L’UE usa i fondi del “Green Deal” per fornire elettricità alle colonie israeliane

Ali Abunimah

31 gennaio 2022 – Electronic Intifada

La scorsa settimana l’Unione Europea ha annunciato finanziamenti per oltre 884 milioni di euro per i progetti del “Green Deal”, teoricamente mirati a facilitare la “transizione verso energie pulite.”

Ma della fetta maggiore, circa 618 milioni e 916 mila euro, beneficerà direttamente Israele, incluse le sue colonie costruite su terre palestinesi occupate.

L’Unione Europea sostiene di opporsi a queste colonie, riconoscendo regolarmente che sono costruite in violazione del diritto internazionale.

I nuovi finanziamenti andranno alla costruzione dell’EuroAsia Interconnector, un cavo sottomarino che collegherà la rete elettrica israeliana a quella europea.

Secondo il sito web del progetto, l’EuroAsia Interconnector sarà un “ponte di energia” che consentirà la “trasmissione bidirezionale di elettricità” fra il Mediterraneo orientale e l’Europa.

L’impresa ha ottenuto il sostegno dall’UE ai più alti livelli fin da quando, nel giugno 2017, i leader di Grecia, Cipro e Israele hanno firmato un accordo per dargli il via.

Bruxelles dice che l’ultima iniezione di contanti, che fa seguito a una precedente di circa 88.412.400 € in fondi EU, è una “continuazione del sostegno finanziario e politico al progetto EuroAsia.”

L’UE ha dato il suo completo appoggio al collegamento elettrico, anche se è sempre stato chiaro che ciò avrebbe significato collegare all’Europa le colonie israeliane, in pratica quindi fornendo loro energia.

Nel 2018 il Comitato Nazionale del movimento palestinese Boicottaggio Disinvestimento e Sanzioni (BDS) ha dichiarato: “In questo modo si collegherebbero le colonie israeliane illegali con la rete elettrica europea,” e l’UE violerebbe le sue stesse politiche e l’obbligo di non riconoscere o assistere atti israeliani illegali.

L’annuncio più recente riguardante i finanziamenti UE arriva proprio mentre Amnesty International ha accusato Israele del crimine contro l’umanità di apartheid.

L’anno scorso Human Rights Watch e il gruppo israeliano per i diritti umani B’Tselem avevano raggiunto la stessa conclusione, denunciando finalmente la natura del sistema israeliano di segregazione razziale e controllo imposto con la violenza che, da decenni, i palestinesi hanno descritto come apartheid.

Sostegno di Washington

L’UE ha ricevuto una pacca sulla spalla dall’amministrazione Biden per i fondi all’EuroAsia Interconnector che Ned Price, portavoce del Dipartimento di Stato, ha definito “un elemento chiave per rafforzare la sicurezza energetica regionale e incrementare l’uso di energie pulite.”

Non ha detto però che potenzierebbe e rafforzerebbe le colonie israeliane a cui Kerry, in qualità di Segretario di Stato nell’amministrazione Obama, ha sostenuto di essere contrario.

Questo mese l’amministrazione Biden ha ritirato il sostegno USA a un gasdotto per fornire l’Europa di gas fossile estratto da Israele nel Mediterraneo da giacimenti contesi.

I funzionari USA sostengono che il progetto è finanziariamente ed ecologicamente insostenibile.

È tuttavia scorretto che UE e USA stiano facendo passare il loro continuo sostegno a Israele e alle sue colonie come una fonte di “energia pulita”, specialmente quando Israele confisca o distrugge regolarmente i pannelli solari dei palestinesi, alcuni pagati dall’UE, per costringerli a lasciare le loro terre.

Inutile dire che non c’è niente di “verde” o “pulito” nel finanziare un regime di apartheid e nel contribuire a elettrificare le sue colonie insediate su terra rubata.

Ma il greenwashing è anche usato per coprire un piano sostenuto da Washington e dagli Emirati Arabi Uniti per collegare la rete elettrica giordana a Israele e alle sue colonie, rendendo la Giordania ancora più dipendente politicamente ed economicamente da Tel Aviv.

Il recente regalo finanziario dell’EU ricompensa e incoraggia il comportamento criminale di Israele. Non potrebbe essere più lontano dall’aiuto all’ambiente.

È tuttavia in linea con lo storico sostegno europeo alla colonizzazione a scapito dei popoli indigeni.

(traduzione dall’inglese di Mirella Alessio)




Un tribunale federale degli Stati Uniti impedisce al Texas di applicare la legge anti-BDS agli impresari

Redazione di Middle East Eye

29 gennaio 2022 MEE

Un palestinese-americano ha intentato causa quando la città di Houston ha chiesto alla sua azienda di firmare un impegno a non boicottare Israele

Un tribunale federale degli Stati Uniti ha impedito allo Stato del Texas di applicare la sua legge anti-BDS (Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni) contro un appaltatore palestinese-americano che si è rifiutato di firmare l’impegno a non boicottare Israele.

Rasmy Hassouna, ingegnere e vicepresidente esecutivo della A&R Engineering and Testing Inc, di proprietà palestinese, ha intentato una causa a novembre sfidando una legge del Texas che vieta allo Stato di fare affari con società che partecipino al movimento BDS contro Israele.

Nella denuncia presentata al tribunale federale di Houston l’azienda ha affermato che la legge viola il diritto sancito dal Primo Emendamento di partecipare a boicottaggi economici come forma di protesta.

Venerdì, il giudice distrettuale degli Stati Uniti Andrew S. Hanen ha emanato un’ingiunzione che impedisce al Texas di applicare la legge anti-boicottaggio contro Hassouna.

“L’argomento sostenuto dalla [compagnia di Rasmy] può portare alcuni individui, specialmente quelli che si identificano con Israele, a provare disagio, ansia o addirittura rabbia”, ha scritto Hanen nella sua sentenza.

“Tuttavia, l’argomento – anche se turba alcuni segmenti della popolazione – è protetto dal Primo Emendamento sino a che non si trasformi in violenza e azioni illecite.

“La Corte ritiene che Hassouna difenda un punto di vista filo-palestinese veramente protetto dal Primo Emendamento”.

Una decisione pietra miliare

Il Comitato per le Relazioni America-Islam (Council on American-Islamic Relations, CAIR), con cui Hassouna ha collaborato per intentare la causa, ha salutato la sentenza della Corte come “una grande vittoria del Primo Emendamento contro i ripetuti tentativi del Texas di reprimere il discorso a sostegno della Palestina”.

“I tentativi reazionari di creare un’eccezione al Primo Emendamento riguardo alla Palestina tradiscono il ruolo centrale che i boicottaggi hanno svolto nella nostra storia”, ha affermato Gadeir Abbas, avvocato che cura da tempo le controversie del CAIR.

Secondo il gruppo di difesa musulmano, l’ingiunzione garantisce che Hassouna sarà in grado di “fare contratti con Houston senza rinunciare al suo diritto in base al Primo Emendamento di boicottare Israele egli stesso o attraverso la compagnia che possiede”.

Sebbene in questa fase preliminare l’ingiunzione si applichi solo a Hassouna, il ragionamento del [giudice] Hanen indica che “questi recenti tentativi di sopprimere la difesa della Palestina finiranno col fallire”, ha affermato il gruppo.

“I legislatori statali dovrebbero prendere nota di questa decisione… In base al Primo Emendamento non è possibile vietare i boicottaggi, “, ha affermato Lena Masri, direttrice delle controversie nazionali e dei diritti civili del CAIR.

Il dovere di boicottare

Secondo la causa presentata dal CAIR per conto di Hassouna, negli ultimi 17 anni A&R ha fatto affari con la città di Houston per oltre 2 milioni di dollari.

Ad ottobre, quando ha ricevuto il contratto per il rinnovo, Hassouna ha notato che conteneva una nuova clausola, che gli imponeva di impegnarsi a non boicottare Israele.

Ha rifiutato di firmare il rinnovo del contratto e di riconoscere la legittimità di quella legge, che si applica a tutti i comuni e anche allo Stato del Texas.

“È mio diritto e dovere boicottare Israele e qualsiasi prodotto di Israele”, ha affermato Hassouna.

“Questa politica è contro il mio diritto costituzionale e contro il diritto internazionale”.

Oltre a presentare denuncia, Hassouna, che è di origini palestinesi e originario di Gaza, ha anche chiesto alla Corte di emettere un’ordinanza restrittiva temporanea che impedisca l’applicazione della legge nel corso del processo.

(traduzione dall’inglese di Luciana Galliano)




Un tribunale federale tedesco stabilisce che la politica anti-BDS di Monaco è illegale

Adri Nieuwhof

24 gennaio 2022 – Electronic Intifada

Con una vittoria della libertà politica, un tribunale federale tedesco ha sentenziato che il rifiuto dell’amministrazione comunale di Monaco di mettere a disposizione uno spazio pubblico per un dibattito sulla risoluzione anti-BDS della città è stato un provvedimento anticostituzionale.

Il tribunale ha stabilito che la politica dell’amministrazione comunale della città “viola il diritto fondamentale alla libertà d’espressione”.

La decisione è uno schiaffo per il consiglio comunale di Monaco, che nel 2017 ha adottato una risoluzione che nega finanziamenti e spazi pubblici ai sostenitori del BDS, la campagna per il boicottaggio, il disinvestimento e le sanzioni per i diritti dei palestinesi.

La sentenza ha importanti implicazioni per la libertà di parola in tutta la Germania, dove le persone che difendono i diritti dei palestinesi affrontano una metodica repressione e calunnie da parte di politici.

Nel contempo nella vicina Austria la giunta comunale di Vienna ha denunciato un membro di BDS Austria per “diffamazione” per un post su Facebook in cui critica l’apartheid israeliano.

Monaco viola la legge

Nell’aprile 2018 Klaus Ried ha cercato di prenotare una sala del Museo della Città di Monaco in cui tenere un dibattito su come la risoluzione anti-BDS della municipalità avrebbe colpito la libertà di parola. L’amministrazione comunale ha rifiutato la prenotazione in quanto lo considerava un evento legato al BDS.

Ried ha portato la questione in tribunale. In un primo tempo la corte ha sentenziato contro di lui, affermando che l’amministrazione comunale di Monaco aveva il diritto di imporre simili restrizioni.

Egli ha presentato appello e nel 2020 ha vinto.

Ma l’amministrazione comunale di Monaco non ha accettato questa decisione e ha portato la causa davanti a un tribunale federale, sperando di ribaltare la vittoria di Ried.

Tuttavia il tentativo è fallito. Il 20 gennaio il tribunale federale amministrativo tedesco di Lipsia ha emanato la sua sentenza a favore di Ried. La corte federale ha affermato che la legge tedesca “garantisce a chiunque il diritto di esprimersi liberamente e di diffondere la propria opinione.” Ha stabilito che la giunta comunale di Monaco non poteva violare quel diritto negando il permesso a un evento a causa del fatto che fosse prevedibile che “venissero espresse opinioni sulla campagna BDS o sul suo contenuto, obiettivi e tematiche.”

Il tribunale federale ha affermato che la risoluzione anti-BDS di Monaco non è una legge.

La storica sentenza invia un avvertimento ai consigli comunali in tutta la Germania che hanno approvato risoluzioni simili e hanno negato la disponibilità di spazi pubblici

a organizzatori di eventi riguardanti il BDS.

La sentenza ha anche implicazioni riguardo alla risoluzione anti-BDS del parlamento tedesco del 2019, in cui, pur non essendo giuridicamente vincolante, si invitano le istituzioni tedesche e gli enti pubblici a negare finanziamenti e strutture a gruppi che appoggiano il movimento BDS.

BDS Austria sotto attacco

La giunta comunale [alleanza tra socialdemocratici e liberali, ndtr.] della capitale austriaca, Vienna, ha denunciato un rappresentante di BDS Austria per un post dell’agosto 2021 su una pagina Facebook del gruppo di attivisti.

Il post mostra la foto di un manifesto del Comune con incollato sopra un cartello di protesta, ma con il logo ufficiale della città ancora visibile.

Il manifesto di protesta richiama il famoso cartello degli anni ’30 “Visita la Palestina” [manifesto propagandistico sionista, ndtr.]. Ma porta invece la scritta “Visita l’apartheid”. Anche il manifesto di protesta ha il logo della città. Un post sulle reti sociali di BDS Austria ha l’ironica didascalia: “Siamo lieti che anche la Città di Vienna prenda atto dell’apartheid e lo affermi pubblicamente.”

In novembre a un membro di BDS Austria è stato notificato che il Comune di Vienna aveva presentato una denuncia sostenendo che il movimento BDS “incita all’odio contro il popolo israeliano.” Di conseguenza, sostiene l’amministrazione cittadina, essere pubblicamente associati al BDS è una diffamazione, dato che “la definizione della situazione in Israele/Palestina come ‘apartheid’ costituisce un danno per la nostra reputazione.”

L’amministrazione cittadina chiede al tribunale di proibire a BDS Austria di utilizzare i loghi del Comune e circa 3.500 € di danni. Se il tribunale ordinerà a BDS Austria di pagare le spese legali la cifra totale potrebbe arrivare fino a 35.000 €.

L’ European Legal Support Center [Centro Europeo di Sostegno Giuridico] (ELSC), un’associazione per i diritti civili e la difesa legale, l’ha definito un esempio di SLAPP –Strategic Lawsuit Against Public Participation [denuncia strategica contro l’attivismo pubblico].

Simili denunce intendono generalmente zittire le opinion critiche.

L’affermazione dell’amministrazione cittadina è palesemente ridicola perché risulta evidente che il manifesto era incollato in modo approssimativo su quello della città e che non si trattava di un messaggio ufficiale della città di Vienna.

Inoltre la negazione da parte di Vienna della situazione di apartheid vissuta dai palestinesi è in netto contrasto con un crescente consenso ed è sostenuta persino da importanti associazioni, come Human Rights Watch e l’israeliana B’Tselem.

ELSC ha organizzato una campagna di raccolta fondi per chiedere a donatori pubblici di contribuire alle spese giudiziarie.

E una petizione a sostegno di BDS Austria ha ottenuto circa 700 firme.

Strenui difensori di Israele

Nel 2017 l’Austria ha adottato la cosiddetta definizione di antisemitismo dell’IHRA [International Holocaust Remembrance Alliance, ente intergovernativo che riunisce rappresentanti di 34 Paesi, per lo più europei, ndtr.].

La controversa “definizione”, promossa da Israele e dalla sua lobby, confonde le critiche contro Israele e la sua ideologia statale sionista con il fanatismo antiebraico. La definizione dell’IHRA è ora regolarmente utilizzata in vari Paesi per calunniare i sostenitori dei diritti dei palestinesi.

Un anno dopo l’amministrazione comunale di Vienna [alleanza tra socialdemocratici e verdi, ndtr.] ha adottato una risoluzione che definisce il movimento BDS come intrinsecamente antisemita. La risoluzione nega appoggio istituzionale ai sostenitori del BDS e minaccia l’esistenza di uno spazio politico sicuro per la difesa dei diritti dei palestinesi in Austria. Nel 2019 membri di BDS Austria hanno organizzato una protesta presso il consiglio comunale della città contro questa censura ufficiale.

Come in Germania, l’élite politica austriaca sostiene strenuamente Israele. L’annessione dell’Austria da parte di di Adolf Hitler, austriaco, nel 1938 fu ben accolta dalla maggioranza dell’opinione pubblica austriaca, per cui, proprio come in Germania oggi, molti austriaci vedono l’incondizionato sostegno a Israele, indipendentemente da quello che fa ai palestinesi, come una forma di espiazione dei crimini nazisti.

L’avvocatessa Elisabetta Folliero, insieme al European Legal Support Center, ha presentato una confutazione della denuncia dell’amministrazione comunale. Essa include un parere specialistico dei giuristi di fama internazionale Eric David, Xavier Dupré De Boulois, Richard Falk e John Reynolds.

Essi sostengono che le risoluzioni austriache contro il BDS violano gli standard internazionali ed europei per i diritti umani, anche riguardo ai diritti fondamentali di libertà di espressione e associazione.

Tra le altre cose, gli esperti citano la fondamentale sentenza della Corte Europea per i Diritti dell’Uomo del 2020 che afferma che chiedere il boicottaggio dei prodotti israeliani costituisce un discorso politico protetto [dal principio della libertà di espressione, ndt].

La causa contro BDS Austria verrà discussa il 28 gennaio 2022 dal tribunale commerciale di Vienna.

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)




Cosa comporterà per la Palestina la vittoria di Gabriel Boric in Cile

Ramona Wadi

18 gennaio 2022 – Mondoweiss

Il nuovo presidente cileno, Gabriel Boric, appoggia il BDS ed ha promesso di prendere una decisa posizione in difesa dei diritti umani dei palestinesi. Ma sarà in grado di modificare la politica estera cilena?

Quando il Cile ha annunciato i risultati delle elezioni presidenziali, Israele e i suoi sostenitori non sono stati affatto contenti. Gabriel Boric, il candidato alla presidenza del Cile, filo-palestinese e di sinistra, è risultato vincitore su José Antonio Kast, di destra e filo-israeliano.

Ex leader studentesco, il trentacinquenne Boric salì alla ribalta durante le mobilitazioni per un’educazione gratuita e di qualità in Cile. Nel 2013 Boric venne eletto al parlamento come candidato indipendente in rappresentanza della regione Magallanes [nel sud del Cile, ndtr.]. Candidato contro Kast nelle elezioni presidenziali del 2021, il suo slogan contro il neoliberismo ha rispecchiato le rivolte in tutto il Paese contro il presidente uscente, Sebastian Piñera.

Boric è anche un critico veemente di Israele e appoggia il movimento per il boicottaggio, il disinvestimento e le sanzioni (BDS). Nell’ottobre 2021, dopo essersi impegnato a sostenere una legge per sanzionare i prodotti provenienti dalle colonie israeliane, egli ha promesso di prendere una posizione dura in difesa dei diritti umani dei palestinesi. Alla fine ha sconfitto Kast con il 56% dei voti contro il 44%, evidenziando che gli elettori cileni sono pronti a rompere con il passato.

Cile e Palestina condividono alcune somiglianze in termini di lotta contro la violenza neoliberista. Le due popolazioni indigene – i mapuche del Cile e i palestinesi –devono entrambe fronteggiare gli orrori degli armamenti e della tecnologia securitaria di Israele. Tuttavia a questo punto la domanda è se Boric si adeguerà al consenso internazionale sul compromesso dei due Stati o manterrà il suo appoggio alla liberazione dei palestinesi.

Israele risponde a Boric

Nella stampa israeliana Boric è stato descritto come un antisemita per il suo precedente attivismo filo-palestinese, compresi attacchi diretti contro la comunità ebraica cilena che è in maggioranza favorevole alle politiche colonialiste sioniste. Pure i suoi rapporti con Daniel Jadue, un cileno di origini palestinesi che è stato anche lui candidato alle elezioni presidenziali del 2021 e che è molto esplicito contro il sionismo, sono stati messi in discussione dai media israeliani.

Emilio Dabed, un avvocato cileno di origini palestinesi che ha anche ottenuto un dottorato in scienze politiche e che è specializzato in diritto costituzionale, leggi internazionali e diritti umani, parla a Mondoweiss di come la propaganda israeliana stia manipolando la posizione di Boric e mette anche in luce le complessità della politica estera cilena nei confronti di Israele e Palestina.

Boric è stato accusato di essere antisemita perché ha manifestato l’opinione che Israele dovrebbe ritirarsi dai territori palestinesi occupati, e i suoi detrattori hanno insinuato che chiedere l’applicazione delle leggi internazionali sia ingiusto o possa rappresentare una forma di antisemitismo. Inoltre in una lettera aperta a Boric inviata da importanti donne ebree cilene il presidente eletto è stato criticato in quanto riterrebbe “gli ebrei responsabili delle politiche di un governo al potere in Israele.” Ma la propaganda israeliana e i suoi sostenitori insistono che Israele rappresenta tutti gli ebrei e accusano tutti i palestinesi di essere antisemiti perché criticano le politiche dello Stato di Israele,” spiega Dabed.

Oltretutto il presidente della comunità ebraica cilena ha anche criticato Boric per il suo appoggio al BDS, un’iniziativa non violenta e basata sulle leggi internazionali per obbligare Israele a rispettare i suoi obblighi in base al diritto internazionale. Dal punto di vista di Israele e dei suoi sostenitori chiedere il rispetto delle leggi internazionali è praticamente un crimine, appoggiare i diritti dei palestinesi è antisemita e l’instaurazione di una pace giusta in Palestina è un pericolo che li minaccia.”

Però gli apocalittici titoli dei media israeliani sul fatto che il Cile abbia eletto un presidente filopalestinese ignorano quasi totalmente il fatto che Israele avrebbe preferito che vincesse le elezioni Kast, nonostante il fatto che suo padre, Michael Kast, nato in Germania, fosse un membro del partito nazista e la cui famiglia sia stata coinvolta nella dittatura di Augusto Pinochet.

Lo scrittore e giornalista Javier Rebolledo, le cui ricerche sulla dittatura di Pinochet hanno portato a conoscenza dell’opinione pubblica molti segreti in precedenza ben nascosti, nel suo libro “A La Sombra de Los Cuervos” [All’ombra dei corvi] afferma che sia il padre di Kast che uno dei suoi fratelli, Christian Kast, sono stati coinvolti nelle attività della Direzione di Intelligence Interna (DINA). Un fratello di Kast, Miguel, è stato uno dei Chicago Boys – il gruppo di economisti formati da Milton Friedman incaricati dell’esperimento neoliberista in Cile. È stato anche nominato da Pinochet ministro del Lavoro e poi presidente della Banca Centrale cilena.

Durante la campagna presidenziale cilena del 2017 Kast ha messo in luce il suo strenuo appoggio a Pinochet: “Se Pinochet fosse ancora vivo voterebbe per me,” si è vantato. Si è anche dichiarato contrario alla chiusura della lussuosa prigione di Punta Peuco, dove ex-agenti e torturatori della DINA stanno scontando le loro condanne. La campagna elettorale di Kast del 2017 è stata finanziata dai sostenitori di Pinochet, tra cui la figlia dell’ex agente della DINA Marcelo Castro Mendoza [condannato a 10 anni di carcere per il sequestro e l’assassinio di 15 persone, ndtr.].

I media israeliani hanno confermato che dei 111 cileni cittadini israeliani 73 hanno votato per Kast. Parlando del trionfo elettorale di Boric Gabriel Colodro, presidente della comunità israeliana in Cile, ha affermato: “Ci sono preoccupazioni per la comunità ebraica (in Cile), ma gli auguriamo di avere successo.”

Cancellazione storica

La risposta di Israele alle elezioni cilene riflette la sua stessa impresa colonialista e il sostegno diplomatico internazionale che è abitato a ottenere. Anche i rapporti di Israele con la dittatura di Pinochet, a cui vendeva armi quando gli USA decisero che era tempo di prendere le distanze dai crimini contro l’umanità che aveva finanziato in Cile, fanno parte del retaggio tra i due Paesi che continua fino ad oggi.

Sia Israele che il Cile dalla dittatura in poi, almeno fino all’ultima presidenza, hanno prosperato ignorando il passato.

Dabed delinea l’impatto di questa cancellazione da parte di Israele e come ciò abbia giocato nella scelta della comunità ebraica a favore di Kast nelle elezioni presidenziali cilene del 2021.

Ciò che rivela ancora una volta la risposta israeliana all’elezione di Boric è la natura schizofrenica delle politiche israeliane e dei suoi sostenitori. Hanno creato una realtà parallela che pretende di volere la pace ma continuando la colonizzazione della Palestina e lo sfruttamento e l’oppressione dei palestinesi. D’altra parte la loro politica è il riflesso dell’etica negativa che hanno adottato. Etica e politiche negative nel senso che il loro obiettivo è la negazione dell’esistenza dei palestinesi, la negazione dei loro diritti, la cancellazione e la negazione della loro storia, la negazione della natura umana dei palestinesi.”

Questa cancellazione è dimostrata anche dalla preferenza della comunità cilena in Israele per Kast: “La stessa politica negativa ha operato in una parte della comunità ebraica in Cile come dimostra la sua scelta nelle elezioni cilene. Ha votato in maggioranza per Kast. La comunità cilena in Israele, per esempio, ha votato quasi al 70% per Kast, negando i crimini della dittatura di Pinochet che Kast ha appoggiato e ancora difende, negando la tortura, gli assassinii, le sparizioni di dissidenti politici durante la dittatura, tutti messi in pratica con l’assistenza e l’addestramento delle forze di sicurezza di Pinochet da parte dello Stato di Israele,” spiega Dabed.

Cosa aspettarsi dal governo di Boric

Nonostante Israele tenti di dipingere la nuova presidenza cilena come pericolosa per i suoi rapporti diplomatici, Boric dovrà districarsi su un terreno politico sia vecchio che nuovo, sia riguardo alla turbolenta storia cilena fin dalla dittatura e dalla transizione alla democrazia che alla sua politica estera.

Il Cile ospita la più grande e meglio organizzata comunità palestinese in America Latina. Il suo attivismo a favore del BDS continua a crescere ed ha influenzato la politica cilena. Per esempio nel novembre 2018 il parlamento cileno ha approvato una risoluzione che chiede al governo di rivedere i suoi accordi con Israele e di fornire ai cileni informazioni riguardo all’espansione delle colonie israeliane per prendere una decisione informata sul fatto di avere rapporti economici con Israele o di visitare lo Stato colonizzatore. Tuttavia vedere fin da subito l’attivismo filo-palestinese come un fattore di cambiamento della politica estera cilena è un punto di vista semplicistico.

Boric è un giovane politico di sinistra che durante il suo governo dovrà affrontare la destra antidemocratica cilena, la stessa che ha contribuito a rovesciare il governo socialista di Salvador Allende 50 anni fa e all’instaurazione della dittatura di Pinochet, che essa difende fino ad oggi. In queste circostanze sarebbe molto pericoloso per Boric inimicarsi del tutto la comunità ebraica cilena che, nel complesso, è molto influente, appoggia politiche di destra e ha votato per Kast. Dati i cambiamenti radicali che Boric ha promesso e il sostegno di cui avrà bisogno per portarli avanti, non penso che rischierà un ulteriore scontro,” spiega Dabed.

Non penso che ci saranno importanti cambiamenti nella politica estera cilena. Indipendentemente dall’orientamento politico i governi cileni hanno mantenuto la stessa politica estera riguardo a Palestina/Israele. Essa ripete il mantra definito dalla comunità internazionale sull’appoggio alla soluzione del conflitto attraverso i due Stati. Lo fa anche quando tutti sappiamo che questa strategia non ha portato i palestinesi da nessuna parte. I negoziati per la soluzione a due Stati sono diventati l’etichetta per mantenere lo status quo colonialista che soggioga i palestinesi fino ad oggi. Questo discorso ha consentito a Israele di ignorare i suoi impegni durante i negoziati di Oslo nel senso di uno scambio di terra con pace, e di raggiungere il suo obiettivo di conquistare la terra ed imporre condizioni per la pace che consolidano il suo progetto di colonizzazione.”

Tuttavia l’impatto di Boric in termini di attivismo e politiche non dovrebbe essere scartato. Mentre la diplomazia dei due Stati domina il discorso politico, ora il Cile ha un presidente che è apparentemente schierato con la causa palestinese, e il Cile è nelle condizioni di influire sul dibattito politico regionale riguardo alla colonizzazione israeliana della Palestina.

Dabed conclude: “Penso anche che l’ascesa al potere di Boric rappresenti un notevolissimo sostegno per i palestinesi e per la comunità palestinese in Cile. Anche se egli non potrà cambiare la politica estera cilena a questo riguardo, lui e i suoi consiglieri e sostenitori sono consapevoli della condizione di colonizzazione dei palestinesi, vi si oppongono e non si vergognano di esprimere queste opinioni. Non solo Boric, ma molti altri del suo circolo conoscono le ingiustizie e i crimini cui i palestinesi sono sottoposti dallo Stato di Israele, e sono pronti, io spero, a modificare almeno il discorso nel modo in cui Palestina/Israele sono visti e di come se ne parla, e questo non è privo di importanza. Ciò potrebbe portare alla creazione di iniziative a livello internazionale che potrebbero rimettere i palestinesi al centro del discorso pubblico, dopo tanti anni di silenzio sui principali mezzi di comunicazione e nei consessi internazionali.”

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)




Il nuovo ministro delle Arti afferma che il boicottaggio del festival di Sydney è una “forma di censura”

Linda Morris

10 gennaio 2022 – The Sydney Morning Herald

Il nuovo ministro delle Arti Ben Franklin ha criticato il boicottaggio del festival di Sydney, che ormai riguarda decine di eventi, affermando che rischia di far tacere varie voci e importanti prospettive con “grave danno” per la società e gli artisti alle prese con la pandemia.

Dopo essersi unito alla standing ovation per Decadance, il lavoro la cui sponsorizzazione da parte dell’ambasciata israeliana ha determinato polemiche, il ministro ha postato su una rete sociale di essere molto preoccupato “riguardo al fatto di bloccare specifiche voci creative solo per la loro nazionalità.”

“Imporre una censura di questo tipo rischia di mettere a tacere importanti messaggi da un’ampia gamma di prospettive.”

Secondo gli organizzatori del boicottaggio, da quando in novembre è stato annunciato, ora in totale sono stati cancellati dal festival 27 eventi. Dieci artisti si sono ritirati dagli spettacoli che stanno ancora proseguendo e sono previste altre rinunce.

Negli ultimi giorni il boicottaggio si è esteso, includendo l’attrice Judith Lucy [attrice comica australiana, ndtr.] e Maeve Marsden, la regista di LIzzie, il musical previsto al teatro Hayes.

Avendo riflettuto a lungo sulla sua decisione, Lucy ha affermato di essere stata sconcertata dal comportamento della direzione del festival di Sydney “in particolare dall’accordo di sponsorizzazione con l’ambasciata israeliana, ma anche dal fatto che hanno lasciato i loro artisti nella merda.”

Chiedendo scusa a quanti sono arrabbiati in quanto già in possesso del biglietto, Lucy ha affermato che gli artisti sarebbero stati condannati qualunque posizione avessero preso.

In un comunicato Marsden ha detto che, in quanto organizzazione apolitica, il festival ha “sbagliato oltre ogni limite a collaborare con lo Stato di Israele” e a utilizzare denaro stanziato per la cultura al fine di occultare “gravi violazioni delle leggi internazionali”.

Ma la direzione del teatro Hayes, ha detto Marsden, ha rifiutato la sua proposta che Lizzie, una interpretazione gotica della vita di Lizzie Borden [statunitense che a fine ‘800 venne prima accusata di aver ucciso con un’ascia padre e matrigna e poi assolta, ndtr.], venisse tolta dal programma del festival.

Il boicottaggio riguarda l’accettazione da parte del festival di 20.000 dollari australiani [13.000 euro] dell’ambasciata israeliana a Canberra per la messa in scena da parte della Sydney Dance Company di Decadance, un lavoro creato dal coreografo israeliano Ohad Naharin e dalla Batsheva Dance Company di Tel Aviv.

“È stato un lavoro straordinario, non ho mia visto niente del genere. È crudo, appassionato, viscerale e profondamente emozionante,” ha detto lunedì Franklin a questo giornale.

“Sono rattristato dal fatto che questo problema ha oscurato questo straordinario lavoro da parte del coreografo che è noto per essere un oppositore di molte delle politiche del governo israeliano riguardo al popolo palestinese.”

L’attivista Fahad Ali ha affermato che il ministro non ha colto la questione: “Il nostro problema riguarda l’accettazione della sponsorizzazione israeliana e il fatto che un logo del governo israeliano sia sul programma e sul sito web, perché ciò gli fornisce una copertura. Normalizza violazioni dei diritti umani e consente a Israele di ottenere pubblicità grazie a un’istituzione culturale. Il reale evento in sé, Decadance, i ballerini, gli artisti e il coreografo, niente di tutto questo viene messo qui in discussione.”

Gene Simmons, membro del gruppo rock Kiss, il produttore vincitore di un Oscar Emile Sherman e la cantante Deborah Conway hanno firmato una lettera aperta che definisce il boicottaggio divisivo e “un’offesa sia ai palestinesi che agli israeliani.”

Franklin, membro dei Nationals [partito di destra, ndtr.], ha sostituito Don Harwin nell’ultimo rimpasto di governo. Ha affermato che l’arte è stata duramente colpita dalla pandemia e ora è tempo di dare agli artisti ogni opportunità di ritornare a esibirsi davanti al pubblico.

“Le arti dovrebbero consentire di dire la verità e mettere davanti alla società e a volte anche al governo uno specchio onesto e vivido. Non voglio adottare un approccio prescrittivo riguardo a quello che i creativi dovrebbero fare,” ha affermato.

“Penso che sia importante che sentano la libertà di espressione per essere in grado di dire e definire i problemi di cui si preoccupano nella loro esperienza personale o nella società nel suo complesso.”

Ma Ali ricorda che nessuno mise in discussioni la decisione di Don Bradman [famoso giocatore di cricket australiano, ndtr.] di non andare in tournée in Sudafrica durante l’apartheid. Le buone intenzioni, ha affermato, non sono state sufficienti a cambiare la condizione del popolo palestinese: “Chiedo al ministro: cosa dovrebbero fare i palestinesi per porre fine a questa situazione di apartheid?”

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)




2021 in Palestina: finalmente si è sollevata una nuova generazione

Ramzy Baroud

3 gennaio 2022 – The Palestine Chronicle

Quando è iniziato, il 2021 sembrava essere un altro anno di normalità, in cui l’occupazione israeliana era incessante e così anche la miseria palestinese. Anche se molto di tutto questo resta vero, la dinamica dell’occupazione israeliana è stata sfidata da un sentimento senza precedenti di unità popolare tra i palestinesi, non solo a Gerusalemme est, Cisgiordania e Gaza occupate, ma anche tra le comunità palestinesi nella Palestina storica.

Una forte sensazione di cauta speranza ha finalmente rimpiazzato il prevalente senso di disperazione che si respirava negli anni precedenti. Accanto ad esso si è registrato in tutta la Palestina un senso di rinnovamento e di voglia di seguire nuove idee politiche. Per esempio, secondo un sondaggio condotto dal Centro di Informazioni e Comunicazioni di Gerusalemme (JMCC) pubblicato il 22 novembre, c’è un maggior numero di palestinesi della Cisgiordania che appoggiano la soluzione di uno Stato unico rispetto a quelli che ancora sostengono la soluzione di due Stati, ormai praticamente defunta, che ha dominato il pensiero palestinese per decenni.

La pandemia si fa sentire

Tuttavia l’anno è iniziato con un’attenzione su tutt’altra cosa: la pandemia da Covid-19. Oltre a devastare i palestinesi sotto assedio e occupazione, soprattutto nella Striscia di Gaza, la pandemia ha incominciato a diffondersi tra i prigionieri palestinesi.

A febbraio l’Autorità Nazionale Palestinese, insieme ad associazioni ed organizzazioni internazionali per i diritti umani, ha criticato Israele per aver bloccato l’accesso ai vaccini contro il Covid-19 nella Striscia di Gaza. Sono stati donati vaccini Sputnik 5 dalla Russia, il primo Paese che ha contribuito alla lotta contro la pandemia in Palestina. Alla fine le comunità palestinesi hanno avuto lentamente accesso ai vaccini arrivati attraverso il programma COVAX. Tuttavia la pandemia ha continuato a funestare la Palestina occupata, soprattutto poiché le autorità dell’occupazione israeliana hanno continuato a bloccare le misure di prevenzione palestinesi e a smantellare le strutture di fortuna per il Covid-19 nei territori occupati. Secondo il sito web Worldometer [sito che fornisce dati statistici in tempo reale per diversi argomenti, ndtr.], sono morti a causa del Covid-19 4.555 palestinesi, mentre 432.602 sono risultati positivi alla letale pandemia.

Elezioni cancellate

Come accaduto lo scorso anno, la crisi politica israeliana ha velocemente preso il sopravvento nei titoli dell’informazione, dato che la lotta tra l’allora Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu ed i suoi rivali è proseguita, portando alla quarta tornata elettorale in Israele in due anni. Le elezioni di marzo hanno infine modificato lo scenario politico israeliano, grazie ad una strana coalizione di governo messa insieme il 13 giugno dal nuovo Primo Ministro israeliano Naftali Bennet. La coalizione ha incluso l’uomo politico arabo Mansour Abbas, il cui partito si è dimostrato determinante per la formazione del governo.

Mentre Netanyahu ed il suo partito Likud sono passati rapidamente all’opposizione, mettendo fine ad un regno durato 12 anni, i palestinesi hanno anticipato le loro elezioni che sono state indette dal presidente dell’ANP Mahmoud Abbas il 15 gennaio.

Le elezioni parlamentari e presidenziali dell’ANP sono state calendarizzate rispettivamente il 22 maggio e il 31 luglio. Era previsto che le due tornate elettorali sarebbero state seguite da un compromesso politico che avrebbe posto fine alla disunione politica palestinese garantendo uguale rappresentanza per tutte le formazioni politiche palestinesi, comprese Hamas e Jihad islamica, in una riproposizione dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP).

Purtroppo non è accaduto nulla di tutto ciò. Nonostante positivi colloqui sull’unità palestinese al Cairo nel corso di diverse settimane, Abbas ha annullato le elezioni programmate con il pretesto che tale decisione fosse stata presa per protesta contro il rifiuto di Israele di permettere la partecipazione degli elettori di Gerusalemme est.

In cambio per aver bloccato gli sforzi palestinesi per assicurare una parvenza di democrazia anche sotto occupazione israeliana ad Abbas è stato permesso di rientrare nella lista degli alleati di Washington. Certo in aprile gli USA hanno ripristinato gli aiuti ai palestinesi, con la promessa di riaprire l’ufficio dell’OLP a Washington, che era stato chiuso dall’amministrazione Trump, e anche con l’impegno di riaprire il proprio consolato a Gerusalemme, anch’esso chiuso da Trump nel settembre 2018.

Nonostante questi gesti, che sono serviti a rilegittimare l’ANP dopo quattro anni di completa emarginazione da parte USA, la nuova amministrazione Biden non ha offerto né un percorso per un nuovo processo di pace, né una pressione su Israele per porre fine alla sua occupazione o rallentare la velocità dell’espansione illegale delle colonie nella Palestina occupata. Infatti il tasso di costruzione delle colonie israeliane è cresciuto in modo esponenziale nel 2021 con l’annuncio in ottobre del piano di Israele di approvazione di migliaia di nuove unità abitative israeliane in Cisgiordania.

Da Sheikh Jarrah a Gaza

Le azioni provocatorie di Israele sarebbero passate inosservate da parte della comunità internazionale se non fosse stato per il popolo palestinese, che ha assunto una posizione collettiva utilizzando tutte le forme di resistenza, da Sheikh Jarrah, a Gerusalemme est, a Gaza. I fatti, che hanno infine portato ad una guerra di Israele contro Gaza a maggio, sono iniziati con uno dei soliti tentativi israeliani di pulizia etnica dei palestinesi da diversi quartieri di Gerusalemme est, compresi Sheikh Jarrah e Silwan. Però gli abitanti palestinesi di Gerusalemme hanno iniziato ad organizzarsi contro un ordine del tribunale israeliano di espellerli dalle loro case per essere poi sostituiti da coloni ebrei israeliani, come è stata la consuetudine per molti anni.

La resistenza popolare a Sheikh Jarrah ha incontrato una risposta di estrema violenza da parte israeliana, che ha coinvolto coloni armati, polizia israeliana e forze di occupazione, provocando il ferimento di almeno 178 manifestanti palestinesi il 7 maggio. I palestinesi in tutti i territori occupati hanno iniziato a mobilitarsi in solidarietà con i loro compagni ad Al Quds (Gerusalemme, ndtr.), conducendo ad una nuova devastante guerra israeliana contro la Striscia di Gaza il 10 maggio. La guerra ha provocato l’uccisione di oltre 250 palestinesi, il ferimento di migliaia e distruzioni su vasta scala.

La guerra israeliana mirava a distrarre l’attenzione dai fatti che avvenivano a Gerusalemme est. I disegni israeliani tuttavia sono falliti del tutto perché i palestinesi a Ramallah, Nablus, Haifa e in molte altre città, villaggi e campi profughi palestinesi hanno marciato in solidarietà con Sheikh Jarrah e Gaza, formulando un discorso politico che per la prima volta era scevro da riferimenti settari.

Per soffocare la rivolta palestinese Israele ha inviato migliaia di soldati e poliziotti, insieme a coloni ebrei e milizie armate nei territori occupati e nello stesso Israele. Molti palestinesi sono stati uccisi nei conseguenti scontri e attacchi. Tuttavia gli eventi di maggio hanno messo in luce non solo l’unità tra i palestinesi, ma anche il profondo razzismo che ha pervaso tutti gli ambiti della società israeliana. Il concetto secondo cui i palestinesi della Palestina storica si sono integrati nella nuova realtà e non fanno più parte di un più vasto corpo politico palestinese si è dimostrato completamente falso.

Boicottaggio, disinvestimenti e la CPI (Corte Penale Internazionale)

La resistenza palestinese in patria ha ulteriormente mobilitato la società civile in tutto il mondo. Organizzazioni per i diritti come Human Rights Watch e la israeliana B’Tselem sono arrivate alla conclusione che Israele è uno Stato di apartheid.

Il movimento per il Boicottaggio, il Disinvestimento e le Sanzioni (BDS) ha ricevuto molti incoraggiamenti nel corso dell’anno, dato che imprese come il gigante del gelato, Ben & Jerry’s, hanno deciso di disinvestire dai territori occupati e la multinazionale dello sport, Nike, ha deciso di porre fine del tutto alle proprie attività in Israele, pur senza giustificare la sua decisione in termini politici.

Inoltre il maggior fondo pensionistico della Norvegia, KLP, il 5 luglio ha dichiarato che non avrebbe più investito in imprese legate alle colonie israeliane. Più tardi nell’anno la famosa scrittrice irlandese Sally Rooney ha annunciato di rifiutare che il suo bestseller ‘Beautiful world, where are you’ fosse pubblicato da una società israeliana.

Intanto gli sforzi per far rispondere delle proprie responsabilità i criminali di guerra israeliani di fronte alla Corte Penale Internazionale (CPI) sono proseguiti incessantemente. In marzo l’allora Procuratrice capo, Fatou Bensouda, ha annunciato l’avvio di un’inchiesta formale su presunti crimini di guerra nei territori palestinesi occupati. Anche se Bensouda non è più a capo della CPI, il caso palestinese rimane aperto, nella speranza che la giustizia internazionale possa infine prevalere.

Nonostante le molte difficoltà, lo spirito di tutti i palestinesi si è nuovamente risollevato quando a luglio la delegazione olimpica palestinese è entrata nello Stadio Olimpico di Tokyo, portando la bandiera palestinese. La piccola delegazione includeva palestinesi di diverse regioni, cementando anche nella cultura e nello sport l’unità palestinese.

Resistere attraverso la fame 

Intanto i palestinesi in sciopero della fame hanno continuato la loro resistenza nelle carceri israeliane, con prigionieri come Kayed Fasfous e Meqdad Al-Qawasmi che hanno proseguito i loro scioperi per 131 e 113 giorni rispettivamente, fino ad arrivare quasi alla morte. Con una dimostrazione di ulteriore sfida, il 6 settembre sei prigionieri palestinesi sono evasi dalla prigione di Gilboa. Benché siano stati tutti catturati e, secondo le testimonianze, torturati in seguito al loro ri-arresto, la notizia ha catturato l’attenzione di tutti i palestinesi, che si sono sentiti più forti per quella che hanno percepito come un’eroica richiesta di libertà.

Tuttavia molti prigionieri palestinesi hanno sofferto anche nelle mani della stessa ANP, che ha continuato la sua prassi di illegittima detenzione e tortura degli attivisti palestinesi dissidenti. La morte di Nizar Banat nelle mani delle forze di sicurezza dell’ANP il 24 giugno ha provocato proteste di massa di palestinesi, in cui migliaia di persone hanno chiesto un accertamento delle responsabilità e giustizia per il critico dell’ANP che è stato picchiato a morte.

Il 2021 è stato un anno di guerra, perdite e distruzione per i palestinesi. Eppure è stato anche un anno di unità, di conquiste culturali e di speranza, poiché una nuova generazione ha infine occupato il centro della scena, affermando la propria identità e centralità per il futuro della propria patria.

Ramzy Baroud è giornalista e editore di The Palestine Chronicle. E’ autore di cinque libri. L’ultimo è: “These chains will be broken: palestinian stories of struggle and defiance in israeli prisons” (Clarity Press). Il dottor Baroud è ricercatore non residente presso il Center for Islam and Global Affairs (CIGA).

(Traduzione dall’inglese di Cristiana Cavagna)




Quali sono state le principali vittorie del BDS nel 2021?

Nora Barrows-Friedman

30 dicembre 2021 – Electronic Intifada

Nonostante il fatto che la pandemia di Covid-19 sia continuata, il 2021 è stato un anno in cui c’è stato un incremento di mobilitazione della campagna per il boicottaggio, il disinvestimento e le sanzioni [contro Israele] (BDS), di azioni della società civile coronate da successo e di significative vittorie giudiziarie per i diritti dei palestinesi.

Fondi pensione hanno abbandonato imprese israeliane, personalità della cultura hanno rifiutato di superare i limiti [posti dal BDS] e un’importante azienda produttrice di gelati ha ritirato i propri prodotti dalle illegali colonie israeliane.

A Oakland, in California, prolungate azioni dirette hanno avuto successo nel far pagare un prezzo a Israele dopo che a maggio ha scatenato un attacco letale di 11 giorni contro Gaza.

All’inizio di giugno, come parte di un’ondata di proteste internazionali sotto la bandiera di #BlockTheBoat [Blocca la Nave], attivisti e lavoratori portuali hanno impedito per più di due settimane dalla data di arrivo prevista che una nave cargo israeliana attraccasse al porto della città.

La nave ha palesemente cercato di evitare il picchetto ed ha lasciato la zona portuale della baia con il suo carico intatto.

Nel Regno Unito manifestanti di Palestine Action [rete di attivisti filo-palestinesi che usa tattiche di disobbedienza civile contro fabbriche di armi israeliane, ndtr.] hanno obbligato industrie belliche israeliane a chiudere le attività in parecchie delle loro 10 sedi in Gran Bretagna.

Alcuni attivisti hanno condotto sit-in e sabotaggi contro filiali di Elbit Systems, di proprietà israeliana, chiudendo fabbriche, rompendo vetri, danneggiando macchinari, scrivendo graffiti e spruzzando di pittura rossa muri per simbolizzare il sangue palestinese.

Nel suo primo anno di vita Palestine Action – creata nel 2020 – ha effettuato più di 70 azioni contro Elbit, tra cui 20 importanti occupazioni di sedi e fabbriche.

A dicembre Palestine Action ha vinto un’importante battaglia giudiziaria, in quanto attivisti che avevano imbrattato una fabbrica di droni israeliani sono stati assolti da accuse di danneggiamento.

Continueremo a compiere azioni dirette per interrompere e sabotare il commercio di armi israeliane,” ha detto a The Electronic Intifada la co-fondatrice Huda Ammori.

A luglio, dopo anni di attività negli Usa e da parte di attivisti palestinesi del boicottaggio, Ben & Jerry’s – impresa che produce gelati di proprietà di Unilever – ha annunciato che non avrebbe più venduto i suoi prodotti nelle illegali colonie israeliane, affermando che tale vendita è “in contrasto con i propri valori”.

Dirigenti israeliani e associazioni della lobby sono stati duramente colpiti dalla notizia ed hanno fatto ricorso a calunnie contro l’impresa di gelati e i membri del suo consiglio di amministrazione.

Il ministro degli Esteri israeliano Yair Lapid ha promesso di fare ricorso alla ventina di Stati USA che hanno approvato misure anti-BDS per “far valere quelle leggi contro Ben & Jerry’s”, mentre il primo ministro Naftali Bennett ha promesso di “agire in modo aggressivo” contro l’industria che produce gelati.

Ma, pur tra le minacce, finora l’azienda ha difeso la sua decisione.

Il Comitato Nazionale del BDS palestinese ha invitato Ben & Jerry’s a “porre fine a qualunque attività nell’Israele dell’apartheid.”

A fine dicembre un noto sito antipalestinese che stila liste nere ha nominato il presidente del consiglio di amministrazione dell’impresa come suo “principale antisemita dell’anno”, portando l’associazione per i diritti civili Palestine Legal [organizzazione USA che si dedica alla difesa legale di attivisti filo-palestinesi, ndtr.] a evidenziare quanto tali accuse suonino vuote.

L’associazione ha affermato: “La decisione di Ben & Jerry’s di smettere di trarre profitto da colonie esclusivamente ebraiche costruite su terra rubata è il minimo indispensabile che la ditta possa fare per rispettare il suo pubblicizzato impegno per la giustizia sociale.”

Ecco alcune delle altre principali vittorie del BDS per i diritti dei palestinesi di cui Electronic Intifada ha informato nel 2021.

Imprese israeliane sono state scaricate

In tutto il mondo fondi pensione hanno tolto imprese israeliane dal portafoglio dei loro investimenti a causa delle violazioni dei diritti umani e delle leggi internazionali da parte di Israele.

Un importante fondo pensioni di un ente locale britannico ha disinvestito dall’impresa israeliana di armamenti Elbit System. Benché inizialmente il fondo pensioni abbia cercato di negare che l’iniziativa riguardasse il ruolo dell’impresa nelle violenze contro i palestinesi, gli attivisti avevano inondato l’ufficio con richieste di eliminare Elbit dai suoi investimenti.

Il presidente della commissione pensioni del Comune ha comunque ammesso che Elbit è stata esclusa dal suo nuovo gestore degli investimenti, Storebrand, “per ragioni legate ai diritti umani e alle leggi internazionali.”

Storebrand è un’azienda norvegese che esclude Elbit a causa di problemi legati ai diritti umani.

Quest’anno un fondo pensioni statale neozelandese da 29 miliardi di euro ha annunciato di aver escluso cinque banche israeliane dal proprio piano di investimenti a causa del loro ruolo nel finanziamento delle colonie israeliane nella Cisgiordania occupata.

Una valutazione di NZ Super Fund ha concluso che possedere azioni delle principali banche israeliane violerebbe la sua politica di investimenti responsabili.

Anche in Norvegia e Scozia fondi pensione hanno disinvestito da imprese che traggono profitto dalle colonie israeliane, tra cui imprese edili, aziende delle telecomunicazioni e banche.

KLP, il principale fondo pensioni norvegese, ha escluso 16 imprese che traggono profitto dalle colonie perché, ha affermato, c’è un “rischio inaccettabile” che contribuiscano a violazioni dei diritti umani.

A dicembre in Finlandia una parlamentare ha presentato un progetto di legge che vieterebbe l’importazione di prodotti dalle colonie israeliane costruite su terra palestinese e siriana occupata.

A settembre l’Unione Europea è stata obbligata a registrare un’iniziativa di cittadini europei che intende bloccare i commerci con colonie su territori occupati.

La misura potrebbe interrompere il redditizio accesso sui mercati UE di cui godono attività economiche nelle colonie israeliane costruite su terre palestinesi in violazione delle leggi internazionali.

Vittorie su leggi anti-BDS e sulla persecuzione di attivisti

A febbraio, facendo seguito a decisioni simili del tribunale federale in Arizona, Kansas e Texas, una misura contro il BDS in Arkansas è stata dichiarata incostituzionale.

Una corte d’appello federale USA ha sentenziato che la legge statale del 2017 che impone a imprese contrattate dallo Stato di dichiarare che non boicotteranno Israele rappresenta una violazione della libertà di parola.

Questa è la prima corte d’appello federale a decidere sulla costituzionalità di leggi contro il boicottaggio, e con questa decisione nessuna legge anti-BDS è stata accolta nel merito,” ha affermato Palestine Legal.

Ogni legge che ha superato una disputa giudiziaria lo ha fatto attraverso espedienti legali per evitare un’analisi costituzionale,” ha aggiunto l’associazione.

A gennaio un tribunale spagnolo ha respinto una denuncia penale per presunti crimini d’odio contro otto attivisti del BDS, una grande vittoria per il diritto a boicottare Israele in quel Paese.

Il tribunale ha sentenziato che gli attivisti avevano esercitato il proprio diritto alla libera espressione perseguendo obbiettivi politici legittimi.

I giudici hanno citato una fondamentale decisione del giugno 2020 della Corte Europea per i Diritti dell’Uomo secondo cui invitare a un boicottaggio contro Israele a causa delle sue politiche non è una forma di discriminazione ma un discorso politico protetto.

Gli attivisti hanno salutato la vittoria come un segno di come “la strategia globale dei sionisti e (i tentativi da parte dei) loro alleati di estrema destra per delegittimare il movimento BDS stanno fallendo.”

Negli USA, benché l’amministrazione Biden abbia ripreso la promessa di lottare contro il BDS dell’era di Trump e Obama – con la lobby israeliana che ha chiesto al nuovo presidente di incrementare gli attacchi contro gli attivisti nei college – gli studenti hanno ottenuto una vittoria che segna un precedente.

A marzo un giudice della California ha sentenziato contro le richieste di un querelante anti-palestinese di perseguire attivisti per i diritti umani riguardo al loro appoggio al BDS e ai diritti dei palestinesi.

Ciò ha segnato la prima volta in cui un tribunale USA “ha riconosciuto il contesto maccartista che devono affrontare quanti parlano a favore dei diritti dei palestinesi,” secondo il gruppo per i diritti civili Palestine Legal, che insieme ad altri avvocati ha rappresentato otto imputati.

La sentenza “respinge il concetto secondo cui gli studenti perdono i loro diritti costituzionali quando sostengono i diritti dei palestinesi in un’università pubblica,” ha affermato Palestine Legal.

I canadesi vogliono interrompere la vendita di armi a Israele

In Canada i leader del formalmente progressista Nuovo Partito Democratico [di orientamento socialdemocratico, ndtr.], Jagmeet Singh, ha chiesto al primo ministro Justin Trudeau di porre fine alla vendita di armi a Israele.

L’iniziativa di Singh è arrivata dopo che dirigenti e iscritti del partito hanno approvato una mozione per porre fine al commercio di armi con Israele.

La mozione ha specificato che il commercio di armi tra Canada e Israele deve essere interrotto “finché non verranno rispettati i diritti dei palestinesi.”

Il voto “invia il messaggio che in Canada i progressisti e le persone che hanno a cuore i diritti umani non appoggiano lo status quo e vedono le sanzioni contro Israele non solo come appropriate, ma necessarie,” ha detto in aprile a Electronic Intifada Amy Kishek, una importante promotrice della risoluzione.

Ampio sostegno ai diritti dei palestinesi e al BDS

Nonostante le enormi pressioni da parte di dirigenti e sostenitori della lobby israeliana nel partito Laburista britannico, i delegati del congresso di settembre del partito hanno approvato una risoluzione che chiede sanzioni ed embargo militare contro Israele.

La risoluzione appoggia l’indagine della Corte Penale Internazionale su crimini di guerra nella Cisgiordania e nella Striscia di Gaza occupate.

Essa sostiene altre “misure efficaci chieste dalla società civile palestinese” – un’affermazione del movimento BDS che intende porre fine alle violazioni israeliane dei diritti dei palestinesi e delle leggi internazionali.

Essa ribadisce anche esplicitamente “il diritto del popolo palestinese di tornare alle proprie case, come sancito dalle leggi internazionali.”

All’inizio dell’anno un sondaggio ha evidenziato che più del 60% dei membri del partito Laburista appoggia la campagna BDS.

Nella stessa indagine circa metà di quanti sono stati interpellati è d’accordo con l’affermazione secondo cui “Israele è uno Stato di apartheid, che discrimina sistematicamente i palestinesi.”

Negli USA un sondaggio di marzo ha indicato che la maggioranza dei democratici vuole che gli USA esercitino maggiori pressioni su Israele.

Cultura e sport

Benché a causa della pandemia molti artisti, personaggi della cultura, scrittori e atleti abbiano dovuto cancellare o rinviare tournée, concerti e apparizioni, una schiera di musicisti ha incrementato le campagne per invitare artisti a non organizzare spettacoli in Israele.

Rage Against the Machine, Patti Smith, Noname, Vic Mensa, Thurston Moore e Run the Jewels sono stati tra i primi firmatari di “Iniziativa dei Musicisti per la Palestina”, che ha continuato ad attirare adesioni.

A luglio un atleta algerino si è rifiutato di competere con un israeliano ai Giochi Olimpici di Tokio ed ha affrontato sanzioni amministrative da parte del Comitato Olimpico Internazionale. Il 26 luglio Fethi Nourine non ha partecipato alle eliminatorie contro l’avversario sudanese Mohamed Abdalrasool in quanto il vincitore dell’incontro avrebbe dovuto competere contro l’israeliano Tohar Butbul.

Ogni competizione tenuta sotto la bandiera israeliana è un riconoscimento non solo dello Stato di Israele, ma anche della legittimità dell’occupazione della terra palestinese,” ha scritto Nourine su Facebook alla fine di luglio.

Il suo ritiro ha evitato la possibilità di affrontare l’israeliano.

Nourine ha spiegato di rifiutare la normalizzazione con il rappresentante di un “colonizzatore e occupante”.

L’atleta e il suo allenatore Amar Benikhlef sono stati privati dell’accredito olimpico e sono stati rispediti in patria.

E infine ad ottobre la scrittrice irlandese di successo Sally Rooney ha rispettato l’appello al boicottaggio rifiutando di consentire a una casa editrice israeliana di comprare i diritti di traduzione e pubblicazione in ebraico del suo ultimo romanzo, Beautiful World, Where Are You [Dove sei, mondo bello, Einaudi, 2022].

La Campagna Palestinese per il Boicottaggio Accademico e Culturale di Israele (PACBI) ha elogiato Rooney per essersi aggiunta a “innumerevoli scrittori internazionali nell’appoggio al boicottaggio delle istituzioni culturali del settore editoriale complice di Israele.”

Rooney ha affermato che sarebbe stata contenta di vendere i diritti per la traduzione in ebraico se fosse stato possibile trovare un’impresa che non violasse i principi dell’appello del BDS.

Ho semplicemente sentito che nelle attuali circostanze non sarebbe stato giusto per me accettare un nuovo contratto con un’impresa israeliana che non prendesse pubblicamente le distanze dall’apartheid,” ha affermato Rooney.

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)




I palestinesi rendono omaggio a Desmond Tutu

Ali Abunimah 

27 dicembre 2021 – Electronic Intifada

L’arcivescovo Desmond Tutu è stato un “vero profeta di giustizia e pace,” ha affermato domenica il movimento palestinese per il boicottaggio, il disinvestimento e le sanzioni facendo seguito alla notizia che l’icona della lotta per la libertà del Sudafrica era morto all’età di 90 anni.

Nel corso dei decenni della sua lotta contro l’apartheid e tutte le forme di ingiustizia, Arch, come gli piaceva essere chiamato, ha insegnato a milioni di persone in tutto il mondo, inclusi i palestinesi, il senso di una lotta basata su principi etici, sull’efficacia e su profonde convinzioni per ottenere ‘il menu completo dei diritti.’”

Mahmoud Abbas, presidente dell’Autorità Palestinese che lavora in stretto contatto con le forze di occupazione israeliane, ha lodato Tutu quale “eroe al servizio dell’umanità e delle sue cause.”

L’arcivescovo Atallah Hanna di Gerusalemme ha detto che Tutu “sarà sempre ricordato, anche in Palestina, per il suo ripudio di razzismo e apartheid.”

La Palestina, come il Sudafrica, ha perso un vero patriota, un grande paladino dei diritti umani, un oppositore del razzismo e uno strenuo difensore della causa palestinese,” è il commento del movimento di resistenza Hamas.

A quelli abbastanza vecchi da ricordare la lotta contro l’apartheid in Sudafrica, la faccia e la voce di Tutu sono familiari come quelle di Nelson Mandela, forse persino di più. Ma mentre Mandela e altri leader dell’African National Congress [ANC, Congresso Nazionale Africano, il più importante partito del Paese, fondato nel 1912 e al governo dalla caduta del regime] furono imprigionati dal regime razzista e tenuti lontani dalla vista pubblica, Tutu è stato a tutti gli effetti il portavoce del popolo sudafricano nel mondo.

Con la fine dell’apartheid nel 1994, Tutu ha riservato lo stesso appassionato amore della giustizia alla lotta palestinese.

Durante la mia visita in Terra Santa sono rimasto profondamente turbato perché mi ha ricordato moltissimo quello che è successo a noi neri in Sudafrica,” scrisse nel 2002. “Ho visto le umiliazioni dei palestinesi ai checkpoint e ai blocchi stradali, soffrono come noi quando i giovani poliziotti bianchi ci impedivano di muoverci liberamente nel Paese.”

Ho visitato Israele/Palestina in molte occasioni e ogni volta sono stato colpito dalle somiglianze con il regime sudafricano di apartheid,” scrisse nel 2011. “Le strade e le zone separate per palestinesi, le loro umiliazioni ai checkpoint e ai posti di blocco, gli sfratti e le demolizioni delle case.”

Aggiunse che zone di Gerusalemme Est assomigliano a quello che era il Distretto Sei a Città del Capo”, una comunità multirazziale vecchia di un secolo, distrutta nel 1966 dal regime di apartheid e dichiarata zona riservata solo ai bianchi.

Sostegno al boicottaggio

Avendo capito le somiglianze fra le dinamiche di potere nelle due società colonialiste, Tutu sostenne subito la richiesta palestinese di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni (BDS).

Spesso offrì, pubblicamente e in privato, il proprio appoggio direttamente alle campagne BDS nel mondo.

Dopo aver sollecitato le chiese americane a disinvestire dalle compagnie complici dei crimini israeliani contro i palestinesi, come prevedibile attirò le ire della lobby israeliana.

Il suo status di icona non riuscì a proteggerlo dalle calunnie della Anti-Defamation League [Lega Antidiffamazione (ADL), ong USA che combatte “l’antisemitismo e tutte le forme di pregiudizio” e che fa parte della lobby filo-israeliana, ndtr] di aver deviato nell’“antisemitismo.”

Quest’attacco proveniva dalla stessa Lega che negli anni ’80 aveva spiato il movimento anti-apartheid e passato informazioni al governo razzista del Sudafrica.

Ma questi attacchi non impedirono mai a Tutu di sostenere il BDS.

Nel 2014 disse al quotidiano israeliano Haaretz che il boicottaggio internazionale del Sudafrica aveva giocato un ruolo cruciale per favorire il dialogo che portò poi alla transizione alla democrazia.

A un certo punto, il punto di svolta, l’allora governo si rese conto che il costo di cercare di preservare l’apartheid superava i benefici,” spiegò Tutu.

Negli anni ’80 lo stop ai commerci con il Sudafrica delle multinazionali con una coscienza fu in sostanza uno degli aspetti essenziali che misero in ginocchio, senza spargimento di sangue, lo Stato di apartheid.”

Chi continua a fare affari con Israele, chi contribuisce a un senso di ‘normalità ’ nella società israeliana, sta danneggiando i popoli di Israele e Palestina,” aggiunse. “sta contribuendo alla perpetuazione di uno status quo profondamente ingiusto.”

Elogi dagli ipocriti

Adesso Tutu è lodato da molte istituzioni e da molti leader che non avevano prestato ascolto agli appelli per il boicottaggio durante la lotta in Sudafrica e ora nel caso della Palestina.

Membri di spicco dell’Unione Europea, specialmente Germania e Regno Unito, si sono a lungo opposti alle sanzioni al Sudafrica.

Oggi la UE continua a premiare Israele, militarmente, economicamente e politicamente, mentre c’è un’escalation dei suoi crimini contro i palestinesi.

Nulla di tutto ciò ha portato i maggiori dirigenti dell’UE a riflettere prima di rendere omaggio a Tutu come se avessero imparato qualcosa da lui.

Anche Liz Truss, ministra degli Esteri britannica, il cui governo ha recentemente firmato un accordo di “partenariato strategico” militare ed economico con Israele, ha elogiato Tutu:

Addolorata nell’apprendere della morte dell’arcivescovo Desmond Tutu. Fu la forza trainante della fine dell’apartheid in Sudafrica e un meritevole vincitore del Premio Nobel per la Pace. Sono vicina al popolo del Sudafrica.”

Per contrasto il governo di Israele è rimasto in silenzio, forse un raro caso di autoconsapevolezza.

Ma Yishai Fleisher, un leader dei coloni ebrei nella Cisgiordania occupata, ha festeggiato la scomparsa di Tutu: “Oggi è morto un antisemita.”

Fleisher probabilmente parla anche per molti politici israeliani che sono rimasti in silenzio, ma che etichettarono Tutu come “un pericoloso nemico di Israele.”

Oggi un antisemita è morto. Tutu è scomparso, ma Israele è ancora qui.

Questo ha spinto gli utenti di molti social media, me incluso, a sbeffeggiare l’ipocrisia di Starmer [segretario del partito Laburista britannico, ndtr.].

Se Tutu fosse stato un membro del partito laburista, Starmer avrebbe certamente cercato di farlo espellere, come i molti altri che sono stati allontanati per posizioni simili a sostegno dei diritti dei palestinesi.

Uno dei leader dei laburisti e predecessore di Starmer, l’ex primo ministro Tony Blair, ha detto di essere “addolorato” per la morte di Tutu.

Nel 2012 Tutu si ritirò da un summit sulla “leadership” con Blair dicendo che non poteva sedere vicino alla persona che, con il presidente USA George W. Bush, aveva ordinato la catastrofica invasione dell’Iraq basata su menzogne.

Tutu sottolineò l’evidente ipocrisia di un sistema mondiale che trascina leader africani e asiatici davanti ai tribunali e lascia liberi quelli come Blair.

Su quali basi decidiamo che Robert Mugabe deve essere giudicato dalla Corte Penale Internazionale” mentre “Tony Blair entra nel club degli oratori internazionali?” si chiese Tutu.

Desmond Tutu ha vissuto la vita fino alla fine lottando e parlando a favore di giustizia e verità in Sudafrica, Palestina e nel mondo intero.

Sta a noi compiere il resto del viaggio, ma lui ci ha mostrato la via.

(Traduzione dall’inglese di Mirella Alessio)




Artisti di spicco si uniscono al boicottaggio del festival di Sydney in quanto finanziato da Israele

Nick Galvin

23 dicembre 2021 – The Sydney Morning Herald

Il numero di artisti e compagnie che boicottano il festival di Sydney 2022 [si tiene annualmente e per tre settimane in gennaio ospita opere artistiche e musicali di ogni genere, ndtr.] a causa della decisione degli organizzatori di accettare un contributo di $20.000 (12.800 €) dall’ambasciata israeliana è ora salito a otto e include artisti di alto profilo come Khaled Sabsabi e il comico e personaggio televisivo Nazeem Hussein.

Anche Barkaa, rapper emergente, e la compagnia di danza Bindi Bosses stanno boicottando l’evento e si sono aggiunti all’Arab Theatre Studio, alla Poetry Slam di Bankstown e alla giornalista Amy McQuire che avevano annunciato in precedenza il loro ritiro.

Il finanziamento israeliano è destinato alla messa in scena di una performance del Teatro dell’Opera di Sydney della Compagnia di Danza di Sydney con coreografia dell’israeliano Ohad Naharin.

Nel 2011 Khaled Sabsabi ha vinto Blake Prize [premio australiano conferito dal 1951 ad artisti che esplorano la spiritualità, ndtr.] ha una reputazione internazionale per le sue video istallazioni e altri lavori. È in allestimento una sua mostra con un’ampia selezione al Centro per le arti di Campbelltown con il patrocinio del festival di Sydney. Sabsabi ha detto che l’esposizione A Hope [Una speranza] resterà aperta, ma che ha troncato tutti i rapporti con il festival.

Ho deciso di ritirarmi per solidarietà con il popolo e la causa palestinese,” dice. “Questa è la mia posizione. La decisione del festival di Sydney Festival è solo loro.”

Michael Dagostino, il direttore del Centro per le Arti di Campbelltown, ha detto che sostiene la decisione di Sabsabi, ma non intende commentare le politiche di raccolta fondi del festival di Sydney.

Nel nostro Centro è molto importante consultarci con i nostri artisti e la nostra comunità locale per garantire che tutto sia in linea con i valori delle organizzazioni e delle persone con cui collaboriamo,” dice.

All’inizio della settimana il festival di Sydney aveva mandato una lettera a una coalizione che rappresenta la comunità araba di Sydney e ad altre che invocano il boicottaggio.

Apprezziamo molto il tempo e le energie spese per portare alla nostra attenzione questo problema,” dice la lettera firmata da David Kirk, presidente del consiglio di amministrazione. Tuttavia continua: “Il Sydney Festival non può terminare questo partenariato per il 2022. A livello politico, essendo un’Ong apolitica il festival di Sydney non può aderire alla campagna di Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (BDS) come da voi richiesto.”

Annunciando il ritiro, la compagnia di danza Bindi Bosses (composta da danzatori provenienti dall’Asia meridionale e con sede a Sydney) critica la risposa del festival di Sydney definendola “condiscendente e ipocrita”.

La dichiarazione continua: “Siamo impegnati a mantenere l’indipendenza e l’integrità del nostro programma per usarlo al servizio della libertà e dalla giustizia per chi soffre per mano della violenza coloniale.”

Questa settimana in una lettera al consiglio di amministrazione del festival di Sydney Walt Secord, ministro ombra per le Arti e vicepresidente dei Parlamentari Amici di Israele del Nuovo Galles del Sud ha condannato il boicottaggio.

Un boicottaggio economico è ripugnante e mendace ed è controproducente volendo favorire la soluzione dei due Stati per Israele e il popolo palestinese,” scrive.

Il linguaggio usato nella lettera alla vostra organizzazione dal BDS Australia [Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni Australia] è ripugnante oltre ogni limite e pieno di menzogne ed esagerazioni scioccanti.

L’analisi delle organizzazioni che affermano di firmare la lettera rivela che esse rappresentano una minoranza, seppure vociferante. La maggioranza degli australiani è scandalizzata da chi ha preso di mira Israele in modo unilaterale e miope.”

L’ambasciata israeliana ha risposto dicendo che la cultura non dovrebbe far parte della “sfera politica”.

Lo Stato di Israele è fiero di sostenere e partecipare a questo importante festival, vetrina di artisti e rappresentazioni di punta provenienti da tutto il mondo,” ha affermato un portavoce. “Israele ha sempre promosso e continuerà a promuovere scambi culturale e partecipare in un dialogo culturale in numerosi paesi inclusa l’Australia.”

Abbiamo richiesto un commento da parte della Sydney Dance Company.

(traduzione dall’inglese di Mirella Alessio)




Appello al boicottaggio del Festival di Sydney finanziato da Israele

Nick Galvin

20 dicembre 2021 – The Sydney Morning Herald

Una coalizione che rappresenta la comunità araba di Sydney ed altri fanno un appello ai promotori ed agli artisti perché boicottino il prossimo Festival di Sydney di gennaio in risposta alla partnership del festival con l’ambasciata israeliana di Canberra, del valore di 20.000 dollari. Il denaro verrà usato per mettere in scena un’esibizione alla Sydney Opera House del lavoro del coreografo israeliano Ohad Naharin.

Inoltre lo scrittore ed organizzatore della comunità Michael Mohammed Ahmad, che avrebbe dovuto essere inserito nella commissione del festival, ha ora rifiutato di assumere l’incarico per protesta.

Ahmad faceva parte di un gruppo di noti scrittori ed artisti che la settimana scorsa hanno incontrato la direttrice del festival Olivia Ansell, il presidente del consiglio di amministrazione David Kirk e l’amministratore delegato Chris Tooher per chiedere che il festival interrompesse i rapporti con l’ambasciata israeliana.

In una lettera al consiglio la coalizione ha affermato che la partnership con Israele rendeva il festival “non sicuro” per le persone con radici arabe.

La partnership del Festival con l’ambasciata israeliana e l’utilizzo del logo del Ministero degli Esteri del governo israeliano nel materiale promozionale del festival determinano un ambiente culturalmente insicuro per gli artisti e i partecipanti al festival con radici arabe, in particolare per i palestinesi”, vi si legge.

La lettera prosegue con la richiesta che il festival interrompa tutti i rapporti con l’ambasciata israeliana e rimuova il logo dai materiali del festival.

Lunedì il consiglio ha inviato una risposta scritta alla coalizione, che comprende la Federazione arabo-australiana, i Verdi per la Palestina e Ebrei contro l’Occupazione di Sydney.

Apprezziamo molto il tempo e le energie che avete speso per portare questa questione alla nostra attenzione”, scrive nella lettera Kirk. “Le vostre dettagliate argomentazioni – come anche i riferimenti personali condivisi – sono state generose, educate e aggiornate ed hanno avviato un importante dibattito all’interno dello stesso Festival di Sydney.”

Tuttavia così prosegue: “Il Festival di Sidney non è nella posizione di interrompere questa partnership per il 2022. A livello politico il Festival di Sydney – essendo un’organizzazione non politica e non-profit – non può aderire al movimento per il Boicottaggio, il Disinvestimento e le Sanzioni, come da vostra richiesta.”

Nella lettera Kirk scrive che la partnership “corrisponde alla prassi annuale del Festival di Sydney di stipulare accordi di sponsorizzazione con ambasciate e agenzie culturali.”

La coalizione avrebbe dovuto riunirsi lunedì notte per discutere la loro risposta, ma Ahmad ha confermato che avrebbero chiesto agli artisti di rinunciare per protesta e ai promotori di farsi da parte.

Due gruppi che già si pensa stiano cancellandosi dal festival sono Bankstown Poetry Slam e Arab Theatre Studio di Granville.

Stiamo chiedendo al pubblico di non partecipare al festival per boicottare gli spettacoli e i biglietti, perché non pensiamo che l’ambasciata israeliana o qualunque relazione simbolica e finanziaria valgano le vite dei bambini palestinesi”, ha detto.

Tuttavia un portavoce dell’ambasciata israeliana ha affermato che la cultura “dovrebbe essere lasciata fuori dall’arena politica.”

Lo Stato di Israele è orgoglioso di sostenere e partecipare a questo importante festival che ospita artisti e esibizioni di prim’ordine provenienti da tutto il mondo”, ha detto il portavoce. “Israele ha sempre promosso e continuerà a promuovere lo scambio culturale e ad impegnarsi nel dialogo culturale in molti Paesi, compresa l’Australia.

Invitiamo tutti ad unirsi a noi per vedere la creazione artistica di Ohad Naharin interpretata dalla talentuosa Sydney Dance Company.”

Lo spettacolo di danza contemporanea, dal titolo Decadence, è un insieme dei lavori di coreografia creati da Naharin nel periodo trascorso preso la Batsheva Dance Company di Tel Aviv. E’ stato composto nel 2000 ed è previsto che sia messo in scena al Festival di Sydney dalla Sydney Dance Company.

(Traduzione dall’inglese di Cristiana Cavagna)