Comunicato del procuratore della Corte Penale Internazionale, Fatou Bensouda, in merito al peggioramento della situazione a Gaza

8 aprile 2018, Fonte : Ufficio del Procuratore

È con grave preoccupazione che io assisto alla violenza e al deterioramento della situazione nella Striscia di Gaza riguardo alle recenti dimostrazioni di massa. Dal 30 marzo 2018 almeno 27 palestinesi sono stati uccisi dalle Forze israeliane di difesa (IDF) con ancora oltre un migliaio di feriti molti in seguito a pallottole vere o a quelle rivestite di gomma. La violenza contro civili, in una situazione come quella che prevale a Gaza, potrebbe costituire crimine sotto il profilo dello Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale (“ICC” o “la Corte”) come lo potrebbe l’uso della presenza di civili nelle attività militari aventi lo scopo di scudi umani.

Ricordo a tutte le parti in causa che dal mio ufficio la situazione in Palestina è sotto esame preliminare. Dato che un esame preliminare non vuol dire inchiesta, qualsiasi presunto nuovo crimine commesso nel contesto della situazione in Palestina, può essere soggetta all’indagine del mio ufficio. Questo si applica agli eventi delle passate settimane e a qualsiasi incidente futuro.

Sono consapevole che nella Striscia di Gaza le manifestazioni sono previste continuare ulteriormente. Il mio ufficio continuerà ad analizzare da vicino la situazione e registrerà qualunque istigazione o ricorso alla forza illegale. Invito tutti quelli coinvolti di astenersi da un ulteriore aggravamento di questa tragica situazione.

Chiunque istiga o intraprende atti di violenza quali comandare, richiedere, incoraggiare o contribuire in qualsiasi altro modo all’esecuzione di crimini all’interno della giurisdizione della Corte Penale Internazionale è passibile di azione penale presso la Corte con pieno rispetto per il principio di complementarietà. Il ricorso alla violenza deve cessare.

L’Ufficio del procuratore dell’ICC svolge accertamenti preliminari indipendenti e imparziali, indagini e azioni processuali contro il crimine di genocidio, il crimine contro l’umanità e i crimini di guerra. Fin dal 2003 , l’Ufficio ha iniziato indagini in molte situazioni all’interno della giurisdizione dell’ICC, in particolare in Uganda, nella Repubblica Democratica del Congo, nel Darfur, in Sudan, nella Repubblica Centrale Africana (due distinte situazioni), in Kenya, in Libia, in Costa d’Avorio, in Mali, in Georgia e in Burundi. La seconda Camera preliminare si è fatta carico della richiesta del pubblico ministero per l’autorizzazione a iniziare un’indagine sulla situazione della Repubblica Islamica dell’Afghanistan. L’Ufficio sta anche conducendo esami preliminari in merito alle situazioni in Colombia, nella Repubblica di Gabon, in Guinea, in Iraq/Uk, in Nigeria, in Palestina, nelle Filippine, in Venezuela e in Ucraina.

OTPNewsDesk@icc-cpi.int

(Traduzione di Carlo Tagliacozzo)




Stephen Hawking e Hamas: come uno scienziato ha preso la parola a favore dei palestinesi

Redazione di MEE

mercoledì 14 marzo 2018,Middle East Eye

Nel 2006 il fisico, morto mercoledì, incontrò il primo ministro israeliano Ehud Olmert, ma auspicò colloqui tra Israele ed Hamas dopo la guerra contro Gaza del 2008-09

Mercoledì si sono resi omaggi al famoso fisico inglese Stephen Hawking – ricordandolo non solo per la genialità della sua mente come scienziato, ma anche come appassionato attivista che ha prestato la propria impareggiabile voce a cause come il diritto dei palestinesi a resistere e per chiedere la fine della guerra in Siria.

Hawking, morto mercoledì mattina a 76 anni, raggiunse la fama internazionale in seguito alla pubblicazione nel 1988 di “Una breve storia del tempo”, il suo libro sulla ricerca di fisica teorica per una teoria unitaria che permettesse di risolvere [la contraddizione tra] la relatività generale e la meccanica quantistica.

Il libro arrivò a vendere più di 10 milioni di copie e trasformò Hawking in uno dei più rinomati scienziati al mondo.

A quel tempo Hawking era costretto su una sedia a rotelle e in grado di parlare solo tramite il suo particolare sintetizzatore vocale, poiché all’età di 22 anni gli venne diagnosticata una patologia neuronale.

Tra quanti hanno postato sui social media omaggi alla sua memoria ci sono stati i militanti per i diritti dei palestinesi, che hanno ricordato il suo appoggio al movimento per il Boicottaggio, il Disinvestimento e le Sanzioni (BDS), che chiede il boicottaggio accademico di Israele.

Nel 2013 Hawking si è ritirato da una conferenza a Gerusalemme sul futuro di Israele, affermando di aver deciso di “rispettare il boicottaggio” in base al parere di accademici palestinesi.

Hawking è stato condannato da sostenitori di Israele ; un portavoce del ministero degli Esteri israeliano ha detto: “Mai uno scienziato di una tale importanza ha boicottato Israele.”

Israel Maimon, il presidente della conferenza, ha affermato: “Il boicottaggio accademico di Israele secondo noi è vergognoso e scorretto, sicuramente da parte di una persona per la quale lo spirito di libertà è alla base della propria missione umana e accademica.”

Nel gennaio 2009, parlando con Al Jaazera dell’invasione israeliana di Gaza, “Piombo fuso”, in cui vennero uccisi più di 1.000 palestinesi, Hawking disse: “Un popolo sotto occupazione continuerà a resistere in ogni modo possibile. Se Israele vuole la pace dovrà parlare con Hamas come la Gran Bretagna ha parlato con l’IRA (l’Irish Republican Army) [il gruppo armato degli indipendentisti irlandesi, ndt.].”

Hamas è il rappresentante democraticamente eletto del popolo palestinese e non può essere ignorato.”

In quel periodo la posizione di Hawking sulla Palestina sembrò essersi radicalizzata, dai tempi della visita di otto giorni in Israele nel 2006, quando si incontrò con l’allora primo ministro Ehud Olmert.

Durante quel viaggio Hawking tenne anche una lezione presso l’Università Ebraica di Gerusalemme e visitò l’università [palestinese] di Birzeit nella Cisgiordania illegalmente occupata.

Hawking ha anche utilizzato la sua pagina Facebook per appoggiare gli scienziati palestinesi, chiedendo lo scorso anno ai suoi followers di donare fondi per sostenere l’apertura di una seconda scuola palestinese di studi di fisica avanzata.

Nel 2014 Hawking ha anche fatto sentire la propria voce sulla guerra in Siria, come parte di una campagna di “Save the Children”, per ricordare quello che allora era il terzo anno del conflitto, dando voce alle esperienze dei bambini colpiti dagli scontri.

Hawking ha affermato: “Quello che sta avvenendo in Siria è un abominio che il mondo sta guardando impotente dall’esterno. Dobbiamo lavorare insieme per porre fine a questa guerra e per proteggere i bambini siriani.”

Nel 2003 Hawking si espresse anche contro l’invasione dell’Iraq guidata dagli USA.

Nel 2004, rivolgendosi ad un raduno contro la guerra, Hawking disse che la guerra era stata giustificata sulla base delle “due menzogne”, secondo cui l’Iraq possedeva ordigni di distruzione di massa e insinuazioni su legami tra il governo di Saddam Hussein e gli attacchi dell’11 settembre 2001 contro gli USA.

È stata una tragedia per tutte le famiglie. Se questo non è un crimine di guerra, che cos’è?” disse Hawking. “Mi scuso per la mia pronuncia. Il mio sintetizzatore vocale non è stato impostato per i nomi iracheni.”

(traduzione di Amedeo Rossi)

 




Presentate alla corte dell’Aja prove di apartheid, saccheggio ed assassinio da parte di Israele

Ali Abunimah

21 settembre 2017,Electronic Intifada

Mercoledì [20 sett.] quattro organizzazioni palestinesi per i diritti umani hanno presentato alla procura della Corte Penale Internazionale 700 pagine di prove di crimini di guerra e contro l’umanità da parte di Israele.

Ciò avviene mentre due comunità palestinesi in Cisgiordania devono affrontare un’imminente e totale distruzione da parte di Israele.

I crimini dettagliati nel dossier includono la persecuzione, l’apartheid, il furto esteso, la distruzione ed il saccheggio delle proprietà palestinesi e prove degli “omicidi ed assassinii deliberati” di centinaia di palestinesi dal 2014.

Shawan Jabarin, direttore del gruppo per i diritti umani Al-Haq, ha affermato che il dossier “fornisce una base convincente e ragionevole” perché la procura apra un’indagine in merito a possibili crimini di guerra e contro l’umanità da parte di Israele nella Cisgiordania occupata, compresa Gerusalemme est.

Questo è il quarto dossier che i gruppi per i diritti umani hanno presentato alla corte. Mentre questo si concentra sulla Cisgiordania, quelli precedenti riguardavano crimini commessi da importanti personalità civili e militari israeliane durante l’attacco del 2014 contro Gaza.

Minacce di morte e vessazioni

Jabarin ha presentato il documento alla corte dell’Aja insieme alla sua collega Nada Kiswanson. Kiswanson ed altri ricercatori per i diritti umani affiliati a Al-Haq sono stati bersaglio di una lunga campagna di vessazioni e di minacce di morte che un esperto analista israeliano ha collegato a “operazioni segrete” del governo israeliano.

Al-Haq ritiene che le minacce siano legate al lavoro di Kiswanson per preparare il dossier per la corte internazionale. Il governo dell’Olanda, dove si trova la corte, ha affermato che è stata aperta un’inchiesta penale in merito alle minacce.

Dominio degli ebrei israeliani”

In base alle affermazioni di Al-Haq, l’ultimo documento “prende in considerazione il tentativo di Israele di ampliare il proprio territorio e di garantirvi il dominio degli ebrei israeliani modificando la composizione demografica dei territori palestinesi occupati.”

Raji Sourani, direttore del “Palestinian Center for Human Rights” [“Centro Palestinese per i Diritti Umani”, ndt.], ha affermato che il trasferimento di coloni nelle terre palestinesi occupate da parte di Israele “costituisce un unico crimine di guerra in quanto accompagnato dalla confisca di parti consistenti di terra palestinese, dalla distruzione massiccia di proprietà palestinesi e dalla frammentazione del tessuto sociale e del modo di vita palestinesi.”

Benché le violazioni israeliane nella Cisgiordania occupata possano essere viste separatamente da quelle a Gaza, Issam Younis, direttore del “Al Mezan Center for Human Rights” [“Centro Al Mezan per i Diritti Umani”, ndt] ha spiegato come essi siano legati: “In ultima analisi l’isolamento di Gaza, oltre ai periodici attacchi militari su vasta scala, consente a Israele di consolidare il proprio controllo su tutti i territori palestinesi occupati e nega ai palestinesi il loro diritto, internazionalmente riconosciuto, all’autodeterminazione.”

Pressione

Il comportamento di Israele durante la guerra del 2014 contro Gaza, così come denunce di numerosi crimini in Cisgiordania, è attualmente oggetto di un esame preliminare da parte della procura dell’Aja. Deve decidere se aprire un’indagine accurata, che potrebbe portare a un’incriminazione formale di dirigenti e personale militare israeliani.

Non ci sono limiti di tempo per un esame preliminare, e la procura si trova sotto costante pressione da parte di Israele e degli Stati Uniti per lasciare che Israele se la cavi. Sono incentivati in ogni modo a starsene con le mani in mano.

Indagini farsa su se stesso

Lo scorso mese due gruppi per i diritti umani hanno concluso che il sistema israeliano di inchiesta su se stesso in merito a possibili crimini contro palestinesi da parte delle proprie forze è una farsa.

Centinaia di casi, compresa la nota uccisione di quattro ragazzini che giocavano a pallone su una spiaggia nel luglio 2014 [a Gaza, ndt.], non hanno portato a nessuna sanzione nei confronti dei responsabili.

Nel maggio 2016 B’Tselem ha annunciato che non avrebbe più collaborato con le inchieste per omicidio dell’esercito israeliano né per altri attacchi contro palestinesi nella Cisgiordania occupata.

Non aiuteremo più un sistema che copre le inchieste e serve come foglia di fico per l’occupazione,” ha spiegato il direttore del gruppo israeliano per i diritti umani.

Quando si tratta di crimini come l’apartheid e la colonizzazione, Israele ovviamente non fa niente per condurre indagini e punire se stesso – dato che questi crimini sono pianificati ed eseguiti dallo Stato stesso.

Ma persino in situazioni in cui Israele ha riconosciuto – almeno sulla carta – che una determinata azione era un crimine, nessuno ne ha pagato le conseguenze.

Ciò dovrebbe essere un importante fattore nelle decisioni della procura, perché, in base al suo statuto fondativo, la Corte Penale Internazionale interviene solo quando le autorità giudiziarie nazionali non sono disposte o non possono condurre procedimenti imparziali.

Villaggi che devono far fronte alla distruzione

Né le azioni della corte sono solo una questione di responsabilizzazione per il passato, ma per porre fine a crimini in corso.

Questo mese B’Tselem ha messo in guardia importanti dirigenti israeliani, compresi il primo ministro Benjamin Netanyahu, il ministro della Difesa Avigdor Lieberman e il capo di stato maggiore militare, che potrebbero essere personalmente imputabili per crimini di guerra se procedessero all’apparentemente imminente distruzione di Khan al-Ahmar e Susiya, due comunità della Cisgiordania.

La demolizione di intere comunità nei territori occupati è pressoché senza precedenti dal 1967,” ha affermato B’Tselem.

Robert Piper, direttore dell’aiuto umanitario ONU in Palestina, ha twittato: “Tener d’occhio la comunità beduina di Khan al-Ahmar a rischio di deportazione da parte delle autorità israeliane nei prossimi giorni.”

Egli ha involontariamente identificato un problema in cui l’ONU gioca un ruolo fondamentale: la cosiddetta comunità internazionale se ne sta in disparte e si limita a guardare come Israele commette quotidianamente crimini.

(traduzione di Amedeo Rossi)

 

 




I palestinesi esortano i docenti universitari dell’Ue a porre fine alla collaborazione con i torturatori israeliani

Ali Abunimah, 

4 Settembre 2017, Electronic Intifada

Docenti universitari palestinesi stanno esortando i loro colleghi europei a porre fine alla loro collaborazione con un progetto dell’Unione Europea che finanzia i torturatori israeliani.

La Federazione Palestinese dei Sindacati dei Docenti ed Impiegati Universitari ed il PACBI, la campagna palestinese per il Boicottaggio accademico e culturale di Israele, stanno sollecitando l’università belga di Lovanio e l’istituto di ricerche portoghese INESC-ID ad uscire dal programma “LAW-TRAIN” finanziato dall’UE.

Invitano anche tre professori universitari inglesi indicati come supervisori – Claire Nee dell’università di Portsmouth, Jo Taylor e William Finn, entrambi dell’istituto di formazione della polizia – a porre fine al loro ruolo nel progetto.

LAW-TRAIN” ha avuto inizio nel maggio 2015 con lo scopo apparente di “armonizzare e condividere tecniche di interrogatorio tra i Paesi coinvolti per far fronte alle nuove sfide della criminalità transnazionale.”

E’ un progetto in comune con il ministero della Sicurezza Pubblica israeliano, la polizia e l’università israeliana di Bar-Ilan.

Ma in giugno esperti di diritto internazionale hanno affermato che “LAW-TRAIN” viola le norme UE e le leggi internazionali perché il ministero della Pubblica Sicurezza israeliano “è responsabile di, o complice in, torture, altri crimini contro l’umanità e crimini di guerra.”

Finanziare i crimini di guerra

I docenti universitari affermano che la polizia israeliana e l’università Bar-Ilan sono anche direttamente coinvolte in numerose violazioni, comprese esecuzioni extragiudiziarie, torture, crimini di guerra e collusione con la polizia segreta di Israele.

La collaborazione con queste istituzioni tramite “LAW-TRAIN” non solo non tiene conto dei diritti umani dei palestinesi,” aggiungono, “ma fornisce il via libera perché quei metodi di tortura proseguano, e, ancora peggio, li presenta come un esempio da seguire in Europa.”

Fonti ufficiali europee sostengono che “LAW TRAIN” ha superato un esame ed una valutazione etica, ma, secondo esperti di diritto, il procedimento è stato lacunoso ed ha ignorato normative chiave europee che vietano di finanziare individui o enti coinvolti in gravi comportamenti scorretti.

LAW-TRAIN” è finanziato in base a “Horizon 2020”, un programma dell’UE che fornisce milioni di dollari ai produttori di armi israeliani e a violatori dei diritti umani sotto forma di appoggio alla “ricerca”. Per esempio, “Horizon 2020” sta fornendo milioni di dollari alla “Elbit Systems”, un’industria israeliana che sta aiutando l’esercito israeliano ad aggirare un bando internazionale contro le bombe a grappolo.

All’inizio di quest’anno il commissario per la scienza dell’UE Carlos Moedas ha visitato Israele per festeggiare il ruolo di Israele in “Horizon 2020”.

Politica accondiscendente dell’Europa

La logica ufficiale dell’appoggio incondizionato dell’UE ad Israele sembra essere che, impegnandosi nel “dialogo” e rassicurando Israele, questo si senta sufficientemente sicuro da fare passi verso la “pace” e la mitica soluzione dei due Stati.

Ma l’accondiscendenza dell’UE ha avuto l’effetto esattamente opposto, incoraggiando semplicemente Israele a commettere più crimini. Nel 2014, per esempio, l’UE ha lanciato un “dialogo” inteso a convincere Israele a congelare la demolizione di case e strutture palestinesi nella Cisgiordania occupata. Secondo un’analisi, Israele ha risposto accelerando le demolizioni delle strutture finanziate dall’UE.

Negli ultimi anni Israele ha distrutto almeno il valore di 74 milioni di dollari di progetti finanziati dall’UE con totale impunità.

Lo scorso mese Israele ha demolito parecchie scuole e progetti finanziati dai contribuenti europei in Cisgiordania. La risposta dell’UE è stata un debole comunicato, seguito da altri favori ad Israele.

Ironicamente, una delle proteste formulate con parole più dure – anche se innocue – contro le demolizioni è venuta dal governo del Belgio, che è profondamente complice di “LAW-TRAIN”: molte autorità giudiziarie belghe sono coinvolte nel programma.

Ma il fallimento più spettacolare della politica accondiscendente dell’UE si è esplicitato nella forma della recente promessa del primo ministro Benjamin Netanyahu secondo cui Israele non smantellerà nessuna colonia dalla Cisgiordania occupata – distruggendo l’alibi persino del più ingenuo dei dirigenti dell’UE che Israele sia interessato a una soluzione dei due Stati.

Tutte le colonie israeliane sono illegali in base alle leggi internazionali, e persino l’UE afferma di opporvisi.

Ma non c’è da sorprendersi che Israele stia accelerando il suo furto e la sua colonizzazione della Cisgiordania: l’ambasciatore dell’UE a Tel Aviv lo scorso anno ha affermato pubblicamente che prodotti degli insediamenti israeliani sono i “benvenuti” sui mercati europei – anche se i principali gruppi per i diritti umani stanno chiedendo un divieto totale degli scambi commerciali con le colonie.

Ignari

Agendo come se fossero ignari, questa settimana i burocrati dell’UE hanno continuato a gratificare Israele con la visita di Elżbieta Bieńkowska, la commissaria “alle attività imprenditoriali” del blocco di 28 Paesi.

Il suo obiettivo è promuovere un’ulteriore “cooperazione” in campi quali scienza e tecnologia – spesso un nome in codice per sviluppo di armamenti e commercio di armi.

La visita di Bieńkowska è l’ultima di una sfilata di funzionari UE di alto livello a Tel Aviv che ha incluso il commissario alla scienza Moedas.

Un altro importane funzionario ha recentemente garantito l’appoggio dell’UE ai tentativi di Israele per mettere a tacere le critiche alle sue politiche, con il pretesto di lottare contro l’antisemitismo.

Funzionari dell’UE continuano anche a calunniare il movimento nonviolento per il Bboicottaggio, il Disinvestimento e le Sanzioni con affermazioni che l’UE non può dimostrare, come l’asserzione secondo cui le attività del BDS hanno portato a un aumento degli episodi di antisemitismo.

Il chiaro e costante messaggio da Bruxelles a Tel Aviv è che l’UE non solo tollera i crimini di Israele, ma che li appoggia entusiasticamente.

E’ improbabile che ciò cambi finché i cittadini europei non rafforzeranno il messaggio che non consentiranno più che il loro danaro sia impropriamente utilizzato dai funzionari dell’UE e dalle istituzioni accademiche europee per appoggiare il regime israeliano di occupazione, colonialismo di insediamento e di apartheid.

(traduzione di Amedeo Rossi)




“Fanculo, spazzate via Gaza”, dice un portavoce della nuova campagna UE

Ali Abunimah e Dena Shunra – 3 agosto 2017, Electronic Intifada

L’Unione Europea ha ingaggiato come volto di una nuova campagna promozionale un israeliano che invoca una violenza genocida contro i palestinesi.

Avishai Ivri compare in un video postato lo scorso mese dall’ambasciata dell’UE a Tel Aviv sulla sua pagina Facebook.

“L’Unione Europea. Pensate che sia contro Israele, vero?” Inizia a dire Ivri. “Lasciate che vi sorprenda.”

Ivri allora elenca statistiche sui rapporti commerciali e turistici, intese a convincere gli spettatori israeliani di quanto l’Unione Europea favorisca Israele. Ha anche vantato che l’UE è un acquirente dell’industria bellica di Israele, sopratutto droni.

L’UE “è il miglior vicino che abbiamo,” ha concluso Ivri.

Appoggio il genocidio

Ivri era un autore di “Latma”, un spettacolo di sketch ormai terminato che rifletteva punti di vista di estrema destra e razzisti, come raffigurare migranti e rifugiati dai Paesi africani come scimmie.

Ma questa è solo la punta dell’iceberg.

Durante l’attacco israeliano del novembre 2012 che uccise 174 palestinesi [si riferisce all’operazione “Pilastro di difesa”, ndt.], Ivri auspicò che fosse ancora più violento.

“C’è una strategia che non è ancora stata sperimentata; 1.000 arabi uccisi per ognuno dei nostri morti,” twittò. “Penso che dalla scorsa settimana siano in debito con noi di 5.000 [morti].”

Durante lo stesso attacco Ivri raccomandò: “Fanculo, spazzate via Gaza.”

Ivri è un convinto sostenitore della soluzione dello Stato unico, ma in cui palestinesi e israeliani non avrebbero gli stessi diritti. Al contrario, appoggia l’eliminazione dei palestinesi come intero popolo – un obiettivo che corrisponde alla definizione del diritto internazionale di pulizia etnica e probabilmente di vero e proprio genocidio.

Nel gennaio 2013 Ivri ha twittato che “Giudea e Samaria” – il nome che Israele utilizza per la Cisgiordania occupata – “possono sempre essere annesse, punto e basta.” Se i palestinesi oppongono resistenza, avverte, “saranno portati via, su camion. La forza è sempre un’opzione, ma preferiamo una soluzione concordata (ma sennò, la forza).”

“Non esiste una cosa come una nazione palestinese e sicuramente non ha interesse in uno Stato,” a twittato in febbraio.

“Nello Stato di Israele a 500 anni da oggi nessuno ricorderà che ci fosse una cosa chiamata palestinesi, ” ha twittato in maggio.

“I palestinesi sono una Nazione?” chiese nel 2012, prima di rispondersi: “Sono merda.”

Ivri vede i continui attacchi israeliani contro i palestinesi come la possibilità per Israele di mettere in atto il suo progetto violento teso ad eliminare la Palestina.

Durante l’attacco israeliano dell’estato 2014 contro Gaza che ha ucciso più di 2.200 palestinesi [si riferisce all’operazione “Margine protettivo”, ndt.], compresi 550 bambini, Ivri ha invocato la conquista totale del territorio costiero – così come della Cisgiordania.

Ivri ha twittato: “In 10 anni, quando Israele sarà il potere sovrano sia a Gaza che in Giudea e Samaria, ci domanderemo a cosa abbiamo pensato per 30 (o 60) anni e perché non lo abbiamo fatto parecchi anni fa.”

“Nessuno governerà Gaza per Israele. Solo Israele lo può fare,” ha twittato durante lo stesso attacco israeliano, aggiungendo che “i giorni al potere” del capo dell’Autorità Nazionale Palestinese Mahmoud Abbas “sono contati, e dopo che se ne sarà andato Israele governerà anche sulla Giudea e Samaria.”

Durante l’attacco Ivri ha anche diffuso un articolo in cui sosteneva che Israele sarebbe stato giustificato se avesse tagliato le forniture idriche ed elettriche a Gaza – cosa che è stata fatta, violando le leggi internazionali.

Disumanizzare i palestinesi

Ivri giustifica questo tipo di violenza che sostiene lo sterminio con la demonizzazione e disumanizzazione totale delle vittime del regime di occupazione e di apartheid israeliano. Ironicamente, a volte riconosce l’esistenza dei palestinesi unicamente per individuarli come demoni.

“I palestinesi sono gli eredi dei nazisti,” ha twittato nel maggio 2016, aggiungendo che la bamdiera palestinese “significa una sola cosa = un appello per uccidere ebrei, ovunque siano.”

Questo è stato un argomento costante. Nell’ottobre 2014 ha offerto una “sintesi: i palestinesi sono nazisti.”

Non hanno ancora costruito camere a gas,” ha affermato, perché “la cosa più moderna che hanno avuto a disposizione sono ordigni esplosivi artigianali. Ma sono assolutamente nazisti.”

Durante l’attacco del 2014 contro Gaza, ha twittato che “Hamas è nazista. Non come loro, non approssimativamente, non qualcosa di simile. Nazisti.”

Nell’ottobre 2015, quando il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha provocato uno scandalo internazionale assolvendo Hitler dall’ideazione dello sterminio di milioni di ebrei europei e accusando invece un palestinesi [il Gran Muftì di Gerusalemme, ndt.], Ivri ha detto la sua appoggiandolo palesemente.

“I palestinesi si sono offerti volontari per aiutare Hitler,” ha affermato Ivri. “E’ una cosa ben nota.”

Di norma, ci si aspetterebbe che la UE rifiutasse paragoni gratuiti di altri avvenimenti con il genocidio nazista. Ma a quanto pare ciò va bene purché il bersaglio siano i palestinesi.

L’istigazione di Ivri non prende di mira solo i palestinesi nella Cisgiordania e nella Striscia di Gaza. Odia anche i palestinesi cittadini di Israele, riferendosi ai beduini come a una “bomba ad orologeria”.

Si fa anche promotore della discriminazione razziale nelle assunzioni: “Un datore di lavoro non può sapere se i suoi dipendenti potenziali sono coinvolti nel terrorismo. Cosa dovrebbe fare? Chiaramente non vorrebbe assumere per niente arabi. Mettetevi per un attimo nei suoi panni.”

Sostegno a favore di crimini di guerra

Il sostegno di Ivri a favore di crimini di guerra contro palestinesi è costante e disinvolto. Quando nel marzo 2016 Elor Azarya ha giustiziato a sangue freddo il palestinese ferito e impossibilitato a nuocere Abd al-Fattah Yusri al-Sharif – un omicidio per cui al medico dell’esercito è stato comunque data una lieve condanna – Ivri l’ha approvato.

“Un esercito veramente etico si assicura che i terroristi siano morti,” ha twittato.

Dal 2016, Israele ha incrementato la sua campagna contro i difensori dei diritti umani. Persino l’UE ha cercato di sollevare una timida protesta contro la cosiddetta legge israeliana della “trasparenza”, che inasprisce i controlli sui gruppi per i diritti umani che ricevono finanziamenti dai governi europei.

Ivri si è unito agli attacchi senza sosta del governo israeliano contro i gruppi, compreso l’israeliano B’Tselem, che documentano soprusi contro i palestinesi.

Lo scorso dicembre ha twittato che “B’Tselem e il resto delle organizzazioni europee operanti in Israele sono un’ulteriore arma nell’arsenale degli odiatori degli ebrei e di Israele nel mondo.”

L’UE promuove l’odio

Una richiesta via mail di “The Electronic Intifada” all’ambasciata UE di Tel Aviv includeva una domanda su quanto denaro dei contribuenti europei abbia ricevuto come compenso Ivri per il video.

L’ambasciata non ha risposto a questa domanda né alle altre sul costante incitamento di Ivri al razzismo ed alla violenza, compresi crimini di guerra.

Ma in precedenza l’ambasciatore dell’UE a Tel Aviv non ha fatto segreto del suo punto di vista estremista a favore di Israele.

In una lettera aperta che riflette sull’imminente fine dei suoi quattro anni come ambasciatore, Lars Faaborg-Andersen ha ricordato che da giovane negli anni ’70 passò un periodo in un kibbutz – una forma di colonia sionista che giocò un ruolo cruciale nella pulizia etnica dei palestinesi, ma che godette di una rosea reputazione progressista tra occidentali ingenui o complici [del sionismo].

“In quei giorni giovani europei e americani affluivano in Israele per partecipare all’esperimento dei kibbutz socialisti e dimostrare la propria solidarietà con David nella sua lotta per la sopravvivenza contro i Golia arabi che lo circondavano, ” ha scritto Faaborg-Andersen, facendo rispuntare la mitologia sionista che toglie di mezzo la Nakba, l’espulsione da parte di Israele della grande maggioranza della popolazione palestinese nel 1948, così come la successiva occupazione e colonizzazione della terra palestinese.

Durante il suo incarico come ambasciatore, Faaborg-Andersen e i suoi colleghi dell’UE hanno fatto tutto il possibile per promuovere la guerra di Israele contro la lotta palestinese per la sopravvivenza e la libertà, compreso il finanziamento dell’industria bellica e i torturatori israeliani, partecipando agli attacchi di Israele contro il movimento nonviolento per il boicottaggio, il disinvestimento e le sanzioni e continuando ad essere pienamente complici del brutale assedio israeliano contro Gaza.

L’ambasciata dell’UE a Tel Aviv ha anche svolto il ruolo di campo di addestramento per membri della lobby di Israele a Bruxelles.

Ma sicuramente il risultato personale più vergognoso di Faaborg-Andersen sarà di essersi calato nella parte di aperto sostenitore della violenza genocida come il volto dell’Unione Europea e dei suoi molto strombazzati “valori”.

Ofer Neiman ha contribuito alla ricerca.

Ali Abunimah è direttore esecutivo di Electronic Intifada. Dena Shunra è traduttrice ed autrice.

(traduzione di Amedeo Rossi)




Ancora in attesa di un Gandhi palestinese? Lei/lui c’è già

Zaha Hassan – 30 luglio 2017, Haaretz

Ogni ragazzina della Cisgiordania che attraversa un checkpoint per andare a scuola è una Rosa Parks. Ogni prigioniero che fa lo sciopero della fame è un Mandela, e ogni gazawi che sopravvive nonostante le condizioni disumane è un Gandhi palestinese.

La seconda domanda (dopo “Dov’è la Palestina?”) più frequentemente posta a un palestinese-americano è: “Dov’è il Gandhi palestinese?”

Gli americani vogliono sapere perché i palestinesi non utilizzano tattiche non-violente per porre fine ai loro decenni di oppressione e di colonizzazione della loro terra.

Ovviamente in questa domanda è implicita la premessa, coltivata dalla rappresentazione mediatica dell’ “arabo infuriato” e del musulmano nichilista, così come da campagne lautamente finanziate di sensibilizzazione dell’opinione pubblica che coinvolgono gruppi di lobbysti ed i centri di studio ad essi associati che dipingono tutto il Medio oriente come un covo ribollente di odio contro l’Occidente cristiano, che i palestinesi siano geneticamente predisposti alla violenza.

La verità è che, se un premio Nobel fosse assegnato a un intero popolo per la moderazione che ha dimostrato e per l’ostinata caparbietà a sopravvivere, a perseverare e a costruire un domani migliore nonostante i sistematici tentativi di eliminarlo – persino tentativi di negare addirittura la sua esistenza, come fece Golda Meir [nel 1969 in un’intervista l’allora primo ministro di Israele affermò che i palestinesi non esistevano, ndt.] – esso dovrebbe andare al popolo palestinese.

Perché, dove esiste un precedente dell’imprigionamento di 2.2 milioni di persone che sono stati resi deliberatamente dipendenti per il cibo, l’acqua e l’energia durante un intero decennio, mentre la narrazione continua a dire che è tutto giustificato dalla “sicurezza” di Israele, come nel caso delle attuali sofferenze di Gaza?

Dove c’è un precedente di sette milioni di persone a cui viene negato il diritto di tornare alle proprie case e proprietà confiscate settant’anni fa, solo perché sono della religione sbagliata, mentre nuovi insediamenti illegali si espandono freneticamente nel pezzo di terra della Cisgiordania che dovrebbe essere parte del loro Stato ancora da creare?

Dove c’è un precedente di Stati e istituzioni incaricati di difendere le leggi e la legalità internazionali che chiedono a un popolo occupato sempre più concessioni e di negoziare per legittimare crimini di guerra e per normalizzare l’esistenza dell’occupante?

La verità è che ogni ragazzina della Cisgiordania che attraversa un checkpoint per andare a scuola è una Rosa Parks [la donna di colore che nel 1955 in Alabama si rifiutò di cedere il posto in autobus a un bianco e diede inizio alla lotta per i diritti civili dei neri negli USA, ndt.]. Ogni prigioniero che mette in pericolo la propria vita per settimane intere facendo lo sciopero della fame per lottare contro la propria incarcerazione e le condizioni di detenzione è un Mandela, e ogni persona che oggi vive a Gaza e che sopravvive nonostante le privazioni disumane, è un Gandhi palestinese.

Quante altre migliaia di tappetini da preghiera devono essere srotolati nelle strade di Gerusalemme prima che la resistenza non violenta palestinese sia non solamente riconosciuta ma anche appoggiata e incoraggiata? Quante altre proteste del venerdì devono aver luogo a Bi’lin e in altri villaggi in Cisgiordania? Quante tende della pace devono essere erette e demolite a Gerusalemme e nel Naqab [Negev in arabo, ndt.]?

La vera questione, tuttavia, non è quantificare le proteste, ma garantire che altri le conoscano.

Gandhi lo sapeva. Martin Luther King, Jr lo sapeva. E il governo israeliano, l’AIPAC [l’associazione ebraica filo-israeliana più potente negli USA, ndt.] e quanti sono interessati a mantenere il dominio di Israele sulla terra palestinese lo sanno. E questa è la ragione per cui vergognosi esempi di legislazione come la legge 720 del Senato contro il BDS [movimento per il Boicottaggio, il Disinvestimento e le Sanzioni contro Israele, ndt.] stanno circolando nelle aule del Congresso. La legge, stilata con la collaborazione dell’AIPAC, lo farebbe diventare un reato punibile fino ad un massimo di 20 anni di carcere e una multa fino a 1 milione di dollari per il fatto di sostenere l’uso di metodi economici non violenti contro Israele.

Potete immaginare Rosa Parks che sconta 20 anni di prigione per aver organizzato il boicottaggio degli autobus segregati? O Martin Luther King Jr. obbligato a pagare un milione di dollari per aver boicottato ristoranti razzisti con posti separati?

Dovrebbe essere chiaro a tutti noi che punire il diritto di espressione che ha lo scopo di porre fine a un’ingiustizia è sbagliato. Quando si vedono i fatti, gli americani lo capiscono. E lentamente ma inesorabilmente alcuni membri del Congresso che inizialmente erano stati co-promotori della legge con un tipico riflesso condizionato, una deferenza cieca verso l’AIPAC, stanno vedendo chiaro, come la senatrice Gillibrand, che, quando è stata messa in guardia dall’ACLU [American Civil Liberties Union, Unione Americana per le Libertà Civili, organizzazione non governativa che difende i diritti civili e le libertà individuali negli USA, ndt.] sulle preoccupazioni relative al diritto di parola e a problemi di incostituzionalità della legge e sfidata da elettori durante un’assemblea comunale, ha espresso la sua volontà di riconsiderare il suo appoggio [alla legge].

Così, mentre CNN e Fox News [due importanti reti televisive statunitensi, ndt.] possono non informare sulle centinaia di migliaia di palestinesi che hanno pregato nelle strade di Gerusalemme la scorsa settimana, protestando contro il tentativo mascherato di Israele di esercitare la propria sovranità sulla Spianata delle Moschee, questi accaniti tentativi legislativi da parte dei difensori di Israele per porre fine all’appoggio alla resistenza non violenta nei territori occupati o all’estero stanno accendendo riflettori da stadio di football sui problemi.

Attivisti del movimento progressista si rendono drammaticamente conto di come le loro libertà civili vengano minacciate in nome della protezione dell’occupazione di Israele sui palestinesi. Allo stesso modo, quando le linee aeree USA hanno messo in atto la legislazione israeliana che impedisce ai difensori dei diritti umani di viaggiare in Israele (compresi ebrei-americani, uno dei quali è un rabbino), gli americani hanno visto il rapporto tra questo fatto e gli abominevoli divieti di viaggio [si riferisce alla proibizione di ingresso negli USA dei passeggeri provenienti da alcuni Paesi musulmani, ndt.] perseguiti dall’amministrazione Trump

I palestinesi ed i loro sostenitori dovrebbero sperare (e pregare nelle strade) che Israele continui a rivelare la natura della sua oppressione contro di loro, e al contempo continuare a perseguire metodi collaudati e non violenti per riportare la giustizia e lo stato di diritto, perché si giunga ad una vera comprensione delle cause e delle soluzioni del conflitto israelo-palestinese.

Non c’è un modo più efficace per mettere in luce un’ingiustizia e per modificare la percezione sbagliata ad essa associata che attraverso lo stesso oppressore. Rosa Parks, Dr. King e Gandhi lo sapevano e lo sanno anche i palestinesi e quelli che solidarizzano con loro.

Zaha Hassan è una giurista per i diritti umani e studiosa del Medio Oriente al New America [prestigioso centro studi indipendente di politica ed economia, ndt.], con sede a Washington. In precedenza è stata coordinatrice e consulente esperta del gruppo negoziatore palestinese.

(traduzione di Amedeo Rossi)




Perché l’Europa sta finanziando i torturatori israeliani?

Ali Abunimah – 27 giugno 2017, Electronic Intifada

Un gruppo di importanti esperti di diritto internazionale è arrivato alla conclusione che l’Unione Europea sta finanziando illegalmente i torturatori israeliani e deve smettere [di farlo].

Essi affermano che il programma “LAW-TRAIN” viola le norme UE e le leggi internazionali perché uno dei partecipanti, il ministero della Sicurezza di Israele, “è responsabile o complice di torture, di altri crimini di guerra e contro l’umanità.”

“LAW -TRAIN” è iniziato nel maggio 2015 con l’apparente intento di “armonizzare e condividere tecniche di interrogatorio tra i Paesi coinvolti per affrontare le nuove sfide della criminalità transnazionale.”

E’ finanziato attraverso un programma di ricerca dell’UE chiamato “Horizon 2020”, che ha anche destinato milioni di dollari all’industria bellica israeliana.

Uso massiccio della tortura

“LAW -TRAIN” coinvolge l’università israeliana di Bar-Ilan, il ministero della Sicurezza pubblica israeliano, l’università cattolica di Lovanio in Belgio, il ministero della Giustizia belga, la Guardia civile, polizia paramilitare, spagnola e la polizia rumena. Il suo comitato consultivo include Cornelia Geldermans, un pubblico ministero olandese.

Originariamente era stato coinvolto anche il Portogallo, ma lo scorso anno si è ritirato in seguito alla crescente opposizione dell’opinione pubblica nei confronti del ruolo di Israele nel programma UE.

E’ previsto che “LAW -TRAIN” prosegua fino all’aprile 2018 e che metà dei suoi quasi 6 milioni di fondi vadano ai partecipanti israeliani.

“L’uso della tortura da parte degli investigatori israeliani è stato ampiamente documentato dalla stampa internazionale ed israeliana e confermato da ricercatori internazionali e dagli stessi investigatori israeliani,” ha affermato Michel Waelbroeck, l’autore del parere giuridico e uno dei membri dell’Istituto di Diritto Internazionale [istituto con sede in Belgio che intende formulare principi giuridici generali atti a preservare la pace e l’armonia nel mondo, ndt.]. “Nel giugno 2016 la commissione dell’ONU contro la tortura ha denunciato l’uso della tortura da parte di Israele e le tecniche illegali e violente durante gli interrogatori da parte della sua polizia e del personale penitenziario.”

L’opinione è sostenuta da 25 esperti di diritto internazionale e giuristi, compresi gli ex- inquirenti per i diritti umani dell’ONU Richard Falk e John Dugard, e da Laurens Jan Brinkhorst, un ex vice-primo ministro olandese ed ex-direttore generale della Commissione Europea.

Israele presenta un elenco ampiamente documentato di torture, anche contro bambini, ed ha sistematicamente evitato di fare indagini su denunce di abusi.

Finanziamento illegale

A febbraio centinaia di docenti universitari ed artisti belgi hanno sollecitato il proprio governo a porre fine all’appoggio a favore di “LAW-TRAIN” e nel parlamento europeo sono state sollevate obiezioni sul progetto.

Organizzazioni dei diritti umani di Palestina Belgio e Spagna hanno anche scritto ai funzionari dell’UE esprimendo preoccupazione in merito all’appoggio ad organismi israeliani impegnati nella tortura. Dato che l’opposizione contro “LAW-TRAIN” è aumentata, la Commissione Europea, il potere esecutivo dell’UE, ha realizzato una valutazione da parte di “una commissione di esperti indipendenti” che ha concluso che il programma ha dimostrato “una rispondenza da buona ad eccellente” con le leggi dell’UE, compresa la “Carta dei Diritti Fondamentali” europea.

Ma gli esperti di diritto affermano che il parere ignora le regole fondamentali dell’UE che vietano di finanziare individui o organizzazioni impegnati in “gravi comportamenti professionali illeciti” come la tortura.

Gli esperti legali hanno concluso che, poiché il ministero della Sicurezza pubblica di Israele è “responsabile di gravi e continue violazioni” del divieto europeo ed internazionale riguardo alla tortura, il finanziamento dell’UE è illegale.

Ma, lungi dal prendere provvedimenti per chiedere conto ad Israele delle torture, Carlos Moedas, il direttore di ricerca dell’UE, recentemente ha visitato Israele per celebrare la sua partecipazione a”Horizon 2020″.

Proteste in Francia

Mentre importanti funzionari dell’UE si stringono in un abbraccio con il regime di occupazione, apartheid e colonialismo di insediamento israeliano contro i palestinesi, i cittadini europei stanno continuando a chiedere di porre fine a tale complicità.

Sabato attivisti del BDS Francia hanno portato la loro protesta di fronte al padiglione dell’industria bellica israeliana Elbit Systems al Paris Air Show [Salone internazionale dell’aeronautica e dello spazio di Parigi-Le Bourget, una delle manifestazioni internazionali più importanti di presentazione di materiali aeronautici e spaziali, ndt.].

In un video si possono vedere i contestatori che si stendono a terra e esibiscono un cartello che denuncia il fatto che Israele sperimenti le sue armi sui palestinesi.

I manifestanti hanno chiesto un embargo sulle armi, la fine della cooperazione militare con Israele e il sostegno alla campagna per il boicottaggio, il disinvestimento e le sanzioni.

Elbit è una delle principali fabbriche di droni che Israele ha utilizzato per uccidere civili palestinesi. E’ stata incaricata dall’amministrazione Obama di fornire tecnologie per la sorveglianza lungo il confine tra USA e Messico.

Elbit ha anche notevolmente beneficiato di finanziamenti dell’UE.

(traduzione di Amedeo Rossi)

 




Perché i palestinesi combattono: la logica della vita e della morte a Gaza

Aspettarsi che Gaza non resista è un invito a Israele perché completi l’umiliazione del popolo palestinese, per utilizzare la Striscia per guadagni di carattere economico e per trasformare uomini, donne e bambini in manodopera a basso costo, che cerca di sbarcare il lunario garantendosi solo la sopravvivenza.

 – Nenanews

di Ramzi Baroud – Counterpunch

Si sta preparando un altro scontro tra Israele e il movimento di resistenza palestinese Hamas a proposito della liberazione di Avraham Mengitsu, un cittadino israeliano che, secondo fonti militari israeliane, “è entrato a Gaza” il 7 settembre 2014. Le circostanze dell’ingresso di Menghitsu a Gaza rimangono dubbie, soprattutto da quando il leader politico di Hamas Khaled Meshaal ha negato che l’ala militare di Hamas stia tenendo in ostaggio il cittadino israeliano.

Secondo il ministero della Difesa israeliano anche un altro israeliano è stato sequestrato a Gaza. Un divieto di parlare della sparizione di Mengitsu è appena stato revocato, ma un altro rimane in vigore a proposito dell’altro, supposto, detenuto israeliano. Secondo fonti ufficiali israeliane negoziati indiretti per il loro rilascio devono ancora iniziare. Per Hamas, che, secondo Meshaal, è stata contattata da Israele tramite interlocutori europei, nessuna discussione sarà possibile finché Israele non avrà liberato 71 palestinesi. Si tratta del numero di palestinesi che sono stati nuovamente arrestati poco dopo essere stati liberati nel 2011 in seguito allo scambio di prigionieri tra Hamas e Israele. All’epoca, uno scambio di prigionieri ha permesso la liberazione di 1.027 palestinesi (477 dei quali considerati membri di Hamas) e di Gilad Shalit, un soldato israeliano, catturato e tenuto prigioniero da combattenti di Hamas per 5 anni. La nuova prospettiva di negoziati permetterà ad Hamas di sollevare la questione della violazione dell’ultimo accordo per lo scambio di prigionieri da parte di Israele. Poiché ha arrestato di nuovo dei prigionieri liberati, il futuro accordo con Israele apparirebbe poco serio e come una misura temporanea per garantire gli immediati interessi di Israele, senza un totale e incondizionato impegno rispetto alla libertà dei prigionieri palestinesi appena liberati. Siccome il potere occupante ha accesso illimitato ai Territori Occupati palestinesi a Gerusalemme e in Cisgiordania, Israele può arrestare qualunque palestinese accusato di “terrorismo”, senza prove e senza un serio e giusto procedimento. Gli sforzi israeliani di stroncare qualunque forma di resistenza, armata o di qualunque altro genere, è ampiamente appoggiato dall’Autorità Nazionale Palestinese, i cui scagnozzi degli apparati di sicurezza sono totalmente addestrati ed equipaggiati per schiacciare ogni forma di dissenso in Cisgiordania. Una recente retata di arresti, che ha preso di mira principalmente simpatizzanti di Hamas ed altre voci dell’opposizione, ne è l’ultima prova. Molti scettici hanno messo in dubbio lo scambio di prigionieri del 2011. Qualcuno ha chiesto: “Che senso ha garantire la liberazione di centinaia di prigionieri se questi possono essere arrestati di nuovo da Israele quando gli pare?” I palestinesi si trovano a dover affrontare lo stesso dilemma di ogni movimento di liberazione moderno. Anche i nativi americani hanno dovuto fare i conti con lo stesso dilemma di fronte al genocidio e alla distruzione. Un intellettuale con le migliori intenzioni recentemente mi ha detto che i palestinesi dovrebbero lasciare le armi, smantellare le loro istituzioni e permettere a Israele di occupare Gaza, il che a sua volta metterebbe in chiaro che Israele deve rispettare le regole che riguardano i territori occupati. Ma Israele ha accolto gli impegni della Quarta Convenzione di Ginevra o qualunque altra legge internazionale riguardo ai diritti di una nazione occupata? Israele sta violando più risoluzioni dell’assemblea generale e del Consiglio di sicurezza ONU di qualunque altra nazione sulla terra, e preoccuparsi delle questioni relative alla popolazione civile occupata non è mai stata una priorità israeliana. La guerra di Israele contro Gaza di un anno fa ha causato più devastazioni che qualunque altra guerra in passato. Un rapporto dell’ONU recentemente pubblicato, mentre ha condannato Israele, ha anche denunciato i palestinesi per aver preso di mira i civili. Benché ci si aspettasse che il rapporto avrebbe condannato il lancio casuale di razzi artigianali su aree civili, la narrazione, nel suo complesso, mette sullo stesso piano Israele, un potente aggressore e occupante, e i palestinesi, che sono in una costante condizione di autodifesa. Eccetto il rapporto dell’ONU, insieme a pochi altri, così come il timido tentativo da parte dell’Autorità Nazionale Palestinese di chiedere il coinvolgimento della Corte Penale Internazionale (CPI) per indagare sui crimini di guerra israeliani, ben poco è cambiato a Gaza. Le sofferenze abbondano, un aiuto insufficiente riesce ad entrare permettendo alla gente soltanto di sopravvivere, la ricostruzione è molto ridotta, i blackouts elettrici sono lunghi e frequenti, e l’assedio rimane in piedi, più feroce che mai. Oltretutto l’agenzia di aiuto dell’ONU, UNRWA, che si occupa del benessere dei palestinesi, ha un passivo di 101 milioni di dollari, e pochissimi donatori offrono fondi per salvarla. Il ragionamento vano, secondo cui “il mondo non sarebbe rimasto inerme a guardare la guerra israeliana di 51 giorni contro Gaza” (la cosiddetta operazione “Margine protettivo”), era solo quello, un ragionamento vano, simile a alla pia illusione che è seguita alla cosiddetta operazione “Piombo fuso” del 2008-09. Il prezzo di morte tra i palestinesi nelle due guerre è stato di 4.000 persone , per la maggior parte civili, un gran numero dei quali bambini. Ma le sofferenze, naturalmente, vanno oltre i 4.000 morti e il lutto delle loro famiglie, poiché decine di migliaia sono stati feriti o mutilati, le già misere infrastrutture della Striscia sono state distrutte e il trauma collettivo è senza precedenti. La giustificazione di Israele, secondo cui questa azione è stata motivata dalla necessità di proteggere i civili nelle zone di confine è quanto meno fragile, in quanto i 69 o 73 israeliani uccisi durante l’ultima guerra erano soldati, che sono stati uccisi mentre erano impegnati ad invadere la Striscia assediata. Ma è vero che, se i palestinesi non avessero resistito, Israele non avrebbe utilizzato così tanto potere di fuoco? E avrebbe forse trattato un po’ meglio i palestinesi? La resistenza armata ha raggiunto il suo minimo in Cisgiordania e a Gerusalemme, dove si trova la maggior parte dell’esercito israeliano e dove le colonie ebraiche, illegali e fortificate, sono in costante espansione. Persino chi lancia pietre e dimostranti disarmati vengono regolarmente uccisi e feriti dall’esercito e dai coloni ebraici. E mentre l’Autorità Nazionale Palestinese sta giocando un ruolo cruciale nel controllo della popolazione, Israele sta accumulando ricchezze grazie all’occupazione. Quella israeliana in Cisgiordania non solo è l’occupazione meno onerosa tra tutte quelle illegali in tempi moderni, è anche la più conveniente. Aspettarsi che Gaza non resista è un invito ad Israele per completare la sua umiliazione del popolo palestinese, per utilizzare la Striscia per ricavarne benefici economici (per esempio, il gas naturale sulle coste e impianti balneari segregati su base razziale, ecc.) e trasformare i suoi uomini, donne e bambini in manodopera a buon mercato, alla ricerca di un modo per sopravvivere. In effetti, così è stato per parecchi anni, dal 1967 fino al cosiddetto disimpegno nel 2005. Il fallimento della comunità internazionale nell’agire dopo l’ultimo episodio dei massacri a Gaza significa che i palestinesi sono soli, almeno per il momento. I loro fratelli arabi sono presi dalle loro disgrazie, o stanno apertamente tramando contro la sottile ma risoluta Striscia. Per cui, anche se i conti della resistenza non tornano -che si tratti di uno scambio di prigionieri non garantito o di un terrificante bilancio di morti – i palestinesi di Gaza continueranno a resistere. I loro “fedayn” (combattenti per la libertà) hanno fatto così, dalla sua nascita nel 1948 fino all’attuale generazione, che rimane vigile sui confini nel 2015. Non si tratta di una questione di strategia, ma un atto dominato da una semplice logica che essi seguono: o una vita dignitosa o una morte onorevole.

Il dottor Ramzy Baroud ha scritto per 20 anni sul Medio Oriente. E’ un editorialista quotato a livello internazionale, un consulente dei media, autore di parecchi libri e fondatore di PalestineChronicle.com. Il suo ultimo lavoro è “Mio padre era un combattente per la libertà: la storia non raccontata di Gaza (Pluto Press, London)”. Il suo sito web è: ramzybaroud.net .

(traduzione di Amedeo Rossi)