L’accordo antisemita del secolo

Joseph Massad

2 gennaio 2020 – Middle East Eye

Trump sta cercando di equiparare ogni difesa del popolo palestinese all’ antisemitismo, ma l’ondata che si oppone al colonialismo sionista è cresciuta nonostante tali politiche repressive

Fin dalla sua nascita, alla fine del XIX° secolo, il movimento sionista ha cercato di trasformare la natura dell’identità ebraica europea e i rapporti tra gli ebrei e il moderno antisemitismo.

I due movimenti condividevano la concezione secondo la quale non sono razzismo e sciovinismo che provocano l’antisemitismo, ma hanno vergognosamente affermato che esso è causato dalla presenza stessa degli ebrei nelle società dei gentili [non ebrei, ndtr.] – una posizione su cui il fondatore del sionismo, Theodor Herzl, ha insistito nei suoi scritti.

Gli antisemiti sono stati divisi fino agli anni ’20 tra quegli europei imperialisti che concordavano sul fatto che il sionismo avrebbe risolto il loro “problema” ebraico esportando gli ebrei in Palestina, e i nazisti, che erano decisi a sterminarli del tutto.

Oppressione antisemita

A causa della massiccia opposizione degli ebrei europei al sionismo, che rimase costante per mezzo secolo finché si indebolì considerevolmente dopo l’Olocausto, per decenni la trasformazione che il sionismo aveva perseguito non ebbe successo. Ma a partire dalla fine degli anni ’40 aumentò di intensità a ogni decennio, finché dagli anni ’70 in poi diventò egemone.

Mentre l’identità ebraica nell’Europa occidentale e orientale prima della trasformazione sionista era quella di una minoranza che, in quanto vittima dell’ oppressione antisemita europea bianca e cristiana, lottò contro la discriminazione e la persecuzione, il sionismo insistette che tale lotta non era la risposta corretta all’antisemitismo.

Sosteneva invece che l’unico modo per porre fine all’oppressione degli ebrei da parte dell’Europa cristiana fosse di unirsi ai cristiani europei nelle loro avventure coloniali fuori dall’Europa e fondare una colonia di insediamento ebraica in Asia a spese della popolazione nativa.

Con la sconfitta dei nazisti, nel 1948 gli alleati imperialisti antisemiti europei e statunitensi del sionismo appoggiarono la fondazione della colonia di insediamento sionista.

Il movimento sionista ha sostenuto che il colonialismo, invece dell’ebraismo e dell’ ebraicità, avrebbe definito l’identità ebraica. Lottò contro tutti gli altri movimenti ebraici che rifiutavano la sua soluzione colonialista, compresi il Bund, i socialisti e comunisti ebrei, gli ebrei liberali assimilazionisti, i sostenitori dell’yiddish [lingua parlata dagli ebrei dell’Europa centro-orientale, un misto di ebraico, lingue slave e tedesco, ndtr.] e non ultimi l’ebraismo ortodosso e riformato, i cui principali rabbini si opposero risolutamente al sionismo.

Ebraismo, sostenevano i sionisti, dovrebbe ora significare colonizzare la terra palestinese. Invece di lottare contro i loro nemici antisemiti che volevano espellerli dalle società dei gentili, improvvisamente agli ebrei venne detto che gli antisemiti erano i loro alleati (come disse Herzl: “Gli antisemiti diventeranno i nostri amici più affidabili, i Paesi antisemiti i nostri alleati” e “i governi di ogni Paese flagellato dall’antisemitismo saranno fortemente interessati ad aiutarci ad ottenere la sovranità che vogliamo”).

Notevole sforzo propagandistico

La nuova definizione che il sionismo mise in atto può essere riassunta con due formule complementari: l’ebraismo è sionismo ed è colonialismo; e l’anticolonialismo è antisionismo ed è antisemitismo. Un grande sforzo propagandistico venne prodotto per difendere il colonialismo sionista e la sua oppressione dei palestinesi e il furto delle loro terre, come intrinseca all’ebraicità e all’ ebraismo e per sostenere che opporsi a questa presunta parte intrinseca dell’ebraicità e dell’ ebraismo non era niente meno che un “nuovo antisemitismo”.

Al contrario, appoggiare il furto delle terre palestinesi da parte dei sionisti e degli israeliani e l’oppressione dei palestinesi diventò la forma più alta di filosemitismo, come esemplificato dalle instancabili manifestazioni di appoggio ad Israele e alle sue politiche degli attuali leader statunitensi ed europei.

Antisemiti e imperialisti europei appoggiarono pienamente questa interpretazione dell’ebraismo e l’adottarono come modo per trasformare il proprio antisemitismo in filosemitismo. La lista si estende dai politici britannici antisemiti che appoggiarono i tentativi sionisti fin dai primi anni del XX secolo – Joseph Chamberlain, Arthur Balfour e Winston Churchill – fino al presidente Usa Donald Trump.

Che per due millenni in Europa ebrei, ebraismo ed ebraicità abbiano avuto una concezione totalmente diversa di se stessi, che non includeva la colonizzazione della terra di un altro popolo e la sua oppressione, sembra irrilevante per la riscrittura sionista e antisemita della storia e dell’identità ebraiche.

Dagli inizi degli anni ’70 in avanti l’uso come arma dell’accusa di antisemitismo da parte di Israele contro l’anticolonialismo è all’ordine del giorno.

Durante quel decennio, dopo le conquiste territoriali di Israele nel 1967 [con la guerra dei Sei Giorni, ndtr.], il sionismo raggiunse il suo massimo successo nel convincere i sostenitori ebrei e gentili della nuova identità colonialista che aveva architettato per gli ebrei – anche se la maggioranza della popolazione ebraica del pianeta si rifiutò sistematicamente di diventare colonialista in Israele.

Attaccare il BDS

Negli ultimi anni, con il crescere del consistente e considerevole appoggio per i palestinesi tra ebrei e gentili in tutto il mondo – soprattutto attraverso il movimento di Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (BDS) –, Israele e i suoi alleati occidentali hanno tentato di combattere l’ondata crescente formalizzando e rendendo giuridicamente vincolante la definizione antisemita e sionista dell’ebraicità.

La nuova definizione, che equipara gli ebrei ai sionisti e ai colonialisti, è stata diffusa dall’ International Holocaust Remembrance Alliance [Alleanza Internazionale per il ricordo dell’Olocausto, organizzazione intergovernativa a cui aderiscono 31 Paesi, ndtr.] (IHRA). Nel 2016 l’associazione ha adottato una bozza di definizione di antisemitismo che include “manifestazioni…che prendono di mira lo Stato di Israele, concepito come una comunità ebraica.”

Nello scorso anno abbiamo assistito a un grande progresso di questo consenso antisemita, che intende eliminare le identità ebraiche che non corrispondono al sionismo. Lo scorso dicembre l’UE, come Francia e Germania, ha adottato la definizione dell’IHRA; più di recente il primo ministro britannico Boris Johnson e Trump hanno fatto passi per criminalizzare l’appoggio al BDS, soprattutto nelle università.

La situazione è complicata dal più recente insorgere del suprematismo bianco antisemita, che prende di mira gli ebrei negli USA e in Europa, ma al contempo si allea con il sionismo e Israele (questo è il caso di Austria, Polonia, Ucraina, Ungheria, Germania e USA).

L’attuale strategia di Israele è confondere l’antisemitismo dei suprematisti bianchi con l’antisionismo e l’anticolonialismo, sostenendo che quelli che odiano gli ebrei su basi razziali e religiose e quelli che si oppongono al colonialismo e al razzismo sionisti sono la stessa cosa.

Quindi non è un caso che i sostenitori antisemiti di Israele negli USA e in Europa siano anche attualmente i maggiori islamofobi. Le stesse forze europee antisemite che odiavano gli ebrei prima del sionismo, e li amano dopo il sionismo, sono quelle che oggi odiano i musulmani (descritti nella loro maggioranza come antisionisti).

L’accusa di antisemitismo contro i musulmani è già diventata una delle caratteristiche principali, se non una giustificazione, dell’islamofobia in Europa e negli USA.

Liquidare la lotta dei palestinesi

La concezione di Trump secondo cui gli ebrei amano il denaro, che il Paese degli ebrei americani sia Israele e che Benjamin Netanyahu sia “il vostro primo ministro”, è la base del cosiddetto “accordo del secolo” per liquidare la lotta anticolonialista dei palestinesi e imporre la definizione antisemita che coinvolge tutti gli ebrei nel colonialismo sionista.

Il fatto che abbia nominato per occuparsi dell’accordo tre funzionari ebrei sionisti americani, che non hanno alcuna legittimità per rappresentare gli ebrei americani, tra cui suo genero, Jared Kushner; il suo inviato, Jason Greenblatt; il suo ambasciatore, David Friedman, è destinato a convincere ebrei e gentili che ogni ebreo ora accetti e sostenga l’equiparazione antisemita e sionista tra ebrei, sionisti e colonialisti e che ogni opposizione contro questa equiparazione sarà d’ora in avanti legalmente considerata antisemita.

L’“accordo del secolo” è essenzialmente un patto per imporre questa definizione antisemita al mondo come l’essenza del filosemitismo, suggerendo che ogni difesa del popolo palestinese e dei suoi diritti è l’essenza dell’antisemitismo.

Tuttavia l’ondata che oggi si oppone al sionismo, al razzismo e al colonialismo israeliani è diventata troppo grande per essere contenuta da queste politiche repressive e antisemite.

Il fatto che oggi così tanti ebrei e non ebrei in tutto il mondo, soprattutto nel movimento BDS e in movimenti come “Jewish Voice for Peace” [organizzazione di ebrei americani antisionisti, ndtr.], insistano che gli ebrei non dovrebbero essere definiti sionisti, per non dire colonialisti, ha efficacemente contestato il nuovo consenso antisemita per il coinvolgimento di tutti gli ebrei nelle politiche colonialiste di Israele.

Le recenti leggi in Europa e negli USA, che coinvolgono tutti gli ebrei nei crimini israeliani, sono la prova più evidente di questo fallimento.

Le opinioni espresse in questo articolo sono dell’autore e non riflettono necessariamente la politica editoriale di Middle East Eye.

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)




A proposito di semiti e antisemiti, sionisti e antisionisti

Shlomo Sand

28 febbraio 2019, Investig’action

Se qualsiasi discorso antiebraico nel mondo continua a preoccuparmi, avverto una certa repulsione contro il diluvio di ipocrisia e manipolazione orchestrata da tutti quelli che ora vogliono incriminare chiunque critichi il sionismo.

Sebbene residente in Israele, “Stato del popolo ebraico”, ho seguito da vicino il dibattito in Francia su antisemitismo e antisionismo. Se qualsiasi discorso antiebraico nel mondo continua a preoccuparmi, avverto una certa repulsione contro il diluvio di ipocrisia e manipolazione orchestrata da tutti quelli che ora vogliono incriminare chiunque critichi il sionismo.

Iniziamo con i problemi di definizione. Già da molto tempo mi sento a disagio, non solo per la recente formula in voga: “civiltà giudaico-cristiana”, ma anche davanti all’uso tradizionale del vocabolo “antisemitismo”. Questo termine, come sappiamo, è stato inventato nella seconda metà del 19° secolo da Wilhelm Marr, nazional-populista tedesco che detestava gli ebrei. Nello spirito di quel tempo, coloro che usavano quel termine avevano come presupposto fondamentale l’esistenza di una gerarchia di razze in cima alla quale si trova l’uomo bianco europeo, mentre la razza semita occupa un rango inferiore. Uno dei fondatori della “scienza della razza” fu, come sappiamo, il francese Arthur Gobineau.

Ai nostri giorni, la Storia un pochino più seria non conosce altro che delle lingue semitiche (l’aramaico, l’ebraico e l’arabo, che si sono diffuse nel Vicino Oriente), mentre, al contrario, non conosce nessuna razza semitica. Sapendo che gli ebrei d’Europa non parlavano correntemente l’ebraico, che era utilizzato solo per la preghiera (come i cristiani usavano il latino), è difficile considerarli come semiti.

Bisogna forse ricordare che il moderno odio razziale contro gli ebrei è, soprattutto, un’eredità delle chiese cristiane? Dal quarto secolo, il cristianesimo si è rifiutato considerare l’ebraismo come una religione legittima concorrente, e da lì, ha creato il famoso mito dell’esilio: gli ebrei sono stati esiliati dalla Palestina per avere partecipato all’omicidio del figlio di Dio – pertanto, è opportuno umiliarli per dimostrare la loro inferiorità. Ma occorre sapere che non c’è mai stato un esilio degli ebrei di Palestina, e, fino ad oggi, non troveremo alcun testo di ricerca storica sul tema!

Personalmente, faccio parte di quella scuola di pensiero tradizionale che rifiuta di vedere gli ebrei come un popolo-razza estraneo all’Europa. Già nel 19° secolo, Ernest Renan, dopo essersi liberato del suo razzismo, aveva affermato che: “L’ebreo delle Gallie … era, molto spesso, solo un gallo che professava la religione israelita.” Lo storico Marc Bloch ha specificato che gli ebrei sono: “Un gruppo di credenti reclutati precedentemente in tutto il mondo mediterraneo, turco-cazaro e slavo”. E Raymond Aron aggiunge: “I cosiddetti ebrei, per la maggior parte, non sono biologicamente dei discendenti delle tribù semitiche …”. La giudeofobia, tuttavia, si è sempre ostinata a vedere gli ebrei non come un’importante fede, ma come una nazione straniera.

Il lento declino del cristianesimo come credo egemonico in Europa, purtroppo non è stato accompagnato da un declino della forte tradizione giudeofobica. I nuovi “laici” hanno trasformato l’odio e la paura ancestrale in moderne ideologie “razionaliste”. Possiamo quindi trovare pregiudizi sugli ebrei e sull’ebraismo non solo in Shakespeare o Voltaire, ma anche in Hegel e Marx. Il nodo gordiano tra ebrei, ebraismo e denaro sembrava ovvio tra le élite istruite. Il fatto che la stragrande maggioranza dei milioni di ebrei nell’Europa orientale abbiano sofferto di fame e vissuto in povertà non ha avuto assolutamente alcun effetto su Charles Dickens, Fiodor Dostoevskij, né su una larga parte della sinistra europea. Nella Francia moderna la giudeofobia ha conosciuto bei giorni non solo con Alphonse Toussenel, Maurice Barrès e Edouard Drumont, ma anche con Charles Fourier, Pierre-Joseph Proudhon e anche, per un certo tempo, con Jean Jaures e Georges Sorel.

Con il processo di democratizzazione la giudeofobia ha costituito un elemento immanente tra i pregiudizi delle masse europee: l’affair Dreyfus si è dimostrato un evento “emblematico”, in attesa di essere superato, e di gran lunga, dallo sterminio di ebrei durante la seconda guerra mondiale. È tra questi due avvenimenti storici che il sionismo è nato come idea e movimento.

Va ricordato, tuttavia, che fino alla seconda guerra mondiale, la stragrande maggioranza degli ebrei e dei loro discendenti laici erano antisionisti. Non c’era solo l’ortodossia, forte e organizzata, ad indignarsi all’idea di accorciare i tempi della redenzione emigrando in Terra Santa; anche le correnti religiose più moderniste (riformatori o conservatori) erano fortemente contrarie al sionismo. Il Bund, partito laico dell’Impero russo e poi della Polonia indipendente in cui la maggior parte dei socialisti era di madre lingua yddish, considerava i sionisti come alleati naturali dei giudeofobi. I comunisti di origine ebraica non perdevano occasione di condannare il sionismo come complice del colonialismo britannico.

Dopo lo sterminio degli ebrei d’Europa, i sopravvissuti che non erano riusciti a trovare in tempo rifugio nell’America del Nord, o nell’URSS, addolcirono la loro relazione ostile al sionismo, anche perché la maggior parte dei paesi occidentali e del mondo comunista avevano riconosciuto lo stato di Israele. Il fatto che la creazione di questo stato sia stata effettuata nel 1948 a spese della popolazione araba indigena non disturbò granché. L’ondata della decolonizzazione era ancora agli inizi e non era un dato da prendere in considerazione. Israele fu quindi percepito come uno stato-rifugio per gli ebrei erranti, senza ricovero né focolare.

Il fatto che il sionismo non sia riuscito a salvare gli ebrei d’Europa e che i sopravvissuti desiderassero emigrare in America, e nonostante la percezione del sionismo come un’impresa coloniale nel pieno senso del termine, non altera un dato significativo: la diagnosi sionista riguardante il pericolo che incombeva sulla vita degli ebrei nella civiltà europea del ventesimo secolo (non affatto giudeo-cristiana!), si era rivelata corretta. Theodore Herzl, il pensatore dell’idea sionista, aveva, meglio dei liberali e dei marxisti, compreso i giudeofobi del suo tempo.

Ciò non giustifica, tuttavia, la definizione sionista secondo cui gli ebrei formano un popolo-razza. Né giustifica la visione dei sionisti che la Terra Santa è la patria nazionale sulla quale avrebbero diritti storici. I sionisti hanno tuttavia creato un fatto politico compiuto e qualsiasi tentativo di cancellarlo si tradurrebbe in nuove tragedie di cui sarebbero vittime le due popolazioni che ne sono risultate: israeliana e palestinese.

Allo stesso tempo bisogna ricordarsi e ricordarlo: se non tutti i sionisti rivendicano la continuazione del dominio sui territori conquistati nel 1967, e se molti di loro non si sentono a proprio agio con il regime di apartheid che Israele vi esercita da 52 anni, tutti quelli che si definiscono sionisti continuano a vedere in Israele, almeno nei suoi confini del 1967, lo stato degli ebrei del mondo intero e non una Repubblica per tutti gli israeliani, un quarto dei quali non sono considerati ebrei, di cui il 21% sono arabi.

Se una democrazia è fondamentalmente uno stato che aspira al benessere di tutti i suoi cittadini, di tutti i suoi contribuenti, di tutti i bambini che vi nascono, Israele, al di là del pluralismo politico esistente, è, in realtà, una vera e propria etnocrazia come erano la Polonia, l’Ungheria e altri stati dell’Europa orientale, prima della seconda guerra mondiale.

Il tentativo del presidente francese Emmanuel Macron e del suo partito di criminalizzare oggi l’anti-sionismo come una forma di antisemitismo mostra di essere una manovra cinica e manipolatoria. Se l’antisionismo diventa un crimine, mi sento di raccomandare a Emmanuel Macron di far condannare con effetto retroattivo, il bundista Marek Edelman, che fu uno dei leader del ghetto di Varsavia e totalmente anti-sionista. Si potrebbe anche inviare a processo i comunisti anti-sionisti che, piuttosto che emigrare in Palestina, scelsero di combattere, armi in pugno, contro il nazismo, cosa che ha loro conquistato un posto sul “manifesto rosso” [stampato dai nazisti contro gruppi della resistenza antinazista in Francia composti da persone senza cittadinanza francese, ndt.].

Se intende essere coerente nella condanna retroattiva di tutti i critici del sionismo, Emmanuel Macron dovrà aggiungere la mia insegnante Madeleine Rebérioux, che ha presieduto la Lega dei diritti umani, l’altro mio insegnante e amico Pierre Vidal-Naquet e, naturalmente, anche Eric Hobsbawm, Edward Saïd e molte altre eminenti figure, ora scomparse, ma i cui scritti sono ancora autorevoli.

Se Emmanuel Macron desidera attenersi a una legge che reprime gli anti-sionisti ancora viventi, la cosiddetta futura legge dovrà applicarsi anche agli ebrei ortodossi di Parigi e New York che rifiutano il sionismo, a Naomi Klein, Judith Butler, Noam Chomsky e molti altri umanisti universalisti, in Francia e in Europa, che si autoidentificano come ebrei pur dichiarandosi anti-sionisti.

Si troveranno, naturalmente, molti idioti antisionisti e giudeofobi, come non mancano dei pro-sionisti imbecilli, pure giudeofobi, ad augurare che gli ebrei lascino la Francia e emigrino nello Stato di Israele. Li includerà in questa grande impennata giudiziaria? Stia attento, signor Presidente, a non lasciarsi trascinare in questo ciclo infernale, proprio quando la popolarità è in declino!

Per concludere, non penso ci sia un aumento significativo dell’antigiudaismo in Francia. Questo è sempre esistito, e temo, purtroppo, che abbia davanti a sé ancora giorni buoni. Non ho dubbi, tuttavia, che uno dei fattori che gli impedisce di regredire, in particolare in alcuni quartieri in cui vivono persone immigrate, è precisamente la politica praticata da Israele contro dei palestinesi: quelli che vivono come cittadini di seconda classe all’interno dello “stato ebraico” e quelli che, da 52 anni, subiscono un’occupazione militare e una colonizzazione brutali.

Facendo parte di coloro che protestano contro questa tragica situazione, sostengo con tutte le mie forze il riconoscimento del diritto all’autodeterminazione dei palestinesi e sono favorevole alla “desionizzazione” dello Stato di Israele. Dovrò, in questo caso, temere che la mia prossima visita in Francia mi porti davanti a un tribunale?

 

Traduzione: Simonetta Lambertini – invictapalestina.org