Israele diventerà una teocrazia? I partiti religiosi sono i principali vincitori delle elezioni

Judy Maltz

3 novembre 2022 – Haaretz

Israele si appresta ad avere il governo più clericale di sempre, per cui le richieste di haredi e ortodossi probabilmente saranno una priorità della nuova coalizione di Netanyahu, minacciando le precedenti riforme

Salvo eventuali sorprese dell’ultimo minuto, il prossimo governo israeliano sarà di gran lunga il più confessionale della sua storia.

Dei quattro partiti che si prevede faranno parte della nuova coalizione, tre sono religiosi. Due di questi, United Torah Judaism [Ebraismo Unito per la Torah], i cui elettori sono principalmente ashkenaziti [ebrei di origine europea, ndt.] e lo Shas, il cui elettorato è prevalentemente sefardita [ebrei originari dei Paesi musulmani, ndt.], sono partiti ultra-ortodossi che escludono le donne dalle loro liste elettorali. Il terzo, Religious Zionism [Sionismo religioso], l’unione di tre partiti di estrema destra tra i cui dirigenti c’è un discepolo del defunto rabbino suprematista ebraico Meir Kahane, si colloca sul versante tradizionalista dello spettro religioso, tendenzialmente ultra-ortodosso.

Insieme questi tre partiti rappresenteranno più di metà dei seggi della coalizione guidata da Benjamin Netanyahu, che dovrebbe andare al potere nelle prossime settimane.

Aggiungendo ad essi sette parlamentari dello stesso partito di Netanyahu, il Likud, risulta che 40 dei 65 membri previsti della prossima coalizione di governo israeliana saranno ebrei ortodossi, il 61%, molto oltre il loro 17% della popolazione totale. Circa 2/3 di questo contingente ortodosso è composto da haredi [ebrei ultra-ortodossi e molto tradizionalisti, ndt.].

Per questa ragione mercoledì mattina [il giorno dopo le elezioni, ndt.] molti israeliani si sono svegliati chiedendosi se il loro Paese stia per diventare una teocrazia.

“Non vedo Israele diventare un vero e proprio Stato della Torah [insieme di insegnamenti e precetti biblici, ndt.],” afferma il rabbino Uri Regev, presidente e amministratore delegato di Hiddush, organizzazione che promuove la libertà religiosa in Israele. “Ma stiamo per arrivarci molto più vicino che mai prima d’ora.”

Tani Frank, direttore del Judaism and State Policy Center [Centro per l’Ebraismo e la Politica dello Stato] presso l’istituto Shalom Hartman di Gerusalemme, concorda: “Vedremo sicuramente i partiti haredi spingere in quella direzione,” dice. “Ma ciò non avverrà tutto d’un tratto, perché sono sufficientemente furbi da sapere che ci sarebbe una grande reazione se cercassero di ottenere tutto quello che possono ci sarebbe una fortissima reazione.”

A dire il vero in Israele non c’è mai stata una separazione tra religione e Stato. Questioni relative a matrimonio e divorzio, per esempio, rientrano sotto la competenza delle autorità religiose, nel caso degli ebrei il Gran Rabbinato controllato dagli ortodossi. Con poche eccezioni il trasporto pubblico non circola durante il sabato, e quel giorno la maggior parte dei negozi al dettaglio è chiusa. Dato che in Israele è riconosciuto solo l’ebraismo ortodosso, i movimenti riformatori e conservatori non hanno accesso ai finanziamenti del ministero dei Servizi Religiosi.

Qualunque progresso fatto negli ultimi anni per promuovere la libertà e il pluralismo religiosi è stato per lo più imposto dai tribunali.

Tra gli esempi più significativi c’è stata la fondamentale sentenza dell’Alta Corte di Giustizia del marzo 2021, che ha riconosciuto le conversioni non ortodosse per ottenere la cittadinanza. E grazie a precedenti decisioni della corte in Israele rabbini non ortodossi, come quelli ortodossi, possono essere stipendiati dallo Stato ed è vietata la discriminazione di genere nella sfera pubblica.

Il grande timore è che i partiti religiosi della nuova coalizione di Netanyahu cerchino di indebolire il potere giudiziario attraverso una “clausola escludente” che consentirebbe alla Knesset di ribaltare decisioni della corte come queste. Ciò potrebbe cancellare molti dei progressi fatti negli ultimi anni per promuovere la libertà religiosa in Israele.

“Finora i tribunali sono stati un attore principale nella promozione di questioni come i diritti degli omosessuali e delle donne, ma se questa coalizione porterà avanti i suoi progetti di istituire la clausola escludente, saranno fondamentalmente in grado di fare quello che vogliono,” afferma Shuki Friedman, vice presidente del Jewish People Policy Institute [Istituto di Politica del Popolo Ebraico] con sede a Gerusalemme.

Friedman crede che, oltre che promuovere la clausola escludente, il nuovo governo cercherà di ribaltare immediatamente le riforme religiose approvate dal governo uscente, soprattutto una revisione molto importante del sistema della certificazione casherut [cibi che rispondono ai precetti religiosi, ndt.], che ha attirato la fiera opposizione del rabbinato.

Se il governo uscente avesse tenuto fede alla sua promessa di rilanciare l’accordo sul Muro del Pianto, che intendeva facilitare la preghiera egualitaria nel luogo santo ebraico, questa nuova coalizione avrebbe probabilmente dato priorità al suo annullamento. Ma, dato che negli ultimi 16 mesi non è stato fatto alcun progresso nel rilancio dell’accordo, almeno su questo problema c’è poco da annullare.

“Diciamo pure che questo nuovo governo rappresenta il chiodo definitivo sulla bara dell’accordo riguardante il Kotel [il Muro del Pianto in ebraico, ndt.],” afferma Uri Keidar, direttore esecutivo di Israel Hofsheet, una ong attiva nella promozione della libertà religiosa e del pluralismo ebraico.

Le promesse di Netanyahu

Allora, dove il nuovo governo israeliano dirigerà probabilmente i suoi sforzi in materia di rapporti tra la religione e lo Stato nei prossimi anni (ammesso che duri così a lungo)?

Frank crede che si concentrerà inizialmente su politiche che riguardino e beneficino direttamente la comunità ultra-ortodossa. “Ci sarà molto più denaro per le scuole haredi, comprese quelle che non insegnano materie fondamentali come inglese e matematica,” prevede. In effetti Netanyahu ha già promesso ai dirigenti haredi che non subordinerà i finanziamenti statali per le loro scuole al fatto che insegnino queste materie fondamentali.

Frank pensa anche che i partiti haredi faranno pressione su Netanyahu perché revochi una riforma iniziata dal governo uscente che minaccia il controllo rabbinico sui servizi di telefonia mobile nella comunità ultra-ortodossa.

Ecco alcuni degli altri possibili cambiamenti dello status quo religioso da parte di questo nuovo governo:

Legge del Ritorno: i partiti religiosi hanno a lungo fatto pressione per un cambiamento che limiterebbe notevolmente l’idoneità per l’aliyah [l’immigrazione ebraica in Israele, ndt.] e la cittadinanza in base alla Legge del Ritorno. Secondo l’attuale versione qualunque individuo con almeno un nonno/a o il coniuge di questa persona ebreo/a è idoneo all’immigrazione in Israele.

I partiti religiosi credono che nella sua forma attuale questa legge incoraggi troppi “non ebrei” a immigrare. In base alla loro proposta, la cosiddetta clausola del/della nipote verrebbe eliminata e al suo posto verrebbero autorizzate a fare l’aliyah solo persone con almeno un genitore ebreo.

“Penso persino che essi andranno oltre nella modifica della Legge del Ritorno,” prevede Keidar. Frank ritiene tuttavia che Netanyahu potrebbe respingere simili modifiche. “Conservare la clausola del/la nipote è di estrema importanza per gli immigrati russofoni,” dice, evidenziando che questa comunità rappresenta la grande maggioranza degli immigrati in Israele. “E i russofoni garantiscono ancora al Likud circa 4 o 5 seggi a ogni elezione, perciò egli non può ignorarli.”

Conversione: cinque anni fa lo Shas presentò una proposta di legge che avrebbe dato al rabbinato il controllo esclusivo sulle conversioni in Israele e avrebbe messo fuorilegge le conversioni non-ortodosse. Questa legge non è mai andata avanti nell’iter legislativo, ma, dato il potere che i partiti ultra-ortodossi avranno nella nuova coalizione, Regev sostiene che essi cercheranno di riattivarla. E una volta approvata la clausola escludente, ammesso che lo facciano, potrebbero allora revocare la sentenza dell’Alta Corte che riconosce le conversioni non-ortodosse.

Questa sentenza riguarda solo un piccolo numero di persone che si convertono ogni anno in Israele attraverso i movimenti riformato e conservatore. Ciononostante è stata considerata epocale per il riconoscimento implicito della legittimità delle denominazioni non-ortodosse. Frank pensa che Netanyahu ci penserà due volte prima di appoggiare leggi che cancellino questo riconoscimento, a causa delle tensioni che provocherebbero nei rapporti di Israele con la diaspora ebraica, i cui dirigenti hanno accolto con grande favore la sentenza dell’Alta Corte.

Il trasporto pubblico di sabato: il governo israeliano uscente ha fatto poco per promuovere il trasporto pubblico di sabato, anche se nelle ultime settimane la ministra dei Trasporti Merav Michaeli [segretaria del partito laburista israeliano, ndt.] aveva promesso che la metropolitana leggera ancora in costruzione a Tel Aviv avrebbe circolato nel giorno festivo ebraico. Negli ultimi anni vari Comuni israeliani, insieme a organizzazioni di base, hanno inaugurato linee di autobus che circolano di sabato.

Keidar pensa che il nuovo governo darà la priorità alla lotta contro queste iniziative. In effetti i partiti haredi hanno già manifestato l’interesse a ottenere il ministero dei trasporti nel prossimo governo.

Vari sondaggi d’opinione realizzati da Hiddush hanno rilevato che una vasta maggioranza di israeliani, compresi elettori del Likud, è a favore in vario modo del trasporto pubblico di sabato. “Chiaramente concessioni di questa sorte che Netanyahu verrà sollecitato a fare dai suoi partner di coalizione ultra-ortodossi non solo saranno a dispetto della maggioranza della popolazione, ma anche contrarie alla volontà dei suoi stessi elettori, e questa è una cosa di cui egli dovrà tener conto,” dice Regev, che è un rabbino riformato.

Matrimonio: solo un mese fa un tribunale israeliano ha riconosciuto la validità dei “matrimoni dell’ Utah” [dal gennaio del 2020, nello Stato dello Utah è possibile sposarsi online, ndt.]. La sentenza ha fornito un modo economico alle coppie israeliane per evitare la proibizione del matrimonio civile nel Paese. Finora il matrimonio civile era riconosciuto solo se celebrato fuori dal territorio israeliano. Keidar pensa che la nuova coalizione agirà per ribaltare questa sentenza, ripristinando in tal modo il controllo del rabbinato sui matrimoni.

Diritti LGBTQ: non si prevede che il nuovo governo arrivi fino al punto da mettere fuorilegge l’omosessualità, ma potrebbe cercare di annullare alcuni dei progressi fatti nella promozione dei diritti degli omosessuali da parte del governo uscente e di quelli che l’hanno preceduto, afferma Keidar.

Ciò potrebbe includere l’annullamento del divieto alla terapia della conversione [terapia pseudoscientifica intesa a modificare l’orientamento sessuale delle persone omosessuali per farle diventare eterosessuali, ndt.], tagliando il finanziamento pubblico delle terapie ormonali per persone transgender e il ripristino del divieto alla donazione del sangue per le persone omosessuali. “Non immagino che Netanyahu prenda iniziative drastiche contro le persone LGBTQ perché molte votano Likud,” afferma Frank. “Ma non vedremo assolutamente continuare i rapporti cordiali che sono esistiti tra la comunità LGBTQ e il governo uscente.”

Aborto: non si prevede che il nuovo governo segua la linea degli Stati Uniti e istituisca il divieto assoluto dell’aborto, ma Keidar crede probabile che diventi più attivo nel scoraggiarlo. “Probabilmente vedremo molti più finanziamenti pubblici andare alle organizzazioni che assistono le giovani donne con gravidanze indesiderate perché le portino a termine,” sostiene.

Keidar dice che, anche se il nuovo governo riuscisse a indebolire il potere giudiziario, non avrà carta bianca nell’imporre restrizioni di carattere religioso sulla popolazione laica. “Ci sarà una reazione e lo abbiamo già visto accadere quando hanno cercato di chiudere attività commerciali di sabato nei quartieri laici. La gente è scesa in strada a protestare.”

Nonostante la crescente influenza delle comunità ortodosse e ultra-ortodosse, Keidar nota che gli ebrei laici continuano ad essere la comunità più grande in Israele, rappresentando (secondo i dati pubblicati lo scorso mese dall’Ufficio Centrale di Statistica) il 36% della popolazione. Le comunità ortodosse e ultra-ortodosse rappresentano ognuna circa un altro 8,5% della popolazione.

Tra le iniziative più importanti introdotte dalla coalizione uscente per promuovere il pluralismo religioso in Israele c’è stata la creazione di una nuova “Amministrazione per il Rinnovamento Ebraico” nel ministero per gli Affari della Diaspora. Il suo bilancio di 60 milioni di shekel (circa 17 milioni di euro) intendeva appoggiare, tra le altre cause, le attività dei movimenti riformati e conservatori nel Paese. Il nuovo governo probabilmente troverà altri utilizzi, più in linea con il suo programma ortodosso, per questi fondi, il che sarebbe una grave battuta d’arresto per il pluralismo ebraico.

Tuttavia Rakefet Ginsberg, direttrice esecutiva del movimento conservatore in Israele, rifiuta di credere che il nuovo governo cercherà di chiudere le sue attività: “Voglio sperare che ci sia la comprensione del fatto che i nostri movimenti non pregiudicano l’ebraicità dello Stato, ma al contrario l’arricchiscono.”

Anna Kislanski, direttrice esecutiva del movimento riformato in Israele, sembra meno fiduciosa: “I risultati di queste elezioni sono molto inquietanti per quanti di noi non vengono dal movimento ortodosso,” afferma. “Siamo preoccupati della mancanza di accettazione che questo governo potrebbe dimostrare verso gli arabi, le donne, gli omosessuali e in effetti chiunque non la pensi come il movimento ortodosso.”

Avverte che la frattura tra Israele e l’ebraismo della diaspora potrebbe approfondirsi ulteriormente, considerando il grande seguito del movimento riformato fuori da Israele.

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)