La Corte Suprema israeliana: non si possono legalizzare colonie su terra palestinese rubata

9 giugno 2020 – Middle East Monitor

La [agenzia di notizie britannica] Reuter informa che martedì la Corte Suprema israeliana ha bocciato una legge che aveva legalizzato retrospettivamente circa 4.000 case di coloni costruite su terreni di proprietà privata palestinese nella Cisgiordania occupata.

Una giuria composta da nove giudici ha votato l’abrogazione della misura del 2017 in base alla quale i coloni potrebbero rimanere sulla terra se vi hanno costruito senza sapere in precedenza che era di proprietà di un palestinese o se le case sono state costruite su indicazione dello Stato. Otto giudici hanno votato a favore [della bocciatura] e uno contro.

Le associazioni per i diritti umani affermano che la misura, che è stata sospesa poco dopo l’approvazione in attesa che la Corte esaminasse i ricorsi contro di essa, aveva legalizzato più di 50 avamposti dei coloni costruiti senza l’approvazione del governo.

Nella sentenza del tribunale la presidentessa della Corte Suprema Esther Hayut ha scritto che la legge: “…indubbiamente viola i diritti di proprietà degli abitanti palestinesi dando la prevalenza agli interessi di proprietà dei coloni israeliani.”

Il partito Likud del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha affermato che è “deplorevole” che la Corte sia intervenuta su “una legge importante per le attività di colonizzazione e sul loro futuro” e che si attiverà per reintrodurla.

Ma il partner della nuova coalizione, Blu e Bianco, ha affermato che la legge “nella sua formulazione è in contrasto con il contesto istituzionale di Israele e al momento della sua approvazione i suoi problemi di carattere giuridico erano noti.”

Blu e Bianco ha detto: “Noi rispettiamo la sentenza dell’Alta Corte e garantiremo che venga applicata.”

Sotto Netanyahu il governo si è impegnato ad estendere la sovranità alle colonie ebraiche e alla Valle del Giordano in Cisgiordania, territori che Israele ha conquistato nella guerra mediorientale del 1967 e su cui i palestinesi intendono fondare il proprio Stato.

È previsto che il governo inizi a discutere l’annessione di fatto il 1 luglio, ma non è chiaro se il principale alleato di Israele, gli Stati Uniti, darà il via libera all’iniziativa. Lunedì Netanyahu ha affermato che gli USA non hanno ancora dato il loro consenso.

Le parole di Netanyahu sembrano contraddire quelle di importanti politici USA, compreso il segretario di Stato Mike Pompeo, che lo scorso mese, dopo un viaggio di un giorno in Israele, ha detto: “Il governo israeliano deciderà in merito a quando e come esattamente farlo.”

Ciò è avvenuto poche settimane dopo che l’ambasciatore USA in Israele David Friedman ha affermato: “Non stiamo dichiarando noi la sovranità, lo deve fare il governo israeliano. E poi noi siamo pronti a riconoscerla…Quindi dovete cominciare voi.”

I palestinesi hanno rifiutato la bozza di accordo per la pace del presidente USA Donald Trump in base al quale la maggior parte delle colonie israeliane verrebbe incorporata nel “territorio israeliano contiguo.”

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)




L’opposizione israeliana è disunita quanto la coalizione di governo

Afif Abu Much

19 maggio 2020 – Al Monitor

Il nuovo governo israeliano, il più numeroso di sempre, ha prestato giuramento il 17 maggio. E’ caratterizzato da ogni sorta di ministeri di recente invenzione, come quello per la Valorizzazione e il Progresso della Comunità e quello dell’Istruzione Superiore. Nel frattempo, il partito a favore dei coloni Yamina [alleanza di partiti di destra e di estrema destra, ndtr.], guidato da Naftali Bennett [leader del partito La Casa Ebraica, ndtr.], si è trovato ad occupare i banchi dell’opposizione, un’opposizione straordinariamente diversificata. Questa include tutti, dalla Lista Unita [coalizione di partiti che rappresentano gli arabo-israeliani, ndtr.] e Meretz [partito d’ispirazione laica, sionista e socialdemocratica, ndtr.] a sinistra, Yesh Atid-Telem [partito politico centrista e laico fondato dal giornalista Yair Lapid nel 2012, ndtr.] al centro, fino a Yisrael Beitenu [nazionalista, sionista e laico, marcatamente anticlericale, ndtr.] e Yamina all’estrema destra. Ahmad Tibi, membro della Knesset, ha twittato: “Sto pensando di votare la sfiducia nei confronti dell’opposizione se includesse anche Yamina.”

La situazione solleva nuove domande. Quale sarà il ruolo della Lista Unita nell’opposizione? Ha un peso il numero di seggi alla Knesset [il parlamento israeliano, ndtr.] conquistati nelle ultime elezioni? Vale la pena ricordare che, con 15 seggi, la Lista Unita è giunta molto vicino a svolgere un ruolo decisivo nel determinare chi avrebbe governato il Paese. Sarebbe successo se il leader del partito Blu e Bianco Benny Gantz avesse formato un governo di minoranza, dopo che la Lista Unita lo aveva appoggiato in occasione delle consultazioni del presidente [della repubblica Reuven Rivlin, ndtr.] .

La Lista Unita ha presentato, per la candidatura a presidente della Knesset, Ahmad Tibi [politico israeliano arabo-musulmano, già consigliere politico del defunto presidente palestinese Yasser Arafat, ndtr.], evidenziando la gravità delle differenze all’interno dell’opposizione. La Lista Unita ha annunciato: “Non esiste un’opposizione omogenea. Insieme al nostro elettorato abbiamo posizioni politiche che ci distinguono e ci differenziano dal resto dei partiti di opposizione”.

Nel frattempo, Yesh Atid-Telem ha proposto per la presidenza alla Knesset un’altra candidata, Karin Elharar. L’opposizione si è ovviamente spaccata, con 20 membri che hanno votato per Tibi mentre altri 23 hanno votato per Elharar. Yariv Levin, della coalizione governativa, ha raccolto i frutti e ha ottenuto la nomina.

Il membro della Knesset Jaber Asaqla, della corrente Hadash [acronimo di una formula la cui traduzione italiana è: Fronte Democratico per la Pace e l’Uguaglianza] della Lista Unita, ha dichiarato ad Al-Monitor: “Non abbandoneremo i nostri principi. Non lavoreremo fianco a fianco con Yesh Atid-Telem su ogni questione.” Nel discutere gli argomenti all’ordine del giorno della Lista Unita in quanto partito di opposizione, ha affermato: “Il fatto che esista un governo di coalizione con 73 eletti rivela quanto sia pesante il lavoro che ci attende nella prossima Knesset. Il tema caldo che ci sta di fronte è l’ ’accordo del secolo’ del presidente Donald Trump, che include l’annessione di parti della Cisgiordania. Useremo tutti gli strumenti a nostra disposizione per opporci a tale progetto. Ci sono anche questioni interne, come la violenza nella società araba, la brutalità della polizia contro i cittadini arabi, la pianificazione, la realizzazione e l’abrogazione della legge “Kaminitz” [che rende più facile la demolizione di case arabe costruite senza permessi] e la legge sulla nazionalità, anche se, data la composizione dell’attuale Knesset, le possibilità che ciò accada sono scarse. E, naturalmente, non possiamo dimenticare la grave situazione economica, in particolare con la società araba che conta oltre 200.000 cittadini israeliani disoccupati”.

Questa sarà una grande sfida e fonte di notevoli frustrazioni per la Lista Unita. Può aver conquistato un numero record di seggi, ma il suo lavoro quotidiano si concentrerà più sui discorsi e sulle dichiarazioni attraverso i media che sui fatti, in quanto non ha gli strumenti sufficienti per influenzare le decisioni. Tuttavia, i suoi elettori si aspettano che il partito entri a far parte di chi prende le decisioni politiche e riesca a combinare qualcosa.

Tuttavia, non solo l’opposizione è eterogenea; lo è anche la coalizione di governo. E sono le differenze nel governo tra Likud e Blu e Bianco che potrebbero offrire alla Lista Unita alcune opportunità per incidere sul governo, specialmente quando Netanyahu avrà bisogno dei suoi voti su una questione o l’altra. Nel 2019 Netanyahu ha presumibilmente ottenuto dall’ opposizione due voti a favore del suo candidato come Revisore dei Conti dello Stato, Matanyahu Engelman. Il Likud ha affermato che i due candidati della Lista Unita hanno sostenuto tranquillamente Engelman in cambio di finanziamenti a favore di alcune località arabe.

L’opinione pubblica araba potrebbe non opporsi alla cooperazione con il governo in cambio di determinati benefici per la comunità araba. Ad esempio, esiste la risoluzione 922, nota anche come Piano Quinquennale per lo Sviluppo Economico per la Società Araba. Membri della Lista Unita hanno collaborato con i vari ministeri per portare avanti tale piano.

Yoav Stern, giornalista ed ex commentatore sulle questioni arabe per Haaretz [quotidiano israeliano di centro sinistra, ndtr.], ha detto ad Al-Monitor che in effetti esiste un’opportunità di collaborazione politica con il governo su ogni sorta di questioni. “Ora ci sono richieste nella società araba per una collaborazione nel processo decisionale. Una parte [della Lista Unita], ma non tutta, può finire per cooperare con il governo e con Netanyahu.” Stern ha aggiunto: “Io sostengo che la Lista Unita e i partiti di centrosinistra non abbiano ancora sfruttato appieno la quantità di preferenze all’interno della società araba, soprattutto in base al fatto che l’opinione pubblica araba vuole integrarsi nella società e influire su di essa “.

Tuttavia, è importante ricordare che Yamina si sta unendo all’opposizione, il che potrebbe cambiare i giochi per quanto riguarda la società araba. L’alleanza del 2013 tra il leader di Yesh Atid Yair Lapid e il leader di Yamina Naftali Bennett, che costrinse Netanyahu a includere entrambi nel suo governo, potrebbe essere ora riproposta, come dimostrato dalla reazione di Lapid a un post di Bennett del 13 maggio su Facebook, che annunciava l’uscita di Yamina dalla coalizione. Lapid ha risposto: “Benvenuto fratello! Il sionismo religioso avrebbe mai dovuto essere innanzitutto un giubbotto antiproiettile per chi fosse sospettato di aver commesso un delitto [in riferimento alle imputazioni per corruzione contro Netanyahu, ndtr.]”. La grande domanda è se a lungo termine Lapid preferirà unire le forze con Bennett o cooperare con la Lista Unita.

(traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)




L’approvazione da parte della corte suprema israeliana dell’accordo Netanyahu-Gantz scredita la democrazia

Richard Silverstein

9 maggio 2020, MiddleEastEye

La sentenza ratifica, per la prima volta nella storia del Paese, che un primo ministro sotto accusa penale può guidare un governo

Questa settimana, la Corte Suprema di Israele ha preso in esame le petizioni delle ONG del buon governo che cercano di squalificare il proposto governo di unità messo insieme dal partito Likud di Benjamin Netanyahu con l’alleanza del partito di opposizione Blu e Bianco [partito di Benny Gantz, ndtr.].

La questione principale era che Netanyahu dovesse essere rifiutato come primo ministro a causa delle tre accuse di corruzione presentate contro di lui dal procuratore generale Avichai Mandelblit. La legge israeliana non si esprime sull’esclusione dalla carica di capo di governo per chi sia stato incriminato.

I giudici si sono trovati in una imbarazzante situazione senza uscita: se avessero deciso a favore dei firmatari, ciò avrebbe inevitabilmente portato a una quarta elezione.

Dopo lo stress delle votazioni per gli elettori israeliani, quasi nessuno voleva questa opzione.

Ma se la Corte avesse approvato l’accordo di coalizione e Netanyahu tornasse a essere primo ministro, questo costituirebbe un precedente allarmante e pericoloso.

Ratificherebbe per la prima volta nella storia israeliana che un primo ministro iscritto nel registro penale possa guidare un governo.

Una tale sentenza non solo legittimerebbe la condotta illegale in un caso particolare, ma costituirebbe un precedente per i futuri leader che violino la legge, che saprebbero di poter mantenere il potere nonostante un comportamento immorale.

Governo ipertrofico

La Corte Suprema ha scelto l’ultima soluzione. Nonostante il discredito per la democrazia che questo comporta, ha approvato l’accordo di coalizione e il nuovo governo presterà giuramento la prossima settimana.

E produrrà un gabinetto ipertrofico con non meno di 52 membri tra ministri e vice ministri, la più ampia coalizione ministeriale nella storia della nazione. C’è qualcosa per tutti.

Il Movimento per la Qualità del Governo in Israele [associazione no-profit, ndtr.] che ha presentato la petizione, ha annunciato che pur avendo perso in tribunale avrebbe portato la lotta nelle piazze, organizzando una grande protesta per chiedere la rimozione di Netanyahu da primo ministro.

Ma sembra che le forze che invocano un’amministrazione etica e trasparente abbiano perso questo round. Il risultato è un sistema politico ancora più screditato e un elettorato più cinico che mai.

È passato un anno dalle prime elezioni di questa serie.

Ogni voto è finito in un vicolo cieco, senza che alcun partito avesse abbastanza voti per formare un governo stabile. Di conseguenza, né il parlamento né i vari ministeri hanno funzionato normalmente. In sostanza, il primo ministro ha governato a forza di decreti esecutivi.

Questo ha causato il caos, poiché la società ha affrontato questioni cruciali che richiedono il consenso nazionale, come la pandemia da Covid-19.

Il Ministro della Sanità che avrebbe dovuto guidare la lotta contro il contagio è stato contagiato lui stesso dopo aver violato le norme del suo stesso ministero e pregato in gruppo.

Verso l’annessione

Si potrebbe pensare che questo nuovo governo porrà fine all’impasse, ma è un’impressione sbagliata.

L’accordo firmato dalle parti specifica che lo scopo principale della coalizione è contrastare il coronavirus.

Tutte le altre questioni, compresi importanti affari esteri e questioni militari, saranno subordinate; l’unica eccezione è la proposta di annessione della Valle del Giordano, che è in fase di accelerazione per l’approvazione.

Questa misura è stata ampiamente condannata da importanti organi internazionali, ad eccezione dell’amministrazione Trump. Il segretario di Stato americano Mike Pompeo ha dichiarato che la decisione dipende solo da Israele.

D’altra parte, circa 130 fra attuali ed ex deputati britannici hanno firmato una dichiarazione chiedendo sanzioni contro Israele se procederà con l’annessione.

L’annessione della Valle del Giordano, che comprende quasi un terzo del territorio palestinese, sembra inevitabile da parte di Israele.

Il fatto rafforzerà il movimento di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni (BDS) come una delle forme più forti di resistenza popolare alle politiche espansionistiche coloniali israeliane.

Chiamerà inoltre in campo organismi internazionali come le Nazioni Unite e l’Unione Europea. L’espressione delle usuali inefficaci dichiarazioni di condanna metterà in evidenza l’impotenza di queste istituzioni nell’imbastire una reazione alle violazioni del diritto internazionale da parte di Israele.

Smantellare la soluzione dei due Stati

Uno degli esiti più rilevanti sarà il crollo definitivo della soluzione dei due Stati come possibile piano per risolvere il conflitto.

Perfino Dennis Ross, figura pro-Israele di spicco in quattro amministrazioni presidenziali statunitensi, ha twittato che impedendo l’ingerenza di palestinesi o altri leader arabi, l’annessione lascia sul tavolo solo un’opzione: la soluzione di un singolo Stato.

Questo, ovviamente, sarebbe un amaro risultato per uno dei principali attori filo-israeliani della politica americana in Medio Oriente.

Una volta che avremo rinunciato al miraggio dei due Stati, il prossimo scontro essenziale sarà su che tipo di Stato sarà quella struttura unitaria. Sarà basato sull’apartheid a consacrazione della supremazia ebraica, la visione del Likud, o uno stato democratico per tutti i cittadini?

Il vantaggio di un singolo Stato, anche gestito da un sistema di apartheid, è che il mondo non sarà più ingannato e indotto a credere che esista un’alternativa.

Dovrà decidere se sia accettabile un singolo Stato che offre maggiori diritti agli ebrei e ai palestinesi le briciole del tavolo ebraico.

Alla fine, il mondo arriverà a capire che questo sistema non è più sostenibile dell’apartheid sudafricano.

Sfortunatamente, lo sconsiderato comportamento di Israele non impedirà ai ranghi politici americani di aggrapparsi disperatamente alla soluzione dei due Stati.

Anche se è uno scheletro perfettamente scarnificato, i candidati presidenziali come Joe Biden si aggrappano ad esso come a un salvagente sul Titanic. Il risultato di sposare una tale illusione è che consente a Israele di procedere con tutti i suoi piani espansionistici, riducendo gli Stati Uniti all’impotenza.

Amministrazione instabile

Non preoccupiamoci, tuttavia; il governo israeliano recentemente approvato sarà estremamente debole e instabile.

Secondo l’accordo, nessuno dei due partiti (Likud e Blu e Bianco) può avanzare proposte legislative a meno che l’altro non approvi. Questa è la ricetta per uno stallo continuo.

Inevitabilmente, una parte o l’altra provocherà o sarà provocata sino a minacciare di rovesciare l’accordo. Questo governo è un perfetto esempio di ciò che diceva Yeats: “Il centro non può tenere”.

Se le uniche cose certe nella vita sono la morte e le tasse, in Israele c’è una terza certezza: l’ennesima elezione nei prossimi mesi.

Perché in scena c’è anche un King Kong che rimesterà le cose a piacere: il processo di Netanyahu.

Il cui risultato potrebbe far deragliare completamente il governo, dal momento che la legge israeliana proibisce a un primo ministro condannato di mantenere la carica.

Quindi o il Parlamento dovrà cambiare la legge – il che è improbabile, dato che Likud da solo non ha abbastanza voti per farlo – o Netanyahu potrebbe cadere.

Questo risultato potrebbe mandarlo in prigione, porre fine alla sua carriera e portare a una quarta elezione.

Le opinioni espresse in questo articolo appartengono all’autore e non riflettono necessariamente la politica editoriale di Middle East Eye.

Richard Silverstein tiene un blog, Tikun Olam, che denuncia gli eccessi dello stato di sicurezza nazionale israeliano. I suoi articoli sono apparsi su Haaretz, Forward, Seattle Times e Los Angeles Times. Ha contribuito con un saggio al libro dedicato alla guerra del Libano del 2006, A Time to Speak Out (Verso) e con un altro saggio a Israel and Palestine: Alternate Perspectives on Statehood (Rowman & Littlefield)

(tradotto dall’inglese da Luciana Galliano)




Come Israele sta usando l’emergenza da coronavirus per annettere la Cisgiordania

Fareed Taamallah

24 aprile 2020 – Middle East Eye

La formazione della coalizione governativa Gantz-Netanyahu non ha nulla a che fare con la pandemia, è una mossa puramente politica

Benjamin Netanyahu, il primo ministro di Israele, e Benny Gantz, il suo principale rivale, hanno firmato questa settimana un accordo per formare un governo di unità nazionale di “emergenza”. 

Secondo i media israeliani, il Likud, il partito di Netanyahu, e il Blu e Bianco, l’alleanza guidata da Gantz, si sono accordati per l’alternanza del premier. Inizialmente Netanyahu resterà primo ministro e Gantz sarà il suo vice e, dopo 18 mesi, si scambieranno i ruoli.

La prima reazione dall’amministrazione statunitense è arrivata mercoledì dal segretario di stato Mike Pompeo che ha detto che annettere parti della Cisgiordania ” spetta in ultima istanza a Israele”.  Questa brutale dichiarazione riflette la parzialità dell’amministrazione americana verso Israele. 

Da palestinese, nel corso dell’occupazione, ho assistito alla formazione di parecchi governi israeliani nessuno dei quali seriamente interessato a una soluzione pacifica del conflitto o a porre fine agli insediamenti illegali in Cisgiordania. 

Fissare la data per l’annessione

Quest’ultima coalizione non fa eccezione. La differenza è che per la prima volta un governo israeliano ha ufficialmente e sfrontatamente fissato una data precisa per l’annessione. 

Sulla base dell’accordo del secolo dell’amministrazione Trump, il primo luglio la Knesset potrà votare l’annessione di parti della Cisgiordania. Tale accordo era stato respinto preventivamente dai palestinesi perché dà ad Israele il totale controllo militare su di loro, sulla gran parte delle loro terre, sull’intera Gerusalemme e su tutti gli insediamenti israeliani.

L’accordo stabilisce che la votazione debba tenersi “il prima possibile”, senza ritardi in commissione. Sebbene i membri della coalizione possano votare come ritengono opportuno, è probabile che il fronte della Knesset a favore dell’annessione avrà la maggioranza.

Il cosiddetto governo di unità nazionale di “emergenza”, che durerà 36 mesi, è stato legittimato a gestire la pandemia in Israele. Ma perché l’implementazione dell’accordo del secolo deve essere considerata un’emergenza? 

Già prima di formare il nuovo governo. Netanyahu aveva dichiarato molte volte di voler annettere la Valle del Giordano e gli insediamenti della Cisgiordania. Gli americani e gli israeliani hanno già redatto mappe dei territori che hanno pianificato di annettere. 

Alcuni esperti predicono che Israele ingloberà almeno il 30% della Cisgiordania. Inutile dire che l’annessione non avverrà nel quadro di negoziati o di uno scambio concordato di territori, ma sarà piuttosto una decisione unilaterale che mina un futuro Stato palestinese, ponendo fine alla dottrina della “soluzione dei due Stati” per arrivare a un’entità palestinese segregata come bantustan in Sud Africa. 

Mossa propagandistica

Questa annessione avrebbe un impatto disastroso sulle aspirazioni di auto-determinazione del nostro popolo e su di me personalmente, un contadino palestinese che possiede della terra nell’Area C [sotto totale controllo israeliano e che in parte dovrebbe essere annessa, ndtr.].

Se il governo israeliano seguisse la mappa disegnata dai consiglieri di Trump, parte di Qira, il villaggio da dove vengo, situato nella zona cisgiordana di Salfit, e forse persino la mia fattoria verrebbero incorporate dall’insediamento coloniale illegale di Ariel.   

Il presidente palestinese Mahmoud Abbas ha diffidato gli USA e i governi israeliani dall’annettere una qualsiasi parte dei territori palestinesi. “Non pensiate che, a causa del coronavirus, ci siamo dimenticati dell’annessione, delle misure di Netanyahu o dell’accordo del secolo,” ha detto questo mese, aggiungendo che i leader palestinesi avrebbero continuato a lavorare contro questi piani.

È chiaro che la formazione del governo di coalizione non ha niente a che fare con l’emergenza da pandemia, ma ha invece delle mire politiche. Netanyahu e ora anche Gantz vogliono approfittarne per implementare l’accordo trumpiano e annettere parti della Cisgiordania, mentre il mondo e i palestinesi sono esausti per la lotta contro il virus. 

Le elezioni presidenziali negli USA sono fissate per novembre e questa sarebbe anche una buona mossa propagandistica per facilitare la rielezione di Trump.

L’establishment politico israeliano si è unito su un programma permanente di colonizzazione e annessione, sfruttando la straordinaria situazione locale e internazionale per imporre lo status quo come realtà nei territori, con il pieno appoggio e sostegno da parte dell’amministrazione statunitense.

La necessità dell’unità palestinese

Secondo Hanan Ashrawi che fa parte del comitato esecutivo dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina, l’accordo di unità “rivela i partiti politici israeliani per quello che sono e prova, al di là di ogni ragionevole dubbio, la morte in Israele della cosiddetta sinistra”. Sono d’accordo e vorrei aggiungere che il governo di unità evoca più che mai la necessità di porre fine alla divisione fra la Cisgiordania e Gaza per cercare invece la riconciliazione fra tutte le fazioni politiche.

I palestinesi devono adottare una strategia nuova, chiara e più determinata per affrontare l’annessione della propria terra, dato che Israele e gli USA non hanno lasciato loro altra alternativa che resistere. 

È ora che i palestinesi smettano di inseguire la futile illusione dei “due Stati” e inizino a cercare una soluzione realistica di “uno Stato democratico” che offra, a tutti quelli che vivono fra il fiume Giordano e il mar Mediterraneo [cioè nella Palestina storica, che comprende l’attuale Israele, la Cisgiordania e Gaza, ndtr.], gli stessi diritti e obblighi in qualità di cittadini uguali indipendentemente dalla loro religione o razza.

Questa resta l’unica soluzione fattibile del conflitto del secolo.

Le opinioni espresse in questo articolo appartengono all’autore e non riflettono necessariamente la politica editoriale di Middle East Eye.

Fareed Taamallah

Fareed Taamallah è un agricoltore palestinese e un attivista politico.

(traduzione dall’inglese di Mirella Alessio)




L’UE recede da una presa di posizione nei confronti di Israele sull’annessione della Cisgiordania

Ali Abunimah

23 aprile 2020 – Electronic Intifada

A quanto pare l’Unione europea ha receduto dalla sua minaccia di imporre delle misure nei confronti di Israele nel caso metta in atto ulteriori annessioni di territori della Cisgiordania occupata.

Il primo ministro Benjamin Netanyahu e il leader del partito Blu e Bianco Benny Gantz, dopo un anno di stallo politico e tre elezioni generali, hanno raggiunto un accordo per formare una coalizione.

L’accordo di coalizione prevede l’impegno che da luglio il governo e il parlamento israeliani procedano alla votazione per l’annessione vaste aree della Cisgiordania.

Secondo il Times of Israel, tali misure probabilmente verrebbero approvate.

Giovedì, il responsabile della politica estera europea Josep Borrell ha ribadito la posizione del blocco delle 27 Nazioni secondo cui “qualsiasi annessione costituirebbe una grave violazione del diritto internazionale”.

“L’Unione Europea continuerà a monitorare attentamente la situazione e le sue più ampie implicazioni e agirà di conseguenza”, ha aggiunto Borrell.

Naturalmente “agire di conseguenza” potrebbe significare non fare nulla.

Un linguaggio annacquato

Considerando quanto i diplomatici dell’UE siano in sintonia con le sottigliezze linguistiche – e data la loro propensione a fare più o meno un copia-incolla di precedenti dichiarazioni – è degno di nota come Borrell non abbia ribadito una frase molto più incisiva di una dichiarazione fatta solo pochi mesi fa.

All’inizio di febbraio, Borrell ha reagito al piano del presidente Donald Trump, comunemente chiamato Accordo del Secolo, che sostiene l’annessione israeliana di gran parte della Cisgiordania, con un raro, se non inedito, avvertimento che Israele avrebbe dovuto affrontare delle conseguenze.

“Dei passi verso l’annessione, se attuati, non potrebbero passare incontrastati”, ha affermato Borrell nell’occasione.

Come avevo rilevato allora, ci sono poche possibilità che l’UE cambi effettivamente il suo approccio di lunga data di sostegno incondizionato a Israele, nonostante commetta violazioni su violazioni, crimini su crimini.

Avevo anche evidenziato come Israele avesse già annesso Gerusalemme est occupata nel 1967 e le alture del Golan in Siria nel 1981 – gravi violazioni del diritto internazionale che hanno avuto come unico riscontro decenni di elargizioni profuse dalla UE ad Israele.

Ciò è in netto contrasto con il modo in cui l’UE ha imposto sanzioni alla Russia per l’annessione della Crimea dall’Ucraina nel 2014. A gennaio l’UE ha aggiunto a tali misure punitive le sanzioni ai funzionari russi che hanno contribuito a organizzare le elezioni in Crimea.

Israele tiene regolarmente elezioni in Cisgiordania in cui possono votare solo i coloni israeliani. L’UE abitualmente elogia queste elezioni segregazioniste organizzate negli insediamenti coloniali costruiti illegalmente sui territorio occupato.

Borrell, recedendo dalla sua già debole dichiarazione di febbraio, ha inviato un altro segnale a Israele secondo cui non avrebbe nulla da temere da Bruxelles.

Nella sua ultima dichiarazione, Borrell promette che l’UE è “intenzionata a cooperare strettamente con il nuovo governo nella lotta contro il coronavirus”.

Aggiunge che “la cooperazione tecnica è in corso e sarà rafforzata su tutti gli aspetti della pandemia”.

Una “cooperazione” rafforzata con ogni probabilità significa maggiori elargizioni dell’UE all’industria bellica israeliana.

Semaforo verde di Washington

L’amministrazione Trump ha nel frattempo dato il via libera all’annessione.

Mercoledì il segretario di Stato Mike Pompeo ha confermato che gli Stati Uniti considerano la questione come una “decisione israeliana”.

Ciò rende particolarmente significativi i possibili passi da parte dell’UE per contrastare questo sostegno incondizionato degli Stati Uniti.

Ma l’UE, il principale partner commerciale di Israele, non ha la volontà e la credibilità per agire.

All’inizio di questa settimana è emerso che i funzionari dell’UE avevano avvertito Gantz di non sottoscrivere un accordo per un governo determinato a procedere all’annessione.

Secondo il Times of Israel, “si diceva che i funzionari avessero lanciato l’avvertimento che una tale mossa da parte di un potenziale governo di unità avrebbe danneggiato le relazioni di Israele con l’UE, suscitando una forte risposta”.

Gantz non gli ha dato retta, indubbiamente fiducioso che l’UE continuerà la sua politica di di sporadiche sfuriate riguardo alle azioni di Israele continuando a inondarla di regalini.

(traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)




Il piano di annessione di Netanyahu è una minaccia alla sicurezza nazionale di Israele

 Ami Ayalon, Tamir Pardo, Gadi Shamni

23 aprile 2020– Foreing Policy

L’annessione della Cisgiordania incrinerebbe i trattati di pace di Israele con l’Egitto e la Giordania, susciterebbe la rabbia degli alleati nel Golfo, minerebbe l’Autorità Nazionale Palestinese e metterebbe in pericolo Israele come democrazia ebraica.

Quattro giorni dopo che la Casa Bianca ha ribadito la decisione di perseguire l'”accordo del secolo” del presidente degli Stati Uniti Donald Trump, la lunga instabilità politica di Israele si è conclusa lunedì con un accordo di coalizione che potrebbe mettere tragicamente fine a qualunque prospettiva di israeliani e palestinesi di tornare al tavolo dei negoziati.

L’ accordo tra il partito Likud di Benjamin Netanyahu e il Blu e Bianco di Benny Gantz fissa il 1 ° luglio come data in cui mettere in atto l’annessione unilaterale israeliana di grandi porzioni del territorio della Cisgiordania, importante elemento del piano Trump. Se il governo congiunto procederà conformemente, le altre caratteristiche del piano diverranno irrilevanti. Questo sta accadendo nonostante 220 generali, ammiragli ed ex dirigenti israeliani di Mossad, Shin Bet e polizia, membri di Commanders for Israel’s Security (CIS) [movimento di ex alti funzionari fondato nel 2014, ndtr.], abbiano firmato una lettera aperta a tutta pagina sui giornali israeliani il 3 aprile esortando i loro ex colleghi nel governo – in particolare Gantz e Gabi Ashkenazi, entrambi ex capi di stato maggiore dell’esercito israeliano – a chiedere di bloccare l’annessione unilaterale dei territori della Cisgiordania. Pochi giorni dopo, 149 eminenti leader ebrei americani si sono uniti a Israel Policy Forum [organizzazione ebraica americana che lavora per una soluzione negoziata a due Stati, ndtr.] in un appello simile, e subito dopo, 11 membri del Congresso degli Stati Uniti hanno espresso un altro monito sulle conseguenze negative di una tale mossa.

A prescindere dalle loro – e nostre – serie riserve riguardo a molti elementi del piano Trump, tutti e tre quei gruppi hanno concordato sugli effetti negativi dell’annessione sulla prospettiva di un’eventuale soluzione a due Stati israeliano e palestinese, e sul rischio di minare un altro pilastro fondamentale della strategia degli Stati Uniti nella regione: i trattati di pace di Israele con Egitto e Giordania.

L’Egitto è un importante attore nella regione e funge da principale intermediario tra Israele e Hamas nel prevenire episodi di violenza o nel porvi fine una volta scoppiati. Il Cairo è anche un partner importante di Israele nella lotta contro lo Stato Islamico, gli affiliati di al Qaeda e altri terroristi che operano nella e dalla penisola del Sinai; l’annessione della Cisgiordania potrebbe scatenare proteste di popolo in Egitto che potrebbero costringere l’amministrazione di Abdel Fattah al-Sisi a riconsiderare quelle relazioni.

La situazione è ancora più precaria in Giordania. Il regno si trova appena oltre il fiume Giordano rispetto alla Cisgiordania e ha una consistente popolazione palestinese. Pertanto, è sempre stato molto sensibile a sviluppi sfavorevoli in Cisgiordania. Per decenni il confine di Israele con la Giordania è stato più sicuro di altre frontiere. Inoltre, il vasto territorio del regno ha fornito a Israele uno spazio strategico insostituibile per la deterrenza, il rilevamento e l’intercettazione – per terra e per aria – di forze ostili, principalmente dall’Iran.

A seguito di un’annessione unilaterale potrebbe fallire un altro obiettivo del piano Trump: la speranza di consolidare i primi risultati dell’amministrazione nell’incoraggiare una maggiore cooperazione tra Israele e i partner regionali statunitensi nel Golfo e altrove. Proprio come la pandemia di coronavirus e il crollo dei prezzi del petrolio hanno contribuito alle preoccupazioni sulla stabilità interna delle monarchie del Golfo, questi regimi saranno anche costretti a prevenire la rabbia popolare reagendo pubblicamente all’annessione israeliana nel timore che i loro avversari, principalmente Iran e Turchia, utilizzino la loro inazione per minarne la legittimità popolare.

Non ha senso rischiare tutto ciò per annettere un territorio su cui Israele ha già il pieno controllo riguardo alla sicurezza. Sia Israele che gli Stati Uniti devono riconsiderare la cosa prima che il danno sia fatto.

Questa mossa sconsiderata non avrebbe solo conseguenze negative per la sicurezza di Israele, ma anche ripercussioni sul futuro di Israele come democrazia ebraica.

I leader ebrei statunitensi e i membri del Congresso hanno sottolineato che sarebbe in pericolo il supporto bipartisan dagli Stati Uniti di cui Israele ha a lungo goduto, un altro importante pilastro nell’equilibrio della sua sicurezza nazionale.

Come la maggior parte degli israeliani, molti politici e opinionisti statunitensi non erano consapevoli, come è risultato dalle nostre discussioni, del rapido passaggio dell’annessione unilaterale da capriccio di una trascurabile minoranza messianica di destra a elemento d’azione fondamentale nell’agenda di Netanyahu nel governo di coalizione che è appena riuscito a formare. Ora ogni dubbio è cancellato.

Il drammatico appello pubblico dei 220 alti funzionari della sicurezza israeliani in pensione era stato pensato per rafforzare l’opposizione all’annessione da parte degli aspiranti partner nella coalizione di Netanyahu guidati da Gantz, proprio nel momento in cui Netanyahu era pressato dagli irriducibili sostenitori dell’annessione (o ne orchestrava la pressione) perché non cedesse in merito ad essa.

Prevedendo tale pressione, per oltre due anni il CIS ha condiviso i risultati riguardanti le molteplici conseguenze dell’annessione unilaterale con i membri della Knesset e il gabinetto israeliani, nonché con la popolazione israeliana. Inoltre è stato spesso chiamato a informare funzionari della Casa Bianca, membri del Congresso, diplomatici statunitensi e leader ebrei statunitensi.

In breve, questo passo irreversibile, una volta fatto, probabilmente scatenerà una reazione a catena fuori controllo in Israele. Il punto di svolta potrebbe essere la fine del coordinamento palestinese della sicurezza con Israele. Già accolte come simbolo delle aspirazioni ad uno Stato, le agenzie di sicurezza palestinesi hanno perso il sostegno popolare poiché lo Stato appariva sempre meno probabile. Peggio ancora, sia gli ufficiali giovani che quelli più anziani riferiscono di aver ricevuto accuse di tradimento, di non essere più al servizio delle aspirazioni nazionali palestinesi ma solo dell’occupazione israeliana.

Durante i momenti di tensione, con una crescente pressione popolare, l’assenteismo dal servizio nelle agenzie si avvicinava al 30%. È nostra opinione (così come di centinaia di altri generali in pensione) che un voto della Knesset sull’annessione potrebbe ridurre la residua legittimità del coordinamento per la sicurezza.

Potrebbe essere irrilevante se la stessa Autorità Nazionale Palestinese (ANP) sopravviverà o meno a questo, o se la sua leadership vorrà ancora che il coordinamento della sicurezza continui. Se quelli che attualmente prestano servizio nelle agenzie di sicurezza si rifiutano di presentarsi al lavoro, si può solo sperare che non partecipino armati alle proteste di massa contro l’annessione.

Se il coordinamento per la sicurezza da parte dei palestinesi cessasse di essere efficace, e con Hamas ben organizzato e pronto a sfruttare il conseguente vuoto nella sicurezza, Israele non avrà altra scelta che rioccupare l’intera Cisgiordania, compresi tutti i centri abitati dalla popolazione palestinese attualmente sotto l’amministrazione dell’ANP. Se questo scenario si materializzasse in Cisgiordania, si può presumere che sia improbabile che Hamas rispetti le sue intese sul cessate il fuoco con Israele a Gaza. Se Hamas dovesse entrare nello scontro, Israele potrebbe non avere altra scelta se non quella di rioccupare anche la Striscia di Gaza.

Di conseguenza, ciò che inizierebbe il 1° luglio con una votazione della Knesset per l’annessione parziale potrebbe presto sfuggire al controllo e portare a una completa acquisizione israeliana della Cisgiordania e di Gaza, il che significa che l’esercito israeliano sarebbe l’unica entità che controlla milioni di palestinesi – senza una strategia per risolvere il problema.

In una situazione del genere svanirebbe ogni speranza che il team di Trump potrebbe aver avuto che il suo ” accordo del secolo” unisse israeliani e palestinesi. Allo stesso modo, nessun altro sforzo diplomatico potrebbe riesumare la prospettiva di un accordo a due Stati. Salvare Israele dall’impossibile dilemma, tra rinunciare alla sua identità ebraica garantendo ai palestinesi annessi pari diritti o rinunciare alla sua democrazia privandoli di quei diritti, potrebbe rivelarsi una missione impossibile.

La presa di coscienza di molti qui in Israele e di alcuni negli Stati Uniti dell’imminenza di questo pericolo offre qualche speranza che nelle prossime 10 settimane si possano prendere provvedimenti in tempo per prevenire questo terribile risultato.

L’abbandono dell’annessione unilaterale è sia urgente che essenziale. Coloro che hanno a cuore il futuro di Israele come democrazia ebraica sicura, che sostiene i valori sanciti nella sua dichiarazione di indipendenza, devono agire ora.

Ami Ayalon, ammiraglio in pensione, è un ex direttore della Shin Bet, ex comandante in capo della Marina israeliana e autore del libro di prossima uscita Friendly Fire [Fuoco Amirco]. È membro del CIS.

Tamir Pardo è un ex direttore del Mossad. È membro del CIS.

Gadi Shamni, generale maggiore in pensione, è un ex comandante del comando centrale delle Forze di Difesa Israeliane [l’esercito israeliano, ndtr.], segretario militare dell’ex primo ministro Ariel Sharon e ex addetto militare [di Israele] negli Stati Uniti. È membro del CIS.

(traduzione dall’inglese di Luciana Galliano)




Netanyahu ha formato un “governo di salvezza personale”

Akiva Eldar

23 aprile 2020 – Al Jazeera

Il governo di emergenza nazionale di Israele è stato formato non per sconfiggere il Covid-19, ma per tenere fuori di prigione Netanyahu.

A differenza dell’Olocausto, questa volta abbiamo identificato il pericolo in tempo”, ha detto il 20 aprile il Primo Ministro ad interim (per ora) Benjamin Netanyahu, dandosi da solo una pacca sulla spalla in una dichiarazione registrata in occasione del Giorno della Memoria dell’Olocausto.

Abbiamo preso importanti decisioni, come la chiusura dei confini”, ha proseguito Netanyahu, rivolgendosi alla telecamera. “Abbiamo mobilitato tutti i sistemi dello Stato per la guerra contro il coronavirus.”

Il distorto sfruttamento da parte di Netanyahu di questo giorno della memoria dedicato ai sei milioni di ebrei massacrati dai nazisti al fine di ostentare le proprie presunte capacità di “individuazione tempestiva” [del virus], è qualcosa che ricorda la sua “rivelazione”, nel 2015, del fatto che il Muftì di Gerusalemme, Haj Amin al-Husseini, fu colui che ideò il piano per lo sterminio del popolo ebraico.

Ci sono molti dubbi che Netanyahu abbia profeticamente identificato la minaccia del coronavirus, ma è certo che ha identificato la sua potenzialità di essere un vaccino contro la propria personale rovina, quella di traslocare dall’ufficio di Primo Ministro alla cella di un carcere.

Il nome ufficiale di questo vaccino è “governo di emergenza nazionale”. Ma la denominazione più appropriata per questo governo, le cui linee guida e composizione sono state definite e messe nero su bianco il 20 aprile, sarebbe “governo di salvezza personale”.

Poco dopo che è stato trasmesso il suo messaggio alla Nazione sull’Olocausto, Netanyahu ha firmato un accordo di 14 pagine sulla condivisione del potere con il suo principale rivale politico, il leader dell’alleanza Blu e Bianco Benny Gantz, che sancisce il governo di Israele più affollato di sempre – con 36 ministri e 16 viceministri.

In base all’accordo, Netanyahu sarà Primo Ministro per i primi 18 mesi del mandato di 3 anni, mentre Gantz ricoprirà la carica appena creata di “Primo Ministro supplente”. Netanyahu consegnerà il potere a Gantz una volta scaduto il termine e per la seconda parte del mandato fungerà lui da Primo Ministro “supplente”.

Ho promesso al popolo di Israele un governo di emergenza che salverà le vite e i mezzi di sussistenza”, ha scritto Netanyahu sulla sua pagina Facebook. “Continuerò a fare qualunque cosa per il vostro bene, cittadini di Israele.”

L’accordo di condivisione del potere è stato firmato dopo settimane di febbrili negoziati. Ma la questione che ha rallentato la firma del documento non riguardava il conflitto israelo-palestinese, né il regime di apartheid in Cisgiordania o il blocco di Gaza.

L’unico accenno nel documento alla malattia cronica nota come occupazione si può trovare nella sezione relativa al piano del presidente USA Donald Trump per la pace israelo-palestinese, che stabilisce che alla data del 1 luglio di quest’anno il primo ministro potrebbe chiedere al governo e alla Knesset [il parlamento israeliano, ndtr.] di approvare l’accordo raggiunto con gli USA in base al piano Trump sull’imposizione della sovranità sulle colonie israeliane in Cisgiordania.

Secondo l’accordo, anche Gantz sarà invitato a partecipare alle consultazioni con il primo ministro su questo paragrafo del patto, che praticamente rende esplicito l’abbandono della soluzione dei due Stati.

La questione che ha rallentato l’accordo tra le due parti non era neanche legata alla ‘raison d’etre’ ufficiale di un governo di emergenza – alleviare la crisi del coronavirus. Di fatto, l’accordo a malapena menziona la questione, ma lascia al suo posto il Ministro della Sanità in carica, Yaakov Litzman, anche se ciò comporta cambiamenti di ruolo o destituzioni per la maggior parte degli altri ministri dell’attuale coalizione.

Questo è l’uomo che all’inizio della crisi non poteva nemmeno pronunciare la parola “coronavirus”, che ha egli stesso contratto la malattia quando ha pregato in un gruppo contravvenendo alle istruzioni del suo stesso Ministero ed ha speso la maggior parte del tempo dall’inizio della pandemia favorendo gli interessi del suo elettorato ultra-ortodosso.

Con Litzman al proprio posto, Netanyahu continuerà a guidare di fatto il ministero, come ha fatto finora. Inoltre sostituirà il capo della commissione speciale della Knesset per la crisi del coronavirus con uno dei suoi fedelissimi, facilitandosi il compito di mascherare i tanti insuccessi del suo governo nella gestione della pandemia, che sono già stati palesati.

Se dovesse essere istituita una commissione per esaminare la gestione della crisi da parte dello Stato, troverebbe pane per i suoi denti nella relazione provvisoria resa pubblica il 7 aprile dal comitato di sorveglianza della Knesset, alla cui guida si trovava all’epoca il deputato di opposizione Ofer Shelach [del partito di centro tuttora all’opposizione Yesh Atid, ndtr.].

La relazione ha rilevato, tra le varie cose, che le ripercussioni sociali e sanitarie della stretta economica imposta dal governo erano ormai diventate una minaccia reale e grave quanto il virus. Il prezzo politico di queste severe ripercussioni economiche e sociali verrà ora diviso equamente tra tutti i componenti del nuovo governo di coalizione.

La firma dell’accordo era stata bloccata a causa di un articolo che riguardava solo l’unico israeliano il cui processo per corruzione è previsto iniziare il 24 maggio e dispone una deroga per lui, un fatto senza precedenti nella storia politica di Israele.

Il contorto linguaggio di questo articolo in sostanza stabilisce che, se delle circostanze, come per esempio una sentenza della Corte Suprema, impedissero a Netanyahu e/o a Gantz di ricoprire la carica di primo ministro e di primo ministro “supplente”, i partiti Likud [di Netanyahu, ndtr,] e Blu e Bianco [di Gantz, ndtr.] non proporrebbero nessun altro per questi incarichi, scioglierebbero invece congiuntamente la Knesset e indirebbero nuove elezioni.

Se Netanyahu non avesse categoricamente rifiutato di dimettersi dopo essere stato incriminato per corruzione, Israele non sarebbe stato trascinato in tre consecutive e inconcludenti elezioni nell’arco di un anno e con la minaccia di un’incombente quarta turnata elettorale se non si fosse raggiunto un accordo su un nuovo governo.

Fin dall’inizio la leadership di Blu e Bianco ha espresso la propria preferenza per un governo di unità con il Likud. La sua principale, se non unica, condizione era la sostituzione di Netanyahu con un altro membro del suo partito, il Likud. Se lui avesse davvero voluto “fare qualunque cosa” in suo potere per il bene dei cittadini di Israele, come ha dichiarato questa settimana nel suo discorso per commemorare l’Olocausto, Israele non avrebbe avuto bisogno di un governo di emergenza. Quel che doveva fare era dimettersi, anche temporaneamente, e passare il suo tempo in modo accurato a convincere i tribunali della sua innocenza.

La codardia di altri personaggi di spicco del Likud ha lasciato Gantz e i suoi amici tra l’incudine e il martello. Sono stati costretti a scegliere tra far parte di un governo guidato da Netanyahu, contro il volere della maggioranza dei loro elettori che hanno dato a Gantz e alla sua coalizione una maggioranza in parlamento di 62 seggi, e favorire una quarta tornata elettorale all’ombra di una profonda crisi economica e sociale.

La decisione di Blu e Bianco e dei suoi alleati del partito laburista di ignorare il loro principale impegno elettorale di non entrare in una coalizione di governo con Netanyahu è destinata ad abbreviare la loro carriera politica. Dovranno faticare molto per convincere gli elettori che non avevano altra scelta che allearsi a Netanyahu in un governo di più di 40 tra ministri e vice ministri, solo per affrontare l’epidemia.

La palla è ora alla Corte Suprema, cui sono state sottoposte diverse petizioni che chiedono di annullare l’accordo di coalizione, tra cui un appello di decine di ex funzionari della sicurezza, accademici e uomini d’affari contro la nomina di un primo ministro incriminato.

In una lettera a Netanyahu pubblicata il 20 aprile sul quotidiano israeliano Haaretz, l’ex consulente giuridica della Knesset e avvocatessa Nurit Elstein ha scritto: “Alla luce delle sue incriminazioni per corruzione, che comprendono violazione dell’integrità o, più precisamente, condotta immorale, la Corte potrebbe decidere che lei non è adatto ad essere primo ministro Nessuno statuto giuridico le fornirà una completa protezione o, fino a quando Israele sarà una democrazia, darà legittimità ad una questione che è fondamentalmente disonesta.” Considerato il modo in cui è stato costituito il governo designato e le sue linee guida, l’accento andrebbe posto sulle parole “fino a quando”.

Le opinioni espresse in questo articolo sono dell’autore e non riflettono necessariamente la posizione editoriale di Al Jazeera

Akiva Eldar è un analista israeliano

(Traduzione dall’inglese di Cristiana Cavagna)




Il presidente israeliano chiede al parlamento di scegliere il primo ministro

16 aprile 2020 Al-Jazeera

Netanyahu e Gantz, rispettivamente leader dei partiti Likud e Blu e Bianco, dicono che continueranno i negoziati per formare un governo di unità nazionale di “emergenza”.

Il presidente di Israele ha chiesto alla Knesset di scegliere un nuovo primo ministro e ha concesso al parlamento tre settimane per giungere a un’intesa su un leader o, fatto senza precedenti, costringere il Paese alla quarta elezione consecutiva in poco più di un anno.

Reuven Rivlin ha preso questa decisione dopo che Benny Gantz e Benjamin Netanyahu non sono riusciti a raggiungere un accordo entro la scadenza della mezzanotte. 

Ciò nonostante Netanyahu e Gantz hanno detto che continueranno i loro negoziati per formare un governo unitario d’ “emergenza” e guidare il Paese durante la crisi da coronavirus.

Ora le due parti hanno ufficialmente tre settimane per trovare un accordo, altrimenti la Knesset verrà sciolta e si andrà a ulteriori elezioni.

Concludere un accordo?

Lunedì Reuven Rivlin il presidente che sovrintende ai colloqui, ha detto che gli sviluppi giustificavano la sua decisione di concedere a Gantz altri due giorni per trovare un compromesso.

Ma il mandato di Gantz è scaduto a mezzanotte di mercoledì dopo un tentativo dell’ultima ora compiuto dagli inviati dei due leader. Ciò complicherà i piani per la ripresa economica, quando la pandemia sarà sotto controllo e si allenterà il rigido lockdown imposto al Paese.

Giovedì mattina Netanyahu e Gantz hanno rilasciato una dichiarazione congiunta dicendo che avrebbero continuato i negoziati più tardi in giornata. Tecnicamente i colloqui potrebbero continuare fino allo scioglimento formale del parlamento.

Gantz aveva detto in precedenza che non avrebbe fatto parte di un governo guidato da Netanyahu che, pur respingendo ogni accusa, deve affrontare un’imputazione di corruzione. L’inizio del processo è previsto per il prossimo mese.

Ma l’enormità della crisi da coronavirus ha spinto Gantz a infrangere la promessa fatta durante la sua campagna e a prendere in considerazione un accordo, decisione che ha irritato molti dei suoi sostenitori anti Netanyahu.

Il risultato sembra aver indebolito Gantz e rafforzato Netanyahu, il cui governo provvisorio sta gestendo la risposta alla crisi.

Dato che Gantz non ha più il “mandato” conferitogli dal presidente Netanyahu potrebbe andare in cerca di altre opzioni. 

In totale 59 parlamentari su 120 hanno appoggiato Netanyahu, a cui mancano pochi voti per ottenere la maggioranza. Continuando a dialogare con Gantz potrebbe anche cercare di convincere altri due membri dell’opposizione nella speranza di mettere insieme un governo con una maggioranza risicata.

Lunedì un sondaggio trasmesso dal canale israeliano Channel 12 ha rivelato che se ci fosse un’elezione adesso, il Likud guadagnerebbe 4 seggi e arriverebbe a 40 sui 120 che compongono la Knesset, mentre l’indebolita alleanza Blu e Bianco di Gantz ne otterrebbe solo 19.

Secondo il sondaggio circa il 64% dei cittadini è soddisfatto del modo in cui Netanyahu sta gestendo la pandemia.

Israele ha registrato più di 12.500 casi di COVID-19 e almeno 130 decessi. Le restrizioni hanno confinato la maggioranza degli israeliani nelle loro case, costretto le aziende alla chiusura e fatto salire il tasso di disoccupazione a oltre il 25%.

(traduzione dall’inglese di Mirella Alessio)




Gli israeliani Netanyahu e Gantz “vicini ad un accordo” per porre fine allo stallo politico

14 aprile 2020 – Al Jazeera

I due rivali informano di progressi nei colloqui dopo che il presidente ha esteso di altre 48 ore il termine ultimo di Benny Gantz per formare un governo

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il suo principale rivale, Benny Gantz, hanno affermato di aver raggiunto “significativi progressi” nella formazione di un governo d’emergenza per affrontare la crisi del coronavirus e porre fine allo stallo politico senza precedenti del Paese.

Il mandato di 28 giorni a Gantz per mettere insieme una coalizione di governo dopo le inconcludenti elezioni dello scorso mese avrebbe dovuto terminare alla mezzanotte di martedì [14 aprile], ma il presidente Reuven Rivlin, che sta supervisionando i colloqui per la coalizione, li ha estesi di due giorni.

Secondo il suo ufficio, Rivlin lo ha fatto “nella consapevolezza che si è molto vicini a raggiungere un accordo.”

Gantz e Netanyahu si sono incontrati durante la notte in un ultimo disperato tentativo di ricomporre le loro divergenze. Poi hanno fatto una dichiarazione congiunta affermando di aver fatto “significativi progressi”. Entrambi hanno stabilito di incontrarsi di nuovo con le rispettive equipe di negoziatori più tardi martedì mattina.

Dalle elezioni del 2 marzo, le terze di Israele in meno di un anno, sono state ripetutamente fatte dichiarazioni riguardo al progresso nei colloqui per una coalizione, ma un accordo è rimasto irraggiungibile. Il blocco ha prospettato la possibilità di una quarta tornata elettorale, complicando ogni piano di rilancio economico una volta che l’epidemia di coronavirus si riduca di intensità.

Nella corsa verso la fine del mandato, Gantz ha sollecitato Netanyahu a siglare un accordo o a rischiare di trascinare il Paese verso elezioni non augurabili in un momento di crisi nazionale.

“Netanyahu, questo è il momento della verità. O un governo nazionale d’emergenza o, dio non voglia, quarte elezioni costose ed inutili durante una crisi. La storia non perdonerà nessuno di noi se fuggiamo dalle nostre responsabilità,” ha detto in un discorso diffuso a livello nazionale dalla televisione.

Poi Netanyahu ha invitato Gantz nella sua residenza ufficiale per colloqui che sono andati oltre la mezzanotte di ieri. Mentre le elezioni dello scorso mese sono finite senza un chiaro vincitore, Gantz è stato appoggiato da una ridottissima maggioranza di parlamentari, portando Rivlin a dargli l’incarico di formare un governo.

Con la sua maggioranza parlamentare, Gantz ha iniziato a portare avanti una legge che avrebbe escluso Netanyahu, imputato di corruzione, dalla possibilità di essere nominato primo ministro in futuro.

In carica dal 2009, Netanyahu è il capo del governo più a lungo in carica nella storia di Israele e il primo ad essere imputato durante il suo mandato. Nega le imputazioni per corruzione, frode e abuso di potere presentate contro di lui in gennaio.

Durante tre durissime campagne elettorali Gantz ha affermato che non avrebbe mai fatto parte di un governo guidato da Netanyahu finché questi avesse dovuto affrontare accuse di corruzione. Ma Gantz ha affermato che la gravità della crisi di coronavirus lo ha convinto a cambiare la sua posizione – una decisione che ha attirato pesanti critiche da parte dei suoi sostenitori e provocato lo sgretolamento della sua alleanza, “Blu e Bianco”.

Se fallissero i negoziati prolungati, la Knesset, o parlamento israeliano, avrà tre settimane per scegliere un candidato a primo ministro tra le sue file. Se fallisse anche questo, ci dovranno essere le elezioni. Ciò significherebbe una lunga crisi politica in un momento in cui il Paese sta affrontando l’epidemia di coronavirus.

Israele ha registrato più di 11.500 casi e almeno 116 morti dovuti alla malattia, che ha paralizzato l’economia e portato la disoccupazione a un livello record.

Lunedì, per contrastare la diffusione del coronavirus, Netanyahu ha disposto un bando sugli spostamenti tra le città per gli ultimi giorni delle feste pasquali di questa settimana.

Le restrizioni già in vigore hanno confinato la maggior parte degli israeliani nelle loro case per settimane, obbligando molte attività economiche a chiudere e portando il tasso di disoccupazione a oltre il 25%.

Netanyahu ha affermato che il suo governo potrebbe formulare una “strategia d’uscita” entro questo fine settimana, ma ha avvertito che le limitazioni all’economia e all’educazione saranno ridotte gradualmente e che non ci sarà un ritorno totale alla normalità prima che venga scoperto un vaccino contro il coronavirus.

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)




In Israele Netanyahu e Gantz si mettono d’accordo su un piano per annettere parti della Cisgiordania

Redazione di MEE

6 aprile 2020 – Middle East Eye

Secondo Haaretz, i due leader israeliani potrebbero presentare quest’estate un piano per il governo

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il suo rivale politico Benny Gantz hanno raggiunto un accordo per annettere parti della Cisgiordania, spianando la strada a un governo di unità dopo mesi di stallo e tre tornate elettorali inconcludenti.

Secondo Haaretz, lunedì, dopo un incontro, i leader israeliani si sono accordati su un piano per iniziare quest’estate un processo formale e reclamare alcune zone dei territori palestinesi occupati come parte di Israele.

Se Washington sarà d’accordo, il progetto verrà presentato al governo, riferisce il quotidiano israeliano. Dopo l’approvazione del gabinetto, il piano richiederà l’approvazione della Knesset, il parlamento israeliano. 

Gli Stati Uniti hanno già espresso la propria disponibilità all’annessione di insediamenti israeliani e della Valle del Giordano in Cisgiordania. 

Accordo del secolo’

A gennaio, il presidente Donald Trump aveva svelato il cosiddetto “accordo del secolo” per risolvere il conflitto, con cui si permetterebbe a Israele di annettere vaste zone della Cisgiordania in cambio del riconoscimento di uno Stato palestinese frammentato, senza controllo delle proprie frontiere o dello spazio aereo.

La maggioranza dei palestinesi ha respinto la proposta.

Sia Netanyahu, che guida il Likud, di destra, che Gantz, il capo del blocco di centro Blu e Bianco, si sono impegnati ad annettere parti della Cisgiordania.

Facendo seguito a tre elezioni che non hanno prodotto un chiaro vincitore, Gantz e Netanyahu sono impegnati in colloqui per formare un governo di unità dopo l’ultima tornata elettorale del 3 marzo.

Dopo segnali iniziali che un accordo avrebbe posto termine all’impasse, Blu e Bianco di Gantz ha dichiarato che i colloqui si erano bloccati sulle nomine dei magistrati.

“Dopo aver raggiunto un accordo su tutti i punti, il Likud ha chiesto di riaprire la questione della Commissione di selezione dei magistrati ” ha detto il partito in una dichiarazione.

“In seguito a ciò i negoziati si sono interrotti: non permetteremo alcun cambiamento nel ruolo della Commissione di selezione della magistratura o un danno per la alla democrazia.” 

Illegale

Gli esperti di diritto internazionale dicono che annettere i territori palestinesi sarebbe illegale.

Israele ha formalmente annesso Gerusalemme Est nel 1980 e le Alture del Golan siriane un anno dopo. Ma la comunità internazionale, compresa Washington, non ha riconosciuto il possesso di Israele di queste zone. Tuttavia alla fine del 2017 Trump ha dichiarato Gerusalemme capitale di Israele e l’anno scorso ha riconosciuto la sovranità di Israele sulle Alture del Golan. 

All’inizio di quest’anno, dopo che Trump ha annunciato il piano per porre fine al conflitto, l’avvocato dei diritti umani Jonathan Kuttab ha detto a MEE che il divieto di acquisire territori con la forza è un principio fondamentale del diritto internazionale.

Dalla Seconda Guerra Mondiale ci sono stati tre tentativi di annessione: l’invasione del Kuwait da parte dell’Iraq nel 1990; l’annessione russa della Crimea a danni dell’Ucraina nel 2014 e l’acquisizione di Israele dei territori arabi a partire dal 1967.

“Per 70 anni, l’intero ordine internazionale è stato costruito sul principio che non ci si può impossessare della terra altrui con la forza e annetterla” ha detto Kuttab.

“Fino a quando è arrivato Israele e ha detto: ‘Noi possiamo farlo’. Nessuno era d’accordo con loro fino a quando è arrivato Trump.”

Ha aggiunto che il riconoscimento della sovranità israeliana sulle Alture del Golan da

parte di Washington stabilisce un “pericoloso” precedente che non ha incontrato l’opposizione della maggioranza dei Paesi arabi.

“Secondo la legge internazionale è chiaro come il sole che l’annessione è illegale. Non si tratta di una questione che si presti a interpretazioni.”

(traduzione dall’inglese di Mirella Alessio)