Palestina e Ucraina: un esperto di diritto internazionale parla dei doppi standard della Corte Penale Internazionale (INTERVISTA ESCLUSIVA)

Romana Rubeo

7 marzo 2022 – PALESTINE CHRONICLE

Il 2 marzo la Corte Penale Internazionale (CPI) ha annunciato che procederà immediatamente ad un’indagine sull’operazione militare russa in Ucraina. Quella che è stata denominata “invasione” dall’Occidente e “operazione militare speciale” da Mosca, ha immediatamente generato una rapida condanna e reazione internazionale. La CPI è stata in prima linea in questa reazione.

Il procuratore della CPI Karim Khan ha affermato in un intervento che l’indagine è stata richiesta da 39 Stati membri e che il suo ufficio ha già trovato una base ragionevole per ritenere che siano stati commessi crimini rientranti nell’ambito giurisdizionale della Corte e ha identificato dei casi come potenzialmente ammissibili.”

Mentre qualsiasi procedura genuina e non politicizzata volta a indagare su possibili crimini di guerra e crimini contro l’umanità in qualsiasi parte del mondo dovrebbe, in effetti, essere accolta favorevolmente, il doppio standard della CPI è palpabile. Tra le altre nazioni, i palestinesi e i loro sostenitori sono perplessi in considerazione dei numerosi indugi da parte della CPI nell’indagare sui crimini di guerra e contro l’umanità in Palestina, che si trova da decenni sotto l’occupazione militare israeliana.

Per comprendere meglio questo argomento ho parlato con il Dr. Triestino Mariniello, professore associato di diritto presso la Liverpool John Moores University, e membro della squadra di avvocati per le vittime di Gaza presso la Corte Penale Internazionale. Gli ho chiesto:

D. Per prima cosa, ci faccia conoscere a quale stadio si trova attualmente il procedimento della CPI sulla Palestina.

R. Il 3 marzo 2021 l’ex procuratrice della CPI Fatou Bensouda ha aperto ufficialmente un’indagine, attualmente incentrata su possibili crimini di guerra, in particolare legati all’aggressione militare del 2014 a Gaza, alla Grande Marcia del Ritorno e alle colonie israeliane illegali in Cisgiordania.

Tecnicamente, il passo successivo dovrebbe essere la richiesta di mandati di arresto o di comparizione, passando quindi da una fase procedurale” a una fase processuale”, sulla base dello Statuto di Roma [trattato internazionale istitutivo della Corte Penale Internazionale, ndtr.].

D. Tuttavia, finora non è successo nulla.

R. Tutto è iniziato molto prima del 2021. La situazione della Palestina è stata inizialmente portata all’attenzione della Corte nel 2009. Nel 2015, a seguito dell’aggressione israeliana alla Striscia di Gaza assediata, lo Stato di Palestina ha formalmente accettato l’autorità della Corte e ha ratificato lo Statuto di Roma. Ci sono voluti quasi sei anni (dicembre 2019) perché Bensouda dichiarasse che sussisteva “una base ragionevole per procedere ad un’indagine sulla situazione in Palestina”. La questione è stata deferita alla Camera preliminare, alla quale è stato chiesto di deliberare in merito alla giurisdizione sulla Palestina. La Camera ha emesso una decisione solo più di un anno dopo, nel febbraio 2021.

D. Come descriverebbe le differenze tra i due casi: Russia in Ucraina, Israele in Palestina? E perché nel caso russo il tribunale ha potuto agire immediatamente e senza indugi?

R. Ovviamente è difficile mettere a confronto le due situazioni.

L’Ucraina ha accettato l’autorità della CPI nel 2013 e l’ex procuratore capo della CPI Bensouda aveva già dichiarato che esisteva una base ragionevole per procedere.

Dopo l’inizio dell’operazione militare russa, l’attuale procuratore della CPI Khan ha annunciato l’apertura ufficiale delle indagini.

Avendo già ricevuto mandati da 39 Stati contraenti la CPI il suo ufficio non è tenuto a richiedere un’autorizzazione alla Camera preliminare competente. In realtà anche nella situazione della Palestina la Corte non necessitava di ulteriori autorizzazioni e la richiesta della Procura alla Camera era del tutto facoltativa.

In qualità di rappresentanti legali delle vittime, abbiamo espresso ai giudici della CPI le nostre preoccupazioni sul fatto che questa richiesta non necessaria della Procura avrebbe causato un ulteriore ritardo nell’apertura delle indagini.

Tra i 39 Stati ci sono tre paesi che si erano apertamente opposti alle indagini in ambito israelo-palestinese, ovvero Austria, Germania e Ungheria.

 Generalmente si dice che i procedimenti penali internazionali siano particolarmente lunghi. Se questo è vero nel caso della Palestina, per l’Ucraina la durata è ridotta al minimo. Lo stesso è accaduto per la situazione libica, dove la decisione di aprire un’indagine è stata presa con una rapidità senza precedenti, a soli sette giorni dal deferimento del Consiglio di Sicurezza [dell’ONU, ndtr.].

Tuttavia, nel caso della Palestina la quantità di prove è molto più significativa. Anche prima di avviare le indagini la Corte dispone di una quantità impressionante di prove, grazie al meticoloso lavoro della società civile palestinese, che non ha mai smesso di raccogliere prove, anche durante le guerre israeliane.

D. Lei fa parte di una squadra che difende le vittime di Gaza. Ritenete che da parte della CPI ci sia una politica di doppio standard?

R. Indagare su gravi violazioni dei diritti umani è sempre un’iniziativa lodevole. Ciò che è meno lodevole è la politica del doppio standard. La realtà dolorosa è che dopo 13 anni non abbiamo ancora un procedimento.

Per decenni i civili palestinesi hanno subito le più gravi violazioni dei loro diritti fondamentali, equivalenti a crimini di guerra e crimini contro l’umanità. L’interesse principale delle vittime di Gaza è che l’indagine tanto attesa e tanto necessaria passi immediatamente alla fase successiva: l’identificazione dei presunti colpevoli. Per loro è davvero difficile capire quali siano gli ostacoli che gli impediscono di presentarsi in tribunale per raccontare finalmente le loro vicende e ottenere giustizia.

L’assenza fino ad ora di misure efficaci adottate dalla Corte rafforza l’opinione delle vittime di aver subito per lungo tempo una negazione della giustizia. Inoltre l’impunità concessa da tanto tempo a Israele incoraggia i responsabili a commettere nuovi crimini.

Dall’inizio dell’operazione militare russa in Ucraina abbiamo assistito al ritorno del diritto internazionale nell’arena globale. Quello che sta accadendo ora mostra che il diritto internazionale può essere, nei fatti, uno strumento efficace, se attuato correttamente.

Le vittime palestinesi continuano a nutrire grandi speranze per le indagini della CPI, ma sono seriamente preoccupate che “la giustizia rimandata sia giustizia negata”.

D. Cosa può fare la società civile per accelerare le procedure relative alla Palestina?

È essenziale continuare a fare pressione sulla CPI anche presentando ulteriori prove che possano attestare gravi violazioni dei diritti umani in corso, equivalenti a crimini di guerra. Pensiamo, ad esempio, ai crimini di guerra commessi lo scorso maggio a Gaza, che dovrebbero essere immediatamente inseriti nell’indagine in corso.

Inoltre, la società civile dovrebbe invitare la CPI ad ampliare l’ambito delle indagini per includere altri crimini internazionali, in particolare crimini contro l’umanità, compreso il crimine di apartheid, anche alla luce dei recenti rapporti di Amnesty International e di altre organizzazioni per i diritti umani.

Il messaggio alla Corte e alla comunità internazionale deve essere chiarissimo: i palestinesi non sono vittime di serie B e continueranno a far sentire la loro voce.

Sebbene apprezziamo gli sforzi della CPI per fare luce sulla situazione ucraina, dobbiamo ribadire che altri casi non dovrebbero essere dimenticati o archiviati.

La CPI è stata creata per porre fine all’impunità di cui godono gli autori dei crimini più gravi. Dopo vent’anni, dovremmo pretendere che lo Statuto sia pienamente attuato, indipendentemente dall’origine geografica delle vittime.

Romana Rubeo è una scrittrice italiana e caporedattrice di The Palestine Chronicle. I suoi articoli sono apparsi su molti giornali online e riviste accademiche. Ha conseguito un Master in Lingue e Letterature Straniere ed è specializzata in traduzione audiovisiva e giornalistica.

(traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)




‘In fin di vita’: la famiglia del prigioniero in sciopero della fame chiede il suo rilascio immediato

Yumna Patel

3 gennaio 2022 – Mondoweiss

Il prigioniero palestinese Hisham Abu Hawash è entrato lunedì nel suo 140esimo giorno di sciopero della fame e, secondo la sua famiglia, è in condizioni talmente critiche che potrebbe morire in qualsiasi momento”.

Aggiornamento: Hisham Abu Hawash ha concluso il suo sciopero della fame martedì 4 gennaio dopo 141 giorni di sciopero, a seguito di un accordo con Israele per il suo rilascio dalla detenzione amministrativa il 26 febbraio.

Lunedì 3 gennaio il prigioniero palestinese Hisham Abu Hawash, 41 anni, è entrato nel suo 140esimo giorno di sciopero della fame e, secondo la sua famiglia, è in condizioni così critiche che potrebbe “morire in qualsiasi momento”.

Abu Hawash è stato arrestato dalle forze israeliane nell’ottobre 2020 nel cuore della notte nella sua casa di famiglia nella città di Dura, a sud di Hebron, nel sud della Cisgiordania occupata.

Poco dopo il suo arresto Israele lo ha posto in detenzione amministrativa, una pratica utilizzata da Israele che consente la detenzione dei palestinesi a tempo indefinito senza accuse o processo, sulla base di “prove segrete” contro di loro. Abu Hawash aveva precedentemente trascorso nelle prigioni israeliane due distinti periodi di detenzione amministrativa.

Il 15 agosto 2021, dopo quasi 10 mesi di detenzione amministrativa, la Corte Suprema israeliana doveva esaminare un appello sulla detenzione di Abu Hawash. Ma l’udienza è stata annullata in quanto la procura militare israeliana si è opposta alla presentazione dell’appello davanti alla corte affermando che a causa di “prove segrete” fornite da funzionari dell’intelligence israeliana Abu Hawash non avrebbe potuto appellarsi alla sua detenzione fino a quando non avesse scontato due anni di carcere in detenzione amministrativa.

Quel giorno Abu Hawash ha annunciato che avrebbe iniziato uno sciopero della fame per protestare contro la sua detenzione arbitraria.

Ora, a più di quattro mesi dall’inizio del suo sciopero, la sua famiglia sostiene che Abu Hawash si trova in condizioni critiche ed è in fin di vita.

“Potrebbe morire da un momento all’altro”, ha detto a Mondoweiss il fratello di Abu Hawash, Emad, dal soggiorno della casa di famiglia a Dura.

Non è più in grado di muoversi e riesce a malapena a parlare. La sua vista è offuscata, i suoi muscoli hanno iniziato ad atrofizzarsi e il potassio e gli enzimi epatici sono a livelli criticamente bassi”, riferisce Emad.

“Hisham era già affetto da problemi renali, che sono congeniti nella nostra famiglia, e ora i medici sono preoccupati che i suoi reni e altri organi possano cedere da un momento all’altro”, aggiunge.

Il ministero della Salute palestinese ha organizzato una delegazione che nel fine settimana ha visitato Abu Hawash presso lo Shamir Medical Center (Assaf Harofeh) a sud di Tel Aviv, dove è detenuto. Secondo una dichiarazione del ministero, “Abu Hawash soffre di offuscamento visivo, incapacità di parlare, grave atrofia muscolare e incapacità di muoversi, mentre la sua capacità di percepire ciò che accade intorno a lui è ridotta.“.

Secondo Emad, Hisham, che è padre di cinque figli di età inferiore ai 13 anni, ha rifiutato ogni tipo di vitamine e sostentamento, ad eccezione di una miscela di acqua per mantenerlo in vita. La famiglia di Hisham riferisce che verso le 3 di questa mattina è entrato in coma.

Hisham ha perso metà del suo peso. Un tempo pesava 85 kg e ora ne pesa meno di 40″, dice Emad, sottolineando che nelle immagini che vede di suo fratello sdraiato nel letto d’ospedale gli risulta “irriconoscibilie“.

Crescenti pressioni

Durante il fine settimana la mobilitazione è cresciuta, poiché le organizzazioni internazionali e i parlamentari statunitensi si sono uniti ai cittadini e ai leader palestinesi nella richiesta a Israele di rilasciare immediatamente Abu Hawash.

Manifestazioni si sono svolte nelle città della Cisgiordania, con folle a Ramallah, Betlemme, Hebron e Nablus che hanno chiesto il rilascio di Abu Hawash. Proteste simili sono state segnalate a Gaza, così come in paesi e città palestinesi in Israele.

In base alle informazioni, domenica la polizia israeliana ha picchiato i manifestanti durante una veglia per Abu Hawash a Umm al-Fahm, nel nord di Israele.

Lunedì notte dei manifestanti con le bandiere palestinesi si sono radunati davanti agli uffici dello Shin Bet, l’agenzia di intelligence interna di Israele, per chiedere il rilascio di Abu Hawash.

Secondo la famiglia di Abu Hawash e i resoconti degli organi di informazione palestinesi, le forze di polizia israeliane hanno fatto irruzione nella sua stanza d’ospedale e hanno allontanato con la forza dall’ospedale sua moglie Aisha, i suoi avvocati e i giornalisti.

Il Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR) ha rilasciato una dichiarazione in cui esprime preoccupazione per le condizioni di Abu Hawash, i potenziali effetti “irreversibili” del suo sciopero della fame e la “possibile perdita di una vita”.

I leader palestinesi, incluso il primo ministro palestinese Mohammed Shtayyeh, hanno affermato di ritenere Israele “pienamente responsabile” della vita di Abu Hawash. Il movimento della Jihad islamica a Gaza ha minacciato ritorsioni se Israele non avesse rilasciato immediatamente Abu Hawash.

Appelli per il rilascio di Abu Hawash sono stati diffusi attraverso l’utilizzo dell’hashtag #FreeHishamAbuHawwash sulle piattaforme sociali della rete. Lunedì in Palestina imperversava su Twitter la versione araba dell’hashtag, insieme al tag #FreeThemAll.

La deputata statunitense Rashida Tlaib si è unita agli appelli per il rilascio di Abu Hawash e ha condiviso su Twitter un video virale dei figli di Abu Hawash in lacrime mentre visitano per la prima volta il padre in ospedale.

“Hisham Abu Hawash – sposato, padre di 5 figli, detenuto senza prove, processo o persino un’udienza in tribunale (in violazione della legge internazionale) dall’ottobre 2020. In sciopero della fame per oltre 140 giorni. Solo il governo di Israele è responsabile di questa situazione e della sua salute e sicurezza”, ha scritto Tlaib.

Siamo con Hisham fino alla fine’

Nonostante le crescenti richieste di rilascio di Abu Hawash sulle piattaforme sociali e nelle piazze palestinesi, Emad Abu Hawash dice a Mondoweiss che la comunità internazionale non ha fatto il proprio dovere al fine di difendere suo fratello.

Emad, che collabora con il Centro Palestinese per i Diritti Umani (PCHR) [organizzazione indipendente con sede a Gaza, ndtr.], riferisce di aver inviato decine di lettere urgenti a organizzazioni come Human Rights Watch e Amnesty International per attirare l’attenzione sul caso di suo fratello, ma senza alcun risultato.

“Ho inviato lettere giorno dopo giorno a diverse organizzazioni internazionali, ma ho ricevuto poche o nessuna risposta”, dice Emad.

Nelle sue lettere, che ha fornito a Mondoweiss, Emad ha scritto, tra l’altro, del fatto che la tortura dei prigionieri e la detenzione amministrativa possono costituire crimini di guerra ai sensi dello Statuto di Roma [trattato internazionale istitutivo della Corte penale Internazionale, ndtr.] e costituire violazioni della Quarta Convenzione di Ginevra [che protegge da atti di violenza e dallarbitrio i civili che si trovano in mano nemica o in territorio occupato, ndtr].

Nelle lettere indirizzate sia a Human Rights Watch che ad Amnesty Emad ha scritto: “Chiedo rispettosamente il vostro intervento per costringere l’occupazione israeliana ad attuare le regole minime standard per il trattamento dei prigionieri e a rilasciare Hisham Abu Hawash data la mancanza di accuse e l’assenza delle garanzie richieste per un libero processo”.

“La comunità internazionale non può trovare scuse sostenendo di non essere consapevole di ciò che sta accadendo”, afferma Emad, che è stato anch’egli recluso in una prigione israeliana in condizioni di detenzione amministrativa.

Sono anni che le organizzazioni palestinesi per i diritti umani denunciano al mondo il crimine della detenzione amministrativa. Il mondo ne è a conoscenza, ma ha scelto di non agire”.

Secondo l’organizzazione per i diritti dei detenuti palestinesi Addameer attualmente 500 prigionieri palestinesi sono imprigionati da Israele in regime di detenzione amministrativa.

Il mese scorso Israele ha rilasciato il prigioniero palestinese Kayed Fasfous dopo 131 giorni di sciopero della fame attuato in protesta contro la sua detenzione amministrativa. Nel novembre 2021 il prigioniero palestinese Miqdad Qawasmeh ha concluso il suo sciopero della fame di 113 giorni dopo che Israele ha accettato di porre fine alla sua detenzione amministrativa a febbraio del 2022.

“Qualsiasi cosa succeda siamo con Hisham”, dice Emad. “Sta lottando per la libertà e noi saremo con lui fino alla fine”.

(traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)




C’è anche il partito di sinistra israeliano Meretz – nei plateali crimini di guerra coloniali nel Golan

Jonathan Ofir

28 dicembre 2021 Mondoweiss

Israele ha appena approvato un piano per raddoppiare il numero dei circa 25.000 coloni sulle alture del Golan siriano occupate, perché Joe Biden si è rifiutato di annullare la decisione di Trump sui territori acquisiti illegalmente e perché anche il partito di sinistra Meretz si è accodato, dicendo che la questione era “complicata”.

Israele ha appena approvato un piano per raddoppiare il numero dei circa 25.000 coloni sulle alture del Golan siriano occupate. L’annessione del territorio da parte di Israele nel 1981, che se n’era impossessata con la forza nel 1967, è “nulla” ai sensi del diritto internazionale (risoluzione 497 dell’UNSC). Il trasferimento di popolazioni in territori annessi illegalmente è un crimine di guerra. L’amministrazione Trump, tuttavia, in spregio del diritto internazionale, ha riconosciuto il Golan come territorio israeliano, primo e unico Paese a farlo. La solidarietà disfunzionale dei maschi Netanyahu-Trump ha ragggiunto il culmine con una cerimonia di battesimo nel 2019 di un nuovo insediamento del Golan: “Alture Trump”.

La debole amministrazione Biden non si spingerà al punto di annullare questa decisione. Il segretario di Stato Antony Blinken ha affermato che ci sono questioni legali riguardanti quella decisione, ma… per il prossimo futuro non si prevede un cambio di rotta.

Così, ancora una volta, e come con il trasferimento dell’ambasciata degli Stati Uniti a Gerusalemme, l’establishment politico degli Stati Uniti ha mostrato un consenso bipartisan. Trump poteva essere oltraggioso quanto voleva, ma quando si trattava di Israele, in realtà le decisioni le ha prese , e Biden che ama Israele non è intenzionato ad opporvisi.

Questo consenso ha incoraggiato il primo ministro leader dei coloni israeliani Naftali Bennett a dire:

Le alture del Golan sono israeliane. Questo è evidente… Conta anche il fatto che l’amministrazione Trump lo abbia riconosciuto e che l’amministrazione Biden abbia chiarito come questa politica non sia affatto cambiata.

Una gran cosa il consenso, non è ovvio?

E cosa c’è di meglio che rispecchiare tale consenso con un governo in Israele di coloni che promuovono le annessioni, dove persino Meretz, il più a sinistra fra i partiti sionisti, sostiene non solo l’annessione illegale ma anche l’espansione degli insediamenti e l’aumento del numero dei coloni?

Così domenica scorsa il governo israeliano, compresi due ministri Meretz (Tamar Zandberg e Nitzan Horowitz), ha tenuto una riunione su quei territori fittamente abitati per lanciare un massiccio piano di espansione delle colonie, che prevede l’apporto di un miliardo di shekel (circa 317 milioni di dollari) con l’obiettivo di raddoppiare la popolazione dei coloni ebrei-israeliani entro il 2030.

L’incontro ricorda la prima riunione del gabinetto di Netanyahu sul Golan occupato nel 2016, quando promise che il Golan sarebbe rimasto per sempre parte di Israele.

Complicato”

Zandberg di Meretz ha affermato che la decisione è stata “complicata”. “Sosteniamo la pace e speriamo che un giorno accada”, ha aggiunto. Attuare e sostenere spudorati crimini di guerra e sperare che un giorno la pace si realizzi…

La speranza non è mai stata così a buon mercato!

L’incontro illegale è stato un po’ eccessivo per il ministro palestinese di Meretz Issawi Freij, che ha deciso di non partecipare, come i membri del partito islamista conservatore Ra’am, un altro partito nel nuovo governo di coalizione. I palestinesi sanno che esiste qualcosa chiamato colonialismo ed espansionismo, e per quanto desiderino essere rilevanti nella politica dello Stato ebraico, partecipare a tali violazioni sfacciate può essere dannoso per la propria credibilità morale.

Ma niente paura, la decisione è stata approvata ai voti e Meretz spera ancora nella pace.

Ciò che molte persone oggi non sanno, è che le alture del Golan furono ripulite etnicamente nel 1967. Circa 124.000 dei 130.000 abitanti siriani furono espulsi con la forza nel 1967 e circa 200 villaggi vennero distrutti. Israele ha permesso a circa 6.000 drusi di rimanere, dal momento che i drusi sono tradizionalmente accondiscendenti nei confronti dell’espansione di Israele e sono alleati dello Stato ebraico dal 1948, e hanno ricoperto molte cariche nella sicurezza.

Quindi l’occupazione israeliana del Golan non fa granché notizia, semplicemente perché lì non c’è resistenza, a differenza dei territori occupati palestinesi della Cisgiordania, di Gerusalemme est e di Gaza. In questo senso il Golan siriano è diventato una specie di terra di sogno per i progetti di espansione coloniale di Israele: “una terra senza popolo per un popolo senza terra”, come recita il fittizio mito sionista.

E se non c’é quasi nessuno oltre agli eletti, allora beh’ , che problema c’é, giusto? Solo aree vuote in attesa di essere colonizzate, è la classica idea di “terra nullius” dei britannici nei confronti dell’Australia: nessun popolo, nessun problema.

Ma proprio come l’incontro di Netanyahu sul Golan è stato un precedente per quello di Bennett, l’attuale mossa espansionistica di Israele sul Golan prelude una maggiore normalizzazione di altre colonie. Può essere che i leader di Meretz lo giudichino solo come un consenso limitato su una questione non controversa come l’annessione della Cisgiordania, semplicemente perché non fa quasi mai notizia (né resistenza) nella società israeliana. Ma per Bennett e i suoi pari questa mossa è solo parte di un piano più grande. Nella visione del mondo di Bennett, non c’è alcuna differenza significativa tra il Golan e la Cisgiordania, è tutto “eretz Israel”, “terra di Israele”, e per lui è evidente perché è scritto da qualche parte nella Bibbia. L’annessione dell’Area C della Cisgiordania, che è qualcosa che Bennett desidera da tempo, è un po’ troppo da ingoiare attualmente per l’amministrazione Biden, così come per Meretz, e creerà ripercussioni, quindi perché non passare dalla porta sul retro e lavorare con il consenso?

Ancora una volta, la semplice verità è arrivata dal legislatore palestinese Ahmed Tibi del partito Joint List, che rappresenta i palestinesi. Ecco il suo tweet:  

Non importa quante riunioni di gabinetto si tengano sul Golan, è territorio siriano occupato,

Tibi ha anche sottolineato la responsabilità della sinistra:

Tutti i membri della coalizione sono responsabili delle decisioni prese durante questa riunione di gabinetto. Così come per l’aumento degli insediamenti in Cisgiordania e la violenza dei coloni.

L’asino del Messia

L’espansione sionista è sempre stata questione di ottenere un ampio consenso per cementare la successiva conquista espansionistica. Nella terminologia popolare dei coloni religiosi, c’è un termine chiamato “asino del Messia”. Fu coniato dal rabbino Avraham Isaac Kook, e l’idea era che gli ebrei sionisti laici fossero l’asino, necessari per trasportare gli ebrei religiosi ortodossi al fine di creare uno Stato ebraico che avrebbe accelerato la venuta del Messia. Il figlio di Kook, Zvi Yehuda, ha continuato l’ideologia di suo padre ed è considerato il padre ideologico del movimento coloniale religioso sionista in Cisgiordania.

Naftali Bennett è certamente un discepolo di questa ideologia. E questa ideologia messianica ha bisogno di un asino. Meretz è lieto di fornire non solo uno, ma molti asini.

traduzione dall’inglese di Stefania Fusero




Un tribunale olandese conferma l’immunità per crimini di guerra dell’israeliano Benny Gantz

Adri Nieuwhof

7 dicembre 2021 The electronic intifada

I giudici olandesi hanno stabilito martedì che due alti comandanti militari israeliani non possono essere citati in giudizio per aver ucciso una famiglia palestinese nella Striscia di Gaza.

La corte d’appello dell’Aia ha deciso che i comandanti godono di “immunità funzionale” perché agivano per conto dello Stato israeliano.

La decisione è uno schiaffo in faccia per Ismail Ziada e per tutti i palestinesi che ancora una volta trovano impedito il loro cammino verso la giustizia.

Parlando con i suoi sostenitori fuori dal tribunale, Ziada ha definito la decisione “vergognosa” e “vigliacca”.

“Oggi non è facile per me perché a Gaza subiamo un massacro dal punto di vista militare, mentre all’Aja il massacro è quello legale”, ha aggiunto Ziada.

È solo perché si tratta di Israele. Nient’altro. Non si tratta di giustizia”, ​​ha detto Ziada a proposito della sentenza.

Il cittadino olandese-palestinese ha citato in giudizio Benny Gantz, all’epoca capo dell’esercito israeliano, e Amir Eshel, allora capo dell’aviazione, per la decisione di bombardare la casa della sua famiglia durante l’assalto israeliano del 2014 a Gaza.

Gantz è attualmente ministro della difesa e vice primo ministro israeliano.

Ziada chiede centinaia di migliaia di dollari di danni ai comandanti israeliani.

L’attacco israeliano ha completamente distrutto l’edificio di tre piani nel campo profughi di al-Bureij. Ha ucciso la madre settantenne di Ziada, Muftia, i suoi fratelli Jamil, Yousif e Omar, la cognata Bayan e il nipote di 12 anni Shaban, nonché una settima persona in visita alla famiglia.

Non c’è posto per la giustizia

Nel gennaio 2020, il tribunale distrettuale dell’Aja ha concesso l’immunità a Gantz ed Eshel.

La decisione di martedì è arrivata dopo l’appello di Ziada alla sentenza del tribunale di grado inferiore.

L’avvocato per i diritti umani Liesbeth Zegveld aveva sostenuto nell’appello che concedere l’immunità ai due comandanti militari israeliani non era giustificabile.

Israele ha tolto ai palestinesi di Gaza ogni possibilità di accesso alla giustizia, dichiarando l’enclave costiera una “entità nemica” e i suoi residenti “sudditi nemici”, ha affermato Zegveld.

Inoltre, la legge israeliana proibisce ai cittadini “nemici” di avanzare richieste di risarcimento contro lo Stato nei tribunali israeliani.

Nella sentenza di martedì, la corte d’appello olandese ha respinto tali argomenti. Ha accettato che, quando si tratta di responsabilità penale per crimini di guerra, i funzionari statali non hanno alcuna garanzia di immunità.

Ma i giudici hanno concluso che quando si tratta di diritto civile, i funzionari di governi stranieri non possono essere citati in giudizio per i loro atti ufficiali nei tribunali di un’altra nazione a causa del principio consuetudinario dell’immunità statale.

La sentenza tiene conto di tutti i precedenti che confermano questa immunità e respinge tutti gli argomenti e i precedenti addotti da Ziada  a favore della tesi che chi è accusato di crimini di guerra o crimini contro l’umanità dovrebbe anche affrontare un giudizio di responsabilità civile.

In un caso del 2012 citato da Ziada il tribunale distrettuale dell’Aia aveva autorizzato una causa civile per tortura contro 12 funzionari libici anonimi. Lo aveva fatto in base a una disposizione della legge olandese che, secondo una sintesi del caso, “consente ai tribunali olandesi di esercitare la giurisdizione su cause civili laddove sia impossibile intentare tali cause al di fuori dei Paesi Bassi per ragioni legali o pratiche”.

Al querelante – un medico palestinese che aveva vissuto in Libia – è stata concessa una condanna in contumacia contro i funzionari libici condannati a pagare un milione di euro.

Nella sentenza di martedì, la corte d’appello olandese ha respinto quel precedente senza una spiegazione coerente del perché la stessa logica – la impossibilità per Ziada di chiedere un risarcimento in un diverso tribunale – non si applicasse.

Di altissimo grado”

La decisione nel caso di Ziada sottolinea l’urgenza di indagini della Corte penale internazionale sui crimini di guerra nella Cisgiordania occupata e nella Striscia di Gaza.

L’CPI è un tribunale di ultima istanza, che interviene quando i tribunali nazionali non possono o non vogliono agire, come è chiaramente il caso delle violazioni dei diritti dei palestinesi da parte di Israele.

La corte non è cieca rispetto alla sofferenza di [Ziada]. Né la corte è cieca di fronte agli sviluppi del diritto penale per quanto riguarda l’immunità dalla giurisdizione funzionale”, affermano comunque i giudici olandesi.

Riconoscono che in una recente decisione in Germania si afferma che un soldato afghano di basso rango potrebbe affrontare un processo penale in un tribunale tedesco per crimini di guerra.

Nella misura in cui vi sia una qualche ragione per estendere questo sviluppo al diritto civile”, ciò non si applicherebbe nel caso di Ziada, “in cui è coinvolto personale militare di altissimo grado”, affermano i giudici olandesi.

In altre parole, il tribunale olandese sta dicendo che, anche se avesse deciso di rimuovere l’immunità di funzionari stranieri citati civilmente per crimini di guerra, non potrebbe comunque farlo nel caso di Gantz ed Eshel, proprio a causa del loro alto grado.

Ciò sembra andare contro qualsiasi nozione naturale di giustizia, in cui coloro che hanno maggiori responsabilità dovrebbero portare il peso della massima responsabilità.

Anzi, in effetti la sentenza riconosce che, a causa delle alte posizioni ricoperte da Gantz ed Eshel, “un giudizio sulla loro condotta sarebbe necessariamente anche un giudizio sulla condotta dello Stato di Israele”.

Durante l’udienza sul suo appello a settembre, Ziada aveva invitato i giudici a “non venir meno alla giustizia”. Ma per lui è esattamente quello che hanno fatto.

“La mia causa legale non riguardava me o la famiglia Ziada”, ha detto martedì. “Non voglio che nessuno su questa terra soffra quello che abbiamo sofferto e stiamo ancora soffrendo”.

“Questo è vostro caso tanto quanto il mio”, ha detto Ziada, rivolgendosi ai sostenitori di tutto il mondo. “Senza di voi non sarei stato in grado di fare nulla di quello che abbiamo fatto fino ad ora.”

Ha aggiunto che avrebbe discusso i prossimi passi con i suoi avvocati, ma avrebbe “continuato la lotta”.

“Mia madre mi dà la forza per andare avanti”, ha detto Ziada. “Lei è dentro di me e mi dà lo spirito necessario per combattere. Non lasceremo che questi giudici codardi ci impediscano di combattere per la Palestina”.

Ali Abunimah ha contribuito alla ricerca.

(traduzione dall’Inglese di Giuseppe Ponsetti)




L’ultima esecuzione extragiudiziale conferma il ferreo sostegno israeliano all’assassinio di palestinesi

Jonathan Ofir

6 dicembre 2021 – Mondoweiss

Nel 2016, quando Elor Azarya sparò in testa ad un palestinese inerme, vi fu effettivamente una discussione su questa azione tra i politici israeliani. Non vi è stato un analogo dissenso questo weekend, dopo l’ultima esecuzione extragiudiziale di Israele.

Sabato scorso un uomo palestinese ha accoltellato un ebreo israeliano vicino alla Porta di Damasco a Gerusalemme, procurandogli ferite lievi. L’uomo, identificato come il 23enne Mohammed Shawkat Salameh della città di Salfit in Cisgiordania, è poi corso verso gli agenti di polizia di frontiera, che gli hanno sparato diverse volte – in particolare due volte mentre già giaceva a terra, immobilizzato, da una distanza di circa 5 metri. Haaretz ha riportato ampiamente sia l’azione che le reazioni.

Il video di quella sparatoria è stato filmato ed è circolato sui social media. 

Soltanto pochi politici in Israele lo hanno criticato. 

Ahmad Tibi, della Lista Unita che rappresenta i palestinesi [con cittadinanza israeliana, ndtr.]:Neutralizzazione” è un eufemismo. Questa è un’esecuzione a sangue freddo, la riprova dell’uccisione di una persona ferita che giace a terra e non minaccia nessuno. Per di più gli sono state negate le prime cure mediche finché è morto, nonostante vi fosse un’equipe medica sul luogo. E’ un atto criminale che richiede un’indagine.”

Ofer Cassif, anch’egli della Lista Unita, ha definito gli spari una “esecuzione sommaria” ed un altro membro della Lista Unita, Aida Touma-Sliman, ha affermato: “Uccidere un uomo che non costituisce più una minaccia è un crimine orrendo. Questa è la realtà creata dall’occupazione.” Anche Esawi Freige, del partito di sinistra [sionista, ndtr.] Meretz, ha detto che sparare dovrebbe servire solo “a salvare vite e non a togliere la vita ad aggressori che non costituiscono più un pericolo.” Lo ha definito “un atto che mostra indifferenza verso la vita umana.”

Fin qui tutto bene – sembra esserci qualche decenza umana nella politica israeliana, che chiama le cose col loro nome. Ma è solo una sottile frangia dello spettro politico. Spostandosi un po’ più a destra, verso il partito Laburista, si trova già sostegno all’assassinio. Il Ministro della Pubblica Sicurezza Omer Bar-Lev: Quando c’è un dubbio, non si indugia.”

Ha detto che gli agenti avevano “un secondo o due” dopo il primo sparo per “decidere se il terrorista che era stato colpito stesse per azionare una cintura esplosiva.”

Ma erano sicuri che ci fosse una cintura esplosiva? L’aggressore indossava una maglietta stretta e non c’era assolutamente traccia di ciò. Negli attacchi col coltello non sono mai state usate cinture esplosive, perché sarebbero state controproducenti rispetto all’obiettivo. Comunque sono passati più di 5 anni dall’ultimo attacco suicida (su un autobus di Gerusalemme) e nessuno di tali attacchi si svolge così. In base alla logica di Bar-Lev, se c’è un minimo dubbio che un palestinese abbia una cintura esplosiva sotto il vestito, è sicuramente meglio sparargli e accertarsi della morte, piuttosto che rischiare – e riguardo ai palestinesi il dubbio c’è sempre.

Più di cinque anni fa, nel caso di Elor Azarya, il paramedico militare che sparò in testa ad un palestinese inerme a bruciapelo, anche Azarya si appellò al fatto di temere una cintura esplosiva. Ma il tribunale respinse questa argomentazione, poiché nessuno lì vicino sembrava preoccupato e la motivazione conclamata di Azarya per lo sparo fu che “doveva morire”.

L’aggressore di sabato scorso non è stato colpito perché fosse sospettato di avere un esplosivo. È stato colpito e lasciato a morire dissanguato perché gli agenti della polizia di frontiera hanno ritenuto che dovesse morire.

E così i politici di tutto il principale arco politico hanno acclamato l’assassinio.

Anche il Ministro degli Esteri, il centrista Yair Lapid, ha detto di “appoggiare in pieno i nostri combattenti. Non lasceremo che i terroristi scorrazzino selvaggiamente a Gerusalemme o in qualunque altra parte del Paese.” Il Ministro della Difesa Benny Gantz ha affermato che gli agenti hanno fatto la cosa “ovvia”, sottolineando che hanno il suo sostegno. Il Primo Ministro Naftali Bennett ha detto di “sostenere pienamente” gli agenti che hanno sparato all’aggressore palestinese, affermando che “hanno agito come ci si aspetta da agenti israeliani.”

E’ interessante che nel caso di Azarya vi fu realmente un notevole dibattito riguardo al fatto, che era essenzialmente identico. Allora il Capo di Stato maggiore Gadi Eisenkot disse che Azarya aveva “sbagliato”. Persino il bellicoso Ministro della Difesa del Likud, Moshe Ya’alon, condannò l’azione: Noi non spariamo semplicemente alle persone, neppure se sono terroristi, neppure ad un altro soldato che ti ha appena sparato ma che poi si è arreso ed è stato neutralizzato, noi non spariamo e basta…Era chiaro ai comandanti che non è ciò che si fa.”[ vedi l’articolo di Gideon Levy sul processo Azarya su zeitun.info]

Ma adesso è qualcosa che si fa. Non c’è dubbio.

Come è accaduto questo slittamento dell’opinione politica egemone? Può essere parte dell’ “effetto Azarya”. Molti in Israele furono sbigottiti dal senso di limitazione che il caso Azarya rappresentava. Azarya rilevò che tali esecuzioni venivano fatte “un sacco di volte”, ma che ora lui veniva usato come capro espiatorio.

E noi abbiamo visto indicatori che certo, questo è stato fatto un sacco di volte dopo il caso di Azarya. L’esecuzione extragiudiziale da parte della polizia del cittadino beduino Yaqub abu al-Qia’an a Umm al Hiran nel 2017 (ci si rese conto in seguito che non era un terrorista e non stava affatto tentando di speronare un’auto) e l’esecuzione da parte della polizia di Ahmed Erekat nel 2020. Questi casi sono chiare esecuzioni, compreso lo stesso diniego di cure mediche, e le analisi di Architettura Forense relative ad entrambi i casi contraddicono esplicitamente l’asserzione che si trattasse di speronamenti deliberati. Nel caso di Al-Qia’an, l’insegnante israeliano, sembra che in seguito molti si siano convinti della sua innocenza. Nonostante ciò, nel caso del palestinese sotto occupazione Erekat, non viene accordato tale beneficio del dubbio e addirittura l’Alta Corte israeliana ha sentenziato che il corpo di Erekat – il suo corpo! – non fosse restituito alla famiglia.

Israele ha deciso di costruire un muro di ferro di negazioni relativamente alla sua politica criminale di esecuzioni extragiudiziali.

Una volta di più, è un motivo per cui è necessaria la CPI [Corte Penale Internazionale, ndtr.]. È un Paese senza legge, che persevera nei crimini di guerra.

Jonathan Ofir

Musicista israeliano, conduttore e blogger/scrittore, che vive in Danimarca.

(Traduzione dall’inglese di Cristiana Cavagna)





Riluttante e incapace: Israele insabbia le indagini sulle proteste della Grande Marcia del Ritorno

Sintesi del rapporto congiunto con il PCHR

dicembre 2021 B’Tselem

Sintesi del rapporto congiunto con il PCHR

Il 30 marzo 2018, Giornata della Terra, i palestinesi della Striscia di Gaza iniziarono a organizzare regolari proteste lungo la barriera perimetrale, chiedendo la fine del blocco che Israele impone sulla Striscia dal 2007 e il rispetto del diritto al ritorno. Le proteste, che si svolgevano principalmente il venerdì con decine di migliaia di partecipanti, tra cui bambini, donne e anziani, proseguirono fino alla fine del 2019.

Israele si affrettò a definire le proteste illegittime ancor prima che iniziassero. Fece vari tentativi per impedire le manifestazioni e dichiarò in anticipo che avrebbe disperso i manifestanti con la violenza. I militari schierarono lungo la barriera decine di cecchini e vari ufficiali chiarirono che le regole di combattimento avrebbero consentito di far fuoco contro chiunque tentasse di avvicinarsi alla barriera o di danneggiarla. Quando gli abitanti di Gaza proseguirono comunque le manifestazioni, Israele tenne fede alle sue minacce e adottò regole di combattimento che consentivano l’uso di armi da fuoco contro i manifestanti disarmati. Di conseguenza 223 palestinesi, 46 dei quali di età inferiore ai 18 anni, vennero uccisi e circa 8.000 feriti. La stragrande maggioranza delle persone uccise o ferite era disarmata e non rappresentava alcuna minaccia per i soldati ben armati che si trovavano dall’altra parte della barriera.

Israele rispose alle critiche internazionali sul bilancio delle vittime dicendo che avrebbe indagato sugli incidenti. Eppure oggi, a più di quaranta mesi dalla prima manifestazione, è chiaro che le indagini dei militari relative alle proteste di Gaza non hanno mai avuto lo scopo di assicurare giustizia alle vittime o di dissuadere le truppe da azioni simili. Queste indagini, proprio come le indagini condotte dal sistema giudiziario dell’esercito in altri casi in cui i soldati hanno recato danno a palestinesi, fanno parte del meccanismo di copertura da parte di Israele e il loro scopo principale rimane quello di mettere a tacere le critiche esterne, in modo da poter continuare ad attuare in maniera immutata la propria politica.

La principale lacuna: la mancanza di indagini sulle politiche riguardanti l’uso delle armi da fuoco

La responsabilità di aver adottato la politica delluso delle armi da fuoco, di avere impartito ordini illegali ai soldati, con gli esiti letali che ne derivano, ricade sui politici. Tuttavia, le persone principalmente responsabili delle conseguenze e della definizione di tali politiche i funzionari di livello governativo che le hanno modellate, sostenute e incoraggiate, e il procuratore generale che ne ha confermato la legalità – non sono mai state indagate. Le indagini non hanno preso in esame i regolamenti e le politiche adottate durante le proteste, ma si sono concentrate interamente su casi isolati considerati “eccezionali”.

Dei funzionari statali hanno ammesso che una delle ragioni del frettoloso annuncio di Israele che sarebbero state condotte indagini è dovuta al fatto che la Corte Penale Internazionale dell’Aia stava e sta tuttora conducendo procedimenti contro Israele. Uno dei principi guida per il lavoro della CPI è la complementarità, il che significa che la CPI afferma la [propria] giurisdizione solo quando lo Stato in questione è “riluttante o incapace” di svolgere le proprie indagini. Una volta che uno Stato intraprende delle indagini sugli incidenti, la CPI non interviene.

Tuttavia dichiarare che un’indagine è in corso non è sufficiente per evitare l’intervento della Corte Penale Internazionale. L’indagine deve essere efficace e deve esaminare la responsabilità dei funzionari di grado più elevato che hanno concepito le politiche e, se necessario, condurre a delle azioni contro di loro. Le indagini di Israele in relazione alle proteste di Gaza non soddisfano questi requisiti: consistono interamente in indagini militari sulla propria condotta. Si concentrano esclusivamente su soldati di rango inferiore e agli investigatori viene assegnato un mandato ristretto, che si limita a chiarire se i regolamenti sono stati violati, ignorando completamente la questione della loro liceità e della stessa regolamentazione sull’uso delle armi da fuoco.

Non si può neppure sostenere come hanno fatto i funzionari israeliani che la politica del fuoco aperto sia stata sostenuta dalla Corte Suprema israeliana, che ha esaminato petizioni presentate contro di loro. I giudici possono anche aver respinto le petizioni, permettendo ai militari di continuare con quella politica, ma la corte non ha difeso i regolamenti attuati sul campo, poiché questi non sono mai stati presentati ai giudici. La corte ha sì approvato i regolamenti che secondo lo Stato stavano seguendo i militari, ma lo ha fatto ignorando l’evidente discrepanza tra le informazioni presentate ai giudici e la realtà sul campo – divario evidente in tempo reale, mentre la corte esaminava la petizione.

Qual’è loggetto delle indagini secondo Israele?

Le indagini sono state affidate al Military Advocate Generals Corps (il MAG Corps) [l’Avvocatura Generale Militare è l’organo responsabile dell’attuazione dello stato di diritto all’interno dell’esercito israeliano, ndtr.] con l’assistenza di uno speciale organismo dello Stato Maggiore introdotto dopo l’operazione Protective Edge [nome in codice della campagna militare iniziata l’8 luglio 2014 dall’esercito israeliano contro i palestinesi di Hamas e altri gruppi nella Striscia di Gaza, ndtr.] (l’organismo FFA). Questo apparato è stato incaricato di una missione limitata: indagare su incidenti isolati in cui i soldati fossero sospettati di aver violato gli ordini loro impartiti. Le indagini si sono concentrate su soldati di basso rango sul terreno. In queste circostanze, anche se l’organismo avesse eccelso nel suo lavoro investigativo e avesse svolto con successo la sua missione, il contributo all’applicazione del diritto sarebbe stato limitato. Tuttavia un esame delle operazioni di tale organismo rivela che esso non si è sforzato di raggiungere neanche questo obiettivo limitato.

L’esercito ha indagato solo sui casi in cui i palestinesi sono rimasti uccisi dalle forze di sicurezza, nonostante il gran numero di persone ferite, compresi i casi in cui le vittime sono rimaste paralizzate o costrette ad amputazioni. Nel corso delle proteste sono stati feriti in totale più di 13.000 palestinesi: circa 8.000 da proiettili veri, circa 2.400 da proiettili di metallo ricoperti di gomma e quasi 3.000 da candelotti lacrimogeni che li hanno colpiti direttamente. Dei feriti, 156 hanno perso gli arti. Nessuno di questi casi è stato indagato.

Le indagini che hanno avuto luogo non sono state indipendenti, in quanto condotte interamente dai militari, senza il coinvolgimento di civili. Inoltre, sia il Mag che l’FFA funzionano molto a rilento. Secondo i dati forniti dal portavoce dell’esercito a B’Tselem, al 25 aprile 2021 l’FFA aveva ricevuto 234 pratiche riguardanti l’uccisione di palestinesi. Questa cifra comprende anche palestinesi rimasti uccisi durante il periodo in cui si sono svolte le proteste, ma senza alcun collegamento con esse. L’organismo ha completato la sua revisione in 143 di questi casi e li ha trasferiti al MAG. Il MAG ha ordinato all’Unità investigativa della polizia militare (MPIU) di indagare su 33 casi, nonché su altri tre casi non di competenza dell’ apparato FFA. In quattro casi l’inchiesta è stata chiusa senza che fossero presi provvedimenti. Per un’altra indagine del MPIU, sull’uccisione del quattordicenne ‘Othman Hiles, che è stata completata, un soldato è stato accusato di abuso di autorità al punto di mettere in pericolo la vita o l’incolumità e condannato a un mese di servizio militare comunitario. Il MAG ha deciso di non indagare penalmente su 95 casi in cui il FFA aveva completato la sua revisione e ha archiviato i casi senza ulteriori provvedimenti. Tutti gli altri casi trasferiti al MAG sono in corso di esame.

* * *

La condotta di Israele riguardo alle indagini sulle proteste a Gaza non è né nuova né sorprendente. È radicata nel sistema israeliano di applicazione della legge, come si è visto ad esempio dopo i combattimenti nel corso dell’Operazione Piombo Fuso del gennaio 2009 e nell’Operazione Margine di Protezione dell’agosto 2014. Anche allora Israele ha violato il diritto internazionale, ha rifiutato di riformare la sua politica nonostante le conseguenze letali e deviato le critiche promettendo di indagare sulla propria condotta. Ma anche allora tale promessa non ha condotto a nulla. Salvo una manciata di casi non rappresentativi nessuno è stato ritenuto responsabile per gli orribili risultati di politiche sull’uso delle armi da fuoco illegali e immorali.

Un reale cambiamento di politica avverrà solo quando Israele sarà costretto a pagare un prezzo per la propria condotta, azioni e politiche. Quando la cortina fumogena delle indagini interne sarà rimossa e sarà costretto a fare i conti con le sue violazioni dei diritti umani e delle leggi internazionali, Israele dovrà decidere: ammettere apertamente di non riconoscere che i palestinesi abbiano diritti politici e meritino di essere tutelati, e di non avere quindi nessuna intenzione di assumersi la responsabilità di aver violato i diritti umani dei palestinesi, oppure cambiare la propria politica.

(traduzione dallinglese di Aldo Lotta)




“È divertente sparare ai palestinesi”: parlano sei ex-soldati israeliani

Rasha Reslan

21 novembre 2021- Al Mayadeen

Sei soldati dell’occupazione israeliana rievocano in un video le atrocità che hanno commesso in una realtà sconcertante che riflette la gravità della situazione ad al-Khalil da un punto di vista: una realtà di crimini contro l’umanità.

Ai soldati piace proprio sparare proiettili ricoperti di gomma.”

E’ divertente.”

Tutti si danno il cinque.”

Sei fantastico, l’hai beccato.”

Di recente il New York Times ha ottenuto dalla regista ed ‘ex’-soldatessa israeliana Rona Segal un documentario breve: “Mission: Hebron”.

È la prima volta negli ultimi anni che un documentario mette in luce una parte delle sofferenze giornaliere dei palestinesi nella al-Khalil/“Hebron” occupata: una realtà sconvolgente che raramente viene consentito all’opinione pubblica di vedere.

Al-Khalil è considerata la più grande città della Cisgiordania occupata e l’unica in cui i coloni israeliani abitano accanto ai palestinesi, accentuando quindi le loro sofferenze.

I palestinesi devono affrontare gravi limitazioni agli spostamenti, in quanto le forze di occupazione israeliane sono costantemente presenti e impegnate da molto tempo a espellerli, in particolare dalla Città Vecchia.

Nei suoi sei capitoli il breve documentario inquadra le atrocità israeliane ad al-Khalil

Sei soldati dell’occupazione israeliana, tutti arruolati all’età di 18 anni, descrivono la loro cosiddetta “missione” ad al-Khalil. A loro è stato “affidato l’incarico di proteggere e controllare i coloni israeliani.” A questi soldati appena maggiorenni è stato dato un totale controllo sulle vite dei palestinesi in città.

I sei ‘ex’ soldati descrivono in un set in studio la loro “missione” basata sui “doveri stabiliti dalle loro regole d’ingaggio”: i coloni israeliani di al-Khalil sono “controllati e protetti” attraverso una serie di strategie, rendendo nel contempo insopportabili le vite dei civili palestinesi.

Ripensandoci, i soldati ricordano la loro confusione, il loro disagio e il loro odio.

Raccontano sullo schermo le atrocità commesse con una nuova prospettiva della gravità della situazione sul terreno ad al-Khalil, che costituisce un crimine contro l’umanità, di apartheid e persecuzione.

Missione” principale

Il tuo unico compito è di controllare e proteggere i coloni israeliani a Hebron (al-Khalil).”

Chiarendo che il compito dei soldati israeliani è di proteggere e scortare i coloni israeliani con ogni mezzo, risulta chiaro che la crescente e sempre più grave violenza dei coloni israeliani contro i palestinesi viene attuata con l’esplicito appoggio delle autorità israeliane di occupazione. Nel contempo i soldati israeliani hanno l’ordine di chiudere gli occhi e persino di difendere i responsabili [delle violenze].

La violenza dei coloni contro i palestinesi include danneggiamento di proprietà privata, lancio di pietre e aggressioni fisiche, così come attacchi contro attivisti e giornalisti.

Tali aggressioni sono diventate sempre più frequenti negli ultimi anni e vengono commesse impunemente.

Uno dei soldati israeliani testimonia che è un coordinatore della sicurezza dei coloni israeliani che gli dà gli ordini, non il loro comandante militare. In molti casi i soldati dell’occupazione israeliana forniscono agli aggressori una scorta e un supporto. Ma quando i soldati israeliani non si uniscono agli attacchi, secondo le ammissioni dei soldati, “i coloni illegali possono rivoltarsi contro di loro, diventando quindi nemici,”.

Se spari ai palestinesi i coloni ti danno una pizza e un caffè.” Questo è di gran lunga uno degli aspetti più sgradevoli della “missione”. L’‘affetto’ dei coloni può trasformarsi in odio se a loro viene vietato di fare aggressioni estreme contro i palestinesi. A questo punto il soldato che prima era amato si trasforma in “traditore” e “nazista”.

Una strada sterilizzata senza palestinesi”

Con un’affermazione razzista, uno degli ‘ex’ soldati israeliani afferma che ci sono strade che sono “sterilizzate da palestinesi”.

Come parte della politica dell’esercito israeliano di rendere queste zone “sterilizzate” da palestinesi, ad al-Khalil le forze israeliane di occupazione vietano ai palestinesi di camminare in vaste aree di quella che prima dell’occupazione era la principale arteria della città.

Nel suo racconto Imad Abu Shamsieh, il coordinatore dello Human Rights Defenders Group [Gruppo dei Difensori dei Diritti Umani, ong palestinese che documenta le violazioni dei diritti umani nei territori palestinesi, ndtr.], dice ad al Mayadeen in edizione inglese che l’occupazione israeliana ha piazzato più di cento posti di controllo con cancelli in metallo ed elettronici, videocamere di sorveglianza, barriere di cemento armato e avamposti di ispezione nelle vie “sterilizzate”.

Rivela anche che circa 525 negozi palestinesi cono stati completamente chiusi nel 2000 a causa della decisione di un tribunale militare dell’occupazione israeliana.

Inoltre Abu Shamsieh afferma chiaramente che dall’ottobre del 2000 i veicoli palestinesi, comprese le ambulanze, sono esclusi dall’“area H2” [sotto totale controllo israeliano, ndtr.].

L’attivista per i diritti umani continua affermando che “le forze di occupazione israeliane impediscono ai giornalisti locali e internazionali di entrare nell’area H2 e nelle strade sterilizzate. Nel contempo io, insieme a un gruppo di palestinesi di al-Khalil, abbiamo deciso di documentare i crimini di guerra israeliani che avvengono giornalmente e prendono di mira uomini, donne e bambini palestinesi.”

Dal 2010, con l’iniziativa ‘Capturing Occupation Camera Project in Palestine’ [Progetto della Telecamera che Riprende l’Occupazione in Palestina]”, abbiamo iniziato a filmare le atrocità dell’occupazione israeliana contro i palestinesi.

Siamo un gruppo di circa 30 giovani volontari palestinesi che mettono in evidenza e documentano le violazioni dei diritti umani e delle leggi internazionali in Palestina,” dice Abu Shamsieh ad Al Mayadeen.

Perquisizioni corporali

Uno dei soldati israeliani afferma spavaldo che lo scopo principale delle perquisizioni corporali è “fermare e perquisire ogni palestinese”, ma implicitamente le perquisizioni sono di fatto intese a umiliare i palestinesi senza alcuna giustificazione legale.

Quando perquisisci qualcuno che prendi per la strada ciò richiede di toccare la persona,” dice un soldato.

Un gruppo di uomini palestinesi può essere preso di mira per una perquisizione semplicemente perché può avere un aspetto basato sullo stereotipo hollywoodiano razzista di “terrorista” nella mente dell’occupante. Le perquisizioni non sono messe in atto per trovare armi, ma per umiliare i palestinesi o creare “tensioni” tra loro. “L’idea è di provocare loro tensione, in modo che tengano la testa bassa.”

A causa della vicinanza delle colonie israeliane in città, i palestinesi sono circondati da una grande presenza militare e sono sottoposti a caso a perquisizioni di routine e offensive, a maltrattamenti e pestaggi.

Pattuglie

La ricercatrice sul campo palestinese Manal al-Jaabari di al-Khalil dice ad Al Mayadeen che i minori di al-Harika, un quartiere della città, sono quotidianamente soggetti al terrorismo israeliano.

Ad al-Harika, che si trova nei pressi di “Kiryat Arba” [una delle prime e più violente colonie israeliane, ndtr.], le forze dell’occupazione israeliana entrano nelle case dei palestinesi quando viene lanciata una pietra contro la barriera, e i minori vengono interrogati nelle loro case. A volte i soldati israeliani li trascinano per le strade e li piazzano davanti alle telecamere di sorveglianza,” aggiunge.

La giovane ricercatrice afferma con commozione che i soldati israeliani incitano giovani coloni israeliani ad aggredire ragazzini palestinesi della loro età nel quartiere di Jaber.

Le forze di occupazione israeliane affermano di essere state colpite da pietre per arrestarli o detenere minori palestinesi per ore, conferma al-Jaabari ad Al Mayadeen.

Nei pressi delle scuole, soprattutto nella zona sud vicino ai posti di controllo, molti minori sono arrestati e detenuti per lunghi periodi. A volte vengono picchiati o insultati e lasciati senza cibo e senz’acqua prima di essere consegnati all’al-Khalil Coordination and Liaison Office [Ufficio del Coordinamento e Collegamento di Al-Khalil] se hanno un’età inferiore ai 13 anni.”

Sopra questo limite d’età vengono arrestati e sottoposti a un’indagine alla stazione della polizia israeliana occupante, poi trasferiti in un tribunale israeliano o multati per almeno 1000 shekel [circa 280 €] prima di essere rilasciati.

Ai posti di controllo è tutta una questione casuale

Piazzi degli spuntoni antigomme, fermi le auto e provochi un grande ingorgo.” 

A volte non c’è nessuna ragione.”

Mentre i posti di controllo israeliani ostacolano la vita quotidiana dei palestinesi in città, gli ‘ex’ soldati israeliani confessano che un checkpoint è una specie di posto di blocco stradale.

È solo un episodio e quello che è stato documentato dal Palestinian Human Rights Defenders Group è molto più tragico.

Abu Shamsieh racconta ad Al Mayadeen che nel 2016 la sua telecamera ha ripreso l’esecuzione a sangue freddo del martire Abdel Fattah al-Sharif a uno dei posti di controllo dell’occupazione israeliana.

Il difensore dei diritti umani afferma che il caso di al-Sharif è solo uno dei molti crimini di guerra israeliani.

Egli rivela anche ad Al Mayadeen in versione inglese che i coloni israeliani hanno regolarmente investito bambini palestinesi persino di cinque anni.

Abu Shamsieh afferma di aver subito maltrattamenti, limitazioni alla sua libertà di movimento, sequestri, lunghi periodi di detenzione arbitraria, in genere con ordini di detenzione amministrativa [cioè senza accuse né processo, ndtr.] e perquisizioni illegali in casa e nel suo ufficio, per non parlare delle minacce di morte.

Detenzioni: “chiunque è sospetto”

Secondo le confessioni dei soldati, ogni palestinese è sospetto, e la procedura di arresto include il fatto di mettere ogni palestinese “in un posto con un soldato e poi tenerlo sotto sorveglianza’

Gli ‘ex’ soldati testimoniano che i militari israeliani mettono una benda sugli occhi e ammanettano i palestinesi arrestati a caso.

Come ogni città e villaggio palestinese, anche al-Khalil assiste quotidianamente ad arresti arbitrari di palestinesi, anche di bambini di 10 anni.

La violenta repressione delle proteste da parte delle forze di occupazione israeliane ha anche incluso l’arresto e la detenzione di manifestanti palestinesi.

Un altro “compito”: prendere di mira i giornalisti

Da parte sua un giornalista palestinese sul campo di al-Khalil, Sari Jaradat, dice ad Al Mayadeen che le forze dell’occupazione israeliana impediscono deliberatamente ai giornalisti palestinesi e internazionali di informare sull’attualità per nascondere i loro crimini quotidiani che colpiscono ogni aspetto della vita in città.

Circa una settimana fa un ufficiale dell’occupazione mi ha detto: ‘Se vieni ucciso dai nostri proiettili noi non ne avremo alcuna responsabilità.’”

Avevano già l’intenzione di prendermi di mira per impedirmi di fare il mio lavoro ed ho subito in totale cinque ferite da proiettili veri mentre informavo sui loro crimini, per non parlare delle decine di fermi, arresti, divieti di informare e limitazioni agli spostamenti,” aggiunge.

Jaradat parla del progetto “Blue Wolf” e dell’installazione ad al-Khalil di telecamere per il riconoscimento facciale, affermando che queste telecamere porteranno all’eliminazione della libertà più importante, quella della stampa, che è già limitata.

I soldati dell’occupazione israeliana emaneranno qualunque legge desiderino per impedire ai giornalisti palestinesi di fare il loro lavoro,” aggiunge.

La sistematica oppressione dei palestinesi è stata parzialmente riflessa da “Mission” ed evidenziata nel suo complesso dalle testimonianze accorate di Sari, Imad e Manal. Eppure ciò che sta avvenendo in Palestina, e in particolare ad al-Khalil, non può essere documentato o riassunto in un film, in un titolo o in una foto.

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)




Facebook mi ha bloccata per aver chiamato eroe l’evaso da Gilboa Zakaria Zubeidi

Orly Noy

14 Settembre 2021 – Middle East Eye

Il mio appoggio pubblico ad uno dei prigionieri evasi ha provocato clamore tra gli israeliani. Il mio crimine? L’ho chiamato eroe e ho detto che capisco perché i palestinesi facciano ricorso alla lotta violenta

Entro un’ora dal mio post su Facebook relativo a Zakaria Zubeidi, uno dei sei prigionieri palestinesi che recentemente sono evasi dal carcere di Gilboa e uno dei quattro in seguito catturati, Facebook mi ha bloccata per tre giorni per aver violato le sue “linee guida della comunità”.

Non sono stata particolarmente sorpresa. Sapevo che molti israeliani avrebbero immediatamente segnalato il post e sarebbero riusciti a farlo cancellare. Il motivo è che io insisto nel considerare Zubeidi ed i suoi compagni dei combattenti per la libertà e non dei terroristi. Ed insisto nel delineare il contesto del tragico ed eroico percorso della vita di Zubeidi.

Tale contesto è descritto limpidamente in ‘I ragazzi di Arna’, il film del 2003 di Juliano Mer-Khamis sul lavoro di sua madre, Arna Mer-Khamis, e sul suo progetto del Freedom Theatre (Teatro della Libertà) degli anni ’90 per i ragazzi del campo profughi di Jenin.

I giovani partecipanti al progetto ci vengono presentati come ragazzi sorridenti che si trasformano gradualmente in combattenti determinati, molti dei quali sono stati alla fine uccisi. Uno dei ragazzi di Arna è Zakaria Zubeidi, che ha in seguito raggiunto lo status di super ricercato dalle forze di sicurezza israeliane ed è considerato dall’opinione pubblica israeliana come il perfetto terrorista.

Nel post rimosso da Facebook ho definito Zubeidi un eroe. Non solo perché ha lottato per la libertà del suo popolo, ma anche perché ogni palestinese che sopravvive all’occupazione e insiste nel continuare a vivere è un eroe – anche se non ha mai lanciato neanche una pietra.

La famiglia di Zubeidi ha donato parte della propria casa per le prove del Freedom Theatre. Sua madre e suo fratello sono stati in seguito uccisi dall’esercito israeliano e lui infine ha preso le armi per combattere per la libertà. Noi, il pubblico israeliano, siamo quelli (così ho scritto) che dovrebbero rendere conto della trasformazione compiuta da Zubeidi, uno di quei ragazzini sorridenti del film.

Stupore e indignazione

Ovviamente ciò è estremamente improbabile. Il pubblico israeliano rifiuta drasticamente di riconoscere il contesto della lotta palestinese e si stupisce quando qualcuno osa anche solo parlarne. Questo stupore ha improntato la risposta israeliana quando è uscita la notizia dell’evasione dei sei prigionieri da Gilboa: in qualche modo ci hanno ingannati, ma come? Noi siamo così bravi e così forti – noi siamo invincibili!

Lo stupore e l’indignazione sono tipici della reazione israeliana ogni volta che i palestinesi riescono ad ottenere una vittoria contro il regime israeliano ed il suo sofisticato, potente, articolato sistema di oppressione. La straordinaria e riuscita azione palestinese provoca una meravigliata protesta da parte degli israeliani del genere: ‘non fanno un gioco corretto’.

Dal punto di vista israeliano le regole di questo gioco stabiliscono che la nostra parte è quella che conquista, schiaccia, umilia, espelle, esilia, arresta, incarcera, preme il grilletto ed uccide. Il loro ruolo (dei palestinesi, ndtr.) è di essere sconfitti, schiacciati, espulsi, incarcerati e di morire. Che cosa gli dà il diritto di violare questa equivalenza tra ebraismo e democrazia?

E’come se Golia dovesse vedere il mondo come lo vedeva Davide ed insistesse nel considerarsi una vittima, anche quando infierisce sul debole e ignora il diritto internazionale. Per esempio, imprigionare un abitante dei territori occupati al di fuori di quei territori è una violazione del diritto internazionale. L’incarcerazione di Zubeidi e dei suoi amici a Gilboa è stata essa stessa illegittima e un crimine di guerra.

Quando sei un Golia che si percepisce come un Davide, sei cieco rispetto all’eroismo di coloro che stai calpestando, quelli che impugnano una fionda contro il tuo immenso potere. Né puoi comprendere il terribile prezzo che pagano per essersi comportati così – come i ragazzi del Freedom Theatre di Jenin, la maggior parte dei quali hanno pagato con la vita.

Yusuf per esempio era un ragazzo del Freedom Theatre. Durante la seconda Intifada, dopo che una granata ha colpito un’aula della scuola, Yusuf si è trovato a portare in braccio una ragazzina che è morta dopo pochi minuti. I suoi amici dicono che quell’esperienza lo ha completamente cambiato. Ha smesso di sorridere, di ridere, è diventato apatico. Poi, pur essendo del tutto ateo, si è unito alla Jihad islamica, ha imbracciato le armi, è andato con un amico a Hadera nel centro di Israele ed ha aperto il fuoco, uccidendo quattro persone e ferendone 30. In risposta la polizia ha ucciso sia Yusuf che il suo compagno.

Non mi arrenderò mai’

Poi c’è Ashraf, nel film un dolce ragazzo e nel gruppo teatrale un attore importante. In una scena, dopo che l’esercito israeliano ha distrutto la casa della famiglia del suo vicino Alaa, Ashraf fruga tra le macerie per recuperare qualcuna delle cose del suo amico. Scatto in avanti e si sente Alaa che descrive come Ashraf in seguito sia morto combattendo contro le forze israeliane nella battaglia di Jenin nel 2002. Residenti armati hanno preso posizione nell’edificio che un tempo ospitava il teatro ed è là che è morto Ashraf.

O prendiamo Alaa, che da bambino ha visto distruggere la casa della sua famiglia. Vediamo un Alaa cresciuto, che spiega che lui non sarebbe mai stato catturato perché sarebbe “diventato libero o sepolto nella sua tomba”. Nella scena seguente vediamo il suo cadavere bruciato all’ospedale, circondato da amici e parenti in lutto, dopo che è stato colpito dalle forze armate israeliane nel novembre 2002, due settimane dopo la nascita del suo primo figlio.

E poi c’è lo stesso Zubeidi. “Non mi arrenderò mai”, dice nel film ai suoi amici. “Mai!” Ed effettivamente non lo ha mai fatto. E’stato catturato da un poliziotto armato fino ai denti alle dipendenze di un vile e codardo regime le cui incessanti e sadiche violenze sono attribuite a “necessità di sicurezza” e in cui la persecuzione di questi combattenti per la libertà è chiamata “eroismo”.

Perciò sì, per quanto incredibile possa essere per gli israeliani, un giorno la gente rinchiusa in un ghetto dove una morte lenta ha migliaia di facce tenterà di insorgere e rischierà la vita per farlo. Uno delle migliaia di prigionieri del ghetto potrebbe addirittura uccidere uno dei suoi carcerieri. E sì, il popolo i cui conquistatori lo incarcerano per anni in una prigione più materiale del ghetto potrebbe tentare di scappare ed una su decine di migliaia di persone potrebbe farcela. Sì, compresi quelli che hanno scelto la violenza.

Ricerca interiore

Perché qui c’è un’altra sorpresa: viviamo in una realtà molto violenta che, benché abbia due lati, non è affatto simmetrica. La violenza di una delle parti ha il fine di opprimere, di schiacciare, di sradicare, di stabilire la superiorità, mentre la violenza dell’altra parte è una ricerca di liberazione. Ecco come persino azioni che non dovrebbero mai avvenire diventano parte della lotta per la libertà.

Alla fine di questa settimana milioni di ebrei osserveranno il giorno più sacro dell’anno ebraico, lo Yom Kippur: un giorno di esame di coscienza e di ricerca interiore. Nella tradizione ebraica le nostre preghiere durante lo Yom Kippur ci permettono di ottenere il perdono per i peccati contro Dio, ma non per quelli che abbiamo commesso contro altri esseri umani. Solo le vittime stesse possono perdonarci per quelli.

In questo Yom Kippur dovremmo inginocchiarci di fronte ai milioni di palestinesi che abbiamo oppresso per decenni e domandare loro perdono dal profondo dei nostri cuori, mentre ci pentiamo sinceramente dei peccati che abbiamo commesso contro di loro. Come negli anni passati, tuttavia, non succederà nemmeno in questo Yom Kippur. L’esibizione di forza degli ebrei ha sostituito la loro moralità 73 anni fa.

Le opinioni espresse in questo articolo appartengono all’autrice e non riflettono necessariamente la politica editoriale di Middle East Eye.

Orly Noy è una giornalista e un’attivista politica che vive a Gerusalemme.

(Traduzione dall’inglese di Cristiana Cavagna)




Difettose, imprecise, letali: Israele sceglie le bombe del Vietnam per Gaza

Frank AndrewsShir Hever

17 agosto 2021 – Middle East Eye

Dopo la guerra di Gaza del 2014 l’ONU ha diffidato dall’uso delle MK-84. Perché dunque l’esercito israeliano ne ha lanciate così tante a maggio?

Fra le bombe in generale poche sono più distruttive delle Mark-84, un’arma di circa 907 kg utilizzata per la prima volta dagli Stati Uniti durante la guerra del Vietnam.

Queste bombe contengono più di 400 kg di esplosivo e hanno un rivestimento in acciaio di quattro metri e mezzo con un “raggio letale” di oltre 30 metri, e quando esplodono creano un’onda di pressione supersonica.

Secondo le Nazioni Unite possono distruggere gli edifici vicini e “spaccare i polmoni, far esplodere le cavità nasali e strappare gli arti” a chiunque si trovi entro 350-360 metri dall’esplosione.

Le Mark-84, o MK-84 – “distruggi bunker” progettate per penetrare strati di acciaio o cemento – sono quindi considerate particolarmente pericolose se lanciate su aree civili.

Sono state utilizzate dalle forze statunitensi in Iraq e in Afghanistan e si ritiene siano il tipo di bomba usata negli attacchi aerei della coalizione guidata dall’Arabia Saudita che hanno ucciso almeno 97 civili in un mercato in Yemen nel 2016.

La bomba è talmente letale se sganciata in aree densamente popolate che la commissione indipendente delle Nazioni Unite che ha indagato sulla guerra del 2014 a Gaza [l’operazione Margine Protettivo, ndtr.] ha specificamente diffidato dal suo uso, avvertendo che verosimilmente “costituirebbe una violazione al divieto di attacchi indiscriminati”.

Eppure sei anni dopo gli esperti nello smaltimento di bombe a Gaza raccontano a Middle East Eye (MEE) che nei 2.750 attacchi aerei sulla Striscia di Gaza durante l’offensiva del maggio scorso, che ha ucciso 248 palestinesi tra cui 66 bambini, durante gli 11 giorni dell’attacco Israele ha lanciato in gran parte MK-84.

La squadra per l’Eliminazione degli Ordigni Esplosivi (EOD) del Ministero degli Interni di Gaza setaccia l’enclave assediata dopo ogni bombardamento israeliano, eliminando gli ordigni inesplosi che ricoprono la Striscia. Afferma che i resti che hanno trovato più di frequente da maggio appartengono alle MK-84.

Secondo l’OED sono state ad esempio le MK-84 ad aver ucciso almeno 42 persone – tra cui cinque membri della stessa famiglia – durante il bombardamento in via al-Wehda ad al-Rimal, a nord di Gaza, la notte del 15 maggio.

L’uso di MK-84 a maggio è particolarmente sconcertante, dato che l’aeronautica israeliana ha un’altra bomba più moderna nel suo arsenale, progettata per svolgere la stessa funzione con molti meno rischi per i civili.

Secondo Human Rights Watch Israele potrebbe essere incolpato di crimini di guerra per gli attacchi che hanno ucciso i civili a Gaza. (Anche Hamas, che ha lanciato razzi non mirati su Israele uccidendo 13 persone, potrebbe aver commesso crimini di guerra.)

MEE ha chiesto all’Esercito israeliano perché ha usato questa bomba e se abbia sganciato alcune delle armi più precise del suo arsenale. Al momento della pubblicazione l’esercito non aveva ancora risposto alle domande di MEE.

Un’arma incontrollabile

Oltre ad essere mortalmente pericolose per i civili, le MK-84 sono anche spesso imprecise e difettose.

Secondo l’ONU le bombe possono atterrare fino a sette metri di distanza dal loro obiettivo.

E in un’intervista del 2016 Dani Peretz, vicepresidente dell’Ingegneristica per le Industrie Militari Israeliane – ora confluite nella impresa israeliana di produzione di armi Elbit Systems – ha affermato che le MK-84 utilizzate nella guerra in Libano del 2006 sono rimaste inesplose al 40%. Secondo Action On Armed Violence (AOAV), un ente di beneficenza con sede a Londra che conduce ricerche sulla violenza armata, questa cifra è di solito intorno al 5%.

A differenza di quando furono prodotte per la prima volta nel 1955, le MK-84 sono ora spesso dotate di una Joint Direct Attack Munition (JDAM) [Munizione d’attacco diretto combinato], un kit sviluppato dagli Stati Uniti che guida le “bombe stupide” con il GPS. Queste versioni “più intelligenti” dell’arma sono conosciute come GBU-31.

Ma il JDAM, ha scoperto Peretz, “cambia il comportamento della bomba”.

Ciò significa che in alcuni casi “le [MK-84] raggiungevano il bersaglio ma… colpivano la stanza sbagliata”, e in altri casi “la miccia si è staccata dalla bomba che non è esplosa”.

Le bombe inesplose possono esplodere inaspettatamente quando vengono spostate, uccidendo o mutilando le persone. Molti abitanti di Gaza sono sfollati o non frequentano la scuola perché le MK-84 si sono infilate nella terra sotto le case senza esplodere.

Secondo l’EOD attualmente quattro di queste bombe sepolte in profondità si trovano sotto le scuole gestite dall’Agenzia delle Nazioni Unite per il Soccorso e il Lavoro per i Rifugiati Palestinesi nel Vicino Oriente (UNRWA), il che significa che rimangono inaccessibili. Un portavoce dell’UNRWA non ha risposto alla richiesta di commenti.

Altre bombe meno comuni che l’EOD ha trovato durante e dopo l’offensiva sono state le GBU-39 di fabbricazione statunitense, bombe a piccolo diametro molto più piccole delle GBU-31 e potenzialmente meno dannose per i civili, e le BLU-109, distruggi-bunker fabbricate negli Stati Uniti che contengono meno esplosivo delle GBU-31 ma “che esplodendo infliggono probabilmente un livello molto simile di danni,” secondo AOAV.

L’area letale

L’aeronautica israeliana ha nel suo arsenale un’altra bomba che svolge lo stesso lavoro dell’MK-84 ma presenta un rischio molto minore per i civili.

La brochure della bomba chiamata MPR-500, prodotta da Elbit Systems, vanta “la stessa efficacia delle potenti MK-84” senza “l’elevato danno collaterale”, affermando che l’MPR-500 ha un’ “area letale” inferiore.

L’MPR-500, come l’MK-84, è progettata per penetrare in edifici, stanze o tunnel prima di esplodere. Il suo produttore afferma che essa ha una probabilità del 90-95% di raggiungere il suo obiettivo ed esplodere correttamente, rispetto al 60 % dell’MK-84. In effetti, i produttori hanno affermato di aver iniziato a sviluppare l’MPR-500 proprio a causa dell’imprevedibilità – e dei costi – di Mark-84.

Elbit Systems potrebbe benissimo esagerare il divario tra il pericolo e l’efficacia di ogni bomba. I loro opuscoli utilizzano diversi confronti “fra mele e pere”, ha detto a MEE Mark Hiznay, direttore associato della divisione armi di Human Rights Watch.

E le affermazioni riguardo alla riduzione dei danni collaterali possono anche essere discutibili, dato che, secondo il rapporto della Commissione Indipendente d’Inchiesta delle Nazioni Unite sul conflitto di Gaza del 2014, le MPR-500 hanno ucciso 28 civili inclusi 15 bambini.

Ma Elbit ha convinto l’aeronautica americana che valeva la pena di investire in quelle armi.

Anche gli israeliani. Un portavoce delle forze armate israeliane ha confermato a MEE che le bombe MPR-500 sono ” operativamente in uso all’esercito”.

Tuttavia, il team dell’EOD di Gaza ha detto a MEE che, pur avendo visto tracce di MPR-500 sul terreno nel 2012 e nel 2014, non avevano trovato alcuna prova di un uso di quelle bombe a maggio.

L’esercito israeliano non ha rilasciato dichiarazioni quando gli è stato chiesto se avesse lanciato le MPR-500 su Gaza in maggio e gli esperti affermano che il numero esatto di MPR-500 nell’arsenale israeliano è probabilmente molto riservato.

Un portavoce di Elbit, che ha stabilimenti in vari Paesi incluso il Regno Unito, non ha risposto alle domande su quanti MPR-500 l’azienda abbia venduto a Israele. Elbit ha ripetuto che tutti i suoi sistemi d’arma sono utilizzati dall’esercito israeliano, senza fornire dettagli.

Perché, allora, gli israeliani userebbero le MK-84 invece delle MPR-500 se sono note per essere altamente distruttive, incontrollabili e più dannose per i civili?

Perché usare le MK-84?

  1. Sbarazzarsi di vecchie giacenze

È noto che in generale le forze aeree utilizzano vecchie scorte, afferma Brian Castner, consigliere di crisi di Amnesty International specializzato in armi e operazioni militari.

Le bombe sono costose da immagazzinare e mantenere e devono essere tenute sotto stretta sorveglianza. Hanno un tempo definito di conservazione e ad un certo punto può diventare pericoloso maneggiarle e imbarcarle, quindi ha senso eliminare prima le più vecchie.

Inoltre, se Elbit Systems – che ha assunto diversi ex ufficiali di alto rango dell’esercito israeliano e ha influenza su di esso – vuole che Israele faccia scorta di MPR-500, allora è nel suo interesse commerciale fare pressione sull’ esercito perché si sbarazzi delle sue MK-84 il più velocemente possibile.

Né l’ esercito né Elbit hanno risposto alle domande di MEE su questo punto.

2) Pressioni americane

In base a un accordo di assistenza 2019-2028 per la sicurezza, gli Stati Uniti hanno concordato, previa approvazione del Congresso, di concedere a Israele 3,8 miliardi di dollari l’anno in finanziamenti militari dall’estero, da spendere quasi tutti in armi di fabbricazione statunitense.

Ciò che Israele compra è per lo più deciso dal Pentagono, e anche il Pentagono vuole sbarazzarsi delle vecchie bombe. Quindi gli Stati Uniti potrebbero aver cercato di liberarsi delle loro MK-84 vendendole in passato a Israele.

Un portavoce del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti non ha risposto a una richiesta di commento.

3) Preoccupazioni economiche

Ogni anno il ministero della Difesa israeliano richiede uno speciale budget extra per far fronte a minacce impreviste. E più bombe sgancia l’ esercito, più ha bisogno di rifornire il suo arsenale – e di più soldi per farlo.

Nel 2014, Netanyahu ha promesso di tagliare il budget della Difesa, ma si è tirato indietro quando l’ esercito ha chiesto 10 miliardi di shekel israeliani (più di 3 miliardi di dollari) dopo l’invasione di Gaza.

“Dobbiamo prenderci cura del tenore di vita, ma prima dobbiamo preoccuparci della vita stessa”, ha detto Netanyahu a proposito della decisione, facendo seguito ai timori manifestati dal ministero della Difesa secondo cui l’ esercito aveva bisogno di maggiori investimenti per essere pronto a futuri scontri.

4) Necessità operative

Il 14 maggio l’ esercito israeliano ha fornito ai media stranieri la falsa informazione riguardo a un ingresso di truppe di terra a Gaza, cosa che alcuni hanno ritenuto uno stratagemma per battere Hamas spingendo i suoi combattenti nei tunnel per poi colpirli con più di 400 bombe.

Poiché la cosiddetta “Metro” è una vasta rete di tunnel, non è sufficiente sfondarla in un determinato luogo. Si potrebbe pensare che le distruggi-bunker ad alta frammentazione potessero uccidere e mutilare più combattenti nei tunnel sotteranei.

A prescindere dalle giustificazioni militari o di altro tipo, l’uso di MK-84 in aree civili edificate quando l’ esercito israeliano ha nel suo arsenale bombe meno dannose che svolgono lo stesso lavoro solleva ulteriori domande sulla legislazione di guerra in merito alla proporzionalità – alla perdita potenziale di vite di civili – della recente campagna di bombardamenti israeliani.

Chi è responsabile?

La colpa di ciò è principalmente di Israele, ma anche i Paesi che gli vendono bombe che uccidono civili sono responsabili. Gli Stati Uniti sono di gran lunga il maggior fornitore di armi a Israele, seguiti da Germania e Italia.

Delle bombe che l’EOD ha detto essere state sganciate su Gaza, gli Stati Uniti hanno venduto sia le GBU-39 (SDB) che le BLU-109, nonché i JDAM che controllano le MK-84, e la società israeliana Elbit Systems le MPR-500 .

Ha venduto agli israeliani anche le MK-84, ma potrebbero averlo fatto anche altri Paesi.

“Stranamente è difficile dire esattamente quali Paesi producano e vendano bombe della serie Mark-80 [di cui la MK-84 è la più grande]”, ha detto Castner di Amnesty. La General Dynamics, con sede negli Stati Uniti, produce bombe della serie Mark-80 per l’esercito americano e, secondo diverse comunicazioni del Dipartimento della Difesa al Congresso, ne ha vendute migliaia a Israele.

Nel 2007 gli Stati Uniti hanno approvato la vendita a Israele di 3.500 MK-84 prodotte da General Dynamics, per un valore di circa 65 milioni di dollari. La società è stata coinvolta in un affare anche più grosso nel 2012, del valore di 647 milioni di dollari, che includeva altre 3.450 MK-84.

Nel 2015, gli Stati Uniti hanno approvato la vendita di 10.000 kit JDAM per le MK-84. Ancora una volta, la General Dynamics è stata indicata come fornitrice.

Ma anche altri Paesi della NATO – tra cui Spagna, Italia, Polonia, Norvegia, Francia e Turchia – sono autorizzati a venderle, come anche aziende in Russia e Cina.

“Sempre più spesso anche i Paesi del Golfo sono autorizzati a produrre componenti”, ha aggiunto Castner, “ed è anche chiaro che alcuni Paesi si limitano a copiarle e provano a realizzarle da soli”.

Per gli abitanti di Gaza coinvolti nei bombardamenti, tuttavia, il risultato finale è stato lo stesso, chiunque abbia fabbricato e venduto le bombe.

Secondo l’AOAV, il 98% delle 1.474 vittime totali di maggio erano civili e tre su quattro di queste vittime sono state causate da attacchi aerei.

“La tecnologia di mira negli attacchi aerei è migliorata negli ultimi decenni, ma la precisione e l’accuratezza sono alquanto irrilevanti quando si sganciano bombe con un raggio di esplosione di 360 metri su una delle aree più densamente popolate del mondo”, ha affermato Murray Jones, un ricercatore dell’AOAV.

“Sganciare bombe Mk-84 su Gaza significa che il danno civile su larga scala è inevitabile”.

Maha Hussaini ha collaborato a questo articolo

(traduzione dall’inglese di Luciana Galliano)




Ebrei israeliani chiedono: Basta con l’apartheid israeliano. Lettera aperta alla comunità internazionale

#IsraelisAgainstApartheid

Agosto 2021

Noi, ebrei israeliani, ci opponiamo alle azioni del governo israeliano e quindi dichiariamo il nostro impegno ad agire contro di esse. Ci rifiutiamo di accettare il regime suprematista ebraico e chiediamo alla comunità internazionale di intervenire immediatamente in difesa dei palestinesi a Gaza, in Cisgiordania, a Gerusalemme, in Galilea, nel Negev, a Lydda, Giaffa, Ramleh, Haifa e in tutta la Palestina storica.

Il suprematismo ebraico è la pietra angolare del regime israeliano e il suo coerente obiettivo è espellere e cancellare il popolo palestinese, la sua storia e la sua identità nazionale. Questo obiettivo si manifesta in continui atti di pulizia etnica mediante sfratti e demolizioni di case, brutale occupazione militare, negazione dei diritti civili e umani ed emanazione di una serie di leggi razziste culminate nella legge Stato-Nazione, che definisce lo Stato come “lo Stato Nazione del popolo ebraico ”, e solo di quest’ultimo.

Tutto ciò costituisce di fatto un regime di apartheid che crea aree simili a bantustan e ghetti per le comunità native palestinesi. Crediamo che il sionismo sia un principio di governo non etico che porta intrinsecamente a un regime di apartheid razzista che per oltre settanta anni ha commesso crimini di guerra e negato ai palestinesi i diritti umani fondamentali. Tali crimini e violazioni includono: la distruzione di centinaia di città e villaggi e il loro spopolamento di 750.000 palestinesi nel 1948, impedendo nel contempo attivamente il ritorno dei rifugiati; l’espropriazione sistematica delle terre dei palestinesi e il loro trasferimento a proprietari ebrei sotto gli auspici dello Stato; l’occupazione della Cisgiordania, della Striscia di Gaza e delle alture del Golan e la messa in pratica di un regime militare colonizzatore, che governa su milioni di palestinesi; la graduale annessione dei territori occupati nel 1967 con una violenta operazione di ingegneria demografica; l’assedio in corso contro la Striscia di Gaza e i persistenti massacri della popolazione di Gaza da parte dell’aviazione israeliana; la persecuzione politica dei palestinesi in tutta la Palestina e l’incitamento in corso contro la leadership politica e la società in generale. Tutte queste atrocità hanno luogo a causa dell’impunità di cui Israele gode da parte della comunità internazionale e in particolare degli Stati Uniti.

Nelle ultime settimane, il governo israeliano ha aumentato i suoi tentativi di impossessarsi di case palestinesi a Gerusalemme Est (specialmente nel quartiere di Sheikh Jarrah) e ospitarvi coloni ebrei con l’obiettivo di completare l’ebraizzazione della città iniziata nel 1967. Durante il mese di Ramadan le forze israeliane hanno intensificato il loro violento assalto al complesso della moschea di Al Aqsa, dando ai coloni il via libera per vandalizzare e aggredire fisicamente i palestinesi in Cisgiordania, Gerusalemme e in tutti i territori del ’48. Folle di coloni agiscono sotto l’egida della polizia israeliana e in coordinamento con essa. I media israeliani stanno partecipando alla sfrenata istigazione contro i cittadini arabi di Israele. Di conseguenza, le bande di ebrei godono dell’impunità per la loro violenza, mentre centinaia di cittadini palestinesi di Israele vengono arrestati per aver protetto le proprie case e comunità, o semplicemente per essere stati nel posto sbagliato al momento sbagliato.

Di tanto in tanto Israele commette un ulteriore massacro contro la popolazione del ghetto di Gaza, rifiutando iniziative e proposte di cessate il fuoco con le organizzazioni palestinesi nella Striscia di Gaza e continuando con la distruzione di quartieri residenziali nella Striscia di Gaza e con il brutale assedio imposto contro circa due milioni di persone.

Come individui che si trovano dalla parte dell’oppressore e che hanno cercato per anni di spostare l’opinione pubblica in Israele al fine di cambiare dalle fondamenta l’attuale regime, siamo da molto tempo giunti alla conclusione che è impossibile cambiare il regime suprematista ebraico senza un intervento esterno.

Chiediamo alla comunità internazionale di intervenire immediatamente per fermare le attuali aggressioni israeliane, di accogliere le richieste del movimento palestinese per il Boicottaggio, il Disinvestimento e le Sanzioni, di agire per l’attuazione del diritto al ritorno dei palestinesi e per realizzare la giustizia storica, di raggiungere una soluzione giusta e democratica per tutti, basata sulla decolonizzazione della regione e sulla fondazione di uno Stato di tutti i suoi cittadini.

(Traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)

#IsraelisAgainstApartheid

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  2. Reuven Abergel

  3. Anat Matar

  4. Orly Noy

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  6. Ilan Pappe

  7. Moshé Machover 

  8. Rela Mazali

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  11. Marcelo Svirsky

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  142. Liad Kantorowicz

  143. David Benarroch

  144. Uri Gordon

  145. Zohar Efron

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  147. Yisrael Puterman

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  152. Daniel Palanker Chas

  153. Einat Podjarny

  154. Yael Lerer

  155. Ya’ara Peretz

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  161. Tslil Ushpiz

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  163. Nily Gorin

  164. Ora Slonim

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  171. Sahar Vardi

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  173. Rana Sawalha

  174. Galit Saporta

  175. 0-Michaela Reisin

  176. Adi Golan Bikhnafo

  177. Sharon Avraham

  178. Noa Roei

  179. Elliot Beck

  180. Jair Straschnow

  181. Haim Bresheeth-Zabner

  182. Amir Vudka

  183. Alma Ganihar

  184. Atalia Israeli Nevo

  185. Itamar Liebergall

  186. Jonathan Pollak

  187. Livnat Konopny Decleve

  188. Yanai Himelfarb

  189. Sigal Ronen

  190. Merav Devere

  191. Shiri Wilk Nader

  192. Dror K Levi

  193. Yael Perlman

  194. Laurent Schuman

  195. Ferial Himel

  196. Ester Nili Fisher

  197. Abo Kouder Gaber

  198. Ur Shlonsky

  199. Rachel Giora

  200. Judit Druks

  201. Miri Michaeli

  202. Tal(y) Wozner

  203. Meir Amor

  204. Souraya Abeid

  205. Alon Benach

  206. Roni Gechtman

  207. Rahel Wachs

  208. Anat Rosenblum

  209. Yoav Beirach

  210. Dorit Naaman

  211. Noa Vidman

  212. Dror Dayan

  213. Ruthie Pliskin

  214. Yaara Shaham

  215. Inbar Tamari

  216. Herzl Schubert

  217. Assif Am-David

  218. Nadia Cohen

  219. Rachel Yagil

  220. Rani Nader Wilk

  221. Gony Halevi

  222. Tamar Katz

  223. Chagit Lyssy

  224. Sam Shtein

  225. Michal Baror

  226. Doron Ben David

  227. Miki Fischer

  228. Zhava Grinfeld

  229. Aviya Atai

  230. Nimrod Ronen

  231. Judith Tamir

  232. Yotam Ben-David

  233. Alex Cohn

  234. Avital Barak

  235. Maayan Vaknin

  236. Tamar Yaron

  237. Orit Ben David

  238. Maia Bendersky

  239. Oran Nissim

  240. Roni Tzoreff

  241. Udi Adiv

  242. Lilach Ben David

  243. Ayelet Yonah Adelman

  244. Tal Berglas

  245. Ronit Milano

  246. Terry Greenblat

  247. Mie Shamir

  248. Oren Lamm

  249. Ayelet Politi

  250. Udi Aloni

  251. Hava Ortman

  252. Liat Hasenfratz

  253. Marie Berry

  254. Revital Elkayam

  255. Asaf Calderon

  256. Nitza Aminov

  257. Isaac Johnston

  258. Amos Brison

  259. Michael Treiger

  260. Hadas Binyamini

  261. Sirli Bahar

  262. Ron Naiweld

  263. Maria Chekhanovich

  264. Yehonatan Chekhanovich

  265. Lisa Kronberg Chitayat

  266. Moriah Lavey

  267. Guy Yadin Evron

  268. Eran Efrati

  269. Zohar Weiss

  270. Orit Zacks

  271. Arielle Bareket

  272. Sarah Raanan

  273. Dana Dahdal

  274. Zvi Gaster

  275. Raz BDV

  276. Emad Housary

  277. Mika Zacks

  278. Dorit Argo

  279. Lorraine Evrard

  280. Micha Kaplan Chetrit

  281. Hadar Kleiman

  282. Talma Bar-Din

  283. Orit Friedland

  284. Tali keren

  285. Oded Carmi

  286. Hadas Rivera-Weiss

  287. Avi Blecherman

  288. Lior wachtel

  289. Avi Greenman

  290. Dina Leibermann

  291. Zurqab Razaq

  292. Tamir Sorek

  293. Oded Jacob

  294. Itamar Avraham Cohen Scali

  295. Chen Israel

  296. Rand Warren Aronov

  297. Gila Avni

  298. Bekah Wolf

  299. Alon Lapid

  300. Ehud Kotegro

  301. Entissar kharoub

  302. Lotem Zabinski

  303. Shai Carmeli Pollak

  304. Yael Admoni

  305. Hen Levi

  306. Shahar Tsameret

  307. Elik Nir

  308. Nir Nader

  309. Zoe Gutzeit

  310. Ossi Ron

  311. Raanan Alexandrowicz

  312. Sima Sason

  313. Ehud Sivosh

  314. Elías Deik Halabi

  315. Ben Gershovitz

  316. David Kortwa

  317. Gina Ben David

  318. Liel Green

  319. Evyatar shamir

  320. Tom Mosek

  321. Yael rozanes

  322. Anna Fox

  323. Ruhama Weiss

  324. Tirtza Tauber

  325. David Nir

  326. Coral Cohen

  327. Ayoub mohareb

  328. Daniel Roth

  329. Oz Shelach

  330. Rona Even Merrill

  331. Anat Biletzki

  332. Shachaf Polakow

  333. Michael Kaminer

  334. Yaffit Windler

  335. Maya Wind

  336. Max Somerstein

  337. Hillel Barak

  338. Yaron Ben-Haim

  339. Ori Goldberg

  340. Milan Shiff

  341. Sivan Ben-Hayun

  342. Elana Wesley

  343. Tali Baram

  344. Hannah Goldman

  345. Ronen Meshulam

  346. Rotem Bahat

  347. Toviel Rose

  348. Miriam Meir

  349. Sivan Tal

  350. Naama Golan

  351. Ruth Lackner Hiller

  352. Afia Begum

  353. Gaia Beirak

  354. Assa Doron

  355. Ze’ev Ionis

  356. Mira Khazzam

  357. Matan S. Cohen

  358. Smadar Carmon

  359. Amira Tasse

  360. Shelly Yosha

  361. Tal Frieden

  362. Shai Shabtai

  363. Leah Even Chorev

  364. Reva Damir

  365. Iris Stern Levi

  366. Wael Sayej

  367. Ronit Marian Kadishay

  368. Freda Guttman

  369. Diana Dolev

  370. Annelien Kisch-Kroon

  371. Debbie Eylon

  372. Galit Eilat

  373. Daniel Gagarin

  374. Eyal Mazor

  375. Yael Messer

  376. Omri Goren

  377. Rachel Hayut

  378. Daphne Banai

  379. Nadav Harari

  380. Kamal Manzur

  381. Meital Yaniv

  382. Yudit Yahav

  383. Elisheva Gavra

  384. Dalia Sachs

  385. Angela Godfrey-Goldstein

  386. Shlomo Perets

  387. Idit Nathan

  388. Haim Yacobi

  389. Edna Gorney

  390. Hilla Kerner

  391. Naomi Raz

  392. Nir Lutati

  393. Daniel Ayzenberg

  394. Hava halevi

  395. Rona Sela

  396. Racheli Bar-Or

  397. Ruti Kantor

  398. Ayelet ophir

  399. Noki Olchovski

  400. Nina Jawitz

  401. Ma’ayan Levi

  402. Effi Ziv

  403. Reshef Agam-Segal

  404. Rami Heled

  405. Dalit Fresco

  406. Mirit Barashi

  407. Ido Even Paz

  408. Yoel Lion

  409. Michal Margaliot

  410. Tali Bromberg

  411. Sharon Cohen

  412. Hilla Bar-om

  413. Yuval Tenenbaum

  414. Lilit Bartana

  415. Gilad Nir

  416. Yael Gvirtz

  417. Namer Golan

  418. Ofir Shahar

  419. Maya Herman

  420. Guy Ronen

  421. Gidon Raz

  422. Ron Barkai

  423. Assaf Rotman

  424. Aaron Turgeman

  425. Asaf Ronel

  426. Nurit Peled-Elhanan

  427. Mia Perelmuter

  428. Sarit Tamura

  429. Or Glicklich

  430. Roni Meyerstein

  431. Ofra Hoffman

  432. Eran Razgour

  433. Shai Gortler

  434. Jacob Katriel

  435. Ofer Shinar Levanon

  436. Heidi Stern

  437. Orly Dumitrescu

  438. Rotem Levin

  439. Atalia Omer

  440. Yossi Shabo

  441. Michal Schwartz

  442. Itay Snir

  443. Roy Wagner

  444. Ella Gur

  445. Hadar Solomon

  446. Esther Bar Nathan

  447. Jonathan Preminger

  448. Moria Rabbani

  449. Yeela Lahav Raz

  450. Miriam Turmalin

  451. Tuly Flint

  452. Ori Ben Shalom

  453. Rom Yan

  454. Naftali Orner

  455. Maya Ron Levinger

  456. Aaron Paz

  457. Liat Bar-oz

  458. Adili Liberman

  459. Barak Heymann

  460. Miki Levy

  461. Noam Keim

  462. Ruth Varon

  463. Tamir Erlich

  464. Amjad Darwish

  465. Annie Ohayon

  466. Noga Wolff

  467. Nadav David

  468. Dr Moshe Behar

  469. Hila Rubinstein

  470. Anna Waisman

  471. Yehonatan Ben Yisrael

  472. Mazal Etedgi

  473. Yuval Naor

  474. Rotem Marty

  475. Maya Paz

  476. Yael Meron

  477. Danae Elon

  478. Gali Schell

  479. Anna Kleiman

  480. Or Shloman

  481. Gili Sercarz

  482. Natali Kalnitski

  483. Ohad Bracha

  484. Moriel Ram

  485. Eliezer Moav

  486. O-Ren Horowitz

  487. Ilana Bernstein

  488. Tamar Aviyah

  489. Hugit Rubinstein

  490. Dafna Kaplan

  491. Yakov Pipman

  492. Netta Toledano

  493. Daphna Levit

  494. Noa Bar Hain

  495. Yuval Graff

  496. Amit Ben Haim

  497. Noga Eilon

  498. Alma Katz

  499. Yom Omer

  500. Moshe Yamo

  501. Noga Hurvitz

  502. Arie Finkelstein

  503. Tali Rabin

  504. Romi Marcia Bencke

  505. Ilana Machover

  506. Michal Cohen

  507. Sigal Primor

  508. Michal Gabay

  509. Lea Pipman Dotan

  510. Yotam Ben Meir

  511. Kochav Shachar

  512. Haim Scortariu

  513. Dotan Moreno

  514. Gaya Feldheim Schorr

  515. Ariel Koren

  516. Layla Natour

  517. Maayan Iyar Averbuch

  518. Gilad Ben David

  519. Maya Eshel

  520. Itai Vonshak

  521. Matan Sandler Tadmor

  522. Hagit Borer

  523. Sharon Shmuel

  524. Yosefa Loshitzky

  525. Noga Emuna Avisar

  526. Aya Kook

  527. Gabriel Schubiner

  528. Elham Rokni

  529. Tamar Goldschmidt

  530. Avigail y. Zeleke

  531. Ofer Tisser

  532. Revital Madar

  533. Elana Lakh

  534. Zohar Regev

  535. Elana Summers

  536. Chava Finkler

  537. Sharon Orshalimy

  538. Guy Elhanan

  539. Michal Schendar

  540. Shir Darwin Regev

  541. N.Nur Zahor

  542. Ori Rom

  543. Noa Schwartz

  544. Anita S. Maroun

  545. Hani Abramson

  546. Glick Moshe

  547. Ortal Mizrahi

  548. Noam Schechter

  549. Yulie Cohen

  550. Eviatar Bach

  551. Amnon Keren

  552. Ella Levenbach

  553. Omer Shokron

  554. Shira Shvadron

  555. Gadi Schnitzer

  556. Natalie Rothman

  557. Ron Cohen

  558. Michal Halevy

  559. Shelly Mehari

  560. Andrea Koverman

  561. Ira Perelson

  562. Aviv Liplis

  563. Syed Fatima Hossain

  564. Yoav haas

  565. Vardit Goldner

  566. Nitzan Lebovic

  567. Nomi Drory

  568. Sivan Barak

  569. Gabriela Vollick

  570. Avi Incisiker Cohen

  571. Raya Fidel

  572. Maya Ober

  573. Itamar Feigenbaum

  574. Agan Tsabari

  575. Ronit Milo

  576. Lenny Lapon

  577. Alon Stotter

  578. Yael Kahn

  579. Moran Barir

  580. Omri Haven

  581. Felix Laub

  582. Daniella Aperlev

  583. Sarah Shapiro

  584. Yvonne Deutsch

  585. Itamar Stamler

  586. Lia Tarachansky

  587. Naava Weiner

  588. Daniella Krishevsky

  589. Efrat Levy

  590. Howard Cohen

  591. Daniel Flexer

  592. Victor Herstigg

  593. Julie Weinberg-Connors

  594. David L. Mandel

  595. Hanan Offner

  596. Ayelet Ben-Yishai

  597. Itay Sapir

  598. Nizan Weisman

  599. Bryan Atinsky

  600. Naama Or

  601. Talia Krevsky

  602. Mali Assaf

  603. Tom Sela

  604. Maya Mukamel

  605. Sigal Oppenhaim Shachar

  606. Elizabet Freund

  607. Yossi Cohen

  608. Itzik Gil

  609. Nomi Shir

  610. Haitham Salim

  611. Simma Chester

  612. Omri Cohen

  613. Gil Mualem-Doron

  614. Erez Moshe Amit

  615. Ehud Tamuz

  616. Tom Koren

  617. Rachel Milstein

  618. Gil Freund

  619. Yael Shein

  620. Rechavia Berman

  621. Shoshana Kahn

  622. Tania Jones

  623. Christoph Bugel

  624. Gaby Ron

  625. Mieka Polanco

  626. Naomi Lyth

  627. Ruth Noemi Pragier

  628. Tali Harkavi

  629. Danielle zini

  630. Mohammed Patel

  631. Yam-Nir Bejerano

  632. Sara Almog

  633. Susan Ettinger

  634. David Miller

  635. Michal David

  636. Yana Knopova

  637. Omer Shamir

  638. Simeon S. Jacob

  639. Ruth Sevack

  640. Lee Hemminger

  641. Jonatan Israel

  642. Nora Gottlieb

  643. Roni Roseman

  644. Omer Sharir

  645. Mijal Kimel

  646. Ilya Ziblat Shay

  647. Lian Malki-Schubert

  648. Aviv Nitsan

  649. Valerie Malki

  650. Omar Mahmoud

  651. Oz Malul

  652. Yael Edri

  653. Amir Zloof

  654. Sirah Foighel

  655. Keren Manor

  656. Eli Aminov

  657. Abigail Yanow

  658. Hagit Zohara M

  659. Daphna Thier

  660. Maya Lerman

  661. Yuula Benivolski

  662. Shlomit Altman

  663. Ivy Sichel

  664. Anael Resnick

  665. Tamar Sarfatti

  666. Irit Halperin

  667. Yaar Koren

  668. Ada Bilu

  669. Julieta Kriger

  670. Jackie Yarosky

  671. Uri Rodberg

  672. Mohammedi Fatima

  673. Maayan Priel

  674. Hadas Kedar

  675. Michal Peleg

  676. Hava Lerman

  677. Tal Nitzan

  678. Einat Amir

  679. Mia Kerner

  680. Gil Schneider

  681. Tzvia Thier

  682. Marina Ergas

  683. Irit Halavy

  684. Shahar Shnitzer

  685. Ibrahim Hawash

  686. Avishay Halavy

  687. Raphael Cohney

  688. Eran Stoler

  689. Dafi Cramer

  690. Or Gerlitz

  691. Anat Natasha Camran

  692. Hadas Thier

  693. Shachar Camran

  694. Dr. Ariela Bairey Ben Ishay

  695. Sr. Mary Beth Orr

  696. Oren Yehosha

  697. Rebecca Maria Goldschmidt

  698. Ohal Grietzer

  699. Mauricio Calderón F

  700. Nir Harel

  701. Yahav Erez

  702. Oz Marinov

  703. Zohar Alon

  704. Yiskah Bashevis

  705. Ilan Blumberg

  706. Amit Perelson

  707. Sarah Shartal Levinthal

  708. Simcha Stecklov

  709. Noga Elhassid

  710. Elia Koutavas

  711. Esther Kingston-Mann

  712. Mohd Isa Maaroff

  713. David Pollack

  714. Rina King

  715. Batya Gil Margalit

  716. Tamar Verete

  717. Tami Gold

  718. Khalil Toama

  719. Aviva Wexler

  720. Tamar Dover

  721. Hester Eisenstein

  722. Hamutal Fishman

  723. Shlomit Yerushalmi

  724. Dina Afek

  725. Avigail Yanow

  726. Dani Wachsmann

  727. Vered Keasar

  728. Ahmad Awad

  729. Adi Raz

  730. Shimrit Karni

  731. Lilach Ram Chupak

  732. Tamar Zamir

  733. B.H. Yael

  734. Dr. Amir Locker-Biletzki

  735. Jessica Falstein

  736. Yael Vishnizki-Levi

  737. Mela Itzhaki

  738. Shira Bitan

  739. Shir Hever

  740. Orna Meir

  741. Noa Moguillansky

  742. David Gilad

  743. Syeda Afia Sarah Hossein

  744. Hen Magen

  745. Shelli Ben Shachar

  746. Noa Poliakin Dotan

  747. Yossi Farjoun

  748. Uzi Nitsan

  749. Maya Azran

  750. Rotem Anna Diamant

  751. Rotem Linial

  752. David Cohen

  753. Shahar Zaken

  754. Yael Ben-Chaim

  755. Netanel Ben Yarden

  756. Bar Maor Neeman

  757. Ayelet Desta

  758. Ari Gold

  759. Ofra Ben Artzi

  760. Gioia Morris

  761. Layla Klinger

  762. Adi Savran

  763. Ari Gutman

  764. Sarah kashlan

  765. Sahar Khalil

  766. Gabriela Zappi

  767. Rann Bar-On

  768. Eitan Bronstein

  769. Michal Shalva

  770. Safeyah Levy

  771. Shiraz Grinbaum

  772. Sigal Kook Avivi

  773. Nizan Shaked

  774. Elimelech Dror

  775. Pnina Grietzer

  776. Dror Feiler

  777. David Tsinovoy

  778. Asma Daragmeh

  779. Imad Sayeed

  780. Yasmin Eran-Bardi

  781. Yael Plat

  782. Tal Gilad

  783. Omer Krieger

  784. Ofer Engel

  785. Omri Eran Vardi

  786. Shelley Sella

  787. Gili Lavy

  788. Gadi Cohen

  789. Alisa Klein

  790. Eden Mitsenmacher

  791. Meshulam Plaves

  792. Noa Assido

  793. Rubén Kotler

  794. Oreet Ashery

  795. Sigal Flint

  796. Yonah Gabbai

  797. Shira Inbar

  798. Orit Levy

  799. Roee Rosen

  800. Alma Ben Yossef

  801. Karen Russo

  802. Ilan Dadon

  803. Hadar Ben-Simon

  804. Ofer Gazit

  805. Michal Zak

  806. Dori Tal

  807. Maytal Strul

  808. Alma Halpern

  809. Ophir Gilad

  810. Udi Pladott

  811. Daniel Shaya

  812. Shlomo Regev

  813. Arie David Plat

  814. Zehava Greenfeld

  815. Sharon Mantel

  816. Shlomi Fogel

  817. Daniela Ma-yafit

  818. Anka Schneidermann

  819. Tal Iungman

  820. Maya Guttmann

  821. Naomi Kallner

  822. Osama Zatar

  823. Adi Ben Yaccov

  824. Carmit Wolberg

  825. Liat Fassberg

  826. Merav Amir

  827. Keren Samuel Dalach

  828. Noga inbar

  829. Yeheli Cialic

  830. Einat Walter

  831. Rivka Warshwsky

  832. Nait Rosenfelder

  833. Adi Maoz

  834. Michal Ben-Gera

  835. Irit Reinheimer

  836. Debby Lerman

  837. Lillian Rosengarten

  838. Aviva Konforty

  839. Tai Shani

  840. Hannah Kessler

  841. Henry Lowi

  842. Yoram Gelman

  843. Noa Farbstein

  844. Yael Tal-Barzilai

  845. James Marks

  846. Miriam Marmur

  847. Daniel Alexander Machover

  848. Yaar Peretz

  849. Marc Volovic

  850. Nufar Shimony

  851. Elana Golden 

  852. Tamir Lederberg

  853. Omer Katz

  854. Abe Hayeem

  855. Michael Schell

  856. Adam Shulman

  857. Sagi Raveh

  858. Tamar Gordon

  859. Orit Loyter

  860. Guy Oron

  861. Bracha Flicoteaux

  862. Roni Wang

  863. Nina Sodin

  864. Irit Sela

  865. Dalia Hager

  866. Hili Razinsky

  867. Alex Nissen

  868. Rivka Vitenberg

  869. Sarah Magen

  870. Shelly Nativ

  871. Yehudit Yinhar

  872. Gal Lugassi

  873. Matan Prezma

  874. Nomi Erteschik-Shir

  875. Elya Kravtsov

  876. Rachel Freudenthal

  877. Sophie Paulay

  878. Edna Kadman

  879. Michal Kaiser-Livne

  880. Elinor Azari

  881. Adi Shechter

  882. Anna Aharon

  883. Roni Sharabi

  884. Nora Bendersky

  885. Lior Elefant

  886. Avshalom Rov

  887. Daniel Shoshan

  888. Nir Falah

  889. Rachel Algazi

  890. Yara Agbaria

  891. Raz Weiner

  892. Nadia Jona

  893. Noga Spector

  894. Ofek Taragan

  895. Varda Heled

  896. Avi-ram Tzoreff

  897. Ronen Skaletzky

  898. Ron-Ethan Melamed

  899. Tal Marom

  900. Erella Shadmi

  901. Iftach Starik

  902. Sine Gadot

  903. Matan Golan

  904. Pepe Goldman

  905. Nabil Alfayoumi

  906. Gilad Paz

  907. Amit Salomon

  908. Iftach Shavit

  909. Batel Glor

  910. Yael Koren

  911. Mordechai Shilo

  912. Daphna Shochat

  913. Zuraya Hadad

  914. Yael Shoham

  915. Aharon Michael Keiser

  916. Daniel Avi Schneider

  917. Nitzan Marinov

  918. Rachel Barlow

  919. Gilad Ben Ari

  920. Talia Zohar

  921. Noga Kadman

  922. Ruben Serroussi

  923. Dafna Lichtmam

  924. Alma Itzhaky

  925. Ira Avneri

  926. Naor Ben Yehoyada

  927. Tamar Katriel

  928. Dochy Lichtensztajn

  929. Noa Shuval

  930. Ree Levin

  931. Ilana Zabari

  932. Jonathan Ofir

  933. Ayelet Chen

  934. Dov Caller

  935. Maya Goldman

  936. Ophir Hodel

  937. Rivka Pearl Etkin

  938. Rona Sela

  939. Tamar Fortuna

  940. Yifat Susskind

  941. David Opp

  942. Aviad Albert

  943. Cindy Goldstein

  944. Elhanan Lax

  945. Aryeh Shomron

  946. Shlomit Altman

  947. Nirit Sommerfeld

  948. Rotem Sudman

  949. Dror Dayan

  950. Dorit Shippin

  951. Veronica Hamutal

  952. Eyal Vexler

  953. Adi Lustigman

  954. Tally Gur

  955. Ofira Henig

  956. Shmuel Binyamin

  957. Diego Lewin

  958. Taliah Pollack

  959. Dror Sprung

  960. Inbar Birak

  961. Ben Ronen

  962. Daniel Solomon

  963. Alison Carmel

  964. Vardit Goldner

  965. Racheli Said

  966. Omri Najad

  967. Maya Eshet

  968. Nurit Dreamer

  969. Ofra Danon

  970. Tomer Avrahami

  971. Shimon Azulay

  972. Einav Kaplan Raz

  973. Noam Ben Chorin

  974. Eyal Hareuveni

  975. Shaked Kaufmann

  976. Irena Shofaniyeh 

  977. Iddo Naiss

  978. Asaf Bass

  979. Hillel David Greenwald

  980. Maayan Levi

  981. Asher Fried

  982. Asia Weksler

  983. Nadia Jona

  984. Itai Feitelson

  985. Hedva Isachar

  986. Ruth Erez

  987. Yossi Zabari

  988. Rina Goren

  989. Tali Bromberg

  990. Hillai Peli

  991. Goni Raz

  992. Shai Tal

  993. Guy Sapirstein

  994. Shahar Or

  995. Odelia Toder

  996. Neria Biala

  997. Ilana Meystelman

  998. Naor Urian

  999. Asaf Achai

  1000. Lior Kariel

  1001. Talia Vekshtein

  1002. Efrat Noy

  1003. Ruthie Ginsburg

  1004. Haya Livne

  1005. Daphna Ganor

  1006. Nama Landau

  1007. Daniela Darvasi

  1008. Mati Kroin

  1009. Ofir Sovan

  1010. Doron Orr

  1011. Alona Amram

  1012. Yuval Tirosh

  1013. Ron Amit

  1014. Emmanuel Jakob Auerbach

  1015. Yuval Benari

  1016. Dafna Saporta

  1017. Maayan Shtendel

  1018. Hila Amar

  1019. Oded Zinger

  1020. Shirli Tepper

  1021. Daniella Kaufman

  1022. Zohar Peled

  1023. Liane Rosenthal

  1024. Eitan Shaag

  1025. Daniel Jacobowitz

  1026. Guy Meltzer

  1027. Nirit Haviv

  1028. Oren Elbaz

  1029. Efrat Bella Levy

  1030. Sabi Yafffa

  1031. Eddie Saar

  1032. Maya Rizov

  1033. Galia Chai

  1034. Addi Ilan

  1035. Tammy Avichail

  1036. Diana Gilon

  1037. Tamara Pratt

  1038. Erin Toledano Farajov

  1039. Dora Lavie

  1040. Fanny Prizant

  1041. Yakov Horn