Forze israeliane uccidono ufficiali palestinesi in una ‘missione sotto copertura’

Redazione di Al Jazeera e agenzie

10 giugno 2021- Al Jazeera

Almeno tre palestinesi uccisi, inclusi due ufficiali dell’intelligence, in un attacco prima dell’alba a Jenin, Cisgiordania occupata.

Le autorità palestinesi hanno comunicato che giovedì, nel corso di un raid prima dell’alba, a Jenin, nella Cisgiordania occupata, forze israeliane hanno ucciso almeno tre palestinesi, inclusi due ufficiali dell’intelligence militare dell’Autorità Nazionale Palestinese (ANP).

Wafa, l’agenzia di stampa palestinese, ha informato che il Ministero della Salute palestinese ha identificato i due ufficiali come Adham Yasser Alawi, 23 anni, e Tayseer Issa, 32 anni, aggiungendo che la terza vittima è Jamil al-Amuri, in precedenza detenuto nelle carceri israeliane.

Secondo Wafa un altro agente palestinese, Muhammad al-Bazour, 23 anni, gravemente ferito durante la missione israeliana sotto copertura, è stato trasferito in un ospedale israeliano.

Un video online, a cui The Associated Press [agenzia di notizie USA, ndtr.] ha avuto accesso, sembra mostrare degli ufficiali palestinesi cercare riparo dietro un veicolo mentre in sottofondo si sentono rumori di spari. Qualcuno grida che stanno rispondendo al fuoco delle forze israeliane “sotto copertura”.

I media israeliani riportano che al-Amuri era stato detenuto in quanto membro della Jihad islamica palestinese, ma ciò deve ancora essere confermato da fonti palestinesi.

Harry Fawcett, corrispondente di Al Jazeera nella Gerusalemme Est occupata, dice che si è trattato di “un’operazione sotto copertura con un veicolo civile.”

L’impressione è che le (forze israeliane) avessero nel mirino almeno un membro della Jihad Islamica Palestinese (JIP). “In questa operazione è stato ucciso un giovane e un altro, ferito, è stato portato via dalle forze israeliane. L’uomo ucciso sembra appartenesse alla JIP,” afferma Fawcett.

Secondo i resoconti, il secondo uomo era un palestinese, Wissam Abu Zaid, che pare sia stato arrestato durante l’operazione.

Nelle strade di Jenin sono scesi in migliaia per prendere parte al corteo funebre di Alawi, mentre si stanno svolgendo anche i preparativi per la sepoltura degli altri due uccisi.

Ci sono anche state richieste per proclamare uno sciopero generale nelle città palestinesi.

Pericolosa escalation israeliana’

Un portavoce di Mahmoud Abbas, il presidente palestinese, ha condannato quello che ha definito una “pericolosa escalation israeliana”, dicendo che i tre uomini sono stati uccisi da forze speciali israeliane che, durante gli arresti, si erano travestite da palestinesi.

Il portavoce Nabil Abu Rudaina ha chiesto alla comunità internazionale e agli Stati Uniti di intervenire per porre fine a tali attacchi. Ci sono resoconti contradditori circa i dettagli dell’incidente.

L’esercito e la polizia israeliani non hanno risposto immediatamente alle richieste di un commento. Tuttavia, un ufficiale israeliano, in forma anonima, ha riferito all’agenzia Reuters che i poliziotti palestinesi sono stati uccisi durante lo scontro a fuoco.

Testimoni sul posto dicono che le forze israeliane hanno anche aperto il fuoco contro membri dell’intelligence militare palestinese, agenti che erano nei pressi della scena, fuori dal loro commissariato,” ha detto Fawcett ad Al Jazeera.

I resoconti dei media israeliani parlano di israeliani che rispondono al fuoco diretto verso di loro, ma qualsiasi cosa sia successa quello che si sa è che due funzionari dell’intelligence militare sono stati uccisi e che un terzo, ferito in maniera gravissima, è stato di conseguenza trasportato in un ospedale israeliano.

Questo è un altro caso in cui agenti dell’intelligence militare palestinese sono uccisi dalle forze israeliane nella Cisgiordania occupata,” ha aggiunto.

Secondo gli accordi di pace ad interim firmati negli anni ‘90, l’ANP ha un’autonomia limitata nelle varie enclave sparpagliate che insieme costituiscono circa il 40% della Cisgiordania occupata. Israele ha un’autorità superiore sulla sicurezza in Cisgiordania ed esegue abitualmente retate nelle città palestinesi amministrate dall’ANP.

Ai sensi degli accordi di Oslo del 1993, l’ANP è obbligata a condividere informazioni con Israele su qualsiasi forma di resistenza armata all’occupazione israeliana, una prassi nota come “coordinamento per la sicurezza”, che l’anno scorso è stata sospesa brevemente in conseguenza al piano israeliano di annettere la Cisgiordania occupata.

Hamas, che governa la Striscia di Gaza, ha criticato l’ANP per il cosiddetto “coordinamento per la sicurezza”. Molti appartenenti ad Hamas sono stati arrestati a causa della collaborazione dell’ANP con le autorità israeliane.

Le forze israeliane conducono frequentemente blitz per fare arresti nella Cisgiordania occupata. Durante uno di questi raid, il 25 maggio, le forze israeliane hanno ucciso un palestinese vicino a Ramallah.

I media palestinesi riportano che, in seguito al ritiro delle forze israeliane da Jenin, Israele ha mandato rinforzi all’ingresso nord della città palestinese.

L’incidente è avvenuto settimane dopo il fragile accordo di pace raggiunto dopo una guerra di 11 giorni condotta da Israele contro Gaza assediata che ha causato la morte di oltre 250 palestinesi, inclusi 66 minori.

Almeno 12 persone sono state uccise in Israele a causa dei razzi lanciati dalle fazioni armate palestinesi.

(traduzione dall’inglese di Mirella Alessio)




Coloni sparano ad un palestinese e ne mutilano il corpo mentre giace in fin di vita

Basil al-Adraa e Yuval Abraham

8 giugno 2021 – +972 MAGAZINE

Testimoni affermano che dei coloni israeliani avrebbero sparato a Ismail Tubasi e lo avrebbero aggredito con oggetti appuntiti nel corso di una loro irruzione nel suo villaggio in Cisgiordania. Nessuna inchiesta è stata aperta.

Ismail Tubasi è stato ucciso venerdì 14 maggio, appena a sud di Hebron, nella Cisgiordania occupata. Tubasi, 27 anni, del villaggio palestinese di al-Rihiya, è stato trasportato gravemente ferito in un ospedale locale, dove ne è stato constatato il decesso.

Secondo le prove raccolte da Local Call [sito di notizie in lingua ebraica co-fondato e co-redatto da Just Vision e 972 Advancement of Citizen Journalism che pubblica anche +972 Magazine, ndtr.], sembra che Tubasi sia stato colpito con armi da fuoco da coloni israeliani, forse in compagnia di soldati, e dopo, mentre era a terra incapace di muoversi, brutalmente aggredito con oggetti appuntiti.

Secondo due testimoni i coloni avrebbero sparato a Tubasi dopo aver iniziato ad appiccare il fuoco a campi e alberi di proprietà palestinese ad al-Rihiya [città palestinese situata a sei chilometri a sud-ovest di Hebron, ndtr.]. I testimoni oculari hanno detto che Tubasi e altri palestinesi si sarebbero recati nei campi per cercare di spegnere le fiamme. Lì dei coloni armati di pistole, asce e bastoni avrebbero iniziato a inseguirlo, dopo di che i testimoni avrebbero sentito una serie di colpi di pistola.

Uno dei testimoni, il nipote di Tubasi, ha detto di aver visto suo zio steso a terra dopo che era stato colpito da un proiettile, ma non avrebbe notato nessuna ferita sul viso. Il nipote sarebbe poi fuggito dal luogo per paura che i coloni, che si stavano avvicinando a Tubasi ferito, se la prendessero anche con lui.

Tuttavia mezz’ora dopo, quando Tubasi è giunto in ospedale, il suo volto era sanguinante per ferite fresche e profonde, che non c’erano quando gli hanno sparato. Secondo la testimonianza, Tubasi sarebbe stato aggredito con un oggetto appuntito mentre non era in grado di muoversi.

Tubasi è stato trasportato all’ospedale Shaheed Abu Hassan al-Qassam nella città di Yatta, in Cisgiordania, dove ne è stato dichiarato il decesso. Secondo il referto dell’ospedale il corpo di Tubasi non aveva una ferita d’uscita del proiettile. Il referto dice anche che egli è stato ferito alla fronte da due oggetti appuntiti, uno lungo 20 centimetri e l’altro sette centimetri. Secondo il referto la causa della morte è stata un proiettile che ha colpito Tubasi alla testa. Il referto, che include una foto del corpo del deceduto, è stato visionato da Local Call e +972.

In Cisgiordania i coloni israeliani aggrediscono regolarmente i palestinesi, bruciano le loro coltivazioni e alberi e danneggiano le loro proprietà. Il gruppo per i diritti umani Yesh Din afferma di aver ricevuto 216 denunce di violenze compiute da coloni tra gennaio 2020 e giugno 2021. Un recente rapporto dell’organizzazione ha elencato 63 casi di gravi aggressioni tra il 2017 e il 2020. In nessuno di questi casi è stata avviata una procedura d’accusa contro gli aggressori.

L’esercito israeliano si è rifiutato di fornire una risposta ufficiale riguardo l’episodio, ma fonti militari hanno riferito alla Israeli Public Broadcast Corporation [l’emittente radiofonica e televisiva pubblica dello Stato di Israele, ndtr.] (che ha raccolto la storia in seguito alle indagini iniziali di Local Call) che i soldati sarebbero arrivati ​​sul luogo dopo la sparatoria. Secondo le stesse fonti, l’esercito ha riferito alla polizia che un palestinese era stato effettivamente ucciso, ma la polizia deve ancora iniziare ad indagare.

Sebbene la brutale violenza dei coloni sia pervasiva è abbastanza raro che tali aggressioni conducano all’uccisione delle vittime. Secondo il gruppo per i diritti umani B’Tselem dal 2014 civili israeliani avrebbero ucciso 30 palestinesi residenti in Cisgiordania, molti dei quali durante presunti tentativi da parte di palestinesi di accoltellare israeliani o lanciare pietre contro veicoli israeliani.

Nel novembre 2017, ad esempio, i coloni hanno ucciso a colpi di arma da fuoco Mahmoud Za’al Odeh, del villaggio di Qusra [15 km a sud est di Nablus, ndtr.], sostenendo di essere stati attaccati con pietre mentre si trovavano sulla sua terra. Uno dei casi più infami di violenza mortale dei coloni è l’omicidio nel luglio 2015 dei membri della famiglia Dawabshe, bruciati vivi nelle loro case nel villaggio di Duma mentre dormivano.

La morte di Tubasi è avvenuta in un giorno di manifestazioni di massa in tutta Israele-Palestina, compresa la Cisgiordania, per protestare contro gli attacchi israeliani a Gaza e le violenze contro i cittadini palestinesi all’interno di Israele. Secondo il ministero della Sanità palestinese, quel giorno le forze di sicurezza israeliane [l’esercito israeliano, ndtr.] avrebbero ucciso in varie località della Cisgiordania 11 palestinesi. Sulla base di testimonianze palestinesi gruppi di coloni, spalleggiati da un piccolo numero di soldati, avrebbero assaltato, oltre che al-Rihiya, quattro villaggi in Cisgiordania: Urif, Asira al-Qabliya, Eskaka e Marda. La morte di Tubasi per mano dei coloni smentisce l’affermazione del ministero della Sanità palestinese che attribuiva ai soldati israeliani la responsabilità della morte degli 11 palestinesi.

Secondo gli amministratori di queste quattro località, gli assalti dei coloni hanno portato a scontri di massa e all’uso di armi da fuoco contro palestinesi da parte sia dei coloni che dei soldati. Secondo quanto riferito quattro giovani palestinesi, uno in ogni località, sarebbero stati uccisi in questo modo mentre decine di altri palestinesi sarebbero rimasti feriti. “Sono venuti per uccidere”, ha detto Hafez Saleh, l’amministratore di Asira al-Qabliya.

“L’esercito ha visto tutto, ma non è intervenuto”

Secondo tre testimoni oculari con cui ha parlato Local Call, il 14 maggio alle 14 diverse decine di coloni sarebbero arrivati ​​dalla direzione di Beit Hagai, una colonia israeliana situata a 700 metri da al-Rihiya, e avrebbero iniziato ad incendiare i campi e gli alberi del villaggio, entrando persino nell’abitato. Gli abitanti del villaggio li avrebbero identificati come coloni in quanto vestiti da civili, con addosso la kippah e alcuni con riccioli sui lati del volto. Gli abitanti del villaggio hanno detto che quando hanno cercato di spegnere il fuoco sarebbero stati picchiati dai coloni. I soldati israeliani sarebbero arrivati ​​sul posto senza intervenire.

“Mi sono svegliato a casa con la gente che urlava: ‘Al fuoco, hanno appiccato un fuoco’”, ricorda Kazem al-Hallaq, un abitante di Al-Rihiya di 62 anni. Sono uscito e ho visto un grande incendio nella zona degli ulivi e dei campi di grano e di orzo. La fonte dell’incendio era a nord, cioè nella direzione di Beit Hagai. Molti coloni, circa 50 persone, stavano nei pressi delle fiamme. Hanno continuato ad appiccare il fuoco ai campi e si sono assicurati che bruciassero e che le fiamme si diffondessero”.

Al-Hallaq riferisce di aver visto due giovani della sua famiglia che cercavano di spegnere il fuoco con delle coperte, ma subito ha visto i coloni correre verso di loro e picchiarli, e ad un certo momento gettarli a terra. I soldati si tenevano lontani. Hanno visto tutto, ma non sono intervenuti”, dice al-Hallaq.

“Quando sono arrivati ​​altri palestinesi per spegnere l’incendio, l’esercito è intervenuto e ha iniziato a sparargli contro lacrimogeni e proiettili di gomma”, ha continuato al-Hallaq. La maggior parte delle persone è fuggita verso le proprie case e la scuola. I coloni li hanno inseguiti, proprio davanti ai soldati, sono entrati nel villaggio e hanno iniziato a lanciare pietre contro le case.

I coloni sono venuti proprio a casa mia e hanno distrutto l’auto parcheggiata all’ingresso. E’ stato spaventoso. Ho chiuso la porta di casa e sono salito sulla terrazza con i bambini per nasconderli. Mentre stavo nascosto sul tetto i coloni sono saliti sulla mia auto e hanno iniziato a ballare e cantare.

Improvvisamente ho visto un altro gruppo di coloni che si stava dirigendo verso la terra che appartiene alla famiglia Tubasi. Era difficile vedere cosa stesse succedendo lì. Ho visto un fumo denso salire dal terreno e mi sono reso conto che i coloni avevano dato fuoco a un altro campo. Pochi minuti dopo ho sentito cinque colpi di pistola, spari di armi da fuoco. Ho visto gli abitanti del villaggio correre lì e ho sentito il suono di un’ambulanza che si avvicinava.

“A un certo punto sono anche uscito di casa e sono andato a vedere cosa fosse successo”, dice al-Hallaq. C’era molta confusione. Alcune persone sostenevano che qualcuno era morto. Altri dicevano che qualcuno era stato ferito. Dopo un’ora mi è stato detto che un giovane della famiglia Tubasi era stato ucciso. I nostri campi erano completamente bruciati. I coloni e l’esercito scomparsi dalla zona”.

“I coloni ci hanno detto con orgoglio di aver bruciato i nostri campi”

A mezzogiorno di venerdì, mi ha chiamato mio ​​zio Ismail, riferisce Jamal Tubasi, nipote della vittima. Ero a casa di mia zia per la festa di Eid al-Fitr [festività che segna la fine del periodo di digiuno del Ramadan, ndtr.]. Ismail era sconvolto e mi ha chiesto di andare subito. Ho chiesto dove, e lui ha detto: ‘All’uliveto, a nord del paese. I coloni stanno bruciando i nostri campi, le fiamme sono forti.’

“Sono corso subito lì, a circa un chilometro e mezzo da casa”, prosegue Jamal. Quando sono arrivato ho visto un grande gruppo, 30 coloni, la maggior parte dei quali giovani, rannicchiati a circa 200 metri dagli ulivi in ​​fiamme. I coloni ci hanno detto con orgoglio di aver incendiato i nostri campi. E non solo i nostri campi, ma anche il resto.

Ismail mi ha riferito che [gli abitanti dei villaggi palestinesi] stavano cercando da molto tempo di spegnere l’incendio, ma i coloni glielo impedivano. Ho visto giungere sul posto altri gruppi di coloni, alcuni con grandi accette in mano, altri con armi da fuoco e bastoni. Accanto ai coloni c’erano anche i soldati.

Gli uomini più giovani, e con loro Ismail, hanno cercato di dirigersi verso il fuoco negli uliveti, ma i soldati hanno sparato contro di loro gas lacrimogeni, proiettili di gomma e granate stordenti. I coloni stavano dietro ai soldati e cercavano di avanzare verso di noi per attaccarci. Ismail mi ha chiesto di stargli vicino. Ma è diventato terribile quando è aumentata la quantità di gas lacrimogeni e granate stordenti e i coloni insieme ai soldati sono riusciti ad avvicinarsi molto a noi. Siamo scappati e ci siamo divisi in gruppi più piccoli.

Ho visto che mio zio Ismail era corso verso gli uliveti. In quel momento ho ricevuto una chiamata, ho risposto al telefono; era un parente che voleva sincerarsi che io e Ismail stessimo bene. Finita la chiamata, non sono riuscito a distinguere dove fosse andato Ismail.

È stato allora che ho sentito degli spari. Più di cinque proiettili. Da arma da fuoco. Non capivo cosa fosse successo. Una persona si è avvicinata e ha urlato “Ismail è stato ferito”. Ha indicato la direzione in cui Ismail era fuggito, a 300 metri da dove mi trovavo io”.

Il fratello di Ismail, Ibrahim, era al suo fianco mentre andavano a spegnere l’incendio nei campi di famiglia. “I soldati hanno sparato lacrimogeni, granate stordenti e proiettili di gomma per dividerci”, riferisce Ibrahim. Ero accanto a Ismail e l’ho visto correre verso gli alberi [di ulivi]. Ho corso nella direzione opposta. Ho visto un gruppo di coloni correre nella direzione in cui era fuggito Ismail, e poi ho avvertito quattro spari. Non ho capito né ho visto chi avesse aperto il fuoco, ma il suono proveniva dalla direzione in cui Ismail era fuggito. Ho sentito alcuni abitanti dire che Ismail era stato ferito”.

Secondo testimonianze di palestinesi che hanno chiesto che non venisse reso noto il loro nome, sono stati i coloni ad aprire il fuoco e non i soldati, che erano rimasti nei pressi del villaggio.

«Hanno ucciso mio fratello. La nostra terra è bruciata’

Jamal Tubasi, nipote di Ismail, riferisce di essere poi corso dove Ismail era stato colpito. Ho visto Ismail steso a terra tra due rocce, sul fianco destro. Quando mi ha visto, mi ha chiamato con voce molto debole. Quasi in un sussurro mi ha detto: “Sono ferito”, poi mi ha dato il suo telefono e mi ha chiesto di consegnarlo alla famiglia. «appoggia a terra la mia testa», ha sussurrato Ismail, «e fuggi il più in fretta possibile.» Gli ho detto che non l’avrei lasciato, ma lui ha sollevato la mano con grande difficoltà, mi ha guardato e mi ha detto di nuovo, con un voce molto flebile: ‘Corri.’

In quel momento ho visto un gruppo di cinque coloni che avevano con sé grandi accette, e accanto a loro due soldati, tutti che correvano verso di noi. Erano a circa 50 metri da me e si stavano avvicinando rapidamente. Sotto pressione, ho girato Ismail sulla schiena e sono scappato. Quando l’ho lasciato, il suo naso sanguinava e sanguinava anche dall’orecchio sinistro. A parte questo, il suo viso sembrava a posto. Non riuscivo a capire quale fosse la natura della sua ferita e se fosse in condizioni gravi o lievi.

Ho corso per 200 o 300 metri. Da dove mi trovavo ho visto persone che cercavano di raggiungere l’area in cui era caduto Ismail. Andavano avanti e indietro, come se cercassero qualcosa. È passato molto tempo, è difficile per me dire quanto, più di mezz’ora. Poi ho visto tre o quattro persone, operatori sanitari, che trasportavano Ismail su una barella.

Sono corso lì e ho chiesto loro di vedere Ismail per assicurarmi che fosse vivo. Hanno abbassato la barella e poi ho visto la sua faccia. Non potevo crederci: il suo volto era completamente devastato, con ferite profonde, coperto di sangue che colava dappertutto. Non potevo sopportarne la vista. Ho urlato di terrore e sono caduto a terra privo di sensi.

Tutto quello che ricordo dopo è che la gente mi ha versato dell’acqua in faccia, e altri mi hanno sollevato le gambe e mi hanno schiaffeggiato per svegliarmi. Quando mi sono svegliato mi è stato detto che avevano portato Ismail all’ospedale di Yatta.

Un’auto mi ha portato in ospedale. E quando sono arrivato, ho sentito due persone che dicevano che Ismail era morto. Sono svenuto di nuovo. Mi sono svegliato e sono svenuto ancora. Sinceramente il mio corpo non si è riavuto dallo shock e faccio fatica a credere a quello che è successo.

“L’unica cosa di cui sono sicuro è che quando ho raggiunto mio zio, appena dopo il suo ferimento, la sua faccia era pulita, non c’era niente lì, solo sangue che gli colava dal naso e dall’orecchio. E ricordo che il gruppo di coloni che correva verso Ismail insieme a due soldati trasportava delle accette».

Altri abitanti di al-Rihiya hanno riferito che i coloni avrebbero circondato Ismail mentre giaceva a terra, rendendo loro difficile valutare con esattezza le modalità dell’aggressione.

“La mia famiglia è devastata”, dice Ibrahim, il fratello di Ismail. Hanno assassinato mio fratello. La nostra terra è bruciata. Non siamo in grado di tornare lì per controllare. Di solito i coloni vengono di notte e sradicano gli ulivi, ma questa volta l’esercito ha approfittato della situazione e i coloni si sono sentiti più forti e incoraggiati del solito, tanto da incendiare tutto e assassinare mio fratello”.

Ibrahim aggiunge: Oggi non c’è differenza tra un soldato e un colono. Questa gente ci ha distrutto. Due giorni dopo l’omicidio di mio fratello, l’esercito ha revocato i nostri permessi di lavoro in Israele. Cinque uomini della mia famiglia lavorano in Israele. Ora viene impedito a tutti noi di entrare».

La famiglia Tubasi ha dichiarato di aver sporto denuncia alla polizia palestinese dopo la morte di Ismail. Non è chiaro se la polizia palestinese abbia inoltrato la denuncia alla polizia israeliana. Tuttavia, se l’esercito ha effettivamente informato la polizia israeliana che Ismail è stato ucciso, non si capisce come la polizia non abbia aperto la propria indagine indipendentemente dal fatto che sia stata presentata una denuncia, come prevede la legge israeliana per un sospetto di crimine e specialmente nei casi di morte non naturale.

In relazione alluccisione la polizia israeliana ha rilasciato solo la seguente risposta: Nessuna denuncia è stata presentata alla polizia e i dettagli dell’incidente nei termini dichiarati non ci sono noti. Potete contattare la polizia e sporgere denuncia come di consueto”.

Basil al-Adraa è un attivista e fotografo del villaggio di a-Tuwani nelle colline a sud di Hebron.

Yuval Abraham è uno studente di fotografia e linguistica.

(traduzione dallinglese di Aldo Lotta)




Rapporto OCHA del periodo 24 – 31 maggio 2021

Nota relativa al recente scontro armato tra Palestinesi ed Israele (10-21 maggio)

Secondo OHCHR [Ufficio dell’Alto Commissario ONU per i Diritti Umani], durante il periodo delle ostilità, a Gaza sono stati uccisi 256 palestinesi, tra cui 66 minori e 40 donne; e, secondo il Ministero della Salute locale, quasi altri 2.000 sono stati feriti. In Israele sono state uccise 13 persone, tra cui due minori e sei donne. In Cisgiordania, sono stati uccisi 26 palestinesi e circa 6.900 sono stati feriti. Il bilancio delle vittime registrate in Cisgiordania include 11 persone uccise il 14 maggio, segnando il numero più alto di vittime palestinesi in un solo giorno da quando, nel 2005, l’OCHA ha iniziato a documentare le uccisioni.

I rapporti specifici, inerenti lo scontro armato, sono disponibili [in inglese] a questo indirizzo: https://www.ochaopt.org/crisis

Forze israeliane hanno sparato e ucciso tre palestinesi [seguono dettagli]. Ad oggi, il numero di vittime palestinesi registrate in Cisgiordania nel 2021 è 36 di cui sei minori.

Il 24 maggio, a Gerusalemme Est, un palestinese 17enne ha accoltellato due israeliani: un civile ed un soldato, ed è stato poi ucciso da un agente di polizia israeliano. Il giorno successivo, durante un’operazione nel Campo Profughi di Al Amari (Ramallah), forze israeliane sotto copertura hanno sparato ad un altro palestinese. Il 28 maggio, nel corso di una protesta contro la creazione di un nuovo insediamento avamposto israeliano vicino al villaggio di Beita (Nablus), le forze israeliane hanno sparato e ucciso un terzo palestinese.

Complessivamente, in Cisgiordania, forze israeliane hanno ferito 100 palestinesi [seguono dettagli]. Almeno 69 di loro sono rimasti feriti durante la suddetta manifestazione a Beita; altri 15 vicino al villaggio di Ni’lin (Ramallah), in una separata protesta contro l’espansione degli insediamenti; dieci sono stati feriti durante una protesta contro la chiusura dell’ingresso principale del villaggio di Al Mughayyir (Ramallah) ad opera delle forze israeliane e sei in altri episodi. Dei 100 feriti complessivi, 50 sono stati curati per aver inalato gas lacrimogeni, 18 sono stati colpiti da proiettili di gomma, 16 sono stati colpiti da proiettili di arma da fuoco e altri 16 sono stati aggrediti fisicamente o colpiti dai contenitori dei gas lacrimogeni.

A Gaza, il 24 e il 26 maggio, due palestinesi sono morti per le ferite riportate durante il recente conflitto.

In Cisgiordania le forze israeliane hanno effettuato 115 operazioni di ricerca-arresto ed hanno arrestato 145 palestinesi. La maggior parte delle operazioni è stata svolta nel governatorato di Gerusalemme, soprattutto a Gerusalemme Est, dove da quando (a metà aprile) sono aumentati disordini e violenze, le forze israeliane hanno svolto 99 [delle 115] operazioni, arrestando 97 palestinesi, tra cui sei giornalisti.

A Gerusalemme Est, le autorità israeliane hanno continuato a limitare l’accesso all’area di Al Ja’ouni di Sheikh Jarrah. Dal 3 maggio, l’accesso a tale area è consentito solo ad ambulanze, veicoli dell’ONU e, previ severi controlli di identificazione, ai palestinesi residenti. Queste restrizioni conseguono alle proteste contro un piano israeliano per sfrattare famiglie palestinesi dalle loro case nel quartiere (in seguito ad una causa intentata in tribunale da gruppi di coloni) ed agli scontri tra palestinesi e forze israeliane.

Il 31 maggio, per mancanza di permessi di costruzione, le autorità israeliane hanno confiscato cinque strutture nelle Comunità di Umm Zaitunah e Al Buweib in Hebron, sfollando nove persone, tra cui quattro minori e minando i mezzi di sussistenza di altre 17. Le strutture comprendevano tre abitazioni e due strutture di sostentamento. Questa confisca viene dopo una riduzione delle demolizioni durante il Ramadan ed il recente conflitto di maggio.

Persone note o ritenute coloni israeliani hanno ferito cinque palestinesi e danneggiato decine di alberi di proprietà palestinese [seguono dettagli]. In episodi accaduti nella città di Hebron e a Deir Jarir (Ramallah), coloni hanno spruzzato spray al peperoncino su tre palestinesi, tra cui un ragazzo e un anziano, mentre a Qaqiliya altri coloni hanno aggredito fisicamente un contadino che stava lavorando la propria terra. Un altro agricoltore è stato aggredito fisicamente vicino al villaggio di Ar Rihiya (Hebron), dove colture appartenenti a palestinesi sono state sradicate e almeno 100 ulivi sono stati dati alle fiamme. Inoltre, a Sinjil (Ramallah), sono stati danneggiati circa 70 alberi. Palestinesi hanno riferito che coloni, a Burin (Nablus), hanno rubato oltre 100 balle di fieno e a Kisan (Betlemme) si sono impossessati di una cisterna per la raccolta dell’acqua. Il 24 maggio, una guardia della colonia israeliana di Dolev (Ramallah) ha sparato, ferendo un 16enne palestinese in circostanze non ancora chiare.

Secondo fonti israeliane, in Cisgiordania, alcuni palestinesi, noti o ritenuti tali, hanno lanciato pietre ferendo una israeliana che transitava in auto e danneggiando 17 auto israeliane.

Il valico di Kerem Shalom, per il transito delle merci, rimane aperto per l’ingresso di specifici prodotti di base, tra cui foraggio, forniture mediche, forniture e carburante per il settore privato e per UNRWA. Dal 10 maggio, nessuna merce è stata autorizzata ad uscire da Gaza attraverso il medesimo valico. Il valico di Erez rimane chiuso per la maggior parte dei palestinesi di Gaza: solo per visite mediche urgenti è stata consentita l’uscita ad un numero molto limitato di persone. Dal 25 maggio è sta autorizzata la pesca nel mare di Gaza, ma solo entro sei miglia nautiche dalla costa.

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Ultimi sviluppi (successivi al periodo di riferimento)

Il 2 giugno, un palestinese è morto per le ferite riportate il 18 maggio: le forze israeliane gli avevano sparato durante scontri al checkpoint di Beit El.

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nota 1:

I Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati ogni due settimane in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informa-zioni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati.

sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina: https://www.ochaopt.org/reports/protection-of-civilians

L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano (vedi di seguito) l’edizione inglese dei Rapporti.

nota 2: Nella versione italiana non sono riprodotti i dati statistici ed i grafici. Le scritte [in corsivo tra parentesi quadre]

sono talvolta aggiunte dai traduttori per meglio esplicitare situazioni e contesti che gli estensori dei Rapporti

a volte sottintendono, considerandoli già noti ai lettori abituali.

nota 3: In caso di discrepanze (tra il testo dei Report e la traduzione italiana), fa testo il Report originale in lingua inglese.

Associazione per la pace – Via S. Allende, 5 – 10098 Rivoli TO; e-mail: assopacerivoli@yahoo.it




Intervista a Khaled Meshaal: l’alto dirigente sostiene che ora è Hamas a guidare la lotta palestinese

David Hearst

25 maggio 2021 – MIDDLE EAST EYE

Parlando a MEE Meshaal chiede a tutti i palestinesi di unirsi in una “rivolta totale” contro l’occupazione israeliana

Hamas è ora alla guida del popolo palestinese perché il ruolo principale di una leadership durante l’occupazione è condurre i palestinesi verso la libertà e la liberazione, ha detto a Middle East Eye Khaled Meshaal, capo dell’organizzazione nella diaspora.

Nella prima intervista in inglese del gruppo militante dal momento del cessate il fuoco con Israele di venerdì scorso, Meshaal invita ad una rivolta totale in “tutte le località” del territorio storico della Palestina: Gerusalemme e la Città Vecchia, la Cisgiordania e l’interno dello stesso Israele.

L’anziano dirigente, alla guida dell’ufficio politico di Hamas fino al 2017, afferma inoltre che il movimento sarebbe pronto a discutere con gli Stati Uniti.

Dice che è strano che l’amministrazione del presidente Joe Biden continui a parlare con i talebani, che hanno combattuto attivamente le truppe statunitensi in Afghanistan per quasi due decenni, e si rifiuti di parlare con Hamas, che non è impegnata a combattere gli Stati Uniti ma dal 1997 è ritenuta da Washington un’organizzazione terroristica.

In un messaggio diretto a Biden Meshaal ha aggiunto: Non vi consideriamo nostri nemici, anche se ci opponiamo a molte delle vostre politiche di parte a favore di Israele e contro i nostri interessi arabi e islamici. Ma non vi combattiamo. Quindi siamo pronti a comunicare con qualsiasi partito senza condizioni.”

Ma avverte che Hamas non sarebbe disposta a cambiare la sua posizione su Israele. “Non importa quanto tempo ci vorrà, questo è il mio messaggio a Biden, agli Stati Uniti e a tutti gli Stati occidentali che continuano a inserire Hamas nelle liste del terrorismo. Dico loro: non importa quanto tempo ci vorrà, Hamas non soccomberà alle vostre condizioni “

Meshaal sostiene che i Paesi arabi che hanno normalizzato le relazioni con Israele non solo hanno pugnalato alle spalle i palestinesi, ma hanno anche danneggiato i loro interessi rischiando di provocare una rivolta popolare.

“Ciò che sperano di ottenere da Israele è un’illusione e una fantasia”, avverte Meshaal. “Anche se non si vergognano, hanno prospettive molto limitate perché l’opinione pubblica sarà contro di loro”.

Hamas ha verificato un aumento del sostegno popolare in Palestina in seguito della sua decisione di lanciare razzi contro Israele in risposta alle aggressioni israeliane alla moschea di al-Aqsa e ai residenti di Sheikh Jarrah.

Tale sostegno viene da aree al di fuori del suo controllo tradizionale dove i suoi membri sono stati sottoposti a ripetuti arresti, ma dalla Cisgiordania e tra i cittadini palestinesi di Israele.

Alla domanda se ritenga che Mahmoud Abbas possegga ancora una qualche autorevolezza come presidente palestinese dopo l’ultimo round di combattimenti, Meshaal ha risposto: Non escludiamo nessuno e non disconosciamo il ruolo di nessuno.

Tuttavia, indubbiamente tutti hanno notato che le credenziali di Hamas e il suo status nella leadership palestinese si sono rafforzati poichè ha guidato la lotta nelle ultime fasi e specialmente in quella attuale”.

Per la prima volta in molti anni le bandiere di Hamas sono state viste sventolare accanto a quelle di Fatah in manifestazioni e proteste a Nablus, e venerdì un imam che si era rifiutato di menzionare Gaza nel suo sermone settimanale ad al-Aqsa è stato costretto a lasciare la moschea a causa della rabbia dei fedeli.

A Gerusalemme e a Umm al Fahm, nel nord di Israele, i manifestanti hanno gridato il nome di Mohamed ad-Deif, il capo dell’ala militare di Hamas, le Brigate al-Qassam, che Israele ha cercato di uccidere durante il recente conflitto.

Meshaal afferma che la funzione primaria della leadership in queste condizioni sia la lotta e la resistenza, e la guida dei palestinesi verso la libertà e la liberazione.

Le elezioni non sono l’unica opzione

Solo poche settimane prima che scoppiassero i combattimenti, Hamas era propenso a contestare le elezioni insieme a Fatah e ad altre fazioni palestinesi prima che le stesse fossero rinviate da Abbas.

Meshaal sostiene che Hamas ha fiducia in se stesso e che sia comunque pronto a presentarsi al ballottaggio, ma che le elezioni non rappresentino l’unica opzione.

Hamas non ha paura di proporsi alla sua gente tramite le urne. Forse altri hanno paura”, ha detto, con un’evidente stoccata ad Abbas.

Ma ha proseguito: Eppure, ancora una volta, le elezioni sono l’unica opzione? È l’unico strumento del sistema di riconciliazione ed in grado di rimettere ordine in casa palestinese? No.”

Meshaal afferma che i palestinesi sono un unico popolo con un’unica causa e invita ad una “rivolta totale in tutti i luoghi”.

A Gerusalemme, dove incombe la minaccia su al-Aqsa, su Sheikh Jarrah, sulla Città Vecchia e su tutta Gerusalemme; in Cisgiordania, dove sono presenti l’occupazione, gli insediamenti coloniali, la scissione dei legami e la confisca di terre; e nella Palestina del 1948, dove vige la discriminazione razziale, i tentativi di espellere e bandire il nostro popolo coll’uso di norme giuridiche; anche la resistenza di Gaza; fino alla diaspora. Tutti sono partecipi della responsabilità della liberazione”.

Mentre Meshaal parlava, i coloni israeliani, sostenuti dalla polizia, prendevano ancora una volta d’assalto al Aqsa.

Alla domanda su cosa abbia indotto Hamas a lanciare nuovamente razzi, Meshaal ha affermato che il cessate il fuoco non era condizionato solo alla cessazione degli attacchi israeliani a Gaza, ma alla fine delle incursioni delle forze di sicurezza israeliane ad al-Aqsa e alla fine dello sfollamento degli abitanti palestinesi dal quartiere di Sheikh Jarrah e di Gerusalemme Est.

La battaglia è scoppiata per questi motivi. A tali condizioni cesserà iI lancio da Gaza dei razzi della resistenza”, ha detto.

Tuttavia ha proseguito affermando come ogni area sotto occupazione possa scegliere la propria forma di resistenza.

“Non esiste una formula che vada bene per tutti e nello stesso momento.”

Israele “sta pagando un prezzo”

Meshaal sostiene che l’ultimo conflitto abbia evidenziato il ruolo dei palestinesi che vivono all’interno dei confini della Palestina del 1948.

“Hanno inviato il messaggio che siamo del tutto parte di questo popolo e che vengono in aiuto di al-Aqsa, del quartiere di Sheikh Jarrah e di Gaza proprio come fa ogni altro palestinese che viene in aiuto dell’altro fratello”, dice.

Aggiunge che Israele stia anche pagando il prezzo delle politiche razziste e delle violazioni dei diritti dei suoi cittadini palestinesi, tanto da mettere a nudo la “fragilità” del suo Stato.

È diventato evidente a tutte le comunità palestinesi, arabe e islamiche e alle persone libere di tutto il mondo che Israele sta contando i suoi giorni e che questa occupazione, gli insediamenti, il colonialismo, non hanno futuro nella regione”.

MEE ha chiesto a Meshaal di spiegare in che modo Hamas sia passato da una posizione di contestazione delle elezioni, anche mentre centinaia dei suoi membri venivano arrestati in Cisgiordania, al lancio dei razzi.

In quel momento c’era un acceso dibattito all’interno di Hamas sull’opportunità di contestare le elezioni, dal momento che non sarebbe stato in grado di agire liberamente come partito politico. Alla fine le elezioni sono state rinviate, molti credono annullate, da Abbas che ha usato come scusa il rifiuto di Israele di consentire ai gerosolimitani di votare.

Meshaal ha confermato che c’è stato un “dibattito interno” sull’opportunità di candidarsi alle elezioni in Cisgiordania. Ma ha insistito sul fatto che il principio riguardante la sua candidatura alle elezioni non fosse in discussione.

Spiegando il passaggio dalle urne ai razzi, Meshaal dice che la decisione di annullare le elezioni abbia creato “rabbia e frustrazione” e un senso di stupore: “Perché questo passo?”

Poi sono arrivate le violenze ad al-Aqsa contro fedeli e manifestanti e la minaccia di sfollamento degli abitanti dalle loro case a Sheikh Jarrah.

Accusa Israele di aver iniziato l’aggressione. Afferma che Hamas aveva avvertito Israele, in modo che Israele non fosse sorpreso dal lancio di razzi.

“Quando hanno assalito la moschea di al-Aqsa alla fine del Ramadan la resistenza è stata costretta a rispondere … e la battaglia è iniziata”, prosegue Meshaal.

Sostiene che non c’è contraddizione tra impegnarsi nella battaglia politica attraverso elezioni e alleanze sostenendo la causa e mobilitandosi in suo favore nei forum internazionali, e impegnarsi in combattimenti. Le due battaglie sono collegate fra loro“.

Alla domanda su chi abbia preso la decisione di lanciare i razzi, Meshaal risponde che il movimento ha un’unica leadership, ma ogni singola parte prende le sue decisioni personali.

“Quando la dirigenza di al-Qassam prende una decisione su come portare avanti la lotta decide in conformità con la strategia e l’orientamento comune del movimento. Lo stesso vale per coloro che lavorano nel campo della mobilitazione di massa o delle relazioni politiche. Queste sono decisioni complesse prese di volta in volta durante i percorsi di lavoro. Derivano dalla risoluzione stabilita a livello centrale dalla leadership del movimento”.

Reciprocità di interessi” con l’Egitto

Meshaal riserva parole gentili per l’Egitto, nonostante il presidente Abdel Fatteh el-Sisi abbia organizzato un colpo di stato militare contro il presidente eletto Mohamed Morsi sostenuto dai Fratelli Musulmani e abbia massacrato i suoi sostenitori a Rabaa, oltre ad aver rafforzato l’assedio di Gaza distruggendo i tunnel di Hamas e la parte egiziana del valico di confine di Rafah.

Meshaal dice che il ruolo dell’Egitto negli affari palestinesi è fondamentale, anche se ci sono stati disaccordi.

La reciprocità degli interessi richiede che entrambe le parti lavorino insieme e possano prevedere dei ruoli sui quali concordare e collaborare nonostante le differenti opinioni, come lei ha detto, sulla questione della Fratellanza o altro”.

“Noi di Hamas, sebbene siamo una parte essenziale della Fratellanza, costituiamo un movimento di resistenza e non interferiamo negli affari degli altri, trattando con i Paesi islamici, e con gli altri, in base alla nostra causa e ai relativi interessi, senza interferenze reciproche negli affari di ognuno.

“Pertanto, accogliamo con favore il ruolo egiziano così come accogliamo con favore i ruoli di tutti gli Stati arabi e islamici o di qualsiasi Paese del mondo fintanto che sia inteso a servire il nostro popolo fermando l’aggressione contro di esso e assecondando la sua determinazione”.

Il leader anziano di Hamas ha affermato che gli stati arabi hanno la responsabilità di elaborare una nuova strategia per recuperare la Palestina, Gerusalemme e al-Aqsa e porre fine all’occupazione.

Credo che tutti abbiano capito l’inutilità dei negoziati, l’inutilità del processo di pace e degli accordi di pace con Israele e l’inutilità della normalizzazione. Coloro che avevano visto Israele come parte naturale della regione si sono sbagliati. Alcuni pensavano di poter trarre vantaggio da Israele nel confronto con i loro diversi nemici.

“Tutti sono ormai certi che Israele costituisca il vero nemico della regione e che Israele sia un’entità fragile e che possiamo sconfiggerlo invece di lamentarci delle sue politiche”.

Sostiene che l’Egitto sia scontento delle politiche israeliane nei confronti della Diga del Rinascimento in Etiopia, che il Cairo vede come una minaccia alla sicurezza nazionale. Di certo l’Egitto è scontento delle notizie sui presunti piani israeliani di scavare un canale navigabile alternativo al Canale di Suez.

“Pertanto, invece di sentirci impotenti riguardo alle violazioni e ai piani di Israele, questa è un’opportunità … la resistenza in Palestina e questa grande rivolta del nostro popolo sta dicendo agli arabi, ‘Gente, siamo una sola Ummah [termine arabo che designa la comunità dei fedeli dell’Islam, ndtr.], abbiamo gli stessi interessi, quindi partiamo da questo risultato.’

“Combattiamo un’unica battaglia, non solo per salvare e rivendicare la Palestina, ma anche per proteggere l’intera Ummah”.

(traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)




La polizia israeliana sottopone a retate centinaia di palestinesi per “regolare i conti” attraverso un’ondata di arresti di massa

Yumna Patel

24 maggio 2021 – Mondoweiss

Dopo due settimane di rivolte palestinesi contro le aggressioni israeliane a Gerusalemme, Sheikh Jarrah e Gaza le forze israeliane stanno portando avanti retate di massa di palestinesi all’interno di Israele e nei Territori Palestinesi Occupati, nel quadro di quella che la polizia israeliana chiama “Operazione Legalità e Ordine”.

Dopo due settimane di rivolte palestinesi contro le aggressioni israeliane a Gerusalemme, Sheikh Jarrah e Gaza le forze israeliane stanno portando avanti retate di massa di palestinesi all’interno di Israele e nei Territori Palestinesi Occupati, nel quadro di quella che la polizia israeliana chiama “Operazione Legalità e Ordine”.

Poco dopo la mezzanotte di lunedì la polizia israeliana ha annunciato l’intenzione di “lanciare un’ampia operazione di arresti in tutto il Paese”, prendendo di mira nelle successive 48 ore i cittadini palestinesi di Israele al fine di “regolare i conti” e “chiudere i conti”.

I siti dei media israeliani in lingua ebraica hanno riferito che l’operazione è stata approvata dal ministro della sicurezza interna israeliano Amir Ohana e dal commissario di polizia generale Kobi Shabtai, il secondo dei quali ha incaricato migliaia di poliziotti attivi e riservisti di raggiungere l’obiettivo di 500 palestinesi sotto arresto.

Ynet news [sito di notizie del quotidiano Yedioth Ahronot, ndtr.] ha riferito che “pochi giorni dopo essersi ripresa, soprattutto dal trauma di Lod (Lydd)”, la polizia israeliana si sarebbe resa conto che la sua politica di “deterrenza” era stata “gravemente compromessa”.

Nelle prime ore di lunedì mattina hanno iniziato ad affiorare sui social media dei video in cui la polizia israeliana ammanettava, bendava e arrestava i palestinesi nelle strade di Lydd (Lod), una città storicamente palestinese nel centro di Israele che due settimane fa è stata teatro di massicce proteste palestinesi, dopo che un colono israeliano aveva sparato a Moussa Hassouna, un abitante di Lydd, uccidendolo.

Ynet riporta che la polizia ha già preparato denunce circostanziate nei confronti dei palestinesi arrestati, “con prove che consentiranno di presentare rapidamente imputazioni“, aggiungendo che l’ufficio del procuratore di Stato israeliano ha già presentato nei vari distretti più di 140 accuse contro circa 230 imputati, arabi ed ebrei, alcuni dei quali minorenni, per vari reati nel quadro delle sommosse”.

Mentre la polizia israeliana ha affermato che l’operazione era diretta contro i palestinesi “identificati come facenti parte di organizzazioni criminali”, attivisti e organizzazioni palestinesi a favore dei diritti umani hanno protestato nei confronti delle autorità israeliane per quella che definiscono una “chiara punizione collettiva” e un evidente tentativo di punire e reprimere coloro che hanno partecipato alle proteste come parte della “rivolta collettiva”.

“La massiccia campagna di arresti annunciata dalla polizia israeliana la scorsa notte è un’aggressione militarizzata contro i cittadini palestinesi di Israele”, ha dichiarato il dott. Hassan Jabareen, direttore generale di Adalah – Il centro giuridico per i diritti della minoranza araba in Israele.

Questa è una guerra contro manifestanti, attivisti politici e minori palestinesi, che impiega massicce forze di polizia israeliane per fare irruzione nelle case dei cittadini palestinesi. Questi raid hanno lo scopo di intimidire e vendicarsi dei cittadini palestinesi di Israele – “per regolare i conti” con i palestinesi, secondo le stesse parole della polizia israeliana – per le loro posizioni e attività politiche,” ha detto Jabareen.

Un sistema per i palestinesi, un altro per gli ebrei

Tuttavia, la campagna di arresti di lunedì non si è limitata ai cittadini palestinesi di Israele, in quanto delle informazioni da parte di organizzazioni per i diritti dei palestinesi come Grassroots Jerusalem riportano che lunedì mattina sono stati arrestati almeno 15 palestinesi di Gerusalemme.

I media locali palestinesi hanno anche riferito dello svolgersi nel corso delle ultime settimane di estesi raid notturni nella Cisgiordania occupata, con soldati israeliani che hanno preso di mira attivisti, giornalisti e giovani palestinesi che hanno partecipato alle recenti proteste nel territorio.

In un rapporto pubblicato lunedì l’organizzazione per i diritti dei prigionieri palestinesi Addameer ha sottolineato che da aprile in Cisgiordania, Gerusalemme e nella Palestina storica almeno 1.800 palestinesi sono stati arrestati e/o detenuti.

Per quanto riguarda coloro che sono stati arrestati e vittime delle retate nelle settimane precedenti la campagna di lunedì, molti palestinesi in luoghi come Gerusalemme stanno affrontando divieti arbitrari di entrare nei loro luoghi santi e sono costretti a pagare migliaia di dollari su cauzione.

Addameer sottolinea che, mentre l’arresto arbitrario di palestinesi che partecipano alle proteste e alla vita politica palestinese è una pratica comune per Israele, la più recente escalation della violenza di Stato israeliana “si è notevolmente intensificata nel suo intento di repressione generale e punizione collettiva verso tutti coloro che partecipano alla protesta, coloro che agiscono per legittima difesa, e tanti altri.”

L’organizzazione ha sottolineato il fatto che, mentre molti palestinesi, in particolare quelli che vivono in Israele, vengono braccati e incriminati con l’accusa di “istigazione” e violenza di matrice razzista contro gli ebrei, alla violenza dei coloni israeliani è “offerta immunità e protezione”, nonostante la diffusa documentazione di folle israeliane che in luoghi come Gerusalemme, Haifa, Jaffa e Akka cantano “morte agli arabi” e prendono di mira i palestinesi e le loro proprietà, spesso in presenza della polizia.

I media israeliani hanno diffusamente parlato del caso di tre ebrei israeliani incriminati con l’accusa di “terrorismo” per la loro partecipazione al linciaggio di un uomo palestinese, il 33enne Said Moussa, nella città di Beit Yam, nella zona centrale di Israele.

Il linciaggio di Moussa è stato trasmesso in diretta dalla televisione israeliana, mentre la folla ebrea israeliana lo tirava fuori dalla sua auto e lo picchiava a morte, pare in presenza delle forze dell’ordine israeliane.

Haaretz ha riportato che prima del linciaggio di Moussa, dozzine di attivisti di destra hanno marciato in città e hanno attaccato un certo numero di attività commerciali di proprietà araba. I rivoltosi hanno rotto finestre, lanciato oggetti e cantato slogan razzisti.”

Nel suo articolo Haaretz cita un alto funzionario di polizia che ha affermato che “si pensava che avrebbero partecipato alcune decine di persone, ma in realtà ne sono accorse 300″.

Nonostante la documentazione sui media e sulle reti sociali e l’ammissione da parte della polizia che centinaia di ebrei israeliani hanno preso parte a questi assalti, non esistono tuttavia prove che suggeriscano che le centinaia di ebrei israeliani siano state ugualmente sottoposte a retate con massicce campagne di arresti come quelle che attualmente prendono di mira i palestinesi.

Addameer afferma che l’esistenza di due diversi sistemi giuridici per gruppi che vivono nella stessa area, evidenziata dall’escalation degli eventi recenti, sancisce chiaramente il regime di apartheid israeliano, sia a Gerusalemme e nei territori occupati del 1948 [cioè in Israele, ndtr.], sia in Cisgiordania sotto il regime militare”.

(traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)




Appello di cittadini ebrei israeliani: Fermate l’apartheid di Israele.

Maggio 2021 #IsraelisAgainstApartheid

Lettera aperta alla Comunità internazionale

Noi, ebrei israeliani, ci opponiamo alle azioni del governo israeliano e con la presente dichiariamo il nostro impegno ad agire contro di loro. Ci rifiutiamo di accettare il regime ebraico-suprematista e chiediamo alla comunità internazionale di intervenire immediatamente in difesa dei palestinesi a Gaza, Cisgiordania, Gerusalemme, Galilea, Negev, al-Lydd, Yafa, Ramleh, Haifa e Palestina.

La supremazia ebraica è la pietra angolare del regime israeliano e il suo obiettivo coerente è trasferire e cancellare il popolo palestinese, la sua storia e la sua identità nazionale. Questo obiettivo si manifesta in continui atti di pulizia etnica mediante sfratti e demolizioni di case, brutale occupazione militare, negazione dei diritti civili e umani e legislazione di una serie di leggi razziste che culminano nel disegno di legge Stato-nazione, che definisce lo Stato Stato nazione del popolo ebraico ”, e solo loro.

Tutto quanto sopra forma effettivamente un regime di apartheid che crea aree simili a Bantustan e ghetto per le comunità native palestinesi. Crediamo che il sionismo sia un principio di governo non etico che porta intrinsecamente a un regime di apartheid razzista che ha commesso crimini di guerra e negato i diritti umani fondamentali ai palestinesi per oltre sette decenni. Tali crimini e violazioni includono: la distruzione di centinaia di città e villaggi e il loro spopolamento di 750.000 palestinesi nel 1948, insieme alla prevenzione attiva del ritorno dei rifugiati; l’espropriazione sistematica delle terre dei palestinesi e il loro trasferimento in proprietà ebraica sotto gli auspici dello stato; l’occupazione della Cisgiordania, della Striscia di Gaza e delle alture del Golan e l’applicazione di un regime militare colonizzatore, che governa su milioni di palestinesi; la graduale annessione dei territori occupati nel 1967 dall’ingegneria demografica violenta; l’assedio in corso sulla striscia di Gaza e i persistenti massacri della popolazione di Gaza da parte dell’aviazione israeliana; la persecuzione politica dei palestinesi in tutta la Palestina e l’incitamento in corso contro la leadership politica e la società in generale; Tutte queste atrocità si verificano a causa dell’impunità che Israele riceve dalla comunità internazionale e in particolare dagli Stati Uniti.

Nelle ultime settimane, il governo israeliano ha aumentato i suoi tentativi di impossessarsi di case palestinesi a Gerusalemme Est (specialmente nel quartiere di Sheikh Jarrah) e ospitarvi coloni ebrei con l’obiettivo di completare la giudaizzazione della città iniziata nel 1967. Durante il mese del Ramadan, le forze israeliane hanno intensificato il loro violento assalto al complesso della Moschea di Al Aqsa, dando il via libera ai coloni per vandalizzare e danneggiare fisicamente i palestinesi in Cisgiordania, Gerusalemme e in tutti i territori del ’48. I movimenti dei coloni agiscono sotto gli auspici e in coordinamento con la polizia israeliana. I media israeliani stanno prendendo parte alla sfrenata istigazione contro i cittadini arabi di Israele. Di conseguenza, le folle ebraiche ricevono impunità per la loro violenza,

Mentre scriviamo questa dichiarazione, Israele sta commettendo un altro massacro nel ghetto di Gaza. Israele ha rifiutato diverse offerte di terze parti per negoziare un accordo di cessate il fuoco con i funzionari di Hamas e ha continuato a bombardare i quartieri di Gaza. Continua l’assedio disumano su circa due milioni di persone.

Come individui che appartengono alla parte dell’oppressore e che hanno cercato per anni di spostare l’opinione pubblica in Israele al fine di cambiare le basi dell’attuale regime, siamo da tempo giunti alla conclusione che è impossibile cambiare il suprematista regime ebraico senza intervento esterno.

Chiediamo alla comunità internazionale di intervenire immediatamente per fermare le attuali aggressioni israeliane, per adottare le richieste del movimento palestinese per il boicottaggio, il disinvestimento e le sanzioni; lavorare per l’attualizzazione del diritto palestinese al ritorno e per realizzare una giustizia storica; per raggiungere una soluzione giusta e democratica per tutti, basata sulla decolonizzazione della regione e sulla fondazione di uno stato di tutti i suoi cittadini.

#IsraelisAgainstApartheid

Firma la lettera

Elenco delle firme

  1. Ruchama Marton

  2. Melissa Danz

  3. Tal Dor

  4. Aya Kaniuk

  5. Shiri Eisner

  6. Shaul Tcherikover

  7. Rana Saba

  8. Esther Rapoport

  9. Yossef Mekyton

  10. Revital Sella

  11. Haley Firkser

  12. Michal Raz

  13. Avi Liberman

  14. Amitai Ben-Abba

  15. Shlomo Owen

  16. Shmuel Merzel

  17. Maayan Geva

  18. Hillel Garmi

  19. Zohar Atai

  20. Dina Hecht

  21. Naama Farjoun

  22. Ehud Shem Tov

  23. Daniel Roe

  24. Neta Golan

  25. Guy Avni

  26. Daniella Cramer

  27. Yonatan Shapira

  28. Einat Weizman

  29. Tali Shapiro

  30. Tom Pessah

  31. Keren Assaf

  32. Ofer Neiman

  33. Tami Dynes

  34. Guy Hirschfeld

  35. Tsipi Erann

  36. Aryeh Miller

  37. Vardit Shalfy

  38. O Ben David

  39. Haim Schwarczenberg

  40. Oren Feld

  41. Shira Havkin

  42. Oneg Ben Dror

  43. Rosana Berghoff

  44. Lirona Rosenthal

  45. Dror Shohet

  46. Guy Gillor

  47. Adi Shosberger

  48. Imri Hen

  49. Nuni Tal

  50. Dalit Baum

  51. Yoko Ram Chupak

  52. Maxine Kaufman-Lacusta

  53. Dalit Baum

  54. Yael Shomroni

  55. Bilha Golan Sündermann

  56. Noa Shaindlinger

  57. Noa Friehmann

  58. Yom Shamash

  59. Abigail Szor

  60. Ronnen Ben-Arie

  61. Anat Matar

  62. ayA Zamir

  63. Connie Hackbarth

  64. Adi Moreno

  65. Yasmine Halevi

  66. Kobi Snitz

  67. Alexander Eyal

  68. Ronen Wolf

  69. Anat Elzam

  70. Robert Nathan Suberi

  71. Oshra Bar

  72. Liat Rosenberg

  73. Shaindy Ort

  74. Ari Libero

  75. Shai Ilan

  76. Yasmin Eran- Vardi

  77. Miri Barak

  78. Tamar Selby

  79. Elian Weizman

  80. Aliza Dror

  81. Ruti Lavi

  82. Prof. Emmanuel Farjoun

  83. Michal Sapir

  84. Ayala Levinger

  85. Daphna Baram

  86. Yudit Ilany

  87. Odeliya Matter

  88. Yaniv Shachar

  89. Ofra Yeshua-Lyth

  90. Moshe Eliraz

  91. Elfrea Lockley

  92. Iris Hefets

  93. Oriana Weich

  94. Reut Ben-Yaakov

  95. Yoram Blumenkranz

  96. Tia Levi

  97. Bosmat Gal

  98. Rachel Beitarie

  99. Udi Raz

  100. Yael Friedman

  101. Alon Marcus

  102. Jasmin Wagner

  103. Orna Akad

  104. Avi Berg

  105. Inna Michaeli

  106. Galit Naaman

  107. Sharona Weiss

  108. Aya Breuer

  109. Tal Janner-Klausner

  110. Eran Torbiner

  111. Vered Bitan

  112. Pnina Werbner

  113. Irit Rotmensch

  114. Eliana Ben-David

  115. Mike Arad

  116. Karen Zack

  117. Adi Liraz

  118. Nadav Franckovich

  119. Rela Mazali

  120. Irit Segoli

  121. Maya Reggev

  122. Yam Nir-Bejerano

  123. Abey Mizrahi

  124. Hadas Leonov

  125. Tair Borchardt

  126. Yehudith Harel

  127. Yael Politi

  128. Itamar Shapira

  129. Regev Nathansohn

  130. Liad Kantorowicz

  131. David Benarroch

  132. Uri Gordon

  133. Zohar Efron

  134. Reuben Klein

  135. Yisrael Puterman

  136. Erica Melzer

  137. Yaara Benger Alaluf

  138. Anat Guthman

  139. Erella Grassiani

  140. Daniel Palanker Chas

  141. Einat Podjarny

  142. Yael Lerer

  143. Ya’ara Peretz

  144. Shirli Nadav

  145. Lihi Joffe

  146. Danielle Parsay

  147. Adi Winter

  148. Daphna Westerman

  149. Tslil Ushpiz

  150. Ella Janatovsky

  151. Nily Gorin

  152. Ora Slonim

  153. Rachel Hagigi

  154. Nahed Ghanayem

  155. Maayan Ashash

  156. Ruth Rosenthal

  157. Debby Farber

  158. Nicole Schwartz

  159. Sahar Vardi

  160. Hilla Dayan

  161. Rana Sawalha

  162. Galit Saporta

  163. Fanny-Michaela Reisin

  164. Adi Golan Bikhnafo

  165. Sharon Avraham

  166. Noa Roei

  167. Elliot Beck

  168. Jair Straschnow

  169. Haim Bresheeth-Zabner

  170. Amir Vudka

  171. Alma Ganihar

  172. Atalia Israeli Nevo

  173. Itamar Liebergall

  174. Jonathan Pollak

  175. Livnat Konopny Decleve

  176. Yanai Himelfarb

  177. Sigal Ronen

  178. Merav Devere

  179. Shiri Wilk Nader

  180. Dror K Levi

  181. Moshé Machover

  182. Yael Perlman

  183. Laurent Schuman

  184. Ferial Himel

  185. Ester Nili Fisher

  186. Abo Kouder Gaber

  187. Ur Shlonsky

  188. Rachel Giora

  189. Judit Druks

  190. Miri Michaeli

  191. Tal (y) Wozner

  192. Meir Amor

  193. Souraya Abeid

  194. Alon Benach

  195. Roni Gechtman

  196. Rahel Wachs

  197. Anat Rosenblum

  198. Yoav Beirach

  199. Dorit Naaman

  200. Noa Vidman

  201. Dror Dayan

  202. Ruthie Pliskin

  203. Yaara Shaham

  204. Inbar Tamari

  205. Herzl Schubert

  206. Assif Am-David

  207. Nadia Cohen

  208. Rachel Yagil

  209. Rani Nader Wilk

  210. Gony Halevi

  211. Tamar Katz

  212. Chagit Lyssy

  213. Sam Shtein

  214. Michal Baror

  215. Doron Ben David

  216. Miki Fischer

  217. Zhava Grinfeld

  218. Aviya Atai

  219. Nimrod Ronen

  220. Judith Tamir

  221. Yotam Ben-David

  222. Alex Cohn

  223. Avital Barak

  224. Maayan Vaknin

  225. Tamar Yaron

  226. Orit Ben David

  227. Maia Bendersky

  228. Oran Nissim

  229. Roni Tzoreff

  230. Udi Adiv

  231. Lilach Ben David

  232. Ayelet Yonah Adelman

  233. Tal Berglas

  234. Ronit Milano

  235. Terry Greenblat

  236. Mie Shamir

  237. Oren Lamm

  238. Ayelet Politi

  239. Udi Aloni

  240. Hava Ortman

  241. Liat Hasenfratz

  242. Marie Berry

  243. Revital Elkayam

  244. Asaf Calderon

  245. Nitza Aminov

  246. Isaac Johnston

  247. Amos Brison

  248. Michael Treiger

  249. Hadas Binyamini

  250. Sirli Bahar

  251. Ron Naiweld

  252. Maria Chekhanovich

  253. Yehonatan Chekhanovich

  254. Lisa Kronberg Chitayat

  255. Moriah Lavey

  256. Guy Yadin Evron

  257. Eran Efrati

  258. Zohar Weiss

  259. Orit Zacks

  260. Arielle Bareket

  261.  Sarah Raanan

  262. Dana Dahdal

  263. Zvi Gaster

  264. Raz BDV

  265. Emad Housary

  266. Mika Zacks

  267. Dorit Argo

  268. Lorraine Evrard

  269. Micha Kaplan Chetrit

  270. Hadar Kleiman

  271. Talma Bar-Din

  272. Orit Friedland

  273. Tali keren

  274. Oded Carmi

  275. Hadas Rivera-Weiss

  276. Avi Blecherman

  277. Lior wachtel

  278. Avi Greenman

  279. Dina Leibermann

  280. Zurqab Razaq

  281. Tamir Sorek

  282. Oded Jacob

  283. Itamar Avraham Cohen Scali

  284. Chen Israel

  285. Orly Noy

  286. Rand Warren Aronov

  287. Gila Avni

  288. Bekah Wolf

  289. Alon Lapid

  290. Ehud Kotegro

  291. Entissar kharoub

  292. Lotem Zabinski

  293. Shai Carmeli Pollak

  294. Yael Admoni

  295. Hen Levi

  296. Shahar Tsameret

  297.  Elik Nir

  298. Nir Nader

  299. Zoe Gutzeit

  300. Ossi Ron

  301. Raanan Alexandrowicz

  302. Sima Sason

  303. Ehud Sivosh

  304. Ben Gershovitz

  305. David Kortwa

  306. Gina Ben David

  307. Liel Green

  308. Evyatar shamir

  309. Tom Mosek

  310. Yael rozanes

  311. Anna Fox

  312. Ruhama Weiss

  313. Tirtza Tauber

  314. David Nir

  315. Coral Cohen

  316. Ayoub mohareb

  317. Daniel Roth

  318. Oz Shelach

  319. Yaar Peretz

  320. Rona Even Merrill

  321. Anat Biletzki

  322. Shachaf Polakow

  323. Michael Kaminer

  324. Yaffit Windler

  325. Maya Wind

  326. Max Somerstein

  327.  Hillel Barak

  328. Yaron Ben-Haim

  329. Ori Goldberg

  330. Milan Shiff

  331. Sivan Ben-Hayun

  332. Elana Wesley

  333. Tali Baram

  334. Hannah Goldman

  335. Ronen Meshulam

  336.  Rotem Bahat

  337. Toviel Rose

  338. Ronit Lentin

  339. Miriam Meir

  340. Sivan Tal

  341. Naama Golan

  342. Ruth Lackner Hiller

  343. Afia Begum

  344.  Gaia Beirak

  345. Yael Shomroni

  346. Assa Doron

  347. Ze’ev Ionis

  348. Mira Khazzam

  349. Michael Treiger

  350. Matan S. Cohen

  351. Smadar Carmon

  352. Amira Tasse

  353. Shelly Yosha

  354. Tal Frieden

  355. Shai Shabtai

  356.  Leah Even Chorev

  357. Bosmat Gal

  358. Reva Damir

  359.  Iris Stern Levi

  360. Wael Sayej

  361. Ronit marian kadishay

  362. Freda Guttman

  363. Diana Dolev

  364. Milan shiff

  365. Annelien Kisch-Kroon

  366. Debbie Eylon

  367. Galit Eilat

  368. Daniel Gagarin

  369. Eyal Mazor

  370. Yael Messer

  371. Omri Goren

  372. Rachel Hayut

  373. Daphne Banai

  374. Nadav Harari

  375. Meital Yaniv

  376. Yudit Yahav

  377. Elisheva Gavra

  378. Dalia Sachs

  379. Angela Godfrey-Goldstein

  380. Shlomo Perets

  381. Idit Nathan

  382. Haim Yacobi

  383. Edna Gorney

  384.  Hilla Kerner

  385. Naomi Raz

  386. Nir Lutati

  387. Daniel Ayzenberg

  388. Hava halevi

  389. Rona Sela

  390. Racheli Bar-Or

  391. Ruti Kantor

  392. Ayelet ophir

  393. Noki Olchovski

  394. Nina Jawitz

  395. Ma’ayan Levi

  396. Effi Ziv

  397. Reshef Agam-Segal

  398. Rami Heled

  399. Dalit Fresco

  400. Mirit Barashi

  401. Ido Even Paz

  402. Yoel Lion

  403. Michal Margaliot

  404. Tali Bromberg

  405. Sharon Cohen

  406. Hilla Bar-om

  407. Hanna Zohar

  408. Yuval Tenenbaum

  409. Lilit Bartana

  410. Gilad Nir

  411. Yael Gvirtz

  412. Namer Golan

  413. Ofir Shahar

  414. Maya Herman

  415. Guy Ronen

  416. Gidon Raz

  417. Ron Barkai

  418. Assaf Rotman

  419. Aaron Turgeman

  420. Asaf Ronel

  421. Nurit Peled-Elhanan

  422. Mia Perelmuter

  423. Sarit Tamura

  424. Avital Barak

  425. O Glicklich

  426. Roni Meyerstein

  427. Ofra Hoffman

  428. Eran Razgour

  429. Shai Gortler

  430. Jacob Katriel

  431. Ofer Shinar Levanon

  432. Heidi Stern

  433. Orly Dumitrescu

  434. Rotem Levin

  435. Atalia Omer

  436. Yossi Shabo

  437. Michal Schwartz

  438. Itay Snir

  439. Roy Wagner

  440. Ella Gur

  441. Hadar Solomon

  442. Esther Bar Nathan

  443. Jonathan Preminger

  444. Moria Rabbani

  445. Yeela Lahav Raz

  446. Miriam Turmalin

  447. Tuly Flint

  448. Ori Ben Shalom

  449.  Rom Yan

  450. Naftali Orner

  451.  Maya Ron Levinger

  452. Aaron Paz

  453. Liat Bar-oz

  454. Adili Liberman

  455. Barak Heymann

  456. Miki Levy

  457. Noam Keim

  458. Ruth Varon

  459. Tamir Erlich

  460. Amjad Darwish

  461. Annie Ohayon

  462. Noga Wolff

  463. Nadav Davidi

  464. Dr Moshe Behar

  465. Hila Rubinstein

  466. Anna Waisman

  467. Yehonatan Ben Yisrael

  468. Mazal Etedgi

  469.  Yaniv Shachar

  470. Yuval Naor

  471. Rotem Marty

  472. Maya Paz

  473. Jeff Halper

  474. Yael Meron

  475. Danae Elon

  476. Gali Schell

  477. Anna Kleiman

  478. O Shloman

  479. Gili Sercarz

  480. Natali Kalnitski

  481. Ohad Bracha

  482. Moriel Ram

  483.  Eliezer Moav

  484. O-Ren Horowitz

  485. Ilana Bernstein

  486. Tamar Aviyah

  487. Hugit Rubinstein

  488. Dafna Kaplan

  489. Yakov Pipman

  490. Netta Toledano

  491. Daphna Levit

  492. Noa Bar Hain

  493. Yuval Graff

  494. Amit Ben Haim

  495.  Noga Eilon

  496. Alma Katz

  497. Yom Omer

  498. Moshe Yamo

  499. Noga Hurvitz

  500. Arie Finkelstein

  501. Tali Rabin

  502. Romi Marcia Bencke

  503. Ilana Machover

  504. Michal Cohen

  505. Sigal Primor

  506. Michal Gabay

  507. Lea Pipman Dotan

  508. Yotam Ben Meir

  509. Kochav Shachar

  510. Haim Scortariu

  511.  Dotan Moreno

  512. Gaya Feldheim Schorr

  513. Ariel Koren

  514. Layla Natour

  515. Tamar Selby

  516. Maayan Iyar Averbuch

  517. Gilad Ben David

  518. Maya Eshel

  519. Itai Vonshak

  520. Matan Sandler Tadmor

  521. Hagit Borer

  522. Sharon Shmuel

  523.  Yosefa Loshitzky

  524. Noga Emuna Avisar

  525. Aya Kook

  526. Gabriel Schubiner

  527. Elham Rokni

  528. Tamar Goldschmidt

  529. Avigail y. Zeleke

  530. Ofer Tisser

  531. Revital Madar

  532.  Elana Lakh

  533. Zohar Regev

  534. Elana Summers

  535. Chava Finkler

  536. Sharon Orshalimy

  537. Guy Elhanan

  538. Michal Schendar

  539. Shir Darwin Regev

  540. N.Nur Zahor

  541. Ori Rom

  542. Noa Schwartz

  543. Anita S. Maroun

  544. Hani Abramson

  545. Glick Moshe

  546. Ortal Mizrahi

  547. Noam Schechter

  548. Yulie Cohen

  549. Eviatar Bach

  550.  Amnon Keren

  551. Ella Levenbach

  552. Omer Shokron

  553. Shira Shvadron

  554. Gadi Schnitzer

  555. Natalie Rothman

  556. Ron Cohen

  557. Michal Halevy

  558. Shelly Mehari

  559.  Andrea Koverman

  560. Ira Perelson

  561. Aviv Liplis

  562. Syed Fatima Hossain

  563. Yoav haas

  564. Vardit Goldner

  565. Nitzan Lebovic

  566. Nomi Drory

  567. Sivan Barak

  568.  Avi Berg

  569. Gabriela Vollick

  570. Avi Incisiker Cohen

  571. Raya Fidel

  572. Maya Ober

  573. Itamar Feigenbaum

  574. Agan Tsabari

  575.  Ronit Milo

  576. Lenny Lapon

  577. Alon Stotter

  578. Yael Kahn

  579. Moran Barir

  580. Omri Haven

  581. Felix Laub

  582. Daniella Aperlev

  583. Sarah Shapiro

  584. Yvonne Deutsch

  585. Itamar Stamler

  586.  Lia Tarachansky

  587. Naava Weiner

  588. Daniella Krishevsky

  589. Efrat Levy

  590. Howard Cohen

  591. Daniel Flexer

  592. Victor Herstigg

  593. Julie Weinberg-Connors

  594. David L. Mandel

  595. Hanan Offner

  596. Ayelet Ben-Yishai

  597. Itay Sapir

  598. Nizan Weisman

  599. Bryan Atinsky

  600. Naama Or

  601. Talia Krevsky

  602. Mali Assaf

  603. Tom Sela

  604. Maya Mukamel

  605. Sigal Oppenhaim Shachar

  606. Elizabet Freund

  607. Yossi Cohen

  608. Itzik Gil

  609. Nomi Shir

  610. Simma Chester

  611. Hadas Leonov

  612. Omri Cohen

  613. Gil Mualem-Doron

  614. Erez Moshe Amit

  615. Ehud Tamuz

  616. Tom Koren

  617. Rachel Milstein

  618. Gil Freund

  619. Yael Shein

  620. Rechavia Berman

  621. Shoshana Kahn

  622. Tania Jones

  623. Christoph Bugel

  624. Gaby Ron

  625. Mieka Polanco

  626. Naomi Lyth

  627. Ruth Noemi Pragier

  628. Tali Harkavi

  629. Danielle zini

  630. Mohammed Patel

  631.  Glick Moshe

  632. Yam-Nir Bejerano

  633. Sara Almog

  634. Susan Ettinger

  635. David Miller

  636. Michal David

  637. Yana Knopova

  638. Omer Shamir

  639. Simeon S. Jacob

  640.  Ruth Sevack

  641. Lee Hemminger

  642. Jonatan Israel

  643. Nora Gottlieb

  644. Roni Roseman

  645. Omer Sharir

  646. Atalia Omer

  647.  Mijal Kimel

  648. Ilya Ziblat Shay

  649. Lian Malki-Schubert

  650. David Nir

  651. Aviv Nitsan

  652. Valerie Malki

  653. Oz Malul

  654. Yael Edri

  655. Amir Zloof

  656. Sirah Foighel

  657. Keren Manor

  658. Eli Aminov

  659.  Yaara Shaham

  660. Abigail Yanow

  661.  Hagit Zohara M

  662. Daphna Thier 

  663.  Maya Lerman

  664. Yuula Benivolski

  665. Shlomit Altman

  666. Ivy Sichel

  667. Dalit Fresco

  668.  Eyal Sivan

  669. Marcelo Svirsky

  670. Anael Resnick

  671. Tamar Sarfatti

  672. Irit Halperin

  673. Yaar Koren

  674. Ada Bilu

  675. Julieta Kriger

  676. Jackie Yarosky

  677. Uri Rodberg

  678. Maayan Priel

  679. Hadas Kedar

  680. Michal Peleg

  681. Hava Lerman

  682. Tal Nitzan

  683. Einat Amir

  684. Mia Kerner

  685. Gil Schneider

  686. Tzvia Thier

  687. Marina Ergas

  688. Irit Halavy

  689. Shahar Shnitzer

  690. Avishay Halavy

( Traduzione di Flavia Donati)




Perché i palestinesi protestano? Perché vogliamo vivere

Mariam Barghouti

Domenica 16 Maggio 2021 – The Guardian

Proprio come le proteste di Black Lives Matter non riguardavano solo un omicidio, noi stiamo fronteggiando un regime di totale oppressione

Ho iniziato ad andare alle manifestazioni quando avevo 17 anni. All’inizio andavo alle proteste contro l’occupazione militare israeliana. Poi abbiamo anche cominciato a protestare contro l’autoritarismo dell’Autorità Palestinese e di Hamas, e la disgustosa rivalità tra le fazioni politiche palestinesi. Per i palestinesi, la protesta è diventata uno stile di vita, un modo per essere risoluti, per perseverare.

Negli ultimi dieci anni gran parte di questo fardello di protesta è stato sostenuto da singole famiglie palestinesi che hanno subito l’espulsione o la violenza per mano di soldati e coloni. La minaccia di sfratti o demolizioni può provocare una protesta locale, nella speranza di prevenire questo o quel particolare oltraggio. Ma in questo momento l’attenzione del mondo è su di noi non come individui ma come collettività, come palestinesi. Non si tratta solo di un villaggio o di una famiglia o “solo di quelli della Cisgiordania” o “solo di quelli di Gerusalemme”.

Ciò per cui ora stiamo protestando per le strade non è un omicidio o un raid violento, ma un intero regime di oppressione che distrugge i nostri corpi, le nostre case, le nostre comunità, le nostre speranze, proprio come le proteste per le vite dei neri che l’anno scorso si sono propagate negli Stati Uniti non riguardavano solo George Floyd o Breonna Taylor o qualunque altro omicidio.

Questo è ciò che fa il colonialismo: soffoca ogni parte della tua vita, e poi finisce col seppellirti. È un processo strategico e deliberato che viene ostacolato o ritardato solo perché gli oppressori sono quasi sempre affrontati e sfidati da coloro che sono sotto il loro dominio. Alla fine, chi vuole rimanere incatenato per quelle che sono le sue origini?

La scorsa settimana ero nei pressi dell’insediamento illegale di Beit El, adiacente a Ramallah in Cisgiordania, mentre l’esercito israeliano inviava jeep che si precipitavano verso manifestanti, giornalisti e personale medico, martellando in pieno la folla con candelotti lacrimogeni.

Il suono di quei candelotti che a decine si dirigevano a spirale contro di noi mi fa ancora tremare. Mi ricorda il giorno del dicembre 2011, nel villaggio di Nabi Saleh [villaggio palestinese a 20 chilometri a nord-ovest di Ramallah, ndtr.] quando un soldato israeliano sparò un candelotto lacrimogeno, da distanza ravvicinata, direttamente sul volto del ventottenne Mustafa Tamimi, che stava lanciando delle pietre, poi morto a seguito delle ferite.

Ricordo il volto di Janna Tamimi, sua cugina, di sei anni, mentre gridava con la sua fragile voce: “Perché hai ucciso il mio migliore amico?” Dietro di lei c’era l’insediamento illegale di Halamish. La protesta di Mustafa era contro l’espansione degli insediamenti e l’impunità della violenza dei coloni mentre lui e la sua comunità erano imprigionati nel villaggio, senza accesso a sorgenti d’acqua o servizi pubblici.

Il fatto che queste proteste non abbiano dei leader illustra i decenni di deterioramento delle condizioni di tutti i palestinesi. Questo è l’esito di una generazione nata dai penosi accordi di Oslo del 1993-1995, cresciuta durante decenni che hanno solo consolidato l’espansione degli insediamenti coloniali israeliani e la stretta sulle vite dei palestinesi.

Più di questo, si tratta di una continua crescita di energia, di resistenza e di perdita di fiducia. Ma allo stesso tempo, è una completa rivendicazione della fiducia, non nei responsabili politici internazionali, non nei comitati di negoziazione, non negli osservatori umanitari e nelle ONG, ma in noi stessi.

“Perché devi sempre metterti in prima linea?” mia madre mi rimproverava anni fa, mentre gettava via i miei vestiti inzuppati della pestilenziale “kharara”, l’acqua puzzolente irrorata dai militari israeliani.

Utilizzata sovente nel corso delle proteste in Cisgiordania, le forze israeliane la stanno spargendo anche nelle strade di Sheikh Jarrah e nelle case dei palestinesi. È un tentativo di rendere le nostre vite così insopportabili da costringerci ad andarcene.

Volevo dirlo a mia madre, che se non fossi stata io lo avrebbe fatto qualcun altro. Volevo dirle come a Gaza le proteste pacifiche del 2018 sono state accolte con l’uccisione di centinaia di persone da parte dei cecchini, tanto che i soldati israeliani le hanno trasformate in un implacabile giostra del tiro a segno, provocando deliberatamente ferite invalidanti.

Ma sapevamo entrambe che ciò che la rendeva così arrabbiata era l’orribile riconoscimento che non avevamo altra scelta che protestare, che finché l’ingiustizia persiste e i nostri sogni di una migliore realtà continuano a spingerci verso la sfida, bagnarci nell’acqua puzzolente significava almeno che ero viva.

Questo è esattamente il motivo per cui stiamo protestando, perché siamo pronti ad essere vivi.

Mariam Barghouti è una scrittrice e ricercatrice palestinese.

(Traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)




Alcuni palestinesi uccisi dal fuoco israeliano nelle proteste in Cisgiordania

Mel Frykberg

14 maggio 2021 – Al Jazeera

Le forze israeliane feriscono più di 500 palestinesi durante un’ondata di proteste in Cisgiordania contro i bombardamenti israeliani contro Gaza.

Beit El, Cisogiordania – Le forze di sicurezza israeliane hanno ucciso 11 palestinesi nella Cisgiordania occupata, in quanto molteplici proteste sono scoppiate per la crescente rabbia riguardo all’intensificazione dei bombardamenti aerei contro Gaza da parte di Israele e la minaccia di espulsione forzata di palestinesi dalle loro case a Gerusalemme est.

Il ministero della Salute palestinese ha affermato che venerdì [14 maggio] durante le proteste in Cisgiordania 10 palestinesi sono stati uccisi da forze israeliane e un altro è stato ucciso durante un tentativo di accoltellare un soldato israeliano nei pressi di una illegale colonia israeliana a Yabad, vicino a Jenin.

Dopo le preghiere del venerdì migliaia di palestinesi hanno protestato in più di 200 località in Cisgiordania. La Mezzaluna Rossa ha affermato che più di 500 palestinesi sono rimasti feriti in tutto il territorio, con manifestanti colpiti da proiettili, lacrimogeni e colpi di arma da fuoco letali da parte israeliana.

Venerdì anche in Giordania centinaia di palestinesi hanno cercato di riunirsi sul confine con Israele, ma sono stati bloccati dalle forze di sicurezza giordane, mentre i palestinesi nel Libano meridionale hanno tentato di superare il confine con Israele.

Le proteste sono giunte nel contesto di un’escalation durante giorni di scontri tra Israele e Hamas, che governa la Striscia di Gaza. Venerdì Israele ha scatenato più attacchi aerei e colpi sparati da carri armati contro la Striscia di Gaza, mentre i gruppi armati palestinesi hanno continuato a lanciare razzi su Israele dall’enclave costiera assediata.

Al posto di controllo di Beit El a al-Bireh, nei pressi di Ramallah, nella Cisgiordania occupata, centinaia di palestinesi delle fazioni politiche rivali di Hamas, Fatah e del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (PFLP), di sinistra, hanno manifestato insieme ad altri senza affiliazione politica, gridando slogan in appoggio a Gaza e agli abitanti palestinesi di Gerusalemme est.

Il suono degli spari di proiettili veri e di quelli di acciaio ricoperto di gomma hanno sibilato nell’aria mentre le ambulanze correvano avanti e indietro portando feriti e nuvole di fumo si levavano nell’aria da copertoni bruciati dai manifestanti.

Malak Abu Rab, di Ramallah, ha detto ad Al Jazeera di aver partecipato al corteo insieme a sua figlia, Tuleen, 13 anni, e suo figlio Jad di 10 anni, per appoggiare le vittime di Gaza e anche i palestinesi di Gerusalemme est minacciati di espulsione a Sheikh Jarrah e le centinaia ferite nelle recenti incursioni della polizia israeliana nella moschea di Al-Aqsa, in città [Gerusalemme].

A Gerusalemme coloni israeliani, appoggiati da soldati, stanno cercato di cacciare la gente dalle proprie case, un comportamento in cui Israele è impegnato da decenni, ed è ora di porvi fine,” ha detto.

I palestinesi stanno parlando la stessa lingua riguardo a questi problemi e le loro opinioni sono le stesse.”

Lo scontro si intensifica

I morti di venerdì hanno portato almeno a 13 il numero totale di palestinesi uccisi dal fuoco israeliano negli scontri in Cisgiordania da lunedì, quando Israele ha lanciato raid aerei contro la Striscia di Gaza assediata in risposta agli attacchi di Hamas con i razzi.

Il ministero della Salute di Gaza afferma che da quando è iniziato l’ultimo ciclo di violenze almeno 126 palestinesi, tra cui 31 minorenni, sono stati uccisi e più di 900 feriti nell’enclave.

Negli ultimi giorni l’esercito israeliano ha lanciato più di 600 attacchi contro l’enclave ed ha ammassato truppe e carri armati nei pressi di Gaza mentre lo scontro si è intensificato.

In Israele da lunedì almeno sette persone sono state uccise nei più di 2.000 attacchi con i razzi lanciati dai gruppi armati a Gaza

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha promesso che l’offensiva contro Gaza continuerà “finché necessario per ripristinare la calma nello Stato di Israele”, nonostante gli appelli internazionali per un’immediata interruzione delle ostilità. L’ultima escalation della violenza ha fatto seguito a settimane di tensioni nella Gerusalemme occupata riguardo a un’udienza del tribunale, ora rinviata, in relazione all’espulsione con la forza di una serie di famiglie palestinesi dalle loro case nel quartiere di Sheikh Jarrah per far posto a coloni israeliani.

In città sono scoppiate tensioni anche nel complesso della moschea di Al-Aqsa, in cui le forze israeliane hanno fatto incursione per tre giorni di seguito durante l’ultima settimana di Ramadan, sparando lacrimogeni e granate assordanti contro fedeli all’interno della moschea e ferendone centinaia.

A Beit El il banchiere Salama Khalil, 42 anni, ha affermato di aver partecipato alle proteste con suo figlio Saji, 13 anni, per manifestare solidarietà con la gente di Gaza contro il “terrorismo perpetrato dall’esercito israeliano sui palestinesi.”

La stupidità degli israeliani nel cercare di cacciare i palestinesi dalle loro case a Sheikh Jarrah e le loro ripetute invasioni ad Al-Aqsa sono riuscite ad unire i palestinesi di Israele fino a Gaza e alla Cisgiordania, dalla Giordania al Libano e persino a livello internazionale,” ha detto.

å“Ci sono molte possibilità che se non ci sono speranze e nessun processo di pace si vada verso una terza Intifada,” ha aggiunto.

I palestinesi non stanno per scomparire.”

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)




Israele ammassa forze militari a ridosso di Gaza mentre continuano gli attacchi aerei: notizie in diretta*

Virginia Pietromarchi e Arwa Ibrahim

13 maggio 2021 – Al Jazeera

Secondo l’autorità sanitaria il bilancio delle vittime a Gaza sale a 87, mentre Israele accresce il numero di soldati e carri armati al confine dell’enclave palestinese sotto assedio.

*Nota redazionale. A oggi sabato sera 15 maggio il bilancio delle vittime e di feriti è il seguente: 140 morti di cui 39 bambini e 950 i feriti.

Giovedì i caccia israeliani hanno continuato ad attaccare gli edifici più alti e altri obiettivi nella Striscia di Gaza mentre Israele ha intensificato il suo dispiegamento di truppe e carri armati vicino all’enclave palestinese assediata.

I palestinesi hanno trascorso il primo giorno della festa religiosa di Eid al-Fitr [la festa al termine del mese di digiuno del Ramadan, ndtr.] sotto incessanti bombardamenti aerei, mentre il ministero della Salute di Gaza ha annunciato che almeno 87 persone, tra cui 18 bambini, sono state uccise dall’inizio dell’offensiva israeliana nella tarda serata di lunedì. Oltre 530 sono rimaste ferite.

Sono stati anche uccisi almeno sei israeliani e un cittadino indiano. L’esercito israeliano ha affermato che centinaia di razzi sono stati lanciati da Gaza verso varie località in Israele e che sono stati aggiunti rinforzi a ridosso della parte orientale dell’enclave.

In diverse città all’interno di Israele si è anche intensificata la violenza degli scontri tra ebrei israeliani e cittadini palestinesi di Israele.

Ecco gli ultimi aggiornamenti

43 minuti fa (16:52 )

Mentre divampa il conflitto israelo-palestinese Biden sollecita la riduzione degli attacchi missilistici.

Con l’intensificarsi del conflitto a Gaza il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha chiesto una de-escalation della violenza in Medio Oriente, affermando di voler assistere ad una significativa riduzione degli attacchi missilistici.

Parlando ai giornalisti alla Casa Bianca, Biden ha anche detto che si aspetta di avere più colloqui con i leader della regione. Ha aggiunto di non aver assistito a una risposta significativamente sproporzionata” da parte di Israele agli attacchi missilistici di Hamas da Gaza.

“La domanda è … in che modo si otterrà una significativa riduzione degli attacchi, in particolare gli attacchi missilistici, che vengono lanciati indiscriminatamente sui centri abitati”, ha detto Biden.

Biden ha parlato mercoledì con il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e ha riferito che sono in corso conversazioni tra diplomatici, militari e funzionari dell’intelligence statunitensi con le controparti in Israele, Egitto e Arabia Saudita e altri su una riduzione della violenza.

56 minuti fa (16:39)

Israele chiama a raccolta 9.000 riservisti da schierare al confine di Gaza

Nel corso dei combattimenti con Hamas il ministro della Difesa israeliano ha approvato la mobilitazione di altre 9.000 riservisti e il portavoce militare israeliano riferisce che le forze militari si stanno schierando al confine con la Striscia di Gaza.

Il ministero della Difesa ha affermato che l’ultima mobilitazione approvata dal ministro della Difesa Benny Gantz è stata un “reclutamento eccezionale”.

1 ora fa (16:33)

Gli Stati Uniti si oppongono ad una riunione delle Nazioni Unite, venerdì, su Israele e Gaza

Fonti diplomatiche hanno riferito che gli Stati Uniti si sono opposti alla richiesta di Norvegia, Cina e Tunisia di una riunione allargata del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite venerdì per discutere l’aggravarsi della violenza tra Israele e militanti palestinesi, hanno riferito i diplomatici.

Hanno detto che Washington ha citato gli sforzi diplomatici come il motivo della sua opposizione, dicendo che una discussione del consiglio non sarebbe stata produttiva, ma ha lasciato la porta aperta per un possibile incontro martedì.

1 ora fa (16:27)

“Un incubo”: abitante di Gaza racconta l’attacco aereo israeliano

Yousef Al Hammash, un abitante della Striscia di Gaza, ha detto ad Al Jazeera: “Due giorni fa mi trovavo a casa mia con mia moglie incinta e mia figlia di tre anni, e cercavamo di convincerci che stare a casa fosse sicuro.

Alle 18:00 un drone ha colpito improvvisamente l’edificio. Poi è arrivato un attacco aereo che ha colpito l’appartamento sottostante. Sono dovuto scappare subito perché ci aspettavamo un razzo successivo.

“Non ho potuto prendere niente. Il giorno dopo sono tornato per due minuti per cercare di prendere dei vestiti e delle medicine, ma poi [Israele] ha colpito di nuovo.

“Oggi sono dovuto fuggire ancora una volta dalla casa dei miei nonni con tutta la mia famiglia. Tutto quello che possiamo fare è spostarci da un posto all’altro e cercare di convincerci che questa volta staremo al sicuro. È stato un incubo.”

1 ora fa (16:15)

Panico all’aeroporto Ben Gurion

Utenti dei social media hanno detto che i viaggiatori all’aeroporto principale di Israele, il Ben Gurion, erano spaventati e in preda al panico mentre correvano in cerca di riparo dopo che un razzo sparato da Hamas dalla Striscia di Gaza è caduto vicino all’aeroporto.

2 ore fa (15:47)

La Germania mette in guardia per le proteste mentre il conflitto si intensifica

In Germania le autorità hanno previsto ulteriori proteste per il conflitto tra Israele e palestinesi.

Mercoledì la polizia tedesca ha arrestato in tre città più di una decina di persone sospettate di aver danneggiato una sinagoga, bruciato bandiere israeliane e appiccato un incendio in un sito commemorativo ebraico.

I servizi di sicurezza si aspettano un’intensificazione delle azioni di protesta da parte dei palestinesi in Germania e di frange del movimento di sinistra”, ha riferito un portavoce del ministero dell’Interno.

Alcuni dei sospettati per gli incidenti hanno detto alla polizia che sarebbero stati spinti a lanciare pietre contro una sinagoga dalle violenze israeliane contro i palestinesi.

2 ore fa (15:36)

Il bilancio delle vittime a Gaza raggiunge le 87

Il numero dei palestinesi uccisi nella Striscia di Gaza è ora salito a 87, inclusi 18 bambini e otto donne, ha riferito il ministero della Sanità locale.

Almeno altre 530 persone sono state ferite in seguito al persistere della violenza.

2 ore fa (15:07)

La Francia chiede alla polizia di impedire le proteste filo-palestinesi a Parigi

Il ministero degli Interni francese ha chiesto alla polizia di impedire questo fine settimana a Parigi le proteste filo-palestinesi sul conflitto con Israele temendo il ripetersi degli scontri avvenuti nel 2014 in occasione di un evento analogo.

Gli attivisti hanno fatto un appello alla protesta nel quartiere Barbes, a nord di Parigi, per manifestare contro l’uso della forza da parte di Israele nella Striscia di Gaza in risposta al lancio di razzi da parte del gruppo militante Hamas contro lo Stato ebraico.

“Ho chiesto al capo della polizia di Parigi di impedire le proteste di sabato collegate alle recenti tensioni in Medio Oriente”, ha scritto su Twitter il ministro dell’Interno Gerald Darmanin.

“Nel 2014 ci sono state gravi violazioni dell’l’ordine pubblico”, ha aggiunto, esortando anche i comandanti della polizia in altre parti della Francia a rimanere all’erta sulle manifestazioni.

In una circolare visionata da AFP [Agence France-Presse, agenzia di stampa francese, ndtr.] ha anche esortato i comandanti della polizia locale a garantire la “protezione dei luoghi di culto, delle scuole, dei centri culturali e delle attività economiche della comunità ebraica”.

3 ore fa (14:52)

Il ruolo delle celebrità sul conflitto israelo-palestinese

Un’escalation nel conflitto israelo-palestinese, che ha visto decine di morti in pochi giorni, ha suscitato sconcerto e preoccupazioni internazionali sulle possibilità di una guerra totale.

Il conflitto ha preso il sopravvento nell’agenda delle notizie internazionali e ha portato a richieste internazionali per la riduzione dell’escalation.

Ha anche attirato l’attenzione da parte di personaggi pubblici e celebrità di spicco, tra cui le modelle palestinesi-olandesi Bella e Gigi Hadid, la cantante Rihanna, il premio Nobel pakistano Malala Yousafzai e l’attrice israeliana Gal Gadot.

3 ore fa (14:49)

I cittadini palestinesi di Israele riferiscono di attacchi da parte delle forze di sicurezza israeliane

Riya Al-Sanah, attivista palestinese residente ad Haifa, ha dichiarato ad Al Jazeera: Dobbiamo mettere le cose in chiaro su una cosa. Questa non è una guerra civile. Noi palestinesi nel cosiddetto Israele siamo un popolo colonizzato”.

Questo è iniziato nel 1948 con la creazione dello Stato israeliano e la colonizzazione della Palestina. Quindi, non è corretto descriverla [la violenza inter-comunitaria] come una guerra civile. Questa situazione è la continuazione di un processo iniziato molto tempo fa.

“C’è molta paura tra le comunità palestinesi. Non stiamo solo affrontando una violenza strutturale da parte dello Stato israeliano, delle istituzioni di polizia e dei militari, ma stiamo anche assistendo a bande di sionisti organizzate e armate che vagano per le strade, alla ricerca di palestinesi e li attaccano”, ha detto.

Ieri ad Haifa le bande che vagavano per le strade in cerca di palestinesi da aggredire erano protette dalla polizia. La polizia stessa è entrata nelle case delle persone e le ha assalite in modo feroce e violento”.

3 ore fa (14:25)

Putin e il capo delle Nazioni Unite chiedono la cessazione delle violenze

Durante una videochiamata il presidente russo Vladimir Putin e il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres hanno fatto appello perché si ponga fine ai combattimenti tra Israele e palestinesi, ha dichiarato il Cremlino.

“Alla luce dell’escalation del conflitto israelo-palestinese è stato precisato che l’obiettivo principale è fermare gli atti violenti da entrambe le parti e garantire la sicurezza della popolazione civile”, ha detto il Cremlino in un comunicato.

3 ore fa (14:14)

I cittadini palestinesi di Israele riferiscono di attacchi da parte di gruppi di ebrei

Famiglie palestinesi nella comunità mista arabo-ebraica di Haifa hanno detto ad Al Jazeera in arabo che mercoledì sera gruppi di ebrei israeliani stavano marcando le case della comunità araba della città per poterle identificare.

Nel frattempo, altri hanno usato la forza letale per attaccare gli arabi nelle loro case mentre le forze di polizia stavano a guardare.

“La scorsa notte centinaia se non migliaia di coloni [ebrei israeliani] hanno attaccato i quartieri arabi di Haifa”, ha detto Heba, un’abitante araba di Haifa.

Chiedevano dove abitavano gli arabi. Sotto la protezione delle forze di sicurezza ci hanno attaccato nella nostra casa con pietre. C’erano decine di agenti di polizia, automobili e persino cavalli. Non avevamo nulla con cui proteggerci nelle nostre case”, ha aggiunto.

Heba dice che i coloni andavano in giro contrassegnando in rosso le case arabe. Hanno promesso di tornare per attaccarci”.

Stanno assalendo tutti gli arabi che siano musulmani, cristiani o drusi. Siamo terribilmente spaventati dalla possibilità che tornino e ci aggrediscano nelle nostre case e per le strade. Non abbiamo nulla per proteggerci da questa violenza sponsorizzata dallo Stato.

Nessuno è stato arrestato. La polizia li ha chiaramente protetti. Questi gruppi si sentono protetti dallo Stato, dalla polizia, dai militari e da questa violenza”, dice ad Al Jazeera in arabo.

4 ore fa (13:39)

Israele prevede [di attivare] un aeroporto di emergenza in seguito alle crescenti cancellazioni dei voli

British Airways, Virgin Atlantic, Lufthansa e Iberia hanno cancellato i voli per Tel Aviv poiché i vettori europei si sono aggiunti alle compagnie aeree statunitensi nel sospendere i voli verso Israele che ha attivato un aeroporto di emergenza nell’estremo sud come misura precauzionale in difesa dai missili da Gaza.

“La sicurezza e la protezione dei nostri colleghi e clienti è sempre la nostra massima priorità, e continuiamo a monitorare la situazione da vicino”, ha detto British Airways dopo aver cancellato per giovedì i suoi voli da e per [l’aeroporto di] Ben Gurion.

5 ore fa (12:35)

Delegazione egiziana a Tel Aviv per colloqui sul cessate il fuoco

Funzionari dell’intelligence egiziana hanno dichiarato che una delegazione egiziana è a Tel Aviv per colloqui con funzionari israeliani come parte degli sforzi per negoziare un cessate il fuoco nell’escalation del conflitto con Gaza.

I due funzionari hanno parlato sotto anonimato perché non erano autorizzati a informare i media. Essi hanno affermato che la stessa delegazione ha incontrato prima i funzionari di Hamas nella Striscia di Gaza ed è entrata in Israele via terra. L’Egitto ha svolto in passato un ruolo di mediazione tra le parti.

6 ore fa (11:48)

Missile a lungo raggio lanciato verso l’aeroporto Ramon: Hamas

Il portavoce delle Brigate al-Qassam di Hamas ha dichiarato che l’ala armata ha lanciato per la prima volta un razzo verso l’aeroporto di Ramon, a sud del Paese.

lanciato verso l’aeroporto di Ramon, a circa 220 km da Gaza”, ha detto Abu Obeida.

Il razzo prende il nome da Yahya Ayyash, uno dei principali miliziani di Hamas assassinato da Israele nel 1996.

Abu Obeida ha definito il lancio del razzo come parte della risposta delle Brigate al-Qassam all’uccisione dei suoi alti comandanti.

6 ore fa (11:24)

Il primo ministro Johnson afferma che il Regno Unito vuole con urgenza una de-escalation

Il primo ministro Boris Johnson ha detto che la Gran Bretagna vuole vedere un’immediata riduzione della violenza in Israele.

Ovviamente noi nel Regno Unito siamo molto tristi nell’assistere a ciò che sta succedendo e al ciclo di violenze che sembra ora essere in atto”, ha detto Johnson ai giornalisti.

“Penso che sia importante interrompere questo ciclo e porre fine al monopolio della vendetta, e penso che ciò che tutti vogliono vedere sia una immediata, immediata de-escalation”.

6 ore fa (11:21)

Egitto e Russia sostengono che Israele debbano cessare gli attacchi a Gaza

Il ministro degli Esteri egiziano Sameh Shoukry e il suo omologo russo Sergey Lavrov hanno convenuto che Israele deve cessare gli attacchi contro la Striscia di Gaza.

Secondo una dichiarazione rilasciata dal ministero degli Esteri egiziano, in una telefonata i due massimi diplomatici hanno ribadito che Israele dovrebbe fermare lo spargimento di sangue.

6 ore fa (11:12)

“Le nostre armi sono per il bene della nostra terra, per difendere il nostro popolo”: Hamas

L’ala militare di Hamas, le Brigate al-Qassam, ha avvertito Israele che “non ci sono linee rosse se Al-Aqsa viene violata”.

Il portavoce Abu Obeida ha detto che [prendere] la decisione di bombardare Dimona, Tel Aviv e altre città israeliane “è più facile per noi che bere un bicchier d’acqua”.

“Rassicuriamo la nostra gente che abbiamo molti razzi nel nostro arsenale, e i nostri attacchi missilistici hanno rivelato la fragilità del nemico”, ha detto.

Mentre Israele sta preparando le truppe di terra a est della Striscia di Gaza, Obeida ha detto che l’esercito israeliano si pentirà molto nel caso effettuasse un’invasione via terra.

“Le nostre armi sono per la nostra terra, per la difesa del nostro popolo e per la vittoria nella difesa dei nostri luoghi sacri”, ha detto il portavoce militare.

“Ciò che distingue questa battaglia è la solidarietà dei palestinesi in tutto il paese e il loro sostegno unanime alla resistenza”.

8 ore fa (09:56)

Lufthansa sospende i voli per Tel Aviv fino a venerdì

La compagnia aerea tedesca Lufthansa ha dichiarato che sospenderà tutti i voli per Tel Aviv fino a venerdì 14 maggio.

“Lufthansa sta monitorando da vicino l’andamento della situazione in Israele e continua a mantenere uno stretto scambio con le autorità, i fornitori di servizi di sicurezza e il nostro personale sul campo”, si legge in una dichiarazione dell’azienda.

Lufthansa ha dichiarato che i voli per Israele riprenderanno sabato 15 maggio.

8 ore fa (09:43)

Israele organizza “consistenti rinforzi” per sedare la violenza interna

Il ministro della Difesa israeliano Benny Gantz ha ordinato un “consistente rinforzo” delle forze di sicurezza per aiutare a contenere i letali disordini interni che hanno sconvolto le comunità miste ebraiche e arabe in tutto il Paese.

“Siamo in una situazione di emergenza a causa delle violenze interne e ora è necessario un consistente rinforzo delle forze sul campo, che devono essere inviate immediatamente per far rispettare la legge e l’ordine”, ha detto.

Ha specificato che le forze saranno costituite dai riservisti della polizia di frontiera israeliana, forze che operano in gran parte nella Cisgiordania occupata.

8 ore fa (09:28)

L’esercito israeliano provoca 35 feriti nella Cisgiordania occupata

Nida Ibrahim di Al Jazeera riferisce che almeno 35 palestinesi sono rimasti feriti negli scontri con l’esercito israeliano in varie località della Cisgiordania occupata.

Ibrahim ha detto che la maggior parte delle persone è stata colpita da proiettili veri e che i ferimenti hanno avuto luogo prevalentemente nella città di Hebron, nel sud della Cisgiordania.

“C’è stato un numero particolarmente alto di feriti in seguito ad incendi, il che ci mostra che la situazione potrebbe aggravarsi rapidamente”, ha aggiunto.

9 ore fa (09:01)

Il bilancio delle vittime a Gaza sale a 83

Il numero dei palestinesi uccisi nella Striscia di Gaza è ora salito a 83, inclusi 17 bambini, ha detto il ministero della Sanità locale. Più di altri 480 sono rimasti feriti a causa del ripetersi delle violenze.

9 ore fa (08:31)

1.600 razzi lanciati da Gaza: esercito israeliano

Secondo l’esercito israeliano, da quando all’inizio di questa settimana è iniziata l’ultima fiammata di combattimenti, più di 1.600 razzi sono stati lanciati da Gaza contro Israele da quando è scaturita l’ultima fiammata di combattimenti all’inizio di questa settimana.

Circa 400 razzi sono caduti su Gaza, ha detto il portavoce Jonathan Conricus. Il tasso di successo del sistema di difesa aerea israeliano Iron Dome nell’intercettazione dei razzi continua a raggiungere una media di circa il 90%, ha aggiunto.

L’esercito israeliano ha attaccato circa 600 obiettivi nella Striscia di Gaza, compresa la produzione di razzi e le strutture di stoccaggio. È stato anche preso di mira un tunnel che, secondo Conricus, è stato in parte utilizzato per nascondere i combattenti ed è stato costruito sotto una scuola in un’area sovrappopolata.

L’esercito israeliano ha anche affermato che presenterà alla dirigenza politica un piano per un’operazione di terra, ha riferito per Al Jazeera Harry Fawcett in un rapporto dal sud di Israele, vicino al confine con la Striscia di Gaza.

“Ciò non significa che [il piano] andrà avanti poiché un’offensiva di terra a Gaza sarebbe un enorme passo di escalation che comporta un’enorme quantità di rischi”, ha detto.

Fawcett ha riferito che nel frattempo altri razzi sono stati lanciati da Gaza nel corso della notte, aggiungendo che alcuni rapporti hanno rivelato che altri bombardamenti arriveranno durante il giorno.

“Quindi il carattere di grave evoluzione dei fatti rimane per lo più invariato.”

9 ore fa (08:27)

Nuovo raid aereo israeliano sulla città di Rafah

La città di Rafah, nel sud della Striscia di Gaza, è stata colpita da un nuovo raid aereo israeliano, mentre una raffica di razzi è stata lanciata da Gaza verso le città israeliane vicine all’enclave, ha riferito Nida Ibrahim di Al Jazeera in un rapporto da Ramallah.

“Gaza è un pezzo di terra relativamente piccolo con due milioni di palestinesi – una delle aree a più elevata densità di popolazione del mondo, quindi potete immaginare l’impatto su questi obiettivi”, ha detto Ibrahim.

È anche una zona così chiusa che le possibilità di colpire i civili diventano molto alte, come i palestinesi possono testimoniare sulla base delle guerre precedenti”, ha aggiunto.

10 ore fa (07:45)

Israele distrugge la terza torre di Gaza

10 ore fa (07:26)

PODCAST: The take [Il furto, ndtr.] – A Sheikh Jarrah, i palestinesi affrontano il futuro della città

Quelle che erano iniziate come proteste contro le espulsioni forzate in un quartiere palestinese si sono trasformate in una repressione israeliana che ha travolto gran parte della Gerusalemme est occupata, compresi i luoghi sacri come la moschea di Al-Aqsa.

Ma Sheikh Jarrah è solo un quartiere e le evacuazioni sono in corso nella totalità dei territori occupati.

Man mano che si estendono le ripercussioni di Sheikh Jarrah, come influenzeranno il futuro dei palestinesi a Gerusalemme?

10 ore fa (07:23)

“Fate un passo indietro”: il ministro britannico

Il ministro britannico per il Medio Oriente ha esortato “entrambe le parti a fare un passo indietro” dal limite di quella che ha descritto come una terribile escalation.

“Abbiamo visto, tuttavia, un livello senza precedenti di attacchi missilistici contro Israele”, ha detto a Sky News James Cleverly, un giovane ministro degli Esteri che si occupa di Medio Oriente e Nord Africa. “Vogliamo che cessino gli attacchi missilistici”.

10 ore fa (07:23)

Prepararsi a “scenari multipli”: esercito israeliano

Il portavoce militare israeliano Jonathan Conricus ha riferito che gli attacchi a Gaza continueranno mentre Israele si prepara a “scenari multipli”.

“Abbiamo unità di terra che sono pronte e che si trovano in varie fasi della preparazione per le operazioni di terra”, ha detto ai giornalisti giovedì.

11 ore fa (06:16)

Preghiere dell’Eid

Centinaia di fedeli hanno assistito alle preghiere dell’Eid nel complesso della moschea di Al-Aqsa nella Città Vecchia di Gerusalemme, il terzo luogo più sacro dell’Islam.

“Noi a Gaza e in tutta la Palestina non proviamo gioia per questo Eid, a causa dell’attuale devastante aggressione compiuta dalle forze di occupazione su Gaza e su tutta la Palestina in generale”, ha detto Moe’n Ahmad, abitante di Gaza.

I leader religiosi hanno chiesto la tregua nel giorno che segna la fine del Ramadan per i musulmani di tutto il mondo.

12 ore fa (06:00)

La Turchia invita i musulmani a prendere una posizione chiara su Gaza

I Paesi musulmani devono mostrare una posizione unita e chiara sul conflitto di Israele con il movimento di Hamas a Gaza, ha detto il vicepresidente turco Fuat Oktay mentre criticava le potenze mondiali per aver condannato la violenza senza agire.

“Quello che desideriamo è che vengano prese misure attive”, ha detto Oktay ai giornalisti dopo le preghiere mattutine che segnano la fine del Ramadan.

Ci sono decisioni prese ripetutamente alle Nazioni Unite, ci sono condanne. Ma sfortunatamente non è stato ottenuto alcun risultato, perché non viene presa una posizione chiara“.

12 ore fa (05:58)

I razzi determinano il dirottamento dei voli da Tel Aviv

Le autorità aeroportuali hanno annunciato che tutti i voli passeggeri per l’aeroporto internazionale di Israele Ben Gurion, vicino a Tel Aviv, sono stati dirottati verso un aeroporto meridionale a causa del persistente lancio di razzi da Gaza.

Hanno detto che dalla mattina di giovedì è in corso la programmazione dell’atterraggio degli aerei passeggeri all’aeroporto di Ramon, vicino alla città turistica meridionale di Eilat.

(Traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)




Non solo a Sheikh Jarrah: i palestinesi rischiano sfratti ovunque

Redazione di MEE

11 maggio 2021- Middle East Eye

Le famiglie palestinesi hanno subito per decenni continue minacce di sfratti in Israele e nei territori occupati

Nelle ultime settimane la situazione nella Città Vecchia di Gerusalemme e dintorni è peggiorata e la repressione attuata dalle forze di sicurezza israeliane contro i manifestanti palestinesi che protestavano a causa degli sfratti è diventata progressivamente sempre più brutale.

Lunedì mattina le forze israeliane hanno ancora una volta fatto irruzione nella moschea di Al-Aqsa sparando proiettili di acciaio ricoperti di gomma e lanciando lacrimogeni all’interno del complesso, ferendo centinaia di palestinesi.

L’escalation di violenza sta avvenendo nel contesto della prevista espulsione di 40 palestinesi dal quartiere di Sheikh Jarrah, della Gerusalemme Est occupata.

Sin dall’inizio dell’anno scorso i tribunali israeliani avevano ordinato lo sfratto di 13 famiglie palestinesi del quartiere, basandosi su una deliberazione di un tribunale di prima istanza agli inizi del 2021 a favore di rivendicazioni vecchie di decenni su lotti di terra da parte di coloni israeliani.

Un’udienza della Corte Suprema per un appello palestinese era stata fissata per lunedì, ma il ministero della Giustizia israeliano l’ha rinviata a causa delle crescenti tensioni nelle ultime settimane.

Da quando Israele ha occupato Gerusalemme Est durante la guerra del 1967, le organizzazioni di coloni israeliani hanno rivendicato la proprietà di terre a Sheikh Jarrah e hanno presentato con esito positivo vari ricorsi per sfrattare i palestinesi dal quartiere.

Quattro delle 38 famiglie della zona rischiano lo sfratto imminente, mentre tre saranno probabilmente sfrattate il 1 agosto.

Quelle rimanenti si trovano a stadi diversi nell’iter giudiziario in vari tribunali israeliani in uno scontro frontale con potenti gruppi di coloni israeliani.

Nonostante l’attenzione recentemente sia concentrata su Sheikh Jarrah, molte famiglie palestinesi in Israele, a Gerusalemme Est e nella Cisgiordania occupata devono affrontare l’imminente pericolo di espulsione, il che evidenzia l’annoso schema di trasferimenti forzati ed espropriazioni di palestinesi da parte di Israele.

Qui di seguito elenchiamo varie zone dove i palestinesi stanno lottando per rimanere.

Silwan

Come a Sheikh Jarrah, i coloni israeliani hanno avanzato rivendicazioni simili per ottenere la proprietà di terre di palestinesi situate vicino alla Città Vecchia di Gerusalemme.

Israele ha una strategia di insediamenti detta “Bacino Sacro”, che prevede unità abitative per i coloni e una sfilza di parchi intitolati a località e personaggi della Bibbia nei dintorni della Città Vecchia di Gerusalemme. Il piano richiede la rimozione degli abitanti palestinesi dal quartiere di Silwan.

A novembre un tribunale israeliano ha ratificato lo sfratto di 87 palestinesi dalla zona di Batan al-Hawa a Silwan, a sud della moschea di al-Aqsa, a favore del gruppo di coloni israeliani di Ateret Cohanim.

Questo gruppo, che mira a espandere la presenza di coloni nei quartieri a maggioranza palestinese di Gerusalemme Est, intorno e all’interno della Città vecchia, ha fatto causa agli abitanti di Batan al-Hawa, sostenendo che, durante il periodo ottomano e fino al 1938, quando le autorità del mandato britannico le spostarono a causa di tensioni politiche, quei terreni erano di proprietà di ebrei yemeniti.

Anche gli abitanti di Wadi al-Rababa, un’altra zona che ospita circa 800 palestinesi gerosolimitani, sono da tempo in guerra con i bulldozer israeliani. A gennaio alcuni abitanti hanno riferito a Middle East Eye che soprusi e tentativi di demolizione da parte delle autorità israeliane sono aumentati durante la pandemia da Covid-19.

L’avanzata dei coloni israeliani a Silwan è cominciata nel 2004, quando furono fondati due avamposti di coloni. Il numero di avamposti era arrivato a sei nel 2014, da appartamenti isolati a interi caseggiati.

Le autorità israeliane hanno annunciato a novembre un piano di scavi per la costruzione di una funivia sopra Silwan. Il controverso progetto altererebbe drasticamente il paesaggio della storica Città Vecchia ed espanderebbe la presenza israeliana nella zona, facilitando l’accesso dei turisti al Muro Occidentale a spese dei negozianti palestinesi della Città Vecchia

Sin dal 1995, l’Autorità israeliana per le antichità scava dei siti a Silwan con il sostegno della fondazione dei coloni “Ir David”, ufficialmente per creare una nuova attrazione turistica e trovare testimonianze dell’esistenza della “Città di Davide” risalente a tremila anni fa.

Il completamento del progetto della “Città di Davide” che include un “viale” in stile romano costruito sulle strade che per generazioni sono state dei palestinesi, consoliderebbe la posizione illegale dei 450 coloni  che attualmente vivono a Silwan e marginalizzerebbe i 10.000 abitanti palestinesi del quartiere.

Giaffa

Altrove, a Giaffa, nella zona costiera a sud di Tel Aviv, Middle East Eye ha riportato ad aprile che Amidar, un’impresa immobiliare israeliana statale, sta progettando di espellere gli abitanti palestinesi dalle proprie proprietà per venderne alcune a Eliyahu Mali, il capo di una sinagoga militante a Giaffa che sta cercando di impadronirsene per trasformarle in una sinagoga.

Decine di cittadini palestinesi di Israele, che costituiscono il 20% della popolazione del Paese, sono stati attaccati lo stesso mese dalla polizia israeliana e dai seguaci di Mali.

Mali è a capo di “Settling in the Hearts“, [insediarsi nei cuori], un progetto di espansione di colonie israeliane che preme per stabilire avamposti nel cuore di città a maggioranza palestinese e nei quartieri della Gerusalemme Est occupata, in Cisgiordania e in Israele, come al-Ajami.

In aprile Mahmoud Abed, giornalista e attivista di Giaffa, ha detto a MEE che nella zona si stava attuando da parte delle autorità israeliane “un trasferimento silenzioso” di famiglie palestinesi risultante in “una mancanza di sicurezza personale e di una vita dignitosa” per i palestinesi.

Il 70% dei palestinesi che abitano a Giaffa vive in proprietà di cui Israele si è impadronito nel 1948 tramite società statali, come Amidar. Queste imprese possiedono un terzo della proprietà mentre gli abitanti ne possiedono i due terzi,” ha detto Abed.

In anni recenti Israele ha messo all’asta proprietà a Giaffa e chiesto agli abitanti palestinesi di fare delle offerte in concorrenza con ricchi investitori israeliani sulla quota di un terzo detenuta dalle società statali israeliane.

Nessuno può mettere insieme un milione e mezzo di dollari in 60 giorni per restituirli alle compagnie. Quasi 40 famiglie palestinesi se ne sono andate da Giaffa perché non possono comprare o affittare una casa nella zona,” ha detto Abed a MEE.

Umm al-Fahm

Anche Umm al-Fahm, una cittadina nella regione di Wadi Ara vicino ad Haifa, nel nord di Israele, dove recentemente i manifestanti hanno dimostrato contro la violenza e l’inerzia della polizia israeliana [nei confronti della delinquenza locale, ndtr.], ha visto tentativi di sfratto e demolizioni.

I cittadini palestinesi di Israele protestano da tempo che le proprie città e paesi sono poco serviti dalle autorità israeliane, mentre i permessi di costruzione per fornire alloggi per le comunità in espansione sono difficili da ottenere.

Secondo Arab48 [sito di notizie in arabo, ndtr.] la famiglia Eghbarieh, per esempio, da oltre dieci anni è bloccata da dispute con le autorità israeliane riguardo alla demolizione della loro casa. La famiglia ha recentemente presentato ricorso contro lo sfratto.

Secondo Bldtna, sito web palestinese di notizie che ha riferito di parecchie attività commerciali e case nella zona di Wadi Ara a cui recentemente sono state presentate ingiunzioni di demolizione e sfratto perché non avevano un permesso edilizio, lo scorso agosto bulldozer israeliani hanno demolito un edificio in costruzione a causa di una presunta mancanza di licenza edilizia.

Molti palestinesi hanno dovuto demolire loro stessi le proprie case e attività, di fronte all’alternativa fra il farlo loro stessi o pagare le demolizioni attuate dalle autorità israeliane.

Khan al-Ahmar

Prima di Sheikh Jarrah nel 2021, il destino di Khan al-Ahmar aveva attirato l’attenzione mondiale nel 2018.

Il villaggio si trova in Cisgiordania, fra Gerusalemme Est e le colonie illegali israeliane di Maale Adumim e Kfar Adumim.

Nel settembre del 2018, nonostante richieste di Paesi europei, organizzazioni per i diritti umani e attivisti affinché Israele bloccasse il progetto, la Corte Suprema israeliana ha approvato la demolizione di Khan al-Ahmar.

I piani per demolire Khan al-Ahmar fanno parte del cosiddetto piano E1, che prevede la costruzione di centinaia di unità abitative per collegare Kfar Adumim e Maale Adumim con Gerusalemme Est, nell’Area C della Cisgiordania controllata da Israele.

Se implementato completamente, il piano E1 di fatto dividerebbe a metà la Cisgiordania, separando Gerusalemme Est dalla Cisgiordania e costringendo i palestinesi a fare una deviazione ancora più lunga per andare da un posto all’altro, mentre le colonie illegali potrebbero continuare ad espandersi.

Nel 2018, causa della pressione internazionale, Israele ha sospeso i piani di demolire Khan al-Ahmar, ma a marzo il quotidiano israeliano Yedioth Athronoth ha rivelato che i funzionari stavano di nuovo pianificando di sfrattare i palestinesi dal villaggio.

Gli abitanti di Khan al-Ahmar appartengono alla tribù degli Jahalin, un gruppo di beduini espulso dal deserto di Naqab, anche detto Negev, durante la guerra arabo-israeliana del 1948. Gli Jahalin si sono poi stabiliti sulle pendici orientali di Gerusalemme.

La comunità di Khan al-Ahmar comprende circa 35 famiglie, le cui abitazioni e scuole di fortuna, fatte di ondulato e legno, sono state demolite parecchie volte in anni recenti dall’esercito israeliano.

Legislazione delle colonie

Dall’annessione di Gerusalemme Est nel 1967, Israele ha usato due leggi principali per sfrattare i palestinesi dalle loro case.

La Legge sulla Proprietà degli Assenti del 1950 classifica i palestinesi che sono stati espulsi o che hanno lasciato il Paese dopo il novembre 1947 come “assenti” mette le loro proprietà sotto il controllo dello Stato israeliano.

La Legge e Ordinanza Amministrativa del 1970 permette il trasferimento di proprietà perdute a Gerusalemme Est nel 1948 solo agli ebrei.

I palestinesi non possono rivendicare diritti su beni posseduti prima del 1948.

La politica israeliana di insediare i propri civili nei territori palestinesi occupati e cacciando la popolazione locale viola norme fondamentali della legislazione umanitaria internazionale,” ha rilevato Amnesty International, citando le Convenzioni dell’Aia e la Quarta Convenzione di Ginevra.

L’ong aggiunge che “stabilire insediamenti comporta atti importanti”, compresa l’ingiustificata “massiccia distruzione e appropriazione di proprietà” e “trasferimento… da parte della potenza occupante di parti della propria popolazione civile nei territori che occupa, o la deportazione o il trasferimento di tutta o parte della popolazione del territorio occupato all’interno o all’esterno di questo territorio” costituisce crimini di guerra secondo lo Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale.

Amnesty ha anche criticato quello che chiama “urbanistica e sistema di zone discriminatori” da parte di Israele.

Nel frattempo, dagli Accordi di Oslo del 1993 la Cisgiordania è stata divisa in Aree A, B e C, con la maggior parte della popolazione palestinese nelle Aree A e B. L’Area C, che rappresenta il 60% della Cisgiordania, è sotto totale controllo militare israeliano, con comunità palestinesi più piccole che nella zona vengono regolarmente minacciate di demolizioni delle proprie case, mentre le colonie israeliane nelle vicinanze prosperano.

Nell’Area C, dove si trova la maggior parte della costruzione delle colonie, Israele ha allocato il 70% della terra alle colonie e solo l’1% ai palestinesi,” secondo Amnesty, mentre a Gerusalemme Est, “Israele ha espropriato il 35% della città per la costruzione di colonie, permettendo ai palestinesi di costruire su solo il 13% della terra.”

Mentre continua la lotta per Sheikh Jarrah nei tribunali e nelle strade, il fato di altre comunità palestinesi mostra che il problema non comincia né finisce con questo quartiere di Gerusalemme.

(traduzione dall’inglese di Mirella Alessio)