Le truppe israeliane uccidono tre palestinesi in Cisgiordania

Maureen Clare Murphy

7 luglio 2023, ElectronicIntifada

Le forze israeliane hanno ucciso tre palestinesi nella Cisgiordania occupata venerdì, il giorno dopo che un soldato era stato ucciso a colpi di arma da fuoco in una colonia.

Venerdì pomeriggio Abd al-Jawad Hamdan Saleh, 24 anni, è morto dopo essere stato colpito al petto dalle truppe nel villaggio di Um Safa, vicino alla città di Ramallah nel cuore della Cisgiordania.

Le forze israeliane si erano schierate a Um Safa al momento della preghiera del venerdì nella piazza della città, prima di una marcia di protesta contro un vicino avamposto coloniale.

Un membro del consiglio del villaggio ha detto a WAFA, l’agenzia di stampa ufficiale palestinese, che i soldati hanno chiuso tutti gli ingressi a Um Safa e si sono appostati sui tetti degli edifici più alti.

Nel contempo i coloni, scortati dai militari, hanno attaccato gli abitanti del villaggio.

Um Safa è stata oggetto di crescenti vessazioni da parte dei coloni israeliani, che il mese scorso hanno distrutto gli arboscelli di ulivo del villaggio.

Alla fine di giugno i coloni, alcuni armati di fucili, hanno appiccato il fuoco a case e veicoli nel villaggio protetti dalla polizia di frontiera paramilitare israeliana dopo che quattro israeliani erano stati uccisi in un attacco a fuoco in una colonia. Secondo WAFA “i coloni infuriati “hanno sparato indiscriminatamente contro tutto ciò che incontravano, comprese case e veicoli”.

All’alba dello stesso giorno due uomini sono stati uccisi dalle forze israeliane nella città di Nablus, nel nord della Cisgiordania, in quella che potrebbe essere considerata un’esecuzione extragiudiziale.

Le truppe hanno preso d’assalto un quartiere nella Città Vecchia di Nablus e hanno circondato un edificio attaccandolo con pesanti colpi di arma da fuoco, intimando ai due uomini di arrendersi.

Le autorità israeliane hanno affermato che i due uomini – Khairi Shahin, 34 anni, e Hamza Maqbul, 32 – sono stati “uccisi durante uno scontro a fuoco con le nostre forze”.

Tuttavia dei testimoni oculari palestinesi hanno detto ai giornalisti che gli uomini sono stati uccisi dopo che avevano deposto le armi e chiesto alle truppe di non sparare.

Un testimone oculare ha detto ai media di aver sentito un soldato parlare con uno degli uomini che si trovava all’interno della casa dicendogli di arrendersi. L’uomo ha risposto di essere disarmato ma di avere paura ad uscire perché i soldati avrebbero potuto sparargli.

Dopo circa 10 minuti di trattative l’uomo ha accettato di uscire – e lo ha fatto con le mani alzate seguendo tutte le indicazioni del soldato. Nonostante le esplicite promesse a voce del soldato che non gli avrebbero sparato se si fosse arreso, secondo il testimone oculare l’uomo è stato ucciso dagli israeliani pochi secondi dopo essere uscito dalla casa.

Israele afferma che gli uomini uccisi a Nablus venerdì avevano sparato mercoledì ad un’auto della polizia in una colonia vicino a Nablus. Nellattacco c’erano stati danni ma nessun ferito.

Giovedì un soldato israeliano della Brigata Givati era stato ucciso nei pressi della colonia di Kedumim, nel nord della Cisgiordania.

Il soldato è stato “ucciso da un aggressore palestinese seduto in un’auto fermata per controlli dalla pattuglia di sicurezza vicino alla colonia”, ha riferito il quotidiano di Tel Aviv Haaretz.

L’uomo palestinese presumibilmente armato, Ahmad Yassin Ghaidhan, un 19enne del villaggio di Qibya, è stato ucciso dalle truppe.

All’alba di venerdì i soldati hanno fatto irruzione nel villaggio di Qibya e hanno preso le misure della casa appartenente alla famiglia di Ghaithan in preparazione della sua demolizione. Israele demolisce sistematicamente le case dei palestinesi accusati di attacchi con un atto di punizione collettiva proibito dal diritto internazionale.

Hamas ha rivendicato l’attacco a Kedumim.

Il gruppo di resistenza ha avvertito Bezalel Smotrich – il Ministro delle Finanze israeliano che vive a Kedumim e vuole imporre il dominio teocratico ebraico in tutta la Palestina storica – che i suoi militanti “hanno quasi bussato alla sua porta”.

Le Brigate Qassam, il braccio armato di Hamas, hanno dichiarato giovedì di essere responsabili anche dell’attentato del 20 giugno nella colonia di Eli durante il quale sono rimasti uccisi quattro israeliani. Le Brigate Qassam hanno affermato che è stato in risposta al raid su Jenin di due giorni prima che aveva provocato la morte di sei palestinesi.

Hamas ha affermato di essere anche responsabile di un attacco con auto, speronamento e accoltellamento a Tel Aviv martedì in cui sono rimasti feriti sette israeliani, alcuni dei quali gravemente. Il presunto assalitore palestinese è stato colpito e ucciso sul posto.

Abu Obaida ha affermato che gli attacchi a Tel Aviv e Kedumim sono stati “in risposta ai crimini del nemico a Jenin”.

All’inizio di questa settimana almeno 12 palestinesi e un soldato israeliano erano rimasti uccisi nell’offensiva militare di due giorni nella città di Jenin, nel nord della Cisgiordania – la più vasta operazione in Cisgiordania in circa due decenni.

Israele ha lanciato attacchi aerei e un assalto di terra, provocando un’ampia distruzione nel campo profughi di Jenin.

Venerdì Antonio Guterres, il segretario generale delle Nazioni Unite, ha detto di essere “profondamente turbato” dagli eventi di Jenin, affermando che “In questa circostanza le forze israeliane hanno fatto chiaramente uso di forza eccessiva“.

Un gruppo di esperti indipendenti dei diritti umani delle Nazioni Unite ha affermato mercoledì che gli attacchi aerei e l’invasione da parte di Israele possono costituire un crimine di guerra.

Secondo il monitoraggio di The Electronic Intifada dall’inizio dellanno più di 190 palestinesi sono stati uccisi dalla polizia, dai soldati e dai coloni israeliani, o sono morti per le ferite riportate. Tra loro c’erano 33 ragazzi e ragazze.

Il numero di vittime palestinesi nel 2023 ha già sorpassato quello dell’anno precedente. Durante lo stesso periodo in Israele e in Cisgiordania trenta persone tra cui cinque bambini sono state uccise dai palestinesi nel contesto dell’occupazione, o sono morte per ferite riportate in precedenza.

(traduzione dall’inglese di Luciana Galliano)




Un bambino palestinese di due anni muore dopo essere stato colpito dal fuoco dei soldati

Maureen Clare Murphy

6 giugno 2023 – The Electronic Intifada

Un bambino palestinese è morto per le ferite riportate quattro giorni dopo essere stato colpito dalle truppe israeliane, lunedì, a Nabi Saleh, un villaggio vicino a Ramallah nella Cisgiordania centrale occupata.

Defence for Children International-Palestine ha affermato che Muhammad Haitham Ibrahim Tamimi, di 2 anni, era nel retro dell’auto di suo padre fuori dalla loro casa giovedì sera “quando le forze israeliane hanno aperto il fuoco indiscriminatamente”.

L’organizazione per i diritti umani ha aggiunto che il bambino è stato colpito alla testa e suo padre alla spalla. Muhammad è stato trasportato in aereo in un ospedale vicino a Tel Aviv, dove in seguito è morto.

L’esercito israeliano afferma che uomini armati palestinesi avevano aperto il fuoco su un insediamento vicino da Nabi Saleh e che le truppe di stanza in una postazione dell’esercito hanno risposto al fuoco.

Il Times of Israel ha affermato in un titolo che Muhammad sarebbe stato “colpito per errore”.

Ma anche se il soldato non intendeva ferire il bambino, l’uso indiscriminato delle armi da fuoco in una comunità palestinese dimostra uno scellerato disprezzo per le vite dei palestinesi.

Ayed Abu Eqtaish, direttore del programma per Defence for Children International-Palestina, ha affermato: “Sparare indiscriminatamente proiettili veri in un quartiere residenziale dove non vi è alcuna minaccia per la vita di un soldato israeliano è una chiara violazione delle stesse politiche dell’esercito israeliano”,

“Le uccisioni illegali di minori palestinesi sono diventate la norma poiché le forze israeliane sono sempre più autorizzate a usare la forza letale intenzionale in situazioni che non sono giustificate”, aggiunge Abu Eqtaish.

“Questo è un crimine di guerra senza conseguenze”.

L’agenzia di stampa ufficiale palestinese WAFA ha riferito lunedì che Hassan al-Tamimi, lo zio del bambino ucciso, ha dichiarato che la famiglia intende portare il caso di Muhammad alla Corte penale internazionale.

Diverse persone nel villaggio sono state uccise negli ultimi anni, di cui due in incidenti distinti nel 2022. Altre sono state gravemente ferite e imprigionate dalle forze israeliane in quanto gli abitanti resistono all’occupazione e agli insediamenti coloniali, in particolare Halamish, che è costruito sulla terra di Nabi Saleh.

Dall’inizio dell’anno le forze israeliane hanno ucciso almeno due dozzine di minori palestinesi, 20 dei quali in Cisgiordania.

Sei minori palestinesi sono stati uccisi durante l’offensiva militare israeliana a Gaza nel mese di maggio; i rapporti iniziali indicano che due di quei ragazzi e ragazze potrebbero essere morti a causa di un razzo che non ha raggiunto il suo obiettivo in Israele.

Inoltre un bambino di 10 anni è morto a causa delle ferite alla testa subite durante un attacco israeliano a Gaza nell’agosto 2022.

Dall’inizio dell’anno ventiquattro israeliani e persone di altre nazionalità sono stati uccisi dai palestinesi nel contesto dell’occupazione, o sono morti per ferite riportate in precedenza. Quattro di loro erano minori.

Sabato, inoltre, tre soldati israeliani sono stati colpiti e uccisi da un ufficiale egiziano lungo il confine tra i due paesi. L’ufficiale egiziano è stato ucciso in una sparatoria in seguito alla sua scoperta da parte delle truppe che setacciavano la zona.

Nel frattempo, domenica, i coloni israeliani hanno attaccato Burqa, una città nel nord della Cisgiordania, lanciando pietre contro gli abitanti e le loro case.

Alla fine del mese scorso i coloni hanno iniziato a spianare la terra a Homesh, un avamposto di coloni costruito su un terreno appartenente ai palestinesi di Burqa.

I coloni hanno invaso Burqa e dato fuoco a diverse strutture nel villaggio dopo che una delegazione di diplomatici a guida europea ha visitato la comunità.

Il gruppo di monitoraggio delle Nazioni Unite OCHA ha registrato quest’anno circa 300 attacchi di coloni in Cisgiordania che hanno provocato danni alla proprietà e più di 100 che hanno provocato feriti o morti.

(traduzione dall’Inglese di Giuseppe Ponsetti)




Rapporto OCHA del periodo 20 dicembre 2022 – 9 gennaio 2023

Questo rapporto copre eccezionalmente tre settimane.

1). Il 21 dicembre, nella città di Nablus, vicino alla tomba di Giuseppe, forze israeliane hanno ucciso un palestinese di 23 anni (seguono dettagli). Le forze israeliane avevano fatto irruzione nella città per consentire a centinaia di coloni israeliani di entrare nel sito, ed avevano collocato postazioni di cecchini sui tetti. I palestinesi hanno protestato contro queste attività, anche lanciando pietre e bruciando pneumatici; sono stati segnalati anche scontri a fuoco. Un palestinese è stato colpito e ucciso e 35 sono rimasti feriti, di cui tre colpiti da proiettili veri sparati dalle forze israeliane; un’ambulanza è stata danneggiata durante un tentativo di evacuazione dei feriti e tre palestinesi sono stati arrestati. Ciò porta a sette il numero totale di palestinesi uccisi, nel 2022, da forze israeliane in accompagnamento di coloni israeliani al sito citato.

2). Forze israeliane hanno ucciso altri quattro palestinesi, tra cui tre minori, e ne hanno feriti altri dodici a Jenin, Betlemme e Nablus (seguono dettagli). Il 2 gennaio, forze israeliane hanno fatto irruzione nel villaggio di Kafr Dan (Jenin) ed hanno usato esplosivi per la “demolizione punitiva” delle case di due palestinesi che, il 14 settembre, uccisero un soldato israeliano al checkpoint militare di Al Jalama, a Jenin; nel susseguente scontro a fuoco i due uomini furono uccisi. Durante la suindicata operazione “punitiva” di Kafr Dan, durata più di 24 ore, le forze israeliane hanno sparato proiettili veri e lacrimogeni, mentre i palestinesi hanno sparato proiettili veri ed hanno lanciato pietre e bottiglie incendiarie. Due palestinesi, di 22 e 17 anni, sono stati colpiti e uccisi e altri dieci sono rimasti feriti, di cui sei con proiettili veri.

Il 3 e 5 gennaio, forze israeliane hanno condotto operazioni di ricerca-arresto nei Campi profughi di Ad Duheisha (Betlemme) e Balata (Nablus). Entrambe le operazioni si sono trasformate in scontri tra palestinesi e forze israeliane; a Balata, si è trattato di scontro a fuoco: due ragazzi di 15 e 16 anni sono rimasti uccisi. Altri due sono stati feriti da proiettili veri e tre persone sono state arrestate.

Durante il periodo in esame, le forze israeliane hanno effettuato 202 operazioni di ricerca-arresto ed hanno arrestato 315 palestinesi, tra cui almeno 30 minori.

3). In Cisgiordania, complessivamente, sono stati feriti dalle forze israeliane 394 palestinesi, tra cui almeno 40 minori. Dei feriti, 210 (55%) sono stati registrati in undici manifestazioni. Questi includevano 205 ferimenti riportati in manifestazioni contro l’espansione degli insediamenti e le restrizioni di accesso legate agli insediamenti vicino a Kafr Qaddum (Qalqilya), Beit Dajan (Nablus) e Umm ad Daraj a sud di Hebron. Cinque feriti sono stati segnalati in altre manifestazioni: di solidarietà con la famiglia di un prigioniero palestinese morto il 20 dicembre durante la custodia israeliana, e per chiedere alle autorità israeliane la restituzione dei corpi di palestinesi uccisi e trattenuti dalle forze israeliane. Altri trentaquattro feriti si sono avuti vicino alla tomba di Giuseppe (di cui sopra); 140 registrati in operazioni di ricerca-arresto e altre operazioni condotte dalle forze israeliane; dieci durante una demolizione punitiva a Kafr Dan (Jenin) (vedi anche sotto). Complessivamente, 318 palestinesi sono stati curati per inalazione di gas lacrimogeni, 36 sono stati colpiti da proiettili veri, 21 sono stati feriti da proiettili di gomma, cinque sono stati aggrediti fisicamente, uno è stato colpito da una granata assordante, quattro da candelotti lacrimogeni e nove da schegge.

4). Coloni israeliani, in otto casi, hanno ferito venti palestinesi, tra cui cinque minori, e sette donne; e persone conosciute come coloni israeliani, o ritenute tali, hanno causato danni alle proprietà palestinese in altri 24 casi (seguono dettagli). Oltre ai 35 palestinesi feriti da forze israeliane nel suddetto episodio relativo a coloni accompagnati alla tomba di Giuseppe, 13 palestinesi, tra cui un bambino di 18 mesi e altri due minori, sono stati feriti direttamente da coloni israeliani in quattro episodi accaduti il 23, 28 e il 29 dicembre, su strade principali prossime alla città di Huwwara e al villaggio di Osarin (entrambi a Nablus): in questi casi, coloni hanno lanciato pietre contro veicoli palestinesi.

Il 20 dicembre, due minori sono stati aggrediti fisicamente e feriti quando coloni israeliani sono entrati in un parco pubblico nel villaggio di Al Mazra’a al Qabaliya (Ramallah) hanno aggredendo fisicamente i minori, anche con bastoni.

Il 25 dicembre, il 7 e il 9 gennaio, nella zona di Wadi al Joz di Gerusalemme Est e a Khallet al Louza (Betlemme), coloni israeliani hanno aggredito fisicamente palestinesi, anche con bastoni, ferendone quattro, tra cui due donne, e danneggiando almeno tre case e veicoli palestinesi.

In altri otto casi registrati vicino a Sinjil e Al Mughayir (entrambi a Ramallah), Jit, Kafr Thulth, Immatin, Azzun e Hajja (tutti a Qalqiliya) e Mantiqat Shi’b al Butum (Hebron), circa 400 ulivi sono stati vandalizzati su terreni palestinesi prossimi a insediamenti israeliani; comprese le aree in cui l’accesso da parte di palestinesi richiede l’approvazione dell’esercito israeliano (comunemente indicato come “previo coordinamento”).

In altre sette occasioni, persone conosciute come coloni israeliani, o ritenute tali, hanno lanciato pietre contro veicoli palestinesi, danneggiandone almeno dieci.

Altre proprietà palestinesi sono state danneggiate in dieci episodi accaduti a Nablus o nelle vicinanze, nell’area H2 di Hebron, a Tulkarm e Salfit; in questi casi, secondo testimoni oculari e fonti della Comunità locale, si trattava di strutture agricole, recinzioni in pietra e metallo, telecamere di sorveglianza e raccolti.

5). In cinque episodi, un colono israeliano e un paramedico israeliano sono rimasti feriti e sono stati danneggiati almeno cinque veicoli israeliani, ad opera di persone conosciute come palestinesi, o ritenute tali; secondo fonti israeliane, avrebbero lanciato pietre contro veicoli israeliani che viaggiavano sulle strade della Cisgiordania. Gli episodi sono avvenuti sulle strade vicine a Betlemme, Ramallah e Gerusalemme.

6). A Gerusalemme Est e nell’Area C della Cisgiordania, le autorità israeliane hanno demolito, confiscato o costretto a demolire 66 strutture, comprese undici case, adducendo la mancanza di permessi di costruzione rilasciati da Israele, che sono quasi impossibili da ottenere. Ventuno delle strutture erano state fornite da donatori come assistenza umanitaria. Di conseguenza, 53 palestinesi, tra cui 21 minori, sono stati sfollati e sono stati colpiti i mezzi di sussistenza di oltre 700 altri (seguono dettagli). Sessantuno delle strutture si trovavano in Area C, comprese tre strutture demolite in base a un “Ordine militare 1797” che concede solo un preavviso di 96 ore e motivi molto limitati per impugnare legalmente la demolizione. Le restanti cinque strutture sono state demolite a Gerusalemme est, di cui tre demolite dal proprietario, per evitare il pagamento di multe alle autorità israeliane. In un episodio separato, registrato il 27 dicembre, le autorità israeliane hanno confiscato due contenitori d’acqua e due trattori agricoli, di proprietà della Comunità di pastori di Hammamat al Maleh nella valle del Giordano (Tubas); i pastori raccoglievano l’acqua dalla sorgente di Ein al Hilweh. La sorgente, che è una delle principali fonti d’acqua per il consumo domestico e per il bestiame della zona, si trova su un terreno designato come “zona di fuoco” per le esercitazioni militari israeliane e dove l’accesso palestinese è vietato dalle autorità israeliane. Hammamat al Maleh è una delle Comunità più vulnerabili della Cisgiordania, con accesso limitato all’istruzione e ai servizi sanitari, nonché alle infrastrutture idriche, igienico-sanitarie ed elettriche.

7). Il 2 gennaio 2023, forze israeliane hanno fatto irruzione nel villaggio di Kafr Dan (Jenin), in Area B, ed hanno demolito per ragioni “punitive” due case a più piani e una struttura agricola appartenenti a famiglie i cui membri uccisero un soldato israeliano nel settembre 2022. Le case vicine sono state danneggiate. Le famiglie sfollate comprendono 17 persone, tra cui due minori. Durante l’operazione sono stati uccisi due palestinesi (vedi sopra). Nel 2022, sono state demolite per “motivi punitivi” undici case e altre tre strutture; erano state tre nel 2021. Le demolizioni punitive sono una forma di punizione collettiva, in quanto prendono di mira le famiglie di un aggressore, o presunto aggressore, e come tali sono illegali ai sensi del diritto internazionale.

8). Forze israeliane hanno bloccato gli ingressi principali di tre villaggi, interrompendo l’accesso di migliaia di palestinesi a mezzi di sussistenza e ai servizi (seguono dettagli). Il 23 e 24 dicembre e l’8 gennaio, l’esercito israeliano ha limitato il movimento di oltre 15.000 palestinesi chiudendo i cancelli stradali agli ingressi di Azzun (Qalqiliya), Madama (Nablus) e Tuqu’ (Betlemme). La prima sede è rimasta chiusa per alcune ore mentre le ultime due risultava ancora chiuse al termine del presente bollettino. Secondo quanto riferito, tutte le chiusure sono state attuate in risposta al lancio di pietre da parte di palestinesi contro veicoli di coloni israeliani.

9). Nella Striscia di Gaza, vicino alla recinzione perimetrale israeliana o al largo della costa, in almeno 50 occasioni, le forze israeliane hanno aperto il fuoco di avvertimento, presumibilmente per far rispettare le restrizioni all’accesso; una casa ha subito lievi danni, ma non sono stati registrati feriti. In due occasioni, a est di Gaza City e a est di Khan Younis, bulldozer militari israeliani hanno spianato terreni all’interno di Gaza, vicino alla recinzione perimetrale. In un caso, forze israeliane hanno arrestato un palestinese di Gaza mentre usciva dal valico di Erez. Il 3 gennaio, secondo quanto riferito, un razzo è stato lanciato dalla Striscia di Gaza, ricadendo all’interno della Striscia, vicino alla recinzione perimetrale, senza causare feriti o danni.

Questo rapporto riflette le informazioni disponibili al momento della pubblicazione. I dati più aggiornati e ulteriori analisi sono disponibili su ochaopt.org/data.

Ultimi sviluppi (successivi al periodo di riferimento)

1). Il 16 gennaio, forze israeliane hanno condotto un’operazione di ricerca-arresto nel Campo profughi di Ad Duheisheh (Betlemme), dove hanno sparato a un minore che è morto poco dopo per le ferite riportate.

2). Il 15 gennaio, a un posto di blocco volante approntato all’ingresso di Silwad (Ramallah), forze israeliane hanno ucciso un palestinese.

3). Il 14 gennaio, all’ingresso di Jaba’ (Jenin), forze israeliane hanno ucciso due palestinesi; secondo le prime informazioni provenienti dai media, è stato segnalato uno scontro a fuoco. Lo stesso giorno è deceduto un altro palestinese a causa delle ferite riportate il 2 gennaio a Kafr Dan (Jenin).

4). Il 12 gennaio, forze israeliane hanno condotto un’operazione di ricerca-arresto nel Campo profughi di Qalandia (Gerusalemme) dove hanno sparato, uccidendo un palestinese.

5). Il 12 gennaio, forze israeliane hanno effettuato un’operazione militare nella città di Qabatiya (Jenin), dove ha avuto luogo uno scontro a fuoco con palestinesi; due palestinesi sono rimasti uccisi.

6). L’11 gennaio, in una nuova fattoria colonica nel sud di Hebron, un palestinese ha accoltellato un colono israeliano, ferendolo; a sua volta, è stato colpito con arma da fuoco e ucciso da un altro colono.

7) L’11 gennaio, forze israeliane hanno condotto un’operazione militare nel Campo profughi di Balata (Nablus) e, nel corso di uno scontro a fuoco, un palestinese è rimasto ucciso.

(Maggiori dettagli sugli episodi sopra menzionati saranno forniti nella prossima relazione)

nota 1:

I Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati ogni due settimane in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informa-zioni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati.

sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina: https://www.ochaopt.org/reports/protection-of-civilians

L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano l’edizione inglese dei Rapporti.

nota 2: Nella versione italiana non sono riprodotti i dati statistici ed i grafici. Le scritte [in corsivo tra parentesi quadre]

sono talvolta aggiunte dai traduttori per meglio esplicitare situazioni e contesti che gli estensori dei Rapporti

a volte sottintendono, considerandoli già noti ai lettori abituali.

nota 3: In caso di discrepanze (tra il testo dei Report e la traduzione italiana), fa testo il Report originale in lingua inglese.

Associazione per la pace – Via S. Allende, 5 – 10098 Rivoli TO; e-mail: assopacerivoli@yahoo.it




Coloni mascherati lanciano pietre contro palestinesi ferendone 12, tra cui un bambino di 3 anni

Hagar Shezaf

28 settembre 2021 – Haaretz

Secondo gli abitanti decine di coloni sono arrivati nel villaggio cisgiordano di Khirbat al-Mufkara, dove gli israeliani hanno distrutto auto, danneggiato cisterne per l’acqua e colpito la gente del posto con pietre. Tre coloni sono rimasti lievemente feriti

Martedì decine di coloni mascherati hanno lanciato pietre contro palestinesi ferendone 12, mentre sulle colline a sud di Hebron la violenza dei coloni continua ad inasprirsi.

L’incidente è avvenuto nei pressi del villaggio cisgiordano di Khirbat al-Mufkara, dove i coloni hanno anche danneggiato circa 10 vetture e cisterne per l’acqua di palestinesi. Tra i 12 feriti c’è un bambino di 3 anni colpito alla testa che è stato portato al centro medico Soroka di Be’er Sheva in condizioni serie.

Come reazione i palestinesi hanno lanciato pietre contro i coloni, ferendone lievemente 3. I soldati israeliani arrivati sul posto hanno lanciato lacrimogeni e granate assordanti. La polizia afferma che un palestinese e un colono sono stati arrestati.

Gli abitanti palestinesi sostengono che l’incidente è iniziato quando un pastore palestinese ha detto alle persone del posto che i coloni avevano accoltellato le sue pecore. Alcuni palestinesi sono arrivati sul posto per aiutare a disperdere i coloni. Secondo i palestinesi circa mezz’ora dopo, verso le 14, da 80 a 100 coloni a volto coperto sono arrivati nel villaggio.

“Rispetto al passato questo è stato il peggior attacco che abbia visto,” afferma Basel al-Adra, un attivista del vicino villaggio di al-Tuwani. “Hanno raggiunto praticamente tutte le case e le auto del villaggio,” aggiunge.

“Hanno distrutto automobili, bucato le gomme dei trattori e danneggiato la mia cisterna. Sono entrati anche in casa mia ed hanno rotto i piatti,” dice Mahmoud Hussein, il nonno del bimbo ferito.

Secondo Hussein suo nipote è stato ferito quando un colono ha lanciato dall’ingresso della casa una pietra contro il bambino che stava dormendo. Hussein afferma che i coloni hanno tirato pietre anche contro le finestre e che un altro bimbo di 2 anni è stato ferito dai vetri rotti. “Non hanno lasciato nessuna finestra [intatta] in casa,” sostiene.

Un altro attivista palestinese dice che la scorsa settimana i coloni hanno costruito un nuovo allevamento di pecore nei pressi dell’avamposto illegale di Avigayil. “Da allora la situazione si è surriscaldata. Hanno iniziato a pascolare in terreni privati proprio davanti alle case della gente,” afferma.

Secondo i palestinesi, i soldati arrivati sul posto hanno sparato lacrimogeni contro le case del villaggio. L’esercito sostiene che un soldato è rimasto lievemente ferito da una pietra. In un video dell’incidente si vede il vice comandante del battaglione, Maor Moshe, strattonare un palestinese, benché una settimana fa il comandante sia stato redarguito per aver spinto un attivista di sinistra durante una protesta nella zona.

Dopo l’incidente il deputato del Meretz [partito della sinistra sionista, ndtr.] Mossi Raz ha scritto al ministro della Difesa Benny Gantz. “La violenza dei coloni è diventata un’epidemia,” ha detto Raz. “È giunto il tempo di smettere di essere clementi e ignorare questo fenomeno. Mi aspetto che gli aggressori siano immediatamente portati davanti alla giustizia.”

Il capo del consiglio regionale del Monte Hebron Yochai Damari ha reagito all’incidente dicendo: “L’immagine che emerge è complessa.” Ha affermato che i coloni israeliani non vivono nella regione e che hanno dichiarato di essere stati attaccati con lanci di pietre. “Non siamo violenti né contro i soldati né contro gli arabi,” ha detto.

Ha aggiunto che il veicolo di una guardia di sicurezza dell’avamposto di coloni Havat Maon è stato danneggiato da pietre e di essere in contatto con l’esercito, il servizio di sicurezza [interna] Shin Bet e la polizia per “avere i risultati dell’inchiesta.”

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)




Due palestinesi feriti dai soldati israeliani durante un attacco dei coloni ebrei

Redazione, WAFA e Social Media

26 settembre 2020 – Palestine Chronicle

Secondo l’agenzia di stampa palestinese WAFA, oggi (26 settembre) due palestinesi sono stati feriti dalle forze di occupazione israeliane durante gli scontri scoppiati nel villaggio di Qusra, vicino a Nablus in Cisgiordania, in seguito a un attacco di coloni ebrei contro due allevamenti di pollame di proprietà palestinese.

Ghassan Daghlas, che monitora le attività delle colonie ebree nella Cisgiordania settentrionale, ha riferito a WAFA che un gruppo di coloni ha attaccato le aziende situate alla periferia di Qusra, saccheggiandole e distruggendone il contenuto.

I coloni hanno anche incendiato un trattore parcheggiato in una delle fattorie e danneggiato dei serbatoi dell’acqua.

Daghlas ha detto che, mentre gli abitanti correvano per proteggere le loro proprietà, dei soldati israeliani che erano in zona sono intervenuti, ma solo per proteggere i coloni, attaccando i palestinesi.

Nel corso degli scontri i militari israeliani hanno sparato proiettili di gomma verso gli abitanti del villaggio, ferendone due.

La violenza dei coloni contro i palestinesi e le loro proprietà in Cisgiordania è di routine e raramente viene perseguita dalle autorità israeliane.

La violenza dei coloni non dovrebbe essere vista separatamente da quella inflitta dall’esercito israeliano, ma inquadrata nel più ampio contesto della violenta ideologia sionista che domina tutta la società israeliana,” scrive il palestinese Ramzy Baroud, scrittore e direttore di The Palestine Chronicle.”

Secondo B’tselem, gruppo [israeliano] per i diritti umani, “la violenza dei coloni ormai da lungo tempo fa parte della vita quotidiana dei palestinesi sotto occupazione. Le forze di sicurezza israeliane permettono queste azioni, in alcuni casi fanno persino da scorta armata o partecipano agli attacchi che finiscono con il ferimento o la morte di palestinesi, oltre a danni a terreni e proprietà.

Tra Gerusalemme Est e la Cisgiordania occupata vivono tra i 500.000 e i 600.000 israeliani in colonie per soli ebrei in violazione delle leggi internazionali.

(traduzione dall’inglese di Mirella Alessio)




I cristiani palestinesi attaccati da coloni nella Cisgiordania occupata

Shatha Hammad

2 dicembre 2019 – Middle East Eye

TAYBEH, Cisgiordania occupata

Nel villaggio di Taybeh si sono moltiplicati gli attacchi contro proprietà palestinesi – se ne contano 36 solo nel mese di ottobre

Venerdì mattina la famiglia Basir si è svegliata molto prima dell’alba, alle grida dei vicini: c’era stato un attacco contro la sua casa nel villaggio palestinese di Taybeh.

Un gruppo di coloni israeliani aveva lasciato dei graffiti ostili sui muri – uno diceva “zona militare chiusa” – ed incendiato l’automobile della famiglia. Tuttavia gli aggressori non c’erano più quando Rollin Basir ha aperto la porta alle 2 del mattino trovando la sua auto in fiamme. È bruciata fino alle 6.

Rollin Basir racconta che tutto il villaggio è corso a casa sua man mano che la notizia dell’attacco si è diffusa, e gli abitanti sono rimasti fino a mattina inoltrata. Hanno espresso il loro timore che i coloni replicassero i loro attacchi o se la prendessero con loro e con le loro abitazioni.

 “Tutto indica che dietro a questo attacco ci sono dei coloni”, dichiara Rollin Basir, precisando che la sua auto gli era costata più di 42.000 dollari.

Taybeh si trova ad est di Ramallah ed è circondata da quattro colonie: Rimonim – totalmente costruita su terreni confiscati al villaggio (1 milione di km2) – Ofra, Kawkab al-Sabah e l’insediamento evacuato di Amona, dove le forze israeliane impediscono continuamente ai palestinesi di accedere ai loro terreni.

Rollin Basir – padre di tre bambini di età dai 15 giorni ai 7 anni – pensa che il suono dell’allarme dell’automobile abbia spaventato i coloni e che abbiano dovuto lasciare in fretta il luogo.

Oggi hanno bruciato la macchina, ma temo che domani possano bruciare la mia casa, con dentro i miei figli.”

 « Radici arabo-palestinesi »

Padre Johnny Abu Khalil riferisce a Middle East Eye che gli abitanti del villaggio hanno sentito il suono di un allarme, ma che è stato il fumo a condurli alla casa di Basir.

Il prete ritiene che l’attacco dei coloni costituisca un reale pericolo per la popolazione di Taybeh.

Siamo circondati dai coloni. Oggi si è trattato dell’incendio di un’auto, ma temiamo un aumento di questi attacchi e soprattutto l’incendio di alberi, di case e di chiese nel villaggio.”

Padre Abu Khalil spiega che Taybeh è in maggioranza cristiana, ma che l’attacco contro il villaggio non è solamente un attacco contro la cristianità come religione, ma contro le sue “radici arabo-palestinesi”.

Il colono israeliano non fa distinzione tra una città e un’altra, né tra un musulmano palestinese ed un cristiano palestinese…Il colono ritiene che questa terra sia sua e che noi palestinesi dobbiamo andarcene”, sottolinea.

Oggi il messaggio che mandiamo all’occupazione e ai suoi coloni è che, anche se riducono in cenere noi esseri umani, queste pietre proclameranno che questa terra è palestinese, la culla di Cristo e dei profeti.”

Restare all’erta

Padre Abu Khalil racconta che in aprile un gruppo di coloni ha attaccato alcune religiose francesi che visitavano Taybeh e le ha sequestrate per ore prima che i membri del monastero le trovassero.

Il prete afferma anche che uno dei coloni si era spogliato ed era rimasto nudo davanti alle religiose.

Le religiose erano in preda al panico…dopo questo attacco hanno deciso di lasciare Taybeh e rientrare in Francia. Ma degli abitanti hanno contattato il consolato francese e le religiose sono tornate in Palestina.”

Gli attacchi di coloni contro palestinesi e loro proprietà si sono moltiplicati negli ultimi tempi. Secondo il sito web israeliano di notizie Walla, solo in ottobre vi sono stati 36 attacchi, in particolare l’abbattimento di ulivi – che rappresentano una fonte di sussistenza per molte famiglie palestinesi -, slogan razzisti ed attacchi contro veicoli.

Issa Zayed, vicesindaco di Taybeh, dice a MEE che il villaggio ha subito aggressioni di coloni durante la prima Intifada (1987-1993), ma che quest’ultimo attacco è di pessimo auspicio.

Condanniamo e respingiamo questo attacco perpetrato dai coloni sostenuti dal governo israeliano…Esso è il risultato del continuo sostegno americano ad Israele e alla legalizzazione delle colonie in Cisgiordania.”

Quindici giorni fa il Segretario di Stato americano Mike Pompeo ha annunciato che Washington non considera più le colonie israeliane nei territori palestinesi occupati come “contrarie” al diritto internazionale.

Issa Zayed precisa che il Comune invita gli abitanti a mantenersi vigili, soprattutto agli ingressi del villaggio.

Questo attacco non annienterà la nostra indefettibile volontà di rimanere nel nostro villaggio storico.”

(Traduzione dal francese di Cristiana Cavagna)




I palestinesi lottano contro lo sfratto dalle case di Silwan, Gerusalemme est

Mersiha Gadzo

7 dicembre 2018 Al Jazeera

L’occupazione di Batan al-Hawa a Gerusalemme Est da parte dei coloni è “il più esteso processo di espulsione” degli ultimi anni

Batan al-Hawa, Gerusalemme est occupata – Nel corso degli anni, i coloni israeliani hanno continuato ad offrire milioni di dollari a Zuheir Rajabi e ai suoi vicini per le loro modeste case accatastate sul pendio di Silwan a Batan al-Hawa, un quartiere nella Gerusalemme Est occupata.

Le case si trovano in quello che è noto come il Bacino Storico della Città Vecchia, in prossimità della sacra Moschea di Al-Aqsa, ciò che le rende possedimenti preziosi.

Un colono ebreo una volta offrì a Rajabi un assegno in bianco per la sua casa, chiedendogli di scrivere qualsiasi cifra volesse, da 3 a 30 milioni di shekel (da 800.000 a 8 milioni di dollari).

Ma per Rajabi e gli 700 altri residenti del quartiere – ora minacciati di sfratto – nessuna somma di denaro basterebbe a farli lasciare le loro case.

“Pensavano che in 30 giorni le persone avrebbero abbandonato le loro case”, ha detto Rajabi, dal terrazzo sul tetto del Centro di Comunità del quartiere, che domina la valle.

“La gente qui è molto semplice; hanno una cosa sola, l’onore. Non ci importa di vivere in povertà o in un ambiente malsano, non possiamo sopportare di perdere il nostro onore”, ha detto Rajabi, che è anche il portavoce del comitato Batan al-Hawa.

Gran parte dei residenti di Batan al-Hawa vi abita da oltre 70 anni, molti dopo essere stati espulsi dalle loro ataviche case quando si stava costituendo Israele.

I residenti ora affrontano un’altra espulsione, da parte dell’associazione di coloni ebrei Ateret Cohanim, che sta cercando di lanciare quella che Ir Amim, una ONG israeliana, definisce come la più grande occupazione di quartieri palestinesi a Gerusalemme Est da quando Israele l’ha occupata nella guerra arabo-israeliana del 1967.

La giudaizzazione di Gerusalemme Est

Ateret Cohanim, che ha come obiettivo la giudaizzazione di Gerusalemme est, sostiene che le case di Batan al-Hawa furono costruite su un terreno di proprietà del ‘Jewish Benvenisti Trust’ [cartello religioso ebraico, ndtr.] nel XIX secolo, che lo adibiva all’insediamento in zona degli ebrei yemeniti.

Nel 2002, il Ministero della Giustizia israeliano ha emesso un atto di proprietà del terreno, circa 5,5 dunams (1,4 acri), a favore del Benvenisti Trust, senza informarne i residenti. A quel punto, Ateret Cohanim ha assunto il controllo del Trust.

L’atto è stato utilizzato come fondamento per gli avvisi di sfratto ai residenti, come quello ricevuto dalla famiglia Rajabi nel 2015, che disponeva che le sette famiglie che abitano in quella casa se ne andassero.

Nel giugno di quest’anno, oltre un centinaio di residenti palestinesi in lotta contro gli sfratti ha presentato una petizione, sostenendo che il Trust Benvenisti possedeva solo gli edifici e non il terreno su cui si trovavano.

Dal momento che da allora gli edifici originali erano stati distrutti e ricostruiti, il Trust non poteva rivendicare la terra, sostenevano i residenti.

Lo stesso mese, il governo israeliano ha ammesso che il Ministero della Giustizia non aveva indagato sul Trust prima di emettere l’atto di proprietà.

Tuttavia, il mese scorso l’Alta Corte di Giustizia israeliana ha respinto l’appello dei residenti di annullare la decisione del 2002, consentendo in effetti ad Ateret Cohanim di proseguire con l’occupazione di Batan al-Hawa.

L’organizzazione israeliana per i diritti umani B’Tselem ha detto che la sentenza della Corte ha spianato la via alla pulizia etnica dei palestinesi di Silwan.

“La sentenza dimostra, ancora una volta, che l’Alta Corte israeliana dà il suo beneplacito a quasi tutte le violazioni dei diritti dei palestinesi da parte delle autorità israeliane”.

La “piovra” di Gerusalemme est

Ad oggi, Ateret Cohanim ha sfrattato 17 famiglie e possiede sei edifici nell’area.

Secondo l’Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari Umanitari, il 45% di tutte le famiglie palestinesi minacciate di sfratto a Gerusalemme Est vive a Batan al-Hawa.

B’Tselem lo ha definito “il più esteso processo di espulsione” in città degli ultimi anni.

Rajabi ha detto che suo padre ha comprato il loro appezzamento di terra nel 1966 dopo che erano stati espulsi dai quartieri ebraici della Città Vecchia, senza alcun risarcimento.

“Sono nato qui, sono cresciuto qui, mi sono sposato qui, ho vissuto qui tutta la mia vita”, ha detto.

Amareggiato dalla sentenza della Corte, ha detto che la società israeliana si sta spostando verso la “estrema destra”.

Rajabi paragona Ateret Cohanim a una piovra i cui tentacoli stanno attanagliando la Città Vecchia e Silwan.

“Ateret Cohanim è un’organizzazione potente, non solo politicamente. Ha anche soldi”, ha detto Rajabi.

Secondo il quotidiano israeliano Haaretz, l’organizzazione usa diverse tattiche per costringere i palestinesi a vendere le loro proprietà, tra cui minacce a carattere sessuale e ricatti di vario tipo – come minacciare di rendere pubblica una vendita concordata in segreto così che il venditore, temendo per la propria vita, sarebbe costretto ad abbassare significativamente il prezzo per evitare l’ira della propria comunità.

[L’ONG israeliana] Ir Amim dice che il governo israeliano è stato direttamente coinvolto nell’agevolare gli insediamenti privati illegali nella città vecchia e nei quartieri palestinesi circostanti.

“Il governo ha agito tramite il Custode Generale e il Registro dei Trust (entrambi sotto il Ministero della Giustizia) per agevolare il sequestro di Batan al-Hawa, aumentando il budget per la sicurezza del 119 % per il periodo 2009-2016 in modo da garantire la protezione degli estremisti ebrei che si insediano nel cuore dei quartieri palestinesi a Gerusalemme Est”, ha affermato la ONG.

Consolidare il controllo ebraico

Secondo un rapporto di Ir Amim, l’obiettivo politico di gruppi come Ateret Cohanim è consolidare il controllo ebraico a Gerusalemme Est e contrastare la soluzione dei due stati.

Yacoub al-Rajabi, membro del comitato di Batan al-Hawa, ha affermato che i coloni stanno cercando di acquistare la sua casa dal 2003.

Un anno e mezzo fa, Ateret Cohanim gli ha offerto 2 milioni di dollari per vendere la sua casa e abbandonare la causa in tribunale, ma senza risultato.

“Se ci sfrattano dalle nostre case, costruiremo tende vicino alle case, non andremo da nessuna parte, ci rifiutiamo di andare altrove, rifiutiamo di essere trasferiti [per la terza volta]”, ha detto Yacoub.

Ha descritto il quartiere come una prigione dove i residenti si sentono intrappolati e sono regolarmente attaccati da coloni, polizia, esercito e istituzioni governative israeliane per spingerli ad andarsene.

Dice che, ad ogni festa ebraica, i residenti non possono lasciare le loro case e per ordine militare i bambini non possono andare a scuola.

“Non abbiamo altro che la nostra risolutezza. Cercheremo di difendere noi stessi e i nostri diritti … Abbiamo la proprietà di questa terra ed è nostra per legge”, ha detto.

L’ufficio di Rajabi si trova nel Centro della comunità costruito per i bambini – l’unico posto nel quartiere dove i bambini possano giocare in sicurezza. In un angolo del suo ufficio, uno schermo mostra i filmati dalle telecamere a circuito chiuso installate all’esterno.

Dall’altra parte della strada, una decina di telecamere controllano la sua casa. Le ha fatte installare per documentare gli attacchi dei coloni o delle autorità israeliane, dopo che suo padre è morto per l’inalazione di gas lacrimogeni sparati dalla polizia.

Rajabi afferma che le telecamere sono state estremamente utili a smentire le false affermazioni dei coloni e delle autorità israeliane.

Il destino delle loro case è ora presso la Pretura di Gerusalemme, che deve decidere se il Trust Benvenisti possiede solo gli edifici o anche la terra.

Ma Yacoub ha detto che c’è poca speranza che la giustizia possa essere difesa dai tribunali israeliani.

“Persino durante l’udienza la stessa giudice ha detto che ci sono alcuni problemi legali nel verdetto del tribunale”, ha detto Yacoub, aggiungendo che i residenti cercheranno con tutti i mezzi di rimanere nelle loro case, anche portando il caso alla Corte Penale Internazionale.

“Questa [sentenza del tribunale] non ci spezzerà, continueremo a lottare per i nostri diritti, continueremo a lottare per la nostra proprietà sulla terra e sulle nostre case”, ha affermato.

(traduzione di Luciana Galliano)