Israele arresta quasi tanti palestinesi quanti ne ha rilasciati durante la tregua

Zena Al Tahhan

28 novembre – Al Jazeera

Nei primi quattro giorni dello scambio di prigionieri tra Israele e Hamas, Israele ha rilasciato 150 palestinesi e ne ha arrestati 133

Ramallah, Cisgiordania occupata – Mentre si svolgeva lo scambio di prigionieri con Hamas, il gruppo armato con sede a Gaza, Israele ha continuato ad arrestare decine di palestinesi nella Cisgiordania occupata e a Gerusalemme est.

Nei primi quattro giorni della tregua tra Israele e Hamas, iniziata venerdì, Israele ha rilasciato 150 prigionieri palestinesi – 117 minori e 33 donne.

Hamas ha rilasciato 69 prigionieri: 51 israeliani e 18 persone di altre nazionalità.

Negli stessi quattro giorni, secondo le associazioni dei prigionieri palestinesi, Israele ha arrestato almeno 133 palestinesi a Gerusalemme Est e in Cisgiordania.

Finché ci sarà occupazione, gli arresti non si fermeranno. La gente deve capirlo perché questa è una politica fondamentale dell’occupazione contro i palestinesi per schiacciare qualsiasi tipo di resistenza”, dice ad Al Jazeera Amany Sarahneh, portavoce della Associazione dei Prigionieri Palestinesi.

“E’ una pratica quotidiana, non solo dopo il 7 ottobre”, aggiunge. “Ci aspettavamo che durante questi quattro giorni arrestassero più persone”.

La tregua mediata dal Qatar è arrivata dopo 51 giorni di incessanti bombardamenti israeliani sulla Striscia di Gaza assediata, iniziati il 7 ottobre, il giorno in cui Hamas ha lanciato un attacco a sorpresa sul territorio israeliano uccidendo circa 1.200 persone.

Da allora Israele ha ucciso più di 15.000 palestinesi nella Striscia di Gaza, la maggior parte dei quali donne e minorenni.

Lunedì la tregua, originariamente di quattro giorni, è stata prorogata di altri due, durante i quali si prevede che verranno rilasciati altri 60 palestinesi e 20 ostaggi.

Dall’occupazione militare israeliana della Cisgiordania e di Gerusalemme Est, che dura da 56 anni, le forze israeliane effettuano incursioni notturne nelle case palestinesi arrestando da 15 a 20 persone nelle giornate “tranquille”.

Nelle prime due settimane dopo il 7 ottobre Israele ha raddoppiato il numero dei palestinesi in detenzione, passando da 5.200 a più di 10.000. Il numero include 4.000 lavoratori di Gaza che lavoravano in Israele e sono stati detenuti prima di essere successivamente riportati a Gaza.

Avvocati dei prigionieri palestinesi e gruppi di monitoraggio hanno registrato 3.290 arresti in Cisgiordania e Gerusalemme Est dal 7 ottobre. A metà novembre, Eyad Banat, 35 anni, è stato arrestato mentre trasmetteva in diretta su TikTok. Successivamente è stato rilasciato.

Nessuna garanzia con l’occupazione”

Dall’inizio della tregua le strade di Ramallah si sono riempite di persone che accolgono i prigionieri liberati.

Ma la preoccupazione per i prigionieri palestinesi non finisce dopo il loro rilascio. La maggior parte delle persone liberate in genere viene nuovamente arrestata dalle forze israeliane nei giorni, nelle settimane, nei mesi e negli anni successivi al loro rilascio.

Decine di coloro che erano stati rilasciati in uno scambio di prigionieri tra Israele e Hamas nel 2011 sono stati nuovamente arrestati e la loro pena è stata confermata.

Sarahneh afferma che non è ancora chiaro se Israele abbia fornito garanzie che non arresterà nuovamente coloro che sono stati rilasciati.

Non ci sono garanzie con l’occupazione. Queste persone rischiano di essere nuovamente arrestate in qualsiasi momento. L’occupazione riarresta sempre le persone che sono state rilasciate”, sostiene.

“La prova più evidente che queste persone potrebbero essere nuovamente arrestate è che la maggior parte delle persone ora detenute sono prigionieri già liberati”, aggiunge.

Dal 7 ottobre le condizioni dei palestinesi agli arresti o in detenzione sono gravemente peggiorate. Molti hanno denunciato pestaggi, mentre sei prigionieri palestinesi sono morti durante la custodia israeliana.

Molte delle donne e dei minori rilasciati durante la tregua hanno testimoniato degli abusi subiti nelle carceri israeliane.

Nelle ultime settimane hanno circolato anche diversi video di soldati israeliani che picchiano, calpestano, maltrattano e umiliano palestinesi detenuti che sono bendati, ammanettati e parzialmente o interamente denudati. Molti utenti dei social media hanno affermato che le scene hanno riportato alla mente le tecniche di tortura utilizzate dalle forze statunitensi nella prigione irachena di Abu Ghraib nel 2003.

Oltre ai violenti pestaggi, secondo le associazioni per i diritti, le autorità carcerarie israeliane hanno sospeso le cure mediche ai prigionieri palestinesi almeno per la prima settimana dopo il 7 ottobre, anche a quelli che sono stati picchiati. Le visite dei familiari e le visite di routine degli avvocati sono state interrotte, dicono le associazioni.

Secondo i gruppi per i diritti umani in precedenza ai prigionieri venivano concesse tre o quattro ore fuori dalle celle nel cortile, ma ora hanno meno di un’ora.

Le celle sovraffollate spesso ospitano il doppio del numero di detenuti per cui sono state costruite, molti dormono sul pavimento senza materassi, affermano.

Le autorità carcerarie israeliane hanno anche tagliato l’elettricità e l’acqua calda, condotto perquisizioni nelle celle, portato via tutti i dispositivi elettrici inclusi televisori, radio, piastre da cucina e bollitori, e chiuso la mensa, che i prigionieri usano per acquistare cibo e beni di prima necessità, come il dentifricio.

(traduzione dall’inglese di Luciana Galliano)




È iniziata la guerra di Ben-Gvir a Gerusalemme

MARIAM BARGHOUTI e YUMNA PATEL

18 febbraio 2023 Mondoweiss   

Gli eventi degli ultimi giorni a Gerusalemme dimostrano che la guerra dichiarata da Ben Gvir a Gerusalemme Est [sezione palestinese della città, ndt.] è già iniziata, con le autorità israeliane che inaspriscono il controllo sui palestinesi in tutta la città.

La scorsa settimana tre israeliani sono stati uccisi quando un palestinese di Gerusalemme est ha diretto la sua auto contro una fermata dell’autobus nell’insediamento illegale di Ramot Alon.

L’irruzione in auto a Gerusalemme è stata l’ultima di una serie di attacchi di “lupi solitari” da parte di palestinesi nella città occupata, inclusa una sparatoria nell’insediamento di Neve Yaacov che ha ucciso sette israeliani il 27 gennaio, il giorno dopo che le forze israeliane avevano sparato e ucciso 9 palestinesi nel campo profughi di Jenin.

Dopo ogni incidente la risposta del governo israeliano è stata quasi identica: immediati appelli alla punizione collettiva della famiglia del palestinese autore dell’attacco, con arresti di massa e demolizioni punitive di case. Il governo ha anche chiesto l’espulsione delle famiglie dei palestinesi accusati di aver compiuto attacchi contro israeliani e l’allentamento delle norme sulle armi per rendere più facile portare armi agli israeliani.

In seguito all’irruzione di Ramot Alon, l’ultranazionalista israeliano e parlamentare di estrema destra Itamar Ben-Gvir ha chiesto alla polizia israeliana, sulla quale ha il controllo in qualità di Ministro della Sicurezza nazionale, di “riportare l’ordine a Gerusalemme est.”

La repressione proposta da Ben-Gvir a Gerusalemme Est include la richiesta di chiudere interi quartieri, erigere posti di blocco volanti, istituire blocchi e perquisizioni per tutti i palestinesi che entrano ed escono da determinati quartieri e accelerare la demolizione di case a Gerusalemme Est.

Sebbene si sia parlato di dissidi tra Ben-Gvir e il capo della polizia israeliana Kobi Shabtai su quando e come la polizia dovrebbe agire in base ai radicali ordini di Ben-Gvir, gli eventi degli ultimi giorni a Gerusalemme hanno segnalato che, indipendentemente dal fatto se ci sia o meno un accordo a livello governativo, la guerra dichiarata da Ben-Gvir a Gerusalemme est è già in corso.

È documentato che nei quartieri cittadini la polizia israeliana e le forze di polizia di frontiera molestano e attaccano i palestinesi senza essere provocati. Sono stati documentati diversi casi di minori fermati e perquisiti mentre andavano a scuola, passanti e negozianti palestinesi attaccati da agenti di polizia e, in un caso, un palestinese a cui le forze israeliane hanno sparato arbitrariamente e indiscriminatamente mentre guidava.

Nel frattempo le forze israeliane hanno intensificato la demolizione di case palestinesi a Gerusalemme est, con il pretesto che sono prive dei permessi di costruzione rilasciati da Israele.

Persecuzione e aggressioni ai civili

Negli ultimi giorni sono apparsi numerosi rapporti che documentano le punizioni e le vessazioni collettive sulla popolazione palestinese a Gerusalemme est.

Molti degli incidenti sono avvenuti dentro e intorno all’area di Shu’fat, dopo che nel campo profughi di Shu’fat le forze israeliane hanno sparato e ferito un adolescente palestinese che avrebbe tentato di accoltellare un soldato al posto di blocco fuori dal campo. Durante il presunto tentativo di accoltellamento un ufficiale della polizia di frontiera israeliana ha sparato e ucciso un collega.

Nei giorni e ore successive all’uccisione del soldato ad opera del collega, le forze israeliane hanno imposto la chiusura totale del posto di blocco, effettuato arresti e perquisizioni casuali dei residenti e hanno fatto irruzione nel campo profughi vessando e aggredendo i palestinesi nell’area.

In un video che è diventato virale sui social media, un ragazzo palestinese viene picchiato dalla polizia di frontiera israeliana a un posto di blocco fuori dal posto di blocco militare di Shu’fat dopo che gli agenti gli avevano ordinato di spogliarsi durante una perquisizione casuale.

In altri casi documentati sui social media si vedono le forze di polizia di frontiera israeliane aggredire una donna che passa nel campo profughi di Shu’fat, aggredire minori e impedire loro di attraversare un posto di blocco militare per recarsi a scuola, e fermare e perquisire bambini e i loro zaini nella Città Vecchia di Gerusalemme Est.

In un altro caso, un palestinese è stato ferito da proiettili veri quando agenti israeliani hanno crivellato la sua auto di proiettili affermando che aveva tentato di speronarli con il suo veicolo. I media palestinesi e i testimoni oculari hanno riferito che l’uomo stava semplicemente attraversando un’area in cui i soldati stavano conducendo un raid e che gli hanno sparato senza motivo.

L’anno scorso, prima di assumere l’incarico di ministro, Ben-Gvir aveva chiesto di allentare le regole di ingaggio contro coloro che “odiano Israele”.

Aumentano le demolizioni di case e le famiglie dei detenuti sono prese di mira

Venerdì 17 febbraio sei proprietari di case palestinesi sono stati informati dei piani del comune di Gerusalemme di distruggere le loro case nel quartiere di Issawiya a Gerusalemme Est, dove risiedeva Hussein Qaraqe, il palestinese che ha effettuato l’attacco con l’auto a Ramot Alon. 

Secondo Wafa News Agency, gli edifici non erano di nuova costruzione, alcuni hanno 25 anni. All’inizio della settimana un altro palestinese di Issawiya è stato costretto a demolire un ampliamento di due stanze della sua casa, e altre due case sono state demolite nel quartiere di Jabal al-Mukaber.

Al Jazeera ha riferito che dall’inizio dell’anno le forze israeliane hanno demolito almeno 47 strutture palestinesi a Gerusalemme Est e che al 7 febbraio almeno 60 palestinesi sono rimasti senza casa a causa delle demolizioni.

Secondo l’analisi di Mondoweiss sui dati OCHA delle demolizioni, tra il 2018 e il 2021 c’è stato un aumento del 156% delle espulsioni di palestinesi dalle loro case in Cisgiordania e a Gerusalemme. Nello stesso periodo, c’è stato un aumento del 99% delle espulsioni dei palestinesi dalle loro case nella sola Gerusalemme Est.

In aggiunta, giovedì a Gerusalemme le forze israeliane hanno saccheggiato le case di detenuti ed ex detenuti palestinesi, sequestrando alle famiglie denaro, oro e beni personali di valore.

Le forze israeliane hanno in passato preso di mira ex detenuti a Gerusalemme, dove le forze armate hanno fatto irruzione nelle case e preso con la forza tutto il denaro trovato. La casa della famiglia di Ahmad Manasra, processato come un adulto all’età di 13 anni, era una di quelle case.

Secondo Amjad Abu Asab, capo del Comitato per le famiglie dei prigionieri a Gerusalemme, prendere di mira i detenuti palestinesi e le loro famiglie serve a cacciare i palestinesi da Gerusalemme, come la demolizione delle case. “L’occupazione mira a compiacere i coloni e l’estrema destra razzista premendo per ulteriori politiche discriminatorie contro i detenuti”, ha detto Abu Asab in un’intervista ad Al-Qastal.

“Una nuova Nakba”

“Il governo israeliano fascista di destra sta lanciando un attacco senza precedenti contro il nostro popolo a Gerusalemme”, ha dichiarato giovedì 17 febbraio Qadura Faris, direttore dell’Associazione dei Prigionieri Palestinesi.

In un’escalation di campagne di perquisizioni e arresti, le forze israeliane continuano a detenere in massa palestinesi in Cisgiordania e a Gerusalemme. Il più alto tasso di arresti si concentra a Gerusalemme.

Secondo il dipartimento di monitoraggio dell’Associazione dei Prigionieri Palestinesi, a gennaio più di 255 palestinesi sono stati arrestati a Gerusalemme, facendo di Gerusalemme il luogo con il tasso più alto di arresti di palestinesi per mano delle autorità israeliane.

Nelle ultime settimane, le autorità israeliane hanno sequestrato il denaro fornito dall’Autorità Nazionale Palestinese alle famiglie dei detenuti politici palestinesi a Gerusalemme, che considerano pagamento da “entità ostili”.

L’ANP è incaricata della fornitura di stipendi e sostegno monetario ai detenuti palestinesi e alle loro famiglie in caso di detenzione da parte di Israele. Ciò è in gran parte dovuto alla considerazione che molti dei detenuti sono spesso il principale sostegno delle loro famiglie.

“Quello che sta accadendo nel prendere di mira le famiglie dei prigionieri e gli ex detenuti politici”, ha detto Faris, “è una nuova Nakba, che l’occupazione sta sviluppando con l’uso di nuovi mezzi tecnologici”.

Questo concentrarsi su Gerusalemme fa molto aumentare le preoccupazioni palestinesi che Gerusalemme venga espropriata alla comunità palestinese.

Dal 2021, i responsabili politici e il personale militare israeliani chiedono la revoca della residenza a Gerusalemme ai palestinesi come misura punitiva contro coloro che hanno partecipato alle proteste della Rivolta dell’Unità nel 2021 [contro lo sgombero di residenti palestinesi a Sheikh Jarrah, quartiere di Gerusalemme Est, ndt.].

Nel 2018 questo potere è stato affidato al Ministro degli Interni ad interim, che ha il potere di revocare la residenza permanente dei gerosolimitani, una politica che è stata applicata solo contro i palestinesi.

Proteste israeliane contro il governo mentre aumentano gli insediamenti

Il 13 febbraio decine di migliaia di ebrei israeliani si sono riuniti a Gerusalemme per protestare contro le nuove misure del Parlamento che cercano di indebolire la Corte Suprema israeliana, consolidando ulteriormente il potere delle forze armate israeliane.

Ciò è avvenuto il giorno dopo che il nuovo governo israeliano ha approvato e legalizzato nove avamposti in Cisgiordania. “È ora che il mondo punisca Israele per aver sfidato le risoluzioni delle Nazioni Unite e le politiche americane ed europee che chiedono di fermare gli insediamenti”, ha detto in una dichiarazione il primo ministro palestinese Mohammad Shtayyeh.

L’anno scorso l’esercito israeliano ha dotato gli avamposti e le colonie israeliane in Cisgiordania di tecnologia e supporto.

Questa ribellione contro il diritto internazionale e la legittimità internazionale deve essere perseguita con gravi ripercussioni”, ha proseguito Shtayyeh, chiedendo il boicottaggio di Israele “in quanto Stato al di fuori della legalità”.

(traduzione dall’inglese di Luciana Galliano)




Israele rilascia un prigioniero palestinese dopo 131 giorni di sciopero della fame

Sally Ibrahim

5 dicembre 2021 – The New Arab

Cisgiordania – Fonti hanno riferito che domenica Israele ha rilasciato un prigioniero palestinese che ha condotto uno sciopero della fame di 131 giorni per protesta contro la propria detenzione senza accuse né processo.

Il 23 novembre Kayed al-Fasfous, di 32 anni, ha interrotto il suo sciopero della fame dopo aver raggiunto un accordo con le autorità israeliane per porre fine alla sua detenzione amministrativa.

Al-Fasfous è Stato liberato a un posto di blocco a sud di Hebron nella Cisgiordania occupata ed è stato accolto da politici e funzionari della sicurezza palestinesi oltre che da esponenti di alcune fazioni.

L’occupazione israeliana non è stata in grado di spezzarmi. Ma io l’ho sconfitta con la mia pancia vuota ed ho ottenuto una vittoria su di essa.”, ha detto al-Fasfous a The New Arab.

Le autorità israeliane avrebbero dovuto rilasciare al-Fasfous a metà dicembre, ma lo hanno liberato prima in seguito alle pressioni da parte della leadership palestinese perché potesse ricevere le cure in ospedale a causa del deterioramento della sua salute.

Al-Fasfous ha trascorso complessivamente 5 anni nelle carceri israeliane senza accuse né processo e durante il suo sciopero della fame avrebbe perso 45 kg di peso.

Al-Fasfous verrà trasferito nell’ospedale arabo Istishari a Ramallah per monitorare le sue” condizioni di salute ed eseguire gli esami necessari”, ha riferito a TNA l’Associazione dei Prigionieri Palestinesi in una conferenza stampa

In seguito alle sue condizioni e per eseguire gli esami necessari Al-Fasfous verrà trasferito all’ospedale arabo di Istishari a Ramallah,” ha affermato in un comunicato stampa inviato a TNA il Palestinian Prisoners Club [Centro dei Prigionieri Palestinesi, ong palestinese che si occupa dei prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane, ndtr.].

L’Associazione ha affermato che ci sono 4.600 prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane, di cui circa 500 in detenzione amministrativa, senza accuse nè processo

Il PPC ha spiegato che ci sono 4.600 prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane, di cui circa 500 stanno scontando ordini di detenzione amministrativa, senza imputazioni né processo.

(Traduzione dall’inglese di Cristiana Cavagna)




Evasione dal carcere israeliano: i sei prigionieri palestinesi fuggiti dalla prigione di Gilboa

Redazione MEE

6 settembre 2021 – Middle East Eye

La fuga è stata descritta come “un grave fallimento della sicurezza e dell’intelligence” dalla polizia israeliana.

La fuga di sei prigionieri palestinesi dalla prigione israeliana di massima sicurezza di Gilboa è stata descritta come “un grave fallimento della sicurezza e dell’intelligence” dalla polizia israeliana.

Lunedì l’agenzia di intelligence israeliana Shin Bet ha affermato che i sei palestinesi si sono coordinati con persone fuori dalla prigione usando un telefono cellulare introdotto di nascosto e sono fuggiti con successo dalla prigione attraverso un tunnel. Avevano un’auto che li aspettava pronta per la fuga.

Arik Yaacov, comandante del settore nord dell’Israel Prison Service (IPS) [Servizio Penitenziario Israeliano, ndtr.], ha detto che pare che i fuggitivi abbiano aperto un buco nel pavimento del bagno della cella per accedere ai passaggi scavati durante la costruzione della prigione.

Il portavoce nazionale della polizia, Eli Levy, ha affermato a Radio Kan che la ricerca dei fuggitivi è in corso, si ritiene che stiano tendando di raggiungere la vicina Cisgiordania, il territorio occupato dove l’Autorità Nazionale Palestinese esercita una forma limitata di autogoverno, o il confine con la Giordania.

Il servizio penitenziario israeliano ha affermato che i sei prigionieri stavano scontando la pena insieme nella cella n. 5, sezione 2, della prigione di Gilboa, sottolineando che tre di loro avevano cercato di fuggire in passato.

A seguito delle notizie sull’evasione, la Commissione per gli affari dei prigionieri e degli ex detenuti dell’Autorità Nazionale Palestinese ha invitato i gruppi per i diritti umani e le ONG internazionali, in particolare il Comitato internazionale della Croce Rossa, a visitare immediatamente la prigione di Gilboa e rendere pubblico il destino di oltre 400 prigionieri che, secondo quanto appreso, sono stati trasferiti in luoghi sconosciuti dopo l’evasione di lunedì.

La Commissione ha avvertito che qualsiasi ritorsione contro i sei evasi, se catturati dalle autorità israeliane, “potrebbe portare a una vera esplosione dentro e fuori le carceri”.

“La fuga deriva dall’ingiustizia israeliana imposta ai nostri prigionieri maschi e femmine nelle carceri dell’occupante”, ha aggiunto, sottolineando che i prigionieri sono regolarmente sottoposti a condizioni di detenzione che ne mettono in pericolo la vita.

L’Associazione dei Prigionieri Palestinesi ha reso note le informazioni sui sei prigionieri evasi, come riportate di seguito:

Zakaria Zubeidi

Zubeidi, 46 anni, originario del campo di Jenin, è una nota figura della resistenza palestinese. È l’ex comandante delle Brigate dei martiri di al-Aqsa, un apparato militare affiliato al movimento Fatah. Era in carcere dal 2019 con l’accusa di aver svolto attività armate contro Israele, anni dopo aver accettato di deporre le armi nel 2007.

Mahmoud Abdullah Ardah

Ardah, 46 anni, è di Jenin. Secondo il gruppo armato palestinese Brigate al-Quds è stato il leader del piano di fuga dalla prigione di Gilboa. Era detenuto dal 1996 e condannato all’ergastolo con l’accusa di essere un membro delle Brigate al-Quds e di coinvolgimento nell’uccisione di soldati israeliani. Secondo quanto appreso, cercò di fuggire nel 2014 dalla prigione di Shata scavando un tunnel, ma il suo piano non ebbe successo.

Mohamed Qassem Ardah

Ardah, 39 anni, è di Jenin. Era detenuto dal 2002 e condannato all’ergastolo con l’accusa di appartenenza alle brigate al-Quds e di coinvolgimento nell’uccisione di soldati israeliani.

Yaqoub Mahmoud Qadri

Qadri, 49 anni, viene da Bir al-Basha, Jenin. Era detenuto dal 2003 e condannato all’ergastolo con l’accusa di appartenere alle Brigate al-Quds e di aver ucciso un colono israeliano. Nel 2014, lui e un certo numero di altri prigionieri, tra cui Mahmoud Abdullah Ardah, cercarono di fuggire dalla prigione di Shata attraverso un tunnel, ma il tentativo non ebbe successo

Ayham Nayef Kamamji

Kamamji, 35 anni, è di Kafr Dan. Era detenuto dal 2006 e condannato all’ergastolo con l’accusa di aver ucciso un colono israeliano e di aver partecipato ad altre attività armate contro obiettivi israeliani.

Munadil Yaqoub Nfeiat

Nfeiat, 26 anni, viene da Ya’bad, a sud-ovest di Jenin, ed era in prigione senza accuse dal 2019.

(Traduzione dall’Inglese di Giuseppe Ponsetti)