Passata in prima lettura alla Knesset una legge per l’espulsione di famiglie di palestinesi accusati di aggressione

Yumna Patel 

20 dicembre 2018, Mondoweiss

Mercoledì [19 dicembre 2018], nonostante la netta opposizione dell’intelligence e di comandanti dell’esercito, la Knesset [il parlamento, ndtr.] israeliana ha approvato in prima lettura una legge per la deportazione di famiglie di palestinesi coinvolti in attacchi contro israeliani.

La legge, presentata dal partito di estrema destra “Casa Ebraica”, è stata approvata con 69 voti a favore e 38 contrari.

Se accolta, comporterebbe che entro una settimana da un attacco o tentativo di attacco verrebbe consentito al comando centrale dell’esercito israeliano di espellere i familiari degli aggressori palestinesi dalle loro città d’origine verso altre zone della Cisgiordania.

Permetterebbe anche alle forze israeliane di delimitare un’area in cui la famiglia non potrebbe entrare.

Il voto ha seguito di pochi giorni l’approvazione della legge da parte del Gabinetto per la Sicurezza di Israele e della Commissione Legislativa Ministeriale.

Durante la sessione tre parlamentari palestinesi, Jamal Zahalka, Ahmad Tibi e Masud Ganaim, sono stati espulsi dall’aula.

Secondo l’Anadolu Agency [agenzia di stampa del governo turco, ndtr.] il parlamentare israeliano del partito “Casa Ebraica” Moti Yogev ha definito “terroristi” i suoi colleghi arabi, mentre il deputato della “Lista Unitaria” [coalizione di tutti i partiti arabo-israeliani, ndtr.] Ahmad Tibi gli ha gridato: “Puoi uccidere i palestinesi, ma non puoi opprimere un intero popolo.”

I firmatari del progetto di legge hanno sostenuto che la misura servirebbe come “deterrente” per quanti pensino di prendere di mira israeliani con attacchi con armi da fuoco o all’arma bianca. “L’espulsione di famiglie di terroristi,” afferma la legge, “è un collaudato deterrente che ha il potere di ridurre gli attacchi terroristici e di salvare vite.”

All’inizio di questa settimana Haaretz [quotidiano israeliano di centro sinistra, ndtr.] ha informato che il direttore dello Shin Bet, il servizio israeliano di intelligence interna, si è opposto alla legge affermando che sarebbe praticamente impossibile metterla in pratica e che “porterebbe al risultato opposto alla deterrenza, dato che la sua applicazione determinerebbe tensioni.”

Haaretz cita un importante ufficiale della sicurezza che sostiene che la legge è stata promossa in seguito a pressioni dell’opinione pubblica dopo una serie di attacchi che hanno preso di mira coloni israeliani, non per una reale necessità operativa o di sicurezza. “Come si suppone esattamente che lo facciamo? Prendere famiglie e sbatterle sulle colline di Hebron? E poi cosa? Tenerle d’occhio in modo che non si spostino? Inseguirle ogni volta che tornano indietro al loro villaggio e poi ricacciarle fuori?”, afferma l’anonimo ufficiale.

Per anni il governo israeliano ha messo in atto una serie di queste cosiddette misure di “deterrenza”, compresa la demolizione delle case di familiari di presunti aggressori, chiudendo interi villaggi da cui sarebbero provenuti sospetti assalitori, effettuando operazioni di arresti massicci che prendono di mira la famiglia e gli amici degli accusati e revocando permessi di lavoro israeliani a parenti vicini e lontani di assalitori.

Gruppi per i diritti umani hanno criticato le politiche del governo in quanto punizioni collettive e ufficiali dell’esercito israeliano hanno già dato indicazioni al governo che prassi come le demolizioni di case non evitano gli attacchi.

L’associazione israeliana per i diritti umani B’Tselem ha condannato la pratica delle demolizioni punitive di case come “vendetta sanzionata da tribunali”, condotta contro membri di una famiglia che non hanno commesso reati, che rappresenta una punizione collettiva.

La nuova legge, che intende espellere le famiglie di assalitori dalle loro case, potrebbe rappresentare un trasferimento forzato – un crimine di guerra in base alle leggi internazionali.

B’Tselem ha così affermato riguardo a questa pratica: “Il trasferimento forzato – con violenza fisica diretta o creando un contesto coercitivo che faccia in modo che gli abitanti lascino le proprie case – è un crimine di guerra. Ogni persona responsabile di ciò – compresi il primo ministro ed il ministro della Difesa – ne sono personalmente responsabili.”

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  • Yumna Patel è una giornalista multimediale che risiede a Betlemme, Palestina.

Includiamo alcune citazioni di esponenti politici israeliani, tra cui ministri, tratte da un blog di commento all’articolo di Mondoweiss e che indicano il clima in cui avviene il dibattito su questa legge.

Un importante parlamentare israeliano chiede “l’uccisione di tutti i palestinesi”

Il ministro degli Affari Strategici Gilad Erdan ha affermato che “il numero di [manifestanti palestinesi pacifici] uccisi non importa perché comunque sono solo dei nazisti.”

Il presidente della Commissione Difesa del parlamento israeliano Avi Dichter ha invocato l’uccisione di tutti i palestinesi nella Striscia di Gaza.

Mentre stava commentando le proteste pacifiche della Grande Marcia del Ritorno che hanno luogo lungo la barriera orientale della Striscia di Gaza, ha detto: “L’esercito israeliano ha abbastanza pallottole per ogni palestinese.”

Dichter è un importante membro del partito di governo del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, il Likud, che è di destra.

Ex direttore del servizio di sicurezza interna, lo Shin Bet, e ministro della Sicurezza Interna, Dichter ha detto che l’esercito israeliano è pronto ad usare ogni mezzo, compresa la forza letale, per scoraggiare i manifestanti palestinesi.

Dal 31 marzo migliaia di manifestanti palestinesi pacifici hanno protestato lungo la barriera orientale della Striscia di Gaza, chiedendo di togliere l’assedio israeliano di dodici anni e ribadendo il diritto dei rifugiati palestinesi a tornare alle proprie case.

Il ministro degli Affari Strategici Gilad Erdan ha ripetutamente fatto riferimento ai manifestanti uccisi a Gaza come “nazisti”, affermando che non c’erano dimostrazioni, solo “odio nazista”.

Ha aggiunto: “Il numero [di manifestanti palestinesi pacifici] uccisi non importa niente perché comunque sono solo nazisti.”

2.

Parlamentare israeliano: “La nostra vita è più preziosa di quella dei palestinesi” Days of Palestine, 20 dic. 2018

Commentando l’attentato incendiario [in cui morirono un bambino di 18 mesi e il padre, ndtr.] di qualche anno fa contro una famiglia palestinese in Cisgiordania ha detto: “Bruciare una famiglia palestinese non è un’azione terroristica.”

Bezalel Smotrich, membro di estrema destra della Knesset, ha chiesto ai coloni ebrei illegali di attaccare i palestinesi, affermando che “la vita degli ebrei è più importante di quella dei palestinesi.”

Sul suo account twitter Smotrich ha scritto: “Chiedo ai miei eroici amici [coloni] e pionieri di uscire stanotte e di chiudere agli spostamenti dei veicoli arabi la Route 60 su tutta la sua lunghezza.”

Se ci dovessero essere attacchi (della resistenza palestinese contro coloni ebrei illegali), non ci saranno arabi per le strade. Le nostre vite sono più importanti della qualità della loro vita.”

In conseguenza di ciò l’organizzazione israeliana per i diritti umani Yesh Din ha chiesto l’apertura di un’inchiesta contro il politico di “Casa Ebraica” in quanto egli ha twittato un appello alla violenza dei coloni contro i palestinesi.

L’organizzazione ha presentato una richiesta ufficiale al procuratore generale israeliano Avichai Mandelblit, chiedendogli di aprire un’inchiesta penale contro l’appello di Smotrich a favore della violenza contro i palestinesi.

I coloni ebrei illegali hanno risposto al tweet di Smotrich, riunendosi nelle strade principali e attaccando i palestinesi.

Yesh Din afferma che, nelle 24 ore successive al tweet di Smotrich, ha rilevato 25 attacchi condotti dai coloni contro i palestinesi.

Gli attacchi hanno incluso colpi di proiettili veri contro case palestinesi nei vicini villaggi di Ein Yabrud e di Beitin e il lancio di pietre contro auto palestinesi agli incroci di Huwara e Kfar Qaddum, nei pressi di Ofra [colonia israeliana, ndtr.] sulla Route 60 nella Cisgiordania occupata.

(traduzione di Amedeo Rossi)