Il mondo spirituale delle bande ebraiche che promuovono l’espulsione dei palestinesi

Amira Hass

18 luglio 2022 – Haaretz

La scorsa settimana altre 16 famiglie palestinesi sono state costrette ad abbandonare i loro alloggiamenti. Cosa passa nella mente di quelli con lo zucchetto che ne sono responsabili?

Da dove viene a un ebreo l’energia mentale di sollevare una mazza e fratturare il cranio e un braccio a una donna di 47 anni in piedi all’ingresso della sua tenda? Cosa accade nella mente dei bei giovani con la kippa in testa quando danno fuoco al mangime per gli animali di una famiglia beduina e mandano i loro grassi greggi ebrei a mangiare l’orzo seminato dai palestinesi? Qual è il mondo spirituale dell’impettita banda ebraica che, sotto l’egida dei soldati israeliani, espelle i pastori palestinesi dai loro pascoli e dalle loro case?

Solo la scorsa settimana altre 16 famiglie sono state costrette ad abbandonare i propri accampamenti a causa della violenza degli ebrei, una famiglia ad est dell’incrocio di Taybeh su Alon Road e altre 15 famiglie nei dintorni di Ras a-Tin (comunità beduina, ndtr.). Questo in aggiunta alle oltre dodici famiglie solo in questi due siti del cui spostamento, passato inosservato, ho riferito la scorsa settimana.

Un testo, firmato da 33 gestori di avamposti di pastori in Cisgiordania, fornisce alcune risposte a queste domande. Pubblicato su Facebook alla fine del 2019, è riconfermato ad ogni aggressione ed espulsione.

Si tratta di una lettera di saluto e stima scritta da alcuni pastori ebrei ad Ariel Ben-David, che per alcuni anni ha guidato l’organizzazione Hashomer Yosh (Guardiano di Giudea e Samaria), che ha fornito agli avamposti manodopera e scagnozzi. Secondo Google, Ben-David è un avvocato che ha fondato a Ramle un cosiddetto “nucleo della Torah” (collettivo urbano per giovani famiglie religiose sioniste). 

Nell’aprile 2012, sul sito di notizie Hakol Hayehudi, ha spiegato che una delle considerazioni per l’istituzione di nuclei della Torah nelle città “miste” (cioè quelle da cui non siamo stati in grado di espellere tutti i residenti palestinesi nel 1948) è la demografia. “È una delle cose che ci spinge e ci dà la motivazione per andarci”, ha detto. Ben-David è anche tra i fondatori del movimento Komemiyut, il cui fondamento è “la supremazia della Torah”.

Dopo un duro esilio… siamo tornati a Sion… a ereditare la terra. Ai suoi spazi vasti e dolci ci sentivamo profondamente legati, tra le altre cose, nel pascolare i nostri sacri greggi”. Questo è l’inizio della lettera, che continua: “Sono passati gli anni sui monti della Giudea e sulle colline di Binyamin, sulle scogliere di Samaria e sulla pianura del Giordano, trascurati e disperati. La loro gloria divenne cespugli e rovi, la loro grandezza si riempì di ladri selvaggi, sulle loro alture si aggiravano i banditi delle tende di Keidar. [Ma] in questo decennio, e specialmente nella sua ultima metà, è giunto un altro spirito a restaurare la corona, e il luogo in cui erano gli sciacalli diventerà un’oasi d’amore; dove vagavano i malvagi, i pastori pascoleranno le sacre greggi. Non ci saranno più le disoneste tende dello straniero, piuttosto le dimore d’Israele ne abbatteranno i pali».

In linguaggio comune: come è già stato analizzato dagli attivisti anti-espulsione, il progetto degli avamposti dei pastori ebrei – di espellere i pastori palestinesi (“stranieri”) – è un’operazione organizzata e finanziata che ha acquistato slancio nell’ultimo decennio.

Gli autori della lettera riciclano la vecchia fandonia che la terra (cioé: la Cisgiordania) era desolata e in rovina fino all’arrivo di noi meravigliosi ebrei. Questa menzogna, allora come oggi, è un mezzo per superare la dissonanza tra valori come “non rubare”, “non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te”, “non uccidere” ecc., e i modelli di comportamento del sionismo, con l’arrivo dei sopravvissuti all’Olocausto e di altri sfollati ed esiliati ebrei, con la brama di proprietà terriere e il desiderio di arricchirsi.

Chi ha scritto la lettera ribadisce più volte la calunnia collettiva secondo cui i palestinesi (Keidar: uno dei figli di Ismaele) sono ladri per natura. Gli autori, i costruttori delle fiorenti fattorie non autorizzate, si dilungano a instillare disonestamente la paura dei ladri, per spiegare perché Hashomer Yosh è entrato in scena. “E qui, come un angelo dal cielo, sei comparso, o nostro amato Ariel Ben-David… quando hai assunto il ruolo [di] Hashomer Yosh, ci hai preso nel tuo cuore… dalla polvere ci hai sollevato alla dignità, da un piccolo gruppo a un grande popolo, da una condizione ignorata ad una rispettata.

E per tutto il percorso, hai provveduto a trovare nuove strade. … Tu personalmente sei stato veloce ad arrivare e rimanere, ad ascoltare da vicino, a compatire e a vivere. … Tu e i tuoi collaboratori avete girato tutto il paese spiegando, avete stabilito legami con tutti i tipi di uditorio, per far conoscere loro il grande sogno che condividiamo. … Non c’è dubbio che noi, poveri pastori, non avremmo mai raggiunto un pubblico tanto molteplice riuscendo a muoverlo all’azione. Il grande investimento ha dato i suoi frutti e i volontari hanno iniziato ad affluire nelle fattorie per fare i turni di guardia e altre attività di volontariato. … Improvvisamente la notte non ci si sente così soli.”

E in effetti alla fine del 2020 Hashomer Yosh contava su 950 volontari, secondo il più recente rapporto al registro delle associazioni senza scopo di lucro pubblicato sul sito web Guidestar.

“Abbiamo aperto le porte ad accogliere ottimi finanziamenti”, conferma la lettera, “per sostenere il sistema del volontariato, e alcuni di noi hanno persino goduto di considerevoli sovvenzioni che ci sono state date in segno di apprezzamento e amore …” A testimonianza di ciò c’è il budget di Hashomer Yosh nel 2020, di 5.103.838 shekel ($ 1.473.143): oltre 500.000 shekel a 12 dipendenti e quasi 4,5 milioni in varie attività.

Noi che paghiamo le tasse in Israele abbiamo pagato alle guardie delle potenti fattorie e alle loro tattiche di espulsione 2.069.118 shekel – la sovvenzione del governo a Hashomer Yosh solo in quell’anno. In quattro anni (2018–2021) abbiamo pagato l’organizzazione con le nostre tasse per quasi 6 milioni di shekel. Senza contare il silenzio che la maggioranza israeliana mantiene di fronte alla rapina.

E così gli autori della lettera possono pregare con certezza: «Al Signore benedetto: per tutti coloro che fedelmente lavorano alle pubbliche necessità, preghiamo si paghi il loro salario e ci sia data alla fine la speranza che il nostro sogno di salvezza si avveri».

(traduzione dall’inglese di Luciana Galliano)