Rapporto OCHA del periodo 27 luglio – 9 agosto 2021

Le forze israeliane hanno sparato ed hanno ucciso quattro palestinesi, tra cui un 11enne

[seguono dettagli]. Il 27 luglio, un palestinese è stato ucciso a Beita, mentre non c’erano scontri in corso. Secondo l’esercito israeliano, l’uomo stava camminando in direzione dei soldati tenendo in mano una spranga di ferro e non si era fermato dopo i colpi di “avvertimento” sparati dai soldati. Fonti palestinesi riferiscono che l’uomo era un dipendente comunale che stava riparando la rete idrica e che la spranga di ferro era, in realtà, una chiave inglese. Il giorno dopo, un ragazzo di undici anni è stato ucciso a Beit Ummar. Era su un’auto che si stava allontanando lentamente dai soldati quando alcuni di loro hanno iniziato a rincorrere il veicolo sparando. Secondo l’esercito israeliano, l’uomo alla guida non aveva rispettato l’alt e i soldati hanno preso di mira le ruote. Al suo funerale, tenutosi il 29 luglio, in segno di protesta per la sua uccisione, i palestinesi hanno lanciato pietre e le forze israeliane hanno aperto il fuoco, uccidendo un altro palestinese. Allo stesso modo, il 6 agosto, a Beita, durante una manifestazione, palestinesi hanno lanciato pietre contro le forze israeliane, che hanno sparato proiettili veri, proiettili di gomma e lacrimogeni, uccidendo ancora un altro palestinese. In Cisgiordania, da inizio anno ad oggi, sono stati uccisi dalle forze israeliane un totale di 50 palestinesi; tutti con proiettili veri.

In Cisgiordania, complessivamente, le forze israeliane hanno ferito 764 palestinesi [seguono dettagli]. La maggior parte dei feriti è stata colpita durante manifestazioni nel corso delle quali i palestinesi hanno lanciato pietre contro soldati israeliani, che hanno sparato proiettili veri, proiettili di gomma e gas lacrimogeni. Del totale dei feriti [764], 586 persone sono rimaste ferite a Beita, durante le proteste contro gli insediamenti [colonici israeliani] e 10 a Beit Dajan (entrambi in Nablus). Altri 107 sono rimasti feriti durante le proteste ai funerali del ragazzo undicenne ucciso a Beit Ummar, mentre 53 palestinesi sono rimasti feriti durante proteste contro le demolizioni nel villaggio di Sa’ir (Hebron). Una donna che, secondo l’esercito israeliano, ha tentato di accoltellare un soldato, è stata uccisa al checkpoint di Huwwara (Nablus). Del totale di feriti, 16 sono stati colpiti con proiettili veri, 141 con proiettili di gomma e i rimanenti sono stati curati principalmente per inalazione di gas lacrimogeno. Oltre ai 764 feriti direttamente dalle forze israeliane, 95 sono rimasti feriti a Beita mentre fuggivano dalle forze israeliane o in circostanze che non hanno potuto essere verificate.

In Cisgiordania le forze israeliane hanno effettuato 92 operazioni di ricerca-arresto ed hanno arrestato 115 palestinesi, tra cui 11 minori. La maggior parte delle operazioni è stata svolta nel governatorato di Gerusalemme (30) e nel governatorato di Hebron (17).

Il 6 agosto, gruppi armati palestinesi di Gaza hanno lanciato palloni incendiari che, secondo i media israeliani, hanno provocato quattro incendi in Israele. Il 7 agosto, le forze aeree israeliane hanno effettuato attacchi aerei su Gaza, a quanto riferito, prendendo di mira basi militari.

Ancora a Gaza, vicino alla recinzione perimetrale e al largo della costa, in almeno dieci occasioni, le forze israeliane hanno aperto il fuoco di avvertimento, presumibilmente per far rispettare le restrizioni di accesso [imposte ai palestinesi]. In un caso, le forze navali israeliane hanno trattenuto due pescatori per sei ore e hanno sequestrato la loro barca, successivamente restituita. Almeno due volte, bulldozer militari israeliani hanno condotto operazioni di spianatura del terreno all’interno di Gaza, vicino alla recinzione perimetrale.

In Cisgiordania, a causa della mancanza di permessi di costruzione rilasciati da Israele, le autorità israeliane hanno demolito, sequestrato o costretto a autodemolire 57 strutture di proprietà palestinese, sfollando 97 persone, tra cui 67 minori, ed incidendo sui mezzi di sussistenza di altre 240 [seguono dettagli]. Di queste [57] strutture, 17 sono state sequestrate nella Comunità beduina di Ibziq, nella Valle del Giordano, provocando lo sfollamento di 27 [delle 97] persone, tra cui 19 [dei 67] minori. Altre 28 persone, tra cui 21 minori, sono state sfollate a seguito della demolizione, da parte delle autorità israeliane, di sei strutture in Al Mu’arrajat Centro (Ramallah). A Gerusalemme Est sono state demolite dodici strutture, di cui cinque di sussistenza, nel quartiere di Dahiyet al Bareed.

In Cisgiordania, coloni israeliani, o ritenuti tali, hanno vandalizzato almeno 40 alberi di proprietà palestinese e cinque veicoli. Gli alberi sono stati danneggiati ad Ar Rakeez (Hebron) e Al Jab’a (Betlemme), e i veicoli a Sarra (Nablus), Kafr Ra’i (Jenin) e Tayasir (Tubas).

Palestinesi, o persone ritenute tali, hanno lanciato pietre e ferito tre coloni israeliani. Inoltre, secondo fonti israeliane, il lancio di pietre ha danneggiato almeno 11 auto con targa israeliana.

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Ultimi sviluppi (successivi al periodo di riferimento)

L’11 agosto, un palestinese è morto per le ferite riportate il 3 agosto, a Jenin, dove era stato colpito dalle forze israeliane durante un’operazione di ricerca-arresto. Secondo fonti locali, i palestinesi avevano impiegato proiettili veri, avevano lanciato pietre e ordigni esplosivi, e le forze israeliane avevano sparato proiettili veri e gas lacrimogeni, colpendo e ferendo almeno sei palestinesi, compreso quello che è poi morto per le ferite riportate.

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nota 1:

I Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati ogni due settimane in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informa-zioni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati.

sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina: https://www.ochaopt.org/reports/protection-of-civilians

L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano l’edizione inglese dei Rapporti.

nota 2: Nella versione italiana non sono riprodotti i dati statistici ed i grafici. Le scritte [in corsivo tra parentesi quadre]

sono talvolta aggiunte dai traduttori per meglio esplicitare situazioni e contesti che gli estensori dei Rapporti

a volte sottintendono, considerandoli già noti ai lettori abituali.

nota 3: In caso di discrepanze (tra il testo dei Report e la traduzione italiana), fa testo il Report originale in lingua inglese.

Associazione per la pace – Via S. Allende, 5 – 10098 Rivoli TO; e-mail: assopacerivoli@yahoo.it




Quanti palestinesi morti sono troppi?

Zvi Bar’el

10 agosto 2021 – Haaretz

Secondo un articolo di Yaniv Kubovich su Haaretz di martedì, “il capo di stato maggiore [israeliano] Aviv Kochavi ha chiesto agli alti gradi del Comando Centrale [uno dei quattro comandi regionali, stanziato in Cisgiordania, ndtr.] di intervenire per ridurre i casi di uso di armi da fuoco contro palestinesi in Cisgiordania”. Presumibilmente non ci potrebbe essere una smentita più clamorosa delle affermazioni del giornalista Gideon Levy riguardo a Kochavi, secondo le quali “il comandante di un esercito che non abbia niente da dire riguardo a queste metodiche uccisioni contribuisce ancor di più alla degenerazione dell’esercito.”

Qui c’è un capo di stato maggiore che dedica attenzione ai sentimenti della gente, che comprende che gli omicidi perpetrati in suo nome in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza non vengono accolti facilmente dall’opinione pubblica, anche se solo da una piccola parte di essa. Si erge come un leone per porre fine al crimine e “chiede” ai suoi ufficiali superiori di tenere sotto controllo i comportamenti indisciplinati.

Non fa assolutamente nessuna differenza se Kochavi sia rimasto impressionato oppure no da quello che è stato scritto sui media o dalle critiche della “dirigenza politica” e dell’establishment della difesa riguardo alla condotta del capo del comando centrale Tamir Yadai, secondo le quali gli ufficiali del Comando Centrale hanno operato in modo suscettibile di incendiare la Cisgiordania.

Quello che è importante è come mettere in pratica sul terreno la richiesta di Kochavi. Quanti palestinesi innocenti ci viene permesso di uccidere prima che ciò inneschi un incendio? Ogni brigata o compagnia riceverà una quota mensile o annuale di morti che non dovrà essere superata?

Possiamo già sentire le grida di dolore dei dirigenti dei coloni secondo cui il capo di stato maggiore non permette alle IDF [l’esercito israeliano, ndtr.] di vincere. Possono smettere di preoccuparsi, Kochavi chiede solo di abbassare il fuoco, non di spegnerlo. Lo ha chiesto solo agli ufficiali delle IDF, non a loro. I coloni non sono affatto sottoposti a lui, e le loro armi, comprese quelle dei soldati che essi a volte usano, sono libere da ogni restrizione.

La cosa realmente sorprendente è la richiesta di Kochavi di coinvolgere un maggior numero di ufficiali superiori sul terreno e di fare in modo che più decisioni siano prese dai gradi più alti. Ecco il dilemma: chi sono questi ufficiali superiori che saranno considerati responsabili? Nell’operazione “Margine protettivo”, la guerra a Gaza del 2014, quando comandava la brigata Givati il tenente colonnello Ofer Winter spiegò ai suoi soldati che “la storia ci ha scelti per essere l’avanguardia nella lotta contro i nemici terroristi di Gaza, che insultano e scherniscono il dio delle campagne di Israele.”

Oggi il generale di brigata Winter comanda l’Utzbat Ha’esh, una divisione d’élite dei paracadutisti sottoposta al Comando Centrale, che è guidata dal generale Yadai, l’ufficiale più alto in grado responsabile del fuoco mortale contro i palestinesi. Lo “spirito di comando” di Winter è cambiato da allora? E perché dovrebbe cambiare, quando lo stesso ministro della Difesa Benny Gantz indossa sul bavero della divisa la medaglia per l’uccisione in massa di cui è stato responsabile, come capo di stato maggiore delle IDF, durante quella stessa campagna?

Questo mese si è scoperto che lo stesso spirito è rimasto in vigore nelle campagne che sono seguite. Nell’operazione “Guardiano delle mura” uno dei bombardamenti delle IDF contro Gaza ha colpito delle strutture precarie nei pressi di Beit Lahia. Sei persone sono state uccise: un neonato di 9 mesi, una diciassettenne, tre donne e un uomo. Le IDF si sono premurate di nascondere l’incidente, e la sua risposta banale ha dimostrato quanto profonda sia la loro indifferenza.

Le IDF hanno imparato la lezione e l’hanno insegnata all’unità combattente, ha borbottato il portavoce delle IDF. Nessun ufficiale superiore ha perso il posto. È stato solo a quella stessa unità che è stata impartita la lezione o il messaggio è stato inviato anche ad altre unità, e soprattutto agli ufficiali superiori del Comando Centrale? Sono questi i pompieri che d’ora in avanti controlleranno l’“altezza delle fiamme”? E chi ha alimentato le fiamme finora?

Da maggio in Cisgiordania sono stati uccisi oltre 40 palestinesi. Ora quello che ci manca è che il portavoce delle IDF presenti con orgoglio il suo risultato come prova che “la lezione è stata appresa”. Senza questo, potrebbe sostenere, sarebbero stati uccisi 80, o forse 100, palestinesi.

Questo non è più solo lo “spirito del comandante”, una cosa che dipende dalla personalità e dai valori di un comandante dell’esercito o del capo di un comando regionale. Al contrario qui vediamo una cultura di occupazione militare che non cambia per un qualche ordine. Ormai è una questione di tradizione operativa.

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)




Israele combatte contro i suoi figli migliori: gli ex soldati che hanno il coraggio di parlare

Zehava Galon

1 agosto 2021 – Haaretz

L’Agenzia delle Entrate si è arresa alla pressione da parte delle organizzazioni di destra e ha chiesto che venissero tolti dal proprio edificio i cartelli messi da Breaking the Silence [‘Rompere il silenzio’ – organizzazione non governativa israeliana fondata nel 2004 da militari contrari all’occupazione, ndtr.] per una campagna con cui chiedeva al ministro della Difesa e al ministro della Pubblica Sicurezza di agire in modo deciso contro la violenza dei coloni. Tale violenza è un evento quotidiano e il suo obiettivo è il terrore, in modo da espellere i palestinesi dalle proprie terre con la forza combinata dei coloni e dell’esercito e convincerli che non c’è motivo di ritornarvi. Se i palestinesi non coltivano la terra per parecchi anni, il governo la passerà ai coloni. E ora un altro ramo del governo si è unito ai teppisti mascherati di Yesha [l’alleanza dei comuni delle colonie illegali israeliane nella Cisgiordania occupata, che funge da guida informale per il movimento dei coloni. ndtr.] (Giudea e Samaria).

Qualche parola sui soliti sospetti: il rapper Yoav Eliasi, alias The Shadow [l’Ombra], è un noto teppista, coinvolto nel 2014 nell’organizzazione di attacchi contro attivisti di sinistra durante l’operazione “Margine Protettivo” contro Gaza. Arieh King, vicesindaco di Gerusalemme, diventò famoso nel 2014 quando, dopo l’assassinio di tre giovani studenti della yeshiva [scuola religiosa ortodossa ebraica, ndtr.], aveva invocato “i nostri Fineas” [un’allusione al personaggio biblico noto per il suo fanatismo, ndtr.] per punire i palestinesi, poche ore prima che tre persone autoproclamatesi fineasisti’ rapissero e uccidessero dandogli fuoco un quindicenne, Mohammed Abu Khdeir. C’è poi un attivista di destra, Shai Glick, che orgogliosamente si fa chiamare “una specie di terrorista.” Queste tre perle sono oggi la faccia dello Stato di Israele.

La decisione gli si è ritorta contro: l’Agenzia delle Entrate non aveva alcuna autorità legale di rimuovere i cartelli. E così sono stati tolti l’ultimo giorno della campagna e l’organizzazione Breaking the Silence è stata rimborsata dell’intera somma spesa per la campagna che continuerà. È comunque una giornata funesta quella in cui un’autorità ufficiale in Israele dichiara che la battaglia contro il crimine ideologico è un “atto politico”.

Lo Stato di Israele sta combattendo in modo determinato contro i suoi figli migliori, i soldati che hanno prestato servizio nei territori, ma che, diversamente dalla maggioranza dei loro colleghi, sono rimasti così scioccati da quello che hanno visto e che sono stati costretti a fare che hanno deciso che nessuno avrebbe più dovuto farlo. Hanno denunciato il regime quotidiano di orrori della dittatura militare nei territori, non tanto gli omicidi, che sono relativamente rari, ma piuttosto la sistematica, silenziosa, tacita violenza. Fino a quando non hanno rotto il silenzio.

E a causa di questo sono perseguitati. Attivisti dell’organizzazione sono stati attaccati ripetutamente. Il regime di occupazione israeliano protesta e sostiene che stanno raccontando al mondo quello che hanno visto, come se non fosse il mondo che finanzia le Forze di Difesa Israeliane [l’esercito israeliano, ndtr.] e sostiene il regime di occupazione. Contro di loro è stata approvata una legge con lo scopo di impedire loro di parlare agli studenti.

Anche questa, come la battaglia per la rimozione dei cartelli, gli si è rivoltata contro. Eppure, appellandosi a questa legge, la galleria Barbur [centro culturale e artistico indipendente, ndtr.] a Gerusalemme che ospitava Breaking the Silence, è stata chiusa dal Comune. Shai Glick si è vantato di aver messo in guardia la polizia sulla violenza prevista agli eventi dell’organizzazione, il che ha offerto alla polizia la scusa per annullarli.

Gli ebrei sono sempre stati in prima linea nelle lotte per i diritti umani, ovunque e contro ogni regime oppressivo. I rabbini hanno marciato accanto a Martin Luther King quando era molto pericoloso farlo perché i suoi sostenitori finivano ammazzati. E qui, proprio nello Stato degli ebrei, si butta nel cestino questa straordinaria tradizione. Lo Stato ebraico vuole così disperatamente la terra dell’Area C in Cisgiordania che si mette alla testa di chi cerca di far arretrare la rivoluzione dei diritti umani cominciata dopo la Seconda Guerra Mondiale.

Come se non avessimo imparato nulla dal periodo in cui i regimi potevano trattare i propri cittadini come pareva loro. Verrà il giorno in cui quelli di Breaking the Silence saranno degli eroi e tutta la comunità che incoraggiava attacchi contro di loro abbasserà lo sguardo. Ma come ci libereremo dalla vergogna?

(traduzione dall’inglese Mirella Alessio)




Rapporto OCHA del periodo 13 -26 luglio 2021

Durante il periodo di riferimento sono morti due palestinesi, tra cui un ragazzo, colpiti dalle forze israeliane [seguono dettagli]

Forze israeliane sono entrate in An Nabi Salih (Ramallah) per eseguire un’operazione di arresto e, quando i residenti palestinesi hanno lanciato loro pietre, i soldati hanno sparato proiettili veri e lacrimogeni. Durante questo scontro a fuoco, le forze israeliane hanno ucciso un ragazzo di 17 anni che, secondo i militari, stava lanciando pietre mettendo in pericolo la vita dei soldati. Secondo fonti palestinesi, gli hanno sparato alla schiena. Il 26 luglio, un palestinese è morto per le ferite riportate il 14 maggio a Sinjil (Ramallah), quando venne colpito dalle forze israeliane durante scontri tra palestinesi e forze israeliane.

In Cisgiordania, complessivamente le forze israeliane hanno ferito 615 palestinesi, inclusi 24 minori, il più piccolo dei quali ha tre mesi [seguono dettagli]. 588 [dei 615] sono rimasti feriti a Beita (Nablus), durante proteste contro gli insediamenti [colonici israeliani]. Durante tali proteste anche due soldati israeliani sono stati colpiti e feriti da pietre, a quanto riferito, lanciate da palestinesi. Tredici minori palestinesi sono rimasti feriti A Ein al Hilwa, nella Valle del Giordano; in questo caso, coloni israeliani avevano cercato di sottrarre una serbatoio d’acqua, innescando scontri tra residenti palestinesi e forze israeliane. I rimanenti [dei 615] sono stati feriti in altre località. Del totale di feriti palestinesi, 44 sono stati colpiti con proiettili veri, 140 con proiettili di gomma; i rimanenti sono stati curati principalmente per inalazione di gas lacrimogeni o per lesioni conseguenti ad aggressioni fisiche. Oltre ai 615 [palestinesi] feriti direttamente dalle forze israeliane, 69 sono rimasti feriti a Beita e Osarin mentre scappavano dalle forze israeliane, o in circostanze non verificabili.

In Cisgiordania le forze israeliane hanno effettuato 91 operazioni di ricerca-arresto ed hanno arrestato 158 palestinesi [seguono dettagli]. Circa 45 studenti universitari sono stati arrestati a Turmus’ayya (Ramallah) durante una protesta contro le “demolizioni punitive”; altri 20 sono stati arrestati nella Città Vecchia di Gerusalemme, durante scontri con le forze israeliane, conseguenti all’ingresso di oltre 1.600 israeliani nel complesso di Haram Al Sharif / Monte del Tempio; i restanti sono stati arrestati in Cisgiordania in circostanze diverse.

Il 25 luglio, da Gaza, gruppi armati palestinesi hanno lanciato palloni incendiari, innescando incendi in Israele. In risposta, l’aviazione israeliana ha effettuato attacchi aerei su Gaza, a quanto riferito prendendo di mira basi militari. Secondo i media israeliani, durante tali attacchi aerei, raffiche di mitragliatrice provenienti da Gaza avrebbero preso di mira gli aerei militari, colpendo e danneggiando leggermente una struttura nel sud di Israele. In conseguenza di ciò, le autorità israeliane hanno ridotto, da 12 a 6 miglia nautiche, la zona di pesca consentita [ai palestinesi] lungo la costa meridionale di Gaza.

Il 22 luglio, nella città di Gaza, un palestinese è morto e altri 14, tra cui sei minori, sono rimasti feriti a seguito dell’esplosione verificatasi in un edificio. La struttura a tre piani è crollata e diverse case e negozi vicini hanno subito danni. Alcune fonti hanno ipotizzato che l’esplosione sia stata causata da esplosivi immagazzinati nell’edificio.

Sempre a Gaza, vicino alla recinzione perimetrale e al largo della costa, in almeno nove occasioni, le forze israeliane hanno aperto il fuoco di avvertimento, verosimilmente per far rispettare le restrizioni di accesso [imposte ai palestinesi]. Almeno due volte [le forze israeliane] hanno anche svolto operazioni di spianatura del terreno all’interno di Gaza, a ridosso della recinzione perimetrale.

In Cisgiordania, per mancanza di permessi di costruzione rilasciati da Israele, le autorità israeliane hanno demolito, sequestrato o hanno costretto i proprietari ad autodemolire un totale di 59 strutture di proprietà palestinese, sfollando 96 persone e creando ripercussioni su 550 [seguono dettagli]. La maggior parte delle strutture (49) e degli sfollati (84) erano in Area C, nella Comunità beduina di Ras al Tin (Ramallah); in particolare, a Furush Beit Dajan (Nablus), la demolizione di un serbatoio idrico agricolo (oggetto di una donazione) ha compromesso l’accesso all’acqua di oltre 500 persone.

Nel governatorato di Hebron, in episodi separati, coloni israeliani hanno fisicamente aggredito e ferito tre palestinesi. Inoltre, in Cisgiordania, coloni israeliani noti, o ritenuti tali, hanno danneggiato almeno 200 alberi o alberelli e altre proprietà palestinesi.

Palestinesi, lanciando pietre, hanno ferito almeno quattro coloni israeliani in transito a Gerusalemme Est, tra cui un bambino di un anno. Secondo fonti israeliane, sono state danneggiate almeno 16 auto israeliane.

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Ultimi sviluppi (successivi al periodo di riferimento)

Il 28 luglio, all’ingresso di Beit Ummar (Hebron), le forze israeliane hanno sparato, uccidendo un ragazzo palestinese 11enne che si trovava in auto con suo padre. Secondo l’esercito israeliano, i soldati avevano ordinato all’autista di fermarsi e, non avendo questi fermato il veicolo, hanno sparato contro l’auto, mirando alle ruote. Il 29 luglio, al funerale del ragazzo, durante il quale i palestinesi hanno lanciato pietre in segno di protesta, i soldati delle forze israeliane hanno sparato proiettili veri, proiettili di gomma e lacrimogeni, colpendo ed uccidendo un palestinese.

Il 27 luglio, all’ingresso di Beita (Nablus), le forze israeliane hanno ucciso un palestinese di 41 anni. Secondo i militari, l’uomo stava procedendo in direzione dei soldati impugnando una spranga di ferro e, nonostante gli spari di avvertimento, ha continuato ad avanzare. In quel momento non erano in corso scontri.




Due adolescenti palestinesi uccisi da Israele fanno salire a 77 il numero delle giovani vittime nel 2021

Yumna Patel

26 luglio 2021 – Mondoweiss

Le uccisioni di Muhammad Munir al-Tamimi e Yousef Nawaf Mhareb portano a 11 il bilancio dei giovani palestinesi uccisi dal fuoco israeliano in Cisgiordania dal gennaio 2021.

Due adolescenti palestinesi sono stati uccisi dal fuoco israeliano nell’arco di soli pochi giorni nella Cisgiordania occupata, portando il totale dei giovani palestinesi uccisi da Israele nel 2021 a 77.

Lunedì il diciassettenne Yousef Nawaf Mhareb, abitante del villaggio di Abwein nella zona di Ramallah, è morto in seguito alle ferite subite due mesi prima, quando era stato colpito al collo dalle forze israeliane.

Secondo WAFA, l’agenzia di notizie ufficiale dell’ANP (Autorità Nazionale Palestinese), Mhareb è stato in terapia intensiva per 74 giorni prima di morire lunedì per le ferite. Secondo le informazioni dei media arabi, è stato colpito dalle forze israeliane durante le proteste di maggio contro l’aggressione israeliana a Sheikh Jarrah e alla moschea di Al Aqsa – proteste che hanno scatenato le “rivolte unitarie” e l’ultima guerra contro Gaza.

Solo pochi giorni prima le forze israeliane avevano colpito un altro diciassettenne palestinese durante le proteste del venerdì nel villaggio di Nabi Saleh fuori Ramallah.

Secondo ‘Defense for Children International – Palestina’ (DCIP) [organizzazione non governativa indipendente per la protezione dei bambini, ndtr.], le forze israeliane hanno sparato alla schiena di Muhammad Munir al-Tamimi con pallottole vere. Il proiettile è uscito attraverso l’addome, “causando un’ampia lacerazione e facendo fuoruscire gli intestini”, ha affermato la DCIP, aggiungendo che al-Tamimi è stato sottoposto a quattro ore di intervento chirurgico prima di essere trasferito in terapia intensiva.

E’ morto in seguito alle ferite diverse ore dopo e ne è stata dichiarata la morte circa a mezzanotte.

Al-Tamimi, abitante della cittadina limitrofa di Deir Nitham, stava presumibilmente partecipando alle proteste del venerdì a Nabi Saleh, un’iniziativa che si tiene nel villaggio ogni settimana dal 2009, dopo che coloni israeliani della vicina colonia illegale di Halamish presero il controllo della sorgente d’acqua del villaggio.

Le forze israeliane utilizzano abitualmente armi letali durante le proteste a Nabi Saleh, nonostante siano manifestazioni decisamente pacifiche.

La madre di Al-Tamimi ha detto all’Associated Press che le forze israeliane hanno sparato a suo figlio “a bruciapelo”, aggiungendo che c’è un video che mostra un soldato israeliano che apre la porta della jeep militare, uccide suo figlio e se ne va.

Le sue accuse sembrano essere confermate dalle conclusioni della DCIP, che affermano che Al-Tamimi è stato colpito da una distanza di circa 3 metri al massimo da un soldato su una jeep militare.

L’esercito israeliano ha detto a Haaretz [quotidiano israeliano, ndtr.] che i soldati “hanno individuato un palestinese sospetto che stava lanciando pietre e minacciando la vita di uno dei soldati. Il soldato ha applicato le regole d’ingaggio ed ha sparato al sospettato.”

Le forze israeliane uccidono abitualmente in modo illegale minori israeliani impunemente, ricorrendo intenzionalmente ad armi letali in circostanze non giustificate dal diritto internazionale”, ha detto Ayed Abu Eqtaish, direttore del programma di responsabilizzazione della DCIP, in risposta all’uccisione di al-Tamimi.

L’uso eccessivo della forza è la norma e la sistematica impunità garantisce che i minori palestinesi che vivono sotto occupazione israeliana possano essere uccisi in qualunque momento senza che vi siano ricorsi o attribuzioni di responsabilità.”

L’uccisione di al-Tamimi e Mhareb hanno portato a 11 il totale dei giovani palestinesi morti per il fuoco israeliano in Cisgiordania da gennaio. Includendo i 66 minori uccisi durante l’attacco israeliano a Gaza di maggio, il numero totale dei giovani palestinesi uccisi dalle forze israeliane nel 2021 è ad oggi di 77.

Il terzo palestinese ucciso in una settimana

All’inizio della settimana scorsa un uomo palestinese è stato dichiarato morto mentre si trovava sotto custodia israeliana nel centro di detenzione di Moscovia a Gerusalemme est – un centro famigerato tra i palestinesi per le crudeli modalità israeliane di interrogatorio e tortura.

Il 43enne Abd Yusuf al-Khatib al-Tamimi, di Gerusalemme est, è stato trovato morto mercoledì nella sua cella. Secondo il Servizio Carcerario Israeliano (IPS) è stato trovato senza coscienza nella sua cella dagli agenti, che poi hanno tentato inutilmente di rianimarlo.

Secondo Haaretz, al-Tamimi era stato arrestato tre giorni prima dalle forze israeliane per “infrazioni stradali”.

Haaretz ha riferito che l’IPS ha detto che indagherà sulla morte di al-Tamimi, ma ha suggerito che la sua morte potrebbe essere la conseguenza di preesistenti condizioni di salute.

La famiglia di al-Tamimi pare abbia negato che avesse malattie pregresse ed ha rifiutato la versione degli avvenimenti dell’IPS, citando “testimonianze di altri prigionieri, secondo cui al-Tamimi è stato aggredito o sottoposto a pressioni fisiche o mentali”, ha detto Haaretz.

Non sappiamo esattamente come sia morto…ma dei detenuti hanno chiamato i familiari dal carcere e hanno detto loro che era stato picchiato e vi erano state delle grida”, ha detto a Times of Israel Khaldoun Najm, legale della famiglia.

La famiglia pare abbia chiesto che un medico fosse presente all’autopsia di al-Tamimi. I risultati dell’autopsia non sono stati resi pubblici.

Yumna Patel è la corrispondente per la Palestina di Mondoweiss

(Traduzione dall’inglese di Cristiana Cavagna)




Rapporto OCHA del periodo 29 giugno – 12 luglio 2021

Il 3 luglio, coloni israeliani, accompagnati da soldati, sono entrati nel villaggio di Qusra (Nablus), scontrandosi con i residenti palestinesi. Nel corso di tali scontri è stato ucciso un 21enne palestinese:

secondo i militari, l’uomo ha lanciato un ordigno esplosivo e le forze israeliane gli hanno sparato. Coloni israeliani e residenti palestinesi si sono lanciati pietre reciprocamente e, secondo fonti locali, dopo che il 21enne palestinese era stato colpito, alcuni coloni lo hanno percosso. Nel corso di manifestazioni in cui i palestinesi hanno chiesto alle autorità israeliane la restituzione del corpo dell’ucciso, le forze israeliane hanno disperso la folla sparando proiettili veri, proiettili di gomma e gas lacrimogeni: diversi palestinesi hanno subito lesioni.

In Cisgiordania, in scontri, le forze israeliane hanno ferito complessivamente almeno 981 palestinesi, tra cui 133 minori [seguono dettagli]. Del totale dei feriti, 892 sono stati registrati nel governatorato di Nablus, includendo i feriti nei suddetti eventi di Qusra, e quelli collegati alle proteste contro l’espansione degli insediamenti nei villaggi di Beita e Osarin; 19 sono rimasti feriti nei quartieri di Ras al ‘Amud e Silwan a Gerusalemme Est; 13 nel villaggio di Halhul (Hebron) e i rimanenti in altre località. Complessivamente, 36 palestinesi sono stati colpiti da proiettili veri, 214 da proiettili di gomma; i rimanenti sono stati curati principalmente per l’inalazione di gas lacrimogeni o sono stati aggrediti fisicamente. Oltre ai 981 feriti direttamente dalle forze israeliane, 58 sono rimasti feriti a Beita e Osarin cercando di sfuggire alle forze israeliane o in circostanze non verificabili.

In Cisgiordania le forze israeliane hanno effettuato 163 operazioni di ricerca-arresto ed hanno arrestato 134 palestinesi, tra cui sei minori. La maggior parte delle operazioni è avvenuta a Nablus, seguita da Hebron e Gerusalemme Est; le restanti operazioni sono state effettuato in altri governatorati.

Il 4 luglio, nella Città Vecchia di Gerusalemme, le autorità israeliane hanno convocato un bambino palestinese di nove anni per un interrogatorio le cui ragioni restano sconosciute. Da metà aprile, a Gerusalemme Est, sono stati arrestati dalle autorità israeliane almeno 65 minori palestinesi, più della metà dei quali sono stati arrestati nel solo mese di giugno.

A Gaza, palestinesi hanno lanciato palloni incendiari verso Israele e le forze israeliane hanno effettuato quattro attacchi aerei, prendendo di mira siti militari, ferendo due persone e danneggiando case ed una manifattura. Vicino alla recinzione perimetrale e al largo della costa, le forze israeliane hanno aperto il fuoco di avvertimento, in almeno nove occasioni; secondo quanto riferito per far rispettare [ai palestinesi] le restrizioni di accesso [loro imposte]. Hanno anche svolto almeno quattro operazioni di spianatura del terreno vicino alla recinzione perimetrale, all’interno di Gaza.

Il 12 luglio, le autorità israeliane hanno esteso da 9 a 12 miglia nautiche la zona di pesca consentita [ai palestinesi] al largo della costa meridionale di Gaza, mentre l’hanno mantenuta a sei miglia nella parte settentrionale. Lo stesso giorno, le autorità israeliane hanno annunciato l’ampliamento della gamma di merci consentite in entrata e in uscita dalla Striscia di Gaza; le limitazioni erano state imposte dall’inizio del conflitto del 10-21 maggio.

In Cisgiordania, per mancanza di permessi di costruzione rilasciati da Israele, sono state demolite o sequestrate 59 strutture di proprietà palestinese, sfollando 81 persone e determinando ripercussioni su circa altre 1.300 [seguono dettagli]. 30 strutture sono state demolite a Humsa – Al Bqai’a (Valle del Giordano), una clinica mobile è stata confiscata nella Comunità di Umm Qussa (Hebron) e una scuola in costruzione è stata demolita a Shu’fat (Gerusalemme Est). L’8 luglio, nel villaggio di Turmus’ayya (Ramallah), le forze israeliane hanno demolito, con motivazioni punitive, una casa appartenente alla famiglia di un palestinese (con cittadinanza statunitense), che era stato arrestato dopo che, il 2 maggio, aveva ucciso un colono e ferito altri due.

Il 2 luglio 2021, coloni israeliani, sotto scorta della polizia israeliana, si sono trasferiti in un edificio vuoto nella zona di Wadi Hilweh, nel quartiere di Silwan, a Gerusalemme Est. Dall’inizio dell’anno, questo è il secondo insediamento di coloni all’interno di Comunità palestinesi a Gerusalemme Est, ed entrambi in Silwan.

Coloni israeliani hanno ferito nove palestinesi, tra cui quattro minori e due donne, aggredendoli fisicamente, lanciando loro pietre o spruzzando liquido al peperoncino su di loro. Sei dei ferimenti sono avvenuti nella zona H2 di Hebron, due a Maghayir al Abeed, uno a Tuba (tutti in Hebron) e uno a Kisan (Betlemme). In Cisgiordania, autori conosciuti o ritenuti coloni israeliani hanno danneggiato almeno 1.120 alberi o alberelli, almeno cinque veicoli, oltre a pali elettrici, recinzioni ed altre proprietà palestinesi.

Palestinesi hanno ferito, lanciando pietre, almeno tre coloni israeliani che viaggiavano su strade della Cisgiordania. Secondo fonti israeliane, sono state danneggiate almeno 21 auto israeliane.

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Ultimi sviluppi (successivi al periodo di riferimento)

Il 14 luglio, le forze israeliane hanno confiscato almeno 49 strutture nella Comunità palestinese di Ras al Tin, sfollando 84 persone, tra cui 53 minori.

Il 15 luglio, a Humsa – Al Bqai’a, le forze israeliane hanno confiscato una struttura recentemente installata per ospitare una famiglia di otto persone, tra cui sei minori, che aveva già perso la casa in un precedente episodio avvenuto una settimana prima (vedi paragrafo 7 di questo Rapporto).

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Rapporto OCHA del periodo 15 – 28 giugno 2021

In Cisgiordania, in due distinti episodi, le forze israeliane hanno ucciso due palestinesi, un ragazzo e una donna

[seguono dettagli]. Il 16 giugno, durante le ripetute proteste palestinesi contro la creazione di un insediamento [colonico] israeliano vicino a Beita (Nablus), le forze israeliane hanno sparato, uccidendo un 16enne palestinese. A Beita, dall’inizio di maggio (data di avvio dell’insediamento), nel corso di proteste, le forze israeliane hanno ucciso cinque palestinesi. Ancora nella giornata del 16 giugno, vicino ad Hizma (Gerusalemme), è stata uccisa una donna palestinese 29enne che, secondo l’esercito israeliano, avrebbe cercato di investire dei soldati con un veicolo e successivamente avrebbe brandito un coltello.

Il 24 giugno, le forze palestinesi hanno arrestato un attivista politico palestinese [Nizar Banat], critico nei confronti del governo palestinese; poche ore dopo il dissidente è morto, presumibilmente per le lesioni subite durante l’arresto. Le autorità palestinesi hanno avviato un’indagine sulla sua morte. In protesta per l’accaduto, palestinesi hanno manifestato in tutta la Cisgiordania. In alcune di tali proteste le forze palestinesi hanno sparato gas lacrimogeni e granate assordanti ed hanno ferito o arrestato partecipanti ad alcune proteste.

A Gaza un palestinese è morto per le ferite riportate durante il conflitto del 10-21 maggio. Secondo l’Ufficio dell’Alto Commissario per i Diritti Umani (OHCHR), a Gaza, durante la recente guerra sono stati uccisi 260 palestinesi, tra cui 66 minori. È stato accertato che 129 di loro erano civili e 64 erano membri di gruppi armati, mentre lo status dei restanti 67 non è stato determinato.

In Cisgiordania forze israeliane hanno ferito almeno 1.075 palestinesi, tra cui 238 minori [seguono dettagli]. Circa 790 di questi, tra cui 237 minori, sono rimasti feriti durante le suddette proteste a Beita, 78 a Gerusalemme Est, 77 a Kafr Qaddum (Qalqiliya), 74 ad Al Mughayyir (Ramallah) e i rimanenti in altre località. Sei dei feriti sono stati colpiti da proiettili veri e 245, tra cui 47 minori, da proiettili di gomma. Durante le proteste a Beita, almeno 154 palestinesi sono stati feriti mentre fuggivano dalle forze israeliane o in circostanze non verificabili (questi 154 feriti non sono inclusi nei 1.075 sopra menzionati). Il 25 giugno, le forze israeliane hanno sparato ad un palestinese, successivamente arrestato, che, a detta dei militari, stava progettando una aggressione con coltello vicino ad un insediamento israeliano nella Cisgiordania settentrionale; secondo fonti palestinesi, l’uomo soffre di disturbi psichici.

In Cisgiordania le forze israeliane hanno effettuato 144 operazioni di ricerca-arresto ed hanno arrestato 180 palestinesi, tra cui sette minori. Quarantanove delle operazioni si sono svolte a Nablus, 29 ad Hebron e 20 a Gerusalemme, le rimanenti in vari governatorati. Quarantacinque degli arrestati sono di Hebron, i rimanenti di altre località.

In Cisgiordania, per mancanza di permessi di costruzione, le autorità israeliane hanno demolito, sequestrato o costretto i proprietari ad autodemolire 24 strutture palestinesi [seguono dettagli]. Ciò ha causato lo sfollamento di 23 persone, tra cui 11 minori, ed ha creato ripercussioni su più di 1.200 palestinesi. La maggior parte delle persone colpite dai provvedimenti vivono nell’area di Massafer Yatta di Hebron, dove il 23 giugno le autorità israeliane hanno distrutto, per la seconda volta, tre strade e la principale conduttura acquifera che serviva più Comunità; la precedente demolizione era avvenuta il 9 giugno e sia le strade che l’acquedotto erano stati successivamente riparati. Complessivamente, 16 [delle 24 strutture] e 20 [dei 23] sfollati si trovavano in Area C; le rimanenti [otto] strutture ed i 3 sfollati restanti si trovavano in Gerusalemme Est.

Coloni israeliani hanno ferito almeno nove palestinesi, tra cui quattro ragazze [seguono dettagli]. Queste ultime sono state spruzzate con spray al peperoncino nel quartiere di Sheikh Jarrah di Gerusalemme Est; in un altro distinto episodio è accaduta la stessa cosa ad una donna. Ad At Tuwani (Hebron), coloni hanno ferito due donne con pietre, tra cui una disabile di 73 anni. Altri due palestinesi sono stati aggrediti e feriti a Hebron, in episodi separati. Ad Al Mughayyir (Ramallah), in due occasioni, coloni hanno attaccato palestinesi. Le forze israeliane sono intervenute in entrambi i casi, ferendo 74 palestinesi (già conteggiati in un precedente paragrafo riguardante le persone ferite dalle forze israeliane). In molti altri episodi accaduti in Cisgiordania, aggressori noti come coloni israeliani, o ritenuti tali, hanno danneggiato veicoli di proprietà palestinese, oltre duecento alberi, sistemi idrici, strutture agricole, un’officina, apparecchiature elettriche, materiali da costruzione e altre proprietà.

In Cisgiordania, palestinesi noti o ritenuti tali, hanno lanciato pietre ferendo almeno 8 coloni. Secondo fonti israeliane, almeno 49 auto israeliane sarebbero state danneggiate

All’interno della Striscia di Gaza, tra il 15 e il 20 giugno, palestinesi hanno manifestato, vicino alla recinzione perimetrale israeliana, contro le restrizioni in atto; alcuni partecipanti hanno lanciato palloni incendiari verso Israele, causando molteplici incendi. Durante queste proteste le forze israeliane hanno sparato e ferito quattro palestinesi ed hanno effettuato attacchi aerei su Gaza, prendendo di mira siti militari. Vicino alla recinzione perimetrale e al largo della costa, in almeno altre 10 occasioni, le forze israeliane hanno aperto il fuoco di avvertimento, secondo quanto riferito, per far rispettare ai palestinesi le restrizioni di accesso [loro imposte], ed hanno svolto due operazioni di spianatura del terreno all’interno di Gaza, vicino alla recinzione perimetrale.

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Ultimi sviluppi (successivi al periodo di riferimento)

Il 29 giugno, a Gerusalemme Est, le autorità israeliane hanno demolito due strutture palestinesi: una casa a Ras al Amud e un negozio a Silwan: due ragazzi e i loro genitori sono stati sfollati e altri 9 palestinesi hanno perso la loro fonte di reddito. Durante le proteste palestinesi contro tali demolizioni, le forze israeliane hanno sparato lacrimogeni e proiettili di gomma, ferendo almeno 19 persone (tra cui una donna) e arrestandone nove.

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nota 1:

I Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati ogni due settimane in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informa-zioni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati.

sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina: https://www.ochaopt.org/reports/protection-of-civilians

L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano l’edizione inglese dei Rapporti.

nota 2: Nella versione italiana non sono riprodotti i dati statistici ed i grafici. Le scritte [in corsivo tra parentesi quadre]

sono talvolta aggiunte dai traduttori per meglio esplicitare situazioni e contesti che gli estensori dei Rapporti

a volte sottintendono, considerandoli già noti ai lettori abituali.

nota 3: In caso di discrepanze (tra il testo dei Report e la traduzione italiana), fa testo il Report originale in lingua inglese.

Associazione per la pace – Via S. Allende, 5 – 10098 Rivoli TO; e-mail: assopacerivoli@yahoo.it




In migliaia manifestano in Cisgiordania dopo la morte di un dissidente in custodia dell’Autorità Nazionale Palestinese.

Amira Hass, Jack Khoury

24 giugno 2021 – Haaretz

Un palestinese, critico implacabile dell’Autorità Nazionale Palestinese e dei suoi leader, è morto giovedì mattina dopo essere stato arrestato nella sua casa prima dell’alba dalle forze di sicurezza palestinesi. Migliaia di persone sono scese in strada per protestare nelle aree di Hebron e Ramallah.

La famiglia di Nizar Banat, originario della città di Dura, nel sud della Cisgiordania, sostiene che egli è stato picchiato duramente dalle forze di sicurezza palestinesi durante il suo arresto. Nella prima mattinata di giovedì sono emerse voci secondo cui sarebbe stato trasferito in un ospedale e poco dopo l’ufficio distrettuale di Hebron ha annunciato la morte di Banat. Sui social media palestinesi viene dichiarato uno “shahid”, o martire.

I manifestanti a Hebron e Ramallah accusano l’Autorità Nazionale Palestinese di aver commesso un omicidio politico, mentre alcuni gruppi si sono scontrati con la polizia palestinese a Ramallah. I manifestanti hanno anche chiesto che il presidente Abbas e l’Autorità Nazionale Palestinese siano deposti.

Banat, un ex membro del movimento Fatah, è stato più volte arrestato dall’Autorità Nazionale Palestinese per le sue aspre critiche alla leadership nei post e nei video di Facebook. Ha accusato i leader dell’ANP di corruzione e anche di aver tratto vantaggi dall’abbandono degli interessi nazionali palestinesi in cambio di benefici personali e ricchezza.

I gruppi per i diritti umani e la famiglia di Banat hanno dichiarato che l’autopsia ha mostrato che egli è deceduto soffocato dal sangue nei polmoni dopo essere stato picchiato dalle forze di sicurezza. Uno dei medici che hanno preso parte all’autopsia ha anche rivelato che Banat ha subito lesioni a tutte le parti del corpo, comprese testa, braccia e gambe. Il medico ha detto che le circostanze sollevano il forte sospetto di comportamenti criminali

Il primo ministro Mohammad Shtayyeh ha annunciato che l’Autorità Nazionale Palestinese avvierà una commissione d’inchiesta sulle circostanze della morte di Banat, ma a Hebron e nell’area di Ramallah si continua a manifestare. I commenti che circolano sui social media paragonano Banat al dissidente saudita Jamal Khashoggi, ucciso nel 2018 in Turchia nel consolato dell’Arabia saudita.

Da parte sua, Hamas ha risposto all’incidente incoraggiando la partecipazione di massa ai funerali di Banat e invitando i palestinesi a “cambiare le condizioni pericolose volute dall’Autorità Nazionale Palestinese e dal coordinamento della sicurezza in Cisgiordania”.

Secondo gli attivisti palestinesi, la casa di Banat si trova nell’area della città di Hebron che è sotto il controllo di sicurezza israeliano, quindi le forze palestinesi devono ricevere il permesso da Israele per entrare nell’area ed eseguire gli arresti.

Banat aveva anche contestato ferocemente Mohammed Dahlan – un rivale del presidente palestinese Mahmoud Abbas – e i suoi sostenitori, molti dei quali sono ex membri dell’establishment della sicurezza palestinese.

Uno degli ultimi video che ha pubblicato su Facebook riguardava l’accordo sui vaccini Israele-ANP, secondo il quale Israele avrebbe dovuto fornire ai palestinesi vaccini Pfizer contro il coronavirus vicini alla scadenza in cambio di nuove dosi che Pfizer invierà a Israele il prossimo anno. Molti cittadini palestinesi, che sono già fortemente scettici nei confronti dei vaccini, erano convinti che l’ANP stesse intenzionalmente nascondendo i dettagli dell’accordo.

Banat ha affermato nel suo video che se dei palestinesi fossero morti per aver ricevuto dosi di vaccino scadute, Israele sarebbe stato accusato di sterminio di massa – “un’accusa che non avrebbe potuto tollerare”, motivo per cui l’accordo è stato fatto trapelare.

Banat era un membro del partito Liberazione e Dignità e prevedeva di candidarsi alle elezioni parlamentari palestinesi, originariamente previste per il 22 maggio, ma annullate da Abbas.

Gli attivisti palestinesi che criticano l’ANP riferiscono che i suoi apparati di sicurezza stanno esercitando pressioni crescenti contro di loro nel tentativo di metterli a tacere e che nelle scorse settimane molti sono stati arrestati o convocati per essere diffidati. All’inizio di questa settimana anche Issa Amro, un attivista residente a Hebron, è stato arrestato dall’Autorità Nazionale Palestinese dopo aver scritto un post critico sui social media; è stato rilasciato il giorno successivo.

La commissione d’inchiesta annunciata dall’Autorità Nazionale Palestinese sarà guidata dal ministro della Giustizia Mohammed al-Shalaldeh, insieme a una personalità indipendente che si occupa a livello professionale di diritti umani, a un medico in rappresentanza della famiglia e a un membro dell’intelligence palestinese. Il primo ministro Shtayyeh ha affermato che la commmissione d’inchiesta avrà accesso ai reperti autoptici, alle testimonianze della famiglia e di altre parti interessate e a tutte le informazioni rilevanti.

(traduzione dall’Inglese di Giuseppe Ponsetti)




Centinaia di coloni marciano in Cisgiordania contro l’edificazione di case palestinesi

Hagar Shezaf

21 giugno 2021 – HAARETZ

La principale marcia di protesta si è diretta all’avamposto illegale di Evyatar, che i coloni continuano a edificare nonostante un ordine di sgombero dell’esercito israeliano

Lunedì centinaia di coloni hanno partecipato a 14 marce in tutta la Cisgiordania per protestare contro l’edificazione di case palestinesi nell’Area C, che è sotto il controllo della sicurezza israeliana. Lo slogan delle marce era “Combattere per le terre dello Stato”. Durante le marce non è stato registrato nessun incidente.

La marcia principale è iniziata a Tapuach Junction, diretta verso l’avamposto illegale di Evyatar. Diverse decine di coloni hanno marciato attraverso gli uliveti della zona e hanno terminato la marcia con una manifestazione alla quale hanno partecipato il leader dei coloni Yossi Dagan e l’attivista Sheffi Paz, con il cantante Ariel Zilber che ha provveduto all’intrattenimento.

Neora, una madre di tre figli della colonia di Rehelim, ha partecipato alla marcia con la sua famiglia. Siamo venuti perché amiamo questo Paese; siamo infastiditi dal fatto che non vengano costruite nuove colonie. Non siamo in realtà un popolo libero nella nostra terra, [come dice l’inno nazionale]. Si è lamentata del fatto che un gruppo di abitanti del vicino villaggio palestinese di Beita provocherebbe disagi nel corso della notte bruciando continuamente pneumatici nei pressi del suo insediamento coloniale e provocando un denso fumo nel tentativo di far andare via i coloni. Ha detto che gli abitanti del villaggio farebbero anche uso di laser e altre fonti di luce per molestare i coloni.

Altre marce si sono svolte nella Valle del Giordano, sulle colline a sud di Hebron e vicino a Ma’aleh Adumim [colonia israeliana e città palestinese situate ad est di Gerusalemme, in Cisgiordania, ndtr.]. Le marce sono state organizzate da gruppi di destra come Hashomer Yehuda VeShomron, Im Tirzu e Regavim, nonché da vari consigli regionali che sovrintendono alle colonie. Le forze armate israeliane hanno affermato che l’organizzazione delle marce non richiede la necessità di permessi o l’adozione da parte loro di misure speciali.

L’obiettivo di alcune di queste marce era costituito dalle terre definite dall’amministrazione civile come “terreni da indagare”, cioè territori che richiedono un’indagine al fine di determinare se siano di proprietà statale. L’esame dello stato di queste terre è un lungo processo chiamato rilevamento del territorio. I coloni desiderano accelerare il processo in modo che la terra in Cisgiordania possa divenire di proprietà dello Stato. Questo è ciò che è successo a Evyatar, che è stato eretto all’inizio di maggio. L’avamposto coloniale è sorto vicino a Beita, a sud di Nablus. Dopo che i coloni hanno preso possesso della terra in quell’area, è iniziata l’indagine sul suo stato.

Secondo i dati dell’amministrazione civile del 2011, ci sono 1,3 milioni di dunam (129.499 ettari) di terra statale in tutta la Cisgiordania. Dal 1967 a quell’anno solo lo 0,25% di quella terra è stato assegnato ai palestinesi, in contrasto con il 46% dato ai coloni. Per ogni dunam ( 1000 m.) assegnato a un palestinese, 370 sono stati dati ai coloni.

Il gen. Tamir Yadai, a capo del comando centrale, ha respinto una petizione presentata dai coloni di Evyatar riguardo a un’ingiunzione che ne ordinava lo sfratto.

In risposta all’opposizione degli abitanti all’ordine, Yadai ha affermato che [i coloni] hanno “violato palesemente e gravemente la legge costruendo in breve tempo decine di edifici abitati da decine di famiglie”. Il fatto che i coloni abbiano continuato a costruire nel sito anche dopo aver ricevuto l’ordine di fermarsi, a cui doveva seguire lo sgombero dell’avamposto, ha mostrato mancanza di buona fede e contribuisce alla violazione dell’ordine pubblico e dello stato di diritto nell’area, ha aggiunto Yadai.

Il vice consulente legale responsabile per la Cisgiordania, il tenente colonnello Lahat Shemesh, ha affermato che l’avamposto coloniale ha destabilizzato la sicurezza dell’area, portando a decine di istanze di interruzione. Ciò ha richiesto l’allocazione di forze che sono state sottratte ad altre missioni operative.

L’avamposto coloniale ha suscitato proteste tra i palestinesi della zona, che hanno portato alla morte di quattro uomini a causa degli spari dell’IDF [l’esercito israeliano, ndtr.]. La scorsa settimana, il sedicenne Ahmed Zahi Bani Shamsa di Beita è deceduto per le ferite riportate il giorno prima dopo essere stato colpito da un colpo di arma da fuoco sparato da un soldato. L’esercito ha sostenuto che Shamsa sarebbe corso verso un soldato e avrebbe lanciato un ordigno esplosivo prima di essere colpito.

(traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)




Tre eroiche missioni compiute da militari anonimi

Amira Hass

14 giugno, 2021 Haaretz

Sul rafforzamento del regime di Hamas nella Striscia di Gaza e altre conquiste non trascurabili recentemente compiute dall’esercito israeliano

In tempo di guerra sappiamo ciò che fanno le forze di difesa israeliane [esercito israeliano, ndtr]. I soldati, anche se la loro identità non viene rivelata o resa pubblica, ricevono l’abbraccio collettivo della nazione. In tempo di pace non sono sconosciuti solo i soldati, lo sono anche le loro azioni. Ma perché sottovalutarli, perché non lodarli apertamente davanti ai loro genitori? Per esempio: nei sei giorni fra il 3 e il 9 giugno, i soldati dell’IDF [forze di difesa israeliane, ndtr] hanno ucciso tre palestinesi, e ne hanno ferito decine, compiuto 151 blitz in Cisgiordania e Gersusalemme Est, arrestato 99 persone, compresi 16 minorenni, e demolito dieci tende e nove baracche nella zona di Gerico.

Ed ora passiamo dal generale a tre esempi specifici:

La data: 11 giugno

La missione: proteggere in generale l’impresa coloniale e in particolare l’avamposto illegale di Evyatar, vicino a Nablus, che potenzialmente potrebbe espandersi fino a comprendere 600 dunam (circa 15 acri, come rivelato la scorsa settimana ad Haaretz da Daniella Weiss, segretaria generale del movimento coloniale di Nahala, che ha costruito l’avamposto).

L’obiettivo: manifestanti palestinesi che vivono nel villaggio di Beita, sulla cui terra, oltre a quella di altri due villaggi (Yatma and Qabalan), si sta costruendo Evyatar.

L’intervento: l’omicidio per colpi di armi da fuoco del quindicenne Muhammad Said Hamail, il ferimento di undici persone sempre per colpi di armi da fuoco e di altre sei persone per l’utilizzo di proiettili metallici rivestiti di gomma, crisi respiratorie in circa 60 manifestanti per l’uso di gas lacrimogeni e il pestaggio di altri sei.

Il risultato: altre famiglie palestinesi in lutto per avere avuto l’ardire di opporsi al mitzvah [comandamento, ndtr] del furto di terre.

Il contesto: la costruzione dell’avamposto illegale è iniziata ai primi di maggio per separare i circostanti villaggi palestinesi l’uno dall’altro; l’esercito ha lasciato che i coloni continuassero ad erigere le strutture nonostante l’ordine di demolizione emesso dall’Autorità civile. I palestinesi hanno manifestato a Beita e finora tre sono rimasti uccisi, ma continuano a manifestare. L’esercito ha bloccato l’ingresso principale del villaggio.

Il senso dell’attività: Golia, ornato dalle stelle di Davide, cerca di sottomettere, zittire e paralizzare Daoud [variante araba del nome Davide, ndtr]

La data: 9 giugno

La missione: criminalizzare ed indebolire le organizzazioni della società civile palestinese.

L’obiettivo: Health Work Committee, ONG nata nel 1985, che opera per garantire alla comunità palestinese l’accesso a prestazioni sanitarie di elevata qualità. L’ONG ha quattordici ambulatori permanenti e mobili che operano in villaggi e cittadine in Cisgiordania.

L’intervento: alle 5 del mattino un’unità militare israeliana con un gran numero di veicoli ha operato un blitz nel quartiere sud-orientale di Al-Bireh, Sateh Marhaba, facendo irruzione nel quartier generale dell’organizzazione, che occupa due piani dell’edificio di Al-Sartawi. L’unità ha confiscato hard disk e schede di memoria, nonché documenti dagli schedari. Ha bloccato l’ingresso principale con barre di ferro a cui ha appeso un’ordinanza di chiusura di sei mesi; l’ordinanza include il divieto di accesso agli uffici per i dipendenti, che verranno altrimenti arrestati e processati per violazione di un’ingiunzione militare.

Il risultato: l’indebolimento della capacità della ONG di fornire prestazioni sanitarie e proseguire le proprie ricerche in materia di salute pubblica.

Il contesto: le importanti ONG palestinesi nel campo della salute, agricoltura e diritti delle donne sono state costituite negli anni ottanta da organizzazioni palestinesi di sinistra con il duplice obiettivo di lottare per la liberazione nazionale e promuovere il principio dell’uguaglianza sociale. E’ da parecchio tempo che Health Work Committee viene preso di mira dall’esercito, dal servizio di sicurezza dello Shin Bet [l’agenzia di intelligence per gli affari interni dello stato di Israele, ndtr] e da organizzazioni di spionaggio private quali NGO Monitor [organizzazione con sede a Gerusalemme che analizza e riporta i risultati della comunità internazionale delle ONG, ndtr], in quanto diversi dei suoi dipendenti sono legati al fronte Popolare per la Liberazione della Palestina. Walid Abu-Ras, direttore amministrativo e finanziario del gruppo, è agli arresti con l’accusa di essere coinvolto nell’attacco alla sorgente di Ein Bubin sulle terre del villaggio di Dir Ibzi’a, ad ovest di Ramallah, in cui è rimasta uccisa la diciassettenne Rina Shnerb.

Il senso dell’attività: compiere una rappresaglia contro le migliaia di palestinesi che necessitano delle cure della ONG.

La data: dal 22 maggio in avanti

La missione: distruggere qualsiasi parvenza di un ritorno alla normalità.

L’obiettivo: i due milioni di abitanti della Striscia di Gaza

L’intervento: chiusura dei valichi di frontiera per ridurre ad un minimo “umanitario” sia l’entrata delle merci sia l’ingresso e l’uscita dei palestinesi. C’è l’interdizione a fare entrare il carburante, l’interdizione a commercializzare prodotti agricoli dalla Striscia, l’interdizione a introdurre articoli per posta (compresi i passaporti rilasciati a Ramallah).

I risultati: i malati si aggravano, in bilico fra la vita e la morte, perché non sono autorizzati ad uscire da Gaza per farsi curare quando sussiste ancora qualche speranza di guarigione. Il mercato locale è invaso da prodotti agricoli originariamente destinati ai mercati in Israele e Cisgiordania, e gli agricoltori di Gaza perdono le loro entrate. Le ore in cui arriva l’energia elettrica sono limitate, i luoghi di lavoro paralizzati, aumentano le persone senza lavoro bisognose di assistenza e carità. Si annullano i progetti di viaggi all’estero per lavoro-salute-studio attraverso il valico di Rafah con l’Egitto, per non parlare dei progetti di visita a familiari all’estero.

Il contesto: dal 1991 Israele sta unilateralmente implementando non la “soluzione dei due Stati”, come si aspettavano i sostenitori degli Accordi di Oslo, [sottoscritti nel 1993 fra Arafat e Rabin, ndtr] bensì la “soluzione” delle dieci enclaves palestinesi (Gaza, Hebron, Yatta, Betlemme, Ramallah, Salfit, Tulkarm-Nablus, Jenin, Tubas e Gerico). Il modello è la Striscia di Gaza; quelle in Cisgiordania sono riproduzioni in scala ridotta. Il presente di Gaza rappresenta il futuro-non-troppo-lontano delle altre enclaves, se non faranno i bravi.

Il senso dell’attività: fingere che Israele stia punendo Hamas, mentre in realtà sta aiutando questa organizzazione a consolidare il proprio regime nella segregazione della Striscia.

traduzione dall’inglese di Stefania Fusero