determinata dalle restrizioni israeliane. Durante il periodo di riferimento [31 luglio – 13 agosto], sono entrate in Gaza circa 830 tonnellate di gas.

Nella Striscia di Gaza, in Aree ad Accesso Riservato (ARA) di terra e di mare, in almeno 17 casi non riferibili alle manifestazioni di massa, le forze israeliane hanno aperto il fuoco, causando il ferimento di tre palestinesi e costringendo agricoltori e pescatori a lasciare l’area. In un caso, le forze navali israeliane hanno intercettato un peschereccio e detenuto per un breve periodo cinque pescatori, tra cui un minore. Dal 16 luglio, Israele ha ridotto la zona di pesca accessibile ai palestinesi da 6 a 3 miglia nautiche dalla costa, riducendo ulteriormente i proventi della pesca.

In Cisgiordania, in più scontri con le forze israeliane, sono stati feriti 55 palestinesi, tra cui nove minori. Diciassette palestinesi sono rimasti feriti negli scontri con le forze israeliane che, nella città di Nablus, stavano scortando un gruppo di coloni israeliani in visita ad un sito religioso. Altri tre feriti sono stati registrati presso il villaggio di Bardala, nella parte settentrionale della Valle del Giordano, nel corso di una protesta palestinese contro la scarsità d’acqua per uso agricolo nella zona. Complessivamente, le forze israeliane hanno condotto 100 operazioni di ricerca-arresto, tre delle quali hanno provocato scontri: feriti nove palestinesi e tre soldati.

Il 9 agosto, nella città di Al Eizariya (Governatorato di Gerusalemme), durante scontri seguiti ad un’operazione di polizia, un palestinese è stato ucciso dalle forze dell’Autorità Palestinese (PA). Ulteriori scontri tra palestinesi e Forze di polizia (senza feriti) sono stati registrati l’11 agosto, nel Campo profughi di Balata (Nablus), durante le proteste seguite alla morte, avvenuta in un carcere dell’Autorità Palestinese, di un residente del Campo.

In Area C e in Gerusalemme Est, per mancanza di permessi di costruzione, sono state demolite o sequestrate 13 strutture palestinesi, provocando lo sfollamento di 12 palestinesi. Otto di queste strutture, incluse sei abitazioni, si trovavano in Gerusalemme Est, nei quartieri di Sur Bahir, Jabal al Mukkaber, Shu’fat e Beit Hanina. Nel Campo di Al Aroub (Hebron), in un’area compresa in zona C, le autorità israeliane hanno demolito diverse tombe costruite senza permesso (qui contate come un’unica struttura).

Nel Complesso colonico di Beit al Barakeh, vicino al Campo di Al Aroub (Hebron), coloni israeliani hanno demolito due strutture residenziali sfollando una famiglia di quattro rifugiati palestinesi che vivevano nel complesso da 45 anni. La demolizione è avvenuta nonostante l’ingiunzione di un Tribunale israeliano che impediva lo sfratto della famiglia. Nel 2012 un’organizzazione di coloni aveva acquisito segretamente da una organizzazione cristiana svedese la terra e gli edifici di questo complesso e nel 2015 l’area fu annessa al Consiglio Regionale dell’insediamento [colonico] di Gush Etzion.

Il 6 agosto, nella Valle del Giordano settentrionale, per consentire esercitazioni militari, le forze israeliane hanno sfollato, per sette giorni, quattro famiglie palestinesi della Comunità di pastori di Khirbet Yarza. La comunità si trova in un’area designata come “zona per esercitazioni a fuoco”. Insieme alle demolizioni ed alle restrizioni di accesso, questa pratica accresce la pressione sulla Comunità, ponendola ad elevato rischio di trasferimento forzato.

Per effetto dei procedimenti in corso presso l’Alta Corte di Giustizia israeliana, la demolizione della comunità palestinese beduina di Khan al Ahmar-Abu al Helu è ancora sospesa. In una presentazione alla Corte, le autorità israeliane hanno confermato il loro proposito di demolire le strutture della Comunità e spostare i residenti. Si impegnano comunque a [individuare e] proporre un sito di trasferimento alternativo vicino a Gerico a condizione che i residenti accettino di trasferirsi, pacificamente, nel sito temporaneo attualmente indicato dalle autorità israeliane (Jabal Ovest). Poiché tale sito si trova vicino a un impianto di depurazione, l’avvocato della Comunità ha chiesto alla Corte di accogliere, prima di emettere la sentenza, una valutazione dei rischi ambientali e sanitari del sito in questione.

Il 2 agosto, nel villaggio di Ein Yabrud (Ramallah), coloni israeliani hanno vandalizzato dieci veicoli di proprietà palestinese, spruzzando su uno dei veicoli la scritta: “Questo è il prezzo”. I residenti della Comunità di Ein al Hilwe, nella Valle del Giordano settentrionale, hanno riferito che sono stati rubati due pannelli solari che fornivano elettricità alla Comunità, attribuendone la responsabilità ai residenti del vicino insediamento colonico di Maskyiot. Inoltre, sono stati segnalati ulteriori episodi di intimidazioni e molestie da parte di coloni israeliani, senza danni alle proprietà.

In Cisgiordania, secondo fonti israeliane, vicino a Hebron, Betlemme e Ramallah, in almeno sei occasioni, palestinesi hanno lanciato pietre contro veicoli israeliani causando danni a tre veicoli privati; a Ramallah, in uno di questi episodi, è stato ferito un colono israeliano.

Durante il periodo di riferimento, il valico di Rafah (tra Gaza e l’Egitto, sotto controllo egiziano) è stato aperto per sette giorni in entrambe le direzioni e per altri cinque giorni in una sola direzione; ciò ha consentito l’uscita dei pellegrini per svolgere l’Hajj [il quinto dei pilastri dell’Islam: il pellegrinaggio alla Mecca, da compiere nell’ultimo mese dell’anno islamico]. 1.934 persone sono state autorizzate ad entrare in Gaza e 5.492 ne sono uscite (compresi 3.216 pellegrini). Dal 12 maggio 2018, il valico è stato aperto quasi continuativamente.

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Ultimi sviluppi (fuori dal periodo di riferimento)

Il 15 agosto, Israele ha revocato le restrizioni imposte il 9 luglio al valico di Kerem Shalom, al confine con Gaza; ha inoltre portato da 3 a 6-9 miglia nautiche dalla costa (variabile a seconda dell’area) la zona di pesca consentita.

nota 1:

I Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati ogni due settimane in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informa-zioni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati.

sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina: https://www.ochaopt.org/reports/protection-of-civilians

L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano (vedi di seguito) l’edizione inglese dei Rapporti.

la versione in italiano è scaricabile dal sito Web della Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, alla pagina:

https://sites.google.com/site/assopacerivoli/materiali/rapporti-onu/rapporti-settimanali-integrali

nota 2: Nella versione italiana non sono riprodotti i dati statistici ed i grafici. Le scritte [in corsivo tra parentesi quadre]

sono talvolta aggiunte dai traduttori per meglio esplicitare situazioni e contesti che gli estensori dei Rapporti

a volte sottintendono, considerandoli già noti ai lettori abituali.

nota 3: In caso di discrepanze (tra il testo dei Report e la traduzione italiana), fa testo il Report originale in lingua inglese.

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Rapporto OCHA del periodo 17 -30 luglio 2018 (due settimane)

Lungo la recinzione israeliana che circonda Gaza, le proteste e gli scontri del venerdì si sono ripetuti: quattro palestinesi, tra cui due minori, sono stati uccisi ed altri 763 sono stati feriti.

Altri tre palestinesi sono morti per le ferite riportate durante le dimostrazioni delle settimane precedenti. I due minori (11 e 16 anni) sono stati colpiti con armi da fuoco dalle forze israeliane durante manifestazioni tenute il 27 luglio nelle zone di Rafah e Khan Younis: il primo è morto immediatamente, mentre il secondo è stato ferito in modo grave ed è morto il giorno seguente. Gli altri due morti (due uomini) sono stati colpiti con armi da fuoco a Gaza ed a Khan Younis, durante le manifestazioni del 20 e 27 luglio. Quasi la metà dei feriti sono stati ricoverati in ospedale; 217 di loro erano stati colpiti con armi da fuoco.

Con questi ultimi eventi, salgono a 26, a partire dal 30 marzo 2018, i minori palestinesi uccisi a Gaza dalle forze israeliane. Di questi, 21 sono stati uccisi durante manifestazioni e 5 in altre circostanze. Inoltre, durante lo stesso arco di tempo, sono stati feriti e ricoverati in ospedale 1.487 palestinesi e due minori israeliani. In una dichiarazione rilasciata il 1° agosto, alti funzionari delle Nazioni Unite hanno espresso preoccupazione per la violazione dei diritti dei minori e hanno invitato Israele, l’Autorità palestinese e le Autorità di Hamas a Gaza a rispettare i diritti dei minori e ad astenersi dalla loro strumentalizzazione.

Nei pressi della recinzione perimetrale di Gaza, in vari altri episodi, sono stati uccisi sette membri dell’ala armata di Hamas e un soldato israeliano. Il 19 luglio, a est di Rafah, le forze israeliane hanno sparato diversi di colpi di cannone, uccidendo un componente dell’ala armata di Hamas, e ferendone altri tre. Il giorno dopo, ad est di Khan Younis, nel corso di una delle dimostrazioni, un palestinese ha colpito e ucciso un soldato israeliano: è il primo ucciso, dalle ostilità del 2014. Dopo questo fatto, l’esercito israeliano ha lanciato su Gaza massicci raid aerei e bombardamenti, uccidendo tre membri dell’ala armata di Hamas e ferendo 28 persone, tra cui 8 minori. I palestinesi hanno lanciato contro Israele tre razzi, senza causare feriti o danni. Nelle prime ore del 21 luglio, è stato raggiunto un precario cessate il fuoco mediato dall’Egitto e dalle Nazioni Unite. Ciò nonostante, il 25 luglio, i palestinesi hanno sparato e ferito un soldato israeliano che pattugliava la recinzione, e carri armati israeliani hanno bombardato postazioni militari a Gaza, uccidendo altri tre membri dell’ala armata di Hamas e ferendo un minore.

Dopo il cessate il fuoco è stato segnalata un significativa riduzione nel lancio di aquiloni e palloncini incendiari da Gaza verso Israele; tuttavia, a partire dal 26 luglio la loro frequenza è nuovamente aumentata. Secondo le autorità israeliane, dalla fine di aprile, sono stati registrati circa 1.200 incendi, che hanno bruciato più di 3.000 ettari di terra coltivata e di riserve naturali. In tali circostanze non sono state segnalate vittime israeliane.

A Gaza, nelle Aree ad Accesso Riservato (ARA) di terra e di mare, in almeno 21 casi, non contestuali alle manifestazioni di massa, le forze israeliane hanno aperto il fuoco. Quattro palestinesi, tra cui un pescatore e due minori, sono rimasti feriti. In quattro occasioni, le forze israeliane sono entrate a Gaza ed hanno effettuato operazioni di spianatura del terreno e di scavo vicino alla recinzione perimetrale.

Il 24 luglio, le autorità israeliane hanno revocato il divieto di ingresso di carburante e gas da cucina nella Striscia di Gaza, imposto il 16 luglio. È rimasto in vigore il divieto di importazione a Gaza di una serie di prodotti, inclusi materiali da costruzione, mobili, legno, elettronica e tessuti, nonché il divieto generalizzato di esportazione. Le restrizioni sarebbero state imposte in risposta al lancio di aquiloni e palloncini incendiari. Secondo la Federazione Palestinese delle Industrie, da quando sono state imposte le restrizioni all’importazione, oltre 4.000 lavoratori dell’edilizia sono stati temporaneamente licenziati, principalmente a causa della carenza di materiali da costruzione.

Il 23 luglio, per mancanza di carburante, la Centrale Elettrica di Gaza (GPP) è stata costretta a fermarsi del tutto: rispetto alle 19 ore precedenti, le interruzioni di corrente sono aumentate fino a una media di 20 ore al giorno. Questa situazione è causata dalla mancanza di fondi per l’acquisto di carburante dall’Egitto. Il 26 luglio, la Centrale ha ripreso, in parte, le operazioni.

Durante il periodo di riferimento, il valico di Rafah, a controllo

egiziano, è rimasto aperto cinque giorni/settimana in entrambe le direzioni, ad eccezione di un giorno. 2.934 persone sono entrate a Gaza e 2.552 ne sono uscite. Dal 12 maggio 2018, il valico è stato aperto quasi continuativamente.

In Cisgiordania, durante numerosi scontri con forze israeliane, un minore palestinese è stato ucciso e 57 palestinesi, tra cui 21 minori, sono rimasti feriti. Il 23 luglio, nel Campo profughi di Ad Duheisha (Betlemme), durante un’operazione di ricerca-arresto, le forze israeliane hanno sparato, uccidendo un quindicenne. Dall’inizio dell’anno, sale a sei il numero di minori palestinesi uccisi dalle forze israeliane in Cisgiordania. I rimanenti ferimenti sono stati registrati durante altre operazioni di ricerca-arresto, tra cui quella svolta nel villaggio di Kobar (Ramallah, vedi sotto), le dimostrazioni settimanali di Kafr Qaddum e gli scontri al Complesso di Al Haram ash Sharif / Monte del Tempio (vedi sotto).

Il 26 luglio, nell’insediamento colonico di Adam (governatorato di Gerusalemme), un 17enne palestinese ha accoltellato e ucciso un colono israeliano e ne ha feriti altri due; è stato successivamente ucciso da un altro colono. Il suo corpo è ancora trattenuto dalle autorità israeliane. I soldati israeliani hanno fatto irruzione nel villaggio di Kobar, dove viveva l’autore dell’aggressione; ne sono seguiti scontri, durante i quali 17 palestinesi, tra cui nove minori, sono rimasti feriti. Le forze israeliane hanno anche fatto rilievi della casa di famiglia del giovane, in vista della sua demolizione punitiva.

Nella Città Vecchia di Gerusalemme, all’interno e intorno al Complesso di Al Haram ash Sharif / Monte del Tempio, le tensioni sono aumentate in seguito all’ingresso di numerosi gruppi di israeliani. Il 22 luglio, nel Complesso sono entrati circa 1.000 israeliani accompagnati da forze israeliane; successivamente, nella Città Vecchia, alcuni di loro hanno danneggiato proprietà palestinesi, inclusi almeno tre negozi. Il venerdì successivo, nella stessa area, sono scoppiati scontri tra palestinesi e forze israeliane; queste ultime hanno chiuso tutti i cancelli del Complesso ed hanno fatto irruzione nelle due Moschee per allontanarne i palestinesi. In questa circostanza 10 palestinesi sono rimasti feriti e 26 sono stati arrestati; più tardi, nello stesso giorno, è stato ripristinato il regolare accesso al Complesso.

Quattordici attacchi di coloni israeliani hanno provocato il ferimento di sei palestinesi e danni a 760 alberi, 6 abitazioni, 3 negozi, 11 veicoli e il furto di 2 tende fornite come assistenza umanitaria. La metà degli episodi sono avvenuti nella Cisgiordania settentrionale, e quattro di essi hanno causato incendi dolosi di una casa e di alberi nei villaggi di Qusra, Jalud e Asira al Qibliya (in Nablus) e in Immatin (Qalqiliya). Tre degli attacchi sono stati effettuati nella zona H2 della città di Hebron: si è trattato di aggressioni fisiche contro un anziano, una coppia e un minore. Altri due attacchi sono stati registrati nei villaggi di Beitillu e Al Mughayyir (Ramallah), il primo dei quali contro un anziano che si trovava sulla propria terra. Gli ultimi due attacchi sono stati registrati nel governatorato di Gerusalemme, dove tre negozi sono stati vandalizzati da coloni israeliani appena usciti dal complesso di Al Haram ash Sharif / Monte del Tempio (vedi sopra), mentre, vicino all’insediamento colonico di Adam, un uomo è rimasto ferito da pietre lanciate contro il proprio veicolo.

Vicino al villaggio di Al Mughayyir (Ramallah), palestinesi hanno lanciato pietre contro un veicolo, ferendo un colono israeliano. In Cisgiordania, almeno altri 9 veicoli israeliani sono stati danneggiati in episodi simili.

In Area C e Gerusalemme Est, citando la mancanza di permessi edilizi rilasciati da Israele, le autorità israeliane hanno demolito 15 strutture palestinesi, sfollando 14 palestinesi, tra cui sette minori, e colpendone altri 333. Una delle strutture prese di mira era una roulotte finanziata da donatori per la Comunità beduina di Jabal Al Baba (Gerusalemme). Era utilizzata per gestire l’Asilo ed il Centro per le donne; talvolta veniva usata anche come ambulatorio mobile. Una casa, insieme ad altre tre strutture, è stata demolita nella città di Gerico (in una zona compresa in Area C); mentre un ricovero per animali è stato demolito in un’area nel sud di Hebron (Massafer Yatta) designata [da Israele] come “zona per esercitazioni a fuoco”. Le restanti demolizioni, inclusa una effettuata dai proprietari, si sono avute a Gerusalemme Est.

Ancora a Gerusalemme Est, nell’area di Beit Hanina, in seguito ad una sentenza della Corte Suprema Israeliana, due case sono state autodemolite dai proprietari palestinesi; la sentenza è stata favorevole ai coloni israeliani che rivendicavano la proprietà del terreno su cui erano state costruite le abitazioni. Di conseguenza, 19 persone, tra cui otto minori, sono state sfollate. Indipendentemente dal caso di sfratto deciso dalla Corte, le case avevano ordini pendenti di demolizione per mancanza di permessi di costruzione. Negli ultimi decenni, organizzazioni di coloni israeliani, sostenuti dalle autorità israeliane, hanno preso il controllo di proprietà interne ai quartieri palestinesi di Gerusalemme Est: circa 180 famiglie palestinesi stanno attualmente affrontando, presso i tribunali israeliani, cause di sfratto intentate da coloni.

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Ultimi sviluppi (fuori dal periodo di riferimento)

Il 2 agosto, le autorità israeliane hanno ripristinato il divieto di ingresso di carburante e gas da cucina nella Striscia di Gaza.

nota 1:

I Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati ogni due settimane in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informa-zioni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati.

sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina: https://www.ochaopt.org/reports/protection-of-civilians

L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano (vedi di seguito) l’edizione inglese dei Rapporti.

la versione in italiano è scaricabile dal sito Web della Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, alla pagina:

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nota 2: Nella versione italiana non sono riprodotti i dati statistici ed i grafici. Le scritte [in corsivo tra parentesi quadre]

sono talvolta aggiunte dai traduttori per meglio esplicitare situazioni e contesti che gli estensori dei Rapporti

a volte sottintendono, considerandoli già noti ai lettori abituali.

nota 3: In caso di discrepanze (tra il testo dei Report e la traduzione italiana), fa testo il Report originale in lingua inglese.

Associazione per la pace – Via S. Allende, 5 – 10098 Rivoli TO; e-mail: assopacerivoli@yahoo.it




Rapporto OCHA del periodo 3 – 16 luglio 2018

Israele ha intensificato le restrizioni sul transito delle merci attraverso Kerem Shalom, unico valico commerciale operativo tra Gaza e il mondo esterno. Intensificate anche le restrizioni di accesso alle zone di pesca lungo la costa di Gaza.

Il 16 luglio, le autorità israeliane hanno annunciato, per Gaza, un blocco all’introduzione di carburante e gas da cucina, nonché la riduzione, da sei a tre miglia nautiche, della zona di pesca consentita. L’importazione di forniture mediche e alimentari potrà essere autorizzata caso per caso. Le autorità avevano avviato le restrizioni alle importazioni il 9 luglio, consentendole solo per alimenti, forniture medicali, mangimi per animali, bestiame e combustibili, e bloccandole per tutti gli altri prodotti, compresi materiali da costruzione, mobili, legno, elettronica e tessuti. Bloccate del tutto le merci in uscita. In media, dal 9 luglio, sono entrati a Gaza 192 autotreni al giorno: meno della metà degli ingressi registrati durante la prima metà del 2018. Secondo le autorità israeliane, le misure sono state adottate in risposta al lancio di aquiloni e palloncini incendiari (vedere più avanti). In una dichiarazione rilasciata il 17 luglio, il Coordinatore Umanitario per i Territori Palestinesi occupati ha affermato che “se dovessero continuare, queste ulteriori restrizioni potrebbero innescare un drammatico deterioramento della situazione già fragile e delle condizioni umanitarie già disperate”.

Lungo il recinto perimetrale di Israele con Gaza, le manifestazioni e gli scontri del venerdì sono continuati il 6 e il 13 luglio, provocando l’uccisione di tre palestinesi e il ferimento di altri 824; anche un soldato israeliano è rimasto ferito. In una delle dimostrazioni del 13 luglio, le forze israeliane hanno colpito con arma da fuoco ed ucciso un ragazzo quattordicenne; mentre un quindicenne, a causa delle ferite riportate nel corso di una manifestazione del 14 maggio, è morto durante il periodo di riferimento [del presente Rapporto]. Questi episodi portano a 22 il numero di minorenni uccisi a Gaza dal 30 marzo, data di inizio delle manifestazioni. Oltre il 43% di tutte le persone ferite durante questo periodo hanno dovuto essere ricoverate in ospedale; 208 di essere erano state colpite con armi da fuoco. A quanto riferito, in una delle manifestazioni del 13 luglio un soldato israeliano è stato ferito da una granata lanciata da parte palestinese.

Da Gaza, i palestinesi hanno continuato a lanciare aquiloni e palloncini incendiari verso il sud di Israele, causando vasti danni alle coltivazioni. Secondo l’esercito israeliano, dall’inizio di questa pratica (fine di aprile), sono stati registrati più di 750 incendi (una media di oltre 11 al giorno) che hanno bruciato circa 3.000 ettari di terreno, con danni stimati a più di 2,2 milioni di dollari USA. Non sono state segnalate vittime israeliane.

A Gaza, nelle Aree ad Accesso Riservato di terra e di mare, in almeno 16 circostanze, non contestuali alle manifestazioni di massa, le forze israeliane hanno aperto il fuoco, provocando un ferimento e costringendo agricoltori e pescatori ad allontanarsi. In un caso, le forze navali israeliane hanno intercettato una imbarcazione diretta in Turchia, mentre tentava di eludere il blocco navale; nove persone a bordo sono state arrestate, sette di esse sono state rilasciate poco dopo. In sei occasioni, le forze israeliane sono entrate nella Striscia di Gaza ed hanno effettuato operazioni di spianatura del terreno e di scavo presso la recinzione perimetrale.

In Cisgiordania, durante molteplici scontri, le forze israeliane hanno ferito 24 palestinesi, tra cui otto minori. La maggior parte dei feriti (14) si sono avuti in scontri scoppiati in cinque operazioni di ricerca-arresto; gli scontri più ampi sono stati registrati nel Campo profughi di Al Jalazun (Ramallah). Nel complesso, le forze israeliane hanno condotto 100 di queste operazioni, arrestando oltre 100 palestinesi, tra cui cinque minori. Altri cinque palestinesi, tra cui un giornalista, sono rimasti feriti a Kafr Qaddum (Qalqiliya), nel corso della protesta settimanale contro l’espansione degli insediamenti, e a Beit Ummar (Hebron), durante scontri seguiti al funerale di un palestinese, il cui corpo era stato trattenuto dalle autorità israeliane per 45 giorni.

In Area C e Gerusalemme Est, citando la mancanza di permessi di costruzione, le autorità israeliane hanno demolito o sequestrato 32 strutture di proprietà palestinese; come conseguenza, 64 palestinesi hanno dovuto sfollare. L’episodio più grave è avvenuto nella Comunità beduina di Abu Nuwar, ad est di Gerusalemme, dove sono state demolite 19 strutture. Presso una Comunità di pastori della Valle del Giordano settentrionale (Al Farisiya) è stato demolito un serbatoio di acqua, finanziato da donatori e fornito come assistenza umanitaria: il serbatoio forniva accesso idrico a 148 persone. Sempre per mancanza di permessi, a Barta’a ash Sharqiya, un villaggio situato nella zona chiusa dietro la Barriera, nel governatorato di Jenin, le autorità israeliane hanno emesso ordini di blocco lavori contro 17 strutture, tra cui quattro case abitate, costruite 30 anni fa.

La demolizione della Comunità palestinese beduina di Khan al Ahmar-Abu al-Helu è stata temporaneamente ritardata a seguito della presentazione di due nuove petizioni all’Alta Corte di Giustizia Israeliana. Similmente ad Abu Nuwar, è una delle 18 comunità che rischiano il trasferimento forzato perché interne, o circostanti, all’area del piano di insediamento [israeliano] E1. Le petizioni saranno ascoltate entro il 15 agosto, ma il 3 luglio i militari israeliani hanno requisito la terra per iniziare i lavori nelle strade che portano alla Comunità. Inoltre, l’area è stata dichiarata zona militare chiusa, il che impedisce l’accesso alla Comunità ai non residenti. Benché tale interdizione non venga applicata continuativamente, in diverse occasioni l’accesso alla Comunità è stato ritardato o impedito agli operatori che erogano i periodici servizi umanitari di assistenza (inclusa la clinica mobile e la cura della salute mentale).

Otto attacchi da parte di coloni israeliani hanno portato al ferimento di due palestinesi e gravi danni a proprietà agricole. Uno dei palestinesi è stato colpito e ferito da forze israeliane intervenute negli scontri tra palestinesi e i coloni israeliani che avevano fatto irruzione nel villaggio di Asira al Qibliya (Nablus). In altri tre episodi, accaduti nei villaggi vicini di ‘Urif e Burin, coloni israeliani hanno incendiato terreni agricoli e diverse auto, ed hanno devastato almeno 360 alberi. Negli ultimi anni, i residenti dei tre villaggi hanno subito violenze e intimidazioni da parte di coloni israeliani provenienti dall’insediamento colonico di Yitzhar e dai suoi circostanti avamposti [= insediamenti colonici illegali anche per la Legge israeliana]. In Cisgiordania, dall’inizio del 2018, oltre 4.700 alberi di proprietà palestinese sono stati vandalizzati, a quanto riferito, da coloni israeliani, con un aumento del 70% rispetto al corrispondente periodo del 2017. In due episodi accaduti nella città di Hebron, nella zona a controllo israeliano, coloni hanno aggredito fisicamente e ferito un palestinese; inoltre hanno bloccato un’ambulanza che portava a casa un’anziana paziente, costringendo i suoi parenti a trasportarla a braccia.

In Cisgiordania, secondo quanto riportato da media israeliani, in almeno sei casi, vicino a Hebron, Ramallah e Gerusalemme, palestinesi hanno lanciato pietre o bottiglie incendiarie contro veicoli israeliani, causando danni a due veicoli privati. Non sono stati segnalati feriti.

Il valico tra Gaza e l’Egitto, sotto controllo egiziano, è rimasto aperto in entrambe le direzioni per tutto il periodo di riferimento, ad eccezione di tre giorni. Sono entrate in Gaza 3.070 persone e ne sono uscite 2.706. Il valico è rimasto aperto, quasi continuativamente, dal 12 maggio 2018.

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nota 1:

I Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati ogni due settimane in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informa-zioni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati.

sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina: https://www.ochaopt.org/reports/protection-of-civilians

L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano (vedi di seguito) l’edizione inglese dei Rapporti.

la versione in italiano è scaricabile dal sito Web della Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, alla pagina:

https://sites.google.com/site/assopacerivoli/materiali/rapporti-onu/rapporti-settimanali-integrali

nota 2: Nella versione italiana non sono riprodotti i dati statistici ed i grafici. Le scritte [in corsivo tra parentesi quadre]

sono talvolta aggiunte dai traduttori per meglio esplicitare situazioni e contesti che gli estensori dei Rapporti

a volte sottintendono, considerandoli già noti ai lettori abituali.

nota 3: In caso di discrepanze (tra il testo dei Report e la traduzione italiana), fa testo il Report originale in lingua inglese.

Associazione per la pace – Via S. Allende, 5 – 10098 Rivoli TO; e-mail: assopacerivoli@yahoo.it

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Rapporto Ocha del periodo 19 giugno – 2 luglio

Le forze israeliane hanno ucciso due palestinesi, tra cui un minore, e ne hanno feriti 615, di cui 23 minori, durante le dimostrazioni di massa tenute il 22 ed il 29 giugno lungo la recinzione della Striscia di Gaza nel contesto della “Grande Marcia del Ritorno”

Il minore ucciso, un ragazzino di undici anni, è stato colpito alla testa da un proiettile di arma da fuoco durante una dimostrazione ad est di Khan Yunis, il 29 giugno. Con questa vittima sale a 19 il numero di minori uccisi a Gaza dal 30 marzo (l’inizio di queste proteste), compreso uno il cui corpo è ancora trattenuto dalle autorità israeliane. Durante il periodo di riferimento, altri due palestinesi sono morti per le ferite subite nelle dimostrazioni delle settimane precedenti. 222 dei feriti sopra segnalati sono stati ospedalizzati: di essi 101 erano stati colpiti con arma da fuoco.

In due separati episodi, le forze israeliane hanno ucciso altri due minori palestinesi in Gaza: a quanto riferito, essi avevano aperto una breccia nella recinzione israeliana e tentato di danneggiare apparecchiature militari. Gli incidenti si sono verificati il 28 giugno ed il 2 luglio, ad est di Rafah, e hanno anche provocato il ferimento di tre palestinesi, tra cui due minori.

Palestinesi di Gaza hanno continuato a lanciare, verso il sud di Israele, aquiloni di carta e palloni aerostatici con materiali infiammabili. Secondo le autorità israeliane, dall’inizio di questa pratica (fine aprile), più di 500 ettari di colture e 400 ettari di bosco sono stati bruciati, con danni stimati in milioni di dollari; non sono state segnalate vittime israeliane.

Nel periodo di riferimento [di questo Rapporto], l’aviazione israeliana ha compiuto almeno 24 attacchi aerei su Gaza, mentre gruppi armati palestinesi hanno sparato decine di razzi e colpi di mortaio verso il sud di Israele. Secondo le autorità israeliane, alcuni attacchi aerei sono stati effettuati in risposta al lancio di aquiloni ed aerostati incendiari e, a quanto riferito, avevano come obiettivo le persone impegnate in tali attività, nonché alcuni siti militari ed aree aperte; cinque palestinesi sono stati feriti. Secondo gruppi armati palestinesi di Gaza, il lancio di missili [verso Israele] è stato effettuato come ritorsione per i raid aerei israeliani; non sono state segnalate vittime o danni da parte israeliana.

In almeno 18 occasioni, al di fuori delle dimostrazioni di massa, le forze israeliane hanno aperto il fuoco nelle Aree ad Accesso Riservato di terra e di mare di Gaza, ferendo un palestinese e costringendo agricoltori e pescatori ad allontanarsi. In due occasioni, le forze israeliane sono entrate nella Striscia, ad est di Gaza ed al Qarara (Khan Yunis), ed hanno compiuto operazioni di spianatura e di scavo nei pressi della recinzione perimetrale

Il 30 giugno, ad est della città di Gaza, in circostanze non chiare, cinque civili palestinesi, tra cui due minori, sono morti ed altri due sono rimasti feriti in una esplosione avvenuta in una struttura abitativa.

In Cisgiordania, 36 palestinesi, tra cui almeno sei minori, sono stati feriti dalle forze israeliane durante proteste e scontri. La maggior parte dei ferimenti (16), compresi quelli di quattro minori, sono avvenuti durante scontri con forze israeliane seguenti l’entrata di coloni israeliani in vari luoghi religiosi della Cisgiordania; le entrate dei coloni avevano innescato alterchi e scontri con residenti palestinesi. Altri otto feriti palestinesi si sono avuti durante scontri collegati a quattro operazioni di ricerca-arresto, per la maggior parte durante un’operazione in Tuqu’ (Betlemme). Sette feriti sono stati segnalati anche nel corso della manifestazione settimanale contro le restrizioni di accesso a Kafr Qaddum (Qalqiliya). La maggior parte dei ferimenti sono stati causati da pallottole di gomma (19), seguite da proiettili di arma da fuoco (9) e da inalazione di gas lacrimogeno richiedente il trattamento medico (8).

Il 23 giugno un veicolo palestinese ha investito e ferito quattro soldati israeliani vicino al villaggio di Al Khadr (Betlemme). Dopo un’operazione di ricerca, il conducente si è arreso alle forze israeliane. I militari israeliani hanno sostenuto che l’investimento era stato intenzionale; secondo l’Ufficio di Coordinamento Distrettuale palestinese (DCO), l’uomo ha detto che era stato un incidente.

In tutta la Cisgiordania, le forze israeliane hanno condotto 137 operazioni di ricerca-arresto ed hanno arrestato 198 palestinesi, tra cui almeno 15 minori. Il Governatorato di Hebron ha visto il maggior numero di operazioni (30) e il Governatorato di Gerusalemme il numero più alto di arresti (49).

Citando la mancanza di permessi di costruzione israeliani, le autorità israeliane hanno demolito, sequestrato o costretto le persone a demolire 26 strutture di proprietà palestinese, sfollando dieci persone e colpendo i mezzi di sussistenza di oltre 160. Tutte le strutture sopraccitate, tranne una, erano in Gerusalemme Est. Dall’inizio del 2018, il numero di strutture demolite in questa zona sale così a 91, poco sopra il numero riguardante lo stesso periodo del 2017. Un’altra struttura è stata sequestrata nella zona C, nella comunità pastorale di Umm Fagarah, che si trova nella “Zona per esercitazioni a fuoco 918”, nel sud di Hebron (Massafer Yatta).

Inoltre, il 21 giugno, un alloggio è stato demolito per motivi punitivi in Barta’a Ash Sharqiya (Jenin), nella zona B, sfollando una famiglia di tre persone. La casa apparteneva alla famiglia di un palestinese che, nel marzo 2018, uccise due soldati israeliani investendoli con un veicolo e fu successivamente arrestato.

Nella valle del Giordano settentrionale, per svolgere esercitazioni militari, le forze israeliane hanno sfollato 16 famiglie palestinesi della comunità di Humsa al Bqai’a per 14 ore. Negli ultimi due mesi, questa è la sesta volta che questa comunità, situata in una zona designata [da Israele] come “Zona per esercitazioni a fuoco”, viene temporaneamente sfollata. Insieme a demolizioni e limitazioni di accesso, questa pratica accresce la pressione sulla Comunità, ponendola a rischio di trasferimento forzato.

Durante il periodo [di riferimento di questo Rapporto] sono stati segnalati tredici attacchi di coloni israeliani, con più di 500 alberi di proprietà palestinese incendiati o vandalizzati. Sei degli episodi si sono verificati nelle vicinanze dei villaggi di Tell, Far’ata, Urif, Burin e Burqa (tutti in Nablus) e di Bani Naim (Hebron). A quanto riferito gli autori degli attacchi sono coloni degli insediamenti di Yitzhar, Gilad Farm e Kiryat Arba, che hanno aggredito e ferito una donna 38enne e due minori e vandalizzato o incendiato 450 alberi. Altri tre attacchi incendiari con estensione dei danni a terreni coltivati e ad almeno 70 ulivi sono stati segnalati nei villaggi di Azmut e di Beit Furik (entrambi in Nablus) e di Deir Jarir (Ramallah). Dall’inizio del 2018, OCHA [Ufficio delle NU che redige questo Rapporto] ha registrato lo sradicamento, l’incendio o la vandalizzazione di 4.175 alberi da parte di coloni israeliani: un aumento, sulla media mensile, del 48% rispetto al 2017 e del 404% rispetto al 2016. Nella città di Hebron, nella zona H2, a controllo israeliano, coloni israeliani hanno lanciato pietre contro tre case palestinesi e, in scontri successivi, hanno ferito sei palestinesi, tra cui due minori. Altri cinque palestinesi sono stati feriti e tre veicoli danneggiati da coloni in altri episodi di lancio di pietre.

Media israeliani segnalano almeno nove episodi di lancio di pietre da parte di palestinesi contro veicoli israeliani: vicino a Hebron, Ramallah e Gerusalemme, con danneggiamento di due veicoli privati. Non sono stati segnalati feriti.

Il valico a controllo egiziano tra Gaza e l’Egitto è rimasto aperto in entrambe le direzioni durante il periodo di riferimento, ad eccezione di tre giorni, consentendo a 1.178 persone di entrare nella Striscia ed a 3.307 di uscirne. Il valico è stato quasi continuamente aperto dal 12 maggio, il periodo più lungo dal 2014. A detta delle autorità egiziane, a partire dall’inizio di luglio, il valico di Rafah resterà aperto, eccetto il venerdì ed il sabato, fino a nuovo avviso.

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Ultimi sviluppi (fuori dal periodo di riferimento)

Negli ultimi giorni, sulle colline ad est di Gerusalemme, Israele ha intensificato le attività nell’area in cui vivono due comunità palestinesi tra loro vicine ed entrambe a rischio di trasferimento forzato. In Khan Al Ahmar – Abu Al-Helu l’area è stata dichiarata “Zona militare chiusa” e grossi macchinari per costruzioni sono stati portati in loco. Il 4 luglio, ad Abu Nuwar, le autorità israeliane hanno demolito 19 strutture, tra cui 9 abitazioni, sfollando 51 persone, di cui 33 minori.

nota 1:

I Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati ogni due settimane in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informa-zioni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati.

sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina: https://www.ochaopt.org/reports/protection-of-civilians

L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano (vedi di seguito) l’edizione inglese dei Rapporti.

la versione in italiano è scaricabile dal sito Web della Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, alla pagina:

https://sites.google.com/site/assopacerivoli/materiali/rapporti-onu/rapporti-settimanali-integrali

nota 2: Nella versione italiana non sono riprodotti i dati statistici ed i grafici. Le scritte [in corsivo tra parentesi quadre]

sono talvolta aggiunte dai traduttori per meglio esplicitare situazioni e contesti che gli estensori dei Rapporti

a volte sottintendono, considerandoli già noti ai lettori abituali.

nota 3: In caso di discrepanze (tra il testo dei Report e la traduzione italiana), fa testo il Report originale in lingua inglese.

Associazione per la pace – Via S. Allende, 5 – 10098 Rivoli TO; e-mail: assopacerivoli@yahoo.it