Rapporto Ocha 16 – 22 febbraio 2016

Durante la settimana, sono stati segnalati sei attacchi e presunti attacchi di palestinesi contro israeliani, con la conseguente uccisione di un soldato e il ferimento di altri tre israeliani. Tre dei presunti responsabili sono stati uccisi sul posto, tra essi un ragazzo di 16 anni, mentre altri due minori palestinesi di 14 anni sono stati feriti.

Gli episodi si riferiscono a quattro accoltellamenti e presunti tentativi di accoltellamento a Gerusalemme Est, al checkpoint di Beita (Nablus) e agli insediamenti colonici di Na’ale (Ramallah) e Sha’ar Binyamin (Gerusalemme); oltre a un sospetto speronamento con auto nei pressi del villaggio di Silwan (Ramallah). Inoltre sono stati segnalate due sparatorie presso l’insediamento di Beit El, vicino a Ramallah, con conseguenti danni a una casa. Dall’inizio dell’anno 27 palestinesi, tra cui nove minori, e quattro israeliani sono stati uccisi in attacchi e presunti attacchi effettuati da palestinesi.

Il 21 febbraio, per tre giorni consecutivi, le forze israeliane hanno bloccato quattro delle cinque vie d’accesso al villaggio di Qabatiya (Jenin), costringendo i residenti (circa 23.800 persone) ad utilizzare percorsi alternativi e rendendo problematico l’accesso a servizi e luoghi di lavoro. La chiusura ha fatto seguito all’accoltellamento verificatosi al checkpoint di Beita, messo in atto, secondo quanto riferito, da un sedicenne residente a Qabatiya, ucciso durante l’attacco [vedi paragrafo precedente].

Durante scontri a Beit Fajjar (Betlemme), un 21enne palestinese è stato ucciso con armi da fuoco. Gli scontri nei Territori palestinesi occupati hanno provocato il ferimento di 54 palestinesi, tra cui 11 minori. Tre dei ferimenti si sono verificati nella Striscia di Gaza, vicino alla recinzione perimetrale, i rimanenti in Cisgiordania. La maggior parte delle lesioni sono state segnalate durante le manifestazioni settimanali a Bil’in e Ni’lin (Ramallah) e nel corso delle manifestazioni in solidarietà con i prigionieri palestinesi in sciopero della fame nelle carceri israeliane, in particolare Mohammad al QiQ, che da più di 90 giorni è in sciopero della fame. I restanti ferimenti sono avvenuti durante scontri collegati ad operazioni di ricerca-arresto. Questi fatti portano a sette il numero di palestinesi uccisi (tre minori) dall’inizio del 2016 durante scontri nei Territori occupati, mentre il numero dei feriti sale a 946 (316 minori).

Nella Striscia di Gaza, in Aree ad Accesso Riservato di terra e di mare, sono stati registrati almeno 21 episodi in cui le forze israeliane hanno aperto il fuoco di avvertimento contro civili palestinesi; in nessun dei casi ci sono state vittime. Quattro palestinesi sono stati arrestati: un uomo d’affari al valico di Erez e altri tre nei pressi della recinzione di confine che circonda Gaza, dopo essere entrati in Israele senza autorizzazione.

Il 21 febbraio, per mancanza dei permessi di costruzione, le forze israeliane hanno smantellato e confiscato una nuova sezione di scuola nella comunità beduina palestinese di Abu Nuwar, ad est di Gerusalemme. La sezione confiscata comprendeva sette roulotte e tre latrine, finanziate da donatori e destinate ai 62 bambini del primo e del secondo ciclo della scuola della comunità. Negli ultimi tempi i residenti di Abu Nuwar hanno subito, da parte delle autorità israeliane, una crescente sollecitazione a “trasferirsi” in una vicina località, fatto che potrebbe configurarsi come un trasferimento forzato. Il numero delle strutture fornite come aiuti umanitari e distrutte e/o confiscate dalle autorità israeliane dall’inizio del 2016, ha già superato il numero relativo a tutto il 2015 (pari a 108). Jabal al Baba, un’altra comunità della stessa area a rischio di trasferimento forzato, ha ricevuto ordini di arresto lavori per undici abitazioni ed una moschea.

Nella zona di Al ‘Isawiya di Gerusalemme Est, a motivo della mancanza di permessi di costruzione, le autorità israeliane hanno distrutto otto strutture agricole; nel corso dell’operazione diversi serbatoi d’acqua e un container sono stati danneggiati, decine di alberi sono stati sradicati e diverse migliaia di metri quadrati di terreno coltivato sono stati spianati con i bulldozer. Tutto ciò ha compromesso la fonte di sostentamento di 45 persone, la metà dei quali minori.

Le autorità israeliane hanno sradicato circa 120 alberi di ulivo appartenenti ad agricoltori di Deir Istiya (Salfit), con la motivazione che l’area è stata designata [dalle autorità israeliane] “riserva naturale”. Nella zona di Nablus, coloni israeliani provenienti, secondo quanto riferito, dall’insediamenti di Shilo, hanno sradicato 30 piantine di ulivo e di mandorlo appartenenti ad un contadino del villaggio di Jalud (Nablus).

Le forze israeliane, nel corso di una esercitazione militare, hanno danneggiato 40 ettari di terra coltivata ad orzo ed appartenenti a residenti delle comunità di Jinba, Al Halaweh e Al Markiz, nella zona di Masafer Yatta di Hebron. Nelle prime due comunità, in seguito al fallimento di un processo di mediazione, all’inizio di questo mese le autorità israeliane hanno demolito 24 strutture. L’esercito israeliano ha designato quest’area come “zona chiusa per esercitazioni militari” ed ha cercato di rimuovere tutte o alcune delle 12 comunità palestinesi che vi si trovano. Questa settimana, in un’altra comunità nella stessa area (Al Fakheit), le autorità hanno emesso ordini di arresto lavori contro 12 strutture, metà delle quali fornite come aiuto umanitaria.

I media israeliani hanno riportato cinque episodi di lancio di pietre da parte di palestinesi contro veicoli con targa israeliana, con conseguenti danni a quattro veicoli privati vicino ad Hebron e Ramallah, nonché danni alla metropolitana leggera di Gerusalemme nella zona di Shu’fat in Gerusalemme Est.

Durante il periodo di riferimento il valico di Rafah, sotto controllo egiziano, è stato chiuso in entrambe le direzioni. Il valico è rimasto chiuso, anche per l’assistenza umanitaria, dal 24 ottobre 2014 ad eccezione di 42 giorni di aperture parziali. Le autorità di Gaza hanno segnalato che sono registrati e in attesa di attraversare oltre 25.000 persone con bisogni urgenti, tra cui circa 3.500 malati.

 

Ultimi sviluppi (fuori dal periodo di riferimento)

Il 23 febbraio, nel governatorato di Hebron, le forze israeliane hanno demolito due case appartenenti a presunti autori di attacchi contro israeliani, sfollando 18 persone, tra cui 11 minori.

Il 24 febbraio, nel governatorato di Betlemme, un soldato israeliano è stato ucciso da “fuoco amico” durante un’aggressione con arma da taglio; il presunto autore palestinese è stato colpito e ferito.

nota 1:

I Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati settimanalmente in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informazio-ni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati.

sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina: http://www.ochaopt.org/reports.aspx?id=104&page=1

L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano (vedi di seguito) l’edizione inglese dei Rapporti.

sono scaricabili dal sito Web della Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, alla pagina:

https://sites.google.com/site/assopacerivoli/materiali/rapporti-onu/rapporti-settimanali-integrali

nota 2: in caso di discrepanze, fa testo la versione originale in lingua inglese. Nella versione italiana non sono riprodotti i

dati statistici ed i grafici.

Associazione per la pace – Rivoli TO; e-mail: assopacerivoli@yahoo.it; Web: https://sites.google.com/site/assopacerivoli




Rapporto OCHA della settimana 9 – 15 febbraio

Durante la settimana sono stati segnalati sette attacchi e presunti attacchi di palestinesi contro israeliani, con il conseguente ferimento di un colono israeliano; sei dei presunti responsabili palestinesi sono stati uccisi sul posto, tra cui quattro minori ed una donna; un’altra donna palestinese è stata ferita.

Gli episodi includono tre attacchi con arma da fuoco: in Gerusalemme Est, nei pressi della Barriera, nel governatorato di Jenin, nell’insediamento colonico di Beit El vicino a Ramallah e quattro accoltellamenti e presunti tentativi di accoltellamento: nell’area a controllo israeliano della città di Hebron (due episodi), al posto di blocco di An Nu’man sulla Barriera, e vicino all’insediamento colonico di Neve Daniel, questi ultimi due a Betlemme. Secondo quanto riferito, uno dei presunti responsabili prestava servizio nella Sicurezza dell’Autorità Nazionale Palestinese. Dall’inizio dell’anno, 24 palestinesi, tra cui otto minori, e due israeliani sono stati uccisi in attacchi e presunti attacchi effettuati da palestinesi.

Dopo l’attacco con arma da taglio vicino all’insediamento di Neve Daniel, il 9 febbraio, le forze israeliane hanno chiuso per sei giorni consecutivi il villaggio di Nahhalin (10.500 persone), all’interno del quale, secondo quanto riferito, il sospetto aggressore si era rifugiato. L’accesso ai servizi ed ai luoghi di lavoro è stato gravemente compromesso; soltanto a casi umanitari eccezionali è stato consentito il transito, controllato da un posto di blocco, su una delle strade di accesso al villaggio. Una chiusura simile è stata applicata, dal 14 febbraio, al villaggio di Al ‘Araqa (Jenin) dopo la sparatoria nei pressi della Barriera. Infine, in seguito alla sparatoria nell’insediamento colonico di Beit El (15 febbraio), l’esercito israeliano ha chiuso il vecchio tracciato della Strada 60, nei pressi del Campo profughi di Al Jalazun, costringendo i palestinesi a percorrere una lunga deviazione per raggiungere la città di Ramallah.

All’inizio di questa settimana, le autorità israeliane hanno restituito uno dei corpi dei presunti autori di aggressioni contro israeliani. Sono ancora trattenuti dalle autorità i corpi di altri nove palestinesi, tutti ex residenti di Gerusalemme Est.

Un ragazzo palestinese 16enne è stato ucciso con arma da fuoco dalle forze israeliane, durante scontri vicino al Campo profughi di Al ‘Arrub (Hebron). Gli scontri nei territori palestinesi occupati hanno anche provocato il ferimento di 232 palestinesi, tra cui 69 minori. Dieci dei ferimenti sono avvenuti vicino alla recinzione perimetrale della Striscia di Gaza ed i restanti in Cisgiordania. La maggior parte degli scontri si sono verificati nel contesto di operazioni di ricerca-arresto, con il maggior numero di ferimenti avvenuti nel Campo profughi di Al Am’ari (Ramallah) e nel villaggio di Tuqu’ (Betlemme). In totale, le forze israeliane hanno condotto 103 operazioni di ricerca-arresto ed hanno arrestato 133 palestinesi. Le restanti lesioni sono state segnalate durante scontri avvenuti nel corso di manifestazioni di solidarietà con i prigionieri palestinesi in sciopero della fame nelle carceri israeliane, in particolare Mohammad al QiQ, che ha già trascorso più di 80 giorni in sciopero della fame. Questi eventi portano il numero totale di palestinesi uccisi in scontri, a partire dall’inizio del 2016, a quattro, tre dei quali minori, e a 892 i feriti, tra cui 305 minori.

Il 13 febbraio, dopo una esercitazione militare israeliana svolta il 9 febbraio nei pressi del villaggio di Tayaser (Tubas), un palestinese 12enne è stato ferito, nei pressi della sua casa, dall’esplosione un ordigno residuato ed ha riportato ustioni di secondo grado. Ancora in questa settimana, un 11enne palestinese è morto per le ferite subite nel 2011, durante un attacco dell’aviazione israeliana su Gaza.

Nella Striscia di Gaza, nelle Aree ad Accesso Riservato, di terra e di mare, sono stati registrati almeno 8 casi in cui le forze israeliane hanno aperto il fuoco di avvertimento contro civili palestinesi; non ci sono state vittime. Quattro palestinesi, tra cui tre minori, sono stati arrestati nei pressi della recinzione di confine che circonda Gaza, dopo aver attraversato in Israele senza autorizzazione.

Per mancanza dei permessi edilizi israeliani le autorità israeliane hanno distrutto 13 strutture in dodici comunità poste in Area C ed in Gerusalemme Est; quattro di tali strutture erano state donate come assistenza umanitaria. Come risultato 114 persone sono state sfollate, tra cui 59 minori, ed altre 203 persone sono state altrimenti coinvolte dal provvedimento. La demolizione più estesa ha colpito la comunità beduina palestinese di Ein ar Rashash (Ramallah), che si trova in un’area [dichiarata da Israele] “zona per esercitazioni a fuoco” e che è stata quasi completamente distrutta (43 strutture demolite). Il numero di strutture demolite e di sfollati, a partire dall’inizio del 2016, equivale a più della metà delle demolizioni e degli sfollamenti effettuati in tutto il 2015. Più di un terzo delle strutture demolite dall’inizio dell’anno erano state fornite come assistenza umanitaria a famiglie in difficoltà.

Sono stati registrati tre attacchi di coloni israeliani con lesioni a palestinesi o danni alle loro proprietà: l’aggressione ad un 65enne palestinese, nei pressi di Yatta (Hebron); lanci di pietre contro veicoli palestinesi vicino al villaggio di Azzun (Qalqiliya), con danni a un veicolo; lo sradicamento di cinque ulivi e lo spianamento di terreno nel villaggio di Kafr Sur (Tulkarem).

Il valico di Rafah, controllato dall’Egitto, è stato eccezionalmente aperto per tre giorni in entrambe le direzioni, consentendo l’ingresso in Gaza a 1.122 palestinesi e l’uscita ad altri 2.439, per lo più malati e studenti. Il valico è rimasto chiuso, anche per l’assistenza umanitaria, dal 24 ottobre 2014 ad eccezione di 42 giorni di aperture parziali. Le autorità di Gaza hanno segnalato che sono registrati e in attesa di attraversare oltre 25.000 persone con bisogni urgenti, tra cui circa 3.500 malati.

 

Ultimi sviluppi (fuori dal periodo di riferimento)

Il 17 febbraio, il Coordinatore Umanitario per i Territori Palestinesi occupati (oPT), Robert Piper, ha chiesto ad Israele di fermare immediatamente le demolizioni nei territori occupati della Cisgiordania e di rispettare il Diritto internazionale.

Dal 16 febbraio è tornato alla normalità l’accesso al villaggio di ‘Araqa (Jenin).

nota 1:

I Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati settimanalmente in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informazio-ni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati.

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L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano (vedi di seguito) l’edizione inglese dei Rapporti.

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nota 2: in caso di discrepanze, fa testo la versione originale in lingua inglese. Nella versione italiana non sono riprodotti i

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Rapporto OCHA della settimana 2-8febbraio 2016

Il 3 febbraio, nei pressi della porta di Damasco, a Gerusalemme Est, tre palestinesi hanno effettuato un attacco con coltelli ed armi da fuoco contro forze israeliane, uccidendo una poliziotta israeliana e ferendone un’altra. I tre autori (di 19 e 21 anni), tutti provenienti dal villaggio di Qabatiya (Jenin), sono stati uccisi durante l’attacco;

secondo quanto riferito, nessuno di loro apparteneva ad una qualche fazione. Nonostante la gravità dell’episodio, questa settimana ha fatto segnare, in Cisgiordania, il minor numero di attacchi contro israeliani a partire dall’ottobre 2015. L’episodio sopraccitato porta a 18 il numero dei palestinesi uccisi dall’inizio del 2016 nel corso di aggressioni contro israeliani; tra essi cinque minori.

Dopo l’attacco di cui sopra, le forze israeliane hanno bloccato, per tre giorni consecutivi, tutte le strade in entrata ed in uscita dal villaggio di Qabatiya (23.300 abitanti). Per i residenti l’accesso ai servizi ed ai luoghi di lavoro esterni al villaggio è stato gravemente compromesso; circa 300 permessi di lavoro, concessi ai residenti occupati in Israele, sono stati revocati. Durante gli stessi giorni sono stati registrati diversi scontri e operazioni di ricerca-arresto con conseguente ferimento di 61 palestinesi, tra cui 28 minori.

Durante la settimana sono avvenuti altri tre accoltellamenti all’interno di Israele, con conseguente ferimento di una donna israeliana e di due soldati; secondo quanto riferito, gli episodi sarebbero da collegare al clima di scontro. Uno degli aggressori, un cittadino straniero, è stato ucciso; due ragazze palestinesi di 13 anni, con cittadinanza israeliana, sono state arrestate. Un altro aggressore, la cui identità rimane ignota, è fuggito. [1]

Un 14enne palestinese è stato ucciso, con armi da fuoco, dalle forze israeliane in prossimità dell’ingresso del villaggio di Halhul (Hebron), presumibilmente dopo aver lanciato una bottiglia incendiaria; nello stesso contesto, e con armi da fuoco, è stato ferito anche un 13enne.

Numerosi scontri con le forze israeliane, avvenuti in varie località dei Territori palestinesi occupati, hanno provocato il ferimento di 138 palestinesi, tra cui 45 minori. Otto dei ferimenti si sono verificati nella Striscia di Gaza, vicino alla recinzione perimetrale; i rimanenti in Cisgiordania. La maggior parte dei ferimenti verificatisi in Cisgiordania sono stati registrati nel contesto di scontri scoppiati durante le manifestazioni settimanali a Ni’lin (Ramallah) e Kafr Qaddum (Qalqiliya) e durante le operazioni di ricerca-arresto a Qabatiya (Jenin), nella città di Salfit, a Qabalan (Nablus) e al Campo profughi di Al Fawwar (Hebron).

L’8 febbraio, un civile palestinese è morto a causa del crollo di un tunnel per il contrabbando sotto il confine tra Gaza e l’Egitto. L’attività di contrabbando, lungo il confine con l’Egitto, era in gran parte già cessata dalla metà del 2013, in seguito alla distruzione o al blocco, ad opera delle autorità egiziane, della stragrande maggioranza delle gallerie. A quanto si sa, pochi tunnel sono rimasti parzialmente operativi.

Nella Striscia di Gaza, nelle Aree ad Accesso Riservato, a terra ed in mare, sono stati registrati almeno 13 casi in cui le forze israeliane hanno aperto il fuoco di avvertimento contro civili palestinesi, senza causare vittime. Quattro pescatori sono stati arrestati in mare, dopo essere stati costretti dalle forze israeliane, secondo quanto riferito, a togliersi i vestiti e nuotare verso l’imbarcazione militare; due barche sono state confiscate. Inoltre, in un caso, le forze israeliane sono entrate a Gaza ed hanno spianato il terreno ad est della città di Rafah.

Il 3 febbraio, presso due comunità di pastori, a sud di Hebron (Jinba e Halaweh), le autorità israeliane hanno distrutto, o smontato e confiscato, 31 strutture, sfollando 139 persone. Queste e altre dieci comunità (circa 1.300 persone) sono a rischio di trasferimento forzato a causa della designazione dell’area [da parte di Israele], negli anni 80, come “zona chiusa destinata alle esercitazioni militari”. Alcune di queste comunità furono costituite prima dell’occupazione israeliana e sono in possesso dei documenti attestanti i loro diritti sulla terra. L’episodio consegue alla conclusione senza accordo di un processo di mediazione riguardante ricorsi inoltrati alla Corte Suprema israeliana contro la distruzione e lo sfratto di queste comunità.

Durante la settimana, in Cisgiordania, per mancanza dei permessi di costruzione rilasciati da Israele, sono state demolite o smontate e confiscate, altre 36 strutture di proprietà palestinese, 29 delle quali finanziate da donatori. Come risultato, 26 persone sono state sfollate, tra cui 15 minori; altre 26 persone sono state coinvolte in vario modo. Quattro delle strutture implicate si trovavano a Gerusalemme Est, in aree designate dalle autorità israeliane come “parco nazionale”. Le 157 strutture distrutte o smontate e sequestrate, dall’inizio del 2016 fino all’8 febbraio, equivalgono al 29% delle strutture prese di mira in tutto il 2015.

Sempre in questa settimana, le autorità israeliane hanno emesso nove ordini di demolizione e sequestro contro le case di famiglia di nove presunti autori di attacchi contro israeliani, ponendo le famiglie a rischio sfollamento. Le demolizioni punitive sono una forma di punizione collettiva e, in quanto tali, sono illegali secondo il diritto internazionale.

Un palestinese è stato aggredito e ferito da coloni israeliani nei pressi dell’insediamento di Kiryat Arba (Hebron). In un altro caso, agricoltori di Iraq Burin (Nablus) hanno riferito il furto di due asini da parte di coloni israeliani provenienti dall’insediamento di Bracha. Inoltre, coloni israeliani della fattoria-avamposto di Ma’on hanno impedito ad alunni palestinesi di raggiungere la loro scuola nel villaggio di At-Tuwani (Hebron).

Il 6 febbraio, nei pressi dell’insediamento di Karmei Tzur (Hebron), ignoti hanno incendiato una tenda eretta da coloni israeliani, e utilizzata come sinagoga, su un terreno di proprietà privata palestinese. Una struttura precedente, eretta sullo stesso sito, era stata demolita dalle autorità israeliane nel 2015, in seguito ad una petizione inoltrata presso il tribunale dai proprietari dei terreni. Il Segretario generale dell’ONU ha condannato l’incendio doloso ed ha invitato tutte le parti a rispettare l’inviolabilità dei luoghi sacri.

I media israeliani hanno riferito cinque episodi di lanci di pietre da parte palestinese contro veicoli con targa israeliana, con conseguenti danni a tre veicoli e alla metropolitana leggera di Gerusalemme.

Durante il periodo di riferimento il valico di Rafah, sotto controllo egiziano, è stato chiuso in entrambe le direzioni. Il valico è rimasto chiuso, anche per l’assistenza umanitaria, dal 24 ottobre 2014 ad eccezione di 39 giorni di aperture parziali. Le autorità di Gaza hanno segnalato che sono registrati e in attesa di attraversare oltre 25.000 persone con bisogni urgenti, tra cui circa 3.500 malati.

[1] I dati OCHA per la protezione dei civili includono gli episodi che si sono verificati al di fuori dei Territori occupati solo se risultano coinvolti, sia come vittime che come aggressori, persone residenti nei Territori occupati.

Ultimi sviluppi (fuori dal periodo di riferimento)

Tra il 9 e 11 febbraio, le autorità israeliane hanno distrutto almeno 80 abitazioni con le relative strutture ausiliarie di sussistenza, in sette comunità palestinesi in Area C, tutte situate nella valle del Giordano tranne una, sfollando circa 60 persone, la metà delle quali minori.

Il 10 febbraio, le forze israeliane hanno ucciso un ragazzo palestinese 15enne durante scontri all’ingresso del campo profughi di Al Arrub (Hebron).

nota 1:

I Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati settimanalmente in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informazio-ni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati.

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L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano (vedi di seguito) l’edizione inglese dei Rapporti.

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Rapporto sulla Protezione dei Civili nei Territori Palestinesi occupati riguardante il periodo: 26 gennaio – 2 febbraio 2016

Durante la settimana sono stati registrati cinque attacchi e presunti attacchi di palestinesi contro israeliani, con il conseguente ferimento di cinque israeliani, tra cui tre soldati ed un 17enne; due dei sospetti responsabili palestinesi sono stati uccisi sul posto, uno è rimasto ferito ed altri quattro arrestati.

Uno degli episodi, il 31 gennaio, ha avuto come protagonista un poliziotto palestinese che ha aperto il fuoco contro i soldati israeliani che presidiano uno dei posti di blocco che controllano l’accesso alla città di Ramallah (DCO checkpoint). Gli altri episodi includono uno speronamento con l’automobile ad un posto di blocco ad ovest di Ramallah e tre accoltellamenti e presunti accoltellamenti: vicino alla Barriera nel governatorato di Tulkarem ed a Gerusalemme Est (due casi).

Dopo il sopraccitato attacco con arma da fuoco al checkpoint DCO, l’esercito israeliano ha drasticamente limitato l’accesso e l’uscita dalla città di Ramallah, rendendo problematico l’accesso delle persone ai servizi ed ai luoghi di lavoro. Il checkpoint DCO è stato completamente chiuso e sono stati allestiti posti di blocco sulle due gallerie che collegano la città ai villaggi orientali attraverso Ein Yabrud e Yabrud, così come lungo una delle principali strade di collegamento con la strada 60 (attraverso il villaggio di ‘Ein Siniya). All’inizio di questa settimana, altri due percorsi che collegano alcuni villaggi ad ovest di Ramallah con la città (attraverso i villaggi di Beit ‘Ur at Tahta e Deir Ibzi’) erano già stati bloccati, incanalando il traffico verso deviazioni più lunghe.

I corpi di dieci palestinesi, tutti ex residenti di Gerusalemme Est, sospettati di aver condotto attacchi contro israeliani, sono tuttora trattenuti dalle autorità israeliane. All’inizio di questa settimana le autorità israeliane avevano restituito due corpi di quelli precedentemente trattenuti.

Durante la settimana, 46 palestinesi, tra cui 16 minori, sono stati feriti dalle forze israeliane nel corso di proteste e scontri avvenuti in varie località dei territori palestinesi occupati. Tale numero di feriti è il più basso tra quelli registrati in una singola settimana dall’inizio dell’escalation di violenza nel mese di ottobre 2015. Sei dei ferimenti sono avvenuti in prossimità della recinzione perimetrale della Striscia di Gaza ed i restanti in Cisgiordania. Gli scontri in Cisgiordania si sono verificati durante le manifestazioni settimanali a Bil’in e Ni’lin (entrambi nel governatorato di Ramallah) ed a Kafr Qaddum (Qalqiliya); durante operazioni di ricerca-arresto in Ya’bad (Jenin) e nell’Università Al Quds di Abu Dis (Gerusalemme); durante scontri nei pressi di Abu Dis (Gerusalemme), Silwad (Ramallah) e nell’area H2 di Hebron. In quest’ultima località, dieci studenti che frequentano una scuola adiacente al luogo degli scontri, hanno subìto lesioni causate da inalazione di gas lacrimogeno.

Secondo i mezzi di informazione, a nord est della città di Gaza, sette membri di un gruppo armato palestinese sono morti in seguito al crollo di un tunnel militare.

Nella Striscia di Gaza sono stati registrati almeno 17 episodi di apertura del fuoco di avvertimento da parte delle forze israeliane verso civili palestinesi in Aree ad Accesso Riservato (ARA) di terra e di mare; nessuna vittima, ma gli agricoltori ed i pescatori sono stati costretti ad abbandonare le posizioni.

Per mancanza dei permessi edilizi israeliani, le autorità israeliane hanno demolito 42 strutture di proprietà palestinese in tre comunità in Area C e Gerusalemme Est; tra esse: 32 abitazioni, sette cisterne per l’acqua ed una struttura agricola. Come risultato, 168 persone, tra cui 94 minori, sono stati sfollati ed altri 24 sono stati diversamente colpiti dal provvedimento. Una delle comunità colpite, la comunità beduina di Ein Ayoub, situata nel governatorato di Ramallah, venne completamente demolita nel dicembre 2013.

Le autorità israeliane hanno informato la Corte Suprema circa la loro intenzione di eseguire, senza ulteriore avvertimento, ordini di demolizione nella comunità pastorizia palestinese di Susiya (Hebron); gli ordini erano stati emessi contro strutture costruite presumibilmente in violazione di una precedente ingiunzione del tribunale. Secondo le informazioni fornite verbalmente dalle autorità israeliane, questa decisione potrebbe riguardare fino a 40 strutture. Le autorità si sono impegnate a fornire un preavviso di 45 giorni qualora decidessero di demolire altre struttura della comunità.

Il 27 gennaio, tutti i residenti della comunità pastorizia palestinese di Khirbet ar Ras al Ahmar (Tubas), costituita da 11 famiglie, tra cui 23 minori, sono stati sfollati dalle loro case per nove ore, per far posto ad una esercitazione militare israeliana. Questa comunità è una delle 38 comunità pastorizie beduine palestinesi (6.224 persone) situate in aree definite dalle autorità israeliane come “zone chiuse per l’addestramento militare a fuoco”.

In due diversi episodi avvenuti in Area C, le forze israeliane hanno sequestrato camion e materiali da costruzione a motivo del loro utilizzo per “lavori non autorizzati”. Il sequestro ha riguardato tre camion utilizzati per un progetto di ristrutturazione finanziato da un donatore umanitario nella comunità di Ad Deir, nel nord della Valle del Giordano (Tubas).

La Corte Suprema israeliana ha respinto le petizioni presentate contro il tracciato della Barriera vicino alla città di Beit Jala (Betlemme). I firmatari hanno sostenuto che la Barriera pregiudicherà i loro mezzi di sussistenza agricola, danneggerà il tessuto delle loro comunità e causerà danni ambientali ai terrazzamenti agricoli storici.

I media israeliani hanno riportato quattro episodi di lancio di sassi da parte di palestinesi contro veicoli a targa israeliana, con il conseguente ferimento di un colono e danni a due veicoli israeliani ed alla metropolitana leggera di Gerusalemme. Inoltre, durante il periodo di riferimento, è stato registrato un attacco di coloni in Arraba (Jenin), con il taglio di almeno dieci mandorli di proprietà palestinese.

Durante la settimana, nella Striscia di Gaza si sono verificate interruzioni di corrente fino a 20 ore/giorno, rispetto alle 12-16 ore/giorno precedenti. Le cause stanno nei guasti sulle linee elettriche di alimentazione provenienti da Israele e dall’Egitto e nella scarsa fornitura di combustibile, insufficiente al funzionamento della Centrale elettrica di Gaza. Un uomo di 53 anni è morte avvelenato dalle esalazioni tossiche emesse dal carbone utilizzato per riscaldare la sua casa.

Durante il periodo di riferimento, il valico di Rafah, controllato dall’Egitto, è stato chiuso in entrambe le direzioni. Il valico è rimasto chiuso, anche per l’assistenza umanitaria, dal 24 ottobre 2014, ad eccezione di 39 giorni di aperture parziali. Le autorità di Gaza hanno indicato che più di 25.000 persone con bisogni urgenti, di cui circa 3.500 malati necessitanti di cure, sono registrate ed in attesa di attraversare in Egitto.

Ultimi sviluppi (fuori dal periodo di riferimento)

Il 3 febbraio, in Gerusalemme Est, palestinesi hanno compiuto un attacco con coltello ed arma da fuoco; l’episodio si è concluso con l’uccisione di una donna poliziotto israeliana e dei tre presunti responsabili; almeno una ulteriore poliziotta è stata ferita.

Il 2 febbraio, le forze israeliane hanno distrutto 24 abitazioni in due comunità nel sud di Hebron (Massafer Yatta); tali comunità sono a rischio di trasferimento forzato a causa della precedente designazione dell’area come “zona per esercitazioni a fuoco”; 134 persone sono state sfollate a seguito delle demolizioni.

Il 2 febbraio, l’accesso in entrata/uscita dalla città di Ramallah è tornato alla normalità.

nota 1:

I Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati settimanalmente in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informazio-ni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati.

sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina: http://www.ochaopt.org/reports.aspx?id=104&page=1

L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano (vedi di seguito) l’edizione inglese dei Rapporti.

sono scaricabili dal sito Web della Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, alla pagina:

https://sites.google.com/site/assopacerivoli/materiali/rapporti-onu/rapporti-settimanali-integrali

nota 2: in caso di discrepanze, fa testo la versione originale in lingua inglese. Nella versione italiana non sono riprodotti i

dati statistici ed i grafici.

Associazione per la pace Gruppo di Rivoli TO




Rapporto sulla Protezione dei Civili nei Territori Palestinesi occupati riguardante il periodo: 12 – 25 gennaio 2016 (2 settimane)

Nelle due settimane di riferimento sono stati registrati otto aggressioni e presunte aggressioni palestinesi con conseguente uccisione di due colone israeliane e otto degli autori e presunti autori palestinesi, tra cui quattro minori (una 13enne e tre 17enni).

Altre due israeliane, una delle quali incinta, sono rimaste ferite. Solo uno dei presunti responsabili, un ragazzo di 16 anni fuggito dal luogo dell’aggressione, è stato successivamente arrestato. Tutti gli episodi sono avvenuti in Cisgiordania: quattro ai posti di blocco militari nei governatorati di Nablus e Hebron e altri quattro all’interno o all’ingresso degli insediamenti israeliani di ‘Otniel, Teqoa, Anatot e Beit Horon. In un ulteriore episodio, secondo quanto riferito, palestinesi hanno aperto il fuoco contro un veicolo israeliano nei pressi dell’insediamento di Dolev (Ramallah), senza causare vittime. Dal 1° ottobre 2015, nei Territori palestinesi occupati e in Israele, nel corso di attacchi palestinesi e presunti attacchi contro israeliani, sono stati uccisi 105 palestinesi, tra cui 25 minori, e 25 israeliani [1].

Le autorità israeliane attualmente trattengono i corpi di 12 palestinesi sospettati di aver compiuto aggressioni contro israeliani; alcuni sono stati trattenuti fino a 110 giorni. All’inizio di questo mese, le autorità israeliane hanno restituito decine di corpi che avevano trattenuto, ad accezione dei residenti in Gerusalemme Est.

In due diversi scontri, uno scoppiato durante una operazione di ricerca-arresto a Beit Jala (Betlemme) e l’altro durante manifestazioni ad est del Campo profughi di Al Bureij, vicino alla recinzione che circonda Gaza, le forze israeliane hanno ucciso, con armi da fuoco, tre palestinesi. Durante scontri con le forze israeliane vicino alla città di Al ‘Eizariya, un altro palestinese 17enne è rimasto ucciso allorché un ordigno che egli stava maneggiando è prematuramente esploso.

Durante proteste e scontri avvenuti in varie zone dei Territori palestinesi occupati, sono stati feriti dalle forze israeliane 400 palestinesi, tra cui 130 minori. Anche se, rispetto alle due settimane precedenti, questo numero risulta raddoppiato, tuttavia equivale ad un quinto della media bisettimanale dei ferimenti (2.090) dell’ultimo trimestre del 2015. Dei 400 ferimenti, 30 si sono verificati durante proteste e scontri vicino alla recinzione perimetrale nella Striscia di Gaza. I rimanenti 370 sono stati registrati in Cisgiordania: durante le manifestazioni settimanali a Bil’in, Ni’lin (entrambi a Ramallah) e Kafr Qaddum (Qalqiliya); durante scontri nei pressi della Barriera nella città di Adu Dis (Gerusalemme) e all’ingresso di Silwad (Ramallah); e nel corso di dodici distinte operazioni di ricerca-arresto. In due delle operazioni di ricerca-arresto, sono stati feriti tre soldati e poliziotti di frontiera israeliani, uno dei quali colpito da arma da fuoco. Almeno venti dei ferimenti registrati in Cisgiordania (pari al 5%) e otto di quelli avvenuti nella Striscia di Gaza (pari al 27%) sono stati causati da armi da fuoco, mentre la maggior parte dei rimanenti sono dovuti a proiettili di gomma e gas lacrimogeni (solo le persone che ricevono assistenza medica vengono registrate come “feriti”).

Il 13 gennaio, le forze israeliane hanno sparato un missile contro un sito vicino alla città di Beit Lahiya, uccidendo un membro di un gruppo armato e ferendone altri due; ferito anche un civile. Secondo quanto riferito, in almeno un caso, un gruppo armato di Gaza ha lanciato un razzo contro Israele, senza provocare feriti o danni. Inoltre, in tre diverse circostanze, le forze israeliane sono entrate a Gaza ed hanno spianato il terreno ed effettuato scavi; in un altro caso, hanno arrestato due pescatori e requisito la loro barca.

In Area C e a Gerusalemme Est, in 24 distinte circostanze, per mancanza di permessi edilizi rilasciati da Israele, le autorità israeliane hanno demolito, oppure smontato e confiscato, 58 strutture di proprietà palestinese; 39 persone, tra cui 21 minori, sono state sfollate ed altre 333 sono state in vario modo coinvolte. Tre degli episodi hanno avuto luogo nelle comunità beduine di Jabal al Baba e Abu Nuwar, ad est di Gerusalemme, e ad Al Mashru’, in Gerico: sono state distrutte o confiscate 16 strutture, 14 delle quali fornite come assistenza umanitaria per rimediare a precedenti demolizioni. Queste comunità sono a rischio di trasferimento forzato, a seguito di un piano di “rilocalizzazione” avanzato dalle autorità israeliane. Le prime due comunità si trovano all’interno di un’area attribuita [da Israele] al piano di insediamento E1 che servirà a collegare l’insediamento [colonico] di Ma’ale Adumim a Gerusalemme Est. Il 19 gennaio, in seguito ad una visita alla comunità di Abu Nuwar, compiuta insieme ad un folto gruppo di diplomatici, Robert Piper, Coordinatore Umanitario per i Territori palestinesi occupati (OPT), e Felipe Sanchez, Direttore delle Operazioni UNRWA [Agenzia ONU per i rifugiati] in Cisgiordania, hanno condannato lo smantellamento dell’assistenza umanitaria ed hanno chiesto la fine immediata dei piani israeliani di trasferimento forzato dei beduini palestinesi nella zona di Gerusalemme. Questa richiesta è stata ribadita il 26 gennaio dal Segretario Generale delle Nazioni Unite.

Sempre in Area C, in episodi diversi, le forze israeliane hanno requisito veicoli ed attrezzature, con la motivazione che gli stessi erano impiegati per realizzare “opere non autorizzate”. Le requisizioni includono: due veicoli da cantiere utilizzati per un progetto di agricoltura, finanziato da donatori, nel villaggio di Tayaseer (Tubas); tre trattori privati a Jenin, Nablus e Betlemme; attrezzature per scavi in Um Fagarah, a sud di Hebron.

Coloni israeliani, sostenuti da militari, hanno occupato due edifici nella zona della città di Hebron controllata da Israele (H2), rivendicandone la proprietà e sgomberando con la forza una famiglia di nove persone residenti in uno degli edifici; il giorno successivo, a seguito di denunce da parte dei proprietari palestinesi, le forze israeliane hanno evacuato i coloni dalle proprietà. Inoltre, durante il periodo di riferimento, per proteggere un gruppo di coloni israeliani entrati nel villaggio di ‘Awarta per visitare un sito religioso, soldati israeliani hanno occupato per alcune ore il tetto della Scuola Secondaria maschile, causando danni alle porte della scuola. Nella Città Vecchia di Gerusalemme, presunti coloni israeliani hanno spruzzato graffiti offensivi sui muri e sulle porte di una chiesa.

Durante questo periodo, in quattro diversi episodi verificatisi sulle strade della Cisgiordania, due autisti di autobus israeliani sono rimasti feriti in seguito a lanci di sassi da parte di palestinesi, e due veicoli palestinesi sono stati danneggiati da sassi lanciati da coloni israeliani.

In tutta la Cisgiordania le forze israeliane hanno dispiegato centinaia di posti di blocco “volanti”, ostacolando il movimento dei palestinesi. Nuovi cncelli stradali e barriere di terra sono stati posizionati agli ingressi dei villaggi di Nahalin (Betlemme), ‘Awarta e Odala (Nablus), Beit Imra (Hebron). Nella città di Hebron ed in altre località del governatorato, la maggior parte delle strade principali, aperte all’inizio di gennaio, sono rimaste aperte. L’accesso dei palestinesi alla zona di insediamento israeliano della città di Hebron è rimasto fortemente limitato, incluso il divieto di ingresso in alcune aree (Shuhada Street e Tel Rumeida) per i maschi tra i 15 ed i 25 anni di età, fatta eccezione per i residenti i cui nomi sono stati registrati dalle forze israeliane.

Nel periodo cui si riferisce questo rapporto, nella Striscia di Gaza la fornitura di energia elettrica ha subito un ulteriore deterioramento, a causa di ripetuti guasti nelle linee di alimentazione israeliane ed egiziane. I blackout si sono protratti fino a 20 ore al giorno, in concomitanza di difficili condizioni meteorologiche invernali. La perdurante crisi energetica continua ad ostacolare pesantemente la fornitura dei servizi di base.

Durante il periodo di riferimento, il valico di Rafah, sotto controllo egiziano, è stato chiuso in entrambe le direzioni. Il valico è stato chiuso, anche per l’assistenza umanitaria, dal 24 ottobre 2014 ad eccezione di 39 giorni di aperture parziali. Le autorità di Gaza hanno indicato che sono registrati, e in attesa di attraversare, oltre 25.000 persone con bisogni urgenti, tra cui circa 3.500 necessitanti cure mediche.

[1] I dati OCHA per la protezione dei civili includono gli episodi che si sono verificati al di fuori dei Territori occupati solo se risultano coinvolti, sia come vittime che come aggressori, persone residenti nei Territori occupati. I feriti palestinesi riportati in questo rapporto includono solo persone che hanno ricevuto cure mediche da squadre di paramedici presenti sul terreno, nelle cliniche locali o negli ospedali. Le cifre sui feriti israeliani si basano su notizie di stampa.

nota 1:

I Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati settimanalmente in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informazio-ni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati.

sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina: http://www.ochaopt.org/reports.aspx?id=104&page=1

L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano (vedi di seguito) l’edizione inglese dei Rapporti.

sono scaricabili dal sito Web della Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, alla pagina:

https://sites.google.com/site/assopacerivoli/materiali/rapporti-onu/rapporti-settimanali-integrali

nota 2: in caso di discrepanze, fa testo la versione originale in lingua inglese. Nella versione italiana non sono riprodotti i

dati statistici ed i grafici.




Rapporto ONU OCHAoPt: 29 dicembre 2015 – 11 gennaio 2016 (147)

Nel periodo di riferimento di questo rapporto (due settimane), sono stati registrati dodici attacchi e presunti attacchi palestinesi contro israeliani, nel corso dei quali tre israeliani, tra cui due soldati, sono stati feriti; nove attentatori e presunti attentatori palestinesi sono stati uccisi dalle forze israeliane. Due dei palestinesi uccisi erano minori (16 e 17 anni). Gli attacchi ed i presunti attacchi includono: otto accoltellamenti e tentativi di accoltellamento, un investimento con auto e due scontri a fuoco effettuati da presunti palestinesi, poi fuggiti. Tutti questi episodi sono stati segnalati in Cisgiordania, di cui due a Gerusalemme Est. Le circostanze di numerosi incidenti rimangono controverse. Secondo quanto riferito, nessuno degli autori e presunti colpevoli apparteneva a fazioni o gruppi armati. Dal 1° ottobre fino alla fine del periodo di riferimento del presente rapporto [102 giorni], 97 palestinesi, tra cui 21 minori, e 23 israeliani sono stati uccisi nei Territori palestinesi occupati ed in Israele [1] nel corso di attacchi e presunti attacchi contro israeliani.

C’è stato un forte calo della frequenza e dell’intensità di proteste e scontri avvenuti nel periodo cui si riferisce questo rapporto: in tutti i Territori palestinesi occupati sono stati registrati un totale di 203 feriti palestinesi [nell’arco di due settimane] (per confronto: nel corso dell’ultimo trimestre del 2015, la media è stata di 240 feriti [palestinesi] ogni settimana). I feriti includono 41 minori e 3 donne. Dodici dei ferimenti si sono verificati durante scontri vicino alla recinzione perimetrale nella Striscia di Gaza, nei pressi del valico di Erez e ad est del campo profughi di Al Bureij. Il resto dei feriti (191) sono stati registrati in Cisgiordania; il numero più alto è stato registrato nel governatorato di Gerusalemme (85), seguito dai governatorati di Qalqiliya (27), Hebron (24), Betlemme (25) e Ramallah (20). Almeno 25 dei ferimenti in Cisgiordania e 8 nella Striscia di Gaza sono stati provocati da arma da fuoco, mentre la maggior parte dei rimanenti sono stati causati da proiettili di gomma o inalazione di gas lacrimogeno (solo le persone che ricevono assistenza medica sono conteggiate come feriti).

Un quarantenne palestinese è morto per le ferite riportate il 31 dicembre, quando fu colpito con arma da fuoco durante gli scontri nel campo profughi di Al Jalazun (Ramallah). Questo decesso porta a 51 (28 in Cisgiordania e 23 nella Striscia di Gaza) il numero di palestinesi uccisi dal 1° ottobre durante proteste e scontri con le forze israeliane.

Il 6 gennaio, in Area C, ad est di Gerusalemme, nella comunità beduina di Abu Nuwar, adducendo la mancanza di permessi di costruzione, le autorità israeliane hanno distrutto undici strutture: cinque abitazioni, cinque latrine finanziate da donatori ed un ricovero per animali; sono state così sfollate cinque famiglie, composte da 26 persone, tutte rifugiati, tra cui 18 minori. Quattro giorni più tardi, le forze israeliane hanno smantellato e confiscato le cinque tende residenziali fornite, in risposta alle demolizioni, dalla Mezzaluna Rossa Palestinese. Abu Nuwar è una delle 46 comunità beduine nella Cisgiordania centrale a rischio di trasferimento forzato, a seguito di un piano di “rilocalizzazione” delle autorità israeliane. Si trova all’interno di una zona conosciuta come E1, destinata [dalle autorità israeliane] all’espansione verso ovest dell’insediamento [colonico] di Ma’ale Adummim, realizzando così un abitato continuo tra questo insediamento e Gerusalemme Est.

Sempre in Area C, in altre due comunità di pastori, a causa della mancanza di permessi di costruzione, è stato notificato l’ordine di blocco dei lavori per due progetti umanitari: il rifacimento di una strada in Khirbet ar Rahwa (Hebron) e la realizzazione di una cisterna d’acqua in Kardala (Tubas). Nel primo caso, le autorità israeliane hanno anche sequestrato parte dei materiali da costruzione.

In Gerusalemme Est e nel villaggio di Surda (Ramallah), le autorità israeliane, con ordinanze punitive, hanno demolito due case e ne hanno sigillato un’altra, sfollando 19 persone, tra cui 7 minori. Le case appartenevano alle famiglie di tre palestinesi accusati di aggressioni verificatesi nel mese di ottobre 2015, nel corso delle quali furono uccisi sei israeliani e gli stessi palestinesi accusati di essere gli aggressori; altri nove israeliani rimasero feriti. Il 16 novembre, il coordinatore umanitario per i Territori occupati palestinesi ha chiesto di fermare le demolizioni punitive, che violano il diritto internazionale.

A Gerusalemme Est, nei quartieri di Silwan, Sur Bahir e Beit Safafa, a motivo della mancanza dei permessi edilizi, il Comune ha demolito tre case in costruzione di proprietà palestinese ed una struttura commerciale. Sono state coinvolte un totale di 28 persone, la metà dei quali minori.

Il 30 dicembre, le autorità israeliane hanno emesso un decreto di espropriazione che riguarda oltre 10 ettari di terreni di proprietà palestinese ad est della città di Qalqiliya, per la realizzazione di un by-pass stradale. Secondo un giornale israeliano, questa misura è stata presa in risposta alle richieste di sicurezza dei coloni che affrontano rischi quando percorrono il tratto di strada che attraversa il villaggio di Nabi Elyas. I lavori richiederanno lo sradicamento di centinaia di alberi di ulivo appartenenti a diversi contadini del villaggio di Azzun.

Nel governatorato di Hebron, nel periodo di riferimento si è assistito ad una attenuazione di alcune delle restrizioni di movimento imposte dalle autorità israeliane dall’ottobre 2015; è così leggermente migliorato l’accesso della popolazione ai servizi ed ai mezzi di sussistenza. Ciò ha comportato, in primo luogo, la rimozione dei posti di blocco permanenti allestiti agli ingressi principali delle località principali: le città di Hebron, Halhul, Sa’ir, Samu’, Yatta, Beit Ummar, Tarqumiya, e il campo profughi di Al Arrub, riducendo in modo significativo i ritardi. In questi luoghi, durante il periodo di riferimento, sono stati dispiegati ad intermittenza e per brevi periodi di tempo, posti di blocco “volanti”. Sono tuttavia rimasti al loro posto la maggior parte degli ostacoli che, posizionati a partire da ottobre 2015, bloccano le vie di accesso secondario che incanalano il traffico verso le strade principali menzionate sopra.

L’accesso e la circolazione interna della zona H2 di Hebron, sotto controllo israeliano, sono rimasti gravemente limitati. Uno dei principali punti di controllo dell’ingresso a questa zona, il checkpoint 56, è stato riattivato dopo lavori di fortificazione. A causa di procedure di controllo più severe, il tempo medio di attraversamento per i residenti registrati è aumentato da 10 a 40 minuti. Inoltre, l’ordine di chiusura della zona H2 di Tel Rumeida, che permette l’ingresso solo ai residenti registrati, è stato prolungato fino al 31 gennaio e la zona interessata è stata ampliata.

Nel corso del periodo di due settimane cui si riferisce il presente rapporto, nel governatorato di Nablus, sono stati registrati due attacchi di coloni israeliani con conseguenti lesioni o danni materiali: un 24enne palestinese è stato aggredito e ferito nei pressi dell’insediamento di Shave Shamron; coloni israeliani provenienti, secondo quanto riferito, dall’insediamento Itamar hanno compiuto atti di vandalismo e danneggiato una casa palestinese nel villaggio di Beit Furik. Le autorità israeliane hanno emesso atti d’accusa contro due coloni israeliani in relazione all’incendio doloso, appiccato nel villaggio di Duma nel luglio 2015, che provocò la morte di tre membri della stessa famiglia, tra cui un bambino, e lesionò gravemente un altro minore.

I media israeliani hanno riportato cinque episodi di lancio di pietre, da parte di palestinesi, contro veicoli con targa israeliana, con conseguenti danni a tre veicoli privati vicino ad Hebron e a Betlemme, oltre che alla Metropolitana leggera di Gerusalemme (due casi)

Nella Striscia di Gaza, nelle Aree ad Accesso Riservato (ARA) a terra e in mare, sono stati registrati almeno dieci episodi in cui le forze israeliane hanno aperto il fuoco contro civili palestinesi, senza causare vittime. È stato riferito che in almeno un caso, membri di un gruppo armato di Gaza hanno sparato una serie di razzi verso Israele, due dei quali sono caduti in Israele, in una zona aperta, mentre i rimanenti sono ricaduti in Gaza. Non sono stati segnalati feriti o danni.

In Cisgiordania le forze israeliane hanno condotto 144 operazioni di ricerca-arresto ed hanno arrestato 252 palestinesi; il governatorato di Hebron conta il maggior numero di operazioni e arresti. Tra i luoghi interessati alle incursioni: l’Università Birzeit a Ramallah, dove sono stati confiscati computer e documenti e arrecati danni alla proprietà; nella città di Nablus, gli uffici di un’organizzazione per i diritti umani che sono stati chiusi per sei mesi, con ordinanza militare, per presunta istigazione contro gli israeliani; ancora a Nablus, una scuola secondaria nella quale sono stati anche arrecati danni materiali.

Nella Striscia di Gaza la fornitura di energia elettrica si è deteriorata per due giorni a causa di danni riportati da due delle tre linee egiziane di alimentazione che provvedono alla fornitura a Gaza-Sud, così come ad una delle linee israeliane che alimentano Gaza City. Nelle zone interessate il black-out è giunto fino a 18 ore al giorno, compromettendo l’erogazione di servizi di base e rendendo ancora più precari i già scarsi mezzi di sostentamento e le condizioni di vita.

Durante il periodo di riferimento, il valico di Rafah, sotto controllo egiziano, è stato chiuso in entrambe le direzioni. Il valico è stato chiuso, anche per l’assistenza umanitaria, dal 24 ottobre 2014 ad eccezione di 37 giorni di aperture parziali. Le autorità di Gaza hanno indicato che sono registrati, e in attesa di attraversare, oltre 25.000 persone con bisogni urgenti, tra cui circa 3.500 bisognosi di cure mediche.

1]  I dati OCHA per la protezione dei civili includono gli episodi che si sono verificati al di fuori dei Territori occupati solo se risultano coinvolti, sia come vittime che come aggressori, persone residenti nei Territori occupati. I feriti palestinesi riportati in questo rapporto includono solo persone che hanno ricevuto cure mediche da squadre di paramedici presenti sul terreno, nelle cliniche locali o negli ospedali. Le cifre sui feriti israeliani si basano su notizie di stampa.

Ultimi sviluppi (fuori dal periodo di riferimento)

Il 12 gennaio tre palestinesi, tra cui un ragazzo di 17 anni, sono stati colpiti con armi da fuoco e uccisi dalle forze israeliane in due episodi separati: durante un presunto tentativo di accoltellamento al bivio di Beit ‘Einun (Hebron) e durante gli scontri nel corso di una operazione di ricerca-arresto a Beit Jala (Betlemme).

Il 13 gennaio, nei pressi della recinzione perimetrale di Gaza, vicino a Beit Lahia, le forze israeliane hanno colpito con armi da fuoco e ucciso un palestinese e ne hanno feriti altri tre; non sono ancora chiare le circostanze.

Ezio R. e Giovanni L.V. per “Associazione per la pace – gruppo di Rivoli”

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Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati settimanalmente in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informazioni, corredate da dati numerici e grafici statistici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati. Sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina: http://www.ochaopt.org/reports.aspx?id=104&page=1

Sullo stesso sito sono reperibili mappe dettagliate della Striscia di Gaza e della Cisgiordania:
Striscia di Gaza:
http://www.ochaopt.org/documents/Gaza_A0_2014_18.pdf
Cisgiordania:
http://www.ochaopt.org/documents/Westbank_2014_Final.pdf

La scrivente “Associazione per la pace – gruppo territoriale di Rivoli”, stante l’imparzialità dell’Organo che li redige, utilizza i Rapporti per diffondere un’informazione affidabile sugli eventi che accadono in Palestina. Pertanto, traduce i Rapporti in italiano (escludendo i dati statistici ed i grafici) e li invia agli interessati. Tali Rapporti sono anche scaricabili dal sito Web dell’Associazione, alla pagina:
https://sites.google.com/site/assopacerivoli/materiali/rapporti-onu/rapporti-settimanali-integrali




Il Rapporto settimanale di “UNITED NATIONS – Office for the Coordination of Humanitarian Affairs – occupied Palestinian territory” [OCHAoPt]*.

Periodo di osservazione:  15 – 28 dicembre 2015 (due settimane).

 Nota: gli aspetti salienti di ciascuna notizia sono scritti in grassetto. Chi vuole una lettura ancora più veloce trova qui il nostro manifesto settimanale (n°146), basato su un riassunto del Rapporto.

__________________ inizio del testo del Rapporto (1.254 parole) ________________
 

Durante il periodo di riferimento di due settimane (15-28 dicembre), 14 palestinesi, tra cui due minori e una donna (rispettivamente di 15, 17 e 40 anni), e due israeliani sono stati uccisi nel corso di 11 aggressioni e presunte aggressioni palestinesi, tra cui sette accoltellamenti o tentativi di accoltellamento e cinque investimenti con auto [1]. Tutti gli episodi sono avvenuti in Cisgiordania: nei governatorati di Gerusalemme (4), Nablus (4), Ramallah (2), Salfit (1) ed Hebron (1). Durante queste aggressioni sono stati feriti due israeliani, tra cui un soldato. Una delle vittime israeliane era un passante, colpito dalle forze israeliane che avevano reagito ad un accoltellamento. Le circostanze di numerosi episodi rimangono controverse. Nessuno degli autori o presunti autori, secondo quanto riferito, apparteneva a fazioni o gruppi armati. Sempre nello stesso periodo, una donna palestinese (una passante) è deceduta in conseguenza delle ferite riportate lo scorso 23 novembre quando, ad un checkpoint, le forze israeliane aprirono il fuoco in risposta ad una presunta aggressione palestinese.

Le forze israeliane hanno ucciso, con armi da fuoco, cinque palestinesi nel corso di scontri in cinque distinti episodi: durante una operazione di ricerca-arresto nel campo profughi di Qalandiya (Gerusalemme); in scontri nel villaggio di Sinjil (Ramallah); nella Striscia di Gaza, durante tre manifestazioni nei pressi della recinzione, rispettivamente ad est di Khan Younis, a Gaza City ed al Campo profughi Al Bureij. Nella seconda località un uomo è morto, colpito con armi da fuoco, mentre lavorava la terra in prossimità degli scontri.

In questi e in altri scontri verificatisi in tutti i Territori occupati palestinesi, altri 668 palestinesi, tra cui almeno 215 minori, sono stati feriti: 60 nei pressi della recinzione che circonda Gaza e i rimanenti in varie località della Cisgiordania. Almeno il 30% dei ferimenti in Cisgiordania e il 20% di quelli nella Striscia di Gaza sono stati causati da arma da fuoco, mentre la maggior parte delle rimanenti lesioni sono state causate da proiettili di gomma o da inalazione di gas lacrimogeno. Il maggior numero di feriti (244) è stato registrato nel Governatorato di Betlemme, seguito da Hebron (96), Qalqiliya (51) e Ramallah (44).

Il 16 dicembre, le forze israeliane hanno sparato una serie di granate verso una zona agricola ad est di Khan Younis, ferendo tre palestinesi. Secondo le autorità israeliane, questi lanci di granate sono stati fatti in risposta alla esplosione di un ordigno artigianale contro un veicolo militare israeliano. Inoltre, nelle Aree ad Accesso Riservato (ARA) a terra e in mare, le forze israeliane hanno aperto il fuoco contro palestinesi o le loro proprietà in almeno 23 casi, causando il ferimento di quattro palestinesi: pescatori, pastori, contadini. Le forze israeliane sono anche entrate nella Striscia di Gaza in quattro occasioni, durante le quali hanno effettuato operazioni di livellamento del terreno e scavi.

Nel periodo in esame, le autorità israeliane hanno consegnato alle loro famiglie, per la sepoltura, i corpi di otto palestinesi coinvolti in aggressioni o presunte aggressioni. Dal mese di ottobre 2015, le autorità israeliane hanno trattenuto, per diversi periodi di tempo, i corpi di oltre 80 palestinesi.

Il 24 dicembre, le forze egiziane hanno ucciso, con armi da fuoco, un palestinese disabile mentale che, da Rafah, nuotava nudo attraverso il confine marittimo con l’Egitto.

In Cisgiordania, nel periodo in esame, nel corso di 224 operazioni di ricerca-arresto, le forze israeliane hanno arrestato 347 palestinesi. Un terzo degli arresti sono stati registrati nel governatorato di Gerusalemme. Nella Striscia di Gaza: 12 pescatori palestinesi, tra cui un minore, sono stati arrestati in mare nel contesto delle restrizioni di accesso imposte da Israele; tre palestinesi, tra cui due minori, sono stati arrestati, in due diversi episodi, mentre tentavano di entrare in Israele senza autorizzazione, attraverso la recinzione di confine. Inoltre una famiglia palestinese di quattro persone è stata arrestata dalle autorità di fatto [palestinesi], nel corso di un tentativo di entrare in Israele attraverso la recinzione.

A Gerusalemme Est, le autorità israeliane hanno demolito una casa palestinese nel quartiere di Sheikh Jarrah, per mancanza di permessi di costruzione rilasciati da Israele, sfollando un palestinese. Un’altro palestinese è stato sfrattato dalla sua casa nella Città Vecchia, dopo che aveva convertito la sua proprietà da commerciale ad abitativa. Sempre a Gerusalemme Est, le autorità israeliane hanno consegnato un ordine di demolizione nei confronti di un edificio di tre piani in Jabal Al Mukabbir a motivo della mancanza di una concessione edilizia; per lo stesso edificio era stato precedentemente notificato un ordine di demolizione punitiva. In area C, a Ein Al Hilweh Um Jmal (Tubas), una famiglia è stata costretta a smantellare un ricovero per animali: coinvolte 12 persone, tra cui nove minori.

Il 16 dicembre, a quattro famiglie palestinesi, che risiedono nella Città Vecchia di Gerusalemme, è stato notificato che coloni israeliani hanno avviato un procedimento di sfratto contro di loro, rivendicando la proprietà delle loro case. Secondo l’organizzazione israeliana Ir Amin, a Gerusalemme Est, circa 130 famiglie palestinesi sono soggette a procedimenti legali, intrapresi o da organizzazioni che promuovono le attività di insediamento a Gerusalemme Est o dalle autorità israeliane.

Nel periodo di riferimento, sono stati registrati tre attacchi di coloni con danni a proprietà palestinesi: lanci di lacrimogeni e scritte contro palestinesi sui muri di una casa palestinese nel villaggio di Beitillu (Ramallah); sradicamento di 45 piantine di ulivo nel villaggio di al Lubban ash Sharqiya; devastazione di terreni coltivati ad Aqraba (Nablus).

Segnalati cinque aggressioni palestinesi con lanci di pietre contro veicoli con targa israeliana: nel governatorato di Hebron feriti cinque tra coloni e soldati israeliani in transito; nel governatorato di Gerusalemme danni a due veicoli.

In Cisgiordania, le forze israeliane hanno dispiegato centinaia di checkpoints “volanti”, ostacolando gli spostamenti dei palestinesi. Il governatorato di Hebron rimane la zona più colpita dalle restrizioni di movimento, con conseguenti lunghi ritardi e interruzioni nell’accesso a servizi e mezzi di sussistenza per gran parte della popolazione. Tutti gli itinerari (incluse le strade sterrate) che conducono alle principali arterie di traffico (strade 60, 356, 35 e 317) sono rimasti del tutto bloccati al movimento veicolare o risultano controllati da checkpoints “volanti”. Questi ultimi, dispiegati per gran parte del tempo, ostacolano quattro delle principali vie d’accesso alla città di Hebron, così come gli accessi principali ad Hallhul, Sa’ir, As Samu’, Yatta, Beit Ummar, Tarqumiya, ed al campo profughi di Al Arrub. L’accesso dei palestinesi alle aree di insediamento [colonico israeliano] all’interno dell’area H2 di Hebron City è rimasto soggetto a rigorose restrizioni che includono il divieto di accesso, per i maschi tra i 15 ed i 25 anni, ad alcune aree (Shuhada Street e [quartiere] di Tel Rumeida), ad eccezione dei residenti, i cui nomi sono registrati dalle forze israeliane.

Nella Cisgiordania settentrionale e centrale l’esercito israeliano ha rimosso diversi ostacoli al movimento schierati durante le precedenti settimane. Sono state così riaperte diverse strade importanti: due primari punti di accesso alla città di Tulkarem; le principali vie d’accesso, da est, a Ramallah; il tratto della Old Road 60 nei pressi di Jalazun; l’ingresso orientale di Ein Yabrud (serve 40 villaggi a Ramallah); l’ingresso principale alla città di Ar Ram nell’area di Gerusalemme (che interessa circa 20.000 palestinesi). A Gerusalemme Est, l’ingresso e l’uscita da tre quartieri (Issawiya, Sur Bahir e Jabal al Mukkabir) continuano ad essere impediti da otto checkpoint e blocchi stradali dispiegati da ottobre 2015.

Durante il periodo di riferimento il valico di Rafah, sotto controllo egiziano, è stato chiuso in entrambe le direzioni. Il valico è rimasto chiuso, anche per l’assistenza umanitaria, dal 24 ottobre 2014, ad eccezione di 39 giorni di aperture parziali.

_______________________ fine del testo del Rapporto

[1]  I dati OCHA per la protezione dei civili includono gli episodi che si sono verificati al di fuori dei Territori occupati solo se risultano coinvolti, sia come vittime che come aggressori, persone residenti nei Territori occupati. I feriti palestinesi riportati in questo rapporto includono solo persone che hanno ricevuto cure mediche da squadre di paramedici presenti sul terreno, nelle cliniche locali o negli ospedali. Le cifre sui feriti israeliani si basano su notizie di stampa.


Ultimi sviluppi (fuori dal periodo di riferimento)

Il 30 dicembre un colono israeliano è morto per le ferite riportate il 7 dicembre, nel corso di un accoltellamento.

 “Associazione per la pace – gruppo di Rivoli”
Ezio R. e Giovanni L.V.

* note

I Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati settimanalmente in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informazioni, corredate da dati numerici e grafici statistici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati. Sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina: http://www.ochaopt.org/reports.aspx?id=104&page=1

Sullo stesso sito sono reperibili mappe dettagliate della Striscia di Gaza e della Cisgiordania:
Striscia di Gaza:
http://www.ochaopt.org/documents/Gaza_A0_2014_18.pdf
Cisgiordania:
http://www.ochaopt.org/documents/Westbank_2014_Final.pdf

La scrivente “Associazione per la pace – gruppo territoriale di Rivoli”, stante l’imparzialità dell’Organo che li redige, utilizza i Rapporti per diffondere un’informazione affidabile sugli eventi che accadono in Palestina. Pertanto, traduce i Rapporti in italiano (escludendo i dati statistici ed i grafici) e li invia agli interessati. Tali Rapporti sono anche scaricabili dal sito Web dell’Associazione, alla pagina:
https://sites.google.com/site/assopacerivoli/materiali/rapporti-onu/rapporti-settimanali-integrali




Rapporto settimanale Ocha periodo 1 – 14 dicembre 2015 (due settimane).

Il periodo di riferimento di due settimane (1-14 dicembre) ha registrato 15 aggressioni, o presunte tali, da parte di palestinesi; 13 degli autori, o presunti autori, sono stati uccisi (tra essi due minori di 16 e 17 anni) mentre un altro minore di 16 anni è stato ferito. Nel corso delle suddette aggressioni sono rimasti feriti 31 israeliani, tra cui un bimbo e 13 membri delle forze di sicurezza [1]

Gli episodi comprendono otto accoltellamenti e tentativi di accoltellamento, cinque investimenti con auto e due scontri a fuoco effettuati da presunti palestinesi che sono fuggiti. Tredici di questi episodi sono avvenuti in Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est, e due a Gerusalemme Ovest. Le circostanze di numerosi episodi rimangono controverse. Nessuno degli autori e presunti autori, secondo quanto riferito, apparteneva a fazioni o gruppi armati.

Secondo i media israeliani, il Ministero israeliano della Giustizia ha aperto un’indagine penale sulla sparatoria ed il ferimento di una ragazza palestinese di 16 anni, accusata di aver effettuato un accoltellamento a Gerusalemme Ovest, il 23 novembre; a quanto riferito, l’inchiesta non riguarderà l’uccisione della ragazza palestinese di 14 anni, avvenuta nella stessa circostanza. Questa è la prima indagine, di cui si ha notizia, relativa alla condotta tenuta dalle forze israeliane nel rispondere all’ondata di aggressioni palestinesi verificatesi a partire dal 1° ottobre 2015. A seguito di tali aggressioni sono stati uccisi 71 palestinesi ed altri 23 sono stati feriti, sollevando serie preoccupazioni per il probabile uso eccessivo della forza e uccisioni extragiudiziali.

Nel corso di tre diversi episodi, le forze israeliane hanno ucciso, con armi da fuoco, tre palestinesi: nel contesto di una operazione di ricerca-arresto nel campo profughi di Ad Duheisha (Betlemme); durante le manifestazioni vicino alla recinzione che circonda Gaza; all’ingresso nord della città di Hebron.

Altri 1.409 palestinesi sono stati feriti in questi e in altri scontri verificatesi in tutti i Territori palestinesi occupati (oPt): 102 nei pressi della recinzione che circonda Gaza e i rimanenti [1.307] in diverse località della Cisgiordania. La stragrande maggioranza delle lesioni (1.290) ha avuto luogo nel contesto di proteste contro l’occupazione di lunga data e le politiche israeliane connesse, tra cui il trattenimento da parte delle autorità israeliane dei corpi dei palestinesi uccisi dalle forze israeliane negli ultimi mesi. Almeno il 7% dei ferimenti avvenuti in Cisgiordania, e il 43% di quelli nella Striscia di Gaza, sono stati causati da armi da fuoco, mentre la maggior parte dei restanti sono stati causati da proiettili di gomma o inalazione di gas lacrimogeno. Il maggior numero di feriti (422) relativi ad una singola località, continua ad essere registrato nella città di Qalqiliya: questi includono un gran numero di persone non coinvolte negli scontri, ma curati per aver inalato gas lacrimogeno mentre attraversavano il posto di blocco che controlla l’unico ingresso alla città o per averlo inalato nelle loro case in prossimità degli scontri.

Nel periodo in esame, le forze israeliane hanno arrestato 365 palestinesi in Cisgiordania, più di un quarto nel governatorato di Gerusalemme, durante 214 operazioni di ricerca-arresto. Nella Striscia di Gaza, due pescatori palestinesi sono stati arrestati nel contesto delle restrizioni israeliane in materia di accesso al mare. Anche un componente dello staff della Mezzaluna Rossa Palestinese è stato arrestato mentre usciva da Gaza attraverso il valico di Erez.

Le autorità israeliane hanno demolito, mediante esplosivo, due appartamenti: nel campo profughi di Shu’fat (Gerusalemme Est) e nella città di Nablus. Erano case di famiglia di due palestinesi (uno ucciso e l’altro in carcere) sospettati di aggressioni contro israeliani nel 2014 e 2015. 37 persone (inclusi 18 minori) sono stati sfollati: le due famiglie interessate alle demolizioni ed i residenti di cinque appartamenti adiacenti alla casa di Nablus, gravemente danneggiati dall’esplosione. Altri tre appartamenti, adiacenti alla casa demolita nel campo profughi di Shu’fat, hanno subito danni. Entrambi gli episodi hanno innescato scontri con le forze israeliane e il conseguente ferimento di 46 palestinesi. Dal 1° ottobre le autorità israeliane, per la “necessità di dissuadere i palestinesi dal compiere aggressioni”, hanno effettuato 14 demolizioni punitive, sfollando un totale di 108 palestinesi, tra cui 54 minori (sia dalle case interessate al provvedimento, sia da quelle confinanti).

In area C e a Gerusalemme Est, a causa della mancanza di permessi di costruzione, sei strutture abitative, tra cui tende finanziate da donatori, e una struttura commerciale sono state demolite. Le demolizioni di Gerusalemme Est sono avvenute nella zona di Beit Hanina ed hanno provocato lo sfollamento di due famiglie di profughi registrati (16 persone, tra cui 10 minori). Una delle demolizioni in Area C è stata effettuata nella comunità pastorizia di Al Hadidiya, nel nord della Valle del Giordano che, dal 25 novembre, ha subìto ripetute demolizioni o confische di strutture. Nel corso del periodo, sono state demolite e confiscate tre tende, finanziate da donatori e fornite come aiuto umanitario post-demolizione; sfollati quindi, per la terza volta, 15 palestinesi, tra cui quattro minori. Altre quattro tende, finanziate da donatori, sono state confiscate. In un altro caso, nella comunità pastorizia di At Tabban (Hebron), le forze israeliane hanno confiscato materiale fornito da un’organizzazione internazionale per la riparazione di sette abitazioni: questa è una delle 14 comunità della zona Massafer Yatta a rischio di trasferimento forzato, a causa della designazione dell’area come “zona per esercitazioni a fuoco”.

Nel quartiere Silwan di Gerusalemme Est, le autorità israeliane hanno notificato a tre famiglie palestinesi ordini di sfratto da attuare entro 20 giorni. Questo consegue ad una sentenza di un tribunale israeliano a favore di ‘Ateret Cohanim, organizzazione di coloni che rivendica la proprietà dell’edificio. La stessa organizzazione ha anche avviato un procedimento legale contro altre tre famiglie dello stesso quartiere. Secondo l’organizzazione israeliana per i diritti umani Ir Amin, a Gerusalemme Est, circa 130 famiglie palestinesi sono soggetti a procedimenti giudiziari, nel contesto delle attività di insediamento [di israeliani] nel cuore dei quartieri palestinesi.

In Area C, le autorità israeliane hanno spianato con bulldozer una zona agricola vicino al villaggio di Shufa (Tulkarem), perché “terra di stato”; nel corso dell’operazione hanno distrutto una grande serra di pomodori, 4.500 mq di terra coltivata a spinaci e una rete di irrigazione; hanno inoltre sradicato e sequestrato 150 ulivi e 40 alberi di limone. I beni in questione costituivano la principale fonte di reddito per nove famiglie, composte da 59 persone. Secondo Peace Now, nel mese di ottobre di quest’anno, nei villaggi di Jinsafut (Qalqiliya) e Deir Istiya (Salfit), le autorità israeliane hanno dichiarato “terra di stato” 30.000 mq di terra, per consentire la legalizzazione retroattiva di strutture esistenti, oltre che nuove costruzioni nella colonia israeliana di Karnei Shomron.

Il 4 e il 7 dicembre, le forze israeliane hanno sparato numerose granate verso la zona di Fukhari, ad est di Khan Younis e contro un luogo di addestramento militare a sud-est della città di Gaza, causando danni ad alcune case adiacenti; il contesto di questi incidenti rimane poco chiaro. Inoltre, in almeno 15 occasioni, le forze israeliane hanno aperto il fuoco contro palestinesi nelle Aree ad Accesso Riservato (ARA) a terra e in mare, senza causare vittime o danni; sono inoltre entrati nella Striscia di Gaza in due occasioni, durante le quali hanno effettuato operazioni di livellamento del terreno e scavi.

Gruppi armati palestinesi di Gaza hanno sparato diversi razzi verso Israele, tutti ricaduti in Gaza. In due casi, gruppi armati palestinesi hanno aperto il fuoco contro veicoli militari israeliani nei pressi della recinzione che circonda Gaza; le forze israeliane hanno risposto sparando con mitragliatrici pesanti. Non sono stati segnalati feriti.

È stato riferito che l’8 dicembre, 14 palestinesi sono rimasti intrappolati per quattro ore in un tunnel per il contrabbando, sotto il confine tra la Striscia di Gaza e l’Egitto. Il tunnel è crollato prima che una squadra palestinese di soccorso riuscisse a raggiungerli: sette i feriti.

Due palestinesi (uno in possesso di cittadinanza israeliana) sono stati feriti in due diversi attacchi di coloni israeliani: il conducente di un bus israeliano che è stato aggredito vicino alla colonia di Betar Illit (Betlemme) e un pastore che è stato attaccato dal cane di un colono israeliano nella parte settentrionale della Valle del Giordano. Sono stati segnalati ulteriori episodi di impossessamento di proprietà, impedimento degli spostamenti di palestinesi e intimidazioni; ad esempio, nella zona H2 di Hebron, ad alunni ed insegnanti è stato impedito di raggiungere la loro scuola.

Nel periodo in esame, tre coloni israeliani sono stati arrestati, e sono attualmente sotto interrogatorio, in relazione all’attacco incendiario del 6 settembre nel villaggio di Duma, che provocò la morte di tre membri della stessa famiglia [palestinese] e gravi lesioni ad un altro membro.

Oltre i ferimenti di israeliani riportati sopra (paragrafo 1), sei coloni israeliani, tra cui un minore, sono rimasti feriti dal lancio di pietre contro veicoli in transito nei governatorati di Betlemme, Hebron e Ramallah, in Cisgiordania.

Il governatorato di Hebron continua ad essere la zona più colpita dalle restrizioni di movimento, con conseguenti lunghi ritardi e interruzioni all’accesso a servizi e mezzi di sussistenza per gran parte della popolazione. Tutti gli itinerari (incluse le strade sterrate) che conducono alle principali arterie di traffico (strade 60, 356, 35 e 317) sono rimasti o interamente bloccati per il transito dei veicoli, o sono controllati da posti di blocco “volanti” dispiegati per gran parte del tempo. Il blocco totale include tre delle strade principali di accesso alla città di Hebron, così come gli ingressi principali ad As Samu’, Bani Nai’m e al campo profughi di Al Arrub. L’accesso dei palestinesi all’area di insediamento [colonico], all’interno della zona di Hebron City sotto controllo israeliano (H2), è rimasto fortemente limitato, includendo il divieto di ingresso per i maschi tra i 15 e i 25 anni in alcune aree (via Shuhada e [quartiere di] Tel Rumeida), ad eccezione dei residenti.

I movimenti dei palestinesi, in alcune parti della Cisgiordania settentrionale e centrale, continuano ad essere impediti da posti di blocco e altri ostacoli. Il 9 dicembre, a seguito di una sparatoria, due delle strade principali della città di Tulkarem sono state bloccate con cancelli in ferro, e da allora sono rimaste chiuse. A Ramallah il checkpoint che controlla il principale accesso orientale alla città (DCO checkpoint) è stato chiuso in entrambe le direzioni per due giorni. Contemporaneamente, nel resto del governatorato, i palestinesi continuano ad essere gravati dalla chiusura di altre importanti vie di accesso : un segmento della Old Road 60; l’ingresso orientale di Ein Yabrud (serve 40 villaggi); gli ingressi principali ai villaggi di ‘Abud, Sinjil e Al Mughayir. Per quattro giorni durante il periodo di riferimento, l’esercito israeliano ha chiuso il posto di blocco parziale di Nabi Salih, che interessa direttamente cinque villaggi della zona (circa 17.000 persone). Nel governatorato di Gerusalemme, circa 20.000 palestinesi continuano a risentire della chiusura dell’ingresso principale della città di Ar Ram, e di un posto di blocco permanente collocato ad uno degli ingressi del villaggio Hizma. A Gerusalemme Est, nel periodo di riferimento, sette dei nuovi checkpoint e blocchi stradali, schierati in ottobre 2015, sono stati rimossi, mantenendo operativi otto ostacoli, che pregiudicano l’ingresso e l’uscita dai quartieri di Issawiya, Sur Bahir e Jabal al Mukkabir.

Il valico di Rafah, sotto controllo egiziano, è stato aperto in entrambe le direzioni, il 3 e 4 dicembre, consentendo a 1.526 persone di uscire da Gaza e ad 860 di entrarvi. Il valico è rimasto chiuso, anche per l’assistenza umanitaria, dal 24 ottobre 2014, ad eccezione di 39 giorni di aperture parziali.

_______________________ fine del testo del Rapporto ________________________

[1]  I dati OCHA per la protezione dei civili includono gli episodi che si sono verificati al di fuori dei Territori occupati solo se risultano coinvolti, sia come vittime che come aggressori, persone residenti nei Territori occupati. I feriti palestinesi riportati in questo rapporto includono solo persone che hanno ricevuto cure mediche da squadre di paramedici presenti sul terreno, nelle cliniche locali o negli ospedali. Le cifre sui feriti israeliani si basano su notizie di stampa.


Ultimi sviluppi (fuori dal periodo di riferimento)

Il 15 dicembre, secondo i media israeliani, due palestinesi sono stati uccisi con armi da fuoco dalle forze israeliane: avevano investito con i loro veicoli soldati israeliani che stavano conducendo una operazione di ricerca-arresto nel campo profughi di Qalandiya (Gerusalemme).

“Associazione per la pace – gruppo di Rivoli”
Ezio R. e Giovanni L.V.

assopacerivoli@yahoo.it




Rapporto ONU OCHAoPt:15 – 28 settembre 2015 (due settimane).

Le forze israeliane, nelle due settimane di riferimento, hanno ucciso due palestinesi. Il 22 settembre, al checkpoint di Ash  Shuhada Street di Hebron, una studentessa diciottenne è stata colpita da più proiettili di arma da fuoco. Per le ferite riportate la studentessa è morta il giorno stesso in un ospedale israeliano. Secondo le autorità israeliane, la donna aveva tentato di accoltellare un soldato. Tale versione è stata contestata da Amnesty International che ha citato l’evidenza di una “esecuzione extragiudiziale”. Il 24 settembre un venticinquenne palestinese è morto per le ferite di arma da fuoco riportate il 18 settembre durante scontri tra forze israeliane e palestinesi al checkpoint di Beit Furik (Nablus). Secondo i media, le autorità israeliane affermano di aver sparato in risposta al lancio di bottiglie incendiarie contro un veicolo israeliano; fatto che testimoni oculari palestinesi negano.

Sempre il 22 settembre, nel villaggio Khursa (Hebron), un 21enne palestinese è stato ucciso dalla deflagrazione di un ordigno esplosivo che tentava di gettare contro un veicolo delle forze israeliane.

Durante il periodo di riferimento, 51 palestinesi, tra cui due minori, e cinque poliziotti israeliani, sono rimasti feriti durante scontri in Haram al Sharif-Monte del Tempio. Secondo il direttore della Moschea di Al Aqsa, l’interno della moschea ha subito danni. Gli scontri hanno avuto luogo nelle settimane in cui, in coincidenza con le festività ebraiche, erano aumentati gli ingressi di coloni e di altri gruppi israeliani nel Complesso mentre, viceversa, all’ingresso dei palestinesi venivano imposte varie restrizioni, attenuate solo durante i quattro giorni della festa musulmana di Eid. In collegamento a quanto sopra, diffuse proteste palestinesi e scontri hanno avuto luogo in altre zone dei Territori occupati, compresa la Striscia di Gaza, provocando il ferimento di 128 palestinesi, tra cui 43 minori, così come di 14 membri delle forze israeliane (tutti in Cisgiordania), nonché danni a circa 100 ulivi, investiti dal fuoco conseguente al lancio di lacrimogeni contro i manifestanti in Tuqu’ (Betlemme).

In Cisgiordania le forze israeliane hanno ferito altri 106 palestinesi (tra cui 37 minori) e due volontari internazionali: 13 palestinesi durante operazioni di ricerca-arresto in Hebron City, Beit Ummar (Hebron), Tuqu’ (Betlemme), Deir al Hatab (Nablus), nel Campo profughi di Jenin (Jenin) e nella città di Nablus; 86 palestinesi ed un volontario internazionale durante le manifestazioni settimanali a Kafr Qaddum (Qalqiliya) ed a Bil’in (Ramallah); un minore palestinese ed un volontario internazionale durante il funerale di un palestinese ucciso dalle forze israeliane a Beit Furik; tre palestinesi ad un checkpoint nella zona H2 di Hebron e tre feriti durante altri scontri.

Membri di gruppi armati palestinesi hanno lanciato diversi razzi verso il sud di Israele. Il 18 settembre un razzo è caduto a Sderot, causando danni alla proprietà; il 21 settembre un altro razzo è caduto nella zona di Hof Ashkelon senza provocare feriti o danni. Un altro razzo lanciato da Gaza è stato intercettato da Israele, senza danni. Il 19 settembre, forze aeree israeliane hanno lanciato almeno due missili contro una torre di telecomunicazioni ad est di Jabalia – utilizzata, a quanto riferito, da un gruppo armato – e contro una torre-acqua ad est di Beit Hanoun. Entrambe le strutture e un certo numero di case vicine hanno subito danni, mentre due residenti civili palestinesi sono stati feriti.

L’8 settembre, in Gaza City, un 17enne è stato ferito dalla esplosione di un residuato bellico. UNMAS [United Nations Mine Action Service] stima che ci siano oltre 5.000 ordigni inesplosi a Gaza, residuati delle ostilità del 2014. Dal cessate il fuoco dell’agosto 2014, almeno undici persone sono state uccise da ordigni inesplosi e 110 ferite.

Le forze israeliane hanno effettuato 128 operazioni di ricerca-arresto in Cisgiordania, per la maggior parte (44) nel Governatorato di Gerusalemme. Similmente, dei 248 palestinesi arrestati in tutta la Cisgiordania, 154 sono stati arrestati nella sola Gerusalemme; tra essi circa 40 minori.
A Gaza, il 15 settembre, le forze israeliane hanno ferito un membro delle forze di sicurezza di Gaza mentre cercava di impedire ad un palestinese di valicare la recinzione perimetrale per entrare in Israele senza autorizzazione. Secondo quanto riferito, nel periodo considerato da questo Rapporto, 13 palestinesi hanno tentato di attraversare la recinzione per entrare in Israele senza autorizzazione; quattro di essi sono stati arrestati dalle forze israeliane. In due occasioni le forze israeliane sono entrate all’interno della Striscia di Gaza e hanno spianato il terreno ed eseguito scavi nei pressi della recinzione.

Sono stati segnalati tre attacchi di coloni israeliani contro palestinesi, con lesioni o danni alle proprietà: l’aggressione fisica contro un palestinese che, per errore, era entrato all’interno dell’insediamento di Shave Shomron; un incendio doloso, a sud di Hebron, che ha causato danni a circa 550 alberi e che, secondo quanto riferito, è stato appiccato da coloni dell’insediamento di Haggay; il danneggiamento di una cisterna per acqua ad Al Khader (Hebron), da attribuire, secondo quanto riferito, a coloni dell’insediamento di El’azar. Inoltre (non incluso nel conteggio), nella zona H2 di Hebron, un bambino di sette anni è stato investito da un guidatore fuggito senza prestar soccorso.

Sempre nel periodo cui si riferisce questo Rapporto, sono stati registrati 14 attacchi di palestinesi, con lesioni a coloni israeliani o danni alle loro proprietà: la media settimanale più alta (7) dal febbraio 2015. Si è trattato di lanci di pietre contro veicoli israeliani nei Governatorati di Hebron, Betlemme, Gerusalemme e Ramallah. In un caso sono state lanciate bottiglie incendiarie contro case nella colonia di Nof Zion a Gerusalemme Est, causando lesioni a cinque coloni e ad un membro delle forze israeliane.
La fornitura di combustibile a Gaza – compreso quello per la Centrale elettrica – è stata interrotta a causa della chiusura dei valichi durante le festività ebraiche, ma anche per la mancanza di un coordinamento efficace tra le autorità palestinesi, con la conseguente carenza di combustibile sul mercato locale ed interruzioni di energia elettrica in tutta la Striscia fino a 20 ore al giorno. Verso la fine del periodo di riferimento [15-28 settembre] è ripresa la fornitura di carburante per la Centrale elettrica e le interruzioni di corrente si sono ridotte a 12-16 ore al giorno. Durante il periodo considerato dal precedente Rapporto [8-14 settembre], le interruzioni di corrente erano aumentate dalle 12-16 ore/giorno a più di 20 ore/giorno, a causa della generale mancanza di carburante ed a problemi sulle linee elettriche egiziane, problemi in seguito risolti. Le interruzioni di corrente hanno gravemente perturbato la fornitura dei servizi di base, tra cui quelli sanitari e quelli riguardanti l’acqua.

In Cisgiordania, nel periodo in esame, le forze israeliane hanno intensificato le restrizioni di accesso: tra esse la chiusura, dal 20 settembre, dell’ingresso nord della città di Ar Ram con blocchi stradali; la chiusura, per diversi giorni, delle strade agricole a sud e ad ovest del villaggio di Kafr Qaddum (Qalqiliya); la chiusura degli ingressi ai quartieri Al Isawiya e Sur Bahir (Gerusalemme Est) e Deir Nidham (Ramallah).

Per mancanza dei permessi edilizi rilasciati da Israele, le autorità israeliane hanno demolito cinque strutture nel Governatorato di Gerusalemme. Tra queste, tre strutture commerciali nel villaggio di Hizma, una struttura per animali in Al Isawiya ed una casa in costruzione nella zona di Silwan. Le autorità israeliane hanno emesso ordini di sgombero contro 600 m2 di terreno ad est di Qusra (Nablus), sostenendo che è “terra di stato”, e contro più di 2 ettari di terra nel villaggio Qarawat Bani Hassan (Salfit), sulla base del fatto che si tratta di una “riserva naturale”; in quest’ultimo caso, i proprietari sono tenuti a sradicare gli alberi ivi piantati quattro anni fa. Inoltre, nel Governatorato di Tubas, le autorità israeliane hanno confiscato, per motivi non chiariti, un trattore in Ein al Hilwa ed un serbatoio per acqua in Humsa Al Bqai’a.
Il valico di Rafah è stato eccezionalmente aperto il 17 settembre per oltre 500 pellegrini palestinesi diretti a La Mecca (Arabia Saudita). Il valico è stato continuamente chiuso, anche per l’assistenza umanitaria, dal 24 ottobre 2014, ad eccezione di 33 giorni di aperture parziali.

Ezio R. e Giovanni L.V. per

“Associazione per la pace – gruppo di Rivoli”

* note

I Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati settimanalmente in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informazioni, corredate da dati numerici e grafici statistici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati. Sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina: http://www.ochaopt.org/reports.aspx?id=104&page=1

Sullo stesso sito sono reperibili mappe dettagliate della Striscia di Gaza e della Cisgiordania:
Striscia di Gaza:
http://www.ochaopt.org/documents/Gaza_A0_2014_18.pdf
Cisgiordania:
http://www.ochaopt.org/documents/Westbank_2014_Final.pdf

La scrivente “Associazione per la pace – gruppo territoriale di Rivoli”, stante l’imparzialità dell’Organo che li redige, utilizza i Rapporti per diffondere un’informazione affidabile sugli eventi che accadono in Palestina. Pertanto, traduce i Rapporti in italiano (escludendo i dati statistici ed i grafici) e li invia agli interessati. Tali Rapporti sono anche scaricabili dal sito Web dell’Associazione, alla pagina:
https://sites.google.com/site/assopacerivoli/materiali/rapporti-onu/rapporti-settimanali-integrali