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La visita di Herzog negli Stati Uniti nasconde i crimini israeliani, ma emergono motivi di speranza.

Majdi Khaldi

29 luglio 2023 – Middle East Eye

Il discorso del presidente israeliano al Congresso è stato un mero esercizio di pubbliche relazioni mentre l’appoggio statunitense ai diritti dei palestinesi sembrerebbe il più alto da sempre.

Proprio mentre il governo israeliano promuove un numero senza precedenti di unità abitative nelle colonie e adotta decine di leggi discriminatorie, i politici occidentali continuano a lodare i valori “democratici” e “liberali” di Israele.

È come se si affannassero a trovare ogni scusa per proteggere Israele qualunque cosa faccia.

Questo atteggiamento è stato il presupposto del recente discorso del presidente israeliano Isaac Herzog al Congresso USA, in cui ancora una volta il messaggio di impunità per le violazioni e i crimini israeliani è stato sostenuto oltre ogni considerazione per le leggi internazionali, i diritti umani o persino gli stessi principi del Processo di Pace per il Medio Oriente sponsorizzato a suo tempo dagli USA.

Il discorso di Herzog ha difeso adeguatamente gli interessi del primo ministro Benjamin Netanyahu. Ha glorificato un Israele mitico come faro di democrazia e uguaglianza, come se decine di leggi israeliane che negano ai palestinesi i loro diritti non esistessero, mentre gli ebrei israeliani godono dei pieni diritti dello Stato. Sono in vigore più di 70 leggi discriminatorie contro i palestinesi che secondo diverse organizzazioni per i diritti umani come Amnesty International, Human Rights Watch e persino l’israeliana B’Tselem configurano il crimine di apartheid.

Tra gli esempi ci sono la legge dello Stato-Nazione del popolo ebraico, secondo cui l’autodeterminazione è riservata solo agli ebrei la legge del Ritorno, che consente solo agli ebrei di entrare e ottenere la cittadinanza dello Stato; la legge sulla Proprietà degli Assenti, che codifica il furto di proprietà dei rifugiati palestinesi da parte dello Stato; infine il divieto di riunificazione delle famiglie palestinesi, che nega alle famiglie palestinesi cristiane e musulmane di Gerusalemme o di Israele il diritto di vivere insieme se un coniuge ha la carta d’identità palestinese.

Nessun interesse per la pace

Herzog non ha parlato della soluzione a due Stati, ma dei “vicini palestinesi” di Israele come se non fossero sottoposti all’occupazione israeliana, giocando il classico gioco di incolpare gli altri. Ciò che Herzog ha anche dimenticato di citare è che i “vicini” includono più del 50% della popolazione dei territori controllati da Israele, che consegna alla sua minoranza demografica pieni diritti negando nel contempo i diritti civili e umani al popolo palestinese.

Inoltre non ha menzionato il fatto che il territorio occupato nel 1967, compresa Gerusalemme est, in base al diritto internazionale è della Palestina. È semplicemente vergognoso, anche per centinaia di migliaia di cittadini palestinesi-americani, che i politici statunitensi abbiano ospitato al Congresso la negazione della Nakba e l’occultamento dell’occupazione da parte di Herzog.
Si è trattato di un puro esercizio di pubbliche relazioni piuttosto che di un tentativo di fare la pace. Al massimo è stato un tentativo personale da parte del presidente israeliano di presentare le sue credenziali a Washington in un momento in cui i rapporti tra l’amministrazione Biden e Netanyahu sembrano essere tesi.

Tuttavia i loro problemi non riguardano il popolo palestinese, la cui negazione dei diritti a Washington sembra essere stata normalizzata, ma piuttosto le dispute interne a Israele riguardo alle riforme giudiziarie di Netanyahu.

In effetti lo stesso Congresso USA che sostiene le politiche israeliane contro il popolo palestinese non molto tempo fa appoggiava l’apartheid in Sud Africa. La vasta maggioranza delle iniziative prese dall’amministrazione Trump a sostegno all’annessione israeliana e alla negazione dei diritti dei palestinesi non è stata revocata dall’attuale governo, mentre il Congresso considera ancora l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina un gruppo terroristico proprio come fece con l’African National Congress [il partito di Mandela, ndt.]. Herzog rappresenta la tradizionale diplomazia israeliana che nasconde crimini di guerra con un sorriso e una stretta di mano. La sua descrizione del governo israeliano è stata raffinata e fatta su misura per un pubblico di persone già desiderose di concedergli il podio. Ovviamente non ha citato i sionisti religiosi radicali del suo governo perché sono una pubblicità negativa. Nel contempo sono stati attuati sul terreno i disastrosi progetti del colono di estrema destra e ministro delle Finanze Bezalel Smotrich, che chiaramente invocano una seconda Nakba [la pulizia etnica di cui furono vittime i palestinesi nel 1947-49, ndt.] senza uno Stato palestinese, con l’espulsione forzata e l’apartheid.

Ragioni di Speranza

Ma ci sono ancora ragioni di ottimismo. Il boicottaggio che alcuni membri del Congresso hanno messo in atto contro il discorso del presidente israeliano è più significativo di quanto alcuni credono, in quanto rappresenta la crescente percentuale di americani che appoggiano i diritti dei palestinesi.

Nella comunità statunitense per i diritti umani c’è un crescente riconoscimento dell’apartheid israeliana e più comunità religiose ed altre organizzazioni della società civile stanno chiedendo di prendere misure concrete contro l’occupazione israeliana, anche attraverso il boicottaggio e il disinvestimento.

Quanti sostengono l’impunità di Israele sembrano essere sovrarappresentati rispetto all’opinione pubblica USA. Questi segnali potrebbero essere un punto di svolta nella lotta per la libertà, la giustizia, l’uguaglianza e la pace. Il popolo palestinese e i suoi alleati continueranno la lotta, ovunque siano, per la libertà e rinnovano appelli agli USA e ai Paesi europei perché prendano misure di responsabilizzazione per mettere in pratica, con molto ritardo, i diritti inalienabili del popolo palestinese. Ciò dovrebbe includere azioni contro il terrorismo dei coloni. Inoltre è adesso chiaro che il riconoscimento dello Stato di Palestina è un passo urgente che gli USA e l’UE dovrebbero prendere per confermare il loro sostegno a una soluzione politica piuttosto che rimanere in silenzio riguardo alle azioni di un governo di coloni e altri estremisti che dettano i termini dell’impegno.

I tentativi di sdoganare le politiche israeliane non faranno sparire il popolo palestinese. Nel momento in cui il governo israeliano sta mettendo in atto iniziative intese a consolidare l’annessione di tutta la Palestina storica, la risposta di quanti hanno a cuore la pace fondata su un ordine mondiale basato sulle leggi dovrebbe essere di prendere iniziative per la libertà dei palestinesi piuttosto che rafforzare l’occupazione israeliana.

Il discorso di Herzog al Congresso rappresenta la perpetuazione dello status quo, in cui i diritti dei palestinesi sono negati. Ma lo spostamento dell’opinione pubblica statunitense a favore dei palestinesi e i parlamentari che hanno boicottato la sessione con il presidente [israeliano] sono una fonte di speranza lungo il cammino per raggiungere la libertà e l’indipendenza dei palestinesi.

Le opinioni espresse in questo articolo sono dell’autore e non riflettono necessariamente la politica editoriale di Middle East Eye.

L’ambasciatore Majdi Khaldi è membro del Consiglio Nazionale Palestinese e consigliere diplomatico esperto del presidente palestinese Mahmoud Abbas.

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)




Perché i pogrom dei coloni stanno squassando la Cisgiordania proprio ora

Menachem Klein 

26 giugno 2023 +972

Frustrati dalle reazioni armate ai loro pogrom, i coloni continueranno a propugnare la supremazia ebraica con ogni mezzo necessario.

A volte un evento è così estremo da strappare il paraocchi della deliberata ignoranza alla società ebraico-israeliana. Il pogrom di Huwara lo scorso febbraio in cui centinaia di coloni hanno incendiato la città palestinese nella Cisgiordania occupata è stato un evento del genere. I pogrom della scorsa settimana a Turmus Ayya, Urif e Umm Safa hanno aperto ulteriormente il quadro, costringendo molti israeliani a guardare in faccia a una realtà presente da tempo e che senza dubbio può peggiorare.

Il problema principale non è però nel sottoprodotto dell’occupazione – il terrorismo dei coloni ebrei – ma nell’attività di routine di Israele nei territori. In effetti, la decisione dei dirigenti della sicurezza israeliana di etichettare i pogrom come “terrorismo” indica che il paraocchi è stato levato solo in parte: semplicemente non vogliono che il terrorismo ebraico interferisca o metta in imbarazzo l’autorità di esercito, Shin Bet e polizia.

L’insediamento coloniale è di per sé un atto violento, che sia fatto in accordo con la legge israeliana o con una legge che lo legittima retroattivamente. È violento perché i coloni impongono la loro presenza agli abitanti autoctoni e li privano della terra, dell’acqua, della libertà di movimento e dei diritti umani fondamentali. È un sistema organizzato di violenza per conto dello Stato.

La simbiosi tra esercito e coloni non si limita alla violenza; esiste anche nella concezione che hanno della loro missione. I coloni definiscono esplicitamente la loro missione come l’ebraizzazione dell’area, e lo fanno in modo efficace e coerente. La missione dell’esercito non è garantire la sicurezza a tutti i residenti nei territori – come il diritto internazionale richiede alla potenza occupante – ma piuttosto proteggere i coloni dalle reazioni dei nativi palestinesi, ai quali non è permesso difendersi, né con l’aiuto delle forze di sicurezza palestinesi, né istituendo una propria guardia nazionale.

Il fattore che determina se la vita e la proprietà di un residente della Cisgiordania saranno protette è se è ebreo o meno.

Anche l’espansione delle colonie in risposta all’assassinio di israeliani – come alte cariche del governo si sono impegnate a fare la scorsa settimana – non è un’innocua azione civile. È una violenza senza immediato spargimento di sangue, ma che inevitabilmente genererà una resistenza palestinese seguita da una sanguinosa repressione dell’esercito.

I palestinesi sono tollerati solo se si annullano nel paesaggio, diventando oggetti inanimati che rinunciano alla loro identità collettiva. Ma finché mantengono quell’identità sono per definizione il nemico. L’esercito e lo Shin Bet continueranno a controllarli con dati biometrici ed elettromagnetici che tracciano la loro posizione, le loro azioni e i pensieri espressi nelle telefonate e sui social media. La completa dipendenza dei palestinesi da Israele per i permessi rende facile per le autorità israeliane raccogliere informazioni sulla loro famiglia e le condizioni mediche, le tendenze sessuali, le debolezze personali e l’inquadramento sociale e utilizzare tali informazioni come arma per costringerli a collaborare.

Il predominio ebraico è chiaro come il sole e il popolo palestinese sta sanguinando fisicamente e politicamente. Tuttavia, man mano che le colonie si espandono e l’esercito interviene aumenta l’attrito, e così anche la motivazione palestinese a reagire. Oggi la violenza palestinese ha poca speranza di liberare la Cisgiordania la disparità di potere tra le parti è fin troppo evidente. Piuttosto, intende far pagare un prezzo, un qualsiasi prezzo, ai colonizzatori.

Una frustrazione pericolosa

Questa reazione frustra i coloni. Com’è possibile che tutto il loro potere e la loro supremazia non abbiano ancora cancellato l’identità e la resistenza palestinese? Questa frustrazione è ciò che muove i pogrom, come quelli che abbiamo visto la scorsa settimana, che poi spingono l’esercito e il governo a usare ancora più forza nell’espandere il progetto di insediamento coloniale. Solo pochi giorni fa, il Col. (Forze di Riserva) Moshe Hagar, capo dell’accademia premilitare nella colonia di Beit Yatir, ha invocato la distruzione di una città o di un villaggio palestinesi per dare una lezione ai palestinesi. Nel frattempo Bezalel Smotrich che funge sia da Ministro delle Finanze che come Ministro incaricato degli Affari Civili in Cisgiordania, ha definito “sbagliato e pericoloso” qualsiasi paragone tra ciò che ha definito “terrore arabo” e le “contro-operazioni di civili”.

La loro frustrazione oggi è maggiore di quanto non fosse in passato. Negli anni ’80 e ’90 i coloni nei territori occupati si sono trasformati da movimento civile sostenuto dalla classe dirigente in classe dirigente essi stessi. Si sono fatti strada nei livelli esecutivi degli ambiti governativi di amministrazione e sicurezza che controllano la popolazione palestinese e la sua terra. Oggi, sotto l’attuale governo di estrema destra, hanno raggiunto l’apice del potere. Non pensano affatto a riconoscere dei limiti al proprio potere, perché la direzione delle loro ambizioni politiche è diretta e inequivocabile. Non devono ritrarsi.

L’idea di contenere il conflitto per non perdere il controllo – come sperano di fare esercito, Shin Bet e polizia – è per loro inaccettabile, poiché la loro frustrazione è pari al loro estremismo politico e teologico. I coloni stanno spingendo i dirigenti della sicurezza ad agire secondo la visione di Hagar. A differenza dell'”Operazione Scudo Difensivo” – quando l’esercito israeliano distrusse fisicamente e politicamente l’Autorità Nazionale Palestinese nel 2002 attraverso devastanti invasioni urbane – oggi non c’è più una leadership da decimare. L’ANP sotto il presidente Mahmoud Abbas l’ha già fatto per Israele. L’appello della destra israeliana a lanciare “Scudo Difensivo II” è invece un invito a porre i civili palestinesi come obiettivo centrale piuttosto che come semplice e accettabile effetto collaterale.

La fine del conflitto e la soluzione dei due Stati non sono più interessanti per l’opinione pubblica israeliana e per la comunità internazionale. In mancanza di una soluzione – o più precisamente, della volontà di perseguirne una – i governi stranieri, compresi gli Stati arabi, hanno permesso a Israele di creare un regime unico nell’intera area compresa tra il fiume e il mare senza dover dichiarare ufficialmente l’annessione.

Il fatto che due popoli diversi vivano sotto due sistemi di leggi e un unico potere significa che Israele sta attuando pratiche di apartheid, supremazia razziale e governo militare non come una questione di politica estera, ma piuttosto come politica interna.

Questo è il motivo per cui, ad esempio, il Ministro della Sicurezza Nazionale Itamar Ben Gvir sta cercando di istituire una propria milizia privata, per avere il potere di sottoporre i cittadini palestinesi di Israele alla detenzione amministrativa e per approfondire la penetrazione dello Shin Bet nella vita dei cittadini palestinesi di Israele. E, sulla scia degli eventi del maggio 2021 [grave esplosione di violenza iniziata il 10 maggio 2021 e continuata fino all’entrata in vigore del cessate il fuoco il 21 maggio, ndt.] l’esercito israeliano ha ora elaborato piani per agire contro i cittadini palestinesi in caso di conflitto.

I dirigenti di Israele si stanno rendendo conto che devono piegare ulteriormente la legge alla loro volontà, altrimenti l’identità dell’intera area tra il fiume e il mare non sarà mai esclusivamente ebraica. E, sfortunatamente, la sinistra ebraica sionista non ha né la visione né il coraggio per impedire questa tendenza.

Menachem Klein è professore di Scienze Politiche all’Università Bar Ilan. È stato consigliere della delegazione israeliana nei negoziati con l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina nel 2000 ed è stato uno dei leader dell’Iniziativa di Ginevra. Il suo nuovo libro, Arafat e Abbas: Portraits of Leadership in a State Postponed [Arafat e Abbas: ritratti di leadership in uno Stato rinviato], è stato appena pubblicato da Hurst London e Oxford University Press New York.

(traduzione dall’inglese di Luciana Galliano)




Un bambino palestinese di due anni muore dopo essere stato colpito dal fuoco dei soldati

Maureen Clare Murphy

6 giugno 2023 – The Electronic Intifada

Un bambino palestinese è morto per le ferite riportate quattro giorni dopo essere stato colpito dalle truppe israeliane, lunedì, a Nabi Saleh, un villaggio vicino a Ramallah nella Cisgiordania centrale occupata.

Defence for Children International-Palestine ha affermato che Muhammad Haitham Ibrahim Tamimi, di 2 anni, era nel retro dell’auto di suo padre fuori dalla loro casa giovedì sera “quando le forze israeliane hanno aperto il fuoco indiscriminatamente”.

L’organizazione per i diritti umani ha aggiunto che il bambino è stato colpito alla testa e suo padre alla spalla. Muhammad è stato trasportato in aereo in un ospedale vicino a Tel Aviv, dove in seguito è morto.

L’esercito israeliano afferma che uomini armati palestinesi avevano aperto il fuoco su un insediamento vicino da Nabi Saleh e che le truppe di stanza in una postazione dell’esercito hanno risposto al fuoco.

Il Times of Israel ha affermato in un titolo che Muhammad sarebbe stato “colpito per errore”.

Ma anche se il soldato non intendeva ferire il bambino, l’uso indiscriminato delle armi da fuoco in una comunità palestinese dimostra uno scellerato disprezzo per le vite dei palestinesi.

Ayed Abu Eqtaish, direttore del programma per Defence for Children International-Palestina, ha affermato: “Sparare indiscriminatamente proiettili veri in un quartiere residenziale dove non vi è alcuna minaccia per la vita di un soldato israeliano è una chiara violazione delle stesse politiche dell’esercito israeliano”,

“Le uccisioni illegali di minori palestinesi sono diventate la norma poiché le forze israeliane sono sempre più autorizzate a usare la forza letale intenzionale in situazioni che non sono giustificate”, aggiunge Abu Eqtaish.

“Questo è un crimine di guerra senza conseguenze”.

L’agenzia di stampa ufficiale palestinese WAFA ha riferito lunedì che Hassan al-Tamimi, lo zio del bambino ucciso, ha dichiarato che la famiglia intende portare il caso di Muhammad alla Corte penale internazionale.

Diverse persone nel villaggio sono state uccise negli ultimi anni, di cui due in incidenti distinti nel 2022. Altre sono state gravemente ferite e imprigionate dalle forze israeliane in quanto gli abitanti resistono all’occupazione e agli insediamenti coloniali, in particolare Halamish, che è costruito sulla terra di Nabi Saleh.

Dall’inizio dell’anno le forze israeliane hanno ucciso almeno due dozzine di minori palestinesi, 20 dei quali in Cisgiordania.

Sei minori palestinesi sono stati uccisi durante l’offensiva militare israeliana a Gaza nel mese di maggio; i rapporti iniziali indicano che due di quei ragazzi e ragazze potrebbero essere morti a causa di un razzo che non ha raggiunto il suo obiettivo in Israele.

Inoltre un bambino di 10 anni è morto a causa delle ferite alla testa subite durante un attacco israeliano a Gaza nell’agosto 2022.

Dall’inizio dell’anno ventiquattro israeliani e persone di altre nazionalità sono stati uccisi dai palestinesi nel contesto dell’occupazione, o sono morti per ferite riportate in precedenza. Quattro di loro erano minori.

Sabato, inoltre, tre soldati israeliani sono stati colpiti e uccisi da un ufficiale egiziano lungo il confine tra i due paesi. L’ufficiale egiziano è stato ucciso in una sparatoria in seguito alla sua scoperta da parte delle truppe che setacciavano la zona.

Nel frattempo, domenica, i coloni israeliani hanno attaccato Burqa, una città nel nord della Cisgiordania, lanciando pietre contro gli abitanti e le loro case.

Alla fine del mese scorso i coloni hanno iniziato a spianare la terra a Homesh, un avamposto di coloni costruito su un terreno appartenente ai palestinesi di Burqa.

I coloni hanno invaso Burqa e dato fuoco a diverse strutture nel villaggio dopo che una delegazione di diplomatici a guida europea ha visitato la comunità.

Il gruppo di monitoraggio delle Nazioni Unite OCHA ha registrato quest’anno circa 300 attacchi di coloni in Cisgiordania che hanno provocato danni alla proprietà e più di 100 che hanno provocato feriti o morti.

(traduzione dall’Inglese di Giuseppe Ponsetti)




Un israeliano ucciso in una sparatoria vicino ad una colonia in Cisgiordania

Redazione di MEE

30 maggio 2023 – Middle East Eye

L’esercito sta cercando due assalitori ed ha eretto barriere nell’area attorno alla colonia di Hermesh.

Medici e fonti ufficiali dell’esercito hanno affermato che martedì un civile israeliano è stato colpito a morte vicino ad una colonia nella parte settentrionale della Cisgiordania occupata.

L’esercito israeliano ha affermato che l’uomo, identificato come Meir Tamari, è stato colpito molte volte mentre stava guidando verso l’ingresso della colonia di Hermesh. Secondo funzionari locali Tamari, di 32 anni, era un abitante della colonia a sudovest di Jenin.

L’esercito ha anche affermato che delle truppe stanno cercando i due assaltatori, senza averli ancora identificati, ed hanno eretto delle barriere dell’area circostante.

Un affiliato alle Brigate dei Martiri di Al-Aqsa (legate ad Al-Fatah) ha affermato che l’attacco è stato realizzato per vendicare palestinesi uccisi dallo Stato di Israele.

Successivamente martedì coloni israeliani hanno indetto proteste in Cisgiordania.

Il funzionario del ministero israeliano della Difesa Yoav Gallant ha detto che in seguito alla sparatoria avrebbe “organizzato una valutazione della situazione insieme ad alti ufficiali delle istituzioni della difesa”.

In precedenza sempre martedì, le forze israeliane hanno arrestato cinque palestinesi durante molteplici incursioni in Cisgiordania.

Gli incidenti sono avvenuti perché il governo di estrema destra dello Stato di Israele adotta in modo crescente politiche a favore delle colonie in Cisgiordania, nel Naqab (Negev) e in Galilea a detrimento dei palestinesi, anche di quelli con cittadinanza israeliana.

Circa 700.000 israeliani vivono adesso nelle colonie della Cisgiordania e a Gerusalemme Est occupata che sono considerate illegali dalla comunità internazionale.

La scorsa settimana, coloni israeliani residenti nella colonia di Adei Ad a nord-est di Ramallah hanno aggredito agricoltori palestinesi che stavano lavorando la loro terra tra i villaggi di Turmus Ayya e al-Mughayyir, nella Cisgiordania centrale.

I coloni hanno lanciato pietre e sparato agli agricoltori ferendo almeno cinque persone.

Nel frattempo, dall’inizio dell’anno le truppe israeliane hanno effettuato incursioni quasi giornaliere in Cisgiordania

Da gennaio almeno 117 palestinesi sono stati uccisi dalle forze israeliane e nello stesso periodo sono stati uccisi da palestinesi 19 israeliani.

(traduzione dall’inglese di Gianluca Ramunno)




Dopo proteste una conferenza rinuncia alla presenza di un archeologo israeliano per i legami della sua università con una colonia illegale

Oren Ziv

28 maggio 2023 – +972 Magazine

Data l’illegalità degli scavi in un territorio occupato, alcuni archeologi hanno criticato la partecipazione a un evento internazionale di due studiosi dell’Università di Ariel.

La scorsa settimana, in seguito alle pressioni di altri colleghi ricercatori, un convegno internazionale ha annullato la conferenza di un archeologo israeliano dell’università di Ariel, nella Cisgiordania occupata, mentre la presentazione di un dottorando della stessa università si è tenuta come previsto.

Diversamente da altri conferenzieri, la cui appartenenza a un’istituzione era elencata accanto ai loro nomi nel programma, il prof. David Ben Shlomo e Yair Elmakias, entrambi del Dipartimento del Territorio di Studi israeliani e archeologia, non avevano citato il loro rapporto con l’università di Ariel.

Il biennale Congresso Internazionale sull’Archeologia del Vicino Oriente Antico (ICAANE), considerato uno dei due simposi più prestigiosi sul tema, si è tenuto a Copenaghen dal 22 al 26 maggio. L’edizione di quest’anno, la tredicesima, vedeva circa 20 partecipanti di Israele, provenienti dall’Università ebraica di Gerusalemme, l’Università di Haifa, l’Università di Tel Aviv e l’Università Ben-Gurion nel Negev.

Il fatto che due studiosi dell’università-colonia fossero stati invitati è significativo sia perché l’istituzione è situata nel territorio occupato e sia perché scavare in aree occupate è considerata una violazione ai sensi del diritto internazionale.

Uno degli studiosi che si è opposto alla partecipazione di Ben Shlomo e Elmakias è Brian Boyd, co-direttore del Centro di Studi Palestinesi presso la Columbia University a New York. Boyd, in un post su Facebook, ha citato la decisione del 2013 del Congresso Archeologico Mondiale, secondo cui “non è etico per archeologi professionisti e istituzioni accademiche condurre lavori archeologici e scavi in aree occupate e governate con la forza.”

Sottolineando che “le attività delle colonie israeliane costituiscono un crimine di guerra per il diritto internazionale,” Boyd ha scritto che l’omissione dell’affiliazione istituzionale nel programma della conferenza di Ben Shlomo e Elmakias “sembra suggerire che erano bene al corrente della loro situazione legale e che l’hanno fatto per evitare critiche internazionali da parte della comunità archeologica.” Ha poi aggiornato il post con la notizia che l’intervento di Ben Shlomo era stato annullato. Boyd ha rifiutato di essere intervistato per questo articolo.

Secondo il programma originario della conferenza, Ben Shlomo avrebbe dovuto presentare la sua ricerca sui ritrovamenti dell’età del ferro nel sud della valle del Giordano, nella Cisgiordania occupata. Dopo la cancellazione della sua presentazione, i dettagli del suo intervento sono stati rimossi dal sito web del simposio.

Violando gli accordi di Oslo e il diritto internazionale, Ben Shlomo ha confermato a +972 la sequenza degli eventi. Ha scritto che “(gli organizzatori della conferenza) hanno cancellato la mia conferenza sugli scavi a Khirbet ‘Aujah el-Foqa vicino a Gerico nell’Area C (che è sotto il completo controllo israeliano). All’inizio l’avevano confermata, ma poi varie persone hanno protestato, in Europa il tema è delicato. Immagino specialmente perché uno degli organizzatori del simposio proviene dall’Istituto di Archeologia a Damasco.”

Nell’aprile del 2022 Elmakias, che ha comunque fatto il suo intervento, ha partecipato a un progetto che ha rimosso cumuli di terra dal monte Ebal vicino a Nablus, dove era stato rinvenuto un amuleto con un’iscrizione in ebraico, apparentemente del XIII secolo a.C., la più antica mai scoperta, anche se altri ricercatori hanno messo in dubbio tale datazione.

Il terreno era stato asportato da un sito in Cisgiordania nell’Area B, su cui Israele ha il controllo della sicurezza e l’Autorità Palestinese il controllo amministrativo. In base agli accordi di Oslo e al diritto internazionale Israele non può rilasciare permessi di scavo in questo sito e non può asportare ritrovamenti senza tale permesso.

Come riferito da Nir Hasson ad Haaretz, nel 2019 un gruppo di ricercatori americani e israeliani è arrivato al sito del monte Ebal per collaborare con la Associates for Biblical Research [organizzazione di Ricerca Biblica, ente americano che opera per dimostrare la verità storica della Bibbia, ndt.] e sotto gli auspici del consiglio regionale di Samaria, un ente della colonizzazione [israeliana]. Con l’aiuto di volontari hanno rimosso dal sito tre grandi cumuli di terra che erano stati lasciati dopo gli scavi condotti negli anni ’80, e li hanno spostati per setacciarli nel centro accademico diretto da Elmakias, dove poi hanno scoperto l’amuleto.

Rispondendo a +972 Elmakias sostiene che la sua partecipazione a Copenaghen “non fa notizia”.

Dopotutto gli organizzatori hanno accettato tutte le nostre richieste, incluso che noi apparissimo con il nome dell’università di Ariel e che presentassimo le ricerche condotte in Samaria e nella valle del Giordano.” Elmakias non ha spiegato chi aveva chiesto che la sua affiliazione istituzionale fosse omessa dal programma e se ha ricevuto una richiesta degli organizzatori in seguito alle proteste contro la sua inclusione e quella di Ben Shlomo.

Una grave erosione”

Da parte loro gli organizzatori di ICAANE hanno comunicato a +972 che essi “non discutono con esterni le situazioni individuali,” ma che il congresso “rispetta le convenzioni dell’UNESCO e che, se avesse scoperto che una presentazione avrebbe violato convenzioni, l’avrebbe esclusa dalle presentazioni o dalle pubblicazioni. Ciò può avvenire prima o dopo il congresso.”

Gli organizzatori hanno inoltre dichiarato che non sono loro a invitare i ricercatori alla conferenza, ma sono piuttosto “gli studiosi a sottomettere un estratto e un comitato decide se rientra fra i temi del congresso.” A proposito dell’omissione nel programma dell’università di Ariel hanno detto: “Se alcuni studiosi non hanno affiliazione è molto probabilmente un errore. Normalmente gli studiosi sono ben conosciuti solo per via del loro nome.”

Un rapporto pubblicato nel 2017 da Emek Shaveh e Yesh Din, gruppi per i diritti umani israeliani, afferma: “Dal punto di vista del diritto internazionale i siti archeologici e le antichità sono risorse culturali e di conseguenza appartengono ai territori occupati.” Come tali, continua il rapporto, “le attività permesse al Comandante Militare e a coloro che agiscono in suo nome sono limitate ad azioni intese a salvare o preservare antichità. Israele però interpreta in senso ampio i suoi obblighi di proteggere il patrimonio archeologico, e le sue attività archeologiche si discostano dalle restrizioni su di esso imposte in quanto potenza occupante, determinando violazioni del diritto internazionale.”

Al momento l’Autorità Israeliana per le Antichità (IAA) è tecnicamente responsabile degli scavi nelle zone entro i confini ufficiali di Israele, mentre gli scavi in Cisgiordania sono sotto la responsabilità della Divisione delle Antichità dell’Amministrazione Civile. Tuttavia l’attuale governo di Israele vuole trasferire la responsabilità degli scavi in Cisgiordania alla IAA, sotto l’autorità del Ministero degli Affari e del Patrimonio di Gerusalemme ora guidato da Amichai Eliyahu, del partito di estrema destra Otzma Yehudit.

Alon Arad, direttore di Emek Shaveh, [un gruppo di archeologi di sinistra che criticano gli scavi, ndt.] ha detto a +972 che “se i membri della comunità archeologica di Israele vogliono far parte della comunità professionale internazionale devono farlo secondo le regole e l’etica dell’archeologia. Sfortunatamente assistiamo a una grave erosione di tutto ciò che è relativo all’idea di Israele che la Cisgiordania non è un sito legittimo per le attività accademiche di archeologia israeliana.”

Arad ha aggiunto che in anni recenti c’è stato crescente numero di casi in cui Israele sta tentando di “applicare la sua sovranità indirettamente tramite scavi condotti da università israeliane, o più direttamente tramite IAA.” Ha avvertito che se Israele continua a ignorare il diritto internazionale a questo riguardo, “I’archeologia israeliana sarà danneggiata e gli archeologi israeliani saranno emarginati dalla comunità mondiale.”

Oren Ziv è fotogiornalista, reporter di Local Call e membro fondatore del collettivo fotografico Activestills.

(traduzione dall’inglese di Mirella Alessio)




Una tragedia anglo-israeliana nata dall’occupazione

Ben Reiff

11 aprile 2023 – +972 Magazine

Omettere il contesto violento in cui sono avvenute le uccisioni della famiglia Dee equivarrebbe a condannare innumerevoli altri palestinesi e israeliani allo stesso destino.

Tributi sono giunti ai notiziari tv e ai social media per Rina e Maia Dee,15 e 20 anni, le sorelle anglo-israeliane uccise lo scorso venerdì in attacco con armi da fuoco nella Cisgiordania occupata, e per la loro madre Lucy morta all’inizio della settimana in seguito alle ferite subite. Le tre viaggiavano in un’auto nelle vicinanze dello svincolo di Hamra nella valle del Giordano quando sarebbero state colpite da una violenta scarica di proiettili. L’esercito israeliano sta ora conducendo una caccia all’uomo per trovare i sospettati palestinesi. 

La famiglia Dee era emigrata nove anni fa dal Regno Unito nella colonia cisgiordana di Efrat: Leo, il padre delle ragazze e marito di Lucy, era stato in precedenza rabbino in due congregazioni ortodosse nel nord di Londra. “Non ci sono parole per descrivere la profondità del nostro sgomento e dolore nel ricevere la notizia dell’omicidio,” ha twittato il rabbino capo britannico Ephraim Mervis all’annuncio delle morte delle sorelle, aggiungendo che erano “molto amate” nel Regno Unito e in Israele. Alla notizia che anche Lucy era morta ha twittato: “Il nostro dolore indescrivibile è ancora più profondo.” 

Lunedì il rabbino Dee in lacrime ha detto ai media che “la nostra famiglia di sette persone si è ridotta a quattro,” dopo che Lucy, Maia, e Rina sono state sepolte nel cimitero regionale di Gush Etzion nella colonia di Kfar Etzion. Perdere un membro della famiglia, specie se giovane, è una tragedia insopportabile, non si può immaginare il dolore che il rabbino Dee e i figli rimasti stanno sopportando dopo averne persi tre in una volta. 

Pur riconoscendo tale perdita straziante, da quasi tutti questi tributi e racconti manca un dettaglio importante: l’occupazione militare israeliana. Inserire questo elemento non vuole giustificare l’assassinio delle Dee, al contrario. Ma ignorarlo significherebbe fraintendere il contesto in cui sono vissute e sono state uccise, e così condannare molti altri allo stesso destino.

Come centinaia di migliaia di israeliani che abitano in Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est, i Dee sono diventati parte integrante del progetto israeliano di espansione coloniale nei territori occupati. Colonie come Efrat, che sembra una normale cittadina o sobborgo israeliano serve ad ammassare i palestinesi in bantustan sempre più piccoli per massimizzare il territorio a disposizione degli ebrei, inclusi quelli che arrivano dall’estero. 

Dal 1967 Israele ha rubato oltre 2 milioni di dunam (200.000 ettari) di terre di proprietà privata palestinese in Cisgiordania per fondare centinaia di colonie e avamposti esclusivamente per ebrei, oltre alle infrastrutture necessarie per collegarli fra di loro e con il resto dello Stato. Ognuna di queste colonie è illegale ai sensi del diritto internazionale e viola la Quarta Convenzione di Ginevra che vieta esplicitamente alla potenza occupante di trasferire la propria popolazione civile nei territori occupati. 

Successivi governi israeliani hanno incoraggiato attivamente i propri cittadini a trasferirsi in queste zone offrendo ogni tipo di incentivi finanziari: edilizia sovvenzionata, scuole e trasporti, sgravi fiscali e persino stipendi più alti nel settore pubblico. Tutto ciò va ad aggiungersi a radicate ideologie religiose e suprematiste che ispirano i settori più radicali del movimento dei coloni, sebbene non sia un segreto che tali opinioni sono in molti casi concretamente indotte o facilitate dallo Stato. 

In Israele queste colonie illegali sono totalmente normalizzate e si sono espanse per ospitare circa tre quarti del milione dei suoi cittadini ebrei. Ma l’esistenza stessa delle colonie, oltre all’esteso furto di terre che ha reso possibile la loro costruzione ed espansione, richiede la costante sottomissione della popolazione palestinese dei territori. 

Questa violenza assume varie forme: un esercito che, dall’inizio dell’anno, ha già ucciso circa 90 palestinesi in Cisgiordania, compresi 18 minori, una vasta rete di checkpoint militari che limitano pesantemente la libertà di movimento dei palestinesi e un muro di separazione che penetra profondamente nella Cisgiordania, confiscando altre terre, una misura definita illegale dalla Corte Internazionale di Giustizia. 

Che un’oppressione di tal sorta generi resistenza, anche scoppi violenti, non dovrebbe sorprendere: è una verità vecchia come la storia che popoli sottomessi lottino contro le società che le opprimono mentre combattono per la libertà. In una pubblicità profetica pubblicata da Haaretz nel settembre 1967, solo pochi mesi dopo l’inizio dell’occupazione, attivisti israeliani affiliati al gruppo radicale di sinistra Matzpen si metteva in guardia: “Tenere i territori occupati ci trasformerà in una Nazione di assassini e vittime di assassini.” 

Quella frase sarebbe suonata vera anche due decenni prima, quando, durante la Nakba del 1948, forze sioniste espulsero oltre 750.000 palestinesi il cui ritorno Israele ha continuato a impedire con la forza sin d’allora costruendo città ebraiche sulle macerie dei villaggi palestinesi. L’obiettivo allora era lo stesso di oggi: mantenere la supremazia ebraica sulla terra.

È possibile ripudiare atti di violenza senza negare le condizioni che rendono tale violenza inevitabile. Eppure è esattamente quello che moltissime reazioni all’uccisione delle Dee stanno facendo, omettendo il brutale sistema di dominio imposto ai palestinesi e perciò rendendo le loro azioni incomprensibili, motivate esclusivamente da sete antisemita di sangue. Evitando di fare i conti direttamente con quel sistema, garantiscono che niente cambierà prima che il prossimo attacco faccia altre vittime.

Mantenere l’occupazione è una semplice questione di scelta, nonostante i complessi meccanismi e la burocrazia. Quante altre persone moriranno prima che Israele scelga di porvi fine?

(traduzione dall’inglese di Mirella Alessio)




‘I palestinesi sono animali’ – Perché molti ebrei israeliani approvano il pogrom dei coloni

Philip Weiss

7 marzo 2023 – Mondoweiss

C’è un’opinione diffusa tra molti israeliani: ok, questa è la situazione, comunque loro sono animali, comportiamoci allo stesso modo”, dice Amos Harel riguardo alla visione israeliana degli attacchi dei coloni contro i palestinesi.

Un importante giornalista israeliano la scorsa settimana ha spiegato agli ebrei americani che molti nella società israeliana approvano il “pogrom” dei coloni contro il villaggio palestinese di Huwwara perché considerano i palestinesi “animali” ed accettano come normale l’occupazione.

Parlando all’associazione della lobby filoisraeliana ‘Israel Policy Forum’ (IPF), Amos Harel del quotidiano Haaretz [principale quotidiano israeliano di centro sinistra, ndt.] ha detto che la furia dei coloni a Huwwara il 26 febbraio, che ha ucciso un palestinese e distrutto negozi e automobili, ricorda il Ku Klux Klan che terrorizzava i neri nel sud [degli USA, ndt.], o i pogrom russi contro gli ebrei.

Susie Gelman, presidentessa dell’IPF, ha quindi chiesto se gli israeliani provassero orrore per Huwwara e se il pogrom potesse aprire gli occhi a coloro che hanno rimosso gli orrori della Cisgiordania. Harel ha detto che la maggioranza non prova orrore, che Huwara potrebbe essere “il lato oscuro della luna” benché disti 45 minuti dalla periferia di Tel Aviv.

E per molti israeliani il pogrom è assolutamente giustificabile, occhio per occhio:

La maggioranza degli israeliani rimuove ciò che accade nei territori [occupati, ndt.], non va a visitarli…Per la maggior parte delle persone è una specie di realtà oscura che avviene altrove e che non ha praticamente niente a che fare con loro…

Molti israeliani che hanno saldi principi si sentono malissimo riguardo a quanto è accaduto. Altri dicono: ‘Gli sta bene, bisogna fare così: occhio per occhio, dente per dente’. E purtroppo ciò che sentite è quanto affermano anche alcune persone di destra, non solo i politici di estrema destra.

C’è un’opinione tra molti israeliani: ok, questa è la situazione, comunque loro sono animali, comportiamoci allo stesso modo. Questo spaventa moltissimo, e penso che sia uno dei risultati o delle implicazioni di una lunga occupazione. Io sono nato dopo la Guerra dei Sei Giorni [nel 1967, ndt.], questa è la realtà che conosco. Molte altre persone non pensano neanche più a questo. Fa parte della realtà – gli ebrei stanno sopra, gli arabi sotto, le cose stanno così. Ma ovviamente sul lungo termine questo non può durare per sempre. Ci sarà un alto prezzo morale da pagare per questa situazione, soprattutto se si pone all’interno dell’equazione anche la religione, che a mio avviso è parte del problema.”

È importante sottolineare che quando si tratta di rimuovere gli orrori dell’occupazione i capi degli ebrei sionisti americani sono stati centrali nel soffocare questa consapevolezza negli USA. L’‘Israel Policy Forum’ è tra le associazioni filoisraeliane che hanno agito a Washington per fornire a Israele un’assoluta impunità politica per le sue violazioni delle Convenzioni di Ginevra nell’insediare e popolare colonie per 55 anni, al punto che ora ci sono più di 700.000 coloni ebrei soggetti a leggi differenti rispetto ai palestinesi che vivono sotto occupazione.

Per esempio, l’‘Israel Policy Forum’ ha difeso Israele dalle accuse di “apartheid” avanzate da importanti associazioni per i diritti umani. Nondimeno Harel ha detto che i recenti cambi nell’amministrazione sotto il governo Netanyahu non fanno che rafforzare le accuse, ponendo i palestinesi della Cisgiordania sotto la competenza del Ministero della Difesa e i coloni ebrei sotto l’autorità del Ministero delle Finanze.

[Harel] ha motivato l’uso di termini come “pogrom” e “KKK” relativamente alla furia dei coloni, seguita all’uccisione di due coloni israeliani da parte di un palestinese armato di fucile sulla strada principale di Huwwara:

Questo è il termine che utilizzano i media israeliani: è stato un pogrom. E’ stato compiuto da decine, se non centinaia, di coloni che hanno dato fuoco a negozi e case in tutto il villaggio di Huwwara…La cosa più sconcertante forse è stato il fatto che l’esercito israeliano non ha agito, non è intervenuto, ci è voluto molto tempo…prima che iniziasse a impedire ai coloni ulteriori rappresaglie…Sembrava che un uragano fosse passato per la strada principale del villaggio…E’ stato molto preoccupante da un punto di vista strategico – significa maggiore escalation e maggiore violenza…E dal punto di vista etico…ciò che abbiamo visto, e mi scuso per il brutale linguaggio che sto usando, è stato un KKK locale scatenato per tutte le strade di Huwara: è qualcosa che come ebrei e israeliani non possiamo permettere.”

I ministri di destra fascisti nella coalizione di Netanyahu pensano che “forse una nuova Nakba non è una cattiva idea, una deportazione di palestinesi.”, ha detto Harel. “Sono le persone che fanno parte della struttura decisionale. Non sono dei fanatici. Sono le persone su cui Netanyahu fa affidamento.”

Harel prevede che a causa delle proteste senza precedenti in Israele Netanyahu non andrà avanti con la riforma giudiziaria che ha predisposto, e che alla fine il governo cadrà perché l’estrema destra sarà delusa da Netanyahu e lo abbandonerà.

Ha anche detto che la presenza nelle manifestazioni di riservisti dell’esercito e di altre forze di sicurezza ha dato loro un carattere “militarizzato”, ma le rende più efficaci in quanto rappresentano “il cuore, l’anima e la spina dorsale della società israeliana.”

Se parlate con i funzionari, sono tutti molto preoccupati (dalle proposte di riforma di Netanyahu)… Ex importanti membri del Mossad [servizi segreti israeliani per l’estero, ndt.) e funzionari dello Shin Bet [servizi segreti interni, ndt.] partecipano alle manifestazioni…C’è qualcosa di molto militaresco nelle proteste israeliane, ma anche di patriottico…E’ così che bisogna fare. Usare i generali, le uniformi e le truppe per far valere la propria autorità, se volete, per farsi sentire.”

Philip Weiss

Philip Weiss è caporedattore di Mondoweiss.net e ha fondato il sito nel 2005-06.

(Traduzione dall’inglese di Cristiana Cavagna)




Durante i fatti di Hawara l’Autorità Nazionale Palestinese non si è vista da nessuna parte

Amira Hass

2 marzo 2023 –Haaretz

Sebbene le ben addestrate forze di sicurezza dell’Autorità Nazionale Palestinese non abbiano trovato un modo per proteggere i loro compatrioti dagli attacchi dei coloni, sono sempre lì quando si tratta di reprimere i loro concittadini.

Le cinque ore durante le quali centinaia di ebrei si sono scatenati senza ostacoli attraverso Hawara, attaccando persone e proprietà e appiccando incendi, sono il risultato di decenni di incoraggiamento alla violenza dei coloni e delle calcolate disattenzione e clemenza da parte dell’esercito israeliano, della polizia, dei pubblici ministeri, dei tribunali e dei successivi governi. Ma quelle cinque ore hanno anche dimostrato ancora una volta quanto l’Autorità Nazionale Palestinese sia compiacente con la divisione artificiale della Cisgiordania nelle aree A, B e C, stabilita dagli Accordi di Oslo – una divisione che doveva essere temporanea e scadere entro il 1999.

Questa è una ragione in più per cui l’opinione pubblica palestinese disprezza e detesta la leadership dell’Autorità palestinese. Sebbene le sue forze di sicurezza, addestrate nei paesi arabi e occidentali, non abbiano trovato un modo per proteggere dagli attacchi dei coloni i loro compatrioti, sono sempre presenti quando si tratta di reprimerli.

L’ “Iniziativa da 14 milioni”, che sta tentando di rivitalizzare l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina e di indire le elezioni per un consiglio nazionale e un’assemblea legislativa di tutti i palestinesi, aveva programmato un mercoledì una conferenza stampa in diretta dallo studio televisivo Watan. Considerando la parola “elezione” come una minaccia nucleare, le forze di sicurezza dell’ANP hanno assediato l’edificio che ospita lo studio e hanno fatto irruzione negli uffici per impedire la conferenza stampa. Non era la prima volta che accadeva: le forze di sicurezza hanno interrotto un altro degli incontri dell’iniziativa a novembre.

La scorsa settimana le forze di sicurezza palestinesi hanno istituito posti di blocco alle uscite di diverse città della Cisgiordania per impedire agli insegnanti delle scuole statali, in sciopero dal 5 febbraio, di partecipare a una manifestazione unitaria a Ramallah. L’ANP e il sindacato degli insegnanti della scuola pubblica avevano firmato accordi per un modesto aumento salariale del 15% e l’organizzazione di elezioni sindacali libere e democratiche nel maggio 2022. Ciò ha fatto seguito a un’iniziativa guidata da diverse associazioni educative senza scopo di lucro, gruppi di genitori e dalla Commissione indipendente per i diritti umani (un organo quasi governativo). Come era da prevedere non si è mai tenuta un’elezione. All’inizio di febbraio gli insegnanti hanno appreso che, nonostante l’accordo, gli stipendi di gennaio non includevano l’aumento concordato; sono rimasti addirittura all’80% dei normali livelli salariali, come prima. Ciò ha portato allo sciopero, giunto alla sua quarta settimana, a cui hanno aderito 50.000 insegnanti e che ha tenuto a casa un milione di studenti. I leader dello sciopero mantengono un profilo basso per paura di essere arrestati, come è successo con le precedenti proteste degli insegnanti.

Anche se i figli sono a casa, le associazioni dei genitori sostengono le richieste degli insegnanti. La crisi finanziaria è reale: Israele continua a trattenere ogni anno centinaia di milioni di shekel [1 shekel = 0,26 €] dell’ANP, equivalenti alle indennità che l’ANP paga alle famiglie dei prigionieri detenuti da Israele, ma l’opinione pubblica non crede che non ci siano soldi per stipendi decenti agli insegnanti.

Quindi il messaggio dell’ANP è chiaro: continua a rispettare i suoi accordi con Israele (compreso il coordinamento per la sicurezza), ma non quello con gli insegnanti, uno dei settori più importanti per garantire il benessere comune.

Hawara (e la strada congestionata che la attraversa) è stata classificata più di 25 anni fa come area B [cioè sotto controllo amministrativo palestinese ma israeliano per la sicurezza, ndt.], nella quale ai poliziotti palestinesi è vietato operare e sostarvi armati o in divisa. L’esercito pesantemente armato e la polizia di frontiera, tuttavia, sono una presenza costante vicino a garage e minimarket, stazioni di servizio e bancarelle di falafel. Tutti sanno chi sono stati mandati a proteggere. Le colonie della zona sono note per la loro violenza: Yitzhar e i suoi avamposti, che spuntano febbrilmente come funghi dopo la pioggia; Itamar e i suoi avamposti in espansione; l’avamposto di Givat Ronen, vicino alla colonia di Har Bracha.

I villaggi palestinesi di Burin, Madama, Einabus, Urif, Aqraba, Beita, Yanun e altri vivono da diversi decenni sotto la minaccia del terrore rappresentato da questi intrusi. Alberi abbattuti, raccolti di olive rubati, incendi dolosi, colpi di arma da fuoco contro i contadini, palestinesi aggrediti nelle loro case, sorgenti del villaggio sfruttate [a favore dei coloni, ndt.]: questi non sono atti di “vendetta” compiuti dopo un attacco agli ebrei. Costituiscono un piano calcolato per impossessarsi di più terra palestinese attraverso la violenza e l’intimidazione. Tutto, sia allora che adesso, è stato ed è fatto sotto gli auspici del monopolio esercitato dall’IDF [esercito israeliano, ndt.] sulla sicurezza.

Ovviamente nessuna agenzia di sicurezza palestinese ha tentato di sfidare questa situazione al fine di proteggere gli abitanti dai loro assalitori recidivi. Invece di ringraziare l’Autorità Nazionale Palestinese per la sua obbedienza e lealtà, il governo Netanyahu-Smotrich-Ben-Gvir la incolpa per ogni morto israeliano in un’area sotto il pieno controllo israeliano, vale a dire l’intera Cisgiordania e Israele vero e proprio. Allo stesso tempo, Israele chiede all’ANP di controllare i giovani palestinesi disperati e senza addestramento militare che si sono armati in Cisgiordania. Non c’è da meravigliarsi che il pubblico palestinese ami e ammiri quei giovani uomini armati, anche se non sono capaci, addestrati o preparati a proteggerlo fisicamente dagli attacchi dei coloni o a sventare il furto delle loro terre.

La notte in cui gli ebrei imperversavano ad Hawara, molti dei suoi abitanti che si trovavano fuori città non potevano tornare a casa. Attraverso i social media gli abitanti di Nablus hanno offerto loro ospitalità. A questo si è aggiunto l’apparato di sicurezza nazionale palestinese, che ha aperto loro il suo quartier generale. Le reazioni sono state taglienti, ha detto ad Haaretz un abitante di Nablus. “Cosa siete, un ente di beneficenza?” hanno chiesto con sarcasmo le persone infuriate.

L’esperienza ci insegna che i soldati dell’IDF e i poliziotti di frontiera avrebbero sparato e persino ucciso qualsiasi palestinese avesse cercato di opporsi agli aggressori e difendere la propria famiglia, i vicini o la proprietà con una pistola, un bastone o un coltello. Oppure potrebbe essere stato arrestato e condannato in un tribunale militare prima di essere condannato a molti anni di prigione per possesso di un’arma illegale, aver sparato e messo in pericolo vite ebraiche.

Anche se i poliziotti dell’Autorità Nazionale Palestinese fossero potuti arrivare rapidamente ad Hawara per proteggere i loro connazionali dagli assalitori ebrei, l’esercito li avrebbe bloccati o addirittura uccisi o imprigionati e i giudici militari li avrebbero condannati a lunghe pene detentive senza ascoltare le spiegazioni dei loro avvocati. Qualsiasi tentativo locale di organizzare una difesa usando le armi sarebbe finito in uno spargimento di sangue, soprattutto da parte palestinese, e con un’escalation incontrollabile. È comprensibile, quindi, perché un tale intervento sia ancora oggi improbabile.

Ma al di là delle dichiarazioni, delle condanne e delle richieste che le Nazioni Unite forniscano protezione internazionale, per anni alti funzionari palestinesi si sono astenuti, come risposta alla violenza dei coloni, dall’alzare la testa, revocare un accordo, o stabilire condizioni chiare e ben definite per continuare il coordinamento della sicurezza con Israele.

Invece di inviare le sue forze di sicurezza ad impedire conferenze stampa e manifestazioni che invocano la democratizzazione, e di spiare la propria gente, l’Autorità Nazionale Palestinese avrebbe potuto dislocare permanentemente queste forze – disarmate e in borghese, ma addestrate al controllo antisommossa – nei villaggi frequentemente attaccati dai coloni. Avrebbe potuto informare Israele che lo stava facendo perché l’esercito e la polizia israeliani non stanno adempiendo ai loro doveri come dettato dal diritto internazionale e persino dagli Accordi di Oslo. Avrebbe potuto inviare i suoi comandanti di grado più alto in tournée regolari in questi villaggi, per partecipare all’aratura e alla raccolta delle olive, pascolare le pecore con gli abitanti del villaggio, mentre spiegava agli ufficiali israeliani di non essere disponibile per riunioni di coordinamento con l’IDF, lo Shin Bet e l’Amministrazione Civile, poiché era impegnata a proteggere la sua gente.

La conclusione ovvia è che le agenzie di sicurezza palestinesi e il loro comandante supremo Mahmoud Abbas considerano sacro non solo il coordinamento per la sicurezza con Israele, ma anche i confini dei Bantustan creati dalle divisioni temporanee e permanenti nelle aree A, B e C. Ecco come possono essere garantiti i ristretti interessi personali ed economici del gruppo dirigente, così slegato dal suo popolo.

(traduzione dall’inglese di Giuseppe Ponsetti)




Netanyahu e i funzionari israeliani negano il congelamento degli insediamenti dopo il vertice di Aqaba

Redazione di MEE

27 febbraio 2023 MiddleEastEye

La smentita arriva dopo che in una dichiarazione congiunta Israele aveva affermato di accettare di “interrompere il dibattito su qualsiasi nuova unità di insediamento” per quattro mesi

Poche ore dopo l’incontro tra Israele e l’Autorità Nazionale Palestinese conclusosi con una dichiarazione congiunta che delineava l’impegno israeliano a sospendere le discussioni sui nuovi insediamenti nella Cisgiordania occupata, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha dichiarato che la costruzione degli insediamenti israeliani proseguirà.

Le note apparentemente contraddittorie hanno portato a confusione, visto che anche un certo numero di funzionari israeliani si è affrettato a negare il congelamento della costruzione di insediamenti in Cisgiordania.

All’incontro, che si è svolto domenica nella città giordana di Aqaba, sul Mar Rosso, hanno partecipato anche Egitto e Stati Uniti.

Secondo un comunicato congiunto rilasciato domenica dal Dipartimento di Stato americano, Israele si è impegnato a “interrompere la discussione su qualsiasi nuova unità di insediamento per quattro mesi e a bloccare l’autorizzazione di qualsiasi avamposto per sei mesi”.

Poco dopo la pubblicazione del comunicato, Netanyahu ha twittato che “non ci sarà alcun congelamento” nella costruzione degli insediamenti.

Secondo il diritto internazionale, gli insediamenti costruiti nei territori occupati sono illegali.

Molti ministri importanti di Israele hanno concordato, affermando che non vi è alcun impegno a congelare la costruzione di nuove unità di insediamento.

Il consulente del Consiglio di Sicurezza Nazionale israeliano Tzachi Hanegbi ha affermato che il governo israeliano non ritirerà la sua decisione di legalizzare nove avamposti in Cisgiordania e di costruire 9.500 ulteriori unità abitative nella Cisgiordania occupata.

“Contrariamente ai rapporti e ai tweet sull’incontro in Giordania, non vi è alcun cambiamento nella politica israeliana”, ha detto Hanegbi.

Il Ministro delle Finanze Bezalel Smotrich ha dichiarato su Twitter di non avere “la più pallida idea di che cosa si sia detto o non detto in Giordania”, aggiungendo che non ci sarebbe stato alcun congelamento degli insediamenti, “nemmeno per un giorno”.

Fonti a conoscenza dei colloqui hanno detto ad Haaretz che l’impegno a non discutere la costruzione di nuovi insediamenti per quattro mesi non costituisce una vera concessione, dato che il processo di pianificazione richiederà diversi mesi prima che possano essere approvate nuove ulteriori unità abitative.

In risposta alle dichiarazioni di Netanyahu e di altri ministri israeliani, lunedì il portavoce del Dipartimento di Stato Ned Price ha detto ai giornalisti: “Pensiamo che la dichiarazione parli da sola. Proprio come ci aspettiamo che i palestinesi mantengano i loro impegni, ci aspettiamo che gli israeliani facciano lo stesso”.

Nessuna pressione dagli Stati Uniti

Zaha Hassan, avvocato per i diritti umani e membro del Carnegie Endowment for International Peace [Fondo Carnegie per la Pace Internazionale, think tank apartitico con sede a Washington, ndt.] ha affermato che l’incontro è stato un altro segno che gli Stati Uniti non sono disposti a usare la loro influenza per spingere Israele al rispetto del diritto internazionale.

“Tenere riunioni ad Aqaba o Sharm El Sheikh rappresenta una grande photo opportunity, ma è tutto ciò che può esserci se gli Stati Uniti non mettono in campo il loro potere per raffreddare la situazione”.

Hassan afferma che gli Stati Uniti hanno chiarito che i legami bilaterali di Washington con Israele sono di fondamentale importanza, e che il presidente Joe Biden ha “considerato oltraggioso” suggerire di mettere condizioni agli aiuti militari al Paese.

Ha aggiunto: “Dire a Israele che gli aiuti e la copertura politica non saranno mai ritirati o sospesi è esattamente il motivo per cui i funzionari israeliani si sentono incoraggiati ad andare avanti con l’annessione della Cisgiordania”.

“È anche il motivo per cui i membri della Knesset israeliana si sentono liberi di parlare a sostegno dei coloni israeliani che attaccano e danno fuoco ai villaggi palestinesi”.

Domenica dei coloni israeliani con la protezione dei militari israeliani hanno dato fuoco a decine di case e auto palestinesi nella città di Huwwara, vicino alla città di Nablus nella Cisgiordania occupata. L’attacco è avvenuto dopo che un palestinese armato ha sparato uccidendo due coloni israeliani che attraversavano la città palestinese.

L’attacco alla città è stato appoggiato dai funzionari israeliani, tra cui Smotrich che ha chiesto di “colpire senza pietà le città del terrore e i suoi istigatori con carri armati ed elicotteri”.

Almeno 62 palestinesi sono stati uccisi dagli israeliani quest’anno, al ritmo di più di un decesso al giorno.

Ciò fa seguito a un forte aumento della violenza nel 2022, quando almeno 167 palestinesi sono stati uccisi in Cisgiordania e Gerusalemme Est, il più alto numero di vittime in quei territori in un solo anno dalla Seconda Intifada.

Mentre i colloqui di Aqaba sono stati descritti come “un grande progresso” dal comunicato congiunto, il vertice è stato condannato da un certo numero di fazioni palestinesi.

Suhail al-Hindi, membro di spicco del movimento Hamas, ha affermato che l’incontro di Aqaba “mira a mettere in ginocchio il popolo palestinese”, mentre Maher Mezher, membro del gruppo di sinistra Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (FPLP), ha affermato che al vertice il popolo palestinese non era rappresentato.

(traduzione dall’inglese di Luciana Galliano)




Dopo aver aiutato le vittime del terremoto, un palestinese è stato ucciso dalla furia israeliana

Fayha Shalash

27 febbraio 2023 – Middle East Eye

Sameh al-Aqtash era appena tornato dal volontariato in Turchia quando i coloni hanno attaccato il suo villaggio in Cisgiordania

Quattro giorni fa Sameh al-Aqtash è tornato dalla Turchia, dove aveva sostenuto le vittime del terremoto come volontario. Domenica sera il 37enne palestinese è stato ucciso da coloni israeliani che si sono scatenati nel suo villaggio, Zatara, nella Cisgiordania occupata.

Zatara si trova a sud di Nablus, vicino a un famigerato checkpoint militare israeliano dove, secondo gli abitanti, i soldati vessano quotidianamente i palestinesi. A Zatara vivono solo 100 persone e sono tutti membri della stessa famiglia. La maggior parte di loro sono donne e bambini.

Gli attacchi dei coloni israeliani sono iniziati dopo che domenica pomeriggio un presunto palestinese armato ha ucciso due coloni vicino alla città di Huwwara. In risposta, centinaia di israeliani hanno attaccato città e villaggi palestinesi, ferendo quasi 300 persone e bruciando le case.

Nonostante Zatara si trovi a circa sei chilometri da Huwara, dove i coloni sono stati uccisi e la violenza della folla ha raggiunto il massimo, un gruppo di israeliani ha attaccato il villaggio e ha iniziato a tentare di rimuoverne il principale cancello di ingresso.

Abdel Moneim, il fratello di Aqtash, era con lui mentre si precipitavano a fermare il vandalismo dei coloni.

“Ci siamo affrettati tutti, incluso Sameh, e abbiamo fermato i coloni al cancello e impedito loro di entrare”, ha detto a Middle East Eye.

Ma dopo poco tempo i coloni hanno attaccato di nuovo, questa volta con la protezione dei soldati israeliani. I colpi di arma da fuoco hanno iniziato a prenderci di mira e poi Sameh è caduto a terra”.

Coloni e soldati stazionano insieme dopo la furia devastatrice. (Reuters)

Con i soldati israeliani e i coloni che bloccavano le strade, nessuna ambulanza ha potuto accedere a Zatara, così i fratelli di Aqtash hanno dovuto usare un veicolo privato e trasportarlo su una strada sterrata fino al vicino paese di Beita.

Mentre correvano lungo la strada accidentata, il sangue è uscito da un foro di proiettile nell’addome di Aqtash, che ha iniziato a perdere conoscenza.

Al centro medico di Beita i fratelli di Aqtash sono scoppiati in lacrime quando il medico ha detto loro che egli era morto per le ferite. Lascia tre figli, il più piccolo è una bambina di quattro mesi.

Abdel Moneim afferma: “Non c’erano scontri quando i coloni ci hanno attaccato. Sameh era una persona gentile che amava aiutare la gente: due giorni prima di essere ucciso aveva parlato con i capi dei consigli locali della nostra regione per raccogliere donazioni per le vittime del terremoto in Turchia e Siria”.

Città in fiamme

Le cicatrici degli attacchi senza precedenti dei coloni alle città e ai villaggi a sud di Nablus saranno difficili da cancellare. Case, negozi e automobili sono stati distrutti e incendiati. I coloni hanno massacrato il bestiame dei palestinesi.

Elias Dmaidi, un bambino di otto anni residente a Huwwara, ha detto che pensava che sarebbe stata l’ultima della sua vita.

“Non ho mai visto un attacco così grave: centinaia di coloni urlavano, insultavano, distruggevano tutto ciò che incontravano e davano fuoco alle case mentre le famiglie erano dentro”, ha detto Dmaidi ai giornalisti.

Huwwara, una città divisa da una strada principale frequentata da coloni e soldati israeliani, ha avuto una storia di conflitti crescenti.

La maggior parte delle sue terre sono state confiscate da Israele per costruire colonie ebraiche illegali, con varie strade ad uso esclusivo degli israeliani costruite per servirli e garantire la loro sicurezza.

Mentre il caos inghiottiva la città, l’esercito israeliano ha chiuso tutti i checkpoint intorno a Nablus, bloccando i palestinesi all’interno e all’esterno dell’area. Nonostante gli attacchi dei coloni, gli abitanti hanno aperto le loro case a tutti coloro che non potevano andarsene.

Al sorgere del mattino il sole ha rivelato l’entità dei danni. Nere strisce carbonizzate macchiavano case, negozi e alberi. Anche la scuola era stata attaccata. Temendo per la propria vita gli studenti lunedì sono rimasti a casa.

Palestinesi ispezionano i danni causati dalla furia dei coloni (AP)

Durante i disordini al personale medico e ai vigili del fuoco è stato impedito di raggiungere le aree colpite, con il risultato che centinaia di palestinesi feriti sono stati curati molto tempo dopo essere stati aggrediti.

Ahmed Jibril, direttore delle ambulanze e del dipartimento di emergenza della Mezzaluna Rossa palestinese, ha affermato che i medici sono stati oggetto di numerosi abusi durante l’attacco a Huwwara.

Ha proseguito: “I paramedici sono stati attaccati ed è stato impedito loro di entrare in città, anche le ambulanze sono state colpite. L’ aggressione non è stata opera solo dei soldati, ma anche dei coloni, che hanno aggredito il personale medico mentre cercava di trasportare un ferito”.

Bersagliati dentro casa

Anche Brin, una cittadina vicina che si trova accanto a blocchi di colonie, è stata oggetto di furiosi attacchi.

Ayman Soufan era a casa con moglie e figli quando i coloni li hanno attaccati e hanno dato fuoco alla loro casa.

Ha raccontato a Middle East Eye: “Più di 100 coloni ci hanno attaccati e si sono divisi in due gruppi, uno ha sfondato finestre e porte e l’altro ha rubato le nostre cose e le pecore dalla parte anteriore della casa”.

Poi le hanno dato fuoco. La famiglia di mio fratello e io siamo fuggiti dall’altra parte per proteggerci. Mio figlio è stato colpito alla spalla da una pietra lanciata dai coloni.”

Quasi ogni mese vengono attaccati da coloni. protetti dai soldati israeliani, che vogliono prendere la loro casa e rubare la loro terra per espandere gli insediamenti vicini.

Soufan prosegue: “I coloni hanno cercato di bruciarci vivi all’interno della nostra casa, se non fossimo riusciti a scappare ora saremmo morti. Nonostante l’enorme incendio, i vigili del fuoco non sono riusciti a raggiungerci perché i soldati li hanno ostacolati e il fuoco è rimasto acceso finché non si è spento da solo. Dal 2000 viviamo la stessa spirale di aggressione”.

(traduzione dall’inglese di Giuseppe Ponsetti)