L’esercito israeliano uccide un’adolescente palestinese nella Cisgiordania occupata

Zena Al Tahan

14 novembre 2022 – Aljazeera

Fulla Rasmi Abdelazeez Masalmeh, di 15 anni, è stata colpita e uccisa dall’esercito israeliano mentre si trovava a bordo di un veicolo vicino alla città di Ramallah.

Ramallah, Cisgiordania occupataL’esercito israeliano ha ucciso a colpi d’arma da fuoco una ragazza palestinese di 15 anni nella città di Beitunia vicino a Ramallah, nella Cisgiordania occupata.

Il ministero della salute palestinese ha identificato la vittima come Fulla Rasmi Abdelazeez Masalmeh, di 15 anni. Domani, giorno del suo compleanno, avrebbe dovuto compiere 16 anni. Lunedì è stato reso noto che è stata uccisa quando soldati occupanti le hanno sparato contro nel corso di un’incursione a Beitunia”.

I funzionari palestinesi inizialmente hanno erroneamente identificato la vittima come una donna di 19 anni di nome Sanaa al-Tal.

Secondo l’agenzia di stampa ufficiale palestinese Wafa durante la sparatoria è ​​stato ferito e arrestato un altro palestinese, il 26enne Anas Hassouneh.

Masalmeh, che è stata uccisa mentre si trovava in macchina, proveniva dalla città di al-Thahiriyeh a sud della città di Hebron, nella Cisgiordania meridionale occupata.

Notizie e immagini del fatto sono state diffuse dai media locali alle 4 del mattino (01:00 GMT) e la sua uccisione è stata confermata diverse ore dopo.

Un testimone ha riferito a Wafa che Masalmeh e Hassouneh si trovavano a bordo di un veicolo che stava percorrendo una strada, ignari del fatto che le forze israeliane si fossero posizionate in diversi punti finché non si sono imbattuti improvvisamente nell’esercito.

“Quando hanno cercato di cambiare direzione hanno trovato altri soldati di fronte a loro che hanno iniziato a sparare contro di loro senza alcun preavviso”, ha detto il testimone, che vive nella zona, aggiungendo che mentre cercava di scappare l’auto è stata colpita tre volte da soldati appostati in diversi punti.

Il testimone aggiunge che i soldati israeliani hanno tirato fuori dal veicolo Hassouneh, che era alla guida dell’auto, e che stava sanguinando, mentre Masalmeh è morta sul colpo.

Secondo i media israeliani, una dichiarazione dell’esercito israeliano afferma che i soldati hanno individuato un “veicolo sospetto che accelerava nella loro direzione nel corso un’operazione delle forze di sicurezza”. I soldati avrebbero segnalato al veicolo di fermarsi, ma questo avrebbe accelerato verso di loro, dopodiché hanno sparato contro il veicolo, afferma la nota.

Un video di sorveglianza ampiamente condiviso sui social media sembra mostrare l’auto che si ferma lentamente nell’area prima di essere colpita da soldati appostati nelle vicinanze. Al Jazeera non ha potuto verificare autonomamente il filmato.

Diaa Qurt, sindaco di Beitunia, ha dichiarato ad Al Jazeera che l’esercito israeliano ha fatto irruzione nella città, che si trova a ovest di Ramallah, per effettuare degli arresti, durante i quali sono scoppiati gli scontri.

“Questi giovani erano in macchina … L’esercito ha ritenuto l’auto sospetta, per cui le ha sparato contro”, afferma Qurt. “La loro uccisione in un batter di ciglia è un crimine.

L’esercito israeliano, dice Qurt, ha consegnato il corpo della ragazza ai medici palestinesi, che l’hanno trasferita all’ospedale pubblico di Ramallah.

Qurt fa presente che domenica notte l’esercito aveva arrestato tre palestinesi di Beitunia.

In quanto popolo palestinese sotto occupazione, l’esercito israeliano ha il potere di sparare e uccidere i nostri giovani anche se stanno solo lanciando pietre durante gli scontri. Sparano anche contro semplici passanti o persone a bordo delle loro auto”, aggiunge.

Lunedì, in seguito all’uccisione, il ministero palestinese degli affari esteri ha chiesto “misure internazionali per costringere lo Stato occupante a fermare la sua aggressione contro il nostro popolo”.

Si legge che la ragazza martirizzata questa mattina a Beitunia è l’ultima vittima di questa aggressione”.

Le forze israeliane effettuano quasi quotidianamente raid e arresti in tutta la Cisgiordania occupata nell’intento di reprimere i gruppi armati che operano nel territorio palestinese.

Durante tali raid l’esercito spara regolarmente proiettili veri con la frequente uccisione o ferimento di abitanti, tra cui persone del tutto estranee.

Finora, nel 2022, l’esercito israeliano ha ucciso nella Cisgiordania occupata e Striscia di Gaza sotto assedio197 palestinesi, tra cui 43 minori. Secondo le Nazioni Unite, il numero di palestinesi uccisi da Israele nella Cisgiordania occupata quest’anno è il più alto degli ultimi 16 anni.

L’Ufficio dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani ha rilevato in precedenti rapporti che le forze israeliane spesso usano armi da fuoco contro i palestinesi per un semplice sospetto o come misura precauzionale, in violazione degli standard internazionali”.

(traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)




Israele uccide 4 palestinesi in Cisgiordania e a Gerusalemme est occupate

Redazione di Al Jazeera

3 novembre 2022 – Al Jazeera

Un uomo, Daoud Rayan, è stato ucciso a Beit Dukku un giorno dopo che un altro abitante della città è stato ucciso vicino a un posto di blocco.

Le forze israeliane hanno ucciso quattro palestinesi in differenti incidenti in Cisgiordania e a Gerusalemme est occupate.

Giovedì la violenza è scoppiata mentre Israele conteggiava i voti definitivi nelle elezioni nazionali svoltesi questa settimana, e si prevede che l’ex Primo Ministro Benjamin Netanyahu sarà alla guida di un’ampia maggioranza sostenuta da alleati di estrema destra.

Il Ministero della Salute palestinese ha detto che un palestinese è stato ucciso dal fuoco israeliano in Cisgiordania. È stato identificato come il quarantaduenne Daoud Mahmoud Khalil Rayan di Beit Duqqu, in Cisgiordania.

La polizia israeliana ha dichiarato che le guardie di frontiera paramilitari hanno fatto irruzione in casa di un palestinese che sostenevano avesse lanciato la propria auto mercoledì contro un soldato israeliano. La polizia ha detto che lì gli agenti hanno affrontato una protesta durante la quale i dimostranti hanno lanciato pietre e ordigni incendiari contro i poliziotti. Allora questi hanno aperto il fuoco contro chi aveva scagliato l’ordigno.

In un altro incidente occorso giovedì, secondo la polizia un palestinese avrebbe accoltellato un agente di polizia nella Città Vecchia di Gerusalemme e gli agenti hanno aperto il fuoco, uccidendolo. L’agente è rimasto lievemente ferito.

Nel frattempo due palestinesi, compreso un combattente della Jihad islamica, sono stati uccisi nel corso di incursioni dell’esercito a Jenin.

Le violenze si sono verificate mentre in Israele sta avvenendo un cambiamento politico dopo le elezioni nazionali, con l’ex Primo Ministro Benjamin Netanyahu che probabilmente tornerà al potere con un governo di coalizione composto da alleati di estrema destra, incluso il parlamentare di estrema destra Itamar Ben-Gvir, che in risposta agli incidenti ha detto che Israele presto userà un approccio più duro nei confronti degli aggressori.

È arrivato il momento di riportare la sicurezza nelle strade”, ha twittato. “È arrivato il momento che un terrorista che sta per compiere un attacco venga eliminato!”

Gli incidenti sono stati gli ultimi di un’ondata di violenze in Cisgiordania e a Gerusalemme est che quest’anno ha ucciso più di 130 palestinesi, facendo del 2022 l’anno con il maggior numero di vittime dal 2015.

Le forze israeliane hanno compiuto incursioni quasi quotidiane in Cisgiordania e i combattenti palestinesi hanno risposto attaccando soldati israeliani.

Le incursioni sono state parte dell’operazione israeliana “Spezzare l’onda”, che è un tentativo di porre fine all’emergere di nuovi gruppi di resistenza palestinesi in Cisgiordania.

Nelle ultime settimane le incursioni sono state accompagnate da un aumento degli attacchi contro israeliani, che hanno fatto almeno tre morti.

Sempre giovedì Israele ha rimosso alcuni posti di blocco in entrata e uscita da Nablus. Israele ha imposto le restrizioni settimane fa, attuando un giro di vite sulla città in risposta ad un nuovo gruppo militante noto come “La fossa dei leoni”. Nelle settimane scorse l’esercito ha condotto ripetute operazioni in città, uccidendo o arrestando i comandanti al vertice del gruppo.

Israele ha conquistato la Cisgiordania nella guerra del 1967 e da allora ha mantenuto un’occupazione militare illegale sul territorio e vi ha insediato più di 500.000 persone. I palestinesi vogliono il territorio, insieme alla Cisgiordania e Gerusalemme est per il loro auspicato Stato indipendente.

(Traduzione dall’inglese di Cristiana Cavagna)




L’ultrà di destra Ben-Gvir emerge come protagonista nelle elezioni in Israele

Orly Halpern

1 novembre 2022 – Al Jazeera

Mentre Israele va al voto per la quinta volta in meno di quattro anni, incertezza e crescenti tensioni fanno aumentare il sostegno al famigerato uomo politico.

Gerusalemme – Fino all’anno scorso Ben-Gvir era meglio noto come un provocatore della frangia dell’estrema destra religiosa degli odiatori dei palestinesi.

Ora sembra stia per diventare il protagonista nelle elezioni parlamentari di martedì quando gli israeliani voteranno per la quinta volta in meno di quattro anni.

Ben-Gvir, un colono di Kiryat Arba, una delle colonie più estremiste nella Cisgiordania occupata (illegalmente secondo il diritto internazionale), è stato condannato per incitamento al razzismo, distruzione di proprietà, possesso di materiale di propaganda di un’organizzazione “terroristica” e sostenitore dell’organizzazione “terroristica” Kach, gruppo illegale fondato [nel 1971 dal rabbino] Meir Kahane, a cui si era unito quando aveva 16 anni.

Ma nelle elezioni del marzo 2021 Ben-Gvir con il suo partito Potere Ebraico è riuscito a entrare nel parlamento israeliano in coalizione con il partito Unione Nazionale di Bezalel Smotrich diventando [la coalizione] “Sionismo Religioso” su richiesta dell’allora primo ministro Benjamin Netanyahu che voleva assicurarsi che nessun voto di destra andasse perso nel suo tentativo di formare il futuro governo.

Netanyahu, sotto processo per corruzione, non è riuscito a diventare primo ministro, ma l’accordo ha consentito a Ben-Gvir di entrare in parlamento.

Ora la lista sta per diventare il terzo partito nella Knesset, il parlamento di Israele. E avendo Netanyahu il 50% di possibilità di formare il prossimo governo, Ben-Gvir e Smotrich stanno preparando i loro piani con l’obiettivo di cambiare la natura del sistema politico israeliano.

Uno dei loro obiettivi è minare il sistema giudiziario israeliano rimuovendo dal codice penale i reati di frode e abuso d’ufficio per cui Netanyahu è sotto processo, privando l’Alta Corte di Giustizia della facoltà di annullare leggi incostituzionali, e dare ai parlamentari il controllo sulla selezione dei giudici.

Sabato un parlamentare di Yesh Atid, il partito centrista del primo ministro Yair Lapid, ha associato un eventuale governo con Netanyahu e Ben-Gvir all’ascesa di Adolf Hitler dicendo: “Non lo sto paragonando a niente, ma anche Hitler è salito al potere in modo democratico”.

Ben-Gvir vuole anche espellere i palestinesi con cittadinanza israeliana “sleali”. In agosto un sondaggio online di una stazione radio locale ha rilevato che circa due terzi degli israeliani sono a favore della proposta.

Daniel Goldman, 53 anni, uomo d’affari ebreo religioso e attivista sociale della città israeliana di Beit Shemesh, è deluso che così tanti ebrei religiosi sostengano Ben-Gvir.

Dice che deciderà cosa sia un test di lealtà e quindi a chi verrà permesso di essere un cittadino, il che non è accettabile, non solo da un punto di vista democratico, ma da un punto di vista ebraico,” dice Goldman ad Al Jazeera.

Come membro della comunità religiosa sionista, sono sconvolto che le opinioni [di] Smotrich e, in misura maggiore, di Ben-Gvir siano accettate dalla maggioranza della comunità a cui appartengo. Secondo la mia idea di giudaismo credo che noi abbiamo una responsabilità verso la minoranza, non solo la maggioranza, e questo include chiunque in Israele.”

Giorni bui’

I principali giornali israeliani hanno pubblicato editoriali che parlano di “elezioni decisive” e di “un ritorno ai secoli bui”.

L’ex ministro Limor Livnat, del partito di destra Likud, ha scritto venerdì sul giornale Yedioth che “un vero likudista non voterebbe per il Likud”, citando la decisione di Netanyahu di accogliere Ben-Gvir, “nel cuore della vita politica direttamente dalle frange della destra radicale e folle e farne un eroe”.

Ehud Barak, ex primo ministro laburista, ha profetizzato “giorni bui” se Ben-Gvir entrerà nel governo, mentre Zehava Galon, leader del partito di sinistra Meretz, ha detto che le elezioni “determineranno se qui ci sarà un Paese libero o una teocrazia ebraica”.

Ben-Gvir ha una lunga storia di provocazioni contro i palestinesi e la sinistra israeliana.

Nel 1995, al culmine degli Accordi di Pace di Oslo, il diciannovenne Ben-Gvir mostrò alle telecamere lo stemma strappato dal cofano dell’auto dell’allora primo ministro Yitzhak Rabin dichiarando: “Siamo arrivati alla sua macchina. Arriveremo anche a lui.”

Poche settimane dopo Rabin fu assassinato da un ultranazionalista israeliano a una manifestazione a sostegno dell’accordo di pace e del ritiro pianificato dal territorio palestinese.

Ben-Gvir era anche famoso perché sul muro di casa sua aveva messo in bella mostra la foto di Baruch Goldstein, l’americano-israeliano che nel 1994 massacrò 29 fedeli palestinesi a Hebron.

Da quando nella precedente elezione ha vinto un seggio nella Knesset, ha puntato una pistola contro dei parcheggiatori palestinesi a Tel Aviv, per cui è stato interrogato dalla polizia, e si è scontrato con il politico Ayman Odeh, cittadino palestinese di Israele, quando Odeh gli aveva impedito di entrare nella stanza d’ospedale dove si trovava un prigioniero palestinese in sciopero della fame.

Il mese scorso Ben-Gvir è andato nel quartiere di Sheikh Jarrah nella Gerusalemme Est occupata, dove le autorità israeliane stanno cercando di sfrattare delle famiglie palestinesi, con un gruppo di coloni che hanno tagliato le gomme delle macchine dei palestinesi e tentato di prendere d’assalto la casa di una famiglia. Quando i palestinesi hanno reagito lanciando pietre, ha estratto una pistola nonostante la presenza sulla scena della polizia.

Ben-Gvir ha dichiarato sabato che se il blocco di destra di Netanyahu si assicurasse la maggioranza lui esigerebbe di diventare ministro della Pubblica Sicurezza, cosa che gli darebbe autorità sulla polizia e sulla polizia di frontiera [corpo dell’esercito che opera nei territori occupati, N.d.T.].

Ben-Gvir sostiene che gli ufficiali della polizia israeliana e i soldati hanno le mani legate e vuole allentare le norme per permettere loro di sparare contro i palestinesi che lanciano pietre, ma non contro gli ebrei che fanno altrettanto.

Quello che veramente mi preoccupa è… il sostegno dei giovani, che la gente creda che usare violenza e potere sia il modo in cui dovremmo vivere, e non in base a eguaglianza e relazioni normali fra ebrei e arabi,” dice ad Al Jazeera Doubi Schwartz, un sessantatreenne attivista per la pace della città di Hod Hasharon, nel centro di Israele, “Ben-Gvir è una bandiera nera che sventola sopra la democrazia israeliana.”

Terreno fertile per l’estrema destra

Ci sono vari motivi dell’ascesa di Ben-Gvir. Un fattore che ha contribuito sono state le violenze dell’anno scorso nelle città “miste” dal punto di vista religioso, cominciate con i tentati sfratti a Sheikh Jarrah.

Gli scontri a Lod e in altre città miste arabo-ebraiche hanno causato un enorme trauma a molti ebrei israeliani. Non stiamo palando di palestinesi in regime di occupazione. Stiamo palando di cittadini israeliani palestinesi che hanno incendiato sinagoghe e attaccato a caso ebrei per le strade, che hanno aggredito i vicini,” dice Yossi Klein Halevi, senior fellow presso lo Shalom Hartman Institute e autore di Letters to my Palestinian Neighbor [Lettere al mio vicino palestinese].

Poi è intervenuto Ben-Gvir e ha cominciato a fare quello che Ben-Gvir fa meglio… sobillare. E ha organizzato bande ebree di ‘contro-linciaggio’. È sceso in strada e ha organizzato la rabbia.”

La maggior parte degli ebrei israeliani non sa che l’undici maggio 2021 a Lydd (Lod) c’erano la polizia ed ebrei legati alla comunità ebraica nazionalista Garin Torani, che per prima aveva attaccato i palestinesi in città. I palestinesi hanno risposto lanciando pietre e alcune ore dopo in città i membri della Garin hanno aperto il fuoco sui palestinesi e ucciso Moussa Hassouneh, 32 anni e padre di tre figli, che i palestinesi sostengono non fosse coinvolto [negli scontri].

Nei giorni seguenti c’è stata un’escalation di violenza per l’arrivo di ebrei armati provenienti da colonie nella Cisgiordania occupata e dal resto del Paese che hanno attaccato i palestinesi nelle proprie case e per strada, dando fuoco a un cimitero musulmano, ad auto e negozi. C’è stata violenza da parte dei palestinesi e un abitante ebreo è stato ucciso, ma la maggioranza dei media ebraici ha riportato solo gli attacchi contro ebrei e proprietà ebraiche.

Dopo tre giorni Kobi Shabtai, commissario della polizia israeliana, ha accusato Ben-Gvir per i disordini nelle città ebraico-palestinesi.

Ben-Gvir ha anche beneficiato del tempismo delle ultime elezioni e del panorama politico frammentato.

Il processo di pace non esiste più, da marzo in Israele c’è stata una serie di attacchi di palestinesi e le forze israeliane hanno condotto incursioni quasi quotidiane nella Cisgiordania occupata, uccidendo decine di palestinesi.

Durante i periodi di incertezza e tensione, quando la gente vuole una risposta e la sinistra non ne ha una immediata, il terreno è fertile per i messaggi della destra che risponde in un modo molto più populista,” spiega Daniel Bar-Tal, psicologo politico presso l’Università di Tel Aviv. “E questo è il fenomeno Ben-Gvir.”

Dopo gli scontri a Sheikh Jarrah a ottobre [Ben-Gvir] ha postato una foto con se stesso e due dei suoi bambini in una sala giochi mentre impugnano enormi mitragliatrici di plastica con la didascalia: “Dopo gli scontri a Shimon Hatzadik [colonia ebraica in un quartiere palestinese di Gerusalemme est, N.d.T.] ho portato i bambini in una sala giochi per insegnare loro cosa fare ai terroristi. Buone feste e Shabbat Shalom [Che sia un sabato di pace, in ebraico, N.d.T.].”

(tradotto dall’inglese da Mirella Alessio)




L’ennesima elezione in Israele: perché ai palestinesi non interessa?

Mohamad Kadan

30 ottobre 2022-Aljazeera

Molti palestinesi con cittadinanza israeliana non voteranno il 1° novembre, sentendosi delusi dai loro politici.

Quando il 1° novembre Israele terrà la sua quinta elezione in meno di quattro anni, la maggior parte del mondo lo vedrà come un altro segno di divisione nella politica israeliana. La lotta dell’ex primo ministro Benjamin Netanyahu per mantenere il potere e sfuggire all’accusa di corruzione ha incoraggiato la frammentazione politica e ha prodotto una serie di governi instabili.

Ma mentre in superficie la politica israeliana può sembrare afflitta da instabilità, c’è un notevole consenso politico su questioni chiave in materia di sicurezza, politica economica ed estera. Invece una reale divisione ha regnato nella comunità palestinese in Israele.

In effetti prima del voto l’umore tra noi, palestinesi con cittadinanza israeliana, è piuttosto pessimista. Secondo un recente sondaggio non più del 39% dei palestinesi che hanno diritto di voto in Israele si presenterà alle urne. Ciò potrebbe avere un grave effetto sui risultati, portando potenzialmente i voti dei partiti palestinesi al di sotto della soglia necessaria per entrare alla Knesset.

Allora perché noi palestinesi siamo così riluttanti ad andare alle urne in Israele? Molto ha a che fare con le strategie dei nostri partiti che non sono riuscite a produrre alcun cambiamento significativo nella situazione precaria in cui ci troviamo.

Un cambio di direzione

I palestinesi con cittadinanza israeliana hanno avuto il diritto di votare alle elezioni israeliane sin dalla fondazione dello Stato nel 1948.

I partiti palestinesi, anche quando si sono frammentati, sono rimasti ideologicamente vicini l’uno all’altro e fedeli al loro ruolo di portavoce della comunità palestinese, per richiamare l’attenzione sulle ingiustizie che ha dovuto affrontare e opporsi ai governi israeliani di qualsiasi orientamento politico e alle loro politiche sioniste.

È stato così fino al 2015, quando è stata formata da una coalizione di partiti palestinesi la Joint List [Lista Unita]. Ayman Odeh, il leader della nuova formazione, immaginava che la presenza palestinese alla Knesset avrebbe potuto giocare un ruolo nella costruzione di una grande base liberaldemocratica in Israele. Quell’anno ha vinto 13 seggi alla Knesset ed è riuscita a mobilitare circa il 63% degli elettori palestinesi aventi diritto, 10 punti percentuali in più rispetto alle elezioni precedenti.

Nelle elezioni del settembre 2019, la Joint List ha vinto nuovamente 13 seggi, diventando la terza forza dell’organo legislativo. Il successo dell’alleanza è arrivato mentre Netanyahu ha condotto una campagna tossica e anti-palestinese, sperando di mantenere il potere.

Odeh si sentiva fiducioso dopo questi risultati e ha deciso di schierarsi contro Netanyahu e con il suo avversario, l’ex capo di stato maggiore Benny Gantz. Di conseguenza, dopo le elezioni ha annunciato che la Joint List avrebbe sostenuto Gantz per la carica di primo ministro – [sarebbe stata] la prima volta che un partito palestinese avrebbe fatto parte della maggioranza di un premier sionista.

Gantz non solo non è riuscito a formare un governo, ma ha respinto con arroganza il sostegno della Joint List. Dopo le elezioni del marzo 2020, in cui la Joint List ha ottenuto 15 seggi, la Knesset è stata nuovamente bloccata e ancora una volta la coalizione dei partiti palestinesi ha appoggiato l’ex capo di stato maggiore contro Netanyahu. Questa volta il “tradimento” di Gantz è stato ancora più eclatante: ha deciso di formare un governo di unità nazionale con il suo avversario [cioè Netanyahu, ndt.].

Un anno dopo, Mansour Abbas, capo del partito Ra’am, ha deciso di fare un passo avanti nella strategia di Odeh. Il suo partito è uscito dalla coalizione Joint List prima delle elezioni del marzo 2021 e ha iniziato a dialogare ancora di più con i partiti israeliani.

Non voglio far parte di nessun blocco, di destra o di sinistra. Rappresento qui un altro blocco che mi ha eletto per servire il mio popolo e mi ha incaricato di presentare le richieste dell’opinione pubblica araba”, ha detto dopo le elezioni in cui il suo partito ha ottenuto quattro seggi.

L’argomento avanzato da Abbas era che i palestinesi devono uscire dal loro autoisolamento politico ed essere più coinvolti nella formazione del governo israeliano, indipendentemente dalla sua ideologia. Ciò avrebbe consentito loro una maggiore influenza politica e l’opportunità di difendere i propri interessi a livello di governo.

Tuttavia nella sua collaborazione con i partiti politici israeliani Abbas ha rilasciato una serie di dichiarazioni problematiche. Ha affermato che “Israele è uno Stato ebraico e tale rimarrà” e ha rifiutato di descrivere i coloni israeliani come “violenti”. Inoltre ha sostenuto di non accettare di chiamare Israele uno “Stato di apartheid”.

Strategia fallita

Il cambio di strategia è stato disastroso per la Joint List. Ha profondamente deluso molti elettori palestinesi che hanno toccato con mano che i partiti palestinesi non dovrebbero sostenere un primo ministro sionista, tanto meno uno accusato di crimini di guerra contro i palestinesi. Ciò si è riflesso nelle elezioni israeliane del 2021, quando [la Joint List] ha ottenuto solo sei seggi.

In apparenza la strategia di Abbas poteva sembrare aver più successo, ma in realtà non è stato così. La frammentazione della Knesset e la sua volontà di impegnarsi con i partiti israeliani lo [Abbas] hanno reso l’ago della bilancia nel complicato processo di formazione del governo nel 2021. Ha raggiunto un accordo con la coalizione israeliana, che ha formato il governo, per garantire maggiori finanziamenti per le comunità palestinesi in Israele, una sospensione delle demolizione delle case palestinesi e il riconoscimento delle città beduine palestinesi.

Tre villaggi sono stati effettivamente “legalizzati”, ma ciò è avvenuto in cambio dell’accordo di Abbas e del suo partito alla creazione di nuovi insediamenti israeliani nel deserto del Naqab [Negev in ebraico, ndt]. Le case palestinesi continuano a essere demolite dagli israeliani e non si è visto nessun cambiamento significativo nei settori dell’istruzione, della salute, delle infrastrutture e altro nelle comunità palestinesi

Secondo molti palestinesi Abbas ha rinunciato a troppo per troppo poco. In cambio di un miglioramento temporaneo invece che di soluzioni strutturali ai grandi problemi che la comunità deve affrontare, ha rinnegato le posizioni palestinesi di lunga data contro l’occupazione israeliana e l’apartheid.

Le sue posizioni controverse hanno anche minato la posizione palestinese nella politica israeliana, legando la legittimità delle richieste dei palestinesi alla loro accettazione del sionismo piuttosto che ai loro diritti come comunità che vive su questa terra da secoli.

Sia le strategie di Abbas che quelle di Odeh sono state criticate, anche da ex colleghi della loro coalizione. Sami Abou Shehadeh, dell’Assemblea Nazionale Democratica (Al-Tajammu’), ha suggerito che i partiti palestinesi dovrebbero tornare alla loro posizione di opposizione.

Ma quella strategia è stata inefficace anche perché funziona all’interno dei limiti dello spazio politico israeliano, che è appunto quello dell’apartheid. Per più di sette decenni votare e avere membri palestinesi alla Knesset non ha fermato l’espropriazione israeliana dei palestinesi, la violenza contro i palestinesi o l’approvazione di leggi anti-palestinesi.

Le comunità palestinesi in Israele sono estremamente povere, prive di risorse, sottosviluppate e trascurate. Le infrastrutture si stanno sgretolando, i tassi di criminalità sono alti, la disoccupazione è schiacciante e la povertà è molto diffusa.

Noi palestinesi sappiamo che non c’è speranza di cambiamento con ciò che i nostri politici offrono in questo momento. Mentre si avvicina il voto del primo novembre, io, come molti palestinesi, mi chiedo: perché votare e agire come se avessimo diritti o pari cittadinanza?

Sarò uno dei tanti palestinesi che non voteranno. La mia speranza è che la bassa affluenza alle urne sia un campanello d’allarme per la classe politica palestinese e inneschi un importante dibattito aperto all’interno della comunità sulla strada da seguire.

Se per noi negli ultimi 70 anni nulla è cambiato e la situazione sta solo peggiorando, è evidente che abbiamo bisogno di una revisione radicale della politica palestinese in Israele.

Le opinioni espresse in questo articolo sono proprie dell’autore e non riflettono necessariamente la linea editoriale di Al Jazeera.

(traduzione dall’inglese di Giuseppe Ponsetti)




Amnesty sollecita un’inchiesta per possibili crimini di guerra a Gaza

Redazione di Al Jazeera

25 Ottobre 2022 – Al Jazeera

Solo in quest’anno almeno 160 palestinesi sono stati uccisi dalle forze israeliane nella Cisgiordania occupata e nella Striscia di Gaza

Amnesty International ha sollecitato la Corte Penale Internazionale (CPI) ad indagare su possibili crimini di guerra relativi agli “illegittimi attacchi” condotti nel corso della letale aggressione di Israele alla Striscia di Gaza in agosto.

Le forze israeliane “si sono vantate” della precisione dei loro attacchi su Gaza in agosto, ha affermato Amnesty International in un nuovo rapporto pubblicato martedì, che indaga le circostanze relative a tre specifici attacchi a civili.

Amnesty ha affermato che le vittime dei cosiddetti “attacchi mirati” includono un bambino di quattro anni, un adolescente in visita alla tomba della madre e una studentessa di belle arti uccisa dal fuoco israeliano mentre era in casa a bere un tè con sua madre.

L’organizzazione ha dichiarato che è stato posto sotto indagine anche un attacco che ha ucciso sette civili palestinesi, che sembra essere stato l’esito di un razzo senza guida probabilmente lanciato da gruppi armati palestinesi.

L’ultima offensiva di Israele contro Gaza è durata solo 3 giorni, ma è stato un tempo sufficiente per infliggere nuovi traumi e distruzioni alla popolazione assediata”, ha detto Agnès Callamard, segretaria generale di Amnesty International, in una dichiarazione allegata al rapporto.

I tre attacchi mortali che abbiamo esaminato devono essere indagati come crimini di guerra; tutte le vittime degli attacchi illegittimi e le loro famiglie meritano giustizia e risarcimenti”, ha detto.

Il violento attacco di agosto da parte delle forze israeliane è stato solo uno dei più recenti esempi di violenza indiscriminata contro la popolazione di Gaza “dominata, oppressa e segregata”, che ha subito anni di blocco illegale del territorio, ha aggiunto Callamard.

Oltre ad indagare sui crimini di guerra compiuti a Gaza, la CPI dovrebbe prendere in considerazione, all’interno della sua attuale inchiesta nei Territori Palestinesi Occupati, il crimine contro l’umanità di apartheid”, ha affermato.

Secondo il Ministero della Salute palestinese dall’inizio di quest’anno almeno 160 palestinesi sono stati uccisi dalle forze israeliane nella Cisgiordania occupata e nella Striscia di Gaza, compresi 51 palestinesi uccisi durante l’attacco di tre giorni a Gaza in agosto.

31 civili figurano fra i 49 palestinesi che secondo le Nazioni Unite sono stati uccisi nella Striscia di Gaza durante il conflitto di tre giorni, ha dichiarato Amnesty nel nuovo rapporto.

Il conflitto è iniziato il 5 agosto, quando Israele ha scatenato attacchi aerei in ciò che a suo dire era un attacco preventivo mirato al gruppo della Jihad islamica.

Amnesty ha detto che, utilizzando fotografie di frammenti di armi, l’analisi di immagini satellitari e le testimonianze di decine di intervistati, ha ricostruito le circostanze relative ai tre attacchi specifici, due dei quali condotti dalle forze israeliane e uno probabilmente da gruppi armati palestinesi.

La CPI ha avviato un’indagine sul conflitto israelo-palestinese, che ci si attende focalizzata in parte su possibili crimini di guerra compiuti durante il conflitto del 2014 a Gaza. L’inchiesta è appoggiata dall’Autorità Nazionale Palestinese, ma Israele non è membro della CPI e contesta la sua giurisdizione.

Il mese scorso la famiglia della giornalista di Al Jazeera Shireen Abu Akleh ha inoltrato una denuncia ufficiale alla CPI per chiedere giustizia per la sua morte.

Abu Akleh, che ha lavorato per Al Jazeera per 25 anni ed era conosciuta come “la voce della Palestina”, è stata colpita alla testa ed uccisa dalle forze israeliane l’11 maggio mentre stava documentando un’incursione dell’esercito nel campo profughi di Jenin nella Cisgiordania occupata.

Fonte: Al Jazeera e agenzie di stampa

(Traduzione dall’inglese di Cristiana Cavagna)




L’Australia annulla il riconoscimento di Gerusalemme come capitale di Israele

Redazione Al Jazeera

18 ottobre 2022 – Al Jazeera

Il ministro degli Esteri Penny Wong afferma che il governo “si rammarica” ​​della decisione presa dalla precedente amministrazione e ribadisce l’impegno per la soluzione a due Stati.

L’Australia afferma che non riconoscerà più Gerusalemme Ovest come capitale di Israele, annullando una decisione presa dal governo dell’ex primo ministro Scott Morrison nel 2018.

“Oggi il governo ha riaffermato la posizione precedente e di lunga data dell’Australia secondo cui Gerusalemme è una questione di status finale che dovrebbe essere risolta nell’ambito di un negoziato di pace tra Israele e il popolo palestinese”, ha affermato il ministro degli Esteri Penny Wong in una nota.

Questo annulla il riconoscimento da parte del governo Morrison di Gerusalemme Ovest come capitale di Israele”.

Wong ha ribadito che l’ambasciata australiana rimarrà a Tel Aviv e che Canberra è impegnata in una soluzione a due Stati “in cui Israele e un futuro Stato palestinese coesistano, in pace e sicurezza, entro confini internazionalmente riconosciuti”.

Ha aggiunto: “Non sosterremo un approccio che indebolisca questa prospettiva”.

Lo status di Gerusalemme è uno dei maggiori punti critici nei tentativi di raggiungere un accordo di pace tra Israele e i palestinesi.

Israele considera l’intera città, compreso il settore orientale che ha annesso dopo la guerra in Medio Oriente del 1967, come sua capitale, mentre i rappresentanti palestinesi, con ampio sostegno internazionale, vogliono Gerusalemme est occupata come capitale di un futuro Stato che sperano di creare nella Cisgiordania occupata e nella Striscia di Gaza.

L’Autorità Nazionale Palestinese plaude a questa decisione

L’Autorità Nazionale Palestinese plaude alla decisione dell’Australia, che probabilmente porterà alla ribalta la questione israelo-palestinese.

“Accogliamo con favore la decisione dell’Australia in merito a Gerusalemme e la sua richiesta di una soluzione a due Stati in conformità con la legittimità internazionale”, ha dichiarato su Twitter il ministro degli Affari Civili dell’Autorità palestinese, Hussein al-Sheikh.

Sheik plaude “all’affermazione dell’Australia secondo cui il futuro della sovranità su Gerusalemme dipende dalla soluzione permanente basata sulla legittimità internazionale”.

Shahram Akbarzadeh della Deakin University [con sede a Melbourne, ndt.] ha affermato che la decisione dell’Australia rafforzerà il consenso internazionale sullo status di Gerusalemme.

“L’Australia si stava discostando da quel consenso, ma ora sta tornando indietro.

porterà sicuramente sotto i riflettori la questione, il conflitto israelo-palestinese e il futuro di una soluzione a due Stati”, ha detto ad Al Jazeera da Melbourne, aggiungendo che la comunità internazionale ha una grande responsabilità nell’affrontare questo annoso problema.

C’è un consenso internazionale sul fatto che lo status di Gerusalemme dovrebbe essere gestito e deciso nell’ambito di un più ampio negoziato sul futuro dei due Stati, di Israele e Palestina. Non possono essere separati da quella questione”.

Il reportage di Bernard Smith di Al Jazeera da Gerusalemme Ovest afferma che, sebbene l’annuncio di Wong sia un “piccolo cambiamento”, è comunque significativo.

“La maggior parte dei Paesi riconosce che lo status finale di Gerusalemme deve essere definito nei colloqui sulla statualità palestinese, e i palestinesi vogliono Gerusalemme est come loro capitale”, ha aggiunto.

Israele convoca l’inviato australiano

Martedì il primo ministro israeliano Yair Lapid ha criticato aspramente la decisione dell’Australia.

Lapid ha descritto la decisione come una “risposta affrettata”, aggiungendo: “Possiamo solo sperare che il governo australiano gestisca altre questioni in modo più serio e professionale.

In una dichiarazione rilasciata dal suo ufficio il primo ministro ha anche affermato “Gerusalemme è la capitale eterna e unita di Israele e nulla lo cambierà mai”.

Il ministero degli Esteri israeliano ha reso noto di aver convocato l’ambasciatore australiano per presentare una formale protesta.

L’ex primo ministro australiano Morrison annunciò che il suo governo conservatore avrebbe riconosciuto Gerusalemme Ovest come capitale di Israele dopo che gli Stati Uniti [l’amministrazione Trump, ndt.] avevano rovesciato la loro decennale politica riconoscendo la città [di Gerusalemme come capitale di Israele, ndt] e spostando lì da Tel Aviv l’ambasciata degli Stati Uniti.

La decisione australiana fu ampiamente criticata dai gruppi filo-palestinesi così come dal Partito Laburista, che allora era all’opposizione e promise di ribaltare la decisione se avesse vinto le elezioni.

(traduzione dall’Inglese di Giuseppe Ponsetti)




Un medico tra i due palestinesi uccisi dalle forze israeliane a Jenin

Zena Al Tahhan

14 ottobre 2022 – Al Jazeera

Almeno 160 palestinesi sono stati uccisi dalle forze israeliane nella Cisgiordania occupata dall’inizio dell’anno.

Ramallah, Cisgiordania occupata – Durante un’incursione contro la città di Jenin, nel nord della Cisgiordania occupata, le forze israeliane hanno sparato e ucciso due palestinesi, tra cui un medico. Il Ministero della Sanità palestinese lo ha identificato come Abdullah al-Ahmad, di circa 40 anni, e ha affermato che è stato colpito alla testa da forze israeliane venerdì mattina davanti all’ospedale pubblico di Jenin.

Un portavoce del ministero della Sanità ha detto ad Al Jazeera che il secondo uomo ucciso venerdì mattina è il ventenne Mateen Dabaya. In un comunicato le Brigate di Jenin, un gruppo della resistenza armata palestinese formatosi lo scorso anno, lo ha indicato come un suo comandante locale.

Mohammad Awawdeh, il portavoce del ministero, ha detto che Dabaya è stato colpito da un proiettile alla testa. Le uccisioni sono avvenute poco dopo che venerdì alle 8 decine di veicoli blindati israeliani avevano fatto irruzione a Jenin e sono scoppiati scontri a fuoco e disordini con le forze israeliane.

Video condivisi da giornalisti del posto sembrano mostrare forze israeliane che sparano contro gli equipaggi delle ambulanze.

Secondo il ministero della Sanità venerdì mattina a Jenin almeno altri 5 palestinesi sono stati feriti da proiettili veri.

In precedenza, sempre venerdì, l’agenzia di notizie ufficiale [palestinese] Wafa ha informato che un adolescente palestinese è morto in seguito alle ferite riportate durante l’arresto da parte di forze israeliane lo scorso mese.

La Wafa e la Commissione per i Detenuti dell’Autorità Nazionale Palestinese lo hanno identificato come il diciassettenne Mohammad Maher Ghawadreh.

Ghawadreh, del campo profughi di Jenin, è morto mentre era in cura all’ospedale Tel Hashomer, in Israele. Era stato arrestato dopo che il 5 settembre avrebbe messo in atto un attacco a mano armata contro un autobus affollato di soldati israeliani nella Valle del Giordano, ferendone sette.

Incremento degli attacchi dei coloni

La settimana scorsa sono aumentate le tensioni sul terreno tra palestinesi da una parte e forze israeliane e coloni dall’altra.

Sabato una soldatessa israeliana è stata uccisa da un palestinese in un attacco a mano armata da un’auto in corsa presso il principale posto di controllo nel campo profughi di Shuafat, nella Gerusalemme est occupata.

Le forze israeliane hanno proceduto a imporre per quattro giorni un blocco al campo e nelle aree limitrofe, dove vivono 130.000 palestinesi, mentre cercavano un sospetto identificato tuttora in fuga.

Abitanti del campo e nelle zone limitrofe hanno chiesto ai palestinesi di mobilitarsi e di iniziare uno sciopero generale mercoledì per fare pressione e porre fine all’assedio che è stato lentamente tolto giovedì mattina.

Mercoledì e giovedì in decine di quartieri, cittadine e villaggi a Gerusalemme est e in tutta la Cisgiordania occupata sono scoppiati scontri con le forze israeliane e i coloni. Mercoledì un giovane palestinese, il diciottenne Osama Adawi, è stato colpito a morte dall’esercito israeliano durante incidenti nel campo profughi di Arroub, a nord della città di Hebron, nella Cisgiordania occupata.

Al grido di “morte agli arabi”, giovedì notte decine di coloni israeliani hanno attaccato gli abitanti e le loro proprietà nel critico quartiere palestinese di Sheikh Jarrah, nella Gerusalemme est occupata.

La Mezzaluna Rossa palestinese [corrispettivo musulmano della Croce Rossa, ndt.] ha informato che le sue équipe mediche hanno curato da aggressioni fisiche e lancio di pietre da parte dei coloni 20 feriti, tra cui cinque che sono stati trasferiti in ospedale per essere curati.

Secondo abitanti e media locali, a un palestinese è stato rotto un braccio e un altro, di 48 anni, soffre di un’emorragia interna dovuta a fratture del cranio e attualmente si trova in ospedale.

Mahmoud Ramadan, abitante di Sheikh Jarrah, afferma che il picco di violenza di giovedì è stato grave.

“Ci manca solo che inizino a fare irruzione nelle nostre case con la protezione della polizia. Hanno usato pietre, tubi e spray urticante,” dice Ramadan ad Al Jazeera.

“Ci hanno picchiati e hanno sfasciato le nostre macchine davanti agli occhi della polizia e alle telecamere di sorveglianza,” continua, aggiungendo che le forze israeliane hanno arrestato almeno 10 giovani del quartiere.

“Le pietre che hanno scagliato avrebbero potuto uccidere qualcuno. Sono arrivati con un atteggiamento mostruoso, come se fossero pronti a uccidere. Non abbiamo nessuna fiducia che la polizia israeliana ci protegga né nei tribunali israeliani,” aggiunge.

Giornalisti locali affermano che giovedì notte il parlamentare di destra della Knesset e uno dei politici [israeliani] più popolari, Itamar Ben-Gvir, ha fatto irruzione a Sheikh Jarrah insieme ai coloni. Secondo i giornalisti, Ben-Gvir ha estratto una pistola e detto ai coloni che “se (i palestinesi) lanciano pietre sparategli.”

Clima di terrore”

Martedì e mercoledì bande di coloni israeliani armati hanno aggredito abitanti, case e negozi anche nella cittadina palestinese di Huwarra, a sud di Nablus, nella Cisgiordania occupata.

Wajeeh Odeh, consigliere comunale del posto, afferma che sotto la protezione di forze israeliane coloni armati di fucili, pietre e tubi hanno sfasciato negozi, auto e aggredito fisicamente alcuni abitanti. L’attacco è stato documentato da video condivisi da giornalisti.

“Gli attacchi sono continuati per due giorni di fila, con l’appoggio dell’esercito israeliano,” dice Odeh ad Al Jazeera. “Alcuni abitanti sono stati picchiati fisicamente, mentre alcuni giovani sono stati feriti da pietre e spray urticante.”

Odeh ha affermato che sia i coloni che l’esercito israeliano hanno sparato proiettili veri sia contro gli abitanti che in aria, ma che non ci sono stati feriti da colpi di armi da fuoco.

“I coloni hanno sparato proiettili veri davanti ai soldati,” continua. “Ciò ha creato un clima di terrore tra la gente.”

Tra i 600.000 e i 750.000 coloni israeliani vivono in almeno 250 colonie illegali sparse in tutta la Cisgiordania e a Gerusalemme est occupate, in maggioranza costruite dal governo israeliano o legalizzate retroattivamente.

Israele ha effettuato incursioni quasi quotidiane in Cisgiordania, concentrate soprattutto nelle città di Jenin e Nablus, dove la resistenza armata palestinese sta diventando più organizzata.

Lo scorso mese sono aumentati sia gli attacchi con armi da fuoco che le uccisioni di soldati da parte di palestinesi.

Martedì un soldato israeliano è stato ucciso nei pressi della colonia illegale di Shavei Shomron, a nordovest di Nablus, durante un attacco armato da parte di un palestinese da un veicolo in corsa. In seguito all’attentato le forze israeliane hanno chiuso ogni strada che porta a Nablus, che si trova tra Jenin e Ramallah, e hanno rigidamente ridotto gli spostamenti per due giorni.

Il gruppo armato “La Fossa del Leone” di Nablus ha rivendicato la responsabilità dell’attacco.

Secondo il ministero della Sanità palestinese dall’inizio dell’anno sono stati uccisi da forze israeliane nella Cisgiordania e nella Striscia di Gaza illegalmente occupate almeno 160 palestinesi, di cui 51 durante l’attacco israeliano durato tre giorni contro Gaza in agosto.

Associazioni per i diritti umani locali e internazionali hanno condannato quello che hanno definito un uso eccessivo della forza da parte di Israele e la “politica di sparare per uccidere” contro i palestinesi, compresi sospetti assalitori in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza, occupate da Israele nel 1967.

Secondo Human Rights Watch [nota ong per i diritti umani con sede a New York, ndt.], importanti politici israeliani hanno incoraggiato “soldati e poliziotti israeliani a uccidere palestinesi sospettati di aver aggredito israeliani anche quando non rappresentano più una minaccia.”

Nei suoi rapporti l’ufficio dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani ha evidenziato che le forze israeliane “spesso, in violazione degli standard internazionali, utilizzano armi da fuoco contro palestinesi in base al semplice sospetto o come misura precauzionale.”

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)




Combattenti palestinesi uccidono un soldato israeliano nella Cisgiordania occupata

Redazione di Al Jazeera

11 ottobre 2022 – Al Jazeera

L’uccisione di un soldato israeliano vicino ad una colonia illegale avviene pochi giorni dopo che un altro [soldato] è stato colpito a morte ad un posto di blocco nella Gerusalemme est occupata

Un soldato israeliano è stato colpito a morte vicino ad una colonia illegale nella Cisgiordania occupata in un attacco rivendicato da un gruppo palestinese, il secondo assalto alle forze armate in pochi giorni.

L’esercito israeliano ha detto che il soldato è stato ucciso martedì quando “due aggressori sono arrivati con un veicolo vicino alla comunità di Shavei Shomron e hanno sparato proiettili veri.”

Gli spari nella colonia israeliana sono stati rivendicati dalla ‘Fossa dei Leoni’, una coalizione eterogenea di combattenti palestinesi che si è formata negli ultimi mesi.

Annunciamo che stiamo conducendo una seconda operazione di fuoco contro i soldati dell’occupazione (israeliana) nella zona di Deir Sharaf, ad ovest di Nablus”, ha affermato il gruppo.

La zona si trova tra Nablus e Jenin, città palestinesi che hanno assistito a sei mesi di intensificate incursioni dell’esercito scatenate da Israele in seguito ad un’ondata di attacchi nelle strade di città israeliane.

Nel suo comunicato l’esercito ha aggiunto che forze israeliane stanno cercando le persone che hanno compiuto l’attacco. Secondo l’agenzia AFP [Agenzia France Press], le forze israeliane sono state schierate nell’area e perquisiscono i veicoli.

In un post su Twitter il Ministro della Difesa israeliano Benny Gantz ha promesso che “prenderemo il terrorista e quelli che lo hanno aiutato”.

Il soldato ucciso è stato identificato come il 21enne Ido Baroukh.

L’uccisione è avvenuta tre giorni dopo che una soldatessa israeliana 18enne è stata colpita a morte ad un posto di blocco presso il campo profughi palestinese di Shuafat, nella Gerusalemme est occupata.

Le forze israeliane proseguono la ricerca del presunto sparatore, identificato dalla polizia come un 22enne palestinese residente nella città.

Hanno chiuso gli ingressi al campo profughi e l’ONU ha detto che lunedì le scuole (del campo) sono state chiuse.

Punizione collettiva’

Il parlamentare palestinese della Knesset Ahmad Tibi martedì ha visitato il campo e ha descritto la “sofferenza” degli abitanti.

Le persone malate non possono uscire dal campo per essere curate, le panetterie sono vuote, alcuni medici e infermieri non hanno potuto entrare”, ha detto all’agenzia AFP.

Per uscire dal campo devi aspettare in macchina tre o quattro ore. Questa è sofferenza, questa è punizione collettiva”, ha aggiunto Tibi.

Intanto, secondo il Ministero della Salute palestinese, da venerdì quattro adolescenti palestinesi sono stati colpiti a morte dalle forze israeliane nella Cisgiordania occupata.

Un quinto palestinese, un ragazzino di 12 anni, è morto lunedì in seguito alle ferite riportate il mese scorso durante un’incursione militare israeliana nella città cisgiordana di Jenin.

L’esercito ed altre forze di sicurezza israeliane nei mesi scorsi hanno compiuto incursioni quasi quotidiane in Cisgiordania, soprattutto a Jenin e Nablus, dove la resistenza armata palestinese sta divenendo più organizzata e si sono formati nuovi gruppi di miliziani.

Da gennaio sono stati uccisi più di 80 palestinesi, sia combattenti che civili, in quello che la Commissione Europea ha definito l’anno più letale nella Cisgiordania occupata dal 2008.

La giornalista palestinese-americana Shireen Abu Akleh è stata uccisa a maggio mentre documentava un raid israeliano a Jenin.

Secondo i dati delle Nazioni Unite, quest’anno in Cisgiordania sono stati uccisi almeno 20 minori palestinesi.

Israele ha occupato la Cisgiordania, Gaza e Gerusalemme est durante la guerra mediorientale del 1967. I leader palestinesi rivendicano questi territori per la creazione di un futuro Stato.

Le colonie israeliane sono considerate illegali dal diritto internazionale. I governi israeliani che si sono succeduti hanno costruito e ampliato le colonie nei territori palestinesi occupati – un’azione che i palestinesi sostengono abbia l’obbiettivo di un cambiamento demografico.

Ci sono almeno 600.000 coloni israeliani che vivono in circa 250 colonie nella Cisgiordania e Gerusalemme est occupate, spesso sotto massiccia protezione militare israeliana.

(Traduzione dall’inglese di Cristiana Cavagna)




Palestinesi uccisi dall’esercito israeliano vicino a Ramallah

Zena Al Tahhan

3 ottobre 2022 – Al Jazeera

I palestinesi respingono l’affermazione dell’esercito israeliano secondo cui gli uomini avrebbero tentato di effettuare un attacco terroristico con un’auto.

Rettifica

Una precedente versione di questo articolo riportava, sulla base dei rapporti dell’agenzia di stampa statale palestinese Wafa e della stessa famiglia di Basbous, che Basel Basbous fosse uno dei due uomini uccisi dall’esercito israeliano a Jalazone. L’articolo è stato aggiornato mercoledì 5 ottobre 2022 dopo che è emerso che in realtà Basbous è rimasto ferito e che a Wafa e alla famiglia è stato erroneamente riferito il suo nome come uno degli uomini uccisi. Un portavoce del ministero della salute palestinese ha detto ad Al Jazeera che c’è stato “un errore di identificazione da parte degli israeliani”. L’esercito israeliano non ha rilasciato dichiarazioni sui nomi degli uomini uccisi.

Ramallah, Cisgiordania occupata Le forze israeliane hanno ucciso due palestinesi durante un raid vicino alla città di Ramallah, nella Cisgiordania centrale occupata.

I due uomini sono stati uccisi lunedì in un’auto appena fuori dal campo profughi di Jalazone, a nord di Ramallah.

Sono stati identificati come Khaled Anbar e Salameh Sharayah.

Un terzo uomo, Basel Basbous, è stato dato inizialmente come ucciso nell’attacco. Tuttavia mercoledì il portavoce del Ministero della Salute palestinese ha confermato che Basbous è sopravvissuto, ma è rimasto ferito ed è attualmente ricoverato in un ospedale israeliano.

La notizia degli omicidi è arrivata intorno alle 7:00 (04:00 GMT, 06 ora italiana) di lunedì.

Un testimone, che ha voluto rimanere anonimo, ha detto che la sparatoria è avvenuta davanti alla sua casa.

“Ho sentito il rumore degli spari intorno alle 3:30 del mattino, ho guardato fuori dalla mia finestra, c’era un’auto, all’interno i ragazzi a cui avevano sparato”, ha detto ad Al Jazeera.

I soldati li hanno tirati fuori dall’auto e li hanno messi sul ciglio della strada. Sono stati lasciati sanguinare a terra per circa 40 minuti. Dopodiché hanno preso i loro corpi”.

“Lo scenario più probabile è che i tre siano stati sorpresi dall’esercito”, afferma l’uomo, aggiungendo che i soldati israeliani erano appostati nascosti alla vista in diversi punti della zona intorno al luogo in cui si trovava l’auto degli uomini.

L’esercito israeliano ha affermato che i suoi soldati stavano tentando di arrestare un sospetto a Jalazone quando hanno pensato che i tre uomini stessero pianificando un attacco con l’auto contro di loro.

I membri della famiglia di Basbous lo negano fermamente.

Basbous, che lavora in una panetteria, è uno di 10 fratelli di cui uno si trova attualmente in una prigione israeliana.

Sua sorella Baraa dice che il fratello era uscito con i suoi amici per vedere cosa stesse succedendo avendo sentito che l’esercito israeliano stava compiendo un’irruzione nella zona.

Baraa, parlando con noi nella sua casa di famiglia a Jalazone, nega che suo fratello abbia attaccato i soldati israeliani.

“Mio fratello non ha fatto nulla”, riferisce ad Al Jazeera. “I suoi amici lo hanno chiamato e sono usciti, hanno pensato che non ci fossero grossi problemi, avrebbero semplicemente fatto un giro per vedere se ci fossero stati degli scontri”.

“Ogni giovane del campo che sente che c’è l’esercito va ad osservare, anche da lontano”, continua Baraa.

Un’altra sorella, Rasha, di 37 anni, dice che Basbous aveva trascorso la sera precedente con suo figlio.

“Ha accompagnato mio figlio a casa intorno alle 3 del mattino e poi, dopo che i suoi amici lo hanno chiamato, è andato a vedere cosa stava succedendo”, racconta Rasha ad Al Jazeera.

“Negli ultimi tre giorni l’esercito ha compiuto delle irruzioni nel campo e quando arrivano sparano indiscriminatamente”, prosegue.

“Non siamo al sicuro nemmeno nelle nostre case”, dice, aggiungendo che una volta mentre nel corso di un’incursione osservava fuori dalla finestra la sua casa è stata colpita da colpi di arma da fuoco.

“Dico a chiunque affermi qualcosa sui palestinesi, sono loro [gli israeliani] a venire da noi e non siamo al sicuro nemmeno nelle nostre stesse case … vengono e uccidono i nostri giovani con un proiettile”.

In un primo tempo la famiglia di Basbous, dopo che l’agenzia di stampa ufficiale palestinese Wafa aveva fatto il suo nome, era convinta che fosse stato ucciso dall’esercito israeliano.

Tuttavia, secondo il ministero della Salute palestinese, sembra che all’origine ci sia stato un errore di identità.

Il governatorato di Ramallah ed el-Bireh ha osservato lunedì uno sciopero generale con la chiusura completa dei negozi in segno di lutto per i due uomini uccisi.

Israele sta effettuando raid quasi quotidiani in Cisgiordania, in gran parte concentrati sulle città di Jenin e Nablus, dove si sono costituiti nuovi gruppi armati palestinesi.

Secondo il Ministero della Salute dall’inizio dell’anno nei territori occupati [in seguito alla guerra] del 1967 sono stati uccisi dalle forze israeliane circa 160 palestinesi di cui 51 ad agosto nel corso dei tre giorni di assalto israeliano contro la Striscia di Gaza assediata.

Organizzazioni locali e internazionali per i diritti umani hanno condannato ciò che chiamano uso eccessivo della forza da parte di Israele e “prassi di sparare per uccidere” contro i palestinesi, compresi dei sospetti aggressori, nella Cisgiordania occupata e nella Striscia di Gaza.

Secondo Human Rights Watch [organizzazione non governativa internazionale che si occupa della difesa dei diritti umani, ndt.] politici israeliani di alto livello hanno incoraggiato “i soldati e la polizia israeliani a uccidere i palestinesi sospettati di aver attaccato gli israeliani anche quando non rappresentino più una minaccia”.

L’Ufficio dell’Alto Commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite ha rilevato nei rapporti che le forze israeliane “usano spesso armi da fuoco contro i palestinesi per un semplice sospetto o come misura precauzionale, in violazione degli standard internazionali”.

Giovedì nel corso di uno dei raid più recenti compiuto in una città vicino a Betlemme, un bambino di sette anni è morto dopo che i suoi famigliari gli hanno detto che era ricercato dai soldati israeliani [il bambino, Rayyan Suleiman, è morto in seguito ad un attacco cardiaco mentre i soldati israeliani facevano irruzione nella sua casa, ndt.].

Il Dipartimento di Stato americano ha chiesto che venga fatta un’indagine sulla morte di Rayyan Suleiman.

Sempre nel 2022 sono state uccise venti persone nel corso di attacchi compiuti da palestinesi in Israele e in Cisgiordania.

(traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)




Ebrei di estrema destra irrompono ad Al-Aqsa, palestinesi arrestati e feriti

Redazione

26 settembre 2022-Al jazeera

Ebrei ultranazionalisti entrano con la protezione della polizia israeliana nel luogo santo occupato a Gerusalemme est, vengono imposte restrizioni all’ingresso dei palestinesi.

Centinaia di ebrei ultranazionalisti sono entrati nel complesso della Moschea di Al-Aqsa nella Gerusalemme est occupata – sotto la protezione delle autorità israeliane – per il secondo giorno consecutivo, mentre la polizia israeliana ha attaccato i palestinesi radunati nel complesso e ha impedito ad altri di entrare.

La Mezzaluna Rossa palestinese afferma che almeno tre palestinesi sono stati feriti lunedì dalle forze israeliane, mentre i giornalisti riferiscono che altri 10 sono stati arrestati dentro e intorno al complesso. Le forze israeliane sono state viste usare manganelli per attaccare donne palestinesi e uomini anziani, nonché giornalisti.

I giornalisti palestinesi riferiscono che lunedì 264 israeliani ultranazionalisti sono entrati nel complesso – uno dei luoghi più sacri dell’Islam e un simbolo della nazione palestinese – nella Città Vecchia di Gerusalemme, che Israele ha occupato e annesso illegalmente nel 1967. Domenica ne sono entrati più di 400.

Il numero di ebrei ultranazionalisti – sostenitori del movimento dei coloni israeliani – che sono entrati nel complesso della moschea di Al-Aqsa è aumentato domenica e lunedì in occasione del Rosh Hashanah, o capodanno ebraico, che quest’anno cade tra il 25 e il 27 settembre.

Alcuni di coloro che sono entrati hanno pregato nel sito, nonostante esista un consenso generale tra gli ebrei ortodossi che la preghiera ebraica non sia permessa nel complesso della moschea di Al-Aqsa. La preghiera ebraica nel sito, noto anche come il Monte del Tempio per gli ebrei, è vista come dai palestinesi come una provocazione e come la fine di un’intesa decennale [tra palestinesi e israeliani, ndt.] di non consentire questa pratica.

Ciò ha portato a una tensione crescente con i palestinesi che temono tentativi da parte degli ebrei di estrema destra di impossessarsi del sito. Alcuni ebrei di estrema destra hanno apertamente espresso il desiderio di demolire le strutture musulmane nel complesso di Al-Aqsa per far posto a quello che viene chiamato il Terzo Tempio.

I palestinesi si erano radunati nel complesso nel tentativo di difendere il sito.

Un anziano palestinese, Abubakr al-Shimi, è stato ricoverato in ospedale dopo aver riportato ferite alla testa essendo stato spinto a terra dalla polizia israeliana in un incidente che è stato filmato.

Le forze israeliane hanno respinto il personale medico che tentava di curare al-Shimi.

John Hendren di Al Jazeera, riferendo dalla Gerusalemme est occupata, afferma che le violenze sono avvenute “in modo pianificato” e “con tutta evidenza non necessarie”.

Anche membri della stampa sono stati attaccati: il capo dell’ufficio dell’Agenzia turca Anadolu a Gerusalemme, Anas Janli, è stato gettato a terra in durante un alterco con la polizia.

Le forze israeliane hanno iniziato a limitare l’ingresso dei palestinesi nel complesso dopo le preghiere musulmane dell’alba alle 6 del mattino (03:00 GMT). L’ingresso di ebrei ultranazionalisti è iniziato circa un’ora dopo ed è proseguito nel pomeriggio, fino alle 14:00 circa (11:00 GMT).

Ai palestinesi di età inferiore ai 40 anni è stato vietato l’ingresso nella moschea, mentre a decine si sono radunati alla Porta delle Catene (Bab al-Silsila) e alla Porta del Leone (Bab al-Asbat) dove hanno pregato e protestato.

L’Autorità Palestinese (ANP) ha condannato quello che ha definito “l’attacco” al complesso della moschea.

Il portavoce della presidenza dell’Autorità Nazionale Palestinese, Nabil Abu Rudeineh, ha affermato che “l’attacco alla moschea di Al-Aqsa da parte dell’occupazione e dei suoi coloni rientra nel quadro dell’escalation israeliana contro il nostro popolo, la sua terra e i suoi luoghi santi” e ha avvertito che la “continuazione di queste pratiche porterà a un’esplosione della situazione con il crescere della tensione e della violenza”.

Abu Rudeineh ritiene il governo israeliano “totalmente responsabile di questa pericolosa escalation e delle sue ripercussioni”.

Altrove, nella città di Hebron occupata nel sud della Cisgiordania, i palestinesi hanno dovuto affrontare ulteriori restrizioni legate al capodanno ebraico.

Walid al-Omari di Al Jazeera riferisce che la famosa moschea Al-Ibrahimi [di Abramo, ndt.] della città, divisa tra palestinesi e coloni ebrei, è stata completamente chiusa ai palestinesi durante Rosh Hashanah: la quarta chiusura della moschea quest’anno.

La moschea è conosciuta dagli ebrei come la “Tomba dei Patriarchi”.

L’anno scorso, le crescenti tensioni per l’espulsione delle famiglie palestinesi dalle loro case a Gerusalemme sono state il catalizzatore di diffuse proteste palestinesi in Israele e nei territori palestinesi occupati.

I raid alla moschea di Al-Aqsa da parte delle forze di sicurezza israeliane durante il mese sacro del Ramadan hanno ulteriormente acuito le tensioni e quattro giorni dopo è iniziato l’assalto israeliano a Gaza durato 11 giorni.

Hendren di Al Jazeera afferma che nei prossimi giorni ci si aspetta un aumento delle scorte armate di ebrei ultranazionalisti [nel complesso di Al-Aqasa, ndt.] dato che “questi sono i giorni santi nel calendario ebraico”.

“La prossima settimana c’è Yom Kippur, il giorno più sacro nel calendario ebraico, il giorno dell’espiazione, quindi possiamo aspettarci più visite alla moschea [di Al-Aqsa]”, ha detto Hendren.

(traduzione dall’inglese di Giuseppe Ponsetti)