La polizia israeliana ha preso di mira i palestinesi con arresti discriminatori, torture e uso illegale della forza

Amnesty International

24 giugno 2021

  • Arresti a tappeto contro attivisti palestinesi

  • Uso illegale della forza contro manifestanti palestinesi

  • Tortura nei confronti di detenuti palestinesi

  • Mancata protezione dei palestinesi da attacchi pianificati da parte di gruppi di suprematisti ebrei

Amnesty International oggi ha riferito che la polizia israeliana ha commesso in Israele e nella Gerusalemme est occupata una serie di reati nei confronti dei palestinesi conducendo, durante e dopo gli scontri in Israele e Gaza, una campagna repressiva discriminatoria attraverso arresti di massa, l’uso illegale della forza contro manifestanti pacifici e la pratica di torture e altri maltrattamenti nei confronti dei detenuti.

Inoltre la polizia israeliana ha omesso di proteggere i cittadini palestinesi di Israele da attacchi premeditati da parte di gruppi di suprematisti ebrei armati, anche quando le loro intenzioni sono state rese note in anticipo e la polizia ne era o avrebbe dovuto esserne a conoscenza.

“Le prove raccolte da Amnesty International dipingono un quadro accusatorio di discriminazione e uso eccessivo e spietato della forza da parte della polizia israeliana contro i palestinesi in Israele e nella Gerusalemme est occupata”, ha affermato Saleh Higazi, vicedirettore per il Medio Oriente e il Nord Africa di Amnesty International.

La polizia ha l’obbligo di proteggere tutte le persone sotto il controllo di Israele, siano esse ebree o palestinesi. Invece, la stragrande maggioranza degli arrestati durante la repressione della polizia che ha fatto seguito allo scoppio delle violenze tra comunità è palestinese. I pochi cittadini ebrei di Israele arrestati sono stati trattati con più indulgenza. Inoltre mentre i palestinesi subiscono la repressione, i suprematisti ebrei continuano a organizzare manifestazioni”.

I ricercatori di Amnesty International hanno parlato con 11 testimoni e il suo Crisis Evidence Lab [laboratorio delle prove durante le situazioni di crisi, ndtr.] ha esaminato 45 video e altri contenuti digitali per documentare più di 20 casi di violazioni da parte della polizia israeliana tra il 9 maggio e il 12 giugno 2021. Nel corso della repressione sono stati feriti centinaia di palestinesi e un ragazzo di 17 anni è stato ucciso.

Repressione discriminatoria

Dal 10 maggio, quando le manifestazioni si sono diffuse all’interno di Israele nelle città con popolazione palestinese, sono scoppiate delle violenze tra comunità. Decine di persone sono rimaste ferite e due cittadini ebrei di Israele e un cittadino palestinese sono stati uccisi. Sinagoghe e cimiteri musulmani sono stati vandalizzati. Il 13 maggio ad Haifa 90 auto di proprietà di palestinesi sono state distrutte e sono stati lanciati sassi contro le loro case. A Gerusalemme est i coloni israeliani hanno continuato a vessare con violenza gli abitanti palestinesi.

In risposta, il 24 maggio le autorità israeliane hanno lanciato l’operazione “Legge e ordine” principalmente contro i manifestanti palestinesi. I media israeliani hanno affermato che l’operazione mirava a “regolare i conti” con coloro che avevano partecipato alle manifestazioni e a “dissuaderli” dal continuare a farlo.

Secondo Mossawa, organizzazione palestinese a sostegno dei diritti umani, sino al 10 giugno la polizia ha arrestato più di 2.150 persone, oltre il 90% delle quali cittadini palestinesi di Israele o abitanti di Gerusalemme est. L’associazione ha anche affermato che sono state presentate 184 accuse contro 285 imputati. Secondo Adalah, un’altra organizzazione per i diritti umani, il 27 maggio un rappresentante della Procura di Stato ha dichiarato che tra gli indagati figuravano solo 30 cittadini ebrei di Israele.

Secondo la commissione di controllo per i cittadini arabi di Israele la maggior parte dei palestinesi è stata arrestata per reati come “insulto o aggressione a un agente di polizia” o “partecipazione a un raduno illegale” più che per violenze contro persone o proprietà.

“Questa repressione discriminatoria è stata orchestrata come atto di ritorsione e intimidazione per reprimere le manifestazioni pro-palestinesi e mettere a tacere coloro che fanno sentire la loro voce per condannare la discriminazione istituzionalizzata da parte di Israele e l’oppressione sistemica dei palestinesi”, ha affermato Saleh Higazi.

Uso illegale della forza contro i dimostranti

Amnesty International ha documentato l’uso eccessivo e non necessario della forza da parte della polizia israeliana per disperdere le proteste palestinesi contro gli sgomberi forzati a Gerusalemme est e contro l’offensiva a Gaza. Le proteste sono state per lo più pacifiche, anche se una minoranza ha attaccato beni della polizia e lanciato pietre. Al contrario, i suprematisti ebrei continuano impunemente a organizzare manifestazioni. Il 15 giugno migliaia di coloni ebrei e suprematisti hanno marciato provocatoriamente nei quartieri palestinesi di Gerusalemme est.

Le testimonianze e i video analizzati confermano che durante una protesta del 9 maggio nella Colonia Tedesca di Haifa [quartiere storico costruito nel 1869 come insediamento di una setta protestante proveniente dalla Germania, ndtr.], nel nord di Israele, un gruppo di circa 50 manifestanti stava protestando pacificamente quando la polizia armata, senza nessuna provocazione, li ha assaliti picchiando alcuni di loro.

Il 12 maggio Muhammad Mahmoud Kiwan, un ragazzo di 17 anni, è stato colpito da uno sparo alla testa vicino a Umm el-Fahem, nel nord di Israele, ed è morto una settimana dopo. Testimoni oculari hanno detto che era seduto in un’auto nei pressi di una manifestazione quando la polizia israeliana gli ha sparato. La polizia ha contestato l’accusa e ha sostenuto di aver avviato delle indagini.

Lo stesso giorno, agenti di polizia hanno disperso con la violenza e senza preavviso una protesta pacifica di circa 40 persone nella piazza del Pozzo di Santa Maria a Nazareth, nel nord di Israele, aggredendo fisicamente i manifestanti.

La polizia israeliana dovrebbe proteggere il diritto alla libertà di riunione, non assalire manifestanti pacifici. La Commissione d’inchiesta del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, istituita nel maggio 2021, deve indagare sull’allarmante sequenza di violazioni da parte della polizia israeliana”, ha affermato Saleh Higazi.

La polizia israeliana ha fatto un uso illegale della forza anche nella Gerusalemme est occupata. Il 18 maggio ha sparato alla schiena alla quindicenne Jana Kiswani mentre stava entrando nella sua casa a Sheikh Jarrah. Poche ore prima c’era stata una protesta davanti. Suo padre, Muhammad, ha detto ad Amnesty International che le sue vertebre sono state fratturate e che i medici non sanno se riprenderà a camminare. Le riprese video verificate mostrano Jana Kiswani che cade a terra mentre viene colpita alle spalle da uno sparo. Altre immagini prese in esame mostrano un agente di polizia israeliano che spara con freddezza con un lanciagranate IWI GL 40 Stand Alone verso una persona fuori dallo schermo, e subito dopo delle urla.

Violenze, torture e altri maltrattamenti della polizia

Il 12 maggio a Giaffa, a sud di Tel Aviv, Ibrahim Souri è stato colpito al volto da uno sparo da parte di agenti di polizia israeliani mentre dal balcone della sua casa filmava con il suo telefono cellulare la polizia mentre pattugliava la strada.

In un video verificato si sente uno degli agenti di polizia dire: “Cosa ha in mano?” Ibrahim Souri grida in risposta: Sto filmando, non è permesso? Spara, è tutto registrato”. In seguito ha detto ad Amnesty International: Non immaginavo che avrebbero sparato davvero. Pensavo di avere dei diritti e di trovarmi al sicuro in un Paese democratico”. Le fotografie esaminate dal patologo forense di Amnesty International e dai referti medici indicano che molto probabilmente è stato colpito da un KIP 40 mm, con conseguente frattura delle ossa facciali.

Amnesty International ha anche documentato le torture del 12 maggio nella stazione di polizia del Russian Compound (Moskobiya) [complesso di costruzioni edificate nei primi anni del 1900 per ospitare i pellegrini russi, ndtr.] a Nazareth. Un testimone oculare ha detto di aver visto forze speciali picchiare un gruppo di almeno otto detenuti legati che erano stati arrestati durante una protesta:

Era come un brutale campo di prigionieri di guerra. Gli ufficiali colpivano i giovani con manici di scopa e li prendevano a calci con stivali con rinforzo d’acciaio. Quattro di loro hanno dovuto essere portati via in ambulanza e uno aveva un braccio rotto”, ha riferito.

L’avvocato di Ziyad Taha, un altro manifestante rinchiuso il 14 maggio nel centro di detenzione di Kishon vicino ad Haifa, ha affermato che il suo cliente è stato legato per i polsi e le caviglie a una sedia e sottoposto per nove giorni a deprivazione del sonno.

Mancata protezione dei palestinesi dagli attacchi dei suprematisti ebraici

La polizia ha anche omesso di proteggere i palestinesi dagli attacchi organizzati da gruppi di suprematisti ebrei armati, le cui intenzioni erano state spesso rese note in anticipo.

Amnesty International ha verificato 29 messaggi di testo e audio provenienti da canali aperti di Telegram e WhatsApp, rivelando come le app siano state utilizzate per reclutare uomini armati e organizzare tra il 10 e 21 maggio aggressioni contro palestinesi in città con popolazioni ebraiche e arabe, come Haifa, Acri, Nazareth e Lod.

Tra i messaggi vi erano istruzioni su dove e quando riunirsi, il tipo di armi da usare e persino gli abiti da indossare per evitare di confondere gli ebrei di origine mediorientale con gli arabi palestinesi. I membri del gruppo hanno condiviso selfie in posa con pistole e messaggi come: “Stasera non siamo ebrei, siamo nazisti”.

Il 12 maggio centinaia di suprematisti ebrei si sono riuniti sul lungomare di Bat Yam [Bat Yam è una città situata nella parte centrale della fascia costiera, ndtr], nel centro di Israele, in risposta ai messaggi ricevuti dal partito politico Jewish Power [Potere Ebraico, di estrema destra, ndtr.] e da altri gruppi. I video esaminati mostrano decine di attivisti che attaccano gli esercizi commerciali di proprietà araba e incoraggiano gli aggressori. Una delle persone picchiate, Said Musa, è stato anche investito dagli aggressori ebrei con uno scooter. Sono solo sei gli israeliani sotto processo per l’attacco.

Anche politici e funzionari governativi hanno istigato alla violenza.

L’11 maggio sono scoppiati disordini dopo che Itamar Ben-Gvir, rappresentante parlamentare del partito Jewish Power, ha chiamato a raccolta i sostenitori perché si recassero a Lod e in altre città e ha incitato a sparare contro i lanciatori di pietre.

Il giorno prima, Musa Hassuna è stato ucciso da un cittadino ebreo di Israele a Lod durante violenze tra comunità. Un video lo mostra quando è stato colpito da uno sparo mentre si trova vicino a un gruppo di palestinesi che lanciano sassi. Suo padre ha accusato il sindaco della città, Yair Revivo, di “aver chiamato gli estremisti per compiere questo crimine brutale” in riferimento a una dichiarazione in cui il sindaco ha descritto gli eventi di Lod come un pogrom contro gli ebrei. Quattro sospetti, arrestati in seguito all’omicidio, sono stati tuttavia rilasciati su cauzione tre giorni dopo. Il ministro israeliano della Pubblica Sicurezza, Amir Ohana, ha condannato apertamente gli arresti, definendoli terribili”.

A titolo di esempio della discriminazione, Kamal al-Khatib, vice segretario del Movimento islamico del nord, è stato arrestato il 14 maggio con l’accusa di incitamento alla violenza e sostegno a un’organizzazione terroristica per i commenti pubblici in cui ha manifestato orgoglio per la solidarietà con la popolazione di Gaza e Gerusalemme Est e ha affermato che i cambiamenti allo status dei luoghi santi di Gerusalemme hanno portato alla violenza tra palestinesi ed ebrei.

Le ripetute omissioni da parte della polizia israeliana di esercitare la protezione dei palestinesi dagli attacchi organizzati da gruppi di suprematisti ebrei armati e la mancata assunzione di responsabilità per tali aggressioni sono vergognose e mostrano il disprezzo delle autorità per la vita palestinese”, Molly Malekar, direttrice di Amnesty Israel.

“Il fatto che ai cittadini ebrei di Israele, comprese figure preminenti, sia stato permesso di istigare apertamente alla violenza contro i palestinesi senza doverne rispondere evidenzia l’entità della discriminazione istituzionalizzata che affligge i palestinesi e l’urgente bisogno di protezione [nei loro confronti]”.

(traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)




Rapporto OCHA del periodo 24 – 31 maggio 2021

Nota relativa al recente scontro armato tra Palestinesi ed Israele (10-21 maggio)

Secondo OHCHR [Ufficio dell’Alto Commissario ONU per i Diritti Umani], durante il periodo delle ostilità, a Gaza sono stati uccisi 256 palestinesi, tra cui 66 minori e 40 donne; e, secondo il Ministero della Salute locale, quasi altri 2.000 sono stati feriti. In Israele sono state uccise 13 persone, tra cui due minori e sei donne. In Cisgiordania, sono stati uccisi 26 palestinesi e circa 6.900 sono stati feriti. Il bilancio delle vittime registrate in Cisgiordania include 11 persone uccise il 14 maggio, segnando il numero più alto di vittime palestinesi in un solo giorno da quando, nel 2005, l’OCHA ha iniziato a documentare le uccisioni.

I rapporti specifici, inerenti lo scontro armato, sono disponibili [in inglese] a questo indirizzo: https://www.ochaopt.org/crisis

Forze israeliane hanno sparato e ucciso tre palestinesi [seguono dettagli]. Ad oggi, il numero di vittime palestinesi registrate in Cisgiordania nel 2021 è 36 di cui sei minori.

Il 24 maggio, a Gerusalemme Est, un palestinese 17enne ha accoltellato due israeliani: un civile ed un soldato, ed è stato poi ucciso da un agente di polizia israeliano. Il giorno successivo, durante un’operazione nel Campo Profughi di Al Amari (Ramallah), forze israeliane sotto copertura hanno sparato ad un altro palestinese. Il 28 maggio, nel corso di una protesta contro la creazione di un nuovo insediamento avamposto israeliano vicino al villaggio di Beita (Nablus), le forze israeliane hanno sparato e ucciso un terzo palestinese.

Complessivamente, in Cisgiordania, forze israeliane hanno ferito 100 palestinesi [seguono dettagli]. Almeno 69 di loro sono rimasti feriti durante la suddetta manifestazione a Beita; altri 15 vicino al villaggio di Ni’lin (Ramallah), in una separata protesta contro l’espansione degli insediamenti; dieci sono stati feriti durante una protesta contro la chiusura dell’ingresso principale del villaggio di Al Mughayyir (Ramallah) ad opera delle forze israeliane e sei in altri episodi. Dei 100 feriti complessivi, 50 sono stati curati per aver inalato gas lacrimogeni, 18 sono stati colpiti da proiettili di gomma, 16 sono stati colpiti da proiettili di arma da fuoco e altri 16 sono stati aggrediti fisicamente o colpiti dai contenitori dei gas lacrimogeni.

A Gaza, il 24 e il 26 maggio, due palestinesi sono morti per le ferite riportate durante il recente conflitto.

In Cisgiordania le forze israeliane hanno effettuato 115 operazioni di ricerca-arresto ed hanno arrestato 145 palestinesi. La maggior parte delle operazioni è stata svolta nel governatorato di Gerusalemme, soprattutto a Gerusalemme Est, dove da quando (a metà aprile) sono aumentati disordini e violenze, le forze israeliane hanno svolto 99 [delle 115] operazioni, arrestando 97 palestinesi, tra cui sei giornalisti.

A Gerusalemme Est, le autorità israeliane hanno continuato a limitare l’accesso all’area di Al Ja’ouni di Sheikh Jarrah. Dal 3 maggio, l’accesso a tale area è consentito solo ad ambulanze, veicoli dell’ONU e, previ severi controlli di identificazione, ai palestinesi residenti. Queste restrizioni conseguono alle proteste contro un piano israeliano per sfrattare famiglie palestinesi dalle loro case nel quartiere (in seguito ad una causa intentata in tribunale da gruppi di coloni) ed agli scontri tra palestinesi e forze israeliane.

Il 31 maggio, per mancanza di permessi di costruzione, le autorità israeliane hanno confiscato cinque strutture nelle Comunità di Umm Zaitunah e Al Buweib in Hebron, sfollando nove persone, tra cui quattro minori e minando i mezzi di sussistenza di altre 17. Le strutture comprendevano tre abitazioni e due strutture di sostentamento. Questa confisca viene dopo una riduzione delle demolizioni durante il Ramadan ed il recente conflitto di maggio.

Persone note o ritenute coloni israeliani hanno ferito cinque palestinesi e danneggiato decine di alberi di proprietà palestinese [seguono dettagli]. In episodi accaduti nella città di Hebron e a Deir Jarir (Ramallah), coloni hanno spruzzato spray al peperoncino su tre palestinesi, tra cui un ragazzo e un anziano, mentre a Qaqiliya altri coloni hanno aggredito fisicamente un contadino che stava lavorando la propria terra. Un altro agricoltore è stato aggredito fisicamente vicino al villaggio di Ar Rihiya (Hebron), dove colture appartenenti a palestinesi sono state sradicate e almeno 100 ulivi sono stati dati alle fiamme. Inoltre, a Sinjil (Ramallah), sono stati danneggiati circa 70 alberi. Palestinesi hanno riferito che coloni, a Burin (Nablus), hanno rubato oltre 100 balle di fieno e a Kisan (Betlemme) si sono impossessati di una cisterna per la raccolta dell’acqua. Il 24 maggio, una guardia della colonia israeliana di Dolev (Ramallah) ha sparato, ferendo un 16enne palestinese in circostanze non ancora chiare.

Secondo fonti israeliane, in Cisgiordania, alcuni palestinesi, noti o ritenuti tali, hanno lanciato pietre ferendo una israeliana che transitava in auto e danneggiando 17 auto israeliane.

Il valico di Kerem Shalom, per il transito delle merci, rimane aperto per l’ingresso di specifici prodotti di base, tra cui foraggio, forniture mediche, forniture e carburante per il settore privato e per UNRWA. Dal 10 maggio, nessuna merce è stata autorizzata ad uscire da Gaza attraverso il medesimo valico. Il valico di Erez rimane chiuso per la maggior parte dei palestinesi di Gaza: solo per visite mediche urgenti è stata consentita l’uscita ad un numero molto limitato di persone. Dal 25 maggio è sta autorizzata la pesca nel mare di Gaza, ma solo entro sei miglia nautiche dalla costa.

¡

Ultimi sviluppi (successivi al periodo di riferimento)

Il 2 giugno, un palestinese è morto per le ferite riportate il 18 maggio: le forze israeliane gli avevano sparato durante scontri al checkpoint di Beit El.

298

nota 1:

I Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati ogni due settimane in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informa-zioni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati.

sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina: https://www.ochaopt.org/reports/protection-of-civilians

L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano (vedi di seguito) l’edizione inglese dei Rapporti.

nota 2: Nella versione italiana non sono riprodotti i dati statistici ed i grafici. Le scritte [in corsivo tra parentesi quadre]

sono talvolta aggiunte dai traduttori per meglio esplicitare situazioni e contesti che gli estensori dei Rapporti

a volte sottintendono, considerandoli già noti ai lettori abituali.

nota 3: In caso di discrepanze (tra il testo dei Report e la traduzione italiana), fa testo il Report originale in lingua inglese.

Associazione per la pace – Via S. Allende, 5 – 10098 Rivoli TO; e-mail: assopacerivoli@yahoo.it




La polizia israeliana sottopone a retate centinaia di palestinesi per “regolare i conti” attraverso un’ondata di arresti di massa

Yumna Patel

24 maggio 2021 – Mondoweiss

Dopo due settimane di rivolte palestinesi contro le aggressioni israeliane a Gerusalemme, Sheikh Jarrah e Gaza le forze israeliane stanno portando avanti retate di massa di palestinesi all’interno di Israele e nei Territori Palestinesi Occupati, nel quadro di quella che la polizia israeliana chiama “Operazione Legalità e Ordine”.

Dopo due settimane di rivolte palestinesi contro le aggressioni israeliane a Gerusalemme, Sheikh Jarrah e Gaza le forze israeliane stanno portando avanti retate di massa di palestinesi all’interno di Israele e nei Territori Palestinesi Occupati, nel quadro di quella che la polizia israeliana chiama “Operazione Legalità e Ordine”.

Poco dopo la mezzanotte di lunedì la polizia israeliana ha annunciato l’intenzione di “lanciare un’ampia operazione di arresti in tutto il Paese”, prendendo di mira nelle successive 48 ore i cittadini palestinesi di Israele al fine di “regolare i conti” e “chiudere i conti”.

I siti dei media israeliani in lingua ebraica hanno riferito che l’operazione è stata approvata dal ministro della sicurezza interna israeliano Amir Ohana e dal commissario di polizia generale Kobi Shabtai, il secondo dei quali ha incaricato migliaia di poliziotti attivi e riservisti di raggiungere l’obiettivo di 500 palestinesi sotto arresto.

Ynet news [sito di notizie del quotidiano Yedioth Ahronot, ndtr.] ha riferito che “pochi giorni dopo essersi ripresa, soprattutto dal trauma di Lod (Lydd)”, la polizia israeliana si sarebbe resa conto che la sua politica di “deterrenza” era stata “gravemente compromessa”.

Nelle prime ore di lunedì mattina hanno iniziato ad affiorare sui social media dei video in cui la polizia israeliana ammanettava, bendava e arrestava i palestinesi nelle strade di Lydd (Lod), una città storicamente palestinese nel centro di Israele che due settimane fa è stata teatro di massicce proteste palestinesi, dopo che un colono israeliano aveva sparato a Moussa Hassouna, un abitante di Lydd, uccidendolo.

Ynet riporta che la polizia ha già preparato denunce circostanziate nei confronti dei palestinesi arrestati, “con prove che consentiranno di presentare rapidamente imputazioni“, aggiungendo che l’ufficio del procuratore di Stato israeliano ha già presentato nei vari distretti più di 140 accuse contro circa 230 imputati, arabi ed ebrei, alcuni dei quali minorenni, per vari reati nel quadro delle sommosse”.

Mentre la polizia israeliana ha affermato che l’operazione era diretta contro i palestinesi “identificati come facenti parte di organizzazioni criminali”, attivisti e organizzazioni palestinesi a favore dei diritti umani hanno protestato nei confronti delle autorità israeliane per quella che definiscono una “chiara punizione collettiva” e un evidente tentativo di punire e reprimere coloro che hanno partecipato alle proteste come parte della “rivolta collettiva”.

“La massiccia campagna di arresti annunciata dalla polizia israeliana la scorsa notte è un’aggressione militarizzata contro i cittadini palestinesi di Israele”, ha dichiarato il dott. Hassan Jabareen, direttore generale di Adalah – Il centro giuridico per i diritti della minoranza araba in Israele.

Questa è una guerra contro manifestanti, attivisti politici e minori palestinesi, che impiega massicce forze di polizia israeliane per fare irruzione nelle case dei cittadini palestinesi. Questi raid hanno lo scopo di intimidire e vendicarsi dei cittadini palestinesi di Israele – “per regolare i conti” con i palestinesi, secondo le stesse parole della polizia israeliana – per le loro posizioni e attività politiche,” ha detto Jabareen.

Un sistema per i palestinesi, un altro per gli ebrei

Tuttavia, la campagna di arresti di lunedì non si è limitata ai cittadini palestinesi di Israele, in quanto delle informazioni da parte di organizzazioni per i diritti dei palestinesi come Grassroots Jerusalem riportano che lunedì mattina sono stati arrestati almeno 15 palestinesi di Gerusalemme.

I media locali palestinesi hanno anche riferito dello svolgersi nel corso delle ultime settimane di estesi raid notturni nella Cisgiordania occupata, con soldati israeliani che hanno preso di mira attivisti, giornalisti e giovani palestinesi che hanno partecipato alle recenti proteste nel territorio.

In un rapporto pubblicato lunedì l’organizzazione per i diritti dei prigionieri palestinesi Addameer ha sottolineato che da aprile in Cisgiordania, Gerusalemme e nella Palestina storica almeno 1.800 palestinesi sono stati arrestati e/o detenuti.

Per quanto riguarda coloro che sono stati arrestati e vittime delle retate nelle settimane precedenti la campagna di lunedì, molti palestinesi in luoghi come Gerusalemme stanno affrontando divieti arbitrari di entrare nei loro luoghi santi e sono costretti a pagare migliaia di dollari su cauzione.

Addameer sottolinea che, mentre l’arresto arbitrario di palestinesi che partecipano alle proteste e alla vita politica palestinese è una pratica comune per Israele, la più recente escalation della violenza di Stato israeliana “si è notevolmente intensificata nel suo intento di repressione generale e punizione collettiva verso tutti coloro che partecipano alla protesta, coloro che agiscono per legittima difesa, e tanti altri.”

L’organizzazione ha sottolineato il fatto che, mentre molti palestinesi, in particolare quelli che vivono in Israele, vengono braccati e incriminati con l’accusa di “istigazione” e violenza di matrice razzista contro gli ebrei, alla violenza dei coloni israeliani è “offerta immunità e protezione”, nonostante la diffusa documentazione di folle israeliane che in luoghi come Gerusalemme, Haifa, Jaffa e Akka cantano “morte agli arabi” e prendono di mira i palestinesi e le loro proprietà, spesso in presenza della polizia.

I media israeliani hanno diffusamente parlato del caso di tre ebrei israeliani incriminati con l’accusa di “terrorismo” per la loro partecipazione al linciaggio di un uomo palestinese, il 33enne Said Moussa, nella città di Beit Yam, nella zona centrale di Israele.

Il linciaggio di Moussa è stato trasmesso in diretta dalla televisione israeliana, mentre la folla ebrea israeliana lo tirava fuori dalla sua auto e lo picchiava a morte, pare in presenza delle forze dell’ordine israeliane.

Haaretz ha riportato che prima del linciaggio di Moussa, dozzine di attivisti di destra hanno marciato in città e hanno attaccato un certo numero di attività commerciali di proprietà araba. I rivoltosi hanno rotto finestre, lanciato oggetti e cantato slogan razzisti.”

Nel suo articolo Haaretz cita un alto funzionario di polizia che ha affermato che “si pensava che avrebbero partecipato alcune decine di persone, ma in realtà ne sono accorse 300″.

Nonostante la documentazione sui media e sulle reti sociali e l’ammissione da parte della polizia che centinaia di ebrei israeliani hanno preso parte a questi assalti, non esistono tuttavia prove che suggeriscano che le centinaia di ebrei israeliani siano state ugualmente sottoposte a retate con massicce campagne di arresti come quelle che attualmente prendono di mira i palestinesi.

Addameer afferma che l’esistenza di due diversi sistemi giuridici per gruppi che vivono nella stessa area, evidenziata dall’escalation degli eventi recenti, sancisce chiaramente il regime di apartheid israeliano, sia a Gerusalemme e nei territori occupati del 1948 [cioè in Israele, ndtr.], sia in Cisgiordania sotto il regime militare”.

(traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)




Rapporto OCHA del periodo 16 febbraio – 1 marzo 2021

In Cisgiordania sono stati feriti diciassette palestinesi e cinque agenti della polizia di frontiera israeliana

[seguono dettagli]. Tra i palestinesi, un sedicenne è stato colpito dalle forze israeliane con proiettili veri; secondo quanto riferito, il ragazzo camminava vicino alla Barriera, nel villaggio di Saffa (Ramallah). Altri sette palestinesi sono rimasti feriti durante proteste: contro la realizzazione di un insediamento colonico avamposto [cioè, non autorizzato dal Governo israeliano] su terra del villaggio di Beit Dajan (Nablus) e contro l’espansione colonica a Kafr Qaddum (Qalqiliya). Due palestinesi sono rimasti feriti negli scontri scoppiati durante due operazioni di ricerca-arresto condotte nel Campo profughi di Ad Duheisha (Betlemme) e nel villaggio di Abu Shukheidim (Ramallah). Cinque agenti della polizia di frontiera israeliana sono rimasti feriti da pietre nel corso di un loro intervento ad Al ‘Isawiya (Gerusalemme Est). Ad Huwwara (Nablus) e An Nuwei’ma (Gerico), tre palestinesi, tra cui un anziano e un minore, sono stati aggrediti fisicamente dalle forze israeliane. Nel complesso, quattro dei feriti sono stati curati per inalazione di gas lacrimogeno, quattro sono stati colpiti da proiettili di gomma, tre sono stati aggrediti fisicamente e due sono stati colpiti con proiettili veri. I restanti quattro sono rimasti feriti vicino al villaggio di Ein Yabrud (Ramallah): la loro auto si è schiantata nel corso di un inseguimento ad opera di una jeep militare israeliana.

In Cisgiordania le forze israeliane hanno effettuato 184 operazioni di ricerca-arresto ed hanno arrestato 158 palestinesi. Il governatorato di Gerusalemme ha registrato il maggior numero di operazioni (60), per la maggior parte in Gerusalemme Est.

In Gaza, vicino alla recinzione perimetrale israeliana o al largo della costa, le forze israeliane hanno aperto il fuoco di avvertimento in almeno 29 occasioni, presumibilmente per far rispettare le restrizioni di accesso [imposte ai palestinesi]. In altre due occasioni, sempre vicino alla recinzione, le forze israeliane [sono entrate nella Striscia ed] hanno svolto operazioni di spianatura del terreno. In un episodio separato, a est di Gaza City, due palestinesi sono rimasti feriti dall’esplosione di un residuato bellico che stavano maneggiando.

Citando la mancanza di permessi edilizi sono state demolite o sequestrate 35 strutture di proprietà palestinese, sfollando 98 persone, di cui 53 minori, e creando ripercussioni su circa 60 [seguono dettagli]. Il 22 febbraio, a Humsa – Al Bqai’a, le autorità israeliane hanno confiscato altre 18 strutture (sia residenziali che per animali) la maggior parte delle quali erano state fornite come risposta umanitaria a precedenti demolizioni e confische; dieci famiglie, comprendenti oltre 60 persone, di cui 36 minori, sono state nuovamente sfollate. Sempre in Area C, ad Al Khadr (Betlemme), una famiglia di sette persone è stata sfollata per la demolizione della loro casa, mentre a Hijra (Hebron) il sostentamento di quattro famiglie è stato compromesso dallo smantellamento delle loro bancarelle per la vendita di ortaggi. Ad Al ‘Isawiya e Ras al’ Amud (Gerusalemme Est), vent’otto persone sono state sfollate a causa della demolizione di tre case da parte delle autorità israeliane (o demolite dagli stessi proprietari, in ottemperanza agli ordini delle autorità).

Coloni israeliani noti, o ritenuti tali, hanno ferito un ragazzo palestinese di 17 anni ed hanno danneggiato proprietà palestinesi, compresi veicoli e alberi. Il ragazzo è stato colpito da pietre e ferito a Sheikh Jarrah (Gerusalemme Est), secondo quanto riferito, da israeliani riunitisi per le celebrazioni [della festività] di Purim. Nello stesso contesto, diverse auto palestinesi che viaggiavano vicino alla Città Vecchia di Gerusalemme e vicino all’insediamento di Yitzhar (Nablus), sono state colpite da pietre e danneggiate. Sempre durante le celebrazioni di Purim, coloni israeliani hanno cercato di fare irruzione in case palestinesi nella Città Vecchia di Hebron. A Ramallah, in tre diversi episodi, sono stati vandalizzate diverse auto palestinesi parcheggiate vicino all’insediamento colonico di Shilo, e due camion a Ein Samiya e Kafr Malik. Fonti palestinesi riferiscono altri quattro episodi, avvenuti in Nablus ed attribuiti a coloni: ad Asira al Qibliya alcune case sono state colpite da pietre ed è stato danneggiato un serbatoio d’acqua; a Burin sono state vandalizzate recinzioni di terreno agricolo; a Jalud sono state rubate sette pecore; a Beit Dajan e Qaryut sono stati sradicati alberelli di olivo. A Ein al Hilwe (Tubas), un pastore ha riferito che un veicolo, presumibilmente guidato da coloni, ha ucciso cinque delle sue pecore. Palestinesi hanno riferito alcuni episodi: ad Al Baqa’a (Hebron), coloni israeliani hanno cercato di impossessarsi di terra palestinese, hanno attaccato pastori a Kisan e un negoziante a Husan (entrambi villaggi di Betlemme), rubando del denaro.

Nella Città Vecchia di Hebron, autori ritenuti palestinesi hanno ferito un ragazzo israeliano di 15 anni. Secondo fonti israeliane, diciotto veicoli israeliani che viaggiavano sulle strade della Cisgiordania sono stati colpiti da pietre e danneggiati.

293




Rapporto OCHA del periodo 2 – 15 febbraio 2021

Il 5 febbraio, vicino al villaggio di Ras Karkar (Ramallah, nei pressi di un insediamento colonico avamposto [cioè, non autorizzato dal Governo israeliano] di nuova costruzione, un colono israeliano ha sparato, uccidendo un palestinese 34enne che, secondo fonti militari israeliane, aveva cercato di entrare in una casa dell’avamposto. Successivi scontri a Ras Karkar, villaggio di provenienza dell’uomo, hanno provocato il ferimento di un palestinese e di un soldato israeliano. A Nuba (Hebron), un altro palestinese 25enne è rimasto ucciso dall’esplosione di un ordigno rinvenuto nei pressi della sua casa.

In vari scontri avvenuti in Cisgiordania, sono rimasti feriti settantuno palestinesi e quattro soldati israeliani [seguono dettagli]. Trenta dei palestinesi feriti sono stati curati per aver inalato gas lacrimogeno durante una protesta svolta il 12 febbraio ad Humsa – Al Bqai’a, contro demolizioni e confische. Altri ventisette palestinesi sono rimasti feriti durante proteste: contro la realizzazione di tre insediamenti colonici avamposti su terra palestinese in Kafr Malik, Deir Jarir, Ras at Tin, Al Mughayyir (in Ramallah); contro la realizzazione di un altro [insediamento avamposto] su terreni palestinesi in Beit Dajan (Nablus); contro l’espansione degli insediamenti colonici a Kafr Qaddum (Qalqiliya). Sette palestinesi sono rimasti feriti negli scontri scoppiati durante operazioni di ricerca-arresto condotte nei Campi profughi di Ad Duheisha (Betlemme) e di Jenin, e nel villaggio di Jaba (sempre a Jenin). Altri tre sono rimasti feriti nell’area di Jenin mentre, a quanto riferito, tentavano di entrare in Israele attraverso varchi nella Barriera. Due [palestinesi] sono rimasti feriti ad Al Lubban ash Sharqiya (Nablus), in seguito all’intervento delle forze israeliane richiamate da scontri tra palestinesi e coloni; altri due, vicino al villaggio di Silwad (Ramallah), in circostanze non ancora chiare. Cinquantuno dei feriti sono stati curati per inalazione di gas lacrimogeni, dieci sono stati colpiti da proiettili di gomma, sei sono stati colpiti da proiettili di armi da fuoco ed i restanti sono stati aggrediti fisicamente o colpiti da bombolette lacrimogene. Quattro soldati israeliani sono rimasti feriti a Beituniya (Ramallah), durante un’operazione di ricerca-arresto.

In Cisgiordania le forze israeliane hanno effettuato 186 operazioni di ricerca-arresto ed hanno arrestato 172 palestinesi. I governatorati di Gerusalemme, Ramallah ed Hebron sono stati i più coinvolti (in media 28 operazioni ciascuno). In uno degli episodi, accaduto a Hebron, forze israeliane hanno fatto irruzione nel municipio arrestando i dipendenti al lavoro per il turno di notte; sarebbero stati rotti mobili e porte.

A Gaza, vicino alla recinzione israeliana del suo perimetro o in mare, al largo della costa, le forze israeliane hanno aperto il fuoco di avvertimento in almeno 28 occasioni, presumibilmente per far rispettare le restrizioni di accesso [imposte ai palestinesi]. In altre tre occasioni, sempre vicino alla recinzione, le forze israeliane hanno svolto operazioni di spianatura del terreno.

Dopo una chiusura di oltre due mesi, il 1° febbraio, il valico egiziano di Rafah, al confine con Gaza, è stato aperto per quattro giorni consecutivi, in entrambe le direzioni. Il 9 febbraio, le autorità egiziane hanno annunciato che il valico rimarrà aperto in entrambe le direzioni, a tempo indeterminato. Dall’inizio di febbraio sono state registrate 6.373 uscite [da Gaza] e 3.520 ingressi.

Citando la mancanza di permessi di costruzione, sono state demolite o sequestrate 89 strutture di proprietà palestinese, sfollando 146 persone, di cui 83 minori, e creando ripercussioni su almeno 330 [seguono dettagli]. Il 3 e l’8 febbraio, nella Comunità Humsa – Al Bqai’a nella Valle del Giordano, le autorità israeliane hanno demolito 37 strutture, la maggior parte delle quali erano state donate. In ciascuno dei due episodi sono state sfollate sessanta persone, inclusi 35 minori. Questa Comunità, dislocata prevalentemente in un’area destinata all’addestramento militare israeliano, negli ultimi mesi ha subito molteplici demolizioni di massa. Una dichiarazione delle Nazioni Unite, rilasciata il 5 febbraio, ha denunciato che la pressione esercitata sulla Comunità per indurla ad abbandonare il luogo, costituisce un reale rischio di trasferimento forzato. A sud di Hebron, nelle Comunità di Ar Rakeez, Umm al Kheir e Khirbet at Tawamin, sono state sequestrate sette strutture, comprese latrine mobili, compromettendo le condizioni di vita e il sostentamento di 80 persone. Inoltre, ad Al Jalama (Jenin), i mezzi di sussistenza di circa 70 persone sono stati colpiti dalla demolizione di 13 bancarelle adibite alla vendita di bevande. A Gerusalemme Est, sono state demolite sette strutture, di cui quattro ad opera degli stessi proprietari per evitare costi aggiuntivi; una famiglia di quattro persone è stata sfollata.

Inoltre, nel villaggio di Tura al Gharbiya (Jenin), le autorità israeliane hanno demolito, a scopo punitivo, una casa, sfollando 11 persone, tra cui quattro minori. La casa apparteneva alla famiglia di un palestinese accusato di aver ucciso, a dicembre [2020], una donna israeliana. L’anno scorso, con le stesse motivazioni, sono state demolite sette strutture.

Secondo il Ministero dell’Agricoltura palestinese, le autorità israeliane hanno sradicato 1.000 alberelli vicino alla città di Tubas. Erano stati piantati in risposta allo sradicamento di migliaia di alberi, avvenuto il mese scorso nella stessa area, sulla base del fatto che la terra è stata dichiarata [da Israele] “Terra di Stato”.

Coloni israeliani, o persone ritenute tali, hanno ferito quattro palestinesi, compreso un minore, ed hanno danneggiato proprietà palestinesi, compresi alberi [seguono dettagli]. Tre palestinesi sono stati aggrediti fisicamente nel villaggio di Al Lubban ash Sharqiya (Nablus), in due separati scontri con coloni israeliani, mentre un 13enne è stato aggredito fisicamente nell’area di Hebron controllata da Israele (H2). Nel villaggio di Susiya (Hebron), un volontario straniero è stato colpito con pietre e ferito e, nel villaggio di As Samu, altri volontari stranieri e locali sono stati attaccati e derubati da persone ritenute coloni. Secondo fonti palestinesi, oltre 130 ulivi e alberelli sono stati sradicati o abbattuti nelle comunità di Khirbet Sarra (Nablus), Bruqin e Kafr ad Dik (Salfit), in At Tuwani e Bir al ‘Idd (Hebron) e in Al Janiya (Ramallah). A Bruqin sono stati rubati circa 180 pali da recinzione. Inoltre, a Beit Dajan è stata danneggiata una struttura agricola e a Qusra (entrambi a Nablus) è stato dato alle fiamme un veicolo. Un altro veicolo che transitava vicino all’insediamento di Bet El (Ramallah) è stato colpito con pietre e danneggiato. A Qawawis, un pastore ha riferito della morte di sette sue pecore a causa di una sostanza velenosa che egli ritiene sia stata spruzzata da coloni del vicino insediamento di Mitzpe Yair, i quali, egli dice, lo hanno ripetutamente attaccato mentre pascolava le sue pecore. In un altro episodio avvenuto nella zona di Ein ar Rashrash (Ramallah), un pastore ha riferito che un veicolo, verosimilmente guidato da coloni, aveva investito ed ucciso due delle sue pecore. Secondo quanto riferito, a Gerusalemme Est, autori ritenuti coloni israeliani avrebbero danneggiato una telecamera di sorveglianza e una serratura nella chiesa ortodossa rumena.

Secondo fonti israeliane, due israeliani, una ragazza di 14 anni e una donna, in viaggio sulle strade della Cisgiordania, sono stati feriti da autori ritenuti palestinesi. A quanto riferito, trenta veicoli israeliani sono stati danneggiati, prevalentemente colpiti da pietre.

¡

Ultimi sviluppi (fuori dal periodo di riferimento)

Il 16 febbraio, nella Comunità beduina di Humsa – Al Bqai’a, nella valle del Giordano settentrionale, le forze israeliane hanno confiscato cinque tende di sostentamento finanziate da donatori [correlato ad altri eventi descritti nel 6° paragrafo di questo Rapporto].




Rapporto OCHA del periodo 19 gennaio – 1 febbraio 2021

Secondo quanto riferito, due palestinesi hanno tentato di accoltellare militari israeliani, ma sono stati colpiti con armi da fuoco ed uccisi

[seguono dettagli]. Secondo fonti israeliane, il 26 gennaio, nei pressi dell’insediamento di Ariel (Salfit), un 17enne palestinese è stato ucciso dopo aver tentato di accoltellare una soldatessa israeliana: mentre per i media palestinesi non si tratterebbe di un tentativo di accoltellamento, i media israeliani hanno segnalato che la soldatessa ha dovuto essere curata per lievi ferite. Il 31 gennaio, vicino all’insediamento [colonico] di Gush Etzion (Betlemme), un 36enne palestinese si è avvicinato di corsa a soldati israeliani, tenendo in mano, a quanto riferito, un’arma improvvisata: è stato colpito ed ucciso.

In Cisgiordania, in scontri con le forze israeliane, sono rimasti feriti 25 palestinesi [seguono dettagli]. Sedici di questi feriti si sono avuti nel villaggio di Deir Abu Mash’al (Ramallah), durante un’operazione di ricerca-arresto che ha fatto seguito al ferimento di una 15enne, causato dal lancio di pietre contro veicoli israeliani (vedi ultimo paragrafo). Altri due feriti sono stati segnalati nelle città di Qalqiliya e Tubas, sempre nel contesto di operazioni di ricerca-arresto, e un altro nel villaggio di Zeita (Tulkarm). I restanti sei ferimenti sono avvenuti durante proteste contro le attività di insediamento [colonico] vicino a Kafr Qaddum (Qalqiliya), Beit Dajan (Nablus) e Deir Jarir (Ramallah). Diciannove dei feriti sono stati curati per inalazione di gas lacrimogeni, tre sono stati colpiti da proiettili di gomma, due sono stati aggrediti fisicamente ed uno è stato colpito da proiettile di arma da fuoco.

In Cisgiordania le forze israeliane hanno effettuato 159 operazioni di ricerca-arresto ed hanno arrestato 177 palestinesi. Il maggior numero di operazioni (35) è stato registrato nel governatorato di Gerusalemme (prevalentemente a Gerusalemme Est), seguito dal governatorato di Hebron (26).

Il 19 gennaio, da Gaza è stato lanciato un razzo verso Israele; il razzo è caduto in un’area aperta. Successivamente, dalla recinzione perimetrale, le forze israeliane hanno sparato colpi di cannone, a quanto riferito, contro postazioni militari [palestinesi]; tuttavia, un proiettile ha colpito una casa palestinese nel Campo profughi di Al Maghazi, ferendo un uomo e provocando danni.

Vicino alla recinzione israeliana del perimetro di Gaza o in mare, al largo della costa, le forze israeliane hanno aperto il fuoco di avvertimento in almeno 18 occasioni, presumibilmente per far rispettare le restrizioni di accesso [imposte ai palestinesi]: a nord di Beit Lahiya un palestinese è stato ferito. Al valico di Erez, le autorità israeliane hanno arrestato un uomo che accompagnava la moglie a Gerusalemme Est, per cure.

Il 23 gennaio, nella città di Beit Hanoun (Gaza), 47 persone, tra cui 19 minori e 15 donne, sono rimaste ferite a seguito di un’esplosione avvenuta all’interno di una casa. Secondo quanto riferito, la casa apparteneva a un membro di un gruppo armato palestinese e veniva usata per immagazzinare esplosivi. Diverse strutture civili sono state danneggiate, fra queste: 172 abitazioni, tre scuole, un ospedale ed una stazione di polizia. Secondo Shelter Cluster [Organismo internazionale di coordinamento di Agenzie che sostengono le persone colpite da catastrofi naturali e/o conflitti] oltre 1.000 persone hanno subìto conseguenze.

Il 1° febbraio, il valico di Rafah, controllato dall’Egitto, è stato ufficialmente aperto per quattro giorni in entrambe le direzioni. Nei due mesi precedenti era rimasto chiuso.

Citando la mancanza di permessi di costruzione, le autorità israeliane hanno demolito o sequestrato 69 strutture di proprietà palestinese, sfollando 80 persone e creando ripercussioni su circa 600 [seguono dettagli]. Tutte le strutture demolite, tranne una, si trovavano nell’Area C della Cisgiordania. Quarantacinque strutture, circa il 70%, erano in quattro Comunità della Valle del Giordano. Una struttura [delle 69] è stata demolita nel villaggio di Al Walaja (Betlemme), all’interno della linea di confine (stabilita da Israele) del municipio di Gerusalemme.

Il 1° febbraio, a Humsa al Bqai’a (Valle del Giordano), sono stati confiscati 25 ripari residenziali e per animali, sfollando 55 persone, di cui 32 minori; la maggior parte delle strutture era stata fornita come assistenza umanitaria, in risposta a una demolizione di massa, subita dalla stessa Comunità, il 3 novembre 2020. Secondo quanto riferito, ai residenti sarebbe stato detto che le loro strutture confiscate sarebbero state restituite se, entro 24 ore, si fossero trasferiti a Ein Shebli. La maggior parte dei membri della Comunità colpita risiede in un’area chiusa, designata dalle autorità israeliane come “zona di tiro”, cioè destinata all’addestramento militare.

Altre demolizioni e confische sono state effettuate nella Cisgiordania meridionale [seguono dettagli]. Nella Comunità di Umm Qussa, situata in una zona di Hebron dichiarata [da Israele] “zona militare”, sono state demolite una moschea ed una cisterna per l’acqua; mentre una rete idrica è stata danneggiata ai sensi di un “Ordine militare 1797”, che consente la demolizione dopo 96 ore dall’emissione di un “ordine di rimozione”. Il danneggiamento della rete ha riguardato l’accesso all’acqua di 450 residenti. Sempre a Hebron, a Khashem ad Daraj, il 31 gennaio, cinque famiglie hanno ricevuto un ordine di sfratto temporaneo, con l’intimazione di lasciare la propria residenza per quattro giorni, per consentire esercitazioni militari israeliane.

Secondo il Ministero dell’Agricoltura palestinese, vicino alla città di Tubas, le autorità israeliane hanno sradicato e distrutto migliaia di alberi che erano stati piantati otto anni fa, come parte di un progetto supervisionato dallo stesso Ministero. Anche nell’area di Khallet an Nahla, a Betlemme, le autorità israeliane hanno devastato con bulldozer un migliaio alberi di una proprietà privata. Entrambi gli episodi si sono verificati sulla base del fatto che la terra [in questione] era stata dichiarata [da Israele] “terra di stato”.

Sette palestinesi sono stati feriti, mentre centinaia di alberi di proprietà palestinese ed un numero imprecisato di veicoli sono stati vandalizzati da autori, conosciuti o ritenuti, coloni israeliani [seguono dettagli]. Quattro dei feriti, tra cui un minore, sono stati colpiti con pietre o aggrediti fisicamente mentre transitavano sulla Strada 60, nel governatorato di Ramallah. Gli altri tre sono stati aggrediti fisicamente a Hebron, in separati scontri con coloni: uno presso la comunità di Khirbet at Tawamin, durante un sit-in di protesta; gli altri due a Dura, durante la spianatura di un terreno da parte di coloni, apparentemente intenzionati ad impossessarsene. Secondo varie fonti palestinesi, circa 450 ulivi e alberelli sono stati sradicati o abbattuti a Mantiqat Shi’b al Butum, Adh Dhahiriya e al Baq’a (Hebron), a Shufa (Tulkarm) e a Kafr ad Dik (Salfit). Gli abitanti di Kafr ad Dik, Sarta (Salfit) e dell’area di Ash Shuyukh (Hebron) hanno riferito di danni a recinzioni, strutture agricole e cancelli, oltre il furto di attrezzi agricoli. Diversi veicoli palestinesi sono stati colpiti da pietre e danneggiati; alcuni mentre viaggiavano vicino a Betlemme e Qalqiliya, altri nei villaggi di Kifl Haris e Yasuf (Salfit) dove, a quanto riferito, coloni hanno lanciato pietre contro auto e case.

Secondo fonti israeliane, cinque israeliani sono stati feriti da autori ritenuti palestinesi. Uno dei feriti, uno studente ultra ortodosso, è stato accoltellato e ferito leggermente fuori dalla Città Vecchia di Gerusalemme; gli altri quattro, inclusa una ragazza, sono stati colpiti da pietre vicino ai villaggi di Burin (Nablus) e Kifl Haris (Salfit), mentre transitavano su strade della Cisgiordania. Secondo quanto riferito, un totale di 26 veicoli israeliani sono stati danneggiati, prevalentemente colpiti da pietre.

¡

Ultimi sviluppi (fuori dal periodo di riferimento)

Il 3 febbraio, a Humsa al Bqai’a, le autorità israeliane hanno demolito o confiscato 21 strutture. Un’analoga operazione era stata effettuata nella stessa Comunità appena due giorni prima, il 1° febbraio [ultimo giorno del periodo considerato da questo Rapporto; vedere sopra, al paragrafo 9]. Le due operazioni militari israeliane [compiute il 1° ed il 3 febbraio], hanno complessivamente provocato lo sfollamento di 60 persone, di cui 35 minori.

nota 1:

I Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati ogni due settimane in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informa-zioni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati.

sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina: https://www.ochaopt.org/reports/protection-of-civilians

L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano (vedi di seguito) l’edizione inglese dei Rapporti.

nota 2: Nella versione italiana non sono riprodotti i dati statistici ed i grafici. Le scritte [in corsivo tra parentesi quadre]

sono talvolta aggiunte dai traduttori per meglio esplicitare situazioni e contesti che gli estensori dei Rapporti

a volte sottintendono, considerandoli già noti ai lettori abituali.

nota 3: In caso di discrepanze (tra il testo dei Report e la traduzione italiana), fa testo il Report originale in lingua inglese.




Rapporto OCHA del periodo 3 – 23 novembre 2020

Durante il periodo di riferimento (3-23 novembre), a motivo della mancanza di permessi di costruzione rilasciati da Israele, sono state demolite o sequestrate 129 strutture, sfollando 100 palestinesi e provocando ripercussioni su oltre 200

[seguono dettagli]. L’episodio più grave è avvenuto il 3 novembre, a Humsa Al Bqai’a, dove sono state distrutte 83 strutture, sfollando 73 persone, tra cui 41 minori. Trenta strutture sono state demolite presso 12 Comunità in Area C, mentre le rimanenti 16 strutture si trovavano in Gerusalemme Est, dove sono riprese le demolizioni dopo tre settimane di sospensione (il 1° ottobre, le autorità israeliane avevano annunciato che, a causa della pandemia, avrebbero interrotto la demolizione degli edifici abitati della Città). Secondo le rilevazioni di OCHA, da gennaio 2020 ad oggi [23.11.2020], sono state demolite o sequestrate più strutture che in qualsiasi altro anno completo del periodo 2009-2019, escluso solo l’anno 2016.

Il 4 novembre, a un checkpoint a sud della città di Nablus, le forze israeliane hanno sparato, uccidendo un membro delle forze di sicurezza palestinesi non in servizio; secondo quanto riferito, l’uomo avrebbe aperto il fuoco contro i soldati. Secondo la Mezzaluna Rossa Palestinese, i soldati hanno impedito alla loro equipe medica di raggiungere l’uomo, il cui corpo è ancora trattenuto dalle autorità israeliane. L’8 novembre, vicino al Campo profughi di Al Fawwar (Hebron), le forze israeliane hanno colpito e ferito un altro palestinese che, secondo quanto riferito, avrebbe tentato di accoltellare i soldati.

In Cisgiordania cinquantacinque palestinesi sono stati feriti dalle forze israeliane [seguono dettagli]. Diciotto sono rimasti feriti nel contesto di tre operazioni di ricerca-arresto condotte nel Campo profughi di Qalandiya (Gerusalemme) e nella città di Ramallah. Altri 17 sono rimasti feriti durante le proteste contro le restrizioni di accesso e le attività di insediamento [colonico] a Kafr Qaddum (Qalqiliya) e Ras at Tin (Ramallah). Cinque palestinesi sono rimasti feriti al checkpoint del Distretto di Coordinamento (DCO- Ramallah), durante una commemorazione della morte del Presidente palestinese, Yasser Arafat. Tre uomini sono stati aggrediti fisicamente ad un checkpoint volante vicino a Beit Fajjar (Betlemme). I rimanenti feriti sono stati registrati durante altri scontri, o nel tentativo di entrare in Israele attraverso brecce nella Barriera.

In Cisgiordania le forze israeliane hanno effettuato 230 operazioni di ricerca-arresto ed hanno arrestato 227 palestinesi. Il maggior numero di operazioni è stato registrato a Gerusalemme Est (61) e nel governatorato di Hebron (50).

Sono stati segnalati cinque episodi con danni ad ulivi o furti di prodotti ad opera di persone ritenute coloni israeliani. In tre degli episodi sono stati vandalizzati 64 ulivi in prossimità dei villaggi di Jalud (Nablus), Kafr Qaddum (Qalqiliya) e Al Khadr (Betlemme). Negli altri due casi sono stati rubati i raccolti di circa 1.000 ulivi vicino a Sa’ir (Hebron), e di dieci alberi da frutto a Burin (Nablus), dove sono stati sottratti anche attrezzi per la raccolta. Dal 7 ottobre, inizio della stagione di raccolta delle olive, almeno 35 attacchi da parte di individui noti come coloni israeliani o ritenuti tali, hanno provocato feriti tra i palestinesi, danni agli alberi o furti di prodotti.

In contesti diversi dalla raccolta delle olive, altre aggressioni ad opera di individui ritenuti coloni israeliani, hanno provocato ulteriori ferimenti di palestinesi o danni alla proprietà [seguono dettagli]. Quattro palestinesi sono rimasti feriti nei pressi di Silat adh Dhahr (Jenin): le auto su cui viaggiavano si sono schiantate dopo essere state colpite da pietre. Nell’area H2 di Hebron, in episodi separati, un palestinese di 10 anni è stato ferito dal lancio di pietre, un altro di 12 anni è stato aggredito fisicamente e materiali da costruzione ed un veicolo sono stati vandalizzati. Nella Comunità beduina di East Tayba (Ramallah) sono state rubate una ventina di pecore, mentre vicino ad As Sawiya (Nablus) è stata sottratta una capra. Secondo gli agricoltori di Turmus’ayya (Ramallah), coloni hanno distrutto un sistema di irrigazione ed hanno rubato attrezzi agricoli nel loro villaggio. Contadini di Far’ata (Qalqiliya) hanno riferito che coloni hanno rubato le recinzioni che circondano le loro terre. A Burqa (Nablus) e At Tuwani (Hebron), coloni hanno lanciato pietre contro le abitazioni, danneggiandone quattro, mentre a Nablus hanno colpito auto palestinesi in transito, danneggiandone una. A ‘Urif (Nablus) hanno spianato 1,7 ettari di terreno agricolo di proprietà palestinese. Nella vicina Jalud, coloni hanno recintato terreni privati palestinesi, collocandovi una tenda e tre serbatoi d’acqua.

Vicino alla recinzione perimetrale di Israele con Gaza e al largo della sua costa, presumibilmente per far rispettare le restrizioni di accesso, le forze israeliane hanno aperto il fuoco in almeno 20 occasioni; un pescatore è rimasto ferito. In tre occasioni, bulldozer israeliani hanno spianato il terreno all’interno di Gaza.

A Rafah e Deir al Balah (Gaza), due palestinesi, di 14 e 16 anni, sono stati feriti dall’esplosione di residuati bellici. Dall’inizio dell’anno, due palestinesi (un minore e un adulto) sono stati uccisi e altri otto, tra cui cinque minori, sono rimasti feriti da ordigni inesplosi.

Il 15 e 21 novembre, gruppi armati palestinesi a Gaza hanno lanciato tre razzi contro Israele, uno dei quali ha causato danni ad un magazzino in Ashkelon. In entrambi i casi, sono seguiti attacchi aerei israeliani, che hanno colpito siti militari, aree aperte e terreni agricoli in Gaza, provocando danni a 5.000 m2 di serre a Khan Younis.

Secondo fonti israeliane, aggressori, ritenuti palestinesi, lanciando pietre o bottiglie incendiarie, hanno ferito tre israeliani e danneggiato 19 veicoli israeliani che percorrevano strade della Cisgiordania.

¡

Ultimi sviluppi (fuori dal periodo di riferimento)

Il 25 novembre, a motivo della mancanza di permessi edilizi, le autorità israeliane hanno demolito 11 strutture di proprietà palestinese nell’area di Massafer Yatta, nel sud di Hebron. Queste includevano abitazioni, strutture di sostentamento e strutture idriche ed igienico-sanitarie, alcune delle quali erano state fornite come assistenza umanitaria. Venticinque persone sono state sfollate e oltre 700 subiscono ripercussioni. Tutte le sette Comunità prese di mira, tranne una, si trovano in una zona designata [da Israele] “area chiusa” e destinata all’addestramento militare. Le Comunità ivi residenti sono a rischio di trasferimento forzato.

286

nota 1:

I Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati ogni due settimane in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informa-zioni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati.

sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina:https://www.ochaopt.org/reports/protection-of-civilians

L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano (vedi di seguito) l’edizione inglese dei Rapporti.

nota 2: Nella versione italiana non sono riprodotti i dati statistici ed i grafici. Le scritte [in corsivo tra parentesi quadre]

sono talvolta aggiunte dai traduttori per meglio esplicitare situazioni e contesti che gli estensori dei Rapporti

a volte sottintendono, considerandoli già noti ai lettori abituali.

nota 3: In caso di discrepanze (tra il testo dei Report e la traduzione italiana), fa testo il Report originale in lingua inglese.

o

nota: questo rapporto copre tre settimane; il prossimo rapporto sarà pubblicato
il 10 dicembre e coprirà il normale periodo di due settimane.

Associazione per la pace – Via S. Allende, 5 – 10098 Rivoli TO; e-mail: assopacerivoli@yahoo.it




Rapporto OCHA del periodo 20 ottobre – 2 novembre

Il 25 ottobre, durante un’operazione israeliana di ricerca-arresto, condotta nel villaggio di Turmus’ayya (Ramallah), un ragazzo palestinese di 16 anni è morto.

Secondo le autorità israeliane, il ragazzo è caduto, sbattendo la testa a terra, mentre veniva inseguito dai soldati, insieme ad altri palestinesi che avevano lanciato pietre. Testimoni oculari palestinesi hanno segnalato che il ragazzo era stato duramente picchiato dalle forze israeliane; secondo il direttore dell’ospedale dove è stato ricoverato, il suo corpo mostrava segni di violenza.

Il 31 ottobre, nel Campo profughi di Balata (Nablus), durante una disputa familiare che ha innescato diffusi scontri con le forze palestinesi, un palestinese è rimasto ucciso e altri sei sono rimasti feriti. La morte è stata provocata dalla esplosione di un ordigno che l’uomo ucciso stava trasportando. Gli scontri hanno portato alla chiusura di scuole e negozi del Campo, fino alla fine del periodo considerato [da questo Rapporto].

La stagione della raccolta delle olive, iniziata il 7 ottobre, ha continuato a essere turbata da persone note o ritenute coloni israeliani. In nove casi (nel precedente periodo di riferimento erano stati 19), sono rimasti feriti palestinesi, sono stati danneggiati alberi e sono stati rubati prodotti. Cinque degli episodi hanno avuto luogo nel governatorato di Nablus, vicino al villaggio di Burin, dove due raccoglitori di olive sono stati colpiti con pietre e feriti; a Burin, Deir al Hatab e Jalud sono stati rubati raccolti e attrezzi agricoli; a Qaryut è stato vandalizzato un trattore usato per il raccolto. Vicino a Turmus’ayya (Ramallah) sono stati vandalizzati circa 130 ulivi e, a Kafr Qaddum (Qalqiliya), sono stati rubati i frutti di circa 200 ulivi.

Nell’area chiusa dietro la Barriera, in numerosi casi, agli agricoltori è stato impedito l’accesso ai propri oliveti. Le forze israeliane hanno ritardato l’apertura di alcuni accessi agricoli e in alcuni casi hanno impedito agli agricoltori l’attraversamento con veicoli, inducendo alcuni ad astenersi dall’accedere ai loro oliveti, molti dei quali si trovano lontano dall’ingresso.

Nel governatorato di Nablus, altri due episodi correlati a coloni hanno provocato lesioni o danni. Un palestinese è rimasto ferito da una pietra nel corso di scontri scoppiati tra palestinesi di ‘Asira al Qibliya e coloni israeliani che erano entrati nel loro villaggio; le forze israeliane sono intervenute sparando lacrimogeni contro i palestinesi. Nel villaggio palestinese di As Sawiya, aggressori, ritenuti coloni, hanno tagliato pali dell’elettricità e condutture dell’acqua.

In Cisgiordania, in diversi scontri, sono rimasti feriti venticinque palestinesi e un soldato israeliano [seguono dettagli]. Diciotto di questi feriti sono stati registrati a Kafr Qaddum (Qalqiliya), durante le proteste settimanali contro le restrizioni di accesso e le attività di insediamento; altri quattro durante una protesta contro i tentativi di coloni di stabilire un avamposto vicino a Beit Dajan (Nablus). Un ragazzo è rimasto ferito, durante scontri, nella città di Hebron e, nel governatorato di Tulkarm, un altro palestinese è stato aggredito fisicamente mentre cercava di entrare in Israele attraverso una breccia nella Barriera. Ad Al ‘Isawiya (Gerusalemme Est), un palestinese è stato aggredito fisicamente e ferito durante un’operazione di ricerca-arresto. Non sono stati registrati feriti da arma da fuoco, ma quattro palestinesi sono stati colpiti da proiettili di gomma e due sono stati aggrediti fisicamente, mentre i restanti sono stati trattati medicalmente per inalazione di gas lacrimogeni. All’ingresso del Campo profughi di Al ‘Arrub (Hebron), nel corso di scontri, un soldato israeliano è stato ferito dal lancio di una pietra.

Il 30 ottobre, soldati israeliani hanno aperto il fuoco contro un veicolo palestinese che viaggiava vicino al villaggio di Qabatiya (Jenin): tre minori di 13, 15 e 16 anni, sono rimasti feriti da schegge. Le circostanze dell’episodio non sono ancora chiare.

In Cisgiordania, le forze israeliane hanno effettuato 161 operazioni di ricerca-arresto ed hanno arrestato 126 palestinesi. 37 di queste operazioni sono state registrate a Gerusalemme Est, 23 a Hebron e 21 a Tulkarm.

Il 20 e 22 ottobre, un gruppo armato palestinese di Gaza, ha lanciato tre razzi contro il sud di Israele; successivamente le forze israeliane hanno preso di mira siti militari e aree aperte a Gaza. I razzi [palestinesi] sono caduti in aree aperte o sono stati intercettati. Vicino alla recinzione perimetrale di Israele con Gaza e al largo della sua costa, presumibilmente per far rispettare le restrizioni di accesso, le forze israeliane hanno aperto il fuoco in almeno 19 occasioni. In nessuno di questi episodi sono stati registrati feriti.

A causa della mancanza di permessi di costruzione rilasciati da Israele, sono state demolite o sequestrate 41 strutture, sfollando 19 persone e creando ripercussioni su oltre 1.200 (escluso l’episodio evidenziato in “ultimi sviluppi”). Tutti gli sfollati e 37 delle strutture prese di mira si trovavano in 15 Comunità dell’Area C, mentre le altre quattro strutture demolite [delle 41] si trovavano a Gerusalemme Est. Il 28 ottobre, le autorità israeliane hanno tagliato una conduttura, finanziata da donatori, che forniva acqua a 14 Comunità di pastori nell’area Massafer Yatta di Hebron, che ospita circa 1.400 persone, tra cui oltre 600 minori. Tra le altre conseguenze, si prevede che ciò comprometterà le pratiche igieniche e la capacità delle persone di far fronte alla pandemia in corso. Nel governatorato di Gerusalemme, in due delle 18 Comunità beduine, situate all’interno o in prossimità dell’area E1, sono state demolite tre strutture; in quest’area è previsto l’ampliamento dell’insediamento colonico.

Una abitazione è stata demolita e una stanza in un’altra casa è stata sigillata per “motivi punitivi”, provocando lo sfollamento di 18 persone, tra cui 11 minori [seguono dettagli]. Nella casa demolita, a Rujeib (Area B di Nablus), abitava un palestinese accusato di aver accoltellato a morte, lo scorso agosto, un civile israeliano. La sigillatura [della stanza] è stata eseguita a Ya’abad (Area A di Jenin), nella casa di un palestinese accusato dell’uccisione di un soldato israeliano durante un’operazione di ricerca-arresto avvenuta lo scorso maggio.

Un israeliano è rimasto ferito e 11 veicoli israeliani che viaggiavano all’interno della Cisgiordania sono stati danneggiati, secondo fonti israeliane, dal lancio di pietre da parte di aggressori ritenuti palestinesi.

¡

Ultimi sviluppi (fuori dal periodo di riferimento)

Il 3 novembre è stata registrata la più vasta demolizione degli ultimi anni: nella Comunità di Humsa Al Bqai’a, le autorità israeliane hanno demolito 83 strutture, sfollando 73 persone, tra cui 41 minori. Il Coordinatore Umanitario [ONU] ha chiesto la fine delle demolizioni illegali.

nota 1:

I Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati ogni due settimane in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informa-zioni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati.

sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina: https://www.ochaopt.org/reports/protection-of-civilians

L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano (vedi di seguito) l’edizione inglese dei Rapporti.

nota 2: Nella versione italiana non sono riprodotti i dati statistici ed i grafici. Le scritte [in corsivo tra parentesi quadre]

sono talvolta aggiunte dai traduttori per meglio esplicitare situazioni e contesti che gli estensori dei Rapporti

a volte sottintendono, considerandoli già noti ai lettori abituali.

nota 3: In caso di discrepanze (tra il testo dei Report e la traduzione italiana), fa testo il Report originale in lingua inglese.

Associazione per la pace – Via S. Allende, 5 – 10098 Rivoli TO; e-mail: assopacerivoli@yahoo.it




Rapporto OCHA del periodo 6 – 19 ottobre 2020

La stagione della raccolta delle olive, iniziata il 7 ottobre, è stata perturbata o interrotta, da 19 episodi provocati da persone ritenute, o riconosciute, come coloni israeliani: 23 agricoltori palestinesi sono rimasti feriti, oltre 1.000 ulivi sono stati bruciati o danneggiati in altro modo, e grandi quantità di prodotti sono stati rubati

Nella periferia del villaggio di Burqa (Ramallah), in tre occasioni, coloni hanno preso a sassate e aggredito fisicamente palestinesi intenti a raccogliere olive, innescando scontri. In uno di tali scontri sono intervenute le forze israeliane: 14 palestinesi sono rimasti feriti e 30 alberi sono stati bruciati dai lacrimogeni. Gli altri ferimenti sono stati registrati in zone agricole nei pressi della città di Huwwara (Nablus) e nei villaggi di Ni’lin e Beitillu (Ramallah). Nei pressi dell’insediamento israeliano di Mevo Dotan (Jenin), circa 450 ulivi sono stati dati alle fiamme e distrutti; poco prima i contadini palestinesi del villaggio di Yaabad erano stati attaccati da coloni e costretti dai soldati israeliani ad allontanarsi. Anche nel villaggio di Saffa (Ramallah), in un’area chiusa dietro la Barriera, alcune centinaia di ulivi appartenenti a palestinesi sono stati incendiati e danneggiati. In altre dieci località, attigue ad insediamenti colonici, gli agricoltori, allorquando hanno potuto raggiungere i loro terreni, hanno scoperto che i loro ulivi erano stati vandalizzati o che i prodotti erano stati raccolti e rubati. Molti degli episodi hanno avuto luogo in aree ad “accesso limitato”; aree nelle quali, durante l’intera stagione del raccolto, le autorità israeliane consentono l’accesso ai palestinesi per soli due-quattro giorni.

Sono stati registrati altri quattro attacchi da parte di persone ritenute coloni [seguono dettagli]. Nel governatorato di Betlemme, un bimbo palestinese di un anno è rimasto ferito nell’auto su cui viaggiava, colpita da pietre. Nella vicina Al Khader, 40 alveari sono stati dati alle fiamme e bruciati. Nell’area Farsiya della Valle del Giordano settentrionale, pastori palestinesi sono stati aggrediti fisicamente da un gruppo di coloni e una delle loro pecore è stata uccisa. Nel villaggio di Jalud (Nablus) sono stati tagliati e danneggiati pali e cavi elettrici che portano energia a locali agricoli [palestinesi].

Le autorità israeliane hanno annunciato che, durante la stagione della raccolta delle olive, per gli agricoltori palestinesi vi saranno facilitazioni nel rilascio dei permessi di accesso alle loro terre che si trovano dietro la Barriera. In una lettera a un Gruppo israeliano per i Diritti umani, HaMoked, le autorità hanno comunicato che, a coloro che lo avevano ottenuto durante la stagione precedente, il permesso sarebbe stato concesso automaticamente e che il ritiro doveva essere effettuato presso gli uffici israeliani di coordinamento e collegamento distrettuale (DCL). Tuttavia, questa disposizione non verrebbe applicata [ai palestinesi] su cui pendono “obiezioni di sicurezza”. Negli ultimi mesi gli uffici della DCL sono stati sovraffollati, sollevando preoccupazioni per le potenziali trasmissioni COVID-19.

In Cisgiordania, oltre ai summenzionati episodi connessi alla raccolta delle olive, in scontri [tra palestinesi e forze israeliane] sono rimasti feriti ottantacinque palestinesi, tra cui almeno 11 minori, e due soldati israeliani [seguono dettagli]. La stragrande maggioranza di questi ferimenti è stata registrata nei campi profughi di Al Am’ari, Al Jalazun (Ramallah), Al Arrub (Hebron) e Balata (Nablus), a seguito di operazioni di ricerca-arresto ed episodi di lancio di pietre. Ad Al Jalazun, i soldati hanno sparato grandi quantità di lacrimogeni contro studenti che, a quanto riferito, avevano lanciato pietre; successivamente i militari sono entrati nell’edificio scolastico ed hanno rinchiuso gli studenti nelle aule. Cinque palestinesi sono rimasti feriti in scontri scoppiati durante l’aratura di un terreno prossimo all’insediamento colonico di Elon More; terreno di cui coloni israeliani avevano tentato di appropriarsi per stabilirvi un avamposto. I rimanenti ferimenti sono stati registrati in altri scontri o durante tentativi di entrare in Israele attraverso brecce della Barriera. Nel complesso, 21 palestinesi sono stati colpiti da proiettili di gomma e dieci da proiettili di armi da fuoco, mentre la maggior parte delle restanti persone sono state curate per inalazione di gas lacrimogeno.

In Cisgiordania le forze israeliane hanno effettuato 126 operazioni di ricerca-arresto ed hanno arrestato 132 palestinesi. La metà delle operazioni sono state registrate nel governatorato di Gerusalemme; in particolare, il quartiere Al ‘Isawiya di Gerusalemme Est è stato sottoposto ad attività di polizia, quasi quotidiane, che hanno portato all’arresto di 30 palestinesi, compresi 13 minori.

Il 16 ottobre, da Gaza, un gruppo armato palestinese ha lanciato un razzo verso il sud di Israele, colpendo un’area aperta, senza provocare feriti. Sempre a Gaza, presumibilmente per far rispettare le restrizioni di accesso alle aree prossime alla recinzione perimetrale israeliana e al largo della costa, le forze israeliane hanno aperto il fuoco di avvertimento in almeno 30 occasioni, senza provocare feriti.

Il 18 ottobre, le forze israeliane sono entrate nella Striscia di Gaza, ad est di Khan Younis, ed hanno devastato con buldozer terreni a circa 400 metri dalla recinzione perimetrale, distruggendo vaste aree di colture e sistemi di irrigazione. Secondo fonti israeliane, le operazioni avevano lo scopo di distruggere tunnel scavati da gruppi armati palestinesi per scopi militari.

In Area C, per mancanza di permessi di costruzione emessi da Israele, in tre circostanze, le autorità israeliane hanno demolito o sequestrato otto strutture di proprietà palestinese, sfollando 12 persone. Cinque delle strutture si trovavano in due Comunità nell’area di Massafer Yatta a Hebron, in un’area designata [da Israele] “zona per esercitazioni a fuoco”, destinata all’addestramento militare israeliano. Le restanti tre strutture sono state demolite nella Comunità di Al Farisiya-Khallet Khader della Valle del Giordano, sulla base di “Ordini Militari 1797” che consentono di effettuare le demolizioni entro 96 ore dall’emissione degli stessi. Nessun episodio è stato registrato a Gerusalemme Est, dove, il 1° ottobre, le autorità israeliane avevano annunciato che, a causa della pandemia COVID-19, avrebbero sospeso la demolizione di case abitate.

Un israeliano è rimasto ferito e nove veicoli israeliani, che viaggiavano all’interno della Cisgiordania, hanno subito danni ad opera di aggressori ritenuti palestinesi che, secondo fonti israeliane, hanno lanciato pietre o bottiglie di vernice.

nota 1:

I Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati ogni due settimane in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informa-zioni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati.

sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina:https://www.ochaopt.org/reports/protection-of-civilians

L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano (vedi di seguito) l’edizione inglese dei Rapporti.

nota 2: Nella versione italiana non sono riprodotti i dati statistici ed i grafici. Le scritte [in corsivo tra parentesi quadre]

sono talvolta aggiunte dai traduttori per meglio esplicitare situazioni e contesti che gli estensori dei Rapporti

a volte sottintendono, considerandoli già noti ai lettori abituali.

nota 3: In caso di discrepanze (tra il testo dei Report e la traduzione italiana), fa testo il Report originale in lingua inglese.

Associazione per la pace – Via S. Allende, 5 – 10098 Rivoli TO; e-mail: assopacerivoli@yahoo.it




Rapporto OCHA del periodo 25 agosto – 7 settembre 2020

In due distinti episodi, palestinesi hanno ucciso un civile israeliano ed hanno ferito un ufficiale di polizia israeliano e un soldato

Il 26 agosto, nella città israeliana di Petah Tikva, un palestinese ha accoltellato mortalmente un israeliano. Il sospetto aggressore, un uomo di 46 anni della zona di Nablus, a quanto riferito in possesso di un permesso di lavoro, è stato successivamente arrestato. In Cisgiordania, al checkpoint di Za’atra, nel governatorato di Nablus, un palestinese ha guidato la sua auto contro forze israeliane, causando lievi ferite a un soldato e ad un ufficiale di polizia. Secondo quanto riferito, l’aggressore è poi sceso dall’auto e, brandendo un coltello, è corso verso i militari; questi hanno sparato, ferendolo ed arrestandolo. Il 6 settembre, nei pressi dell’insediamento di Ariel (Salfit), un palestinese ha tentato di accoltellare un soldato israeliano ed è stato arrestato.

In Cisgiordania, nel corso di vari scontri, sono rimasti feriti settanta palestinesi e due soldati israeliani [segue dettaglio]. La maggior parte dei feriti palestinesi sono stati registrati in scontri scoppiati durante cinque operazioni di ricerca-arresto. Altri otto palestinesi sono stati colpiti con armi da fuoco e feriti nel nord della Cisgiordania, in vari tentativi di entrare in Israele attraverso varchi aperti nella Barriera. Tre palestinesi e due soldati israeliani sono rimasti feriti durante scontri nella città di Hebron. Dei settanta palestinesi feriti, dieci sono stati colpiti con armi da fuoco, due sono stati colpiti da proiettili di gomma, due sono stati aggrediti fisicamente; i rimanenti hanno necessitato di cure mediche per aver inalato gas lacrimogeno.

In Cisgiordania, le forze israeliane hanno complessivamente svolto 152 operazioni di ricerca-arresto, arrestando 117 palestinesi [seguono dettagli]. Nella notte del 7 settembre, nel governatorato di Hebron, si è svolta un’operazione su vasta scala, conclusa con l’arresto di almeno 30 palestinesi. Un’altra grande operazione è stata effettuata il 26 agosto, a Gerusalemme Est, in più quartieri contemporaneamente: dieci persone sono state arrestate, secondo quanto riferito, per aver lavorato per l’Autorità Palestinese a Gerusalemme Est, in violazione della legge israeliana. Sempre a Gerusalemme Est, nel quartiere Al ‘Isawiya, sono continuate le consuete attività di polizia, con relative tensioni: un giornalista è stato arrestato e la sua attrezzatura è stata confiscata.

Il 31 agosto, a Gaza e nel sud di Israele, dopo oltre tre settimane di ostilità intermittenti, è ritornata una relativa calma ed Israele ha revocato le restrizioni di accesso imposte durante la situazione precedente. Durante le fasi di tensione, sono rimasti feriti 12 palestinesi e sei israeliani, e da entrambe le parti sono stati registrati estesi danni alle proprietà. A seguito della riduzione delle tensioni, Israele ha nuovamente autorizzato l’ingresso di merci, compresi materiali da costruzione e carburante; le interruzioni di corrente si sono così ridotte a 12-16 ore giornaliere; le zone di pesca consentite sono state ripristinate [da Israele] al livello pre-crisi, cioè fino a 15 miglia nautiche dalla riva meridionale [di Gaza].

Nella Striscia di Gaza, presumibilmente per far rispettare ai palestinesi le restrizioni loro imposte sia sull’accesso alle aree adiacenti la recinzione perimetrale israeliana, sia al largo della costa, le forze israeliane hanno aperto il fuoco di avvertimento in almeno 17 occasioni; non sono stati registrati feriti. Inoltre, in tre occasioni, le forze israeliane sono entrate a Gaza ed hanno effettuato operazioni di spianatura del terreno e di scavo vicino alla recinzione perimetrale.

Il 31 agosto, mentre raccoglievano rottami metallici nei pressi del villaggio di Khuza’a (Khan Younis), due minori palestinesi di 8 e 12 anni, sono stati feriti dalla esplosione di un residuato bellici (ERW) che essi stavano maneggiando. A Gaza, dal 2014, data della fine dell’ultimo conflitto,19 palestinesi sono stati uccisi e 172 sono stati feriti da residuati bellici.

Trentatré strutture di proprietà palestinese sono state demolite o sequestrate per mancanza di permessi di costruzione rilasciati da Israele, sfollando 98 palestinesi, di cui oltre la metà minori, e diversamente coinvolgendo circa 100 persone [segue dettaglio]. La maggior parte delle demolizioni e degli sfollamenti sono stati registrati in Area C: il più alto numero di sfollati (45 persone) si è avuto, in due momenti diversi, nella Comunità beduina di Wadi As Seeq (Ramallah). Inoltre, 12 persone sono state sfollate a seguito della demolizione di cinque strutture nella Comunità di pastori di Jinba (Hebron), situata in un’area designata [da Israele] “zona per esercitazioni a fuoco” e destinata all’addestramento dell’esercito israeliano. A Ras at Tin, presso un’altra Comunità di pastori dell’area di Ramallah, situata anch’essa in una “zona per esercitazioni a fuoco”, sono state sequestrate parti di una scuola in costruzione, finanziata da donatori, insieme ad attrezzature e materiali da costruzione. A Gerusalemme Est, quattro demolizioni hanno provocato lo sfollamento di 39 persone; in tre di questi episodi le demolizioni sono state eseguite dai proprietari, costretti a farlo per evitare costi aggiuntivi e multe.

In azioni compiute da coloni, due palestinesi sono rimasti feriti e proprietà palestinesi sono state vandalizzate [segue dettaglio]. Palestinesi di Kafr Malik (Ramallah) si sono scontrati con coloni israeliani mentre questi ultimi tentavano di creare un nuovo avamposto colonico sul terreno del villaggio; forze israeliane intervenute sul posto hanno sparato, ferendo un palestinese. In un’altra circostanza, una donna palestinese, che transitava sulla Strada 60, nel governatorato di Nablus, è stata colpita con pietre e ferita; altre tre auto hanno subito danni dal lancio di pietre. Nel villaggio di At Tuwani (Hebron meridionale) un pastore ha riferito che un colono ha speronato con l’auto le sue pecore, uccidendone dieci e ferendone cinque. In tre episodi distinti, coloni hanno vandalizzato quattro veicoli in Asira al Qibliya e Huwwara (entrambi in Nablus), dove hanno anche spruzzato graffiti su muri di case, e nel governatorato di Hebron, sulla strada 60. Inoltre, nella zona H2 di Hebron, una scalinata che porta ad un asilo è stata danneggiata da coloni.

Secondo fonti israeliane, tre israeliani sono rimasti feriti e 12 veicoli sono stati danneggiati dal lancio di pietre da parte di aggressori ritenuti palestinesi. Le pietre sono state lanciate contro veicoli israeliani che percorrevano strade della Cisgiordania.

281

nota 1:

I Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati ogni due settimane in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informa-zioni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati.

sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina: https://www.ochaopt.org/reports/protection-of-civilians

L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano (vedi di seguito) l’edizione inglese dei Rapporti.

nota 2: Nella versione italiana non sono riprodotti i dati statistici ed i grafici. Le scritte [in corsivo tra parentesi quadre]

sono talvolta aggiunte dai traduttori per meglio esplicitare situazioni e contesti che gli estensori dei Rapporti

a volte sottintendono, considerandoli già noti ai lettori abituali.

nota 3: In caso di discrepanze (tra il testo dei Report e la traduzione italiana), fa testo il Report originale in lingua inglese.

Associazione per la pace – Via S. Allende, 5 – 10098 Rivoli TO; e-mail: assopacerivoli@yahoo.it