Quali sono state le principali vittorie del BDS nel 2021?

Nora Barrows-Friedman

30 dicembre 2021 – Electronic Intifada

Nonostante il fatto che la pandemia di Covid-19 sia continuata, il 2021 è stato un anno in cui c’è stato un incremento di mobilitazione della campagna per il boicottaggio, il disinvestimento e le sanzioni [contro Israele] (BDS), di azioni della società civile coronate da successo e di significative vittorie giudiziarie per i diritti dei palestinesi.

Fondi pensione hanno abbandonato imprese israeliane, personalità della cultura hanno rifiutato di superare i limiti [posti dal BDS] e un’importante azienda produttrice di gelati ha ritirato i propri prodotti dalle illegali colonie israeliane.

A Oakland, in California, prolungate azioni dirette hanno avuto successo nel far pagare un prezzo a Israele dopo che a maggio ha scatenato un attacco letale di 11 giorni contro Gaza.

All’inizio di giugno, come parte di un’ondata di proteste internazionali sotto la bandiera di #BlockTheBoat [Blocca la Nave], attivisti e lavoratori portuali hanno impedito per più di due settimane dalla data di arrivo prevista che una nave cargo israeliana attraccasse al porto della città.

La nave ha palesemente cercato di evitare il picchetto ed ha lasciato la zona portuale della baia con il suo carico intatto.

Nel Regno Unito manifestanti di Palestine Action [rete di attivisti filo-palestinesi che usa tattiche di disobbedienza civile contro fabbriche di armi israeliane, ndtr.] hanno obbligato industrie belliche israeliane a chiudere le attività in parecchie delle loro 10 sedi in Gran Bretagna.

Alcuni attivisti hanno condotto sit-in e sabotaggi contro filiali di Elbit Systems, di proprietà israeliana, chiudendo fabbriche, rompendo vetri, danneggiando macchinari, scrivendo graffiti e spruzzando di pittura rossa muri per simbolizzare il sangue palestinese.

Nel suo primo anno di vita Palestine Action – creata nel 2020 – ha effettuato più di 70 azioni contro Elbit, tra cui 20 importanti occupazioni di sedi e fabbriche.

A dicembre Palestine Action ha vinto un’importante battaglia giudiziaria, in quanto attivisti che avevano imbrattato una fabbrica di droni israeliani sono stati assolti da accuse di danneggiamento.

Continueremo a compiere azioni dirette per interrompere e sabotare il commercio di armi israeliane,” ha detto a The Electronic Intifada la co-fondatrice Huda Ammori.

A luglio, dopo anni di attività negli Usa e da parte di attivisti palestinesi del boicottaggio, Ben & Jerry’s – impresa che produce gelati di proprietà di Unilever – ha annunciato che non avrebbe più venduto i suoi prodotti nelle illegali colonie israeliane, affermando che tale vendita è “in contrasto con i propri valori”.

Dirigenti israeliani e associazioni della lobby sono stati duramente colpiti dalla notizia ed hanno fatto ricorso a calunnie contro l’impresa di gelati e i membri del suo consiglio di amministrazione.

Il ministro degli Esteri israeliano Yair Lapid ha promesso di fare ricorso alla ventina di Stati USA che hanno approvato misure anti-BDS per “far valere quelle leggi contro Ben & Jerry’s”, mentre il primo ministro Naftali Bennett ha promesso di “agire in modo aggressivo” contro l’industria che produce gelati.

Ma, pur tra le minacce, finora l’azienda ha difeso la sua decisione.

Il Comitato Nazionale del BDS palestinese ha invitato Ben & Jerry’s a “porre fine a qualunque attività nell’Israele dell’apartheid.”

A fine dicembre un noto sito antipalestinese che stila liste nere ha nominato il presidente del consiglio di amministrazione dell’impresa come suo “principale antisemita dell’anno”, portando l’associazione per i diritti civili Palestine Legal [organizzazione USA che si dedica alla difesa legale di attivisti filo-palestinesi, ndtr.] a evidenziare quanto tali accuse suonino vuote.

L’associazione ha affermato: “La decisione di Ben & Jerry’s di smettere di trarre profitto da colonie esclusivamente ebraiche costruite su terra rubata è il minimo indispensabile che la ditta possa fare per rispettare il suo pubblicizzato impegno per la giustizia sociale.”

Ecco alcune delle altre principali vittorie del BDS per i diritti dei palestinesi di cui Electronic Intifada ha informato nel 2021.

Imprese israeliane sono state scaricate

In tutto il mondo fondi pensione hanno tolto imprese israeliane dal portafoglio dei loro investimenti a causa delle violazioni dei diritti umani e delle leggi internazionali da parte di Israele.

Un importante fondo pensioni di un ente locale britannico ha disinvestito dall’impresa israeliana di armamenti Elbit System. Benché inizialmente il fondo pensioni abbia cercato di negare che l’iniziativa riguardasse il ruolo dell’impresa nelle violenze contro i palestinesi, gli attivisti avevano inondato l’ufficio con richieste di eliminare Elbit dai suoi investimenti.

Il presidente della commissione pensioni del Comune ha comunque ammesso che Elbit è stata esclusa dal suo nuovo gestore degli investimenti, Storebrand, “per ragioni legate ai diritti umani e alle leggi internazionali.”

Storebrand è un’azienda norvegese che esclude Elbit a causa di problemi legati ai diritti umani.

Quest’anno un fondo pensioni statale neozelandese da 29 miliardi di euro ha annunciato di aver escluso cinque banche israeliane dal proprio piano di investimenti a causa del loro ruolo nel finanziamento delle colonie israeliane nella Cisgiordania occupata.

Una valutazione di NZ Super Fund ha concluso che possedere azioni delle principali banche israeliane violerebbe la sua politica di investimenti responsabili.

Anche in Norvegia e Scozia fondi pensione hanno disinvestito da imprese che traggono profitto dalle colonie israeliane, tra cui imprese edili, aziende delle telecomunicazioni e banche.

KLP, il principale fondo pensioni norvegese, ha escluso 16 imprese che traggono profitto dalle colonie perché, ha affermato, c’è un “rischio inaccettabile” che contribuiscano a violazioni dei diritti umani.

A dicembre in Finlandia una parlamentare ha presentato un progetto di legge che vieterebbe l’importazione di prodotti dalle colonie israeliane costruite su terra palestinese e siriana occupata.

A settembre l’Unione Europea è stata obbligata a registrare un’iniziativa di cittadini europei che intende bloccare i commerci con colonie su territori occupati.

La misura potrebbe interrompere il redditizio accesso sui mercati UE di cui godono attività economiche nelle colonie israeliane costruite su terre palestinesi in violazione delle leggi internazionali.

Vittorie su leggi anti-BDS e sulla persecuzione di attivisti

A febbraio, facendo seguito a decisioni simili del tribunale federale in Arizona, Kansas e Texas, una misura contro il BDS in Arkansas è stata dichiarata incostituzionale.

Una corte d’appello federale USA ha sentenziato che la legge statale del 2017 che impone a imprese contrattate dallo Stato di dichiarare che non boicotteranno Israele rappresenta una violazione della libertà di parola.

Questa è la prima corte d’appello federale a decidere sulla costituzionalità di leggi contro il boicottaggio, e con questa decisione nessuna legge anti-BDS è stata accolta nel merito,” ha affermato Palestine Legal.

Ogni legge che ha superato una disputa giudiziaria lo ha fatto attraverso espedienti legali per evitare un’analisi costituzionale,” ha aggiunto l’associazione.

A gennaio un tribunale spagnolo ha respinto una denuncia penale per presunti crimini d’odio contro otto attivisti del BDS, una grande vittoria per il diritto a boicottare Israele in quel Paese.

Il tribunale ha sentenziato che gli attivisti avevano esercitato il proprio diritto alla libera espressione perseguendo obbiettivi politici legittimi.

I giudici hanno citato una fondamentale decisione del giugno 2020 della Corte Europea per i Diritti dell’Uomo secondo cui invitare a un boicottaggio contro Israele a causa delle sue politiche non è una forma di discriminazione ma un discorso politico protetto.

Gli attivisti hanno salutato la vittoria come un segno di come “la strategia globale dei sionisti e (i tentativi da parte dei) loro alleati di estrema destra per delegittimare il movimento BDS stanno fallendo.”

Negli USA, benché l’amministrazione Biden abbia ripreso la promessa di lottare contro il BDS dell’era di Trump e Obama – con la lobby israeliana che ha chiesto al nuovo presidente di incrementare gli attacchi contro gli attivisti nei college – gli studenti hanno ottenuto una vittoria che segna un precedente.

A marzo un giudice della California ha sentenziato contro le richieste di un querelante anti-palestinese di perseguire attivisti per i diritti umani riguardo al loro appoggio al BDS e ai diritti dei palestinesi.

Ciò ha segnato la prima volta in cui un tribunale USA “ha riconosciuto il contesto maccartista che devono affrontare quanti parlano a favore dei diritti dei palestinesi,” secondo il gruppo per i diritti civili Palestine Legal, che insieme ad altri avvocati ha rappresentato otto imputati.

La sentenza “respinge il concetto secondo cui gli studenti perdono i loro diritti costituzionali quando sostengono i diritti dei palestinesi in un’università pubblica,” ha affermato Palestine Legal.

I canadesi vogliono interrompere la vendita di armi a Israele

In Canada i leader del formalmente progressista Nuovo Partito Democratico [di orientamento socialdemocratico, ndtr.], Jagmeet Singh, ha chiesto al primo ministro Justin Trudeau di porre fine alla vendita di armi a Israele.

L’iniziativa di Singh è arrivata dopo che dirigenti e iscritti del partito hanno approvato una mozione per porre fine al commercio di armi con Israele.

La mozione ha specificato che il commercio di armi tra Canada e Israele deve essere interrotto “finché non verranno rispettati i diritti dei palestinesi.”

Il voto “invia il messaggio che in Canada i progressisti e le persone che hanno a cuore i diritti umani non appoggiano lo status quo e vedono le sanzioni contro Israele non solo come appropriate, ma necessarie,” ha detto in aprile a Electronic Intifada Amy Kishek, una importante promotrice della risoluzione.

Ampio sostegno ai diritti dei palestinesi e al BDS

Nonostante le enormi pressioni da parte di dirigenti e sostenitori della lobby israeliana nel partito Laburista britannico, i delegati del congresso di settembre del partito hanno approvato una risoluzione che chiede sanzioni ed embargo militare contro Israele.

La risoluzione appoggia l’indagine della Corte Penale Internazionale su crimini di guerra nella Cisgiordania e nella Striscia di Gaza occupate.

Essa sostiene altre “misure efficaci chieste dalla società civile palestinese” – un’affermazione del movimento BDS che intende porre fine alle violazioni israeliane dei diritti dei palestinesi e delle leggi internazionali.

Essa ribadisce anche esplicitamente “il diritto del popolo palestinese di tornare alle proprie case, come sancito dalle leggi internazionali.”

All’inizio dell’anno un sondaggio ha evidenziato che più del 60% dei membri del partito Laburista appoggia la campagna BDS.

Nella stessa indagine circa metà di quanti sono stati interpellati è d’accordo con l’affermazione secondo cui “Israele è uno Stato di apartheid, che discrimina sistematicamente i palestinesi.”

Negli USA un sondaggio di marzo ha indicato che la maggioranza dei democratici vuole che gli USA esercitino maggiori pressioni su Israele.

Cultura e sport

Benché a causa della pandemia molti artisti, personaggi della cultura, scrittori e atleti abbiano dovuto cancellare o rinviare tournée, concerti e apparizioni, una schiera di musicisti ha incrementato le campagne per invitare artisti a non organizzare spettacoli in Israele.

Rage Against the Machine, Patti Smith, Noname, Vic Mensa, Thurston Moore e Run the Jewels sono stati tra i primi firmatari di “Iniziativa dei Musicisti per la Palestina”, che ha continuato ad attirare adesioni.

A luglio un atleta algerino si è rifiutato di competere con un israeliano ai Giochi Olimpici di Tokio ed ha affrontato sanzioni amministrative da parte del Comitato Olimpico Internazionale. Il 26 luglio Fethi Nourine non ha partecipato alle eliminatorie contro l’avversario sudanese Mohamed Abdalrasool in quanto il vincitore dell’incontro avrebbe dovuto competere contro l’israeliano Tohar Butbul.

Ogni competizione tenuta sotto la bandiera israeliana è un riconoscimento non solo dello Stato di Israele, ma anche della legittimità dell’occupazione della terra palestinese,” ha scritto Nourine su Facebook alla fine di luglio.

Il suo ritiro ha evitato la possibilità di affrontare l’israeliano.

Nourine ha spiegato di rifiutare la normalizzazione con il rappresentante di un “colonizzatore e occupante”.

L’atleta e il suo allenatore Amar Benikhlef sono stati privati dell’accredito olimpico e sono stati rispediti in patria.

E infine ad ottobre la scrittrice irlandese di successo Sally Rooney ha rispettato l’appello al boicottaggio rifiutando di consentire a una casa editrice israeliana di comprare i diritti di traduzione e pubblicazione in ebraico del suo ultimo romanzo, Beautiful World, Where Are You [Dove sei, mondo bello, Einaudi, 2022].

La Campagna Palestinese per il Boicottaggio Accademico e Culturale di Israele (PACBI) ha elogiato Rooney per essersi aggiunta a “innumerevoli scrittori internazionali nell’appoggio al boicottaggio delle istituzioni culturali del settore editoriale complice di Israele.”

Rooney ha affermato che sarebbe stata contenta di vendere i diritti per la traduzione in ebraico se fosse stato possibile trovare un’impresa che non violasse i principi dell’appello del BDS.

Ho semplicemente sentito che nelle attuali circostanze non sarebbe stato giusto per me accettare un nuovo contratto con un’impresa israeliana che non prendesse pubblicamente le distanze dall’apartheid,” ha affermato Rooney.

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)




La Nike avverte i dettaglianti israeliani che cesserà di rifornirli nel 2022

Redazione The Palestine Chronicle

6 ottobre 2021 The Palestine Chronicle

Domenica la Nilke ha scritto quanto segue ai dettaglianti israeliani:

A seguito di una complessiva valutazione eseguita dalla società e in considerazione dell’evoluzione delle condizioni di mercato, è stato deciso che la continuazione delle relazioni commerciali tra lorsignori e la società non risponde più alle strategie e agli obiettivi della medesima”

Si ritiene che la decisione della Nike colpirà duramente i dettaglianti israeliani. Essendo uno dei marchi sportivi più popolari al mondo, i suoi prodotti costituiscono una parte rilevante delle vendite.

Questa decisione segue l’annuncio del luglio scorso del gigante dei gelati Ben & Jerry’s di por termine alle vendite dei suoi prodotti nei territori palestinesi occupati.

(traduzione dall’Inglese di Giuseppe Ponsetti)




“Ciò dimostra che il BDS funziona”: Wafic Faour su come un gruppo di attivisti del Vermont ha convinto Ben & Jerry’s

Micheal Arria

23 Luglio 2021Mondoweiss

“C’è una linea che stiamo seguendo. Stiamo lottando contro un regime di apartheid e abbiamo visto cosa è successo in Sudafrica. Se continuiamo a lavorare e ad informare l’opinione pubblica e se questi leader insistono con i loro messaggi confusi, vinceremo”.

Questa settimana Ben & Jerry’s [rinomata azienda americana produttrice di gelati con sede a South Burlington, ndtr.] ha annunciato che avrebbe smesso di vendere i suoi gelati negli insediamenti coloniali illegali israeliani. La mossa è stata elogiata dagli attivisti palestinesi e condannata dai parlamentari israeliani. Wafic Faour è membro di Vermonters for Justice in Palestine (VTJP), l’organizzazione che ha condotto una campagna contro Ben & Jerry’s per oltre un decennio. Faour è cresciuto in un campo profughi palestinese in Libano, ma si è recato negli Stati Uniti per studiare e ha finito per trasferirsi nel Vermont.

Ho discusso tramite Zoom con Faour dell’importante annuncio di Ben & Jerry, della reazione isterica di Israele e di cosa significhi tutto questo per il movimento BDS.

Mondoweiss: Vorrei iniziare col chiederle la sua reazione all’annuncio di Ben & Jerry. Cosa ha pensato quando ha sentito la notizia?

Wafic Faour: A dirle la verità, all’inizio ero un po’ deluso. Il loro annuncio ha un’ ottima apertura. Hanno dichiarato che fare affari nei territori occupati dalle colonie illegali è contro i valori di Ben & Jerry’s. Fin qui tutto bene, ma poi nel corso della dichiarazione ci dicono che proseguiranno in forma diversa il commercio in Israele. Che continueranno ad operare in Israele secondo modalità di cui daranno notizia in seguito.

Questo è in contraddizione con due cose che Ben & Jerry’s afferma di rappresentare. Quando li abbiamo incontrati nel 2014 e abbiamo chiesto loro di smettere di vendere i loro prodotti nelle colonie esclusivamente ebraiche ci hanno detto che in realtà non potevano farlo perché una volta che i loro prodotti vengono venduti dalla fabbrica, non sono in grado di controllare i percorsi di vendita altrove da parte degli intermediari.

Inoltre rifiutarsi di vendere prodotti negli insediamenti va contro la legge israeliana contro il BDS. Ecco perché i leader israeliani stanno andando fuori dai gangheri. Anche oggi, con le rimostranze del presidente di Israele [Isaac Herzog] che definisce terroristica la nostra campagna.

Quando abbiamo iniziato questa campagna, abbiamo preso di mira Ben & Jerry’s perché il loro codice sociale parla di uguaglianza, diritti umani, protezione dei rifugiati, protezione dell’ambiente, Black Lives Matter, brutalità della polizia. Parliamo di Israele perché è tuttora uno stato di apartheid e i palestinesi che vivono lì come cittadini israeliani, arabo israeliani... sottostanno a regole diverse e affrontano discriminazioni sull’alloggio, l’istruzione, l’assistenza sanitaria, la protezione della polizia. Su qualsiasi cosa. Quindi l’azienda non aderisce alla propria missione sociale.

Non mi fraintenda, questo è un passo molto positivo, ma sto cercando di capire come possiamo immaginare il rapporto tra Ben & Jerry e le leggi israeliane sul BDS. Mi chiedo come potranno continuare ad operare nella zona. C’è anche un altro problema. Abbiamo notato una dichiarazione contraddittoria del consiglio di amministrazione di Ben & Jerry rilasciata dalla presidente [Anuradha] Mittal. Hanno detto che loro avevano in mente un diverso tipo di annuncio e che [il passaggio riguardante una continuazione degli affari in Israele] è da attribuire ad Unilever, la società madre di Ben & Jerry.

Quindi qui abbiamo di fronte più domande che risposte. Non sappiamo cosa accadrà.

Abbiamo visto che in procinto dell’annuncio di Ben & Jerry questa campagna è stata un po’ più presente sugli organi di informazione tradizionali, ma VTJP ci ha lavorato per oltre un decennio. Mi piacerebbe se potesse descrivere un po’ l’attivismo che ha portato a questo momento.

La prima azione che abbiamo intrapreso è stata una lettera che abbiamo inviato a Ben Cohen e Jerry Greenfield [i fondatori dell’azienda] chiedendo loro come potessero, in coscienza, accettare di trattare con Israele. Ci hanno detto Non siamo le persone giuste con cui discuterne perché non è più la nostra azienda. Potete andare al quartier generale di South Burlington a porre la domanda”.

In realtà abbiamo ricevuto quella risposta dopo aver inviato loro più lettere. In effetti, è Jerry che ha risposto alla lettera. Quindi siamo andati a South Burlington e abbiamo insistito per ottenere un incontro. Dopo tanti sforzi, abbiamo scoperto molte cose.

Una di queste è che dopo la vendita di Ben & Jerry’s, il contratto con Israele è rimasto a South Burlington e tutte le altre operazioni sono state rilevate da Unilever. In altre parole, solo l’operazione aziendale riguardante Israele è stata mantenuta qui a South Burlington nelle mani della dirigenza e del loro consiglio indipendente. Ci è sembrato strano.

La seconda cosa che ci hanno detto è che non hanno mai guadagnato un centesimo dal settore israeliano dei loro affari. Quindi stiamo parlando di un’operazione che non frutta denaro e si trova in una zona contesa riguardo alla quale devono confrontarsi con le nostre richieste. Allora perché sono ancora ?

Dopo l’incontro abbiamo iniziato a firmare petizioni. Ogni volta che Ben & Jerry’s tenevano un Cone Day [giornata del cono gelato, ndtr.] gratuito noi eravamo fuori dal loro negozio in centro a distribuire volantini e a raccogliere firme per la petizione. Abbiamo inviato le petizioni alla società. Abbiamo invitato altri gruppi di solidarietà con la Palestina a fare lo stesso in dodici diverse sedi di Ben & Jerry e abbiamo inviato le petizioni all’azienda.

Abbiamo anche provato a inviare lettere ai gestori dei negozi Ben & Jerry’s negli Stati Uniti e in Canada, chiedendo loro di fare qualcosa. Non abbiamo avuto risposta. Durante quel periodo abbiamo anche incontrato Jeff Furman [che ha fatto parte del consiglio di amministrazione di Ben & Jerry per quasi 40 anni] e poi la società ha risposto e ha detto che avrebbero cercato di studiare la questione.

Hanno inviato nella zona un gruppo di membri del consiglio di amministrazione e dirigenti per conoscere la situazione. Ad essere sinceri, l’unica persona che è tornata con una dichiarazione davvero positiva è stato Jeff Furman. Mi pare che sia stato anche il primo avvocato dell’azienda quando hanno iniziato a vendere gelati negli Stati Uniti. Ha detto che quello che ha visto laggiù era apartheid.

Capisco che tutte le sue domande riguardino Ben & Jerry’s perché questo è il tema, ma abbiamo scelto l’azienda più di dieci anni fa a causa della sua presenza in una regione del Vermont molto estesa, e la sua fabbrica è il luogo più visitato dello Stato. La utilizziamo per sensibilizzare sulla questione palestinese la popolazione del posto e tutta la popolazione degli Stati Uniti. Vogliamo informare le persone sulla sofferenza dei palestinesi e su ciò che Israele sta facendo in Palestina.

A volte, quando parli con le persone di questo problema, pensano che sia solo qualcosa che sta accadendo lontano. Non si immedesimano con loro. Allora illustri l’argomento e ne discuti con le persone, di come sia contro il diritto internazionale trarre profitto dall’occupazione. Si tratta di un movimento educativo perché nel condurre la campagna parliamo alla gente della Palestina, delle vite dei palestinesi, della terra palestinese, dell’acqua palestinese, dell’ambiente palestinese. Sfruttiamo l’azienda come strumento educativo.

Anche se abbiamo fatto tutto questo lavoro, molte persone pensavano che trarli fuori da quella condizione fosse un obiettivo inverosimile, in quanto noi siamo un piccolo gruppo nel Vermont. Molti di noi sono persone di mezza età e usiamo la vecchia tecnica del volantino. Tuttavia, dopo la guerra di maggio su Gaza, e così tanti bambini uccisi, una generazione più giovane ci affianca. Conoscono la tecnologia, Instagram, Twitter. Hanno portato su un altro piano [il nostro lavoro] in modo da raggiungere il risultato voluto.

La mia prossima domanda si collega a quello che ha appena detto. E’ sembrato che dopo l’ultimo attacco a Gaza la campagna abbia ricevuto maggiore attenzione e mi chiedo se pensa che Ben & Jerry’s abbia finalmente fatto questa mossa tenendone conto. Pensa che ci sia stato un cambiamento nell’opinione pubblica dall’ultimo attacco di Israele?

Sicuramente. Sicuramente. Non si può negare. Senza i quasi 70 bambini uccisi a Gaza non sono sicuro che nell’opinione pubblica americana sarebbe emersa questa fortissima rabbia. Sono certo di aver letto di recente su Mondoweiss che il numero dei nostri fratelli ebrei che pensano che Israele sia uno stato di apartheid sta crescendo.

L’Israele di oggi è decisamente diverso da quello che era vent’anni fa, o dieci anni fa, o anche un anno fa. Sono stato un attivista sulla questione palestinese per tutta la vita, ma non ho mai visto questo genere di sostegno, come quello che abbiamo ora.

Cosa ne pensa della reazione israeliana a questa notizia e della reazione dei loro sostenitori? Cosa dice del momento in cui ci troviamo attualmente?

Questo dimostra che il BDS funziona. Vediamo come il primo ministro, il ministro degli esteri, il presidente chiedano tutti il boicottaggio di Ben & Jerry’s. Credo che il governo e i politici israeliani siano più deboli di quanto si pensi.

Se questa dichiarazione a metà di Ben & Jerry’s è in grado di far parlare tutti questi leader per più di 48 ore, significa che non sono così forti e risoluti come pensano, o forti come nell’immagine che vogliono mostrare all’opinione pubblica. Dovremmo approfittarne. Se attaccheranno il BDS negli Stati Uniti e interferiranno con Freedom of Speech [la libertà di parola, 14° emendamento della Costituzione americana, ndtr.] sarà un bel passo. È un limone, dobbiamo spremerlo. Porteremo le nostre organizzazioni e porteremo sostenitori americani di studi legali come l’ACLU [American Civil Liberties Union, organizzazione non governativa a difesa di diritti civili e libertà individuali negli Stati Uniti, ndtr.]. Dovranno combatterli e schierarsi insieme a noi.

Le leggi contro il BDS sono incostituzionali. Abbiamo visto cosa è successo in Georgia qualche mese fa. Quando portano una legge sul BDS in tribunale, perdono. Quindi, se provano a farlo, perderanno.

C’è una linea che stiamo seguendo. Stiamo lottando contro un regime di apartheid e abbiamo visto cosa è successo in Sudafrica. Non sono solo i leader israeliani. Ho appena visto il Dipartimento di Stato attaccare il BDS quando gli è stato chiesto di farlo. Quindi non sono solo i leader israeliani, sono i loro compari qui. Se continuiamo a lavorare ed informare l’opinione pubblica e questi leader insistono con i loro messaggi confusi, vinceremo.

Michael Arria è il corrispondente dagli USA di Mondoweiss. I suoi lavori sono comparsi su In These Times, The Appeal e Truthout. È autore di Medium Blue: The politics of MSNBC [“Media blu: la politica di MSNBC”, canale di notizie via cavo USA legato al partito Democratico, ndtr.].

(traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)