Un tribunale tedesco sentenzia che la Deutsche Welle ha licenziato illegalmente una giornalista palestinese

Ali Abunimah

8 luglio 2022 – Electronic Intifada

In Germania un tribunale ha dichiarato che la Deutsche Welle [emittente informativa pubblica tedesca, ndtr.] ha illegalmente licenziato una giornalista palestinese in base a false accuse di antisemitismo.

Maram Salem ha fatto parte di un gruppo di giornalisti arabi licenziati dalla rete pubblica in seguito a una campagna ufficiale di calunnie che li accusava di fanatismo antiebraico per le loro affermazioni o critiche riguardo ad Israele.

Mercoledì il tribunale del lavoro di Bonn ha sentenziato che il licenziamento di Salem non è valido.

Secondo una dichiarazione del suo avvocato, Ahmed Abed, “durante l’udienza il tribunale ha stabilito che i post su Facebook di cui era accusata non erano antisemiti e la rescissione del contratto è stata illegittima.”

La dichiarazione aggiunge che Salem “ha spiegato di essere da molto tempo una sostenitrice dei diritti delle donne, dei diritti dell’uomo, degli animali e LGBTQ e che le accuse l’hanno profondamente ferita. Ha chiesto alla DW di assumersi le proprie responsabilità, scusarsi pubblicamente e ritirare le accuse.”

Il comunicato afferma che il tribunale ha rigettato le accuse di antisemitismo degli investigatori Ahmad Mansour, Sabine Leutheusser-Schnarrenberger e Beatrice Mansour.

Ahmad Mansour, uno psicologo tedesco palestinese in stretto rapporto con la lobby israeliana, e Sabine Leutheusser-Schnarrenberger, ex-ministra della giustizia tedesca, erano stati incaricati da Deutsche Welle di indagare in merito al presunto antisemitismo all’interno dell’emittente.

Le opinioni anti-musulmane, anti-arabe e filoisraeliane di Mansour ne hanno fatto uno dei beniamini dei media tedeschi e di istituzioni finanziate dallo Stato.

A febbraio Deutsche Welle ha licenziato Salem insieme a vari altri giornalisti sulla base del loro rapporto. Secondo la dichiarazione del suo avvocato, la Deutsche Welle, che si maschera da campione della libertà di parola e di stampa, ha cercato di dipingere come antisemita la citazione di Salem riguardo all’“illegale occupazione israeliana”.

“Il verdetto dimostra che le campagne di diffamazione contro donne palestinesi come me o Nemi El-Hassan non hanno più successo,” afferma Salem. “Fin dall’inizio era chiaro che sono innocente.” El-Hassan è una giornalista tedesca di origini palestinesi a cui è stato annullato un programma scientifico da un’altra emittente, la Westdeutscher Rundfunk.

La presunta infrazione di El-Hassan è stata “linkare” post Instagram sull’account di Jewish Voice for Peace, ben nota associazione con sede negli USA che si impegna per i diritti dei palestinesi e si oppone al sionismo, l’ideologia dello Stato di Israele.

“Il tribunale del lavoro di Bonn ha messo in chiaro che le gravi accuse di antisemitismo contro Maram sono assolutamente prive di fondamento,” afferma l’avvocato Abed. “Ora la Deutsche Welle dovrebbe proteggere Maram invece di piegarsi alle provocazioni.”

L’ European Legal Support Center [Centro Europeo per il Sostegno Legale], un’associazione che lotta contro la repressione nei confronti dei palestinesi attraverso il ricorso ai tribunali, ha salutato la vittoria di Salem come il “primo successo nella causa della Deutsche Welle.”

Anche Farah Maraqa, giornalista palestinese giordana licenziata nel corso della caccia alle streghe contro gli arabi, ha denunciato la Deutsche Welle. La sua causa è ancora in corso.

L’appoggio incondizionato nei confronti di Israele è visto dalla dirigenza tedesca come una forma di riparazione per l’uccisione di milioni di ebrei europei da parte del governo tedesco durante la Seconda Guerra Mondiale.

Di conseguenza le istituzioni tedesche reprimono i palestinesi e i sostenitori dei loro diritti facendo ricorso a intimidazioni giudiziarie, calunnie, censura e violenze.

L’impegno tedesco nel sostegno ai crimini di Israele contro i palestinesi è talmente inflessibile da consentire a Israele di uccidere nella totale impunità cittadini tedeschi, compresi minorenni.

Ma, in un segnale di speranza che democrazia e diritti umani possano essere possibili in Germania, i tribunali hanno reagito contro la repressione anti-palestinese.

Con un’altra recente sconfitta della censura ufficiale, la città di Stoccarda ha riconosciuto di aver illegittimamente cancellato dal proprio sito web un’informazione relativa a un’associazione locale di sostegno ai palestinesi.

L’amministrazione cittadina ha ottemperato a una sentenza del tribunale e ripubblicato l’ informazione.

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)




Gantz criminale di guerra e colonialista

Il capo dell’opposizione afferma che l’occupazione è un bene per i palestinesi

Ali Abunimah

10 settembre 2019 – Electronic Intifada

 

Benny Gantz, capo dell’esercito israeliano durante il massacro a Gaza nel 2014 da parte di Israele, sta prendendo in prestito argomentazioni dell’apartheid sudafricano per promuovere la sua campagna elettorale.

Gantz guida la coalizione di opposizione presuntamene di centro-sinistra che spera di spodestare Benjamin Netanyahu nelle elezioni israeliane di questo mese.

Lunedì, durante un attacco elettorale contro il primo ministro israeliano, Gantz ha dichiarato che, a differenza di Netanyahu, avrebbe consentito alle deputate USA Ilhan Omar e Rashida Tlaib di visitare Israele e i territori occupati.

Gantz ha sostenuto che, se l’avessero potuto fare, avrebbero visto “con i propri occhi” che “il miglior luogo in cui essere arabo in Medio Oriente è Israele… e il secondo miglior posto in cui essere arabo in Medio Oriente è la Cisgiordania.”

L’affermazione di Gantz secondo cui l’occupazione militare e la colonizzazione israeliane sono una benedizione per i palestinesi costituisce una diretta imitazione dei governanti dell’apartheid sudafricano, che insistevano sul fatto che il loro brutale regime suprematista bianco era un bene per la popolazione di colore.

Lo scrittore Ben White ha segnalato un’intervista del “New York Times” nel 1977 con John Vorster, che all’epoca era il primo ministro del regime razzista del Sud Africa.

“Il livello di vita dei neri in Sud Africa è da due a cinque volte più alto di quello di qualunque altro Paese africano,” sostenne Vorster.

Questa affermazione era un pilastro della propaganda del Sud Africa quando, durante gli anni ’80, il movimento globale per il boicottaggio, il disinvestimento e le sanzioni si rafforzava.

Non è sorprendente, in quanto i colonialisti sostengono sempre che il loro dominio violento è un regalo per il popolo che sfruttano ed opprimono.

Nelle attuali iniziative di Israele gli echi della propaganda del Sud Africa sono forti.

E come i razzisti sudafricani che cercavano di lottare contro l’isolamento del loro regime, Gantz ha dichiarato che “chiunque collabori con il BDS sta agendo contro lo Stato di Israele.”

L’ex capo dell’esercito ha anche sostenuto che il BDS – il movimento per il boicottaggio, il disinvestimento e le sanzioni per i diritti dei palestinesi – è una “forma di antisemitismo”.

Nei fatti è un movimento antirazzista radicato nelle leggi internazionali e nei diritti universali.

Le affermazioni di Gantz mostrano che, nonostante i tentativi di presentarlo come un’alternativa ripulendone l’immagine, egli non rappresenta niente di diverso rispetto a Netanyahu.

 

Gantz deve affrontare un processo per crimini di guerra

Le elezioni israeliane da rifare cadono il 17 settembre.

Quello stesso giorno in Olanda ci sarà un’udienza in tribunale del processo di Ismail Ziada contro Benny Gantz.

Zaida, un cittadino palestino-olandese, ha citato in giudizio Gantz e un altro comandante israeliano per l’attacco del 20 luglio 2014 contro la casa della sua famiglia nel campo di rifugiati di al-Bureij a Gaza.

Il bombardamento israeliano uccise sette persone – la madre settantenne di Ziada, Muftia Ziada, tre fratelli, una cognata, un nipote di 12 anni e un amico che era andato a trovarli.

L’assalto contro Gaza del 2014 diretto da Gantz uccise 2.200 palestinesi, compresi 550 minori.

Ben lungi dal vergognarsi dei suoi crimini, nelle elezioni israeliane di aprile – che non sono riuscite ad esprimere un chiaro vincitore, provocando quindi queste votazioni di settembre – Gantz ha anzi messo annunci pubblicitari in cui si vantava di quanti palestinesi aveva massacrato nel 2014.

 

Il “dialogo” dell’UE con un criminale di guerra

I sanguinari precedenti e la difesa del colonialismo da parte di Gantz forniscono anche un metro di giudizio con il quale misurare il presunto sostegno dell’Unione Europea ai diritti umani.

Invece di stare dalla parte delle vittime di Gantz e della loro campagna per la giustizia, l’UE sta promuovendo il responsabile.

Proprio lo scorso mese Emanuele Giaufret, l’ambasciatore dell’UE a Tel Aviv, e i suoi colleghi europei si sono incontrati con Gantz per un’amichevole chiacchierata.

“Abbiamo intenzione di continuare il dialogo,” ha twittato Giaufret.

Ciò dimostra che non c’è un livello di razzismo e di crimini che un leader israeliano possa commettere contro i palestinesi che lo escluda dal caldo abbraccio dell’UE.

Speriamo che i giudici olandesi abbiano il senso della giustizia, della decenza e del coraggio di cui molti diplomatici e politici europei sono privi in modo così spregevole.

 

 

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)




In Austria censura contro film sul calcio palestinese

Un cinema di Vienna censura un film palestinese sul calcio

 

Ali Abunimah

5 settembre 2019 – Electronic Intifada

 

 

Gli attivisti manifestano la loro indignazione perché un cinema a Vienna ha cancellato la prima visione austriaca di un film sul calcio palestinese.

Intanto, in Canada, gli attivisti protestano contro la decisione del partito liberale al governo di escludere un candidato al parlamento sulla base di false accuse di antisemitismo.

BDS Austria, gruppo che sostiene la campagna per boicottare Israele a causa delle sue violazioni dei diritti dei palestinesi, afferma che la cancellazione della proiezione di ¡Yallah! ¡Yallah! rappresenta un caso di censura.

Diretto da Cristian Pirovano e Fernando Romanazzo, il film del 2017 è una coproduzione argentino-palestinese e racconta la storia di sette palestinesi attraverso il loro legame con il calcio.

La proiezione avrebbe dovuto avvenire martedì al cinema Artis International, seguita da una discussione con Pirovano, che è in tournée in Europa. Il film è già stato proiettato in dozzine di città in tutto il mondo.

Il co-direttore Pirovano ha condannato la censura.

BDS Austria ha dichiarato: “La cancellazione all’ultimo minuto della proiezione del film al cinema Artis, che appartiene al più grande operatore cinematografico austriaco, Cineplexx Ltd., è illegale e inaccettabile.”

Secondo il gruppo [BDS], il cinema avrebbe dichiarato: “Negli ultimi giorni abbiamo ricevuto sempre più informazioni e messaggi che sottolineavano la posizione politicamente controversa non tanto del film in quanto tale, quanto del movimento sostenuto dal BDS”.

BDS è acronimo di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni, una campagna avviata dai palestinesi sul modello del movimento di solidarietà globale che ha contribuito a mettere fine all’apartheid in Sudafrica.

L’obiettivo del BDS è di fare pressione su Israele affinché rispetti il diritto internazionale ponendo fine all’occupazione militare in terra palestinese, abolendo ogni forma di discriminazione nei confronti dei cittadini palestinesi di Israele e rispettando il diritto dei rifugiati palestinesi a tornare in patria.

Ma nel 2018 il consiglio comunale di Vienna ha adottato una risoluzione di non collaborazione con il movimento BDS accusandolo ingiustamente di essere antisemita.

BDS Austria afferma che Artis ha citato questa risoluzione come pretesto per vietare la proiezione.

Il BDS accusa il Comune di mettere in atto “restrizioni irragionevoli e sproporzionate alle libertà di espressione e di riunione pacifica” e di “razzismo organizzato e istituzionalizzato”.

Gli attivisti hanno protestato fuori dal cinema Artis per la cancellazione di ¡Yallah! ¡Yallah !.

 

Censura draconiana

Questo incidente conferma il timore che l’adozione delle definizioni altamente politicizzate di antisemitismo volute da Israele e dalla sua lobby incoraggino una censura draconiana.

Israele e i suoi alleati stanno premendo per l’adozione istituzionale della cosiddetta definizione di antisemitismo dell’IHRA [International Holocaust Remembrance Alliance, organizzazione intergovernativa per la conservazione della memoria dell’Olocausto, ndtr.], che equipara le critiche alle politiche e alle pratiche razziste di Israele al fanatismo antiebraico.

L’Austria, membro di un’Unione Europea che pretende di difendere la libertà di parola come diritto fondamentale, è un posto sempre più ostile alla libera espressione.

A marzo a Vienna persino la Conferenza Rosa Luxemburg, di sinistra, ha condannato il BDS Austria.

Lo stesso mese, il Volkskundemuseum [Museo del Folklore, ndtr.] di Vienna, su pressione dei gruppi della lobby israeliana, ha annullato un evento sui diritti dei palestinesi in cui era previsto un intervento di Ronnie Kasrils.

Kasrils è un veterano anti-apartheid ed ex ministro del governo di Nelson Mandela.

L’anno scorso, l’Università di Vienna si è piegata alle pressioni della lobby israeliana in Austria e ha vietato una conferenza pubblica di un autorevole attivista nero americano.

E nel 2017 a Vienna un hotel ha annullato la conferenza di un avvocato che si occupa  di diritti umani dopo le intimidazioni di attivisti anti-palestinesi.

 

Candidato canadese diffamato come antisemita

La scorsa settimana, il partito liberale canadese ha tolto Hassan Guillet dalla lista dei candidati alle elezioni politiche di ottobre in un collegio elettorale del Quebec.

Questo dopo che il gruppo della lobby filo-israeliana B’nai Brith Canada ha accusato Guillet di aver postato in rete dichiarazioni antisemite e anti-israeliane.

Ma Independent Jewish Voices [Voci Ebraiche Indipendenti, gruppo di ebrei contrari alle politiche israeliane, ndtr.] Canada si è indignato per la decisione.

“Dopo aver esaminato i fatti, per noi è evidente che Guillet è tutt’altro che un antisemita”, ha detto Corey Balsam, coordinatore nazionale di IJV.  “Ciò che è assolutamente chiaro è che Guillet è stato preso di mira a causa delle sue esplicite critiche a Israele e alle sue politiche”.

B’nai Brith Canada ha accusato Guillet di essersi congratulato con Raed Salah [palestinese con cittadinanza israeliana leader del Movimento Islamico in Israele, ndtr.] per la sua liberazione da una “prigione della Palestina occupata” e di aver auspicato la liberazione di “tutta la Palestina”.

Salah è un leader di spicco tra i cittadini palestinesi di Israele. Ha subito ripetutamente la prigione in Israele per la sua attività politica.

Nel 2011, le autorità del Regno Unito hanno ordinato la deportazione di Salah sulla base di false accuse di antisemitismo da parte di un gruppo britannico della lobby israeliana.

Dopo 10 mesi di battaglia legale, Salah è stato completamente scagionato da un tribunale che ha accettato “da ogni punto di vista” il suo appello contro la deportazione.

Nel maggio 2018, il giorno dopo il massacro da parte di Israele di dozzine di manifestanti disarmati a Gaza, B’nai Brith Canada ha diffuso una calunnia razzista secondo cui i palestinesi manderebbero deliberatamente i propri figli a morire per il solo scopo di scattare foto propagandistiche che mettano in imbarazzo Israele.  Eppure il gruppo pretende di combattere il fanatismo.

In Canada Independent Jewish Voices ha fortemente criticato B’nai Brith per aver citato la definizione IHRA di antisemitismo recentemente adottata dal governo liberale del Primo Ministro Justin Trudeau.  “Ovviamente la preoccupazione globale per i diritti umani dei palestinesi sta provocando serie preoccupazioni a Israele e ai suoi sostenitori”, ha detto Balsam.  “Quindi, invece di cercare di difendere le azioni di Israele – il che è praticamente impossibile – hanno optato semplicemente per etichettare chi le critica come antisemita. Come società dobbiamo andare oltre l’apparenza.”

Grazie agli sforzi di Independent Jewish Voices Canada, che ha lavorato a fianco di gruppi per i diritti dei palestinesi e di attivisti per le libertà civili, a luglio il consiglio comunale di Vancouver ha deciso di non adottare la definizione IHRA.

 

(traduzione dall’inglese di Luciana Galliano)