Rapporto OCHA del periodo 2 – 15 maggio 2023

). I dettagli dell’escalation delle ostilità, dal 9 al 13 maggio a Gaza e in Israele, sono disponibili negli aggiornamenti flash di OCHA.

Al momento, nella Striscia di Gaza, le Nazioni Unite hanno accertato l’uccisione di 33 palestinesi; un ulteriore decesso è ancora in fase di verifica. Delle vittime accertate, almeno dodici erano civili, tra cui quattro ragazze, due ragazzi, quattro donne e due uomini. Secondo fonti israeliane e palestinesi, almeno tre delle vittime palestinesi sono state uccise da razzi mal funzionanti ricaduti in Gaza. Secondo il Ministero della Salute (MoH) a Gaza, 190 palestinesi sono rimasti feriti all’interno dell’enclave costiera, tra cui 64 minori e 38 donne. In Israele, secondo fonti sanitarie, i razzi hanno ucciso una donna israeliana e un lavoratore palestinese di Gaza e almeno 40 persone sono rimaste ferite.

2). Il 2 maggio, in una prigione israeliana, è morto un palestinese di Jenin dopo uno sciopero della fame durato quasi tre mesi. Al momento di concludere il presente rapporto, le autorità israeliane stavano ancora trattenendo il suo corpo, insieme a quelli di altri 132 palestinesi. Secondo una Organizzazione per i diritti umani, alcuni dei corpi sono trattenuti dal 2016. Dopo la sua morte, tra il 2 e il 3 maggio, gruppi armati palestinesi di Gaza hanno lanciato razzi e altri proiettili contro Israele, provocando, secondo fonti sanitarie, il ferimento di 11 israeliani e tre stranieri, e danni alle proprietà. Le forze israeliane hanno effettuato attacchi aerei e bombardamenti, secondo quanto riferito, prendendo di mira strutture militari di Gaza. A seguito degli attacchi aerei israeliani, secondo quanto riferito, un palestinese è stato ucciso e altri cinque sono rimasti feriti dalle schegge di un razzo. Inoltre, secondo quanto riferito, sono state danneggiate proprietà civili, tra cui diverse case, una scuola, linee elettriche e idriche.

3). Nel corso di tre operazioni che hanno coinvolto forze sotto copertura e scontri a fuoco con palestinesi, le forze israeliane hanno ucciso sette palestinesi e ferito altri 236 (seguono dettagli).

Il 4 maggio, le forze israeliane sotto copertura hanno fatto irruzione nella Città Vecchia di Nablus, dove hanno circondato e sparato proiettili esplosivi contro un edificio residenziale, uccidendo tre palestinesi, distruggendo una casa e provocando danni ad altre tre case. Secondo l’esercito israeliano, tra le vittime c’erano palestinesi sospettati di aver ucciso, il 7 aprile, tre coloni israeliani tra cui un minore. L’operazione è durata circa tre ore, durante le quali sono rimasti feriti 156 palestinesi, di cui quattro colpiti da proiettili veri. Durante l’operazione è stato necessario evacuare dozzine di scolari e personale della vicina scuola. Più di 50 alunni hanno ricevuto cure mediche dopo aver inalato gas lacrimogeni sparati dalle forze israeliane. Secondo fonti mediche, durante l’operazione le forze israeliane hanno limitato il movimento delle ambulanze nell’area.

Il 6 maggio, le forze israeliane sotto copertura hanno condotto un’altra operazione nel Campo profughi di Tulkarm, dove hanno circondato una casa e hanno avuto uno scontro a fuoco con palestinesi. Due palestinesi sono stati uccisi; secondo l’esercito israeliano entrambi avevano partecipato a uno scontro a fuoco con le forze israeliane e avevano precedentemente sparato e ferito un colono israeliano. Due palestinesi sono rimasti feriti e altri due sono stati arrestati, compreso uno dei feriti.

Il 13 maggio, le forze israeliane sotto copertura, usando un autobus palestinese, hanno fatto irruzione nel Campo profughi di Balata (Nablus), hanno circondato un edificio e hanno sparato a dei palestinesi. Due palestinesi sono stati uccisi da proiettili veri sparati dalle forze israeliane. Secondo l’esercito israeliano entrambi erano armati, mentre testimoni oculari e Organizzazioni per i diritti umani riferiscono che non erano né armati né coinvolti in uno scontro a fuoco. Durante la stessa operazione, altri 78 palestinesi sono rimasti feriti; di cui tre colpiti da munizioni vere.

4). Le forze israeliane hanno ucciso altri quattro palestinesi durante altre tre operazioni, alcune delle quali avrebbero comportato scontri a fuoco con palestinesi (seguono dettagli).

Il 10 maggio, le forze israeliane hanno fatto irruzione a Qabatiya (Jenin), dove hanno sparato e ucciso due palestinesi che, secondo l’esercito israeliano, avevano sparato contro di loro. Un passante palestinese è stato ferito ed è morto il giorno successivo per le ferite riportate. Durante l’operazione, i palestinesi hanno lanciato pietre e ordigni esplosivi contro le forze israeliane. Secondo quanto riferito, separatamente, ha avuto luogo anche uno scontro a fuoco.

L’11 maggio, le forze israeliane hanno fatto irruzione nel Campo profughi di Nur Shams (Tulkarm) dove, secondo quanto riferito, hanno avuto uno scontro a fuoco con palestinesi, due dei quali sono rimasti feriti. Durante lo stesso episodio, un anziano palestinese che transitava nell’area,è stato colpito e ucciso dalle forze israeliane. Secondo le forze israeliane, un soldato israeliano è rimasto ferito.

Il 15 maggio, nel Campo profughi di Askar (Nablus), le forze israeliane hanno ucciso un palestinese in un episodio in cui le forze israeliane hanno sparato proiettili veri e lacrimogeni contro palestinesi che lanciavano pietre e petardi contro di loro. Le forze erano entrate nel Campo per un sopralluogo nella casa di famiglia di un palestinese accusato di aver ucciso due coloni israeliani; secondo quanto riferito, intendevano preparare la demolizione punitiva della casa. Un minore palestinese è stato ferito con proiettili veri. Dall’inizio del 2023 fino al 15 maggio, in Cisgiordania (inclusa Gerusalemme est), le forze israeliane hanno ucciso 108 palestinesi, più del doppio del bilancio di vittime (51) nello stesso periodo nel 2022.

5). In episodi separati, registrati ai checkpoints militari israeliani, le forze israeliane hanno ucciso altri due palestinesi, un uomo e una donna (seguono dettagli).

Il 13 maggio, a un checkpoint sulla Linea Verde, vicino all’ingresso di Barta’a (Jenin), le forze israeliane hanno sparato uccidendo un palestinese. Secondo l’esercito israeliano, l’uomo aveva tentato di accoltellare un soldato israeliano; non sono stati segnalati feriti israeliani.

Il 4 maggio, le forze israeliane hanno sparato uccidendo una donna palestinese che aveva accoltellato un soldato israeliano di stanza a un checkpoint sulla Linea Verde, vicino all’ingresso di Barta’a (Jenin) nella città di Huwwara (Nablus). Un soldato israeliano è rimasto ferito. Dall’inizio dell’anno, in Cisgiordania, sono stati colpiti e uccisi dalle forze israeliane 12 palestinesi mentre attaccavano o presumibilmente tentavano di attaccare le forze israeliane.

6). In Cisgiordania sono stati feriti dalle forze israeliane 688 palestinesi, tra cui almeno 72 minori; 54 di loro sono stati colpiti con proiettili veri (seguono dettagli).

Dei feriti, 516 sono stati segnalati durante nove operazioni di ricerca-arresto e altre operazioni condotte dalle forze israeliane, compresi i 240 feriti palestinesi riportati nelle operazioni menzionate sopra.

In due casi, le forze israeliane hanno ferito nove palestinesi (tutti sono stati curati per inalazione di gas lacrimogeni): il primo caso è stato registrato nella Comunità palestinese di Qaryut (Nablus), in seguito all’ingresso di coloni israeliani (accompagnati da forze israeliane) presso una sorgente; il secondo caso, all’ingresso di Deir Sharaf (Nablus), in seguito al lancio di pietre da parte di coloni israeliani contro veicoli palestinesi.

Altri 145 palestinesi sono rimasti feriti nei pressi di Beit Dajan e Beita (entrambi a Nablus), Kafr Qaddum (Qalqilya), Shufa (Tulkarm), presso il Campo profughi di Al ‘Arrub (Hebron) e nella città di Betlemme, durante manifestazioni contro le restrizioni di accesso, l’espansione degli insediamenti e la morte di un prigioniero palestinese (di cui sopra).

Altri sei palestinesi, tra cui due minori, sono rimasti feriti quando palestinesi hanno lanciato pietre contro le forze israeliane di stanza a un checkpoint recentemente costituito all’ingresso dei villaggi di Al Mughayyir (Ramallah) e Deir Sharaf (Nablus); le forze israeliane hanno usato munizioni vere e proiettili di gomma. In altri episodi, le forze israeliane hanno sparato e ferito due palestinesi che stavano cercando di raggiungere i loro luoghi di lavoro in Israele attraverso brecce abusive praticate nella Barriera, vicino a Habla (Qalqilya).

Dieci feriti aggiuntivi sono stati segnalati durante un caso di confisca a Jubbet adh Dhib (Betlemme) e una demolizione punitiva a Haris (Salfit) (vedere ulteriori dettagli di seguito). Complessivamente, 587 palestinesi sono stati curati per inalazione di gas lacrimogeni, 54 sono stati colpiti da proiettili veri, 39 sono stati feriti con proiettili di gomma, tre sono stati feriti da schegge e cinque sono stati aggrediti fisicamente.

7). In Cisgiordania, coloni israeliani hanno ferito cinque palestinesi, di cui tre con proiettili veri, e persone conosciute come coloni, o ritenute tali, hanno danneggiato proprietà palestinesi in altri 28 casi. Ciò si aggiunge al ferimento di nove palestinesi da parte delle forze israeliane nei due episodi summenzionati che hanno coinvolto coloni a Qaryut e Deir Sharaf (entrambi a Nablus) (seguono dettagli).

L’8 maggio, a Jalud (Nablus), coloni israeliani, secondo quanto riferito, provenienti dall’insediamento di Esh Kodesh, hanno aggredito fisicamente e ferito un contadino palestinese mentre lavorava nel suo podere.

Il 10 maggio, a Deir Dibwan (Ramallah), un gruppo di coloni israeliani, alcuni armati, hanno sparato e ferito con proiettili veri due palestinesi ed hanno aggredito fisicamente e ferito un minore palestinese.

Il 12 maggio, a Silwad (Ramallah), vicino all’insediamento israeliano di Ofra, palestinesi si sono scontrati, lanciando pietre, con coloni che pascolavano il loro bestiame su terreni coltivati di proprietà palestinese. Un palestinese è stato ferito con proiettili veri e un altro è stato aggredito e ferito fisicamente.

Secondo fonti della Comunità, durante il periodo di riferimento, più di 870 alberi e alberelli sono stati vandalizzati su terra palestinese prossima agli insediamenti israeliani, anche dove l’accesso palestinese alla terra richiede l’approvazione dell’esercito israeliano; tali danni sono stati segnalati in 13 casi riferiti alla Cisgiordania. In altri dieci casi, registrati a Ein Samiya, Rammun, Silwad, Deir Dibwan e Al Mazra’a al Qibliya (tutti a Ramallah), Biddya (Salfit), Jalud (Nablus), Maghayir al Abeed (Hebron), secondo testimoni oculari e fonti delle Comunità locali, coloni hanno fatto irruzione nelle case e nei terreni agricoli danneggiando raccolti, due strutture residenziali e agricole e provocando danni al bestiame. Nei rimanenti undici casi segnalati in Cisgiordania, coloni israeliani hanno lanciato pietre, danneggiando 11 veicoli palestinesi.

8). In Cisgiordania, in quattro diversi episodi, sono rimasti feriti due coloni israeliani, tra cui una donna (seguono dettagli).

In un episodio registrato il 2 maggio, un palestinese ha sparato a un veicolo israeliano nei pressi di Shufa (Tulkarm).

In altri due casi, persone conosciute come palestinesi, o ritenute tali, hanno lanciato pietre contro veicoli israeliani che viaggiavano sulle strade della Cisgiordania, causando danni a due veicoli. Inoltre, a Husan (Betlemme), palestinesi hanno appiccato il fuoco a un veicolo di coloni. Complessivamente, secondo fonti israeliane, sono stati danneggiati almeno quattro veicoli israeliani.

9). A Gerusalemme Est e nell’Area C della Cisgiordania, adducendo la mancanza di permessi di costruzione rilasciati da Israele, che sono quasi impossibili da ottenere, le autorità israeliane hanno demolito, confiscato o costretto le persone a demolire 42 strutture, comprese 17 case. Nove delle strutture erano state fornite da donatori come assistenza umanitaria, inclusa una scuola (maggiori dettagli di seguito). Di conseguenza, 50 palestinesi, tra cui 23 minori, sono stati sfollati e sono stati colpiti i mezzi di sussistenza di oltre 600 altri. Più della metà delle strutture colpite (26) erano in Area C, inclusa una scuola finanziata da donatori. Le restanti 16 strutture sono state demolite a Gerusalemme est, comprese due strutture residenziali demolite nell’area di Wadi Qaddum, a Silwan, provocando lo sfollamento di sette famiglie comprendenti 39 persone, tra cui 22 minori. Altre sette strutture sono state distrutte dai proprietari per evitare il pagamento di multe alle autorità israeliane. Inoltre (non conteggiata sopra), nell’Area A della Cisgiordania, le forze israeliane hanno distrutto una struttura residenziale e causato danni ad altre tre, durante un’operazione delle forze israeliane condotta nella Città Vecchia di Nablus (vedi sopra).

10). Nel sud di Betlemme è stata demolita una scuola finanziata da donatori. Il 7 maggio, adducendo la mancanza di un permesso di costruzione rilasciato da Israele e problemi di sicurezza strutturale, le forze israeliane hanno demolito una scuola palestinese finanziata dall’UE che ospitava almeno 40 alunni di Jubbet Adh Dhib (Betlemme). Cinquantasette scuole in tutta la Cisgiordania sono a rischio demolizione.

In un caso separato, il 10 maggio, l’amministrazione civile israeliana, insieme alle forze israeliane, ha smantellato e confiscato due tende che erano state utilizzate come aule temporanee per gli alunni della scuola di Jubbet adh Dhib. Le tende erano state fornite come assistenza umanitaria in risposta alla demolizione del 7 maggio. Durante la confisca sono scoppiati scontri tra residenti palestinesi e forze israeliane, durante i quali i palestinesi hanno lanciato pietre e le forze israeliane hanno sparato proiettili di gomma e lacrimogeni; di conseguenza, otto palestinesi sono rimasti feriti. Attrezzature scolastiche, comprese sedie e scrivanie, sono state confiscate dalle forze israeliane.

11). Il 2 e 3 maggio, le forze israeliane hanno fatto irruzione nei villaggi di Hajja (Qalqilya) e Haris (Salfit), nell’Area B della Cisgiordania, e hanno demolito per motivi punitivi due case a più piani; appartenevano a famiglie i cui membri avevano ucciso quattro israeliani e ne avevano feriti altri. Tre famiglie, composte da 14 persone, tra cui otto minori, sono state sfollate. Altri nove, tra cui tre minori, sono stati colpiti in forme diverse. Durante la demolizione, i palestinesi hanno lanciato pietre contro le forze israeliane che hanno sparato lacrimogeni, ferendo un palestinese. Dall’inizio del 2023, sono state demolite, per motivi punitivi, dieci case e una struttura agricola, rispetto alle 14 strutture demolite in tutto il 2022 e alle tre nel 2021. Le demolizioni punitive sono una forma di punizione collettiva e come tali sono illegali ai sensi del diritto internazionale, poiché prendono di mira le famiglie di un aggressore, o presunto aggressore.

12). In Cisgiordania, le chiusure continuano ad impedire l’accesso di migliaia di palestinesi a mezzi di sussistenza e servizi (seguono dettagli).

All’ingresso del villaggio di Shufa (Tulkarm), il 2 maggio, l’esercito israeliano ha eretto cumuli di terra e blocchi di cemento e il 14 maggio ha installato un cancello stradale, ostacolando il movimento di almeno 1.400 palestinesi; ciò è accaduto, secondo quanto riferito, in risposta a spari contro veicoli di coloni israeliani che hanno provocato il ferimento di un colono.

Nell’area H2 della città di Hebron, continuano le segnalazioni di numerosi checkpoints “volanti”, principalmente nell’area non riservata della città. Complessivamente, sono stati rilevati un totale di 12 checkpoints volanti, rispetto a una media bisettimanale di due registrata dall’inizio del 2023. Le forze israeliane hanno intensificato i controlli di sicurezza a questi checkpoints, causando lunghi ritardi per le persone in transito (fino a tre ore in alcuni casi ).

13). Nella zona non interdetta dell’area H2 di Hebron, il 3 maggio, a causa di una disputa sulla proprietà, le autorità israeliane hanno emesso un ordine di sgombero definitivo contro due strutture a più piani, tra cui un laboratorio di falegnameria. Questo sgombero inciderebbe sul sostentamento di una famiglia palestinese composta da dieci persone, tra cui otto minori. I palestinesi che vivono nell’area H2 sono esposti a politiche e pratiche israeliane coercitive.

14). Nella Striscia di Gaza, nei pressi della recinzione perimetrale israeliana o al largo della costa, presumibilmente per imporre restrizioni all’accesso, le forze israeliane hanno aperto il “fuoco di avvertimento” in almeno dieci casi (tutti segnalati prima dell’escalation delle ostilità). Non sono stati segnalati feriti o danni. In una occasione, bulldozer militari israeliani hanno spianato i terreni della zona centrale prossimi alla recinzione perimetrale, all’interno di Gaza. Durante l’escalation delle ostilità, adducendo problemi di sicurezza, le autorità palestinesi locali hanno vietato tutte le attività di pesca al largo della costa di Gaza, per un totale di sei giorni.

Note a piè di pagina

1 Vengono conteggiati separatamente i palestinesi uccisi o feriti da persone che non fanno parte delle forze israeliane (ad esempio da civili israeliani) o colpiti da razzi palestinesi non giunti a bersaglio, così come quelli la cui causa immediata di morte o l’identità dell’aggressore rimangono controverse, poco chiare o sconosciute.

2 Le vittime israeliane in questi rapporti includono persone che sono state ferite mentre correvano ai rifugi durante gli attacchi missilistici palestinesi. I cittadini stranieri uccisi in attacchi palestinesi e le persone la cui causa immediata di morte o l’identità dell’aggressore rimangono controverse, poco chiare o sconosciute, vengono conteggiate separatamente.

Associazione per la pace – Via S. Allende, 5 – 10098 Rivoli TO; e-mail: assopacerivoli@yahoo.it




Rapporto OCHA del periodo 14 – 27 marzo 2023

1). A Jenin e Tulkarm, in due operazioni che hanno comportato uno scontro a fuoco con palestinesi, le forze israeliane hanno ucciso cinque palestinesi, tra cui un minore, e ne hanno feriti altri 23; tutti, tranne uno, colpiti con proiettili veri (seguono dettagli).

Il 16 marzo, durante un’operazione diurna, le forze israeliane sotto copertura sono entrate nella città di Jenin: hanno sparato a due palestinesi, uccidendoli. Secondo i resoconti di testimoni oculari e secondo registrazioni video, a uno degli uomini le forze israeliane hanno sparato a bruciapelo, mentre sembrava giacere a terra inoffensivo. Ne è seguito uno scontro a fuoco tra le forze israeliane e i palestinesi. In seguito la Brigata dei martiri di Al Aqsa ha confermato che i due erano propri affiliati, mentre una dichiarazione israeliana indicava che si trattava di persone sospettate di attacchi armati contro israeliani e che erano l’obiettivo dell’operazione. Durante la stessa operazione, le forze israeliane hanno anche sparato e ucciso un ragazzo palestinese di 16 anni che passava in bicicletta. Secondo i referti medici è stato colpito alla schiena con proiettili veri. Ciò ha portato a 16 il numero totale di minori palestinesi uccisi, ad oggi, in Cisgiordania nel 2023, rispetto ai due registrati nello stesso periodo del 2022. Successivamente, le forze israeliane hanno sparato proiettili veri, proiettili di gomma e lacrimogeni contro palestinesi che lanciavano pietre contro di loro: 23 palestinesi sono rimasti feriti, di cui 22 da proiettili veri. Un quarto palestinese è stato colpito e ucciso dalle forze israeliane: secondo l’esercito israeliano, stava cercando di aggredirli con un piede di porco. Il 23 marzo, le forze israeliane hanno fatto irruzione a Izbat Shufa (Tulkarem) durante le ore mattutine, hanno circondato un edificio e hanno sparato a un palestinese, uccidendolo. Ciò porta a 64 il numero totale di palestinesi uccisi, in Cisgiordania, nel 2023, durante operazioni delle forze israeliane. Durante l’operazione a Tulkarem un altro palestinese è stato arrestato e il suo veicolo è stato confiscato. Per circa due ore, le forze israeliane hanno chiuso l’ingresso principale del villaggio, ostacolando il movimento dei residenti e impedendo l’accesso ai luoghi di lavoro e alle scuole. Secondo quanto ferito, in nessuna delle suddette operazioni è stata registrato il ferimento di alcun membro delle forze israeliane.

2). A Ramallah e Nablus, due attacchi palestinesi, o presunti attacchi, contro le forze israeliane hanno provocato l’uccisione di un presunto aggressore palestinese e il ferimento di due membri delle forze israeliane (seguono dettagli).

Il 17 marzo, vicino al checkpoint di Beit El/DCO, all’ingresso di Al Bireh (Ramallah), le forze israeliane hanno sparato a un palestinese, uccidendolo. Secondo l’esercito israeliano, l’uomo aveva tentato di accoltellare un soldato israeliano. Non sono stati segnalati feriti israeliani e il corpo dell’uomo è stato consegnato alla sua famiglia. Finora, nel 2023, dieci palestinesi sono stati colpiti e uccisi dalle forze israeliane in Cisgiordania e in Israele mentre aggredivano, o presumibilmente tentavano di aggredire, israeliani.

Il 25 marzo, nella città di Huwwara (Nablus), a un checkpoint, un palestinese ha sparato, ferendo due soldati israeliani prima di darsi alla fuga. Le forze israeliane hanno lanciato una caccia all’uomo, intensificando le restrizioni di movimento dentro e intorno alla città di Nablus ed ostacolando il movimento dei residenti (vedi sotto).

3). Un israeliano è morto per le ferite riportate durante un attacco palestinese avvenuto il 9 marzo 2023, nella parte centrale di Israele; un palestinese di Ni’lin (Ramallah) aprì il fuoco in una strada affollata e due israeliani rimasero feriti. Finora quest’anno, in Israele e in Cisgiordania, in aggressioni palestinesi sono stati uccisi 14 israeliani, rispetto ai tre registrati nello stesso periodo del 2022.

4). In Cisgiordania, sono stati feriti dalle forze israeliane un totale di 246 palestinesi, tra cui almeno 19 minori; 44 di loro sono stati colpiti con proiettili veri (seguono dettagli). Diciannove palestinesi sono rimasti feriti durante sei operazioni di ricerca-arresto e altre operazioni condotte dalle forze israeliane in diverse località; oltre ai 23 palestinesi feriti a Jenin (vedi sopra). In sei episodi verificatisi nelle città di Nablus, Qaryut, Huwwara e Deir Sharaf, le forze israeliane che accompagnavano coloni all’interno delle Comunità palestinesi hanno ferito 133 palestinesi. La maggior parte è stata curata per inalazione di gas lacrimogeni. Altri 59 palestinesi sono rimasti feriti vicino a Beit Dajan e Beita (entrambe a Nablus), Kafr Qaddum (Qalqilya) e Al Lubban al Gharbi (Ramallah), durante manifestazioni contro le restrizioni di accesso e l’espansione degli insediamenti. Agli ingressi di Azzun (Qalqiliya), Beit Ummar (Hebron), Husan (Betlemme) e An Nabi Salih (Ramallah), le forze israeliane hanno sparato proiettili veri e lacrimogeni contro palestinesi che lanciavano pietre contro i soldati israeliani posizionati presso le torrette di osservazione militare, ferendo altri 12 palestinesi. Complessivamente, 173 palestinesi sono stati curati per inalazione di gas lacrimogeno.

5). In Cisgiordania, in altri 25 casi, coloni israeliani hanno ferito 19 palestinesi, compreso un minore, e persone conosciute come coloni, o ritenute tali, hanno danneggiato proprietà palestinesi provocando lo sfollamento di sei persone. Ciò si aggiunge al ferimento di 133 palestinesi da parte delle forze israeliane, in sei episodi che hanno coinvolto coloni (seguono dettagli). Il 15, 18, 21, 25 e 26 marzo, coloni israeliani hanno aggredito fisicamente, ed hanno spruzzato liquido al peperoncino, ferendo 14 palestinesi che stavano coltivando o pascolando il bestiame vicino a Deir Jarir e Sinjil (entrambi a Ramallah), Tuba nel sud di Hebron, Humsa Al Bqai’ una Comunità nella valle del Giordano (Tubas) e Qarawat Bani Hassan (Salfit); tra i feriti c’erano un minore e una donna anziana. Il 17 marzo, secondo testimoni oculari palestinesi, un palestinese è stato colpito e ferito con proiettili veri; coloni hanno aperto il fuoco contro il palestinese, in presenza delle forze israeliane. In altri due episodi sperati, avvenuti il 19 e il 27 marzo, due palestinesi sono rimasti feriti quando coloni israeliani hanno lanciato pietre contro veicoli palestinesi che viaggiavano sulle strade vicino a Nablus e Ramallah. Il 25 marzo, coloni israeliani sono entrati a Huwwara, accompagnati dalle forze israeliane, lanciando pietre e ferendo due palestinesi; hanno dato fuoco a due veicoli e danneggiato altri 15 veicoli, tre negozi e cinque case. Secondo fonti della Comunità, durante il periodo di riferimento, più di 220 ulivi sono stati vandalizzati su terreni palestinesi prossimi agli insediamenti israeliani; comprese zone in cui l’accesso da parte di palestinesi richiede l’autorizzazione dell’esercito israeliano. Tali danni sono stati segnalati in sei episodi: vicino a Sinjil (Ramallah), As Sawiya e Burin (entrambi a Nablus), Al Ganoub e Halhul (entrambi a Hebron), Husan (Betlemme) e Deir Istiya (Salfit). Separatamente, a Huwwara (Nablus), nella città di Salfit e a Burqa (Ramallah), coloni israeliani hanno forato le gomme di 30 auto palestinesi, hanno lanciato pietre esparando, provocando danni a quattro case e un altro veicolo. Altre proprietà palestinesi sono state danneggiate e il bestiame è rimasto ferito in dodici episodi registrati a Jenin, Ramallah, Salfit, Tubas, Hebron e Qalqiliya o nelle vicinanze; secondo testimoni oculari e fonti della Comunità locale, le proprietà includevano strutture residenziali e agricole, trattori, raccolti e una rete idrica. Il 26 marzo, a Sinjil (Ramallah), coloni israeliani hanno lanciato una bottiglia incendiaria contro una casa palestinese, appiccandole il fuoco. Di conseguenza, una famiglia palestinese di sei persone, tra cui quattro minori, è stata sfollata e ha perso la maggior parte dei propri averi.

6). Un palestinese ha sparato a un colono israeliano che viaggiava attraverso Huwwara, ferendolo; mentre cercava di fuggire l’aggressore è stato colpito e ferito dalle forze israeliane. In nove episodi di lancio di pietre, ad opera di persone conosciute come palestinesi, o ritenute tali, un altro colono israeliano è rimasto ferito e sono stati danneggiati nove veicoli israeliani che transitavano sulle strade della Cisgiordania.

7). Secondo i dati ufficiali israeliani, nel primo venerdì del Ramadan (24 marzo), attraverso i tre posti di blocco designati lungo la Barriera, sono entrati a Gerusalemme Est, circa 40.000 palestinesi in possesso di documenti di identità della Cisgiordania. Le autorità israeliane hanno consentito l’ingresso in Gerusalemme Est, senza permesso, agli uomini di età superiore ai 55 anni, alle donne di tutte le età e ai minori di età inferiore ai 12 anni. I palestinesi di Gaza, per accedere a Gerusalemme est, devono richiedere i permessi indipendentemente dalla loro età.

8). In diverse località della Cisgiordania, le forze israeliane hanno limitato il movimento dei palestinesi, interrompendo l’accesso di migliaia di persone a mezzi di sussistenza e servizi (seguono dettagli). A Huwwara, a seguito degli attacchi del 19 e 25 marzo, in cui sono rimasti feriti un colono israeliano e due soldati israeliani, le forze israeliane hanno intensificato le restrizioni di movimento dentro e intorno alla città di Nablus per dare la caccia all’autore dell’aggressione. Diverse strade sono state chiuse con cumuli di terra; sono stati intensificati i controlli di sicurezza ai checkpoints, causando lunghe attese per i pendolari. Il 16 e 23 marzo, in risposta a presunti lanci di pietre, da parte di palestinesi contro veicoli con targa israeliana, le forze israeliane hanno limitato il movimento di oltre 8.000 palestinesi, chiudendo il cancello stradale all’ingresso di Jamma’in (Nablus) e collocando cumuli di terra e blocchi di cemento a uno degli ingressi di Khirbet ‘Atuf (Tubas). Le restrizioni di movimento intensificate erano ancora in vigore fino alla chiusura del presente rapporto.

9). Le autorità israeliane, adducendo la mancanza di permessi di costruzione rilasciati da Israele, ma quasi impossibili da ottenere per i palestinesi, hanno demolito quattro strutture palestinesi a Gerusalemme Est e una quinta nell’Area C, con conseguenze sui mezzi di sussistenza di circa 40 persone. Ciò riflette un calo significativo del numero di strutture demolite o sequestrate rispetto alla media bisettimanale (44), calcolata dall’inizio dell’anno. Ciò è coerente con una tipica tendenza alla diminuzione delle demolizioni israeliane durante il mese di Ramadan. Tutte e cinque le strutture sono state demolite il 23 marzo, prima dell’inizio del Ramadan. Separatamente, le autorità israeliane hanno emesso un ordine di demolizione contro una strada agricola a Sabastiya (Nablus), finanziata da donatori e recentemente resa agibile; lo smantellamento della strada pregiudicherebbe l’accesso dei contadini a circa 10 ettari di terreno agricolo. In Area C, l’ordinanza militare 1797, utilizzata in questo caso, consente la demolizione di strutture non autorizzate entro 96 ore dalla consegna dell’ordinanza militare.

10). A Rafah, nella Striscia di Gaza, un ragazzo palestinese di 14 anni è rimasto ferito dalla esplosione di un residuato bellico (UXO) che stava manipolando.

11). Inoltre, nella Striscia di Gaza, vicino alla recinzione perimetrale israeliana o al largo della costa, in almeno 23 occasioni, le forze israeliane hanno aperto il “fuoco di avvertimento”, presumibilmente per far rispettare le restrizioni all’accesso; non sono stati segnalati feriti o danni. Inoltre, due palestinesi di Gaza sono stati arrestati dalle forze israeliane al valico di Erez, compreso un paziente di 55 anni che era in cura a Gerusalemme. Sei palestinesi, tra cui tre minori, sono stati arrestati dalle forze israeliane mentre cercavano di entrare in Israele attraverso la recinzione perimetrale.

12). Il 18 marzo, un gruppo armato palestinese di Gaza ha lanciato un razzo contro Israele, senza causare feriti o danni alla proprietà.

Questo rapporto riflette le informazioni disponibili al momento della pubblicazione. I dati più aggiornati e ulteriori analisi sono disponibili su ochaopt.org/data.

Ultimi sviluppi (al di fuori del periodo di riferimento)

Questa sezione si basa su informazioni iniziali provenienti da diverse fonti. Ulteriori dettagli confermati saranno forniti nel prossimo rapporto.

– Il 28 marzo, un palestinese è morto per le ferite riportate il 22 febbraio, quando fu colpito dalle forze israeliane che operavano a Nablus; questo ha portato a dodici il bilancio delle vittime di quell’episodio.

nota 1:

I Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati ogni due settimane in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informa-zioni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati.

sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina: https://www.ochaopt.org/reports/protection-of-civilians

L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano l’edizione inglese dei Rapporti.

nota 2: Nella versione italiana non sono riprodotti i dati statistici ed i grafici. Le scritte [in corsivo tra parentesi quadre]

sono talvolta aggiunte dai traduttori per meglio esplicitare situazioni e contesti che gli estensori dei Rapporti

a volte sottintendono, considerandoli già noti ai lettori abituali.

nota 3: In caso di discrepanze (tra il testo dei Report e la traduzione italiana), fa testo il Report originale in lingua inglese.

Associazione per la pace – Via S. Allende, 5 – 10098 Rivoli TO; e-mail: assopacerivoli@yahoo.it




Rapporto OCHA del periodo 14 – 27 febbraio 2023

1). In Cisgiordania sono continuati gli episodi di violenza quotidiana che hanno coinvolto palestinesi, coloni israeliani e forze israeliane: 16 palestinesi, di cui tre minori, e tre israeliani sono stati uccisi; 1.089 palestinesi e cinque israeliani sono rimasti feriti.

Dal 1° gennaio al 27 febbraio 2023, nei Territori palestinesi occupati e in Israele sono stati uccisi 63 palestinesi e tredici israeliani, oltre a un cittadino straniero e un soldato israeliano; 2.001 palestinesi e almeno 25 israeliani sono rimasti feriti.

2). Nella città vecchia di Nablus, in un’operazione che ha comportato uno scontro a fuoco con palestinesi, forze israeliane hanno ucciso dieci palestinesi e ferito altri 453, di cui 103 con proiettili veri. Un altro palestinese è morto a causa dell’esposizione a gas lacrimogeni che hanno aggravato la sua condizione medica preesistente. Secondo il Ministero della salute questo è il numero più alto di persone uccise in una singola operazione in Cisgiordania da quando, nel 2005, l’OCHA (ONU) iniziò a registrare i dati (seguono dettagli).

Il 22 febbraio, forze israeliane hanno fatto irruzione nella Città Vecchia di Nablus, dove hanno circondato un edificio ed hanno avuto uno scontro a fuoco con palestinesi. Secondo l’esercito israeliano, l’operazione aveva lo scopo di arrestare palestinesi sospettati di pianificare attacchi contro israeliani. Durante l’operazione, le forze israeliane hanno distrutto un edificio, all’interno del quale due palestinesi, che si erano rifiutati di arrendersi, sono stati uccisi. Inoltre, durante la stessa operazione, altri quattro palestinesi sono stati colpiti e uccisi in scontri a fuoco con forze israeliane. L’operazione ha innescato ulteriori scontri tra residenti palestinesi e forze israeliane, durante i quali le forze israeliane hanno sparato proiettili veri, proiettili di gomma e lacrimogeni contro i palestinesi che hanno lanciato contro di loro pietre e bottiglie incendiarie. Di conseguenza, quattro palestinesi, tra cui un ragazzo di 16 anni, sono stati colpiti e uccisi con proiettili veri sparati dalle forze israeliane; altri 453 sono rimasti feriti, di cui 103 da proiettili veri. Secondo i media israeliani, due soldati israeliani sono rimasti feriti. Secondo fonti mediche, le forze israeliane hanno impedito alle ambulanze di accedere all’area. Dopo l’operazione, palestinesi di tutta la Cisgiordania e della Striscia di Gaza hanno tenuto manifestazioni, durante le quali sette palestinesi sono rimasti feriti. Il 24 febbraio, un palestinese è morto per le ferite riportate il giorno prima; le forze israeliane gli avevano sparato con proiettili veri durante una di tali manifestazioni, svolta all’interno del Campo profughi di Al ‘Arrub (Hebron), in cui i palestinesi avevano lanciato pietre contro le forze israeliane.

3). Durante il periodo in esame altri quattro palestinesi, tra cui due minori, sono stati uccisi da forze israeliane o sono morti per le ferite riportate in precedenza (seguono dettagli).

Il 14 febbraio, forze israeliane hanno fatto irruzione nel Campo profughi di El Far’a a Tubas, e nel corso di uno scontro a fuoco con palestinesi, hanno ucciso un ragazzo di 17 anni che, secondo l’esercito israeliano, aveva sparato contro di loro; accusa contestata da un testimone oculare e da Organizzazioni per i diritti umani.

Durante lo stesso episodio, un ragazzo di 13 anni è stato morso e ferito da un cane delle forze armate israeliane.

Lo stesso giorno, un palestinese è morto per le ferite riportate il 1° gennaio 2021; in quelle circostanze, accadute nella Comunità Ar Rakeez di Masafer Yatta (Hebron), mentre cercava di impedire la confisca di un generatore elettrico, un soldato israeliano gli aveva sparato al collo .

Il 20 febbraio, un tredicenne palestinese è deceduto per le ferite riportate l’8 febbraio 2023; durante scontri tra palestinesi ed esercito israeliano che scortavano coloni israeliani alla tomba di Giuseppe, nella città di Nablus, un soldato israeliano gli aveva sparato con proiettili veri.

Ad oggi, il numero totale di minori palestinesi uccisi da forze israeliane in Cisgiordania nel 2023 è di dodici (12), rispetto ai due uccisi nel 2022, in un arco di tempo equivalente.

Il 23 febbraio, un altro palestinese è deceduto per le ferite riportate il 12 febbraio durante un’operazione di ricerca-arresto che aveva provocato uno scontro a fuoco tra forze israeliane e palestinesi nel Campo profughi di Jenin.

4). A Nablus, due coloni israeliani e un palestinese sono stati uccisi lo stesso giorno, in due diversi episodi (seguono dettagli).

Il 26 febbraio, due fratelli israeliani dell’insediamento colonico di Har Barcha, mentre stavano percorrendo la strada 60 nella città di Huwwara (Nablus), sono stati uccisi da un uomo armato, ritenuto palestinese. Successivamente, per trovare l’autore, forze israeliane hanno lanciato una caccia all’uomo, imponendo restrizioni agli spostamenti in Città e nell’area circostante (vedi sotto). A seguito dell’attacco, coloni israeliani, secondo quanto riferito, provenienti dagli insediamenti colonici di Yitzhar, Bracha, Kfar Tappuah e altri avamposti di insediamenti adiacenti, hanno lanciato pietre ed hanno aggredito fisicamente abitanti della città di Huwwara e dei villaggi vicini; inoltre hanno appiccato il fuoco a proprietà palestinesi. Nel villaggio di Za’tara, un palestinese è stato colpito e ucciso vicino alla sua casa e un altro è rimasto ferito, entrambi con proiettili veri sparati da coloni israeliani o da forze israeliane. Altri nove palestinesi sono stati feriti da coloni israeliani, tra cui un minore e una donna, e sono stati causati ingenti danni alle proprietà palestinesi. Almeno 37 case abitate hanno subito danni, comprese alcune date alle fiamme da coloni israeliani, provocando lo sfollamento di otto famiglie palestinesi e di parte di altre cinque famiglie. Inoltre, almeno otto strutture commerciali, comprese sei officine di riparazione auto, sono state incendiate, insieme a 55 veicoli privati palestinesi e 1.200 veicoli rottamati. Inoltre, a Huwwara, coloni hanno attaccato un camion dei pompieri, impedendo loro di entrare in città; il veicolo è stato danneggiato e uno dei vigili del fuoco è rimasto ferito. Secondo le forze israeliane un soldato è rimasto ferito da coloni che lo hanno aggredito fisicamente e hanno tentato di investirlo.

5). Il 27 febbraio, in una sparatoria registrata vicino a Gerico, un israeliano, che detiene anche la cittadinanza statunitense, è stato ucciso da un uomo armato (ritenuto palestinese). Lo stesso uomo ha continuato a guidare, sparando contro altri due veicoli, ma non sono stati riportati feriti. Successivamente, forze israeliane hanno lanciato una caccia all’uomo per trovare l’autore, imponendo restrizioni agli spostamento nella città di Gerico (vedi sotto). Ciò porta a tredici, oltre a un cittadino straniero e un soldato, gli israeliani uccisi, dall’inizio dell’anno, in Cisgiordania, compresa Gerusalemme est e Israele; nel 2022, nello stesso arco di tempo non erano state registrate uccisioni.

6). In Cisgiordania, durante il periodo in esame, 1.068 palestinesi, tra cui almeno 102 minori, sono stati feriti da forze israeliane, di cui 119 colpiti da proiettili veri (seguono dettagli).

Oltre ai 453 palestinesi feriti da forze israeliane, il 22 febbraio, nell’operazione nella Città Vecchia di Nablus, altri 39 feriti sono stati registrati durante dieci operazioni di ricerca-arresto e altre operazioni condotte da forze israeliane in tutta la Cisgiordania.

In altri quindici episodi, registrati a Betlemme, Hebron, Nablus e Tubas, 451 palestinesi sono stati feriti da forze israeliane, in seguito all’ingresso di coloni israeliani, accompagnati da forze israeliane, nelle stesse Comunità palestinesi; la maggior parte dei feriti è stata curata per inalazione di gas lacrimogeni. Il novanta per cento di questi feriti è stato registrato nella città di Huwwara, tra il 26 e il 27 febbraio, contestualmente all’attacco di coloni.

Altri 125 dei feriti totali sono stati registrati in varie manifestazioni, compresa quella che contestava la creazione di un avamposto israeliano presso la Comunità Wadi Seeq (Ramallah), e contro l’espansione degli insediamenti e le restrizioni di accesso legate agli insediamenti a Beit Dajan e Beita (entrambe a Nablus), e Kafr Qaddum (Qalqilya) e in altre manifestazioni contro l’operazione Nablus che hanno provocato la morte di undici palestinesi.

Complessivamente, 866 palestinesi sono stati curati per inalazione di gas lacrimogeni, 120 sono stati colpiti da proiettili veri, 19 sono stati feriti da proiettili di gomma, 55 da schegge, cinque sono stati aggrediti fisicamente, due sono stati colpiti da granate sonore e uno è stato colpito da candelotti lacrimogeni.

7). In Cisgiordania, altri otto palestinesi, tra cui due minori, sono stati feriti da coloni israeliani; persone conosciute come coloni, o ritenute tali, hanno danneggiato proprietà palestinesi in altri 39 casi. Oltre ai palestinesi feriti da forze israeliane e da coloni nei già citati episodi collegati a coloni (seguono dettagli).

Tra il 14 e il 25 febbraio, coloni israeliani hanno ferito cinque palestinesi, tra cui un minore. Due dei feriti sono stati provocati da proiettili veri sparati da coloni.

In altri 24 episodi registrati a Ramallah, Betlemme, Hebron, Gerusalemme e Nablus, secondo testimoni oculari e fonti delle Comunità locali, più di 300 alberi sono stati vandalizzati su terre palestinesi, comprese le terre prossime agli insediamenti israeliani e agli avamposti degli insediamenti israeliani di nuova costituzione; sono state forate le gomme di venticinque auto di proprietà palestinese; coloni israeliani hanno scritto sui muri di tre case, hanno dato fuoco alle coltivazioni in un terreno agricolo, hanno rubato attrezzature agricole e danneggiato serbatoi d’acqua.

Inoltre, tra il 26 e il 27 febbraio, in seguito alla uccisione di due coloni (di cui sopra), in Cisgiordania sono stati segnalati altri 18 episodi di violenza: coloni israeliani hanno ferito tre palestinesi, tra cui una donna, hanno lanciato pietre, hanno vandalizzando 17 veicoli palestinesi ed hanno forato le gomme di altri sette o dato fuoco a proprietà palestinesi vicino a Tubas, Hebron, Ramallah, Salfit e Nablus.

8). Vicino a Nablus, una donna israeliana è rimasta ferita e il suo veicolo ha subito danni, secondo quanto riferito, ad opera di palestinesi che hanno sparato al suo veicolo. In altri cinque casi, due coloni israeliani sono rimasti feriti e sono stati causati danni ad almeno cinque veicoli israeliani da persone conosciute come palestinesi, o ritenute tali, che hanno lanciato pietre contro veicoli israeliani che viaggiavano sulle strade della Cisgiordania.

9). A Gerusalemme Est e nell’Area C della Cisgiordania, adducendo la mancanza di permessi di costruzione rilasciati da Israele, che sono quasi impossibili da ottenere, le autorità israeliane hanno demolito, confiscato o costretto le persone a demolire 66 strutture comprese 18 strutture residenziali Ventidue (22) delle strutture erano state fornite da donatori come assistenza umanitaria. Di conseguenza, 60 palestinesi, tra cui 29 minori, sono stati sfollati e sono stati colpiti i mezzi di sussistenza di oltre 200 altri (seguono dettagli).

Quarantanove (49) delle strutture si trovavano in Area C, di cui sedici (tutte finanziate da donatori) demolite in un unico episodio registrato nella Comunità di Lifjim a Nablus; tre famiglie, comprendenti 17 persone, tra cui dieci minori, sono state sfollate. Altre 17 strutture sono state demolite a Gerusalemme Est, di cui otto demolite dai proprietari, per evitare il pagamento di multe alle autorità israeliane. Il mese di febbraio 2023 ha registrato il maggior numero di strutture demolite a Gerusalemme est, dall’aprile 2019, in un solo mese; con un totale di 36 strutture demolite, a fronte di una media mensile di undici demolizioni nel 2022.

10). Il 16 febbraio, nell’Area C della città di Hebron, per motivi punitivi, le autorità israeliane hanno demolito con esplosivi l’appartamento al quarto piano di un edificio residenziale a più piani, sfollando una famiglia composta da quattro persone, tra cui tre minori. L’appartamento apparteneva alla famiglia dell’uomo che sparò e uccise un colono israeliano il 29 ottobre 2022 a Hebron. Dall’inizio del 2023, per motivi punitivi, sono state demolite sei case e una struttura agricola, rispetto alle undici case e tre strutture demolite in tutto il 2022; erano state tre in tutto il 2021 e sette nel 2020. Le demolizioni punitive sono una forma di punizione collettiva e in quanto tali sono illegali ai sensi del diritto internazionale in quanto prendono di mira le famiglie di un autore, o presunto autore.

11). In diverse località della Cisgiordania, forze israeliane hanno limitato gli spostamenti dei palestinesi, interrompendo l’accesso di migliaia di persone a mezzi di sussistenza e servizi (seguono dettagli).

Il 26 febbraio, in seguito alla uccisione di due coloni israeliani (di cui sopra), l’esercito israeliano ha imposto la chiusura della città di Huwwara (Nablus) e ha chiuso i checkpoints nelle vicinanze; ha inoltre ostruito l’ingresso del villaggio di Beita (Nablus) con blocchi di cemento, ostacolando il movimento di più di 19.000 palestinesi.

Il 27 febbraio, in seguito all’uccisione di un israeliano, avvenuta lo stesso giorno, vicino a Gerico, l’esercito israeliano ha dispiegato posti di blocco volanti davanti a tutte le entrate/uscite della città di Gerico, inclusi blocchi di cemento, ostacolando il movimento di almeno 50.000 palestinesi.

In due episodi separati, registrati il 17 e il 24 febbraio, forze israeliane hanno limitato il movimento di oltre 10.000 palestinesi, chiudendo i cancelli stradali all’ingresso dei villaggi di Azzun (Qalqilya) e An Nabi Salih (Ramallah), rispettivamente per quattro e tre ore.

12). Nella Striscia di Gaza, vicino alla recinzione perimetrale israeliana o al largo della costa, in almeno 33 occasioni, forze israeliane hanno aperto il fuoco di avvertimento, presumibilmente per far rispettare le restrizioni di accesso; quattro pescatori sono stati arrestati e un peschereccio è stato sequestrato; non sono stati riportati feriti o danni. In un altro caso, quattro minori palestinesi sono stati arrestati da forze israeliane mentre cercavano di entrare in Israele attraverso la recinzione perimetrale. Inoltre, il 26 febbraio, si sono svolte manifestazioni lungo la recinzione perimetrale di Israele con Gaza, contro l’operazione di Nablus che ha provocato la morte di undici palestinesi (vedi sopra). I palestinesi hanno bruciato pneumatici e lanciato pietre e altri oggetti contro la recinzione e le forze israeliane, posizionate dall’altra parte della recinzione, hanno sparato proiettili veri, proiettili di gomma e lacrimogeni, ferendo quattro palestinesi, tra cui un minore.

13). Sempre nella Striscia di Gaza, il 23 febbraio, gruppi armati palestinesi hanno lanciato sei razzi e altri proiettili verso il sud di Israele; cinque razzi sono stati intercettati dal sistema israeliano Iron Dome e uno è caduto in un’area aperta in Israele. Secondo quanto riferito, forze israeliane hanno lanciato attacchi aerei contro siti militari appartenenti a gruppi armati della Striscia di Gaza. Non sono stati segnalati feriti.

Questo rapporto riflette le informazioni disponibili al momento della pubblicazione. I dati più aggiornati e ulteriori analisi sono disponibili su ochaopt.org/data.

Ultimi sviluppi (al di fuori del periodo di riferimento)

Questa sezione si basa su informazioni iniziali provenienti da diverse fonti. Ulteriori dettagli confermati saranno forniti nel prossimo rapporto.

Il 1° marzo, un palestinese è deceduto per le ferite da arma da fuoco riportate il giorno precedente, quando, durante un’operazione di ricerca-arresto nel Campo profughi di Aqbat Jaber (Gerico), era stato colpito dalle forze israeliane, nel contesto di uno scontro a fuoco con palestinesi.

Il 2 marzo, le forze israeliane hanno condotto un’operazione di ricerca-arresto nel villaggio di Azzun (Qalqilya), dove hanno colpito, con arma da fuoco, e ucciso un minore palestinese.

nota 1:

I Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati ogni due settimane in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informa-zioni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati.

sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina: https://www.ochaopt.org/reports/protection-of-civilians

L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano (vedi di seguito) l’edizione inglese dei Rapporti.

nota 2: Nella versione italiana non sono riprodotti i dati statistici ed i grafici. Le scritte [in corsivo tra parentesi quadre]

sono talvolta aggiunte dai traduttori per meglio esplicitare situazioni e contesti che gli estensori dei Rapporti

a volte sottintendono, considerandoli già noti ai lettori abituali.

nota 3: In caso di discrepanze (tra il testo dei Report e la traduzione italiana), fa testo il Report originale in lingua inglese.

Associazione per la pace – Via S. Allende, 5 – 10098 Rivoli TO; e-mail: assopacerivoli@yahoo.it




I coloni festeggiano Purim con altri attacchi contro i palestinesi

Ali Abunimah 

7 marzo 2023 – Electronic Intifada

Lunedì quattro palestinesi, tra cui una ragazza, sono stati portati in ospedale dopo che coloni israeliani li hanno aggrediti a colpi di pietre nel villaggio di Huwwara, nella Cisgiordania occupata.

Si tratta dello stesso villaggio che il mese scorso i coloni, appoggiati da soldati israeliani, hanno assaltato bruciando automobili, case e attività commerciali.

Durante il pogrom è stata uccisa una persona, il trentasettenne Sameh Aqtash, appena tornato dalla Turchia dove era andato volontario per aiutare le vittime del terremoto.

Dopo questo attacco il ministro israeliano delle Finanze Bezalel Smotrich ha rilasciato un appello genocida secondo cui Huwwara deve essere “spazzato via”.

Giovedì mi sono unito a Rania Khalek e Eugene Purvear su BreakThrough News [notiziario di controinformazione con sede negli USA, ndt.] per parlare dell’aggressione contro Huwwara e del contesto più generale dell’estremismo e della violenza israeliani in aumento, soprattutto delle sempre più frequenti incursioni letali nelle città e nei campi profughi palestinesi.

Si può vedere l’intervista completa nel video all’inizio di questo articolo [nella versione originale in inglese, ndt.].

Nonostante la condanna internazionale del primo attacco contro Huwwara, Israele non sta facendo niente per frenare i coloni.

I pogrom a Huwwara continuano anche come parte dei festeggiamenti per Purim dei coloni, appoggiati dal governo e senza che le autorità facciano rispettare la legge,” afferma l’Ong israeliana per i diritti umani Yesh Din.

Lunedì si sono visti coloni ballare e cantare per le strade del villaggio come parte dei festeggiamenti per la festa ebraica di Purim, un’esibizione che un giornalista ha definito uno “spettacolo di suprematismo ebraico”.

Spesso Purim viene festeggiato in maschera, ma per l’avanguardia dei coloni dello Stato israeliano è diventato da tempo un’occasione per sfoggiare il loro razzismo e la loro violenza.

Itamar Ben-Gvir, ora ministro israeliano della Sicurezza Nazionale, è stato un partecipante entusiasta di questa orribile tradizione.

Nel 1995, da giovane adulto, Ben-Gvir si è travestito da Baruch Goldstein, il colono e medico ebreo americano che un anno prima aveva massacrato 29 palestinesi che stavano pregando nella moschea di Ibrahimi a Hebron per il Ramadan.

Il dottor Goldstein è il mio eroe”, dice Ben-Gvir a una televisione israeliana in un video.

Nonostante il suo odio violento contro i palestinesi sia rimasto immutato, ora Ben-Gvir recita la parte dello statista, celebrando Purim con una cerimonia religiosa solenne insieme al Primo Ministro Benjamin Netanyahu.

Ma nelle città palestinesi i coloni continuano a scatenarsi, con il totale appoggio dell’esercito israeliano.

Utilizzare Purim come scusa per la violenza è praticamente una tradizione” nella Cisgiordania occupata, osserva Breaking the Silence, un’associazione israeliana contro l’occupazione.

La scorsa notte a Huwwara coloni e soldati hanno ballato insieme con la musica di Purim mentre altri coloni aggredivano palestinesi,” aggiunge Breaking the Silence.

Sfortunatamente il resto dell’anno l’esercito israeliano e i coloni non si scomodano a inventare scuse per le continue violenze contro i palestinesi.

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)




Sei importanti sviluppi che hanno segnato il 2022 per i palestinesi

Zena Al Tahhan e Maram Humaid

26 dicembre 2022 – Al Jazeera

L’ONU ha definito il 2022 l’anno più luttuoso degli ultimi 16 per i palestinesi nella Cisgiordania occupata dagli israeliani. Ecco alcuni degli eventi più importanti dell’anno.

Ramallah, Cisgiordania occupata e Gaza. Conflitti, incursioni e l’uccisione di una delle giornaliste più rispettate in Palestina sono alcuni degli eventi più importanti in Israele e Palestina nel 2022.

Le Nazioni Unite hanno dichiarato il 2022 l’anno più letale per i palestinesi nella Cisgiordania occupata dal 2006, a riprova di un aumento dell’uso della forza da parte di Israele, a fronte di un ulteriore spostamento verso l’estrema destra del Paese.

Ecco sei degli sviluppi più importanti del 2022 per i palestinesi.

Conflitto a Gaza, di nuovo

Meno di 15 mesi dopo il precedente bombardamento israeliano della Striscia di Gaza, il territorio sottoposto al blocco è stato attaccato da aerei da guerra israeliani per tre giorni agli inizi di agosto, causando la morte di almeno 49 palestinesi, tra cui 17 minori.

L’arresto in Cisgiordania del leader del Jihad Islamico Palestinese (PIJ) da parte delle forze israeliane ha sollevato timori di un’escalation, causando un’intensificazione della presenza militare israeliana lungo il confine tra Israele e Gaza.

Il 5 agosto gli aerei da guerra israeliani hanno lanciato un’ondata di attacchi aerei contro Gaza a cui il PIJ ha risposto lanciando razzi contro Israele.

Se c’era un reale timore che lo scoppio dei combattimenti avrebbe portato a un conflitto prolungato, specialmente dopo l’uccisione dei comandanti del PIJ lo scontro alla fine è terminato dopo tre giorni in seguito all’entrata in vigore di una tregua mediata dall’Egitto.

Una delle ragioni principali della mancata escalation del conflitto è stata la decisione di Hamas, che governa Gaza da 15 anni, di tenersi fuori dallo scontro.

Nonostante ciò ci sono stati danni considerevoli a Gaza, che era appena stata ricostruita dopo il conflitto nel 2021 durato 11 giorni. Non è inoltre scomparsa la minaccia di un altro scoppio di violenza prolungata, lasciando i palestinesi a Gaza costantemente preoccupati per quello che molti pensano sia un’inevitabile guerra futura.

Crescita della resistenza armata palestinese

Uno dei cambiamenti principali in Cisgiordania nel 2022 è stato la crescita di piccoli gruppi di resistenza armata concentrati nelle città settentrionali di Jenin e Nablus.

Il fenomeno è iniziato nel settembre 2021 con la formazione del primo gruppo, le Brigate di Jenin, nel campo profughi della città dopo l’uccisione a giugno da parte di Israele del combattente Jamil al-Amouri.

Ha fatto seguito nel 2022 la creazione delle Brigate di Nablus, della Fossa dei Leoni, delle Brigate di Balata, delle Brigate di Tubas e delle Brigate di Yabad. Mentre i gruppi già esistenti sono formati da membri di varie fazioni tradizionali palestinesi, questi nuovi si rifiutano di allinearsi con una specifica fazione o movimento.

Dato che i gruppi hanno limitate capacità, si sono concentrati in scontri con le forze israeliane in risposta ai loro raid quasi giornalieri e si sono anche impegnati in sparatorie contro checkpoint militari israeliani. Inoltre hanno rivendicato la responsabilità di attacchi che hanno ucciso soldati e coloni israeliani.

Con l’emergere di questi gruppi è la prima volta dalla seconda Intifada (2000-05) che formazioni organizzate hanno combattuto le forze israeliane in Cisgiordania. Alla fine di quell’Intifada, o rivolta, la maggior parte delle armi nel territorio era sotto il controllo dell’Autorità Palestinese (ANP).

Raid quotidiani e uccisioni

In seguito a una serie di attacchi individuali in Israele iniziati a marzo, Israele ha lanciato una campagna militare detta “Break the Wave” (Spezza l’ondata) con raid, arresti di massa e uccisioni quasi ogni giorno in Cisgiordania, focalizzati a Jenin e Nablus.

Con assassinii mirati e durante gli scontri armati, sono stati uccisi sia i civili che durante gli attacchi si sono scontrati con l’esercito israeliano e degli astanti non coinvolti, che dei combattenti palestinesi.

Secondo il ministero palestinese della Salute, in Cisgiordania e nella Gerusalemme Est occupata nel 2022 le forze israeliane hanno ucciso circa 170 palestinesi, inclusi più di 30 minori, e almeno altri 9.000 sono stati feriti.

Molte delle uccisioni hanno causato una particolare indignazione fra i palestinesi, inclusa recentemente quella del 12 dicembre, quando una sedicenne di Jenin è stata ferita a morte mentre dal tetto di casa sua osservava un attacco dell’esercito. Il 2 dicembre è stato ucciso in pubblico da un soldato israeliano anche un ventitreenne palestinese. L’uccisione è stata filmata e i palestinesi l’hanno descritta come “un’esecuzione”.

Nel corso di quest’anno osservatori, diplomatici e organizzazioni per i diritti umani hanno espresso “preoccupazione” circa l’uso eccessivo di forza letale da parte di Israele in Cisgiordania che ha causato l’elevato numero di uccisioni.

L’Ufficio dell’Alto Commissario dell’ONU per i Diritti Umani aveva in precedenza osservato che le forze israeliane “spesso usano armi da fuoco contro i palestinesi per un semplice sospetto o come misura precauzionale, in violazione dei principi internazionali”.

Uccisione di Shireen Abu Akleh

L’undici maggio le forze israeliane hanno ucciso Shireen Abu Akleh, giornalista veterana di Al Jazeera mentre stava seguendo un’operazione dell’esercito nel campo profughi di Jenin.

Abu Akleh, 51 anni, corrispondente televisiva palestinese-americana per Al Jazeera Arabic ha seguito l’occupazione israeliana dei territori palestinesi per oltre 25 anni. La sua uccisione ha sollevato una protesta internazionale e scosso il mondo intero.

La reporter è stata onorata nel corso di una processione funebre durata tre giorni con esternazioni di dolore e rispetto mentre il corpo veniva traslato da Jenin a Gerusalemme.

A Gerusalemme Est le forze israeliane hanno attaccato le persone in lutto che portavano la sua bara. Nonostante gli sforzi delle autorità israeliane, migliaia di palestinesi si sono riversati nelle strade di Gerusalemme per il funerale.

Varie indagini hanno ritenuto Israele responsabile della sua uccisione e a settembre Israele ha infine ammesso che con “molta probabilità” uno dei suoi soldati ha ucciso Abu Akleh. Comunque le autorità israeliane si sono rifiutate di avviare un’indagine penale.

A dicembre Al Jazeera ha presentato una richiesta formale alla Corte Penale Internazionale (ICC) per indagare e processare i responsabili dell’uccisione di Abu Akleh.

Ascesa dell’estrema destra

Nel 2022 si è svolta la quinta elezione parlamentare in Israele in meno di quattro anni. Se i risultati sembrano avere temporaneamente messo fine alla prolungata impossibilità di formare un governo stabile in Israele, ha tuttavia dato come risultato la creazione del governo di destra più estrema nella storia dei 74 anni del Paese.

Benjamin Netanyahu, primo ministro designato, e il suo partito Likud hanno formato un’alleanza con Sionismo Religioso e i partiti ultraortodossi, ottenendo una maggioranza di 64 seggi sui 120 parlamentari che costituiscono la Knesset.

Il terzo blocco per grandezza risultante dalle elezioni è l’alleanza Sionismo Religioso, una fusione tra il partito con lo stesso nome guidato da Bezalel Smotrich e Potere Ebraico, capitanato da Itamar Ben-Gvir.

I due personaggi controversi sono noti per i loro frequenti incoraggiamenti alla violenza contro i palestinesi e hanno pubblicamente dichiarato le proprie intenzioni di voler espandere la fondazione di colonie illegali israeliane in Cisgiordania.

L’anno scorso Smotrich ha detto che i palestinesi in Israele “sono qui per errore, perché [l’ex premier] Ben-Gurion non aveva finito il lavoro” di cacciarli nel 1948.

Nel contempo Ben-Gvir, che aveva in precedenza chiesto la deportazione di cittadini palestinesi “giudicati sleali verso Israele”, ha invitato i coloni a portare armi e ha regolarmente criticato l’esercito israeliano e il governo poiché non usano misure più rigide contro i palestinesi.

Le politiche e le opinioni dei politici che stanno per essere incaricati della sicurezza in Cisgiordania sono destinati a innescare ulteriormente la già tesa situazione sul posto.

Aumento degli attacchi dei coloni

Nel 2022 gli attacchi dei coloni israeliani contro i palestinesi in Cisgiordania sono aumentati, diventando più audaci e coordinati.

Quest’anno sono stati uccisi almeno tre palestinesi. Alcuni di questi attacchi sono avvenuti sotto gli occhi dell’esercito israeliano.

Prove inquietanti circa le forze israeliane che frequentemente facilitano, sostengono e partecipano agli attacchi dei coloni rendono difficile distinguere tra la violenza dei coloni israeliani e quella dello Stato,” ha sostenuto in un comunicato del 15 dicembre un funzionario dell’ONU.

Il 2022 è il sesto anno consecutivo in cui il numero di attacchi dei coloni israeliani nella Cisgiordania occupata è aumentato,” continua il documento. “Coloni israeliani armati e mascherati attaccano i palestinesi nelle loro case, aggrediscono i bambini che vanno a scuola, distruggono proprietà, bruciano oliveti e terrorizzano intere comunità nella totale impunità.”

Tra i 600.000 e i 750.000 coloni israeliani vivono in almeno 250 colonie illegali sparse in Cisgiordania e a Gerusalemme Est.

(traduzione dall’inglese di Mirella Alessio)




L’esercito israeliano rileva un ‘rapido aumento’ degli attacchi dei coloni ai palestinesi

Redazione di MEMO

29 novembre 2022 – Middle East Monitor

Lunedì media locali hanno riferito che l’esercito israeliano ha registrato un rapido aumento degli attacchi dei coloni ebrei illegali contro i palestinesi.

Secondo i dati pubblicati dall’esercito di occupazione, solo quest’anno i coloni hanno già effettuato 838 attacchi contro palestinesi, in confronto ai 446 del 2021 e ai 353 del 2020.

Il Times of Israel [giornale israeliano indipendente in lingua inglese, ndt.] ha riferito che l’esercito ha affermato che gli attacchi hanno incluso il lancio di pietre e atti di vandalismo. Ha specificato che sono comunemente chiamati attacchi “price tag” [prezzo da pagare, che i coloni impongono a carico dei palestinesi, ndt.]. Il giornale ha aggiunto che nel 2022 sono state aperte solo 101 indagini di polizia sugli attacchi dei coloni e che sono state richieste solo 28 incrimininazioni.

L’esercito ha affermato che non sono stati solo gli estremisti a mettere in atto attacchi contro i palestinesi, ma anche i coloni “moderati”. È significativo, tuttavia, che non vi sia nessun apparente riferimento al fatto che i coloni normalmente effettuano i loro attacchi con la completa protezione dei soldati israeliani. Tutti i coloni israeliani e le colonie in cui vivono sono illegali secondo il diritto internazionale.

Citando le valutazioni dei servizi segreti militari, l’esercito ha dichiarato di aver sventato lo scorso anno circa 500 attacchi della resistenza palestinese. Ha anche affermato di aver arrestato dalla fine di marzo più di 2.500 palestinesi nella Cisgiordania mentre ha confiscato armi e 2.7 milioni di shekel in contanti (circa 710.000 euro).

Il Times of Israel ha citato fonti dell’Autorità Nazionale Palestinese secondo cui circa 150 palestinesi sono stati uccisi durante gli attacchi dell’esercito israeliano.

(traduzione dall’inglese di Gianluca Ramunno)




Rapporto OCHA del periodo 13 – 26 settembre

La versione in italiano dei rapporti ONU OCHA OPT è stata curata negli ultimi 10 anni dall’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, ma purtroppo questo prezioso lavoro si è ora interrotto per la scomparsa di Ezio Romanelli che con costanza e competenza provvedeva alla loro pubblicazione. Nella speranza che altri raccolgano stabilmente questa importante eredità, AssoPacePalestina si offre di colmare intanto questa lacuna.

Tre palestinesi, tra cui un minore, e un ufficiale israeliano sono stati uccisi a Jenin.

Il 14 settembre, due uomini palestinesi hanno avuto uno scambio di fuoco con i soldati israeliani di stanza al checkpoint di Jalama (Jenin), vicino al confine settentrionale della Cisgiordania con Israele. Come risultato, entrambi i palestinesi (22 e 23 anni), uno dei quali lavorava nei servizi di sicurezza palestinesi, e un ufficiale israeliano sono stati uccisi. Il giorno successivo, le forze israeliane hanno fatto irruzione a Kafr Dan (Jenin), da dove provenivano gli attentatori, e hanno preso le misure delle case delle due famiglie, a quanto pare in preparazione della loro demolizione punitiva. Durante l’incursione, le forze israeliane hanno sparato munizioni vere e bombole di gas lacrimogeno contro i residenti che lanciavano pietre. Un ragazzo di 17 anni è stato colpito e ucciso, e altri tre sono stati feriti con munizioni vere. Un altro palestinese è stato arrestato. Il 15 settembre, le autorità israeliane hanno chiuso per quattro giorni i checkpoint Jalama e Salem, al confine tra la Cisgiordania e Israele, vicino a Jenin, e hanno impedito ai residenti a Kafr Dan (Jenin), anche se titolari di un permesso, di entrare in Israele attraverso qualsiasi checkpoint fino al 29 settembre. Ai parenti dei responsabili è ancora vietato l’uso dei checkpoint fino a nuovo avviso.

Le forze israeliane hanno sparato e ucciso un uomo palestinese e ne hanno feriti altri tre a Nablus. Il 25 settembre, durante un’operazione militare nella città di Nablus, le forze israeliane hanno aperto il fuoco contro un uomo palestinese in moto, che secondo le autorità israeliane era armato, uccidendolo. Alla fine del periodo di riferimento di questo rapporto, il suo corpo è ancora trattenuto dalle autorità israeliane. Successivamente, si è verificato uno scambio di fuoco tra Palestinesi armati e forze israeliane e tre Palestinesi armati sono stati feriti con munizioni vere.

Due palestinesi sono stati colpiti e uccisi durante due loro attacchi, o presunti tali, in Cisgiordania e in Israele. Il 24 settembre, un uomo palestinese di 36 anni ha, secondo quanto riportato, speronato con il suo veicolo un’auto della polizia israeliana parcheggiata sul ciglio della strada vicino all’insediamento di Gilad Farm (Nablus), prima di essere colpito e ucciso da un soldato israeliano. Secondo i media israeliani, un agente di polizia israeliano è rimasto ferito. Mentre le autorità israeliane hanno affermato che lo speronamento è stato intenzionale, i testimoni oculari e le prime indagini di un’organizzazione per i diritti umani suggeriscono che si è trattato di un incidente e che la vittima ha perso il controllo del suo veicolo. Il 22 settembre, un uomo palestinese di 23 anni, proveniente dall’area di At Tur, a Gerusalemme Est, ha aggredito fisicamente, tentato di accoltellare e spruzzato dello spray al peperoncino contro gli israeliani seduti nei veicoli che si erano fermati ad un semaforo, su un tratto della Strada 443 che corre all’interno di Israele, vicino al confine con la Cisgiordania, ferendone otto, secondo i media israeliani. L’uomo palestinese è stato colpito e ucciso da un agente della Polizia di Frontiera fuori servizio. Alla fine del periodo di riferimento di questo rapporto, entrambi i corpi dei palestinesi sono ancora trattenuti dalle autorità israeliane. Dall’inizio dell’anno, dodici Palestinesi sono stati colpiti e uccisi dalle forze israeliane durante attacchi palestinesi o tentati/presunti attacchi contro israeliani in Cisgiordania e Israele.

Un passante palestinese è stato colpito e ucciso e altri due sono stati feriti dalle forze di sicurezza palestinesi a Nablus. Il 19 settembre, le forze di sicurezza palestinesi hanno condotto un’operazione a Nablus per arrestare un uomo palestinese dichiarato ‘ricercato’ dalle autorità israeliane. Successivamente, si è verificato uno scambio di fuoco tra le forze di sicurezza palestinesi e le fazioni armate palestinesi, che chiedevano il rilascio dell’uomo. Nel corso dell’incidente si sono verificati lanci di pietre e incendio di pneumatici. Un palestinese, a quanto pare un passante, è stato colpito e ucciso con uno sparo e altri due sono stati feriti.

In totale, 175 palestinesi, tra cui almeno 29 minori, sono stati feriti dalle forze israeliane in tutta la Cisgiordania, di cui 17 sono stati colpiti da munizioni vere. 115 dei feriti sono stati registrati nei pressi di Beita e Beit Dajan (entrambi a Nablus), Kafr Qaddum (Qalqilya) e At Tuwani (Hebron) durante le proteste contro gli insediamenti. Altri 23 palestinesi sono stati feriti in una manifestazione vicino a Qusra (Nablus), dove protestavano contro la chiusura dal 13 settembre dell’ingresso principale del villaggio con cumuli di terra da parte delle forze israeliane. A Huwwara (Nablus), tre palestinesi sono stati feriti quando i coloni israeliani, accompagnati dalle forze israeliane, hanno aggredito fisicamente i residenti e lanciato pietre contro i veicoli e i negozi della comunità. Secondo fonti palestinesi, le forze israeliane hanno sparato bombe sonore, candelotti di gas lacrimogeno e proiettili di gomma contro i residenti che lanciavano pietre (maggiori dettagli di seguito). Altre 28 persone sono state ferite in sette operazioni di perquisizione e arresto e in operazioni militari a Kafr Dan (Jenin), Husan (Betlemme), Beit Ummar, At Tuwani (entrambi a Hebron) e nella città di Nablus. In due incidenti, le forze israeliane hanno sparato munizioni vere contro Palestinesi che cercavano di raggiungere i loro cantieri di lavoro in Israele, passando attraverso aperture informali nella Barriera vicino a Tulkarm e Ramallah; uno è stato ferito dalle munizioni vere e altri 15 sono stati arrestati. Dall’inizio dell’anno, tre lavoratori palestinesi sono stati colpiti e uccisi e altri 30 sono stati feriti dalle forze israeliane mentre cercavano di attraversare le aperture informali della Barriera. In un altro incidente, a seguito dell’attacco palestinese sulla strada 443 il 22 settembre (vedi sopra), le forze israeliane hanno fatto irruzione nella zona di At Tur a Gerusalemme Est, da dove proveniva l’autore dell’attacco. Decine di poliziotti sono stati dispiegati, bloccando la circolazione dei residenti e innescando scontri con le forze israeliane. Come risultato, cinque palestinesi sono stati feriti con proiettili di gomma.

Il 26 settembre, sono stati registrati ferimenti e arresti di palestinesi a Haram al Sharif/Monte del Tempio, nella Città Vecchia di Gerusalemme. Quel giorno, coloni e altri israeliani hanno avuto accesso al complesso per il Capodanno ebraico. Le autorità israeliane hanno schierato migliaia di poliziotti e installato barriere metalliche all’interno e intorno alla Città Vecchia, limitando l’accesso dei palestinesi, anche ad Haram al Sharif/Monte del Tempio. Le forze israeliane hanno sparato proiettili di gomma, granate stordenti e candelotti di gas lacrimogeno contro i palestinesi nella Moschea Al Qibli e hanno chiuso i suoi cancelli con catene di ferro per diverse ore, impedendo ai fedeli di lasciare la struttura. Secondo le autorità israeliane, i palestinesi hanno lanciato pietre e petardi. Almeno due uomini palestinesi sono stati feriti e cinque palestinesi sono stati aggrediti fisicamente e arrestati dalle forze israeliane.

Le autorità israeliane hanno demolito o confiscato 45 strutture di proprietà palestinese nell’Area C della Cisgiordania, adducendo la mancanza di permessi di costruzione rilasciati da Israele; quattro delle strutture erano state fornite come aiuti umanitari finanziati da donatori. In conseguenza di ciò, 21 persone, tra cui 13 minori, sono state sfollate e sono stati colpiti i mezzi di sostentamento di circa 270 altre persone. Tutte le strutture si trovavano nell’Area C, comprese 13 strutture sequestrate senza preavviso, il che ha impedito ai proprietari di opporsi in anticipo. Questo rappresenta un aumento significativo di tali sequestri rispetto alla media bisettimanale dall’inizio dell’anno (quattro). A Ras ‘Atiya (Qalqiliya) e Kur (Tulkarm), le autorità israeliane hanno sigillato due pozzi, situati nell’Area B, senza preavviso. I pozzi erano l’unica fonte di irrigazione per circa 400 ettari di terreno coltivato e venivano utilizzati anche per l’acqua potabile; la loro chiusura colpisce più di 8.000 palestinesi in tre villaggi circostanti.

Durante il periodo di riferimento, le forze israeliane hanno condotto 120 operazioni di perquisizione e arresto e hanno arrestato 216 Palestinesi, tra cui almeno dieci minori, in tutta la Cisgiordania. Il governatorato di Hebron ha registrato il maggior numero di operazioni (34) e di arresti (66). Nel corso di sette operazioni di ricerca e arresto e di operazioni militari, le forze israeliane hanno sparato munizioni vere contro i Palestinesi che hanno lanciato pietre e, in alcuni casi, hanno aperto il fuoco contro le forze israeliane, causando 28 feriti palestinesi, di cui 13 da munizioni vive.

I coloni israeliani hanno ferito otto Palestinesi, e persone conosciute o ritenute essere coloni israeliani hanno danneggiato proprietà palestinesi in 11 casi. Il 19 e il 22 settembre, coloni israeliani hanno aggredito fisicamente e spruzzato pepe su otto palestinesi a Huwwara e al checkpoint di Za’atara (entrambi a Nablus). Complessivamente, 60 alberi di proprietà palestinese sono stati sradicati o vandalizzati nei pressi degli insediamenti israeliani vicino a Qaryut e Deir Sharaf (entrambi a Nablus) e Qawawis (Hebron). In otto incidenti, nell’area H2 della città di Hebron, vicino a Khirbet Bir al ‘Idd (Hebron), a Silat adh Dhahr (Jenin), a Burqa e Burin (entrambi a Nablus), a Sinjil e ad Al Mu’arrajat East (entrambi a Ramallah), almeno nove auto di proprietà palestinese sono state vandalizzate; il lancio di pietre avrebbe danneggiato tre strutture di sostentamento palestinesi.

Un colono israeliano è stato ferito e sono stati causati danni a una sinagoga e a un veicolo con targa israeliana quando persone ritenute palestinesi hanno aperto il fuoco verso l’insediamento israeliano di Carmel (Hebron) e contro veicoli israeliani che viaggiavano a Huwwara (Nablus). In altri sette incidenti, persone conosciute o ritenute palestinesi hanno lanciato pietre contro veicoli israeliani che viaggiavano sulle strade della Cisgiordania; di conseguenza, sei israeliani sono stati feriti e almeno sette veicoli sono stati danneggiati, secondo le fonti israeliane.

Dal 26 al 28 settembre, la centrale elettrica di Gaza ha chiuso una delle sue tre turbine operative a causa di una carenza di carburante dovuta alla chiusura del confine tra Israele e Gaza per le festività ebraiche. La produzione di energia, che dipende dal carburante in arrivo da Israele, si è ridotta da 70 a 50 megawatt. Le interruzioni programmate di elettricità sono aumentate da 12 a 16 ore al giorno, ostacolando la fornitura dei servizi di base.

Anche nella Striscia di Gaza, in almeno 39 occasioni, le forze israeliane hanno aperto il fuoco di avvertimento vicino alla recinzione perimetrale di Israele o al largo della costa, presumibilmente per far rispettare le restrizioni di accesso ad aree all’interno di Gaza. Secondo quanto riferito, la maggior parte degli incidenti ha costretto agricoltori o pescatori ad allontanarsi dalle loro aree di lavoro. Un uomo palestinese è stato arrestato mentre tentava di entrare in Israele attraverso la recinzione perimetrale vicino a Beit Lahiya. Quattro pescatori palestinesi sono stati arrestati e le loro barche sono state confiscate dalle forze navali israeliane al largo della costa di Gaza, vicino a Deir Al Balah. In quattro occasioni, le forze israeliane hanno effettuato un livellamento del terreno vicino alla recinzione perimetrale nell’area di Rafah.

Ultimi sviluppi (al di fuori del periodo di riferimento)

– Il 28 settembre, quattro palestinesi sono stati uccisi e decine di altri sono rimasti feriti in un’operazione militare israeliana che ha comportato uno scambio di fuoco con i palestinesi.

– Il 29 settembre, un bambino palestinese di 7 anni è morto durante un’attività svolta dalle forze israeliane a Tuqu’ (Betlemme); l’ONU ha chiesto un’indagine

(Maggiori dettagli su entrambi gli incidenti saranno forniti nel prossimo rapporto)

Questo rapporto contiene le informazioni disponibili al momento della pubblicazione. Dati più aggiornati e ulteriori suddivisioni sono disponibili su ochaopt.org/data.

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Chi volesse ricevere ogni due settimane via email una copia del Rapporto in italiano (oppure cancellarsi dalla mailing list) può richiederlo a: donatocioli@gmail.com




Testimoni sostengono che il sedicenne palestinese è stato ucciso dal fuoco dei coloni israeliani

Mariam Barghouti  

1 agosto 2022 – Mondoweiss

Testimoni oculari dicono che Amjad Abu Alia è stato ucciso dal fuoco proveniente dal luogo in cui si trovavano dei coloni israeliani ripresi mentre sparavano e tiravano pietre contro i palestinesi nella zona.

Sabato 30 luglio la città di al-Mughayyir ha reso l’estremo omaggio a uno dei suoi figli, Amjad Nashaat Abu Alia, ucciso il giorno precedente, venerdì 29 luglio. 

Abu Aliaa aveva solo sedici anni quando è stato ucciso mentre cercava di sfuggire a coloni e soldati israeliani che stavano sparando proiettili veri e tirando pietre contro manifestanti palestinesi disarmati nel paesino del distretto di Ramallah, nella Cisgiordania occupata. 

Abu Alia stava partecipando a una protesta con abitanti della cittadina e attivisti che provenivano da fuori nel tentativo di contenere l’escalation, nel corso delle ultime settimane, di attacchi da parte dei coloni contro il loro villaggio.

I manifestanti disarmati che sventolavano bandiere palestinesi e gridavano slogan contro l’espansione degli insediamenti sono stati accolti da coloni israeliani provenienti dal vicino avamposto illegale di Adei-Ad. L’esercito israeliano ha anche lanciato lacrimogeni e sparato pallottole di gomma contro i dimostranti. 

Il colono armato insieme al soldato si confronta con un palestinese nel giorno dell’uccisione del ragazzo sedicenne. Foto :Hadi Sabarna

Secondo i testimoni oculari anche parecchi coloni israeliani armati hanno attaccato manifestanti e giornalisti e tirato pietre contro di loro mentre i soldati stavano a guardare senza intervenire. 

La violenza dei coloni insieme a quella dell’esercito ha aggravato lo scontro e i giovani palestinesi del villaggio hanno risposto lanciando pietre. Le riprese video dei giornalisti presenti mostrano i soldati israeliani che sparano proiettili veri contro i dimostranti mentre i coloni tirano pietre verso i palestinesi.

Testimoni oculari e giornalisti hanno detto a Mondoweiss che anche vari coloni armati hanno sparato proiettili veri verso i palestinesi. Resta da confermare se la pallottola che ha ucciso Abu Alia provenisse dai soldati israeliani o dai coloni. 

Dopo essere stato colpito al petto da proiettili veri, Abu Alia è stato portato in ospedale dove poco dopo ne è stata dichiarata la morte. Almeno due altri palestinesi sono stati feriti con proiettili veri: uno, colpito alla coscia, è in condizioni critiche. Tre altri sono stati colpiti da pallottole di acciaio ricoperte di gomma.

Laila Ghannam, governatrice di Ramallah, ha detto ai giornalisti: “Noi non abbiamo ancora indagato a fondo, ma i testimoni affermano che lo sparo che ha colpito il ragazzo proveniva dalla parte dei coloni, non da quella dell’esercito.”

Secondo Haaretz l’esercito israeliano ha ammesso di essere “a conoscenza della denuncia” dell’uccisione di un palestinese, ma non ha approfondito. Questa è una posizione consueta dell’esercito israeliano. Abu Alia è il diciassettesimo minore palestinese ucciso dalla violenza israeliana dall’inizio di quest’anno. 

Coloni armati di pistole e M16: ‘È stato spaventoso’

Hadi Sabarna, un fotogiornalista palestinese sulla scena nel momento in cui Abu Alia è stato ucciso, ha detto a Mondoweiss che sia i soldati israeliani che i coloni hanno sparato verso il ragazzo. 

È stato spaventoso, c’era una giovane colona vestita casual con un telefonino in una mano e una pistola nell’altra.”

la colona armata di pistola .Foto : Hadi Sabarna

C’erano anche coloni con i loro M-16 [fucili d’assalto dell’esercito USA]. Era come se l’esercito li stesse addestrando a sparare e attaccare e intervenisse solo a favore dei coloni,” continua Sabarna.  

Maher Naasan, un attivista palestinese presente durante la protesta, anche lui ferito al petto da un proiettile ricoperto di gomma, ha detto a Mondoweiss che “il ragazzo [Abu Alia] era stato preso di mira dai coloni. Non costituiva in alcun modo una minaccia alle loro vite.”

Naasan aggiunge che i coloni hanno provocato l’escalation della situazione fin dall’inizio, quando sono apparsi alla protesta armati di pistole e hanno cominciato ad attaccare i manifestanti palestinesi.  

Sabarna spiega che non è stato solo l’esercito, ma che anche uno dei coloni ha sparato contro Abu Elia nel momento in cui sparavano i soldati. 

Ricordando la scena vicino alla strada principale di al-Mughayyir, Sabarna spiega: “Amjad e altri giovani si stavano allontanando dai coloni che lanciavano sassi.”

I soldati hanno inseguito gli shabab (giovani) sparando contro di loro mentre i coloni continuavano ad attaccare stando alle loro spalle.” 

Sabarna dice che soldati e coloni continuavano a prendere di mira i giovani che a questo punto cercavano di sfuggire alla violenza armata: “Gli shabab  tiravano pietre per difendersi.” I coloni e l’esercito hanno continuato a sparare contro i palestinesi e alla fine ne hanno colpiti tre, incluso Abu Alia. 

Amjad aveva sete, ho visto che quando gli hanno sparato aveva una bottiglia d’acqua in mano,” ricorda Sabarna. “L’ha aperta, ma non è riuscito a bere, correva con la bottiglia in mano.” 

Attacchi di coloni imbaldanziti

Al-Mughayyir è una cittadina di 3.102 abitanti a 27 km a nord est di Ramallah. Per anni la comunità ha subito la continua minaccia di attacchi sempre più intensi dei coloni e le annessioni forzate con l’esercito israeliano in prima linea. 

Solo poche settimane fa, il 10 luglio, ad al-Mughayyir alcuni coloni hanno attaccato un palestinese le cui ferite hanno richiesto il ricovero in ospedale. Nel gennaio 2019 un gruppo di coloni armati ha attaccato la cittadina e ucciso il trentottenne Hamdi Naasan e inseguito e ferito oltre 30 altri abitanti.  Nonostante i tentativi dei giovani palestinesi di lanciare pietre contro i coloni come deterrente, in quell’occasione nove palestinesi sono stati gravemente feriti con proiettili veri e ricoverati in ospedale.

Tutto ciò continua a succedere. Le nostre proteste pacifiche avvengono a fronte della violenza da parte dei coloni che hanno chiuso gli ingressi al villaggio, aggredito noi e i pastori nella zona,” dice Naasan.

Nel 2011 e nel 2014 in due occasioni separate i coloni israeliani di Adei-Ad hanno dato fuoco alla moschea di al-Mughayyir, profanando un luogo di culto. L’avamposto di Adei-Ad, fondato da un gruppetto di coloni israeliani nel 1998, è illegale ai sensi di leggi internazionali e israeliane. 

Nonostante l’ordine di abbandonare gli avamposti agli inizi degli anni 2000, i coloni ci mantengono una presenza e frequentemente attaccano i palestinesi nelle zone circostanti, anche ad al-Mughayyir. C’è un progetto di inglobare Adei-Ad nella vicina colonia di Amihai, legalizzando in tal modo l’avamposto. 

Noi viviamo in mezzo a un esercito che blocca l’accesso alle nostre terre e caccia i palestinesi con il pretesto delle ‘aree militari chiuse,’ eppure, non si sa come, permette a civili e cittadini israeliani di muoversi a loro piacimento,” dice Naasan. 

Fa tutto parte del tentativo dei coloni di cacciarci via.” 

(tradotto dall’inglese da Mirella Alessio)




Centinaia di feriti, uno grave, per l’attacco di coloni e soldati ai villaggi di Nablus, Jenin e Tulkarem

25 dicembre 2021 – IMEMC News

Sabato notte la Mezzaluna Rossa (Croce Rossa) palestinese ha riferito che centinaia di palestinesi sono stati feriti, di cui uno con una grave ferita da arma da fuoco alla testa, quando centinaia di coloni illegali e soldati israeliani hanno sferrato ripetuti attacchi contro case palestinesi a Burqa, Beita, Sebastia, Bazaria, Silat ath-Thaher e altre aree a Nablus, Jenin e nel nord della Cisgiordania.

La Mezzaluna Rossa ha dichiarato che i soldati israeliani hanno ferito più di 135 palestinesi di cui almeno dieci sono stati colpiti da proiettili veri, trentacinque da proiettili d’acciaio ricoperti di gomma e almeno novantacinque hanno subito gravi conseguenze dall’inalazione di gas lacrimogeno; tra i feriti ci sono molte donne, anziani e bambini, compresi neonati.

Ha aggiunto che una donna incinta ha subito gravi conseguenze dall’inalazione di gas lacrimogeno prima di essere portata d’urgenza in ospedale con le doglie.

Anche due giornalisti palestinesi, identificati in Ehab Dmeiri e Fadi Yassin, sono stati feriti a Bazaria, a nord-ovest di Nablus.

Ehab, corrispondente dell’agenzia di stampa [dell’Autorità Nazionale Palestinese, ndtr.] WAFA, è stato colpito da un proiettile d’acciaio rivestito di gomma, mentre Fadi, cameraman che lavora per la TV palestinese, ha subito i gravi conseguenze dall’inalazione di gas lacrimogeno oltre a ferite da taglio e contusioni.

Le moschee di zona a Jenin e Nablus hanno invitato i palestinesi a radunarsi per proteggere le famiglie di Burqa e Beita, in particolare dopo che decine di coloni israeliani illegali hanno attaccato case e famiglie, causando molti feriti e gravi danni alle proprietà.

Decine di palestinesi hanno poi lanciato pietre contro i coloni e i soldati invasori, ferendo un soldato al volto.

I soldati hanno anche preso di mira direttamente, sparando proiettili e candelotti lacrimogeni, molti giornalisti palestinesi a Tulkarem mentre riprendevano in diretta le invasioni in corso.

L’attacco ha ferito due fotoreporter identificati in Fadi Yassin e Hazem Bleidi.

Militanti della resistenza hanno anche avuto uno breve scontro a fuoco con i soldati invasori vicino al raccordo di Burqa a Nablus.

Inoltre, decine di coloni hanno attaccato molte case nella città di Sebastia, a nord di Nablus, e sparato proiettili veri contro i palestinesi accorsi in aiuto delle famiglie.

L’esercito israeliano ha affermato che vicino a Nablus molti proiettili veri sono stati sparati contro una postazione militare da un’auto palestinese in corsa.

Nel frattempo, i soldati israeliani hanno chiuso molte strade e incroci e imposto severe restrizioni alla libertà di movimento dei palestinesi, consentendo allo stesso tempo a centinaia di coloni fanatici di marciare nell’area e dirigersi verso il sito dell’ex colonia di Homesh, dove hanno iniziato a ricostruire e predisporsi a ristabilire la colonia sulle terre palestinesi rubate.

Anche vicino a Sebastia i soldati hanno sparato contro i palestinesi una raffica di candelotti lacrimogeni, bombe a concussione [a combinazione ionica/protonica; creano un globo di 6 metri con una forza d’urto che smembra chi è vicino, ndtr.] e molti proiettili veri, causando molti feriti.

Massicce proteste hanno avuto luogo anche in varie aree di Jenin e Nablus, prima che i soldati sparassero proiettili veri, candelotti lacrimogeni e bombe a concussione.

Notizie simili riferiscono di massicce proteste nella città di Silwan, a sud della moschea di Al-Aqsa nella Gerusalemme occupata, dopo che l’esercito ha occupato il quartiere di Batn al-Hawa e invaso le case.

(traduzione dall’inglese di Luciana Galliano)




Coloni sparano ad un palestinese e ne mutilano il corpo mentre giace in fin di vita

Basil al-Adraa e Yuval Abraham

8 giugno 2021 – +972 MAGAZINE

Testimoni affermano che dei coloni israeliani avrebbero sparato a Ismail Tubasi e lo avrebbero aggredito con oggetti appuntiti nel corso di una loro irruzione nel suo villaggio in Cisgiordania. Nessuna inchiesta è stata aperta.

Ismail Tubasi è stato ucciso venerdì 14 maggio, appena a sud di Hebron, nella Cisgiordania occupata. Tubasi, 27 anni, del villaggio palestinese di al-Rihiya, è stato trasportato gravemente ferito in un ospedale locale, dove ne è stato constatato il decesso.

Secondo le prove raccolte da Local Call [sito di notizie in lingua ebraica co-fondato e co-redatto da Just Vision e 972 Advancement of Citizen Journalism che pubblica anche +972 Magazine, ndtr.], sembra che Tubasi sia stato colpito con armi da fuoco da coloni israeliani, forse in compagnia di soldati, e dopo, mentre era a terra incapace di muoversi, brutalmente aggredito con oggetti appuntiti.

Secondo due testimoni i coloni avrebbero sparato a Tubasi dopo aver iniziato ad appiccare il fuoco a campi e alberi di proprietà palestinese ad al-Rihiya [città palestinese situata a sei chilometri a sud-ovest di Hebron, ndtr.]. I testimoni oculari hanno detto che Tubasi e altri palestinesi si sarebbero recati nei campi per cercare di spegnere le fiamme. Lì dei coloni armati di pistole, asce e bastoni avrebbero iniziato a inseguirlo, dopo di che i testimoni avrebbero sentito una serie di colpi di pistola.

Uno dei testimoni, il nipote di Tubasi, ha detto di aver visto suo zio steso a terra dopo che era stato colpito da un proiettile, ma non avrebbe notato nessuna ferita sul viso. Il nipote sarebbe poi fuggito dal luogo per paura che i coloni, che si stavano avvicinando a Tubasi ferito, se la prendessero anche con lui.

Tuttavia mezz’ora dopo, quando Tubasi è giunto in ospedale, il suo volto era sanguinante per ferite fresche e profonde, che non c’erano quando gli hanno sparato. Secondo la testimonianza, Tubasi sarebbe stato aggredito con un oggetto appuntito mentre non era in grado di muoversi.

Tubasi è stato trasportato all’ospedale Shaheed Abu Hassan al-Qassam nella città di Yatta, in Cisgiordania, dove ne è stato dichiarato il decesso. Secondo il referto dell’ospedale il corpo di Tubasi non aveva una ferita d’uscita del proiettile. Il referto dice anche che egli è stato ferito alla fronte da due oggetti appuntiti, uno lungo 20 centimetri e l’altro sette centimetri. Secondo il referto la causa della morte è stata un proiettile che ha colpito Tubasi alla testa. Il referto, che include una foto del corpo del deceduto, è stato visionato da Local Call e +972.

In Cisgiordania i coloni israeliani aggrediscono regolarmente i palestinesi, bruciano le loro coltivazioni e alberi e danneggiano le loro proprietà. Il gruppo per i diritti umani Yesh Din afferma di aver ricevuto 216 denunce di violenze compiute da coloni tra gennaio 2020 e giugno 2021. Un recente rapporto dell’organizzazione ha elencato 63 casi di gravi aggressioni tra il 2017 e il 2020. In nessuno di questi casi è stata avviata una procedura d’accusa contro gli aggressori.

L’esercito israeliano si è rifiutato di fornire una risposta ufficiale riguardo l’episodio, ma fonti militari hanno riferito alla Israeli Public Broadcast Corporation [l’emittente radiofonica e televisiva pubblica dello Stato di Israele, ndtr.] (che ha raccolto la storia in seguito alle indagini iniziali di Local Call) che i soldati sarebbero arrivati ​​sul luogo dopo la sparatoria. Secondo le stesse fonti, l’esercito ha riferito alla polizia che un palestinese era stato effettivamente ucciso, ma la polizia deve ancora iniziare ad indagare.

Sebbene la brutale violenza dei coloni sia pervasiva è abbastanza raro che tali aggressioni conducano all’uccisione delle vittime. Secondo il gruppo per i diritti umani B’Tselem dal 2014 civili israeliani avrebbero ucciso 30 palestinesi residenti in Cisgiordania, molti dei quali durante presunti tentativi da parte di palestinesi di accoltellare israeliani o lanciare pietre contro veicoli israeliani.

Nel novembre 2017, ad esempio, i coloni hanno ucciso a colpi di arma da fuoco Mahmoud Za’al Odeh, del villaggio di Qusra [15 km a sud est di Nablus, ndtr.], sostenendo di essere stati attaccati con pietre mentre si trovavano sulla sua terra. Uno dei casi più infami di violenza mortale dei coloni è l’omicidio nel luglio 2015 dei membri della famiglia Dawabshe, bruciati vivi nelle loro case nel villaggio di Duma mentre dormivano.

La morte di Tubasi è avvenuta in un giorno di manifestazioni di massa in tutta Israele-Palestina, compresa la Cisgiordania, per protestare contro gli attacchi israeliani a Gaza e le violenze contro i cittadini palestinesi all’interno di Israele. Secondo il ministero della Sanità palestinese, quel giorno le forze di sicurezza israeliane [l’esercito israeliano, ndtr.] avrebbero ucciso in varie località della Cisgiordania 11 palestinesi. Sulla base di testimonianze palestinesi gruppi di coloni, spalleggiati da un piccolo numero di soldati, avrebbero assaltato, oltre che al-Rihiya, quattro villaggi in Cisgiordania: Urif, Asira al-Qabliya, Eskaka e Marda. La morte di Tubasi per mano dei coloni smentisce l’affermazione del ministero della Sanità palestinese che attribuiva ai soldati israeliani la responsabilità della morte degli 11 palestinesi.

Secondo gli amministratori di queste quattro località, gli assalti dei coloni hanno portato a scontri di massa e all’uso di armi da fuoco contro palestinesi da parte sia dei coloni che dei soldati. Secondo quanto riferito quattro giovani palestinesi, uno in ogni località, sarebbero stati uccisi in questo modo mentre decine di altri palestinesi sarebbero rimasti feriti. “Sono venuti per uccidere”, ha detto Hafez Saleh, l’amministratore di Asira al-Qabliya.

“L’esercito ha visto tutto, ma non è intervenuto”

Secondo tre testimoni oculari con cui ha parlato Local Call, il 14 maggio alle 14 diverse decine di coloni sarebbero arrivati ​​dalla direzione di Beit Hagai, una colonia israeliana situata a 700 metri da al-Rihiya, e avrebbero iniziato ad incendiare i campi e gli alberi del villaggio, entrando persino nell’abitato. Gli abitanti del villaggio li avrebbero identificati come coloni in quanto vestiti da civili, con addosso la kippah e alcuni con riccioli sui lati del volto. Gli abitanti del villaggio hanno detto che quando hanno cercato di spegnere il fuoco sarebbero stati picchiati dai coloni. I soldati israeliani sarebbero arrivati ​​sul posto senza intervenire.

“Mi sono svegliato a casa con la gente che urlava: ‘Al fuoco, hanno appiccato un fuoco’”, ricorda Kazem al-Hallaq, un abitante di Al-Rihiya di 62 anni. Sono uscito e ho visto un grande incendio nella zona degli ulivi e dei campi di grano e di orzo. La fonte dell’incendio era a nord, cioè nella direzione di Beit Hagai. Molti coloni, circa 50 persone, stavano nei pressi delle fiamme. Hanno continuato ad appiccare il fuoco ai campi e si sono assicurati che bruciassero e che le fiamme si diffondessero”.

Al-Hallaq riferisce di aver visto due giovani della sua famiglia che cercavano di spegnere il fuoco con delle coperte, ma subito ha visto i coloni correre verso di loro e picchiarli, e ad un certo momento gettarli a terra. I soldati si tenevano lontani. Hanno visto tutto, ma non sono intervenuti”, dice al-Hallaq.

“Quando sono arrivati ​​altri palestinesi per spegnere l’incendio, l’esercito è intervenuto e ha iniziato a sparargli contro lacrimogeni e proiettili di gomma”, ha continuato al-Hallaq. La maggior parte delle persone è fuggita verso le proprie case e la scuola. I coloni li hanno inseguiti, proprio davanti ai soldati, sono entrati nel villaggio e hanno iniziato a lanciare pietre contro le case.

I coloni sono venuti proprio a casa mia e hanno distrutto l’auto parcheggiata all’ingresso. E’ stato spaventoso. Ho chiuso la porta di casa e sono salito sulla terrazza con i bambini per nasconderli. Mentre stavo nascosto sul tetto i coloni sono saliti sulla mia auto e hanno iniziato a ballare e cantare.

Improvvisamente ho visto un altro gruppo di coloni che si stava dirigendo verso la terra che appartiene alla famiglia Tubasi. Era difficile vedere cosa stesse succedendo lì. Ho visto un fumo denso salire dal terreno e mi sono reso conto che i coloni avevano dato fuoco a un altro campo. Pochi minuti dopo ho sentito cinque colpi di pistola, spari di armi da fuoco. Ho visto gli abitanti del villaggio correre lì e ho sentito il suono di un’ambulanza che si avvicinava.

“A un certo punto sono anche uscito di casa e sono andato a vedere cosa fosse successo”, dice al-Hallaq. C’era molta confusione. Alcune persone sostenevano che qualcuno era morto. Altri dicevano che qualcuno era stato ferito. Dopo un’ora mi è stato detto che un giovane della famiglia Tubasi era stato ucciso. I nostri campi erano completamente bruciati. I coloni e l’esercito scomparsi dalla zona”.

“I coloni ci hanno detto con orgoglio di aver bruciato i nostri campi”

A mezzogiorno di venerdì, mi ha chiamato mio ​​zio Ismail, riferisce Jamal Tubasi, nipote della vittima. Ero a casa di mia zia per la festa di Eid al-Fitr [festività che segna la fine del periodo di digiuno del Ramadan, ndtr.]. Ismail era sconvolto e mi ha chiesto di andare subito. Ho chiesto dove, e lui ha detto: ‘All’uliveto, a nord del paese. I coloni stanno bruciando i nostri campi, le fiamme sono forti.’

“Sono corso subito lì, a circa un chilometro e mezzo da casa”, prosegue Jamal. Quando sono arrivato ho visto un grande gruppo, 30 coloni, la maggior parte dei quali giovani, rannicchiati a circa 200 metri dagli ulivi in ​​fiamme. I coloni ci hanno detto con orgoglio di aver incendiato i nostri campi. E non solo i nostri campi, ma anche il resto.

Ismail mi ha riferito che [gli abitanti dei villaggi palestinesi] stavano cercando da molto tempo di spegnere l’incendio, ma i coloni glielo impedivano. Ho visto giungere sul posto altri gruppi di coloni, alcuni con grandi accette in mano, altri con armi da fuoco e bastoni. Accanto ai coloni c’erano anche i soldati.

Gli uomini più giovani, e con loro Ismail, hanno cercato di dirigersi verso il fuoco negli uliveti, ma i soldati hanno sparato contro di loro gas lacrimogeni, proiettili di gomma e granate stordenti. I coloni stavano dietro ai soldati e cercavano di avanzare verso di noi per attaccarci. Ismail mi ha chiesto di stargli vicino. Ma è diventato terribile quando è aumentata la quantità di gas lacrimogeni e granate stordenti e i coloni insieme ai soldati sono riusciti ad avvicinarsi molto a noi. Siamo scappati e ci siamo divisi in gruppi più piccoli.

Ho visto che mio zio Ismail era corso verso gli uliveti. In quel momento ho ricevuto una chiamata, ho risposto al telefono; era un parente che voleva sincerarsi che io e Ismail stessimo bene. Finita la chiamata, non sono riuscito a distinguere dove fosse andato Ismail.

È stato allora che ho sentito degli spari. Più di cinque proiettili. Da arma da fuoco. Non capivo cosa fosse successo. Una persona si è avvicinata e ha urlato “Ismail è stato ferito”. Ha indicato la direzione in cui Ismail era fuggito, a 300 metri da dove mi trovavo io”.

Il fratello di Ismail, Ibrahim, era al suo fianco mentre andavano a spegnere l’incendio nei campi di famiglia. “I soldati hanno sparato lacrimogeni, granate stordenti e proiettili di gomma per dividerci”, riferisce Ibrahim. Ero accanto a Ismail e l’ho visto correre verso gli alberi [di ulivi]. Ho corso nella direzione opposta. Ho visto un gruppo di coloni correre nella direzione in cui era fuggito Ismail, e poi ho avvertito quattro spari. Non ho capito né ho visto chi avesse aperto il fuoco, ma il suono proveniva dalla direzione in cui Ismail era fuggito. Ho sentito alcuni abitanti dire che Ismail era stato ferito”.

Secondo testimonianze di palestinesi che hanno chiesto che non venisse reso noto il loro nome, sono stati i coloni ad aprire il fuoco e non i soldati, che erano rimasti nei pressi del villaggio.

«Hanno ucciso mio fratello. La nostra terra è bruciata’

Jamal Tubasi, nipote di Ismail, riferisce di essere poi corso dove Ismail era stato colpito. Ho visto Ismail steso a terra tra due rocce, sul fianco destro. Quando mi ha visto, mi ha chiamato con voce molto debole. Quasi in un sussurro mi ha detto: “Sono ferito”, poi mi ha dato il suo telefono e mi ha chiesto di consegnarlo alla famiglia. «appoggia a terra la mia testa», ha sussurrato Ismail, «e fuggi il più in fretta possibile.» Gli ho detto che non l’avrei lasciato, ma lui ha sollevato la mano con grande difficoltà, mi ha guardato e mi ha detto di nuovo, con un voce molto flebile: ‘Corri.’

In quel momento ho visto un gruppo di cinque coloni che avevano con sé grandi accette, e accanto a loro due soldati, tutti che correvano verso di noi. Erano a circa 50 metri da me e si stavano avvicinando rapidamente. Sotto pressione, ho girato Ismail sulla schiena e sono scappato. Quando l’ho lasciato, il suo naso sanguinava e sanguinava anche dall’orecchio sinistro. A parte questo, il suo viso sembrava a posto. Non riuscivo a capire quale fosse la natura della sua ferita e se fosse in condizioni gravi o lievi.

Ho corso per 200 o 300 metri. Da dove mi trovavo ho visto persone che cercavano di raggiungere l’area in cui era caduto Ismail. Andavano avanti e indietro, come se cercassero qualcosa. È passato molto tempo, è difficile per me dire quanto, più di mezz’ora. Poi ho visto tre o quattro persone, operatori sanitari, che trasportavano Ismail su una barella.

Sono corso lì e ho chiesto loro di vedere Ismail per assicurarmi che fosse vivo. Hanno abbassato la barella e poi ho visto la sua faccia. Non potevo crederci: il suo volto era completamente devastato, con ferite profonde, coperto di sangue che colava dappertutto. Non potevo sopportarne la vista. Ho urlato di terrore e sono caduto a terra privo di sensi.

Tutto quello che ricordo dopo è che la gente mi ha versato dell’acqua in faccia, e altri mi hanno sollevato le gambe e mi hanno schiaffeggiato per svegliarmi. Quando mi sono svegliato mi è stato detto che avevano portato Ismail all’ospedale di Yatta.

Un’auto mi ha portato in ospedale. E quando sono arrivato, ho sentito due persone che dicevano che Ismail era morto. Sono svenuto di nuovo. Mi sono svegliato e sono svenuto ancora. Sinceramente il mio corpo non si è riavuto dallo shock e faccio fatica a credere a quello che è successo.

“L’unica cosa di cui sono sicuro è che quando ho raggiunto mio zio, appena dopo il suo ferimento, la sua faccia era pulita, non c’era niente lì, solo sangue che gli colava dal naso e dall’orecchio. E ricordo che il gruppo di coloni che correva verso Ismail insieme a due soldati trasportava delle accette».

Altri abitanti di al-Rihiya hanno riferito che i coloni avrebbero circondato Ismail mentre giaceva a terra, rendendo loro difficile valutare con esattezza le modalità dell’aggressione.

“La mia famiglia è devastata”, dice Ibrahim, il fratello di Ismail. Hanno assassinato mio fratello. La nostra terra è bruciata. Non siamo in grado di tornare lì per controllare. Di solito i coloni vengono di notte e sradicano gli ulivi, ma questa volta l’esercito ha approfittato della situazione e i coloni si sono sentiti più forti e incoraggiati del solito, tanto da incendiare tutto e assassinare mio fratello”.

Ibrahim aggiunge: Oggi non c’è differenza tra un soldato e un colono. Questa gente ci ha distrutto. Due giorni dopo l’omicidio di mio fratello, l’esercito ha revocato i nostri permessi di lavoro in Israele. Cinque uomini della mia famiglia lavorano in Israele. Ora viene impedito a tutti noi di entrare».

La famiglia Tubasi ha dichiarato di aver sporto denuncia alla polizia palestinese dopo la morte di Ismail. Non è chiaro se la polizia palestinese abbia inoltrato la denuncia alla polizia israeliana. Tuttavia, se l’esercito ha effettivamente informato la polizia israeliana che Ismail è stato ucciso, non si capisce come la polizia non abbia aperto la propria indagine indipendentemente dal fatto che sia stata presentata una denuncia, come prevede la legge israeliana per un sospetto di crimine e specialmente nei casi di morte non naturale.

In relazione alluccisione la polizia israeliana ha rilasciato solo la seguente risposta: Nessuna denuncia è stata presentata alla polizia e i dettagli dell’incidente nei termini dichiarati non ci sono noti. Potete contattare la polizia e sporgere denuncia come di consueto”.

Basil al-Adraa è un attivista e fotografo del villaggio di a-Tuwani nelle colline a sud di Hebron.

Yuval Abraham è uno studente di fotografia e linguistica.

(traduzione dallinglese di Aldo Lotta)