Rapporto OCHA del periodo 29 agosto – 11 settembre 2017 (due settimane)

Un palestinese di 21 anni, colpito con arma da fuoco dalle forze israeliane il 9 agosto, durante gli scontri nel Campo Profughi di Ad Duheisha (Betlemme), è morto per le ferite riportate.

Le autorità israeliane hanno trattenuto il suo corpo per cinque giorni, prima di consegnarlo per la sepoltura. Sale così a 19 (sei i minori) il numero di palestinesi uccisi dalle forze israeliane durante scontri violenti verificatisi in Cisgiordania dall’inizio del 2017.

Durante scontri con le forze israeliane sono stati feriti 64 palestinesi: 61 in Cisgiordania, 3 a Gaza; 11 i minori. Almeno 6 dei feriti sono stati colpiti con armi da fuoco, 26 da proiettili di gomma e la maggior parte dei rimanenti da inalazione di gas lacrimogeno, con necessità di trattamento medico. La maggior parte degli scontri con feriti si sono verificati durante operazioni di ricerca-arresto (la più ampia si è svolta nella città di Al ‘Ezariya, Gerusalemme); nel contesto delle proteste settimanali contro le restrizioni di accesso, principalmente in Kafr Qaddum (Qalqiliya) e presso la recinzione perimetrale israeliana di Gaza; e in concomitanza con l’ingresso di coloni Israeliani e di altri fedeli alla Tomba di Giuseppe a Nablus. Inoltre, le forze israeliane hanno ferito con armi da fuoco e successivamente arrestato una donna palestinese di 60 anni che, secondo quanto riferito, al posto di controllo di Ni’lin (Ramallah) aveva tentato di pugnalare i soldati; non è stato segnalato alcun ferimento di israeliani.

Nella Striscia di Gaza, durante il periodo cui si riferisce questo rapporto, sono continuati i tagli di corrente per 18-20 ore/giorno, rendendo difficile la vita quotidiana e minando l’erogazione dei servizi di base. Nel mese di settembre, le Nazioni Unite hanno iniziato la distribuzione di circa 950.000 litri di combustibile di emergenza per consentire il funzionamento di oltre 200 strutture essenziali, tra cui centri sanitari ed impianti per il trattamento di rifiuti solidi ed acque reflue. Il finanziamento è stato sostenuto dal Fondo Umanitario per i Territori occupati (FF) e dal Fondo Centrale di Emergenza delle Nazioni Unite (CERF). Dall’Egitto, dopo due mesi di malfunzionamento, il 31 agosto due delle tre linee di alimentazione elettrica hanno ripreso a funzionare, incrementando la fornitura elettrica per la zona sud della Striscia di Gaza.

Il 31 agosto, il comandante militare israeliano per la Cisgiordania ha emesso un ordine militare che istituisce un nuovo organismo comunale per amministrare gli insediamenti di coloni israeliani che occupano il centro della città di Hebron. Dalla fine del 2015, questa zona è dichiarata “zona militare chiusa”, isolando così dal resto della città i circa 2.000 palestinesi che vi risiedono e sconvolgendo gravemente le loro condizioni di vita. Vi è il timore che questo recente sviluppo rafforzerà ulteriormente il contesto coercitivo che agisce sui residenti palestinesi, aumentando il rischio di un loro trasferimento forzato. Inoltre, sempre ad Hebron, durante il periodo di riferimento, le forze israeliane hanno chiuso una stazione radio, sequestrato le apparecchiature di radiodiffusione e consegnato un ordine di chiusura per sei mesi.

Il 5 settembre, nel quartiere di Sheikh Jarrah di Gerusalemme Est, dopo una lunga procedura giudiziaria, le forze israeliane hanno forzatamente sfollato dalla loro casa, dove vivevano dal 1964, una famiglia di otto rifugiati palestinesi, tra cui un minore e un anziano invalido. Subito dopo, la proprietà è stata consegnata a coloni israeliani che, sulla base di una legge israeliana appositamente emanata, ne reclamavano la proprietà da prima del 1948. A Gerusalemme Est, a causa di simili cause legali intentate presso i tribunali israeliani, in primo luogo da organizzazioni di coloni israeliani, oltre 800 palestinesi rischiano di essere sfrattati dalle loro case.

Nell’area C della Cisgiordania, per mancanza di permessi di costruzione emessi da Israele – quasi impossibili da ottenere – sono state demolite o confiscate quattro strutture di proprietà palestinese, incluso un ricovero fornito come assistenza umanitaria. Conseguentemente, quattro persone sono state sfollate, tra cui tre minori, mentre altre 61 sono state diversamente colpite dal provvedimento. Presso due comunità di Hebron (Khalet Athaba’a e As Samu’), le autorità israeliane, contestandone l’utilizzo per “costruzioni illegali”, hanno sequestrato tre bulldozer che lavoravano su due progetti di ristrutturazione finanziati da donatori.

Sempre in Area C, in quattro comunità, le autorità israeliane hanno rilasciato almeno 25 ordini di demolizione e arresto lavori nei confronti di strutture abitative e di sostentamento. Due di questi ordini hanno riguardato Khirbet al Fakhit, una delle 46 comunità beduine palestinesi della Cisgiordania centrale a rischio di trasferimento forzato. Altre otto strutture destinatarie degli ordini si trovano nella comunità di Birin (Hebron) ed erano state fornite come assistenza umanitaria e finanziate dal Fondo Umanitario per i Territori palestinesi occupati.

A Gaza, nelle Aree ad Accesso Riservato (ARA) di terra e di mare, in almeno cinque occasioni, le forze israeliane hanno aperto il fuoco di avvertimento verso agricoltori e pescatori; pur non provocando feriti, ne hanno tuttavia interrotto le attività di sussistenza. In due distinte occasioni le forze israeliane hanno effettuato operazioni di spianatura del terreno e di scavo all’interno di Gaza, lungo la recinzione perimetrale. Inoltre, al valico di Erez, le forze israeliane hanno arrestato un malato che viaggiava per cure mediche ed un docente universitario, in viaggio per partecipare ad un progetto scientifico.

Nel periodo cui si riferisce il presente rapporto, sono stati registrati quattro episodi in cui coloni israeliani hanno causato ferimenti di palestinesi o danni alle loro proprietà. Nel villaggio di Burqa, vicino allo sgomberato insediamento di Homesh (Nablus), un ragazzo palestinese di 15 anni, mentre stava giocando vicino a casa, è stato aggredito fisicamente, spogliato dei vestiti e ferito da un gruppo di circa 20 coloni Israeliani; il ragazzo è stato trovato in stato di incoscienza e condotto in ospedale. Nella zona H2 di Hebron controllata da Israele, una donna palestinese di 55 anni è stata colpita con pietre e ferita da coloni israeliani. Almeno 43 ulivi palestinesi sono stati vandalizzati, secondo quanto riferito, da coloni israeliani dell’insediamento di Rechelim (Nablus); il fatto è avvenuto in un’area prossima all’insediamento il cui accesso, per i palestinesi, richiede il coordinamento preventivo con le autorità israeliane. A Jalud (Nablus), coloni israeliani, accompagnati da forze israeliane, hanno spianato con buldozer un terreno coltivato di proprietà palestinese.

In Cisgiordania, secondo le segnalazioni dei media israeliani, si sono verificati nove casi di lancio di pietre contro veicoli israeliani: non si sono avuti feriti, ma danni ad almeno quattro veicoli.

Durante le due settimane di riferimento, il valico di Rafah, sotto controllo egiziano, è stato aperto per tre giorni in entrata, consentendo a 2.055 pellegrini palestinesi di tornare nella Striscia di Gaza. Nel corso del 2017, il valico è stato parzialmente aperto per soli 26 giorni. Secondo le autorità palestinesi di Gaza, oltre 20.000 persone, tra cui casi umanitari, sono registrati e in attesa di attraversare.

nota 1:

I Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati ogni due settimane in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informa-zioni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati.

sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina: https://www.ochaopt.org/reports/protection-of-civilians

L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano (vedi di seguito) l’edizione inglese dei Rapporti.

la versione in italiano è scaricabile dal sito Web della Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, alla pagina:

https://sites.google.com/site/assopacerivoli/materiali/rapporti-onu/rapporti-settimanali-integrali

nota 2: Nella versione italiana non sono riprodotti i dati statistici ed i grafici. Le scritte [in corsivo tra parentesi quadre]

sono talvolta aggiunte dai traduttori per meglio esplicitare situazioni e contesti che gli estensori dei Rapporti

a volte sottintendono, considerandoli già noti ai lettori abituali.

nota 3: In caso di discrepanze (tra il testo dei Report e la traduzione italiana), fa testo il Report originale in lingua inglese.

Associazione per la pace – Via S. Allende, 5 – 10098 Rivoli TO; e-mail: assopacerivoli@yahoo.it

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Rapporto OCHA del periodo 15 -28 agosto 2017 (due settimane)

Il 19 agosto, al checkpoint di Za’tara (Nablus), dopo una tentata aggressione con coltello, le forze israeliane hanno sparato e ferito un ragazzo palestinese di 17 anni. Per le ferite riportate il ragazzo è morto un’ora dopo, durante il trasporto in ospedale;

il suo corpo è ancora trattenuto dalle autorità israeliane. Da parte israeliana non è stato segnalato alcun ferito. Sale a tredici, dall’inizio del 2017, il numero di minori palestinesi uccisi dalle forze israeliane in attacchi, presunti attacchi e scontri.

Nei Territori occupati, in scontri con le forze israeliane, sono stati feriti 60 palestinesi, di cui 12 minori. La maggior parte degli scontri sono scoppiati durante proteste ed operazioni di ricerca-arresto. Sei dei feriti, di cui tre minori, sono stati registrati in scontri vicino alla recinzione perimetrale di Gaza; i rimanenti (54) sono stati contati in Cisgiordania, prevalentemente nel villaggio di Kobar (Ramallah), durante una demolizione punitiva, e a Kafr Qaddum (Qalqiliya), nel corso della dimostrazione settimanale. Inoltre, durante le due settimane, sono state registrate 180 operazioni di ricerca-arresto: 221 i palestinesi arrestati, il 31% nel governatorato di Hebron.

Il 16 agosto, a Kobar (Ramallah), le forze israeliane hanno demolito “per punizione” la casa di famiglia del palestinese responsabile dell’aggressione del 21 luglio 2017, avvenuta nell’insediamento colonico di Halamish, durante la quale furono uccisi tre israeliani; nove persone, tra cui tre minori, sono stati sfollati. Durante l’operazione un appartamento dello stesso edificio è stato danneggiato e 24 palestinesi, tra cui due minori, sono stati feriti dalle forze israeliane in scontri connessi alla demolizione. Dall’inizio del 2017, per “motivi punitivi”, le autorità israeliane hanno demolito o sigillato sei case, sfollando un totale di 33 persone.

Il 21 e 22 agosto, nei governatorati di Betlemme e Gerusalemme, le autorità israeliane hanno demolito o sequestrato sette strutture, fornite a due comunità palestinesi come assistenza umanitaria. Si tratta di sei roulotte, utilizzate come aule da una scuola elementare frequentata da 60 bambini della comunità pastorale di Jubbet adh Dib (Bethlehem), e di un’altra struttura utilizzata come asilo nido nella comunità beduina Jabal al Baba, nell’area C del governatorato di Gerusalemme; in questo caso sono state colpite 28 persone, di cui 25 bambini. Quest’ultima è una delle 46 comunità beduine della Cisgiordania centrale ad alto rischio di trasferimento forzato.

In Cisgiordania, durante il periodo cui si riferisce questo Rapporto, per mancanza di permessi di costruzione israeliani (quasi impossibili da ottenere), altre nove strutture palestinesi sono state demolite o confiscate. Di conseguenza, otto persone sono state sfollate, tra cui sei minori, e altre 34 sono state diversamente colpite. Inoltre, a Ya’bad (Jenin), in Zona B [= territorio sotto controllo civile palestinese e controllo per la sicurezza israeliano; costituisce il 21,8% della Cisgiordania e ci vive il 41% della popolazione palestinese; la zona B è un arcipelago di piccole aree non contigue, circondate dalla zona C, a totale controllo israeliano], le autorità israeliane, adducendo la violazione di normative ambientali, hanno confiscato circa 20 tonnellate di legname, proprietà di tre fabbriche di carbone; sono stati colpiti i mezzi di sostentamento di due famiglie.

A Gaza, nelle Aree ad Accesso Riservato (ARA) di terra e di mare, in almeno dodici occasioni, le forze israeliane hanno aperto il fuoco di avvertimento, interrompendo l’accesso ai mezzi di sostentamento di agricoltori e pescatori palestinesi; non sono stati segnalati feriti. Per due volte le forze israeliane hanno effettuato operazioni di spianatura del terreno e di scavo all’interno di Gaza, lungo la recinzione perimetrale. In un altro contesto, al valico di Erez, un palestinese è stato arrestato dalle forze israeliane.

Media israeliani hanno segnalato che in Cisgiordania vi sono stati tre casi di lancio di pietre contro veicoli israeliani e un caso di lancio di bottiglia incendiaria, con danneggiamento di almeno due veicoli.

Nella città di Hebron, nella zona (H2) controllata da Israele, in tre distinti episodi, coloni israeliani hanno attaccato tre case palestinesi, intimidendo i residenti e causando danni alle proprietà. Una delle case in questione era stata occupata da coloni israeliani il 25 luglio, in violazione di un ordine israeliano che dichiara quella parte dell’edificio “zona militare chiusa”. I coloni israeliani hanno aggredito cinque membri della famiglia, tra cui due donne; non ci sono stati feriti.

Dopo due giorni di apertura straordinaria, il 29 agosto le autorità egiziane hanno chiuso il valico di Rafah fino a nuovo ordine. Il valico era stato aperto, tra il 14 e il 17 agosto, per consentire l’uscita di pellegrini palestinesi in viaggio verso La Mecca, e un’altra volta, tra il 27 e il 28 agosto, per il transito di casi urgenti. Tranne sporadiche eccezioni, il valico di Rafah è rimasto chiuso dal 24 ottobre 2014.

nota 1:

I Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati ogni due settimane in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informa-zioni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati.

sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina: https://www.ochaopt.org/reports/protection-of-civilians

L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano (vedi di seguito) l’edizione inglese dei Rapporti.

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nota 2: Nella versione italiana non sono riprodotti i dati statistici ed i grafici. Le scritte [in corsivo tra parentesi quadre]

sono talvolta aggiunte dai traduttori per meglio esplicitare situazioni e contesti che gli estensori dei Rapporti

a volte sottintendono, considerandoli già noti ai lettori abituali.

nota 3: In caso di discrepanze (tra il testo dei Report e la traduzione italiana), fa testo il Report originale in lingua inglese.

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Rapporto OCHA del periodo 1- 14 agosto 2017 (due settimane)

Il 13 agosto, per carenza di carburante, l’unica centrale elettrica di Gaza ha fermato una delle due turbine ancora operative; le interruzioni di elettricità sono così passate dalle precedenti 18-20 ore/giorno alle 22 ore/giorno.

Dal 21 giugno la Centrale opera con il combustibile importato dall’Egitto le cui consegne, tuttavia, sono state ripetutamente interrotte, innescando carenze. Ciò ha ulteriormente aggravato la già precaria erogazione dei servizi di base; in particolare le prestazioni sanitarie, la fornitura di acqua potabile ed il trattamento delle acque reflue.

Due uomini sono stati feriti da palestinesi in due distinte aggressioni con coltello. Il 2 agosto, all’interno di un supermercato nella città di Yavne, in Israele, un palestinese di Yatta (Hebron) ha accoltellato e ferito un civile israeliano. Il 12 agosto, a Gerusalemme Est, una donna palestinese ha accoltellato e ferito un palestinese, guardia di sicurezza della società che gestisce la metropolitana leggera. I due colpevoli sono stati arrestati. In un altro episodio, verificatosi il 5 agosto al checkpoint di Beit El / DCO (Ramallah), gli aggressori hanno aperto il fuoco da un veicolo in corsa; non vi sono stati feriti. Tre sospetti palestinesi sono stati arrestati. Il checkpoint è stato chiuso, e riaperto l’8 agosto.

Nei Territori occupati, in scontri con le forze israeliane, scoppiati prevalentemente durante proteste e operazioni di ricerca-arresto, sono stati feriti 61 palestinesi, di cui 12 minori. 13 di questi feriti sono stati registrati in scontri vicino alla recinzione perimetrale di Gaza; i rimanenti in Cisgiordania, con una prevalenza nel governatorato di Ramallah. Queste numeri mostrano una forte contrazione rispetto al precedente periodo di osservazione [18-31 luglio], durante il quale, in Gerusalemme Est, furono registrati numerosi scontri e vittime nel contesto delle proteste contro le misure israeliane relative al Complesso Haram ash Sharif / Monte del Tempio.

Nel governatorato di Ramallah, le autorità israeliane hanno demolito tre case nel villaggio di Deir Abu Mash’al e ne hanno sigillata una quarta a Silwad, sfollando 19 palestinesi, di cui 6 minori: si tratta di “demolizioni punitive”. Infatti le tre case del primo villaggio appartenevano alle famiglie degli autori di una aggressione che ebbe luogo a Gerusalemme Est, il 16 giugno, nel corso della quale fu uccisa una poliziotta israeliana. L’altra casa apparteneva alla famiglia del presunto autore di uno speronamento volontario con auto, avvenuto il 6 aprile presso l’insediamento di Ofra, in cui fu ucciso un soldato israeliano.

Per la mancanza di permessi di costruzione israeliani, altre tredici strutture sono state demolite o sequestrate nella zona C e in Gerusalemme Est, sfollando 19 palestinesi, di cui 7 minori, e colpendo i mezzi di sostentamento di altri 128. Sei delle strutture oggetto dell’intervento erano state fornite come assistenza umanitaria a due vulnerabili comunità di pastori in Area C: Abu Nuwar (Gerusalemme) e Khashem ad Daraj (Hebron). Nella prima Comunità (una delle 46 della Cisgiordania centrale a rischio di trasferimento forzato) le autorità hanno sequestrato pannelli solari che fornivano elettricità alla scuola locale.

Nella Striscia di Gaza, quattro palestinesi (di identità non confermata) sono stati feriti a nordovest della città di Gaza e due scuole hanno subito danni in conseguenza di raid aerei israeliani, effettuati il 9 agosto, che, a quanto riferito, avevano come obiettivo installazioni militari. L’attacco ha fatto seguito al lancio, da parte di un gruppo armato palestinese, di un missile, caduto nel sud di Israele senza provocare danni.

Per far rispettare le Aree ad Accesso Riservato di terra e di mare di Gaza, in almeno 18 occasioni, le forze israeliane hanno aperto il fuoco; non sono stati segnalati ferimenti, tuttavia due pescatori sono stati arrestati e il lavoro ed il sostentamento di agricoltori e pescatori palestinesi sono stati interrotti. In tre occasioni, le forze israeliane hanno effettuato spianature del terreno e scavi all’interno di Gaza, lungo la recinzione perimetrale.

Il 14 agosto, l’UNRWA [Agenzia delle Nazioni Unite per il Soccorso e l’Occupazione dei Rifugiati nel Vicino Oriente] ha annunciato la chiusura di un tunnel che, nella Striscia di Gaza, correva sotto due delle sue scuole nel Campo Profughi di Maghazi. Il tunnel era stato scoperto lo scorso giugno.

Tra il 14 e il 17 agosto le autorità egiziane hanno eccezionalmente aperto il valico di Rafah per i pellegrini palestinesi con visti validi per recarsi a La Mecca. A partire dal 16 agosto, sono stati autorizzati al transito 2.371 pellegrini e 320 palestinesi con urgenti necessità umanitarie. L’ultima apertura del valico era stata autorizzata l’8 marzo per l’uscita delle persone, e il 9 maggio per l’ingresso. Tranne sporadiche eccezioni soggette a restrizioni, il valico di Rafah era rimasto sempre chiuso dal 24 ottobre 2014.

I media israeliani hanno segnalato tre episodi di lancio di pietre e, in un caso, il lancio di bottiglie incendiarie contro veicoli israeliani in Cisgiordania. Sono stati causati danni ad almeno sei veicoli e la distruzione totale di un altro andato a fuoco.

Sette palestinesi sono stati feriti, circa 100 ulivi e due veicoli sono stati bruciati in vari episodi attribuiti a coloni israeliani. I feriti includono tre uomini aggrediti fisicamente nella zona H2 di Hebron controllata da Israele e quattro minori feriti nella zona Silwan di Gerusalemme Est, nel corso di un episodio in cui è stato coinvolto il veicolo di un colono israeliano. È stato riferito che vicino ad Aqraba (Nablus) coloni hanno incendiato circa 100 ulivi ed hanno impedito ai vigili del fuoco palestinesi di accedere alla zona interessata. Nel villaggio di Umm Safa (Ramallah) coloni israeliani hanno incendiato due veicoli palestinesi e, sui muri di una vicina casa palestinese, hanno spruzzato graffiti razzisti e scritte tipo “questo è il prezzo che dovete pagare”.

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Ultimi sviluppi (fuori dal periodo di riferimento)

Il 17 agosto, nella Striscia di Gaza, ad est del valico di Rafah, un palestinese si è fatto saltare in aria, uccidendo un membro di Hamas addetto alla sicurezza e ferendone altri quattro.

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Rapporto OCHA 18 – 31 luglio 2017 ( due settimane)

Tre israeliani e tre presunti aggressori palestinesi sono stati uccisi durante cinque attacchi e presunti attacchi palestinesi; nel corso di tali episodi sono stati feriti altri quattro israeliani e un palestinese.

Il 21 luglio, nell’insediamento colonico israeliano di Halamish (Ramallah), un palestinese 19enne ha fatto irruzione in una casa e ha pugnalato e ucciso tre israeliani, (due uomini e una donna) ed ha ferito un’altra donna; le vittime erano tutti membri della stessa famiglia. L’autore è stato colpito e ferito da un soldato israeliano, quindi arrestato. Il 18 luglio, presso il raccordo stradale Beit ‘Einoun (Hebron), un palestinese ha guidato il suo veicolo contro un gruppo di soldati israeliani ferendone due; subito dopo è stato colpito e ucciso. Due palestinesi sono stati uccisi dalle forze israeliane all’ingresso del villaggio di Tuqu (20 luglio) e vicino all’incrocio di Gush Etzion (28 luglio). Secondo quanto riferito, avrebbero tentato di uccidere soldati israeliani; non sono state segnalate vittime israeliane. Infine, secondo i resoconti di media israeliani, il 24 luglio, nella città di Petach Tikva (Israele) un palestinese ha accoltellato e ferito un israeliano ed è stato successivamente arrestato.

Le forze israeliane hanno fatto irruzione nel villaggio di Kobar (Ramallah), dove abitava il responsabile dell’attacco condotto nell’insediamento colonico di Halamish [vedere paragrafo precedente], ed hanno bloccato tutti gli ingressi (il blocco è ancora in atto al termine del periodo di riferimento di questo Rapporto). Ad esclusione dei casi umanitari preventivamente concordati, ai circa 5.000 residenti è stato impedito l’accesso ai servizi e ai luoghi di lavoro. Durante l’irruzione, le forze israeliane hanno confiscato veicoli, documenti e soldi nella casa dell’aggressore; si sono anche verificati scontri con i giovani del villaggio e 24 palestinesi sono rimasti feriti.

Gli scontri in corso tra palestinesi e forze israeliane in Gerusalemme Est e nel circondario, hanno provocato la morte di cinque palestinesi, nonché il ferimento di 1.015 palestinesi, di cui almeno 34 minori, e di due poliziotti israeliani. La maggior parte degli scontri sono seguiti ai numerosi assembramenti di fedeli che pregavano in strada in segno di protesta contro l’installazione di metal detector agli ingressi del Complesso Haram ash Sharif / Monte del Tempio; l’installazione aveva fatto seguito all’attacco del 14 luglio in prossimità del Complesso. Due dei morti (18 e 21 anni) sono stati uccisi il ​​21 luglio nelle aree di Ras al ‘Amud e At Tur; uno di essi da un colono israeliano. Altri due palestinesi (18 e 23 anni) sono stati uccisi durante gli scontri avvenuti nella città di Abu Dis, il 21 e 22 luglio. Un altro (28 anni) è morto per le ferite riportate il 24 luglio in analoghi scontri avvenuti nel villaggio di Hizma. 19 dei feriti palestinesi sono stati colpiti da armi da fuoco; la maggior parte degli altri feriti sono stati colpiti da pallottole di gomma o hanno necessitato di trattamento medico per inalazione di gas lacrimogeno. Due dei feriti palestinesi, un minore e un uomo, hanno perso un occhio. Il 24 luglio le autorità israeliane hanno rimosso i metal detector, riducendo notevolmente il livello di tensione e gli scontri.

Il 21 luglio, poliziotti di frontiera israeliani hanno fatto irruzione con la forza nell’ospedale di Al Maqased a Gerusalemme Est, secondo quanto riferito, alla ricerca di manifestanti feriti in quello stesso giorno, ed hanno interrotto l’assistenza medica di emergenza. È stato riferito che i poliziotti hanno molestato alcuni operatori dell’ospedale e, uscendo dall’ospedale, hanno sparato una bomboletta di gas lacrimogeno ai palestinesi che si erano riuniti nel cortile dell’ospedale. Una incursione analoga, nello stesso ospedale, era stata registrata il 17 luglio.

Ulteriori scontri, verificatisi in varie località dei Territori occupati, anche in connessione con gli accadimenti di Gerusalemme Est, hanno provocato un altro morto palestinese e 535 feriti palestinesi. Il 28 luglio, un ragazzo di 15 anni è stato colpito e ucciso dalle forze israeliane durante scontri vicino alla recinzione perimetrale di Gaza, ad est del Campo Profughi di Al Bureij; in questo ed in episodi analoghi verificatisi lungo la recinzione della Striscia di Gaza sono stati feriti altri 34 palestinesi. Il maggior numero di ferimento occorsi in Cisgiordania, al di fuori della zona di Gerusalemme, sono stati registrati durante scontri presso i checkpoint di Beit El / DCO (Ramallah) e di Huwwara (Nablus).

A Gaza, nelle Aree ad Accesso Riservato (ARA) in terra e in mare, le forze israeliane hanno aperto il fuoco di avvertimento, o diretto, in almeno 15 occasioni, senza causare feriti. In alcuni casi, il lavoro degli agricoltori e dei pescatori palestinesi è stato interrotto. In altre quattro occasioni, le forze israeliane hanno effettuato spianature del terreno e scavi all’interno di Gaza, vicino alla recinzione perimetrale.

Riguardo alla crisi elettrica di Gaza non sono stati registrati sviluppi; permangono i tagli di corrente per 18-20 ore al giorno, con gravi ricadute sulla fornitura dei servizi essenziali. PNGO, la rete delle ONG palestinesi, ha riferito che le prolungate mancanze di energia elettrica colpiscono particolarmente le oltre 44.000 persone affette da disabilità, tra cui alcune dipendenti da dispositivi elettrici che forniscono ossigeno e supporto alla mobilità.

Sono stati segnalati cinque attacchi di coloni che hanno causato ferimenti di palestinesi o danni alla proprietà. Due minori palestinesi sono stati feriti, in due distinti casi di lancio di pietre, al raccordo stradale di Beit ‘Einoun (Hebron) e ad ‘Asira al Qibliya (Nablus), mentre vicino al checkpoint di Za’tara (Nablus) un uomo palestinese è stato ferito da un cane sguinzagliato da coloni. Nei villaggi di Jalud e Madama, entrambi nel governatorato di Nablus, sono stati registrati due casi di incendio di terra palestinese, a quanto riferito, ad opera di coloni israeliani; ne sono risultati danneggiati una struttura agricola e reti di irrigazione.

Il 25 luglio coloni israeliani hanno occupato un appartamento in un edificio situato nella zona H2 della città di Hebron, violando un ordine israeliano che dichiarava quella parte dell’edificio come area militare chiusa. Una famiglia palestinese (16 persone, la metà delle quali minori), residente in un altro appartamento dello stesso edificio, ha riferito di limitazioni all’accesso ed intimidazioni dopo l’occupazione [effettuata dai coloni]. Una istanza che contestava i diritti di proprietà dei coloni, presentata tre anni fa dalla famiglia palestinese ad un tribunale israeliano, è ancora in sospeso.

Secondo resoconti di media israeliani, nei pressi di Gerusalemme, Ramallah, Hebron e Betlemme, tre coloni israeliani tra cui un minore sono stati feriti e almeno cinque veicoli sono stati danneggiati in diversi episodi di lancio di pietre da parte di palestinesi.

Nell’Area C della Cisgiordania, a causa della mancanza di permessi di costruzione, le autorità israeliane hanno demolito o sequestrato quattro strutture di proprietà palestinese, compromettendo i mezzi di sussistenza di circa 250 persone. Le strutture in questione includevano una roulotte per uso commerciale nel villaggio di Battir (Betlemme), due chioschi commerciali nella città di Ar Ram (Gerusalemme) ed un tratto di strada per il collegamento della Comunità di Wadi Sneysel alla Strada n° 1. Quest’ultima è una delle 46 comunità beduine della Cisgiordania centrale a rischio di trasferimento forzato. Le autorità hanno altresì emesso almeno 17 ordini di demolizione e blocco-lavori contro strutture residenziali e di sostentamento in tre comunità dell’Area C, nel sud di Hebron; tra queste, quattro strutture finanziate da donatori e fornite come assistenza umanitaria alla Comunità di Al Bowereh.

Il Valico di Rafah, controllato dall’Egitto, durante il periodo di riferimento è rimasto eccezionalmente aperto, ma solo per l’ingresso di combustibile, primariamente destinato alla Centrale Elettrica, mentre è rimasto chiuso al transito delle persone. Secondo le autorità palestinesi di Gaza, oltre 20.000 persone, tra cui casi umanitari, sono registrate e in attesa di uscire da Gaza attraverso Rafah. L’ultima volta in cui il valico venne aperto al transito di persone fu il 9 maggio. Nel 2017, fino ad ora, il valico è stato aperto per 16 giorni.

nota 1:

I Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati ogni due settimane in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informa-zioni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati.

sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina: https://www.ochaopt.org/reports/protection-of-civilians

L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano (vedi di seguito) l’edizione inglese dei Rapporti.

la versione in italiano è scaricabile dal sito Web della Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, alla pagina:

https://sites.google.com/site/assopacerivoli/materiali/rapporti-onu/rapporti-settimanali-integrali

nota 2: Nella versione italiana non sono riprodotti i dati statistici ed i grafici. Le scritte [in corsivo tra parentesi quadre]

sono talvolta aggiunte dai traduttori per meglio esplicitare situazioni e contesti che gli estensori dei Rapporti

a volte sottintendono, considerandoli già noti ai lettori abituali.

nota 3: In caso di discrepanze (tra il testo dei Report e la traduzione italiana), fa testo il Report originale in lingua inglese.

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Rapporto OCHA periodo 4 – 17 luglio ( due settimane)

Il 14 luglio, nella Città Vecchia di Gerusalemme, presso uno degli ingressi del Complesso Haram Ash Sharif / Monte del Tempio, tre palestinesi, cittadini di Israele, hanno sparato e ucciso due poliziotti israeliani; sono stati a loro volta uccisi nel successivo scontro a fuoco all’interno del Complesso.

Nell’episodio è rimasto ferito un altro poliziotto. I corpi degli attentatori sono stati trattenuti dalle autorità israeliane. Sono stati segnalati altri due speronamenti con auto contro soldati israeliani: il 9 luglio, all’entrata del villaggio di Tuqu’ (Betlemme) e il 17 luglio, nella zona H2 della città di Hebron. Il primo – che, a quanto riferito, ha comportato anche un tentativo di accoltellamento – si è concluso con il ferimento di un soldato israeliano e l’uccisione dell’aggressore, un palestinese di 23 anni; mentre il secondo si è concluso con il ferimento e l’arresto dell’attentatore.

Le misure adottate dalle autorità israeliane dopo l’attacco a Gerusalemme Est hanno provocato tensioni e scontri. Le forze israeliane hanno fatto irruzione nel Complesso Haram Ash Sharif / Monte del Tempio, secondo quanto riferito, alla ricerca di armi. Per la prima volta dal 1969, il Complesso è stato chiuso totalmente, anche per la preghiera del venerdì. Tutti gli ingressi alla Città Vecchia di Gerusalemme sono stati ugualmente bloccati, salvo che per i residenti. Il Complesso è stato riaperto il 16 luglio, a seguito dell’installazione, in alcune porte del Complesso, di metal-detector per il controllo della sicurezza. Le autorità palestinesi e il Muslim Waqf [fondazione pia che cura i luoghi religiosi musulmani] hanno protestato contro questa misura e hanno invitato la popolazione a non entrare nel Complesso fino a quando i metal-detector non verranno rimossi. Nella Città Vecchia ed in altre zone di Gerusalemme Est (in primo luogo Silwan) sono stati registrati numerosi alterchi e scontri tra palestinesi e forze israeliane che hanno portato al ferimento di 58 palestinesi e di tre poliziotti israeliani.

Quattro palestinesi, compreso un minore, sono stati uccisi con armi da fuoco dalle forze israeliane durante tre distinte operazioni di ricerca-arresto. Due dei morti, un 21enne ed un 17enne, sono stati uccisi il 12 luglio durante un’operazione di ricerca-arresto nel Campo Profughi di Jenin: secondo fonti israeliane, i due sono stati implicati in uno scontro a fuoco. Un 18enne è stato ucciso il 14 luglio nel Campo Profughi di Ad Duheisha (Betlemme), durante scontri con lancio di pietre contro le forze israeliane. L’altro morto, un uomo di 34 anni, è stato ucciso il 15 luglio nel villaggio di An Nabi Saleh (Ramallah), secondo quanto riferito, dopo essersi opposto all’arresto. Secondo le autorità israeliane, poche ore prima l’uomo era stato coinvolto in una sparatoria e, prima di essere colpito dai soldati, aveva estratto una pistola artigianale.

Il 7 luglio, un bimbo palestinese di un anno è morto per le lesioni riportate il 19 maggio 2017, a seguito di una grave inalazione di gas lacrimogeno. Durante l’episodio, verificatosi all’ingresso principale del villaggio di ‘Abud (Ramallah), le forze israeliane avevano sparato, verso i palestinesi che tiravano pietre, bombolette di gas lacrimogeno, una delle quali era caduta all’interno della casa del bambino.

Complessivamente, nei Territori palestinesi occupati, durante diversi scontri, sono stati feriti dalle forze israeliane 102 palestinesi, di cui nove minori. Trenta dei ferimenti, tutti causati da armi da fuoco, sono avvenuti durante scontri scoppiati dopo operazioni di ricerca-arresto (incluse quelle sopra citate). Le lesioni restanti, in gran parte dovute a proiettili di gomma e ad inalazione di gas lacrimogeno, sono state registrate presso la recinzione perimetrale nella Striscia di Gaza durante proteste e scontri ad esse correlati, durante la manifestazione settimanale a Kafr Qaddum (Qalqiliya) e nel corso dei già citati scontri verificatisi a Gerusalemme Est. Uno di questi ultimi scontri, in Silwan, ha anche causato il ferimento, per inalazione di gas lacrimogeno, di tre coloni israeliani residenti nella zona.

Il 17 luglio, la polizia israeliana è entrata nell’ospedale Al Maqased a Gerusalemme Est e vi si è fermata per una notte alla ricerca di un paziente: un 19enne palestinese ferito con arma da fuoco lo stesso giorno, durante scontri verificatisi in città, nel quartiere Silwan. La polizia ha lasciato l’ospedale il giorno successivo, dopo che il padre del ferito si era impegnato a consegnarlo alla polizia israeliana all’atto della dimissione dall’ospedale.

A Gaza, nelle Aree ad Accesso Riservato di terra e di mare, in almeno dieci occasioni, le forze israeliane hanno aperto il fuoco di avvertimento o diretto, causando il ferimento di due pescatori palestinesi. In altri due casi, le forze israeliane hanno effettuato livellamenti del terreno e scavi all’interno di Gaza, vicino alla recinzione perimetrale.

Nella Striscia di Gaza, nel contesto della precarietà delle fonti di approvvigionamento energetico, le interruzioni di elettricità continuano per 18-20 ore al giorno, con grave impatto sull’erogazione dei servizi e sui mezzi di sussistenza. A causa del malfunzionamento delle linee di alimentazione, l’approvvigionamento di energia elettrica dall’Egitto è rimasto bloccato durante la maggior parte del periodo di riferimento, mentre la Centrale Elettrica di Gaza, avendo esaurito le riserve di combustibile, è stata ferma per un giorno. Più di 108 milioni di litri di acque reflue, quasi totalmente non trattate a causa delle carenze di elettricità e di combustibile, vengono scaricate in mare ogni giorno. Secondo l’ultimo test condotto dal Dipartimento di Qualità dell’Acqua di Gaza, il 73% delle spiagge di Gaza sono contaminate, presentando alti rischi per l’ambiente e per la salute pubblica. A causa della contaminazione del mare, le autorità israeliane hanno emesso un divieto di balneazione in alcune spiagge del sud di Israele.

In Gerusalemme Est e in Area C, per mancanza di permessi di costruzione, le autorità israeliane hanno demolito 23 strutture palestinesi, sfollando 15 persone e colpendo i mezzi di sostentamento di altre 96. Sedici delle strutture colpite si trovavano a Gerusalemme Est; sale così a 94 il numero totale di strutture demolite dall’inizio del 2017, contro le 85 demolite nello stesso periodo del 2016. Le altre sette strutture demolite in Area C erano nelle comunità di Khirbet Tell Al Himma, nella Valle del Giordano, e di Wadi Abu Hindi e Al Muntar, nel governatorato di Gerusalemme.

Nello stesso contesto, le autorità israeliane hanno rilasciato almeno 13 ordini di blocco lavori e demolizione nei confronti di 13 strutture finanziate da donatori e fornite come assistenza umanitaria a comunità palestinesi dell’Area C. Esse comprendevano 12 strutture residenziali in Jinba, una comunità nella zona di Massafer Yatta di Hebron, ed una scuola primaria in ‘Arab ar Ramadin al Janubi, nell’area chiusa dietro la Barriera (Qalqiliya) [è un’area inglobata da Israele tramite la costruzione della Barriera all’interno del territorio della Cisgiordania]. Inoltre, sono stati emessi otto ordini contro una parte di rete elettrica nel villaggio di Jayyus (Qalqiliya) e contro 7 strutture in Jabal al Baba (Gerusalemme).

A quanto riferito, due palestinesi sono stati feriti e 40 alberi di proprietà palestinese sono stati incendiati in tre distinti episodi di cui sono stati protagonisti coloni israeliani. Nella zona H2 (a controllo israeliano) della città di Hebron e nei pressi del villaggio di Kifl Haris (Salfit), coloni israeliani hanno fisicamente aggredito e ferito due palestinesi. Agricoltori del villaggio di Burin (Nablus) hanno riferito che 40 alberi di proprietà palestinese sono stati incendiati da coloni israeliani di Yitzhar o di attigui insediamenti avamposti [gli insediamenti avanposti sono formalmente illegali anche per la legge israeliana]. Dall’inizio del 2017, almeno 1.400 alberi, soprattutto nella zona di Nablus, sono stati vandalizzati da coloni; nell’intero 2016 furono 361.

Media israeliani hanno riportato cinque episodi di lancio di pietre da parte di palestinesi contro veicoli israeliani nei pressi di Betlemme, Hebron e Ramallah; in almeno uno degli episodi ci sono stati danni a veicoli.

Il Valico di Rafah, controllato dall’Egitto, durante il periodo di riferimento è rimasto eccezionalmente aperto, ma solo per l’ingresso di combustibile, soprattutto per la Centrale Elettrica, mentre è rimasto chiuso al transito delle persone. Secondo le autorità palestinesi di Gaza, oltre 20.000 persone, tra cui casi umanitari, sono registrate e in attesa di uscire da Gaza attraverso Rafah. L’ultima volta in cui il valico venne aperto al transito di persone fu il 9 maggio. Nel 2017, fino ad ora, il valico è stato aperto per 16 giorni.

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Ultimi sviluppi (fuori dal periodo di riferimento)

Secondo i resoconti dei media, il 18 luglio, al raccordo stradale di Beit ‘Enoun (Hebron), un palestinese ha guidato il suo veicolo contro un gruppo di soldati israeliani, ferendone due: è stato colpito ed ucciso dalle forze israeliane.

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Rapporto OCHA periodo 20 giugno- 3luglio (2 settimmane)

Nel periodo di riferimento, con fluttuazioni delle fonti di approvvigionamento, i blackout elettrici nella Striscia di Gaza sono proseguiti per 18-20 ore/giorno, stravolgendo le condizioni di vita e destabilizzando la fornitura di servizi essenziali.

Dal 21 giugno, carburante importato dall’Egitto è entrato in Gaza attraverso il valico di Rafah, consentendo alla Centrale Elettrica di riprendere una parziale operatività dopo uno spegnimento durato due mesi. Tuttavia, questa ripresa ha solo compensato la riduzione del 30-35% di fornitura elettrica da parte di Israele, iniziata dopo il 19 giugno su richiesta dell’Autorità Palestinese in Cisgiordania. Il riavvio della Centrale Elettrica non ha comportato un miglioramento complessivo nella fornitura di elettricità. Inoltre, tra il 30 giugno e il 2 luglio, la fornitura di energia elettrica dall’Egitto, tramite linee di alimentazione (15-20% della fornitura totale a Gaza), non è avvenuta a causa di un malfunzionamento tecnico.

Il 3 luglio, le agenzie umanitarie operanti nei territori palestinesi occupati hanno chiesto alla comunità internazionale un nuovo stanziamento umanitario di 25 milioni di dollari per fermare il deterioramento della situazione umanitaria nella Striscia di Gaza. In un documento presentato ai diplomatici, le agenzie hanno individuato interventi ad alta priorità e di salvaguardia delle vite nei settori: sanitario, acqua potabile, igienico-sanitario e sicurezza alimentare. “Le capacità delle famiglie di Gaza di affrontare queste avversità sono esaurite, poiché l’impatto cumulativo di 10 anni di isolamento, di divisione e di insicurezza presenta ora il suo conto”, ha dichiarato Robert Piper, Coordinatore Umanitario per il territorio palestinese occupato.

Il 26 giugno, un gruppo armato palestinese ha lanciato un razzo verso Israele: il razzo è caduto in un’area aperta, senza causare vittime o danni. Il lancio è stato seguito da una serie di attacchi aerei israeliani che hanno danneggiato due siti militari all’interno di Gaza. Inoltre, in almeno 15 occasioni durante il periodo di riferimento, le forze israeliane hanno aperto il fuoco di avvertimento verso palestinesi presenti in Aree ad Accesso Riservato di terra e di mare; non sono stati segnalati feriti. Infine, un civile palestinese è stato arrestato dalle forze israeliane ed un altro dalla polizia palestinese di Gaza, presumibilmente durante tentativi di attraversamento illegale in Israele.

Due palestinesi sono stati uccisi dalle forze israeliane in due separati episodi, a Gerusalemme ed Hebron, secondo quanto riferito dopo aver attaccato le forze israeliane; non sono state segnalate lesioni ad israeliani. Il 20 giugno, le forze israeliane hanno ucciso un palestinese 23enne all’incrocio di Jaba, a nord-est di Gerusalemme; secondo quanto riferito, il giovane aveva tentato di accoltellare soldati israeliani. Il suo corpo è stato trattenuto dalle autorità israeliane, insieme a quello di altri cinque palestinesi uccisi nei mesi precedenti in episodi simili. Un altro palestinese di 23 anni è stato ucciso da un’unità israeliana sotto copertura il 28 giugno nella zona H2 della città di Hebron, durante un’operazione di ricerca-arresto; secondo fonti israeliane, l’uomo portava un’arma improvvisata ed è stato colpito durante uno scambio a fuoco.

Un totale di 70 palestinesi, di cui dieci minori, sono stati feriti dalle forze israeliane durante diversi scontri nei territori occupati. Otto dei ferimenti, tra cui uno riguardante un minore, si sono verificati durante le proteste ed i relativi confronti nei pressi della recinzione perimetrale della Striscia di Gaza. I restanti ferimenti sono avvenuti in Cisgiordania: nel contesto di sei operazioni di ricerca e arresto; nella dimostrazione settimanale a Kafr Qaddum (Qalqiliya); durante scontri all’entrata del Campo Profughi di Shu’fat (Gerusalemme Est); durante un processione funebre nella Città Vecchia di Gerusalemme. Inoltre, secondo i media israeliani, quattro soldati israeliani sono stati feriti in due distinti episodi di lancio di pietre da parte di palestinesi: in Al ‘Isawiya (Gerusalemme) e nel villaggio di Beit Ummar (Hebron).

Il 27 giugno Israele ha ridotto la zona di pesca lungo la costa meridionale di Gaza a sei miglia nautiche, dopo averla estesa a nove miglia dal 3 maggio, in occasione della stagione di pesca delle sardine. L’espansione temporanea ha portato ad un significativo aumento della quantità e della qualità delle catture di pesca, secondo il Ministero dell’Agricoltura palestinese. Oltre 35.000 palestinesi dipendono dall’industria della pesca per il loro sostentamento.

Le autorità israeliane hanno smantellato e sequestrato un impianto di pannelli solari ed hanno demolito, o costretto i proprietari a demolire, quattro strutture, a motivo della mancanza dei permessi di costruzione israeliani. L’impianto solare, composto da 96 pannelli, era stato fornito da una organizzazione umanitaria internazionale alla Comunità di Jubbet adh Dhib (Betlemme, in Area C) per fornire energia elettrica alle sue 27 famiglie. Altre tre strutture sono state demolite nelle aree di Jabal al Mukkabir e Al ‘Isawiya di Gerusalemme Est e una nella Comunità di Az Zayyem (Area C, governatorato di Gerusalemme), sfollando tre palestinesi e colpendone altri 177.

Sempre in tema di demolizioni, le autorità israeliane hanno emesso almeno 38 ordini di demolizione e/o arresto-lavori nei confronti di strutture abitative e di sussistenza in sette Comunità dell’Area C e di Gerusalemme Est. Sette di questi ordini riguardano Jabal al Baba (Gerusalemme), una delle 46 Comunità beduine palestinesi della Cisgiordania centrale a rischio di trasferimento forzato e soggette a politiche israeliane miranti a fare sì che abbandonino il territorio. Altre sette strutture prese di mira, locate nella Comunità di Shi’b al Butum (Hebron), sono state fornite come assistenza umanitaria e finanziate dal Fondo Umanitario per i territori palestinesi occupati.

Secondo fonti palestinesi, circa duecento alberi ed alberelli appartenenti a due famiglie palestinesi di Burin (Nablus), sono stati bruciati in due separate azioni condotte da coloni di Yitzhar. La sicurezza ed i mezzi di sostentamento di circa 20.000 palestinesi che vivono in sei villaggi che circondano Yitzhar, tra cui Burin, sono stati minacciati negli ultimi anni dalla violenza sistematica e dalle intimidazioni di coloni. A quanto riferito, altri sette alberi appartenenti ad una famiglia di Turmus’ayya (Ramallah), sono stati incendiati da coloni dell’insediamento di Adei Ad. Sempre durante il periodo di questo rapporto, un uomo palestinese è stato fisicamente aggredito e ferito da coloni israeliani nella Città Vecchia di Gerusalemme.

Secondo media israeliani, nei pressi di Gerusalemme, Ramallah e Betlemme, una colona israeliana è stata ferita e quattro veicoli israeliani sono stati danneggiati in altrettanti episodi di lancio di pietre da parte palestinese. Un terreno agricolo nei pressi dell’insediamento colonico di Karme Tzur (vicino ad Hebron) è stata incendiato da palestinesi tramite bottiglia incendiaria.

Secondo i dati ufficiali forniti da Israele, circa 46.900 palestinesi con documenti di identità della Cisgiordania sono entrati a Gerusalemme Est il quarto venerdì del Ramadan (23 giugno) attraverso i quattro punti di controllo designati lungo la Barriera, mentre il 21 giugno, per la celebrazione del Laylat al Qadr (Notte del Destino), ne sono entrati 56.500. I criteri per l’accesso senza permessi sono rimasti gli stessi delle settimane precedenti: uomini di età superiore a 40 anni e donne di tutte le età sono stati ammessi a entrare in Gerusalemme senza permesso.

Durante il periodo di riferimento, il valico di Rafah, a controllo egiziano, è stato eccezionalmente aperto solo per l’ingresso di carburante destinato primariamente alla Centrale Elettrica (vedi sopra), ma è rimasto chiuso alle persone. Secondo le autorità palestinesi di Gaza, oltre 20.000 persone, tra cui casi umanitari, sono registrate per l’attraversamento. Il valico venne eccezionalmente aperto per i passeggeri il 9 maggio, portando a 16, finora, il numero di giorni di apertura nel 2017.

nota 1:

I Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati ogni due settimane in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informa-zioni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati.

sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina: https://www.ochaopt.org/reports/protection-of-civilians

L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano (vedi di seguito) l’edizione inglese dei Rapporti.

la versione in italiano è scaricabile dal sito Web della Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, alla pagina:

https://sites.google.com/site/assopacerivoli/materiali/rapporti-onu/rapporti-settimanali-integrali

nota 2: Nella versione italiana non sono riprodotti i dati statistici ed i grafici. Le scritte [in corsivo tra parentesi quadre]

sono talvolta aggiunte dai traduttori per meglio esplicitare situazioni e contesti che gli estensori dei Rapporti

a volte sottintendono, considerandoli già noti ai lettori abituali.

nota 3: In caso di discrepanze (tra il testo dei Report e la traduzione italiana), fa testo il Report originale in lingua inglese.

Associazione per la pace – Via S. Allende, 5 – 10098 Rivoli TO; e-mail: assopacerivoli@yahoo.it




Rapporto OCHA periodo 13 – 19 giugno 2017 (una settimana)

Il 19 giugno, l’Azienda Elettrica israeliana ha iniziato a ridurre la sua fornitura di energia elettrica alla Striscia di Gaza; in alcune zone le interruzioni di energia elettrica sono passate da 19-20 ore/giorno a 20-21 ore/giorno.

Ciò in seguito alla decisione del governo palestinese della Cisgiordania di ridurre del 30% i pagamenti dovuti ad Israele per la fornitura di energia. In una dichiarazione emessa il 14 giugno, Robert Piper, Coordinatore Umanitario dell’ONU nei Territori palestinesi occupati (oPt), ha avvertito delle “conseguenze disastrose” che tali decisioni avranno sulle condizioni di vita dei quasi due milioni di residenti di Gaza.

Il 16 giugno, nei pressi della Città Vecchia di Gerusalemme Est, nel corso di una aggressione con coltello ed arma da fuoco, è stata pugnalata ed uccisa una donna, ufficiale della polizia israeliana di frontiera; i tre aggressori palestinesi, tra i 18 e i 19 anni, sono stati colpiti e uccisi sul posto. I loro corpi sono trattenuti dalle autorità israeliane. Nello stesso contesto sono stati feriti altri tre palestinesi ed un poliziotto israeliano. Nickolay Mladenov, Coordinatore Speciale delle Nazioni Unite per il processo di pace in Medio Oriente, ha duramente condannato l’attacco. Quest’ultima aggressione ha portato a sei il numero di israeliani uccisi da palestinesi dall’inizio del 2017: tutti appartenenti alle forze di sicurezza. Il numero di aggressori e sospetti aggressori palestinesi uccisi nello stesso periodo è giunto a 13, di cui quattro minori.

A seguito dell’attacco di cui sopra, le forze israeliane hanno fatto irruzione a Deir Abu Mash’al (Ramallah), località dalla quale provenivano ​​gli autori dell’aggressione ed hanno bloccato tutti gli ingressi del villaggio. L’irruzione israeliana ha innescato scontri con giovani del villaggio, con conseguente ferimento di cinque palestinesi e la confisca di veicoli e documenti. Al momento della chiusura del presente rapporto, ai residenti (circa 4.500) era ancora proibita l’uscita dal villaggio, ad eccezione dei casi umanitari preventivamente concordati; rientrano fra questi gli studenti e gli insegnanti impegnati in esami di immatricolazione [il cui superamento consente l’immatricolazione ai corsi del livello successivo] che si svolgono in villaggi vicini. Viene riferito che le autorità israeliane hanno effettuato sopralluoghi e rilievi riguardanti le case di famiglia degli aggressori, in previsione della loro demolizione punitiva.

Sempre in relazione allo stesso attacco, le autorità israeliane hanno revocato circa 200.000 permessi di ingresso per le visite familiari in Israele; erano stati rilasciati, in occasione del mese di Ramadan, a palestinesi in possesso di carte di identità della Cisgiordania. Tuttavia, secondo quanto riferito, verranno mantenuti sia i permessi rilasciati per accedere a Gerusalemme Est per le preghiere del venerdì durante il Ramadan, sia la temporanea esenzione dal relativo obbligo di autorizzazione, concessa ai maschi di età superiore ai 45 anni e alle femmine di tutte le età.

Sempre il 16 giugno, per ragioni non specificate, le autorità israeliane hanno chiuso gli ingressi principali ai villaggi di Beit Tammar, Jannatah e Marah Rabah nel governatorato di Betlemme. Al momento della chiusura del presente rapporto circa 18.500 palestinesi sono ancora costretti a lunghe deviazioni che rendono difficile l’accesso ai servizi e ai luoghi di lavoro.

Gli scontri con le forze israeliane nei Territori occupati hanno causato il ferimento di 67 palestinesi, tra cui nove minori, e di tre poliziotti israeliani. Gli scontri più estesi si sono verificati il ​​18 giugno a Gerusalemme Est, nel complesso di Haram Al Sharif / Monte del Tempio, dopo che la polizia israeliana aveva fatto irruzione nel sito, causando il ferimento di 22 palestinesi e di tre israeliani. Altri 17 feriti sono stati registrati nella Striscia di Gaza, durante la protesta settimanale presso la recinzione perimetrale. Ancora scontri, con feriti, si sono verificati durante una dimostrazione a Kafr Qaddum (Qalqiliya), durante operazioni di ricerca-arresto in Al Bireh (Ramallah), Silwan (Gerusalemme Est) e nel corso della già citata operazione a Deir Abu Mash’al (Ramallah). Tredici dei ferimenti di questa settimana sono stati procurati da armi da fuoco; i restanti da proiettili di gomma, aggressioni fisiche e inalazioni di gas lacrimogeno, tali da richiedere trattamento medico.

Nella striscia di Gaza, oltre ai suddetti scontri, in 17 occasioni durante la settimana, le forze israeliane hanno aperto il fuoco verso palestinesi presenti nelle Aree ad Accesso Riservato (ARA) in terra e in mare, senza provocare feriti. In uno degli episodi, una barca da pesca è stata danneggiata.

In Cisgiordania diversi episodi di lancio di pietre contro veicoli, sia da parte palestinese che da parte di coloni israeliani, hanno provocato il ferimento di una donna israeliana e danni ad almeno quattro veicoli israeliani e a tre veicoli palestinesi. Il 17 giugno, vicino allo raccordo stradale di Gush Etzion (Hebron), un colono israeliano è stato fisicamente aggredito e ferito da un palestinese, secondo quanto riferito, in un tentativo di aggressione con coltello.

Secondo fonti ufficiali israeliane, per le preghiere del terzo venerdì del Ramadan (16 giugno), circa 95.000 palestinesi della Cisgiordania sono stati ammessi in Gerusalemme Est attraverso checkpoint prefissati. Ciò è da attribuire, come menzionato in precedenza, principalmente alla temporanea sospensione dell’obbligo di permesso per i titolari di documenti di identità rilasciati dalla Cisgiordania. Inoltre, a circa 100 palestinesi di Gaza sopra i 55 anni è stato concesso di entrare a Gerusalemme Est per le preghiere del venerdì, e ad altri 300 durante i giorni feriali.

Il Valico di Rafah, controllato dall’Egitto, è stato tenuto chiuso in entrambe le direzioni durante l’intero periodo di riferimento. Secondo le autorità palestinesi di Gaza, oltre 20.000 persone, tra cui casi umanitari, sono registrate e in attesa di uscire da Gaza attraverso Rafah. Il valico è stato ultimamente aperto eccezionalmente il 9 maggio, portando a 16 il numero di giorni di apertura nel 2017.

Ultimi sviluppi (successivi al periodo di riferimento di questo Rapporto)

Secondo l’Azienda di Distribuzione Elettrica di Gaza, dal 19 al 22 giugno, Israele ha ridotto progressivamente la sua fornitura di energia elettrica alla Striscia di Gaza da 120 a 72 megawatt (MW). Questa riduzione è stata compensata dalla ripresa parziale dell’attività della Centrale Elettrica di Gaza (55 MW) che ha consentito di mantenere l’erogazione di energia per circa quattro ore al giorno; la Centrale era stata chiusa il 17 aprile. L’impianto è stato in grado di riprendere le attività perché l’Egitto ha aperto il valico di Rafah per due giorni consecutivi, consentendo l’ingresso di combustibile industriale.

nota 1:

I Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati ogni due settimane in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informa-zioni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati.

sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina: https://www.ochaopt.org/reports/protection-of-civilians

L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano (vedi di seguito) l’edizione inglese dei Rapporti.

la versione in italiano è scaricabile dal sito Web della Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, alla pagina:

https://sites.google.com/site/assopacerivoli/materiali/rapporti-onu/rapporti-settimanali-integrali

nota 2: Nella versione italiana non sono riprodotti i dati statistici ed i grafici. Le scritte [in corsivo tra parentesi quadre]

sono talvolta aggiunte dai traduttori per meglio esplicitare situazioni e contesti che gli estensori dei Rapporti

a volte sottintendono, considerandoli già noti ai lettori abituali.

nota 3: In caso di discrepanze (tra il testo dei Report e la traduzione italiana), fa testo il Report originale in lingua inglese.

Traduzione a cura di “Associazione per la pace – gruppo di Rivoli”




Rapporto OCHA del periodo 30 maggio- 12 giugno 2017 ( due settimane)

A seguito della decisione del governo palestinese di Ramallah di ridurre del 30% i pagamenti mensili a Israele per la fornitura di energia elettrica alla Striscia di Gaza, l’11 giugno il governo israeliano ha approvato un taglio della fornitura stessa.

Se questo provvedimento sarà attuato, l’elettricità sarà ridotta dalle attuali quattro ore a circa due ore al giorno, il che probabilmente porterà ad un collasso dei servizi di base. A metà aprile, l’unica centrale elettrica di Gaza, che in precedenza forniva circa un terzo dell’elettricità di Gaza, fu chiusa in conseguenza di una controversia tra le autorità di Ramallah e di Gaza sulla tassazione del carburante e sulla riscossione delle entrate.

Il 1° giugno, una ragazza palestinese di 15 anni, dopo aver accoltellato e ferito un soldato israeliano all’entrata dell’insediamento colonico di Mevo Dotan (Jenin), è stata colpita e ferita: è morta il giorno successivo in un ospedale israeliano per le ferite riportate. Sale a nove, dall’inizio del 2017, il numero di minori palestinesi uccisi dalle forze israeliane in attacchi, presunti attacchi e scontri.

Nei Territori palestinesi occupati, in vari scontri con le forze israeliane, due palestinesi sono stati uccisi e 58 sono stati feriti, tra cui sei minori. Entrambe le vittime (uomini di 20 e 25 anni), nonché 39 dei feriti, tra cui cinque minori, sono state colpite nei pressi della recinzione perimetrale di Gaza durante proteste contro il blocco [delle frontiere]. In Gaza, dal dicembre 2015, questo è il più alto numero di ferimenti ad opera delle forze israeliane. I restanti 19 feriti sono stati registrati in Cisgiordania, soprattutto nel contesto di operazioni di ricerca-arresto. Nella città di Hebron, durante uno degli scontri, un soldato israeliano è stato ferito dal lancio di pietre.

Otto palestinesi, tra cui tre minori, sono stati feriti quando uno dei minori ha causato l’esplosione di un residuato bellico (UXO). L’episodio si è verificato il 4 giugno nella zona di Al Mughraqa, a sud della città di Gaza.

Durante il periodo di riferimento sono stati registrati otto attacchi di coloni israeliani che hanno causato danni a proprietà palestinesi. In tre degli episodi, attribuiti a coloni degli insediamenti di Yitzhar e Bracha (Nablus), è stato appiccato il fuoco a terreni, con conseguente danneggiamento di 3 ettari di colture e di almeno 20 alberi appartenenti agli agricoltori di Asira al Qibliya, Burin e Huwwara. Nella stessa zona, la settimana precedente, erano stati segnalati una serie di attacchi che avevano causato il ferimento di un palestinese e danni estesi alle proprietà. A Gerusalemme Est, in quattro episodi, a 17 veicoli palestinesi sono stati squarciati i pneumatici o sono stati frantumati finestrini, specchietti o parabrezza, mentre scritte offensive sono state spruzzate nei pressi. Una famiglia della comunità di pastori di Khirbet Samra (Tubas) ha riferito che coloni israeliani sono penetrati nella comunità ed hanno vandalizzato un riparo per animali e circa 20 recipienti per l’acqua.

Nei pressi degli insediamenti di Adora e Kiryat Arba’ in Hebron, in tre episodi di lancio di pietre da parte di palestinesi, un israeliano è stato ferito e tre veicoli israeliani hanno subito danni.

Secondo fonti ufficiali israeliane, per le preghiere del venerdì del Ramadan, sono stati ammessi in Gerusalemme Est, attraverso i checkpoint circostanti, circa 65.000 palestinesi per il primo venerdì e 85.000 per il secondo. Ciò è stato conseguente alla disposizione con la quale i palestinesi in possesso di carte di identità della Cisgiordania – limitatamente ai maschi ultra 40enni ed alle donne – sono stati temporaneamente esentati dall’obbligo di autorizzazione. Inoltre, circa 100 palestinesi di Gaza, di età superiore ai 55 anni, sono stati autorizzati ad entrare in Gerusalemme Est per le preghiere del venerdì e altri 300 durante i giorni della settimana.

Contestando la violazione delle normative ambientali, le autorità israeliane hanno demolito, nella zona B di Ya’bad (Jenin), tre strutture appartenenti ad una tradizionale fabbrica di carbonella e sequestrato oltre 150 tonnellate di legno. Il provvedimento colpisce i mezzi di sostentamento di 24 famiglie. Durante l’operazione si è sviluppato un grande incendio che è stato spento dopo diverse ore. Dal novembre 2016, nella medesima località sono state operate tre demolizioni e confische simili. Inoltre, le autorità israeliane hanno abbattuto 27 ulivi a Husan (Betlemme), sostenendo che gli alberi consentivano una copertura per i palestinesi che lanciano pietre contro i veicoli israeliani in transito.

L’11 giugno, il Comitato Internazionale della Croce Rossa (ICRC) ha invitato le autorità israeliane a chiarire il destino di 19 palestinesi che sono scomparsi durante il conflitto del 2014 a Gaza, i cui corpi le autorità israeliane hanno pubblicamente ammesso di detenere. Qualche giorno prima, un identico invito era stato rivolto dallo stesso ICRC alle autorità di Hamas a Gaza, in relazione al destino di cinque cittadini israeliani scomparsi.

Le autorità israeliane hanno prorogato per altre tre settimane l’estensione (da sei a nove miglia marine dalla costa) dei limiti di pesca lungo la costa meridionale di Gaza. Dal 2013, adducendo preoccupazioni in materia di sicurezza, Israele aveva applicato il limite di pesca di sei miglia lungo tutta la costa di Gaza, pregiudicando seriamente le fonti di sostentamento dei pescatori.

Il Valico di Rafah, controllato dall’Egitto, è stato chiuso in entrambe le direzioni durante l’intero periodo di riferimento. Secondo le autorità palestinesi di Gaza, oltre 20.000 persone, tra cui casi umanitari, sono registrate e in attesa di uscire da Gaza attraverso Rafah. Il valico è stato ultimamente aperto eccezionalmente il 9 maggio, portando a 16 il numero di giorni di apertura nel 2017.

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Ultimi sviluppi (fuori dal periodo di riferimento)

In una dichiarazione emessa il 14 giugno, Robert Piper, Coordinatore umanitario delle Nazioni Unite per i territori palestinesi occupati (oPt), ha avvertito delle “conseguenze disastrose” che un’ulteriore riduzione delle forniture di energia elettrica alla Striscia di Gaza avrebbe sulle condizioni di vita dei suoi due milioni di abitanti.

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Rapporto OCHA del periodo 16 – 29 maggio 2017 (due settimane)

A quanto riferito, la crisi elettrica di Gaza si è aggravata in seguito all’annuncio, da parte delle Autorità palestinesi di Ramallah, di una riduzione dei finanziamenti per l’acquisto di energia elettrica da Israele[e destinata alla Striscia di Gaza].

Se l’annuncio verrà confermato, aumenterebbero ulteriormente i tagli di corrente programmati, portandoli dalle attuali 18-20 ore/giorno ad oltre 22 ore/giorno. Nel frattempo la Centrale elettrica di Gaza, chiusa il 16 aprile dopo aver esaurito le proprie riserve di carburante, è rimasta ferma. Il Ministero della Salute di Gaza ha annunciato che attualmente, a causa del peggioramento della crisi elettrica e della crescente carenza di forniture mediche, almeno un terzo degli interventi chirurgici viene rinviato. Inoltre, durante la prossima estate, a causa della mancanza di energia elettrica e/o di combustibile per l’irrigazione, si prevede che Gaza soffrirà la carenza di prodotti alimentari di prima necessità, con conseguente forte aumento dei prezzi di alcuni prodotti. Questa situazione continua a compromettere la fornitura di servizi essenziali, già ora operanti a livelli minimi ed affidati al funzionamento di generatori elettrici di emergenza.

Il 25 maggio, nella Striscia di Gaza, le autorità di Hamas hanno giustiziato tre uomini condannati da uno speciale “tribunale militare di campo” per il coinvolgimento nell’omicidio, avvenuto il 24 marzo 2017, di un autorevole membro di Hamas, ed accusati inoltre di “collaborazione con un partito nemico”. L’Ufficio dell’Alto Commissario per i Diritti Umani ha fermamente condannato le esecuzioni capitali ed ha dichiarato che esse costituiscono una “privazione arbitraria della vita”.

Due aggressioni e presunte aggressioni palestinesi hanno provocato l’uccisione di due sospetti aggressori, uno dei quali minorenne, e il ferimento di un poliziotto israeliano. Il 22 maggio, ad un checkpoint a sud-est di Gerusalemme (“il Container”), le forze israeliane hanno colpito e ucciso un ragazzo palestinese di 15 anni, presumibilmente dopo che questi aveva tentato di aggredire con un coltello un poliziotto di frontiera che non ha riportato ferite. Il 23 maggio, nella città di Netanya (Israele), un 45enne palestinese ha pugnalato e ferito un poliziotto israeliano ed è stato successivamente colpito e ferito: è morto due giorni dopo per le ferite riportate. Inoltre, al checkpoint di Qalandia (Gerusalemme), una ragazza 14enne è stata arrestata per la presunta detenzione di un coltello.

Una ragazza palestinese di 16 anni è morta per le ferite da arma da fuoco riportate il 15 marzo, quando guidò l’auto contro una fermata dell’autobus dei coloni, al raccordo stradale di Gush Etzion (Hebron). Questo porta a 18, otto dei quali minorenni, il numero di palestinesi uccisi nel 2017 in Cisgiordania dalle forze israeliane nel contesto di scontri e di aggressioni e presunte aggressioni.

Il 18 maggio, un palestinese di 21 anni è stato colpito con arma da fuoco e ucciso da un colono israeliano che ha anche ferito un altro palestinese. L’episodio si è verificato in un tratto della strada 60 che attraversa l’abitato del villaggio di Huwwara (Nablus), durante una manifestazione in solidarietà con i detenuti palestinesi. Una ripresa video mostra il colono che investe i dimostranti che bloccavano il suo veicolo, dopo di che i palestinesi lanciano pietre contro il veicolo e il colono apre il fuoco. La polizia israeliana ha annunciato che su questo caso non sarà aperta alcuna inchiesta. Un giorno prima, sulla strada 60 nei pressi del villaggio di Silwad (Ramallah), in circostanze simili, un altro giovane palestinese era stato colpito e ferito da un colono israeliano.

Dopo l’episodio verificatosi a Huwwara [vedi sopra], coloni dell’insediamento di Yitzhar hanno incendiato 250 ulivi e un bulldozer, hanno fisicamente aggredito un pastore palestinese e hanno lanciato pietre contro veicoli palestinesi, danneggiandone almeno quattro. Negli ultimi anni, le fonti di sostentamento e la sicurezza di circa 20.000 palestinesi che vivono in sei villaggi circostanti l’insediamento di Yitzhar (Burin, Urif, Huwwara, Madama, Asira al Qibliye e Ein Abus) sono stati resi precari a causa della violenza e delle intimidazioni dei coloni.

Secondo i resoconti dei media israeliani, sei coloni israeliani sono stati feriti e almeno 16 veicoli sono stati danneggiati in diversi casi di lancio di pietre ad opera di palestinesi: vicino a Gerusalemme, Ramallah, Hebron e Betlemme.

293 palestinesi, di cui 54 minori, sono stati feriti nei territori palestinesi occupati durante scontri con le forze israeliane, in prevalenza durante le dimostrazioni in solidarietà con i detenuti palestinesi in sciopero della fame. Lo sciopero, condotto per richiedere migliorie delle condizioni di carcerazione e delle modalità delle visite dei familiari, è terminato il 27 maggio, dopo 40 giorni. Almeno 33 delle lesioni (11%) sono state causate da arma da fuoco, mentre la maggior parte delle rimanenti è stata causata da inalazione di gas lacrimogeno (quasi il 50%) e da proiettili di gomma (quasi il 30%).

Nei pressi della recinzione perimetrale di Gaza, palestinesi e forze israeliane si sono scontrati con conseguente ferimento di 16 palestinesi. Altri due palestinesi, presenti nell’Area ad Accesso Riservato (ARA) che costeggia la recinzione, sono stati colpiti e feriti. Durante il periodo di riferimento, nelle Aree ad Accesso Riservato di terra e di mare, le forze israeliane hanno aperto il fuoco in 27 casi.

In occasione del mese musulmano del Ramadan, iniziato il 27 maggio, le autorità israeliane hanno annunciato l’attenuazione delle restrizioni di accesso. Il provvedimento prevede il rilascio, per i palestinesi, di circa 200.000 permessi per visite familiari in Gerusalemme Est ed in Israele, senza limiti di età e senza bisogno di una carta magnetica. Nei venerdì e nel Laylat al-Qadr [la “Notte del Destino”, una notte fra le ultime dieci del Ramadan, nella quale Allah decide il destino di tutti per l’anno nuovo] uomini di età superiore a 40 anni, bambini di età inferiore a 12 anni e donne di ogni età saranno autorizzati ad entrare in Gerusalemme Est senza permesso. Ai principali checkpoint che controllano l’accesso a Gerusalemme Est verranno adottati orari di apertura più ampi e restrizioni attenuate; ai titolari di documenti di identificazione della Cisgiordania saranno rilasciati 500 permessi per l’aeroporto “Ben Gurion”. Per quanto riguarda i residenti di Gaza, durante il Ramadan, per le preghiere del venerdì, saranno rilasciati fino a 100 permessi di ingresso in Gerusalemme Est a persone di età superiore a 55 anni, e fino a 300 permessi a “gruppi speciali”.

Continua il calo delle demolizioni e delle confische nell’Area C ed in Gerusalemme Est. Registrato un solo caso nella zona di Beit Hanina, a Gerusalemme Est: per mancanza del permesso di costruzione rilasciato da Israele, una famiglia palestinese è stata costretta a demolire un ampliamento della propria casa; sono stati sfollati tre minori e sono stati colpiti i mezzi di sussistenza di altre tre.

Il valico di Rafah, controllato dall’Egitto, è rimasto chiuso in entrambe le direzioni durante l’intero periodo di riferimento. Secondo le autorità palestinesi di Gaza, oltre 20.000 persone, tra cui casi umanitari, sono registrate e in attesa di uscire da Gaza attraverso Rafah. Il valico è stato ultimamente aperto eccezionalmente il 9 maggio, portando a 16 il numero di giorni di apertura nel 2017.

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Associazione per la pace – Via S. Allende, 5 – 10098 Rivoli TO; e-mail: assopacerivoli@yahoo.it




Rapporto OCHA del periodo 2 maggio – 15 maggio (due settimane)

Quattro aggressioni e tentate aggressioni con coltello contro le forze israeliane hanno provocato l’uccisione di due sospetti aggressori: un minore palestinese e un cittadino della Giordania; oltre al ferimento di un israeliano e di due palestinesi.

Il 7 maggio, nella città vecchia di Gerusalemme, le forze israeliane hanno sparato e ucciso una ragazza palestinese di 16 anni che, secondo fonti ufficiali israeliane, avrebbe tentato di accoltellare un gruppo di poliziotti. B’Tselem, organizzazione israeliana dei diritti umani, ha affermato che, sebbene la ragazza brandisse un coltello, “si era fermata a diversi metri dagli ufficiali, [e] non rappresentava un pericolo per loro”. Ad oggi, nel 2017, in Cisgiordania questo è il sesto minore palestinese ucciso dalle forze israeliane nel contesto di aggressioni, presunte aggressioni e scontri. Sempre a Gerusalemme, il 13 maggio, un cittadino giordano 57enne (rifugiato palestinese) ha pugnalato e ferito un poliziotto israeliano e successivamente è stato colpito e ucciso. Inoltre, in base ai resoconti dei media israeliani, il 10 e 15 maggio, in due distinti episodi, presso il checkpoint di Salem (Jenin) e nella zona H2 della città di Hebron, le forze israeliane hanno sparato e ferito due giovani palestinesi che avrebbero tentato di accoltellare dei soldati israeliani.

Nel periodo in esame [2-15 maggio], in Cisgiordania le violenze e gli scontri con le forze israeliane sono aumentati: una giovane palestinese è stata uccisa ed altri 255 palestinesi, di cui 26 minori, sono stati feriti. La maggioranza degli scontri si è verificata il 15 maggio, durante le manifestazioni per commemorare il 69° anniversario di quello che i palestinesi chiamano “An Nakba” [= la catastrofe, cioè la proclamazione unilaterale, nel 1948, della nascita dello Stato di Israele], così come durante le manifestazioni in solidarietà con i palestinesi detenuti nelle carceri israeliane, che sono in sciopero della fame da più di 30 giorni per protestare contro le loro condizioni di detenzione. La giovane (di cui sopra) è una palestinese di 22 anni, uccisa con arma da fuoco durante gli scontri scoppiati nel villaggio di Nabi Salah (Ramallah), nel corso della manifestazione settimanale contro l’acquisizione di terre da parte di coloni israeliani. Almeno 35 dei feriti (14%) sono stati colpiti da armi da fuoco, mentre la maggior parte dei rimanenti ha subito lesioni da inalazione di gas lacrimogeni (circa il 40%) e da proiettili di gomma (quasi il 30%).

In numerosi checkpoints della Cisgiordania sono stati rilevati lunghi ritardi che hanno reso difficile l’accesso ai servizi e ai luoghi di lavoro. Durante il periodo di riferimento, nel contesto di crescenti tensioni e violenze, le forze israeliane hanno dispiegato almeno 160 “checkpoint volanti” ad hoc, più che raddoppiando la media bisettimanale registrata dall’inizio dell’anno; tra questi i “checkpoint volanti” allestiti agli ingressi principali delle città di Qalqiliya, Hebron e Betlemme. Inoltre, in diversi momenti di questo periodo, 40 checkpoint parziali (cioè non presidiati in modo permanente) sono stati attivati e presidiati da soldati che fermavano i veicoli palestinesi per effettuare controlli e ricerche.

Il 15 maggio, nel mare a nord-ovest della città di Gaza, le forze navali israeliane hanno aperto il fuoco contro una barca da pesca, uccidendo un pescatore di 23 anni. Secondo il Centro Palestinese per i Diritti Umani, l’episodio si è verificato a circa tre miglia nautiche dalla costa [cioè in zona non vietata da Israele]. In almeno altre 22 occasioni, le forze navali israeliane hanno aperto il fuoco di avvertimento in direzione di pescatori che navigavano nelle Aree ad Accesso Riservato (ARA): in uno dei casi hanno ferito un pescatore. All’inizio di questo mese, e fino al 7 giugno, in occasione della stagione della pesca delle sardine, nella parte meridionale della Striscia di Gaza, i militari israeliani hanno esteso la zona di pesca consentita, portandola da sei a nove miglia nautiche; viceversa, lungo la costa settentrionale, l’accesso oltre le sei miglia è rimasto precluso. Dall’inizio del 2017 ad oggi ci sono già stati, in mare, almeno 133 casi di apertura del fuoco: il bilancio è di un morto [vedi sopra] e otto feriti.

In Area C e Gerusalemme Est, per mancanza di permessi di costruzione, le autorità israeliane hanno demolito 13 strutture palestinesi sfollando 22 persone e colpendo i mezzi di sostentamento di altre 40. Nove delle strutture abbattute si trovavano a Gerusalemme Est; sei di queste ultime erano collocate nella comunità di Al Walaja, nella parte illegalmente annessa ad Israele e dove le autorità israeliane hanno recentemente ripreso la costruzione della Barriera. Le altre quattro strutture demolite erano in Area C, nelle comunità di Al Jiftlik (valle del Giordano) e di Ar Ram (governatorato di Gerusalemme).

Due palestinesi sono stati feriti e strutture agricole sono state vandalizzate in episodi di cui sono stati protagonisti coloni israeliani. Nella zona H2 della città di Hebron, coloni israeliani hanno fisicamente aggredito e ferito il Direttore della scuola elementare di Qurtuba; nei pressi dell’insediamento colonico di Kiryat Arba (Hebron), un palestinese è rimasto ferito dai frammenti di vetro della sua auto contro la quale coloni israeliani avevano lanciato pietre. Gli agricoltori dei villaggi di Al Khadr (Betlemme) e Qusra (Nablus) hanno riferito che una recinzione e due serbatoi per l’acqua sono stati vandalizzati da coloni israeliani, rispettivamente di Ahiya e di Alon Shevut.

Secondo resoconti di media israeliani, cinque coloni israeliani sono stati feriti e almeno dieci veicoli sono stati danneggiati in diversi casi di lancio di pietre e bottiglie incendiarie ad opera di palestinesi, nei pressi di Gerusalemme, Ramallah, Hebron e Betlemme.

È rimasta ferma la Centrale elettrica di Gaza, chiusa il 17 aprile per esaurimento delle proprie riserve di carburante; perdurano così i tagli di 20-22 ore giornaliere alla erogazione di energia elettrica. L’approvvigionamento elettrico dall’Egitto, dopo la riparazione dei guasti alle linee elettriche, è ripreso temporaneamente il 7 maggio, ma è stato nuovamente interrotto il 12 maggio. Questa situazione continua a compromettere la fornitura dei servizi essenziali, operanti ai livelli minimi e affidati al funzionamento di generatori elettrici di emergenza.

Il valico di Rafah, sotto controllo egiziano, è stato eccezionalmente aperto in una direzione per quattro giorni durante il periodo (6-9 maggio), consentendo a 3.068 palestinesi di entrare a Gaza. Secondo le autorità palestinesi di Gaza, oltre 20.000 persone, tra cui casi umanitari, sono registrate e in attesa di uscire da Gaza attraverso Rafah.

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Ultimi sviluppi

Secondo le prime notizie dei media, il 18 maggio, durante una protesta nella città di Huwwara (Nablus), un colono israeliano ha sparato, uccidendo un 23enne e ferendo un fotografo, entrambi palestinesi.

nota 1:

I Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati ogni due settimane in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informa-zioni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati.

sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina: https://www.ochaopt.org/reports/protection-of-civilians

L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano (vedi di seguito) l’edizione inglese dei Rapporti.

la versione in italiano è scaricabile dal sito Web della Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, alla pagina:

https://sites.google.com/site/assopacerivoli/materiali/rapporti-onu/rapporti-settimanali-integrali

nota 2: Nella versione italiana non sono riprodotti i dati statistici ed i grafici. Le scritte [in corsivo tra parentesi quadre]

sono talvolta aggiunte dai traduttori per meglio esplicitare situazioni e contesti che gli estensori dei Rapporti

a volte sottintendono, considerandoli già noti ai lettori abituali.

nota 3: In caso di discrepanze (tra il testo dei Report e la traduzione italiana), fa testo il Report originale in lingua inglese.

Associazione per la pace – Via S. Allende, 5 – 10098 Rivoli TO; e-mail: assopacerivoli@yahoo.it