Rapporto OCHA del periodo 16 – 29 marzo 2021

Il 19 marzo, durante una protesta settimanale svolta vicino al villaggio di Beit Dajan (Nablus), un palestinese di 45 anni, che stava lanciando pietre contro le forze israeliane, è stato colpito con arma da fuoco ed ucciso.

A quanto riferito, i soldati coinvolti sarebbero stati chiamati a rapporto. Con questa uccisione sale a tre il numero di palestinesi uccisi dalle forze israeliane in Cisgiordania dall’inizio dell’anno. Nei pressi di Beit Dajan, dieci persone sono rimaste ferite nel corso di proteste che, da sei mesi, si svolgono ogni venerdì contro la costruzione di un nuovo avamposto colonico su un terreno di proprietà del villaggio.

In Cisgiordania, oltre ai dieci di cui sopra, altri 53 palestinesi sono stati feriti dalle forze israeliane: quarantatré in scontri occorsi nel quartiere Kafr ‘Aqab di Gerusalemme Est; cinque a Beit Ummar (Hebron) e Bir Nabala (Gerusalemme), in due operazioni di ricerca-arresto; quattro a Kafr Qaddum (Qalqiliya), nelle proteste settimanali contro l’espansione degli insediamenti; uno nell’area di Tulkarm, mentre cercava di entrare in Israele attraverso una delle brecce nella Barriera. Dei [63]feriti complessivi, 40 sono stati curati per inalazione di gas lacrimogeni, 16 sono stati colpiti da proiettili di gomma e sette sono stati aggrediti fisicamente o colpiti da candelotti lacrimogeni. Inoltre, a Gerico, un pastore palestinese è rimasto ferito dall’esplosione di un residuato bellico che stava maneggiando.

In Cisgiordania le forze israeliane hanno effettuato 128 operazioni di ricerca-arresto ed hanno arrestato 115 palestinesi, compresi cinque minori. Il governatorato di Ramallah ha registrato il maggior numero di operazioni (27), seguito da Tulkarm (21) ed Hebron (18). A Beit Kahil (Hebron), in una sola un’operazione sono stati arrestati 21 palestinesi.

L’ingresso dei palestinesi nell’Area [residenziale chiusa] H2 della città di Hebron è risultato rallentato per lunghi periodi a causa della reintroduzione, da parte delle forze israeliane, di pesanti restrizioni al checkpoint di accesso al quartiere Tel Rumeida. Al checkpoint, le forze israeliane hanno imposto ai residenti palestinesi di passare attraverso i metal detector; tale disposizione non era più in uso da diversi anni.

In Area C e in Gerusalemme Est, citando la mancanza di permessi edilizi, le autorità israeliane hanno demolito o sequestrato 26 strutture di proprietà palestinese, sfollando 34 persone, di cui 15 minori, e creando ripercussioni su circa 40 [seguono dettagli]. Il 17 marzo, in quattro Comunità dell’Area C, sono state prese di mira ventidue strutture, comprese otto tende sequestrate a Khirbet Tana (Nablus), sfollando 18 persone. Nella Comunità beduina di An Nuwei’ma Al Fauqa (Gerico), sono state demolite 11 case disabitate: 21 persone ne sono state colpite. A Gerusalemme Est sono state demolite quattro strutture, di cui tre ad opera dei proprietari: dodici le persone sfollate.

Coloni israeliani, noti o ritenuti tali, hanno ferito due palestinesi e danneggiato alcune centinaia di alberi di proprietà palestinese. Entrambi i palestinesi feriti sono stati aggrediti fisicamente, uno vicino alla Comunità di Susiya (Hebron) e l’altro vicino ad Al Khader (Betlemme), mentre lavorava la propria terra. Residenti nei villaggi di Jalud, Khirbet Sarra e Tell in Nablus, e Ras Karkar e Deir Nidham in Ramallah, hanno riferito che erano stati vandalizzati circa 300 alberi e alberelli [citati sopra]. A Beit Iksa (Gerusalemme) e Kafr ad Dik (Salfit), persone note come coloni, o ritenuti tali, hanno vandalizzato una casa, tre strutture agricole e tre veicoli. Ancora coloni, nella zona di Al Baq’a (Hebron), hanno iniziato a devastare con bulldozer terra privata palestinese. Nei pressi di Tubas coloni hanno bloccato una sorgente, impedendone l’accesso ai pastori palestinesi. A Tuqu’ e Kisan (Betlemme) coloni hanno eretto tende su terreni appartenenti a residenti dei villaggi. A Kisan, alla fine, hanno rimosso le tende, e a Tuqu’ le autorità israeliane hanno ordinato loro di rimuoverle entro il 4 aprile.

Autori, ritenuti palestinesi, hanno colpito con pietre veicoli israeliani in viaggio su strade della Cisgiordania: secondo fonti israeliane dieci veicoli hanno subito danni.

In aree di Gaza adiacenti alla recinzione perimetrale o al largo della costa, le forze israeliane hanno aperto il fuoco d’avvertimento in almeno 17 occasioni, presumibilmente per far rispettare le restrizioni di accesso [imposte ai palestinesi]; non sono stati registrati feriti. In due occasioni, le forze israeliane hanno spianato il terreno vicino alla recinzione, all’interno di Gaza; non sono stati segnalati feriti.

Da Gaza è stato lanciato un razzo verso il sud di Israele; a quanto riferito sarebbe caduto in un’area aperta senza provocare feriti o danni. Israele ha compiuto alcuni attacchi aerei che, viene riferito, hanno colpito siti militari a Gaza, causando danni.

nota 1:

I Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati ogni due settimane in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informa-zioni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati.

sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina: https://www.ochaopt.org/reports/protection-of-civilians

L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano (vedi di seguito) l’edizione inglese dei Rapporti.

nota 2: Nella versione italiana non sono riprodotti i dati statistici ed i grafici. Le scritte [in corsivo tra parentesi quadre]

sono talvolta aggiunte dai traduttori per meglio esplicitare situazioni e contesti che gli estensori dei Rapporti

a volte sottintendono, considerandoli già noti ai lettori abituali.

nota 3: In caso di discrepanze (tra il testo dei Report e la traduzione italiana), fa testo il Report originale in lingua inglese.

Associazione per la pace – Via S. Allende, 5 – 10098 Rivoli TO; e-mail: assopacerivoli@yahoo.it




Rapporto OCHA del periodo 14 – 27 aprile 2020

Il 22 aprile, due speronamenti con auto, effettuati da palestinesi contro checkpoint israeliani, hanno provocato il ferimento di tre israeliani; uno degli attentatori è stato ucciso.

In uno dei due casi, verificatosi presso il checkpoint di Wadi an Nar (Gerusalemme), che controlla tutto il traffico palestinese tra nord e sud della Cisgiordania, un 25enne palestinese ha investito con la sua auto un ufficiale della Polizia di Frontiera, ferendolo. L’attentatore è uscito dal veicolo e, prima di essere colpito e ucciso dalle forze israeliane, ha tentato di pugnalare l’ufficiale. Nel secondo caso, riportato da giornali israeliani, un’auto con targa palestinese è stata lanciata contro un checkpoint temporaneo allestito presso l’insediamento [colonico] israeliano di Ateret (Ramallah): un altro ufficiale della Polizia di Frontiera e un civile israeliano sono rimasti feriti; il guidatore è riuscito ad allontanarsi con l’auto.

In Cisgiordania, nel corso di numerosi scontri con forze israeliane, 39 palestinesi sono rimasti feriti [segue dettaglio]. Venti di questi feriti sono stati curati per inalazione di gas lacrimogeno, otto per lesioni causate da proiettili di gomma, tre per ferite di arma da fuoco, mentre otto palestinesi sono stati aggrediti fisicamente. Gli scontri più gravi, che hanno provocato 15 feriti, sono stati registrati ad Ar Rihiya (Hebron) in seguito all’ingresso di una jeep militare israeliana nel villaggio. Altri sette palestinesi sono rimasti feriti durante un’operazione di ricerca-arresto effettuata [da forze israeliane] nel villaggio di As Sawahira as Sharqiya (Gerusalemme) a seguito dell’aggressione compiuta da un palestinese presso il checkpoint di Wadi an Nar [vedi paragrafo precedente]. Due, dei tre colpiti con armi da fuoco, pare che stessero tentando di infiltrarsi in Israele attraverso la Barriera, nei pressi di Qalqiliya; il terzo è stato colpito durante scontri vicino al villaggio di Kobar (Ramallah). I rimanenti ferimenti sono stati registrati in scontri spontanei nel Campo Profughi di Qalandiya (Gerusalemme), al checkpoint di Za’tara (Nablus), vicino ai villaggi di Tuwani (Hebron) e Qusra (Nablus) e durante le manifestazioni settimanali a Kafr Qaddum (Qalqiliya).

Nel complesso, in Cisgiordania, le forze israeliane hanno effettuato 99 operazioni di ricerca-arresto ed hanno arrestato oltre 100 palestinesi. La maggior parte delle operazioni (45) e degli arresti (55) è avvenuta in Gerusalemme Est, 18 nel governatorato di Hebron e 14 nel governatorato di Ramallah.

Il 22 aprile, un palestinese di 23 anni è morto in una prigione israeliana, in circostanze non chiare. Il Comitato dei Prigionieri Palestinesi ha affermato che la morte è da attribuire a negligenza medica. Secondo media israeliani, il Servizio Penitenziario Israeliano ha avviato un’indagine.

Al fine di far rispettare le restrizioni di accesso alle aree prossime alla recinzione perimetrale israeliana e al largo della costa di Gaza [zone dichiarate da Israele come “Aree ad Accesso Riservato”], in almeno 48 occasioni, le forze israeliane hanno aperto il fuoco di avvertimento. Un pescatore è stato ferito alla testa da un proiettile di gomma e due barche sono state danneggiate. In due occasioni, ad est di Jabaliya e di Rafah, le forze israeliane sono entrate nella Striscia di Gaza ed hanno effettuato operazioni di spianatura del terreno e di scavo vicino alla recinzione perimetrale.

In quattro Comunità dislocate in Area C della Cisgiordania, a motivo della mancanza di permessi di costruzione, le autorità israeliane hanno demolito nove strutture di proprietà palestinese, sfollando una famiglia di otto persone e causando ripercussioni su altre 19. Lo sfollamento ha avuto luogo nella Comunità beduina di Ein ad Duyuk at Tahta (Gerico), dove le autorità hanno demolito una roulotte abitata che era stata fornita come assistenza umanitaria. Altre cinque strutture di aiuto, tra cui tende residenziali (disabitate) e ricoveri per animali, sono state demolite nella vicina Comunità di Deir al Qilt. A Gerusalemme Est, da metà marzo, non sono state effettuate demolizioni. Il Coordinatore Umanitario, Jamie McGoldrick, ha chiesto alle autorità israeliane di fermare le demolizioni, in particolare durante la crisi per il COVID-19 e nel mese del Ramadan.

Cinque palestinesi sono stati feriti e circa 470 ulivi e alberelli di proprietà palestinese sono stati danneggiati da coloni israeliani [segue dettaglio]. Quattro dei cinque ferimenti sono stati causati da aggressioni fisiche avvenute nella città Hebron, nell’Area H2 controllata da Israele, nei villaggi At Tuwani (Hebron) e Jibiya (Ramallah), mentre il quinto [ferimento] è stato causato, ancora in Area H2, dal lancio di pietre. Circa 200 ulivi appartenenti agli agricoltori dei villaggi di Turmus’ayya e Al Mughayyir (Ramallah) sono stati vandalizzati, a quanto riferito, da coloni del vicino insediamento avamposto [non autorizzato] di Adei Ad. La maggior parte di questi alberi si trovano su un terreno il cui accesso, per i palestinesi, è regolato da un sistema di “coordinamento preventivo”. Assalitori, che si ritiene provengano dallo stesso avamposto, hanno anche smantellato una recinzione attorno a un altro appezzamento di terreno ed hanno rubato decine di pali di legno. 120 alberi circa sono stati abbattuti nei villaggi di Ras Karkar (Ramallah), Kafr Qaddum (Qalqiliya), As Sawiya e Qaryut (entrambi a Nablus). Vicino al villaggio di Fuqeiqis (Hebron), coloni hanno sradicato circa 1.000 piantine di ortaggi stagionali e 150 alberelli di ulivo mentre, nel villaggio di Khirbet Samra (Tubas), hanno pascolato il loro bestiame su 10 ettari di terra coltivata a verdure di stagione, danneggiando le colture. Dall’inizio di marzo, la violenza dei coloni è in aumento: la media settimanale di episodi comportanti ferimenti o danni a proprietà è aumentata di oltre l’80% rispetto a gennaio-febbraio.

Sono stati segnalati diversi episodi di lancio di pietre e bottiglie incendiarie da parte di palestinesi contro veicoli israeliani in viaggio lungo strade della Cisgiordania. Non ci sono stati feriti, ma, secondo una ONG israeliana, nei governatorati di Gerusalemme, Hebron e Ramallah, nove veicoli hanno subìto danni.

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Rapporto OCHA del periodo 18 febbraio – 2 marzo 2020

A Gaza, il 23 e 24 febbraio, si è verificato uno scambio di azioni ostili tra Israele e un gruppo armato palestinese, con conseguente ferimento di 12 civili palestinesi e 16 civili israeliani.

Le ostilità sono iniziate con l’uccisione, da parte delle forze israeliane, di un membro del gruppo armato della Jihad Islamica Palestinese (PIJ) e il ferimento di un altro membro; a quanto riferito, i due stavano collocando un ordigno esplosivo nei pressi della recinzione perimetrale, ad est di Khan Younis. Nel corso dello stesso episodio le forze israeliane hanno colpito e ferito due civili che cercavano di recuperare i due membri del PIJ. Immagini video di un bulldozer israeliano che, all’interno della recinzione che circonda Gaza, sta recuperando il corpo dell’uomo ucciso, hanno innescato una diffusa indignazione in tutta la Striscia. Nelle successive 30 ore, [il gruppo armato] PIJ ha lanciato oltre 100 razzi e sparato colpi di mortaio verso il sud di Israele: alcuni di essi hanno colpito aree edificate israeliane. Sedici israeliani sono rimasti leggermente feriti, mentre alcuni edifici, tra cui un asilo nella città di Sderot, hanno subito danni. Uno dei razzi lanciati dai palestinesi è caduto all’interno della città di Gaza, colpendo una casa e ferendo dieci civili palestinesi, tra cui due minori. L’esercito israeliano ha effettuato una serie di raid aerei sulla Striscia, provocando il ferimento di cinque membri del PIJ e danni a varie strutture militari dello stesso gruppo armato. Le ostilità sono cessate nel corso della notte del 24 febbraio.

Durante le ostilità di cui sopra, Israele ha sospeso i movimenti delle persone e delle merci da e verso Gaza ed ha interdetto l’accesso al mare ai pescatori palestinesi. Il valico pedonale di Erez ed il valico commerciale di Kerem Shalom sono stati chiusi, fatta eccezione per l’uscita di casi sanitari urgenti e per l’ingresso di carburante destinato alla Centrale Elettrica di Gaza. Il 26 febbraio sono state ripristinate le precedenti condizioni di accesso.

Nei giorni in cui sono state in vigore le restrizioni di accesso [imposte da Israele] alle aree [della Striscia di Gaza] prossime alla recinzione perimetrale israeliana e al largo della costa, in almeno 37 casi le forze israeliane hanno aperto il fuoco di avvertimento; non sono stati registrati ferimenti. In un caso, le forze israeliane sono entrate in Gaza (ad est di Khan Younis) ed hanno effettuato operazioni di spianatura del terreno e di scavo vicino alla recinzione perimetrale. Inoltre, le forze israeliane hanno arrestato un palestinese che stava tentando di infiltrarsi in Israele; un altro è stato arrestato a Erez, mentre stava uscendo da Gaza.

A Gerusalemme Est, le forze israeliane hanno sparato, uccidendo un palestinese e ferendo una passante palestinese; secondo quanto riferito, l’uomo ucciso aveva tentato di accoltellare un poliziotto. L’episodio è avvenuto il 22 febbraio, presso una delle porte che introducono alla Città Vecchia di Gerusalemme. Le forze israeliane hanno effettuato un’operazione di ricerca nel quartiere di Jabal al Mukkabir a Gerusalemme Est, dove viveva il presunto aggressore, ed hanno arrestato il padre ed i fratelli.

In scontri, scoppiati durante due proteste contro l’espansione degli insediamenti [colonici] a sud di Nablus, oltre 250 palestinesi, tra cui circa 60 minori, sono stati feriti dalle forze israeliane. Le proteste, organizzate dal Consiglio del villaggio di Beita (Nablus) con il sostegno dell’Autorità palestinese, si sono svolte il 28 febbraio ed il 2 marzo contro i tentativi (quelli già avvenuti e quelli previsti) di coloni israeliani intenzionati ad impossessarsi di una collina prossima al villaggio (in Area B). Durante successivi scontri, palestinesi hanno lanciato pietre contro i soldati israeliani; questi hanno risposto sparando vari tipi di munizioni. Dei palestinesi feriti, 152 sono stati colpiti da proiettili di gomma, 86 sono stati curati per inalazione di gas lacrimogeni e 7 sono stati colpiti da armi da fuoco. Non sono stati riportati ferimenti di israeliani.

In Cisgiordania, in diversi altri scontri, sono stati feriti dalle forze israeliane altri 168 palestinesi. Gli scontri più rilevanti sono scoppiati durante varie proteste, quali: contro il piano americano per il Medio Oriente (tali proteste sono in corso dal 28 gennaio, data dell’annuncio del piano); nel villaggio di Asira al Qibliya (Nablus), durante una protesta contro le restrizioni di accesso alle terre agricole in Area B; nel Campo profughi di Al Fawwar (Hebron), con specifiche motivazioni; nel villaggio di Kafr Qaddum (Qalqiliya), durante le manifestazioni settimanali contro le restrizioni di accesso e l’espansione degli insediamenti; nella città di Nablus, in seguito all’ingresso nel sito religioso “Tomba di Giuseppe” di un gruppo di israeliani scortati da soldati.

In Cisgiordania, complessivamente, le forze israeliane hanno effettuato 147 operazioni di ricerca-arresto, arrestando 188 palestinesi, tra cui 17 minori. La maggior parte delle operazioni sono state svolte nei governatorati di Ramallah (33), Gerusalemme (30, in prevalenza a Gerusalemme Est) ed Hebron (27).

In Area C e Gerusalemme Est, a motivo della mancanza di permessi di costruzione israeliani, sono state demolite o sequestrate 15 strutture di proprietà palestinese, causando lo sfollamento di 33 persone e ripercussioni su altre 100. Sei di queste strutture (cinque delle quali fornite come aiuto umanitario) erano situate in cinque Comunità nel sud di Hebron; in un caso si trattava di una roulotte adibita a magazzino presso una scuola di Susiya (una Comunità di pastori a rischio di trasferimento forzato). Quattro delle sei strutture sono state demolite in base a un “Ordine militare 1797”, che consente la demolizione o il sequestro di strutture non corredate di licenza di costruzione e, pertanto, classificate come “nuove”. Le rimanenti nove strutture erano situate a Gerusalemme Est; cinque di esse sono state demolite dai proprietari che avevano ricevuto ordini di demolizione. Dall’inizio dell’anno, sono state demolite, o sequestrate, 89 strutture: una leggera riduzione, rispetto alle 95 registrate nello stesso periodo del 2019.

In aggressioni attribuite a coloni israeliani, due palestinesi sono rimasti feriti e oltre 850 alberi sono stati vandalizzati [segue dettaglio]. Il 21 febbraio, un gruppo di coloni israeliani accompagnati da cani, è entrato nella Comunità beduina di Ras al Auja, nel governatorato di Gerico, ed ha aggredito e ferito fisicamente due persone. In tre distinti episodi, verificatisi nel villaggio di Al Khader (Betlemme) il 27 e 28 febbraio, assalitori (ritenuti coloni israeliani) hanno tagliato circa 100 alberi di ulivo e 450 viti. Nel villaggio di Al Mughayyir, a Ramallah, coloni hanno abbattuto 200 ulivi con l’uso di bulldozer. Infine, sono stati vandalizzati 100 ulivi e viti appartenenti a contadini del villaggio di Husan, situato nell’area recintata dell’insediamento di Betar Illit (Betlemme). Dall’inizio dell’anno, oltre 1.000 alberi appartenenti a palestinesi sono stati danneggiati da persone che si ritiene siano coloni. In due episodi separati, accaduti nel villaggio di Yasuf (Salfit) e all’incrocio di Huwwara (Nablus), coloni hanno danneggiato 18 veicoli ed hanno imbrattato con scritte i muri di due case.

Due donne israeliane sono rimaste ferite e almeno cinque veicoli israeliani sono stati danneggiati da pietre e, in un caso, da una bottiglia lanciata da palestinesi. I due ferimenti si sono verificati in due episodi separati, accaduti su strade vicine ai villaggi di Abud (Ramallah) e di Halhul (Hebron).

nota 1:

I Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati ogni due settimane in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informa-zioni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati.

sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina: https://www.ochaopt.org/reports/protection-of-civilians

L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano l’edizione inglese dei Rapporti.

nota 2: Nella versione italiana non sono riprodotti i dati statistici ed i grafici. Le scritte [in corsivo tra parentesi quadre]

sono talvolta aggiunte dai traduttori per meglio esplicitare situazioni e contesti che gli estensori dei Rapporti

a volte sottintendono, considerandoli già noti ai lettori abituali. Il neretto è di OCHAoPt.

nota 3: In caso di discrepanze (tra il testo dei Report e la traduzione italiana), fa testo il Report originale in lingua inglese.

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Rapporto OCHA del periodo 4 – 17 febbraio 2020

Il 6 febbraio, in tre distinti attacchi e presunti attacchi palestinesi, due palestinesi sono stati uccisi e 14 soldati israeliani sono rimasti feriti

[segue dettaglio]. Nella Città Vecchia di Gerusalemme, un palestinese 45enne, cittadino israeliano, dopo aver aperto il fuoco ed aver ferito un agente di polizia di frontiera, è stato ucciso dalle forze di polizia israeliane. A Gerusalemme Ovest, un palestinese ha investito con la sua auto un gruppo di soldati israeliani, ferendone 12; l’uomo è stato successivamente arrestato al bivio di Gush Etzion (Hebron). Nello stesso giorno, il 6 febbraio, nei pressi del villaggio di Deir Ibzi (Ramallah), palestinesi, secondo quanto riferito, hanno sparato contro soldati israeliani, ferendone uno; il 17 febbraio, l’esercito israeliano ha comunicato di aver trovato il corpo di un presunto attentatore: l’uomo sarebbe morto per le ferite riportate durante lo scontro a fuoco con i soldati israeliani. In un ulteriore episodio, accaduto il 17 febbraio nella città di Hebron, ad un checkpoint nell’area controllata da Israele, un palestinese ha tentato di pugnalare dei soldati israeliani ed è stato arrestato; non sono stati segnalati feriti.

Il 6 febbraio, in scontri scoppiati durante una demolizione “punitiva” nella città di Jenin, le forze israeliane hanno sparato, uccidendo due palestinesi e ferendone altri nove. Una delle vittime è un 19enne e l’altra un poliziotto palestinese che, secondo quanto riferito, al momento degli scontri si trovava all’interno della stazione di polizia. Secondo fonti israeliane, durante gli scontri in questione, palestinesi hanno sparato e lanciato due ordigni esplosivi contro i soldati; non sono stati segnalati ferimenti di israeliani.

In Cisgiordania, durante molteplici scontri scoppiati in risposta al piano americano per il Medio Oriente, annunciato il 28 gennaio, sono stati uccisi dalle forze israeliane altri due palestinesi e oltre 100 sono rimasti feriti. Le due vittime sono un minore di 17 anni, ucciso nella città di Hebron il 5 febbraio, e un 19enne, ucciso il 7 febbraio vicino a un cancello della Barriera, nei pressi del villaggio di Qaffin (Tulkarm). Altri scontri, con gran numero di feriti, sono stati registrati vicino al checkpoint di Beit El / DCO (Ramallah), all’ingresso della città di Gerico, nel villaggio di Beita (Nablus), e nelle città di Al ‘Eizariya e Abu Dis (governatorato di Gerusalemme). Tra i feriti ci sono 21 minori. Oltre il 70% dei feriti sono stati curati per inalazione di gas lacrimogeno, il 24% è stato colpito da proiettili di gomma e il 2% da proiettili di arma da fuoco.

In altri scontri, registrati durante il periodo di riferimento, altri 138 palestinesi, tra cui sette minori, sono stati feriti dalle forze israeliane. Oltre il 60% di questi feriti (88) si sono avuti durante scontri scoppiati nel contesto di tre operazioni di ricerca-arresto condotte a Beit Jala (Betlemme) a seguito del presunto investimento volontario del 6 febbraio [vedi 1° paragrafo]. Il 24% [dei 138 feriti] sono stati registrati durante le proteste settimanali nel villaggio di Kafr Qaddum (Qalqiliya) ed i rimanenti in altri scontri; tra cui [quello avvenuto durante] il funerale del poliziotto ucciso nella città di Jenin [vedi 2° paragrafo]. Questi episodi portano a sei il numero di palestinesi uccisi da forze israeliane in Cisgiordania e Israele ed a 623 il numero di feriti dall’inizio del 2020.

Il 15 febbraio, nel quartiere di Al Isawiya a Gerusalemme Est, mentre stava tornando a casa da scuola, un ragazzo palestinese di 9 anni è stato colpito ad un occhio da un proiettile di gomma sparato da un poliziotto israeliano. Il ragazzo è rimasto ferito in modo grave ed ha perso l’uso dell’occhio. Al momento dell’accaduto non risulta fossero in corso scontri. Le autorità israeliane hanno annunciato l’apertura di un’indagine penale. Dalla metà del 2019, ad Al Isawiya sono in corso consistenti operazioni di polizia che, per almeno 18.000 residenti, sono causa di tensioni e disagi quotidiani.

In Cisgiordania le forze israeliane hanno effettuato 135 operazioni di ricerca-arresto, arrestando 132 palestinesi, tra cui otto minori. La maggior parte delle operazioni sono state effettuate nel Governatorato di Ramallah (34), seguito dai Governatorati di Hebron (30) e Gerusalemme (26).

È proseguito, da Gaza verso Israele, il lancio di proiettili, nonché di fasci di palloncini recanti esplosivo; sia i proiettili che i palloncini sono atterrati in aree aperte all’interno di Israele, o sono stati intercettati in aria. Nella città di Netivot, due israeliani sono rimasti feriti mentre correvano verso un rifugio. Questi episodi sono stati seguiti da attacchi aerei israeliani contro strutture militari di Gaza; non sono state segnalate vittime, ma nel Campo Profughi Beach è stata danneggiata una conduttura per lo scarico in mare dell’acqua piovana.

In almeno 53 occasioni, le forze israeliane hanno aperto il fuoco di avvertimento verso palestinesi presenti in aree [di Gaza] adiacenti alla recinzione perimetrale israeliana ed al largo della costa di Gaza [cioé, in “Aree ad Accesso Riservato”, vietate ai palestinesi]; un pescatore palestinese è rimasto ferito e due barche sono state danneggiate dalle forze navali israeliane. In tre occasioni, le forze israeliane sono entrate nella Striscia di Gaza (a Beit Lahia, al Campo di Al Maghazi e Khan Younis) ed hanno effettuato operazioni di spianatura del terreno e di scavo vicino alla recinzione perimetrale.

In Area C e Gerusalemme Est, citando la mancanza di permessi di costruzione, le autorità israeliane hanno demolito o costretto i palestinesi a demolire 24 strutture, sfollando 23 persone e causando ripercussioni su altre altre 88 [segue dettaglio]. Tredici delle strutture demolite, di cui tre precedentemente fornite come aiuto umanitario, erano situate in Area C. Tra i casi più rilevanti, due si sono verificati vicino alla città di Hebron (Al Hijra) ed a Deir Qaddis (Ramallah), dove sono state demolite tre strutture di sostentamento, due locali ad uso agricolo e due latrine. Sempre in Area C, nella città di Hebron, le autorità israeliane hanno demolito una abitazione ed una latrina fornite come assistenza umanitaria, sfollando una famiglia di sette persone. Le restanti undici strutture colpite si trovavano a Gerusalemme Est; cinque di queste sono state demolite dai proprietari, a seguito degli ordini di demolizione.

Il 6 febbraio, nella città di Jenin, per la seconda volta le autorità israeliane hanno demolito una casa per motivi “punitivi”, sfollando sette persone, tra cui due minori. La casa apparteneva alla famiglia di un palestinese, attualmente in carcere, che, nel gennaio 2018, partecipò ad un attacco in cui fu ucciso un colono israeliano. Dopo la prima demolizione, avvenuta il 23 aprile 2018, la casa era stata ricostruita.

Cinque attacchi, attribuiti a coloni israeliani, hanno provocato il ferimento di tre palestinesi e danni a proprietà palestinesi [segue dettaglio]. Il 16 febbraio, coloni israeliani armati hanno fatto irruzione nel villaggio di Ein ar Rashash (Ramallah), dove hanno aggredito e ferito tre residenti palestinesi ed hanno danneggiato la loro casa. Secondo fonti locali palestinesi, in due episodi separati, coloni israeliani hanno vandalizzato almeno 5 ettari di coltivazioni nel villaggio di Iskaka (Salfit), colpendo i mezzi di sussistenza di sette famiglie, mentre, nel villaggio di Beitillu (Ramallah), hanno vandalizzato 30 ulivi. Nei villaggi di Deir Dibwan e Beitin (entrambi a Ramallah), coloni israeliani hanno vandalizzato 15 veicoli di proprietà palestinese e due case.

Secondo fonti israeliane, a seguito di lanci di pietre e bottiglie incendiarie da parte di palestinesi contro auto percorrenti strade della Cisgiordania, tre israeliane (una ragazza e due donne) sono rimaste ferite e almeno 12 veicoli israeliani sono stati danneggiati.

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Ultimi sviluppi (successivi al periodo di riferimento)

Secondo quanto riferito, in risposta alla recente diminuzione del lancio di razzi e palloni incendiari da Gaza, il 18 febbraio le autorità israeliane hanno ampliato da 10 a 15 miglia nautiche la zona di pesca consentita [ai pescatori palestinesi] al largo della costa meridionale; hanno inoltre riattivato 500 permessi di uscita per le persone classificate come “uomini d’affari”.

Il 19 febbraio, il Comune di Gerusalemme ha annunciato che fermerà per sei mesi la demolizione di case nel quartiere di Al Isawiya, nella parte orientale di Gerusalemme. Dall’agosto 2019, ad Al Isawiya sono state demolite tredici strutture, di cui sette abitative, e per decine di altre sono in corso ordini di demolizione.

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nota 1:

I Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati ogni due settimane in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informa-zioni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati.

sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina: https://www.ochaopt.org/reports/protection-of-civilians

L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano l’edizione inglese dei Rapporti.

nota 2: Nella versione italiana non sono riprodotti i dati statistici ed i grafici. Le scritte [in corsivo tra parentesi quadre]

sono talvolta aggiunte dai traduttori per meglio esplicitare situazioni e contesti che gli estensori dei Rapporti

a volte sottintendono, considerandoli già noti ai lettori abituali. Il neretto è di OCHAoPt.

nota 3: In caso di discrepanze (tra il testo dei Report e la traduzione italiana), fa testo il Report originale in lingua inglese.

Associazione per la pace – Via S. Allende, 5 – 10098 Rivoli TO; e-mail: assopacerivoli@yahoo.it




Rapporto OCHA del periodo 24 dicembre 2019 – 6 gennaio 2020

A Gaza, il 27 dicembre si è tenuta l’ultima dimostrazione (del 2019) della “Grande Marcia del Ritorno” (GMR), registrando il minor numero di partecipanti e di feriti da quando, il 30 marzo 2018, la GMR è iniziata.

Secondo il Ministero della Salute palestinese a Gaza, sono rimasti feriti 50 palestinesi, tra cui 26 minori; 39 dei feriti sono stati ricoverati in ospedale. Fonti israeliane hanno riferito che, in alcune occasioni, manifestanti si sono avvicinati alla recinzione ed hanno lanciato ordigni esplosivi e bottiglie incendiarie contro le forze israeliane, senza provocare feriti. Nel corso del 2019, durante le proteste collegate alla GMR, le forze israeliane hanno ucciso 33 palestinesi, ferendone 11.523. Il totale di morti, dall’inizio delle manifestazioni, ammonta a 212, mentre i feriti sono stati 36.134.

Il 26 dicembre, il Comitato organizzatore della GMR ha annunciato che le manifestazioni settimanali si concluderanno il 30 marzo 2020, in corrispondenza del secondo anniversario delle proteste; dopo tale data proseguiranno con cadenza circa mensile e in ricorrenze particolari.

Un razzo, lanciato da Gaza verso Israele, e attacchi aerei israeliani su Gaza non hanno provocato vittime, né palestinesi né israeliane. Secondo fonti israeliane, il razzo, lanciato da Gaza il 25 dicembre, è stato intercettato in aria. A seguito di questo episodio, Israele ha effettuato una serie di attacchi aerei contro strutture militari a Gaza, secondo quanto riferito, appartenenti ad Hamas.

In almeno 15 occasioni, forze israeliane hanno aperto il fuoco in aree prossime [interne] alla recinzione perimetrale di Gaza e al largo della costa di Gaza; non sono stati segnalati feriti. Gli israeliani hanno effettuato cinque incursioni [nella Striscia] e operazioni di spianatura del terreno vicino alla recinzione perimetrale, nelle aree di Beit Hanoun, Beit Lahiya, Khan Younis e Rafah.

In Cisgiordania, durante numerosi scontri, sono stati feriti da forze israeliane 24 palestinesi, tra cui almeno due minori [segue dettaglio]. Di questi feriti, 13 si sono avuti nella città di Nablus e nel villaggio di Halhul (Hebron), durante scontri innescati dall’ingresso di gruppi di israeliani in visita a siti religiosi, accompagnati da soldati. Altri tre palestinesi sono rimasti feriti nel villaggio di Al Mughayyir (Ramallah), durante una protesta contro la violenza dei coloni e l’espansione degli insediamenti. Sei degli altri feriti sono stati registrati durante scontri verificatisi nella Città Vecchia di Gerusalemme, nel villaggio di Beit Ummar (Hebron) e vicino al checkpoint di Beit El / DCO (Ramallah). Nel 2019, durante proteste e scontri in Cisgiordania, le forze israeliane hanno ucciso 15 palestinesi e ne hanno feriti 3.162 (104 colpiti con armi da fuoco).

Le forze israeliane hanno sparato e ferito, e successivamente arrestato, un ragazzo palestinese di 17 anni; a quanto riferito, aveva brandito un coltello quando i soldati gli si erano avvicinati. Non sono stati riportati ferimenti di israeliani. L’episodio è avvenuto il 2 gennaio, vicino all’area dell’insediamento colonico di Gush Etzion (Betlemme).

In tutta la Cisgiordania, le forze israeliane hanno effettuato 117 operazioni di ricerca-arresto ed hanno arrestato 140 palestinesi, tra cui dieci minori. La maggior parte delle operazioni è avvenuta nel governatorato di Hebron (35 operazioni), seguita dai governatorati di Gerusalemme (29) e Ramallah (14).

Il 28 dicembre, l’esercito israeliano ha interdetto ai veicoli, per cinque giorni, l’ingresso principale al Campo profughi di Al Fawwar (Hebron). La chiusura è conseguita a scontri con residenti, verificatisi nelle vicinanze del Campo. Di conseguenza, per circa 20.000 residenti del Campo e dei villaggi vicini è stato reso problematico l’accesso ai servizi e ai mezzi di sussistenza.

In Area C e Gerusalemme Est, citando la mancanza di permessi di costruzione rilasciati da Israele, le autorità israeliane hanno demolito o sequestrato otto strutture, sfollando 26 persone e creando ripercussioni su altre 29. Cinque di queste strutture, di cui tre precedentemente fornite come assistenza umanitaria, sono state demolite o sequestrate in due Comunità di pastori situate in aree chiuse dalle autorità israeliane e destinate all’addestramento militare e ad “esercitazioni a fuoco”. Le altre tre strutture erano situate a Gerusalemme Est. Nel 2019, in Cisgiordania, sono state demolite o sequestrate 621 strutture palestinesi, la maggior parte per mancanza di permessi [edilizi israeliani], sfollando 914 palestinesi. Rispetto al 2018, questi numeri rappresentano rispettivamente un aumento del 35% (delle demolizioni o sequestri) e del 95% (delle persone sfollate).

Il 2 gennaio, nell’area di Massafer Yatta, nel sud di Hebron, le autorità israeliane hanno sequestrato un veicolo 4×4 utilizzato per il trasporto di personale medico e di attrezzature (presidio sanitario mobile). L’equipaggio del veicolo è stato trattenuto per alcune ore. Senza questo presidio mobile, i residenti sono costretti a percorrere lunghe distanze per accedere ai servizi di assistenza sanitaria di base. I motivi del sequestro del veicolo, fornito dal Ministero della Salute palestinese, rimangono poco chiari. Massafer Yatta è designata [da Israele] “zona per esercitazioni a fuoco” ed i suoi 1.300 residenti rischiano il trasferimento forzato.

Il 1° gennaio, nel villaggio di Al Jaba (Betlemme), le autorità israeliane hanno sradicato 147 ulivi, colpendo mezzi di sostentamento di otto famiglie palestinesi. Secondo le autorità israeliane, gli alberi, che avevano 25-30 anni, si trovavano in un’area designata [da Israele] “terra di stato”. Una delle famiglie colpite ha riferito che è ancora pendente una “opposizione allo sradicamento” presentata all’Amministrazione civile israeliana.

Il 5 gennaio, nella zona H2 della città di Hebron, controllata da Israele, coloni israeliani hanno fatto irruzione in una casa palestinese, dove hanno aggredito fisicamente e ferito un ragazzo palestinese di 17 anni. La casa (un appartamento) si trova in un edificio che è stato rilevato da coloni nel 2017. L’unica famiglia palestinese rimasta nell’edificio ha riferito di continue molestie.

Secondo fonti israeliane, su strade della Cisgiordania, una ragazza e un uomo israeliani sono rimasti feriti e almeno otto veicoli israeliani sono stati danneggiati da pietre e, in un caso, da una bottiglia incendiaria, lanciati da palestinesi. Secondo quanto riferito, l’episodio che ha provocato i due ferimenti, è avvenuto il 6 gennaio vicino al villaggio di Azzun (Qalqiliya).

nota 1:

I Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati ogni due settimane in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informa-zioni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati.

sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina: https://www.ochaopt.org/reports/protection-of-civilians

L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano l’edizione inglese dei Rapporti.

nota 2: Nella versione italiana non sono riprodotti i dati statistici ed i grafici. Le scritte [in corsivo tra parentesi quadre]

sono talvolta aggiunte dai traduttori per meglio esplicitare situazioni e contesti che gli estensori dei Rapporti

a volte sottintendono, considerandoli già noti ai lettori abituali. Il neretto è di OCHAoPt.

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Rapporto OCHA del periodo 9 – 22 aprile 2019 (due settimane)

Nella Striscia di Gaza, il 12 aprile, nei pressi della recinzione israeliana che delimita la Striscia, un 15enne è stato ucciso e circa 450 altri palestinesi sono stati feriti nel corso delle proteste tenute nel contesto delle manifestazioni per la “Grande Marcia di Ritorno”.

Secondo fonti mediche palestinesi, di tutti i palestinesi feriti nel corso delle proteste svolte durante il periodo di riferimento, 200 hanno richiesto un ricovero ospedaliero; 71 di questi presentavano ferite da armi da fuoco.

In aree [di terraferma] adiacenti alla recinzione perimetrale [lato interno della Striscia] e [di mare], al largo della costa di Gaza, le forze israeliane, per far rispettare le restrizioni di accesso [imposte ai palestinesi], hanno aperto il fuoco di avvertimento in almeno 35 occasioni non collegate a proteste, causando il ferimento di un palestinese. Un minore palestinese è morto per le ferite riportate il 4 aprile; secondo quanto riferito, era stato colpito durante il tentativo di infiltrarsi in Israele. In circostanze diverse, le forze israeliane hanno arrestato nove palestinesi, tra cui due minori; secondo quanto riferito, tentavano di entrare in Israele attraverso la recinzione perimetrale. Inoltre, in un’occasione, le forze israeliane sono entrate nella Striscia, ad est di Rafah, ed hanno effettuato operazioni di spianatura del terreno e di scavo vicino alla recinzione perimetrale.

In Cisgiordania, in numerosi scontri, sono stati feriti dalle forze israeliane 405 palestinesi. Sale quindi a oltre 1.400 il numero di palestinesi feriti dall’inizio dell’anno. In un episodio rilevante verificatosi il 9 aprile durante scontri nella zona di Hebron controllata da Israele (H2), le forze israeliane hanno sparato numerose bombolette lacrimogene all’interno di un complesso scolastico maschile. Come conseguenza, 350 palestinesi [dei 405 riportati sopra], prevalentemente studenti, hanno avuto bisogno di trattamento medico per inalazione di gas. Il 18 aprile, durante scontri con forze israeliane verificatisi nel Campo profughi di Qalandiya (Gerusalemme), una scuola femminile dell’UNRWA [Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi] è stata evacuata a causa delle bombolette di gas lacrimogeno cadute all’interno del complesso. Altri 13 palestinesi sono rimasti feriti nelle operazioni di ricerca-arresto condotte dall’esercito israeliano in Al ‘Eizariya ed Hizma a Gerusalemme, ed in An Nabi Saleh e Al Mazra’a al Qibliya a Ramallah. Complessivamente sono state condotte 170 operazioni di ricerca-arresto, durante le quali sono stati arrestati 155 palestinesi. Altri cinque palestinesi sono rimasti feriti nei villaggi di Kafr Qaddum (Qalqiliya) e di Ni’lin (Ramallah) nel corso delle proteste settimanali contro l’espansione degli insediamenti.

La maggior parte delle rimanenti lesioni (evidenziate nel prosieguo del rapporto) sono state prodotte nel corso di scontri che hanno visto il protagonismo di coloni.Complessivamente, quasi il 90% delle lesioni registrate nel periodo di riferimento sono state causate da inalazione di gas lacrimogeno richiedenti cure mediche, il 4% da proiettili di gomma, il 2% da aggressioni fisiche e l’1% da armi da fuoco.

Coloni israeliani hanno effettuato 12 aggressioni che hanno causato il ferimento di 23 palestinesi e danni a proprietà palestinesi [segue dettaglio]. In due distinti episodi verificatisi il 13 e il 18 aprile nella zona H2 della città di Hebron,  coloni hanno attaccato, con spray al peperoncino, quattro palestinesi, di cui due donne. Altri 19 palestinesi sono stati feriti da coloni (o da soldati che li accompagnavano) in scontri conseguenti all’ingresso di coloni in villaggi palestinesi; due di tali villaggi si trovano nel Governatorato di Ramallah (Turmus’ayya e Al Mazra’a al Qibliya) e due nel Governatorato di Nablus (Urif e Burin). Inoltre, coloni israeliani hanno vandalizzato quattro trattori nel villaggio di Qaryut (Nablus) e 23 auto in ‘Ein Yabrud (Ramallah); in quest’ultima località hanno anche spruzzato scritte sui muri di tre case. Ad ‘Asira al Qibliya (Nablus), nel tentativo di appropriarsene, coloni hanno recintato circa 50.000 m2 di terra attigua all’insediamento colonico di Yitzhar, ma di proprietà palestinese. Vicino all’insediamento-avamposto [cioé, non legalizzato da Israele] di Adei Ad (Ramallah), palestinesi hanno riferito che, in un’area il cui accesso richiede un preventivo accordo con le autorità israeliane, sono stati vandalizzati 55 ulivi.

In occasione delle festività pasquali, per facilitare l’ingresso dei coloni ad un sito archeologico interno al villaggio palestinese di Sabastiya (Nablus), dal 21 aprile, i soldati israeliani hanno chiuso una strada ed hanno preso il controllo dei tetti vicini come punti di osservazione; in conseguenza di ciò, i residenti sono costretti ad utilizzare strade alternative. Inoltre, durante il periodo di riferimento, vicino al villaggio di Tuqu’ (Betlemme), un palestinese è morto, a quanto riferito, dopo essere stato investito da un veicolo guidato da un colono (non incluso nel totale riportato sopra).

28 strutture di proprietà palestinese sono state demolite, sfollando 33 persone e colpendo i mezzi di sostentamento di altre 100; tutte le proprietà, tranne tre, sono state demolite per mancanza di permessi di costruzione rilasciati da Israele [segue dettaglio]. Dieci delle strutture erano situate in cinque Comunità dell’Area C; 15, tra cui sette abitazioni, si trovavano in diverse località a Gerusalemme Est. Sempre a Gerusalemme Est, una stalla per cavalli e un magazzino sono stati demoliti nel quartiere Silwan di Wadi Yasul; in questo caso la Corte distrettuale israeliana aveva respinto tre appelli presentati da residenti palestinesi che contestavano gli ordini di demolizione. Le altre demolizioni avvenute nel periodo di riferimento sono state eseguite per motivi “punitivi”: di queste, due appartamenti si trovavano nella zona A della città di Hebron ed appartenevano alla famiglia di un palestinese accusato di aver ucciso un colono israeliano il 7 febbraio. L’altra era una abitazione in zona B, nel villaggio di Kobar (Ramallah), appartenuta ad un palestinese accusato di aver perpetrato un attacco che, nei pressi dell’insediamento di Ofra (Ramallah), provocò la morte di un bambino e il ferimento di altri sette coloni israeliani; successivamente, il 12 dicembre, l’uomo fu ucciso dalle forze israeliane. Le demolizioni a Silwan e Kobar [di cui sopra] hanno innescato scontri con le forze israeliane, durante i quali due palestinesi sono rimasti feriti. Inoltre, il 15 aprile, le forze israeliane hanno confiscato un camion che trasportava materiale per un progetto idrico da realizzare nell’area di Tubas e finanziato da donatori.

Il 10 aprile, un colono che transitava vicino al villaggio di Tuqu’, in Hebron, è rimasto ferito nel suo veicolo, colpito da un martello lanciato da un palestinese. Secondo resoconti di media israeliani, tra il 20 e il 22 aprile, palestinesi hanno lanciato pietre contro veicoli israeliani che viaggiavano sulla strada 443, nell’area di Ramallah, e sulla strada 60, nelle aree di Hebron e Betlemme, causando danni ad almeno quattro veicoli.

Durante il periodo di riferimento, il valico di Rafah tra Gaza e l’Egitto (controllato dall’Egitto) è stato aperto per cinque giorni in entrambe le direzioni e quattro giorni in una direzione. Un totale di 3.387 persone, tra cui 1.510 pellegrini, sono entrati a Gaza; 3.244, tra cui 1.577 pellegrini, ne sono usciti.

nota 1:

I Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati ogni due settimane in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informa-zioni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati.

sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina: https://www.ochaopt.org/reports/protection-of-civilians

L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano (vedi di seguito) l’edizione inglese dei Rapporti.

nota 2: Nella versione italiana non sono riprodotti i dati statistici ed i grafici. Le scritte [in corsivo tra parentesi quadre]

sono talvolta aggiunte dai traduttori per meglio esplicitare situazioni e contesti che gli estensori dei Rapporti

a volte sottintendono, considerandoli già noti ai lettori abituali.

nota 3: In caso di discrepanze (tra il testo dei Report e la traduzione italiana), fa testo il Report originale in lingua inglese.

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Rapporto OCHA del periodo 25 settembre- 8 ottobre 2018 (due settimane)

Durante le manifestazioni e gli scontri del venerdì che hanno avuto luogo vicino alla recinzione israeliana [che circonda Gaza] nel contesto della “Grande Marcia di Ritorno”, dieci palestinesi, tra cui tre minori, sono stati uccisi dalle forze israeliane e altri 882 sono stati feriti.

Venerdì 28 settembre ha registrato, dal 14 maggio 2018, il più alto numero di morti in un solo giorno (sette). Tali fatti hanno indotto Jamie McGoldrick, Coordinatore Umanitario per i Territori palestinesi occupati (oPt), ad intervenire sollecitando “Israele, Hamas e tutti gli altri attori capaci di incidere sulla situazione ad agire ora per prevenire ulteriori deterioramenti e perdite di vite umane”. Due dei minori uccisi, di 11 e 15 anni, sono stati colpiti alla testa e al petto con armi da fuoco; sale così a 39 il numero di minori uccisi a Gaza dal 30 marzo, data di inizio delle proteste. Tra le persone ferite il 28 settembre e il 5 ottobre, 402 sono state ricoverate: tra essi 216 (53%) sono state colpite con armi da fuoco, mentre, secondo il Ministero della Sanità di Gaza, i rimanenti [480] sono stati curati sul campo. Secondo fonti israeliane, durante le proteste sono stati lanciati numerosi ordigni esplosivi contro le forze israeliane, nessuno dei quali ha provocato feriti tra gli israeliani.

In aggiunta a quanto sopra, durante il periodo di riferimento, in altre azioni che si svolgono quasi quotidianamente nel contesto della “Grande Marcia di Ritorno”, un minore palestinese è stato ucciso e 189 sono rimasti feriti in scontri con le forze israeliane. Queste azioni contemplano l’uso di fuochi d’artificio, di altoparlanti, di bombe sonore e l’incendio di pneumatici durante i raduni notturni presso la recinzione; proteste vicino al valico di Erez; tentativi di rompere il blocco navale e, nel nord della Striscia, manifestazioni sulla spiaggia vicino al confine con Israele. Fonti israeliane hanno anche riportato un significativo aumento del lancio di aquiloni e palloncini incendiari verso Israele, che avrebbero provocato decine di incendi con limitati danni materiali e nessuna vittima israeliana. Le forze israeliane hanno condotto diversi attacchi aerei, alcuni dei quali avevano come obiettivo persone che, vicino alla recinzione perimetrale, lanciavano ordigni esplosivi o incendiari.

Il 2 ottobre, a Gaza, nel Campo Profughi di Al Maghazi, un palestinese di 74 anni è stato colpito e ferito dalle forze israeliane; poco dopo è morto. Le circostanze dell’episodio non sono chiare: secondo Organizzazioni palestinesi per i Diritti Umani, l’uomo è stato colpito mentre era in piedi vicino a casa sua, a circa 2.000 metri dalla recinzione perimetrale, in un momento in cui non erano in corso manifestazioni o scontri.

Il 7 ottobre le autorità israeliane hanno ridotto da 9 a 6 miglia nautiche [1 miglio nautico internazionale = 1.852 metri], la zona di pesca consentita lungo la costa meridionale di Gaza. Secondo fonti israeliane, le restrizioni sono state imposte in risposta a quanto avviene lungo la recinzione perimetrale. La misura ha un impatto diretto su circa 50.000 palestinesi che dalla pesca ricavano i loro mezzi di sostentamento.

Nelle Aree ad Accesso Riservato (ARA) sia di terra che di mare al largo della costa di Gaza, in almeno altre otto occasioni al di fuori del contesto della “Grande Marcia di Ritorno”, le forze israeliane hanno aperto il fuoco, ferendo un pescatore e arrestandone altri due. In sette occasioni, le forze israeliane sono entrate nella Striscia di Gaza e hanno effettuato operazioni di spianatura del terreno e di scavo in prossimità della recinzione perimetrale.

Il 7 ottobre nella zona industriale dell’insediamento di Barkan (Salfit) nella Cisgiordania settentrionale, in una aggressione con arma da fuoco, un palestinese ha ucciso un uomo e una donna israeliani e ferito un’altra donna israeliana. L’uomo – che, a quanto riferito, proveniva dalla città di Tulkarm e lavorava nell’insediamento – è riuscito a fuggire incolume dal luogo dell’aggressione. Dall’inizio del 2018, in Cisgiordania, nove israeliani sono stati uccisi da palestinesi. In seguito all’aggressione, le forze israeliane hanno perquisito la casa di famiglia dell’attentatore ed eseguito rilevamenti, secondo quanto riferito, in previsione della sua demolizione punitiva; la madre e due sorelle dell’aggressore sono state arrestate. Le forze israeliane sono state dispiegate presso tutti gli ingressi della città di Tulkarm, interrompendo l’accesso e l’uscita dalla città.

Sempre in Cisgiordania, in numerosi scontri, 122 palestinesi, tra cui 36 minori, sono stati feriti dalle forze israeliane. Trentasei dei ferimenti si sono verificati durante le numerose manifestazioni tenutesi il 1° ottobre in tutta la Cisgiordania nel contesto di uno sciopero di un giorno in segno di protesta contro l’approvazione, da parte del Parlamento israeliano, lo scorso luglio, della “Legge fondamentale” che elegge Israele quale “Nazione-Stato del Popolo Ebraico”. Lo sciopero intendeva anche manifestare la solidarietà con la Comunità palestinese beduina di Khan al Ahmar, che è a rischio imminente di demolizione di massa. Altre undici persone sono rimaste ferite durante le seguenti manifestazioni settimanali: a Ras Karkar (Ramallah), contro la costruzione, su terra privata palestinese, di una nuova strada per i coloni; in Kafr Qaddum (Qalqiliya) contro l’espansione degli insediamenti e le restrizioni all’accesso; in Bil’in e Ni’lin (entrambi a Ramallah) contro la Barriera e l’espansione degli insediamenti. Altri 26 feriti si sono avuti in scontri scoppiati in sei operazioni di ricerca-arresto. Nel complesso, le forze israeliane hanno condotto 131 di queste operazioni, arrestando oltre 132 palestinesi, tra cui 16 minori. Altri 15 palestinesi sono rimasti feriti negli scontri con forze israeliane, seguiti all’ingresso di israeliani in un sito religioso nella città di Nablus.

In Area C e Gerusalemme Est, a causa della mancanza di permessi di costruzione rilasciati da Israele, le autorità israeliane hanno demolito o ordinato di autodemolire quattro strutture di proprietà palestinese colpendo i mezzi di sostentamento di 26 persone. Due delle strutture, inclusa una fornita da associazioni umanitarie in risposta a una precedente demolizione, erano situate nell’area di Massafer Yatta del Governatorato di Hebron, in un’area designata [da Israele] come “zona per esercitazioni militari a fuoco”; in quest’area 1.300 residenti rischiano il trasferimento forzato. Un’altra struttura era in un’area della città di Hizma, situata all’interno del confine municipale di Gerusalemme, ma separata dalla Barriera dal resto della città. Inoltre, nel quartiere di Beit Hanina a Gerusalemme Est, una famiglia palestinese è stata costretta ad autodistruggere un ampliamento della loro casa, colpendo il sostentamento di otto persone.

L’8 ottobre, a Khan al Ahmar – Abu al Helu, le autorità israeliane hanno rinnovato gli ordini di requisizione dei terreni che saranno utilizzati dalle forze israeliane durante la demolizione della Comunità. Lo stesso giorno, le autorità israeliane hanno completato il drenaggio di una pericolosa pozza di liquami che, dalla fine di settembre, si era accumulata nell’area della Comunità: era stata originata dalla fuoriuscita di liquami da una condotta fognaria dell’insediamento colonico di Kfar Adumim. Il 5 settembre l’Alta Corte di Giustizia Israeliana ha respinto tutte le petizioni relative alla sua sentenza del 24 maggio e, il 23 settembre, le autorità israeliane hanno consegnato alla Comunità una lettera in cui informavano i residenti che dovranno demolire tutti gli edifici entro il 1 ottobre; in caso contrario saranno le autorità ad effettuare le demolizioni, in linea con la decisione del tribunale. Nella lettera, Israele ha anche promesso di fornire assistenza, compreso il trasporto nel sito di trasferimento, a coloro che avranno rispettato l’ordine.

La stagione della raccolta delle olive, ufficialmente iniziata all’inizio di ottobre, in varie aree è stata resa problematica dalla violenza dei coloni; in particolare vi è stata l’aggressione fisica e il ferimento di due contadini, danni a 190 alberi, il furto di raccolti. Cinque casi sono stati registrati a Turmus’ayya (Ramallah), Burin, Haris e Al Lubban ash Sharqiya (tutti a Nablus); tutte aree vicine agli insediamenti colonici, per le quali l’accesso palestinese è soggetto all’approvazione dell’esercito israeliano. In un altro episodio, coloni israeliani hanno aggredito e ferito un palestinese nella città vecchia di Gerusalemme. Durante il periodo di riferimento, almeno due episodi di lancio di pietre da parte di coloni israeliani hanno causato danni a veicoli di proprietà palestinese. La violenza dei coloni è in aumento dall’inizio del 2018, con una media settimanale di cinque attacchi recanti lesioni fisiche o danni alle proprietà, rispetto a una media di tre nel 2017 e due nel 2016.

Secondo i media israeliani, a Ramallah, Betlemme, Hebron, Gerusalemme e Salfit, quattordici veicoli israeliani sono stati danneggiati dal lancio di pietre da parte di palestinesi.

Il valico di Rafah tra Gaza e l’Egitto, sotto controllo egiziano, ha aperto in entrambe le direzioni per nove giorni, e in una direzione (verso Gaza) per due giorni. Un totale di 1.178 persone sono state autorizzate ad entrare in Gaza ed altre 3.166 persone ne sono uscite.

nota 1:

I Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati ogni due settimane in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informa-zioni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati.

sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina: https://www.ochaopt.org/reports/protection-of-civilians

L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano (vedi di seguito) l’edizione inglese dei Rapporti.

la versione in italiano è scaricabile dal sito Web della Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, alla pagina:

https://sites.google.com/site/assopacerivoli/materiali/rapporti-onu/rapporti-settimanali-integrali

nota 2: Nella versione italiana non sono riprodotti i dati statistici ed i grafici. Le scritte [in corsivo tra parentesi quadre]

sono talvolta aggiunte dai traduttori per meglio esplicitare situazioni e contesti che gli estensori dei Rapporti

a volte sottintendono, considerandoli già noti ai lettori abituali.

nota 3: In caso di discrepanze (tra il testo dei Report e la traduzione italiana), fa testo il Report originale in lingua inglese.

Associazione per la pace – Via S. Allende, 5 – 10098 Rivoli TO; e-mail: assopacerivoli@yahoo.it




Rapporto OCHA del periodo 28 agosto – 10 settembre 2018( due settimane)

Lungo la recinzione israeliana che circonda Gaza, le manifestazioni e gli scontri del venerdì sono continuati, provocando, ad opera delle forze israeliane, la morte di tre palestinesi, tra cui due minori, e il ferimento di altri 666.

Durante le manifestazioni che si sono svolte il 7 settembre, ad est di Rafah, in due occasioni, le forze israeliane hanno colpito con armi da fuoco due ragazzi di 16 anni che si trovavano in prossimità della recinzione, uccidendo uno di loro e ferendo gravemente l’altro; per le ferite riportate, anche quest’ultimo è deceduto il giorno successivo. Dalle prime indagini e riprese video pare che nessuno dei ragazzi fosse armato o minacciasse la vita delle forze israeliane. Dal 30 marzo 2018, sono stati uccisi dalle forze israeliane 31 minori, in prevalenza nel corso di manifestazioni. Tra le persone ferite durante il periodo di riferimento, 260 sono state ricoverate in ospedale, 172 di esse erano state colpite con armi da fuoco; le rimanenti persone ferite sono state assistite sul campo. Non sono state segnalate vittime israeliane.

Altri 50 palestinesi sono stati feriti dalle forze israeliane durante due tentativi attuati da decine di imbarcazioni salpate da Gaza con l’intento di forzare il blocco navale israeliano. Le partenze, che si sono svolte il 2 e il 10 settembre, facevano parte delle dimostrazioni della Grande Marcia del Ritorno. Le barche sono state fermate dalla marina israeliana che ha aperto il fuoco verso di esse ed ha lanciato lacrimogeni.

Sempre il 7 settembre, alle stessa ora delle dimostrazioni del venerdì, a nord di Gaza, l’aviazione israeliana ha sparato contro un gruppo di palestinesi e contro una postazione di osservazione militare, senza provocare vittime. Il primo attacco era diretto contro persone che cercavano di lanciare palloncini incendiari verso Israele; il secondo, secondo fonti israeliane, era in risposta all’incendio di una torretta militare israeliana mediante un aquilone incendiario.

Per costringere [i palestinesi] al rispetto delle restrizioni di accesso alle Aree Riservate, sia di terra [la fascia interna alla recinzione] che di mare [lungo la costa di Gaza] imposte da Israele, sono stati registrati almeno 15 episodi in cui le forze israeliane hanno aperto il fuoco, costringendo agricoltori e pescatori a lasciare le aree. Inoltre, secondo fonti palestinesi, cinque pescatori sono stati costretti a togliersi i vestiti e a nuotare verso le imbarcazioni militari israeliane, dove sono stati arrestati, mentre la loro imbarcazione veniva sequestrata. Inoltre, in un caso, le forze israeliane sono entrate nella Striscia di Gaza ed hanno effettuato operazioni di spianatura del terreno e di scavo vicino al recinto perimetrale, a est della città di Gaza. In tre diversi episodi, le forze israeliane hanno arrestato nove persone, tra cui due minori, che erano vicine alla recinzione perimetrale; quattro di loro sono poi state rilasciate.

Il 3 settembre, nell’area H2 di Hebron, controllata dagli israeliani, le forze israeliane hanno sparato e ucciso un palestinese di 36 anni: a quanto riferito, avrebbe tentato di pugnalare un soldato israeliano; non sono stati segnalati israeliani feriti. L’episodio è avvenuto all’ingresso del complesso colonico di Giv’at Ha’Avot. Il corpo del presunto aggressore è stato trattenuto dalle Autorità israeliane, insieme ai corpi di almeno altri quindici palestinesi uccisi in circostanze simili nei mesi precedenti.

In Cisgiordania, in diversi episodi, 130 palestinesi (tra cui 37 minori) sono stati feriti dalle forze israeliane. Dei 130 ferimenti, 32 (di cui 8 di minori) sono avvenuti durante scontri con forze israeliane conseguenti all’ingresso di israeliani in luoghi religiosi che si trovano all’interno di città palestinesi. Altri 27 feriti sono stati registrati durante due manifestazioni nel governatorato di Ramallah: a Bil’in, durante la consueta protesta settimanale contro la Barriera e l’espansione degli insediamenti; a Ras Karkar, contro la costruzione, su proprietà privata palestinese, di una nuova strada destinata ai coloni. Inoltre, nella zona H2 della città di Hebron, le forze israeliane hanno aggredito fisicamente e ferito quattro insegnanti ed hanno sparato lacrimogeni nel cortile di un complesso scolastico, ferendo 20 minori; per più di 300 studenti le lezioni sono state sospese per il resto della giornata. Secondo fonti israeliane, l’accaduto ha fatto seguito al lancio di pietre, provenienti dal complesso scolastico, contro forze israeliane di pattuglia vicino alla scuola. Altri 19 palestinesi sono stati feriti durante scontri seguiti a sette operazioni di ricerca; complessivamente, le forze israeliane hanno condotto 140 operazioni di ricerca-arresto ed hanno arrestato 205 palestinesi, tra cui dodici minori.

In Zona C e Gerusalemme Est, citando la mancanza dei permessi edilizi israeliani, le autorità israeliane hanno demolito o sequestrato 25 strutture di proprietà palestinese, provocando lo sfollamento di 47 persone, tra cui 23 minori, e colpendo i mezzi di sostentamento di altre 108 persone. Diciassette delle strutture prese di mira erano nell’Area C: i due episodi più rilevanti sono stati registrati nella Comunità beduina di Deir al Qilt (Gerico), situata in un’area designata [da Israele] come “zona per esercitazioni a fuoco”, e nel villaggio di Barta’a ash Sharqiya (Jenin), una città separata dal resto della Cisgiordania dalla Barriera. Le altre otto strutture erano a Gerusalemme Est, cinque delle quali in un’area del villaggio di Al Walaja situata all’interno del comune di Gerusalemme, ma separate dal resto della Città dalla Barriera. Due dei casi di demolizione segnalati, tra cui quello di Al Walaja, hanno provocato scontri con forze israeliane: venti palestinesi sono stati feriti.

Il 5 settembre, l’Alta Corte di Giustizia Israeliana ha respinto tutte le petizioni relative alla sua sentenza del 24 maggio [vedere bollettino 223], che autorizzava la demolizione dell’intera Comunità beduina palestinese di Khan al Ahmar-Abu al-Helu, situata nell’Area C del governatorato di Gerusalemme. Una precedente ordinanza, contraria alle demolizioni, è scaduta il 12 settembre, lasciando la Comunità, che ospita 35 famiglie comprendenti 188 persone, più della metà delle quali minori, a rischio demolizione di massa e trasferimento forzato. Le Nazioni Unite avevano in precedenza chiesto alle Autorità israeliane di rinunciare ai piani di demolizione e di trasferimento della Comunità, in quanto tali provvedimenti sarebbero stati in contrasto con le norme del Diritto internazionale.

Il 4 agosto, nella parte settentrionale della Valle del Giordano, per consentire addestramenti militari israeliani, in due distinti episodi, le forze israeliane hanno spostato, per 17 ore, cinque famiglie palestinesi di due Comunità di pastori. Entrambe le Comunità si trovano in aree designate come “zone per esercitazioni a fuoco”. Insieme alle demolizioni ed alle restrizioni di accesso, questa pratica contribuisce ad accrescere la pressione su queste Comunità, esponendone i residenti ad un elevato rischio di trasferimento forzato.

Undici attacchi da parte di coloni ed altri israeliani hanno provocato sei feriti e danni a proprietà palestinesi. Il 1° settembre, vicino all’incrocio di Yitzhar (Nablus), coloni israeliani hanno lanciato pietre contro veicoli palestinesi, ferendo quattro palestinesi, tra cui un bambino di cinque anni. In due distinti episodi accaduti nella zona H2 della città di Hebron, coloni israeliani hanno aggredito con spray al peperoncino e ferito un ragazzo palestinese 15enne che tornava a casa da scuola ed hanno anche danneggiato, con lancio di pietre, un’ambulanza in servizio. A Gerusalemme Est un palestinese autista di autobus è stato aggredito fisicamente e ferito da un gruppo di israeliani. Secondo quanto riportato, circa 90 ulivi, di proprietà palestinese, sono stati vandalizzati da parte di coloni israeliani in quattro diversi episodi avvenuti in At Tuwani (Hebron), Al Lubban ash Sharqiya e Burin (entrambi a Nablus). In altri quattro diversi episodi verificatisi ad Asira al Qibliya, Al Lubban ash Sharqiya, Madama e Beita (tutti a Nablus), coloni israeliani hanno vandalizzato veicoli e case palestinesi, anche con scritte “Questo è il prezzo”. La violenza dei coloni è in aumento dall’inizio del 2018, con una media settimanale di cinque attacchi risultanti in ferimenti o danni a proprietà, rispetto ad una media di tre nel 2017 e di due nel 2016.

In Cisgiordania, secondo fonti israeliane, in almeno quattordici occasioni, palestinesi hanno lanciato pietre contro veicoli israeliani vicino a Hebron, Betlemme e Ramallah, danneggiando almeno quattordici veicoli privati; in tre di questi episodi, vicino a Ramallah e Betlemme, tre coloni israeliani sono rimasti feriti.

In Cisgiordania, durante il periodo di riferimento, in occasione delle festività ebraiche di Capodanno, le Autorità israeliane hanno imposto una chiusura generale di quattro giorni. A tutti i detentori di documenti di identificazione della Cisgiordania, inclusi lavoratori e commercianti con permessi validi, è stato impedito di entrare a Gerusalemme Est e Israele attraverso tutti i checkpoint; hanno fatto eccezione i casi di emergenza medica, gli studenti e gli impiegati palestinesi di ONG internazionali e di Agenzie delle Nazioni Unite.

Il 5 settembre, e fino al termine del periodo di riferimento di questo Rapporto, le Autorità israeliane hanno chiuso il valico di Erez con la Striscia di Gaza, facendo transitare solo casi di emergenza per due giorni. Secondo quanto riferito, la chiusura è stata imposta per riparare i danni alle infrastrutture causati dai palestinesi durante le manifestazioni del venerdì e, a seguire, per le festività ebraiche.

Il valico di Rafah tra Gaza e l’Egitto, sotto controllo egiziano, ha aperto in entrambe le direzioni per sette giorni e per altri cinque giorni in una sola direzione (verso Gaza). Hanno potuto entrare in Gaza 6.307 persone (inclusi 3.229 pellegrini di ritorno dalla Mecca) e ne sono uscite 2.695.

nota 1:

I Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati ogni due settimane in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informa-zioni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati.

sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina: https://www.ochaopt.org/reports/protection-of-civilians

L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano (vedi di seguito) l’edizione inglese dei Rapporti.

la versione in italiano è scaricabile dal sito Web della Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, alla pagina:

https://sites.google.com/site/assopacerivoli/materiali/rapporti-onu/rapporti-settimanali-integrali

nota 2: Nella versione italiana non sono riprodotti i dati statistici ed i grafici. Le scritte [in corsivo tra parentesi quadre]

sono talvolta aggiunte dai traduttori per meglio esplicitare situazioni e contesti che gli estensori dei Rapporti

a volte sottintendono, considerandoli già noti ai lettori abituali.

nota 3: In caso di discrepanze (tra il testo dei Report e la traduzione italiana), fa testo il Report originale in lingua inglese.

Associazione per la pace – Via S. Allende, 5 – 10098 Rivoli TO; e-mail: assopacerivoli@yahoo.it

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