Il 7 ottobre l’IDF ha ordinato la messa in pratica della direttiva Hannibal per impedire che Hamas prendesse in ostaggio dei soldati

Yaniv Kubovich

7 luglio 2024 – Haaretz

C’era un’isteria folle e le decisioni hanno iniziato ad essere prese senza informazioni verificate”: documenti e testimonianze ottenute da Haaretz rivelano che in tre strutture militari infiltrate da Hamas è stata messa in pratica la direttiva operativa “Hannibal”, che ordina l’uso della forza per evitare che vengano catturati dei soldati e che potrebbe aver colpito anche civili.

Nelle prime ore del 7 ottobre le operazioni della divisione Gaza e i bombardamenti aerei erano basati su poche informazioni. I primi lunghi momenti dopo il lancio dell’attacco di Hamas sono stati caotici. Stavano arrivando informazioni il cui valore non sempre era chiaro. Quando è stato compreso il loro significato si è capito che stava avvenendo qualcosa di orribile.

Le reti di comunicazione non potevano stare al passo con il flusso di informazioni, come nel caso dei soldati che mandavano i loro rapporti. Tuttavia il messaggio inviato alle 11.22 del mattino nella rete della divisione Gaza è stato capito da chiunque: “Non un solo veicolo può tornare a Gaza” è stato l’ordine.

In quel momento l’IDF [l’esercito israeliano, ndt.] non era cosciente della quantità di rapiti lungo il confine di Gaza, ma sapeva che molte persone erano state coinvolte. Quindi era assolutamente chiaro cosa significasse quel messaggio e quale sarebbe stata la sorte di alcune delle persone rapite.

Non è stato il primo ordine impartito dal comando di divisione con l’intento di sventare rapimenti anche a spese della vita dei rapiti, un’operazione nota nell’esercito come “procedura Hannibal”. Documenti ottenuti da Haaretz e testimonianze di soldati e ufficiali di medio e alto livello dell’IDF rivelano una serie di ordini e procedure stabilite dal comando della divisione Gaza, dal comando meridionale e dallo stato maggiore dell’esercito israeliano fino al pomeriggio di quel giorno e che mostrano quanto sia stata diffusa questa procedura dalle prime ore seguite all’attacco e in vari punti lungo il confine.

Haaretz non sa se o quanti civili e soldati siano stati colpiti in seguito a queste procedure, ma i dati raccolti indicano che molti dei rapiti erano a rischio, esposti al fuoco israeliano, anche se non erano l’obiettivo.

Alle 6.43 del mattino, ora in cui è stata lanciata una raffica di razzi contro Israele e migliaia di miliziani di Hamas hanno attaccato le piazzeforti dell’esercito e le strutture di osservazione e comunicazione della divisione, il suo comandante, brigadiere generale Avi Rosenfeld, dichiarò che “i filistei [nome biblico qui sinonimo di palestinesi, ndt.] hanno invaso”.

Quando un nemico invade il territorio israeliano questa è la procedura: un comandante di divisione può assumere un’autorità straordinaria, compreso l’uso di fuoco di armi pesanti all’interno del territorio di Israele per bloccare un’incursione nemica.

Una fonte molto importante dell’IDF ha confermato ad Haaretz che il 7 ottobre è stata attuata la procedura Hannibal, aggiungendo che essa non è stata utilizzata dal comando di divisione. Chi ha dato l’ordine? Ciò, dice la fonte, forse verrà stabilito da indagini dopo la fine della guerra [a Gaza].

In ogni caso, afferma un ufficiale della Difesa al corrente delle operazioni del 7 ottobre presso la divisione Gaza, nelle ore del mattino “nessuno sapeva cosa stesse succedendo fuori.” Dice che Rosenfeld era nella sala operativa, senza uscirne, “mentre fuori infuriava una guerra mondiale.”

“Tutti quanti erano scioccati per il numero di terroristi penetrati nella base. Neppure nei nostri peggiori incubi avevamo piani per un tale attacco. Nessuno aveva la minima idea del numero di persone rapite o dove si trovassero le forze dell’esercito. C’era un’isteria folle, con decisioni prese senza alcuna informazione verificata,” continua.

Una di queste decisioni è stata presa alle 7.18 del mattino, quando un punto di osservazione dell’avamposto di Yiftah ha informato che qualcuno era stato rapito al valico di confine di Erez, nei pressi dell’ufficio di collegamento dell’IDF. “Hannibal a Erez” è arrivato l’ordine dal quartier generale della divisione, “inviate uno Zik.” Lo Zik è un drone d’assalto senza pilota, e il significato di quell’ordine era chiaro.

Non è stata l’ultima volta che tale ordine si è udito nella rete di comunicazione. Nella successiva mezz’ora la divisione ha capito che i terroristi di Hamas erano riusciti a uccidere e rapire soldati in servizio al valico e nella vicina base. Poi, alle 7.41, è successo di nuovo: Hannibal a Erez, un assalto al valico e alla base, solo per fare in modo che nessun altro soldato venisse preso. Questi ordini sono stati dati anche in seguito.

Il valico di confine di Erez non è stato l’unico posto in cui ciò è avvenuto. Informazioni ottenute da Haaretz e confermate dall’esercito dimostrano che durante tutta quella mattina la procedura Hannibal è stata utilizzata in altri due luoghi in cui erano penetrati i terroristi: nella base militare di Re’im, dove si trovava il quartier generale di divisione, e nell’avamposto di Nahal Oz, in cui si trovavano donne di vedetta. Ciò non ha impedito il rapimento di sette di loro o l’uccisione di altre 15 vedette, così come di altri 38 soldati.

Nelle ore immediatamente successive il quartier generale di divisione ha iniziato a mettere insieme i pezzi, comprendendo le dimensioni dell’attacco di Hamas, ma ignorando l’invasione del kibbutz di Nir Oz, che le prime forze dell’esercito hanno raggiunto solo dopo che i terroristi se n’erano andati. Riguardo alla frequenza dell’impiego della procedura Hannibal, sembra che niente sia cambiato. Quindi, per esempio, alle 10.19 del mattino è arrivato al quartier generale della divisione un rapporto secondo cui uno Zik aveva attaccato la base di Re’im.

Tre minuti dopo è arrivato un altro di questi rapporti. In quel momento le forze del commando Shaldag [unità d’élite dell’aeronautica israeliana, ndt.] erano già nella base e combattevano contro i terroristi. Finora non è chiaro se qualcuno di loro sia stato ferito in un attacco con il drone. Quello che si sa è che sulla rete di comunicazione c’era un messaggio che chiedeva a tutti di essere certi che nessun soldato fosse all’esterno della base, dato che le forze dell’IDF stavano per entrare ed espellere o uccidere i terroristi che vi rimanevano.

La decisione di attaccare negli avamposti, afferma un ufficiale superiore della difesa, perseguiterà i comandanti per tutta la loro vita: “Chiunque prenda una simile decisione sapeva che anche i nostri combattenti nella zona sarebbero stati colpiti.”

Ma risulta che tali attacchi sono avvenuti non solo all’interno degli avamposti o delle basi. Alle 10.32 del mattino è stato emanato un nuovo ordine, in base al quale ogni battaglione presente in zona doveva sparare con i mortai in direzione della Striscia di Gaza. Discussioni interne all’esercito hanno fatto notare che questo ordine, attribuito al brigadiere generale Rosenfeld, è stato pesantemente criticato poiché in quel momento l’IDF non aveva un quadro completo di tutte le forze nella zona, compresi soldati e civili. Alcuni di essi si trovavano in zone aperte o nei boschi lungo il confine, cercando di nascondersi dai terroristi.

A quel punto l’esercito non sapeva quante persone erano state rapite: “In quella fase pensavamo che si trattasse di decine,” dice ad Haaretz una fonte militare. Sparare con i mortai verso la Striscia di Gaza avrebbe messo in pericolo anche loro. Inoltre un altro ordine dato alle 11.22 del mattino, secondo il quale a nessun veicolo sarebbe stato consentito di tornare a Gaza, ha fatto fare un ulteriore passo avanti.

“Ormai tutti quanti sapevano che quei veicoli avrebbero potuto trasportare civili o soldati presi in ostaggio,” dice ad Haaretz una fonte del comando meridionale. “Non ci sono stati casi in cui un veicolo che portava persone rapite è stato attaccato coscientemente, ma non si può veramente sapere se c’erano tali persone in un veicolo. Non posso dire che ci fosse un chiaro ordine, ma chiunque sapeva cosa significasse non lasciar tornare alcun veicolo a Gaza.”

Alle 14 c’è stato un nuovo sviluppo. A tutte le forze è stato ordinato di non far uscire verso ovest, in direzione del confine, le comunità sul confine, sottolineando di non inseguire i terroristi. A quel punto la zona di confine era sottoposta a un intenso fuoco, diretto contro chiunque si trovasse nell’area, rendendola una zona pericolosa.

“Le istruzioni,” dice una fonte del commando sud, “intendevano trasformare l’area attorno alla barriera di confine in una zona di morte, chiudendola verso ovest.”

Alle 18.40 l’intelligence militare credeva che molti terroristi avessero intenzione di scappare insieme di nuovo verso la Striscia di Gaza in modo organizzato. Questo è avvenuto nei pressi dei kibbutz Be’eri, Kfar Azza e Kissufim. In seguito a ciò l’esercito ha lanciato incursioni dell’artiglieria nella zona della barriera di confine, molto vicino ad alcune di queste comunità. Poco dopo sono stati sparati proiettili di artiglieria contro il valico di confine di Erez. L’IDF sostiene di non sapere di civili colpiti in questi bombardamenti.

Fuoco indiscriminato

Un caso in cui è noto che sono stati colpiti civili, e che ha ricevuto un’ampia copertura mediatica, è avvenuto nella casa di Pessi Cohen nel kibbutz Be’eri. Quando l’IDF l’ha attaccata vi erano tenuti in ostaggio quattordici prigionieri, 13 dei quali sono rimasti uccisi. Si prevede che nelle prossime settimane sull’incidente l’IDF pubblicherà i risultati della sua inchiesta, che risponderà alla domanda se il brigadiere generale Barak Hiram, comandante della 99 divisione e responsabile delle operazioni a Be’eri il 7 ottobre, abbia messo in atto la procedura Hannibal. Ha ordinato ai carrarmati di avanzare anche a costo di vittime civili, come ha affermato in un’intervista rilasciata in seguito al New York Times?

In tutti i mesi passati da allora l’IDF si è rifiutato di dire se questa procedura è stata impiegata contro civili che erano stati presi in ostaggio. Ora sembra che anche se la risposta è positiva, la domanda possa essere stata solo parziale. Le azioni di Hiram possono essere state solo coerenti con il modo in cui quel giorno l’IDF ha operato.

Per quanto ne sa Haaretz, persino alle 21.33 questa era ancora la situazione sul campo. In quel momento c’è stato un ulteriore ordine del comando sud: chiudere tutta l’area di confine con i carrarmati. Di fatto tutte le forze nella zona hanno ricevuto il permesso di aprire il fuoco contro chiunque si avvicinasse alla zona di confine, senza alcuna restrizione.

Il portavoce dell’IDF ha risposto dicendo che “l’esercito ha lottato per sei mesi molto intensamente su vari fronti, concentrato sul raggiungimento degli obiettivi della guerra. In parallelo l’IDF ha iniziato a condurre inchieste interne su quanto accaduto il 7 ottobre e nel periodo precedente. L’intento di queste indagini è di imparare e ricavare una lezione che possa essere utile nel prosieguo della lotta. Quando queste indagini saranno concluse, i risultati saranno presentati all’opinione pubblica in modo trasparente.”

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)




Nel primo intervento dall’inizio della guerra contro Gaza Hamas afferma che “ci sono stati errori” negli attacchi del 7 ottobre

Redazione di MEE

22 gennaio 2024 – Middle East Eye

Il movimento palestinese nega di aver aggredito deliberatamente civili nell’attacco a sorpresa e afferma che il conflitto “non è contro il popolo ebraico”

Hamas ha pubblicato un rapporto di 16 pagine sul suo attacco del 7 ottobre contro alcune comunità del sud di Israele, in cui afferma che ci sono stati “errori” ma nega di aver preso deliberatamente di mira civili. “La nostra narrazione: operazione Inondazione Al-Aqsa”, pubblicato domenica, è il primo resoconto pubblico dell’operazione da parte dell’organizzazione palestinese dall’attacco di tre mesi fa.

L’attacco a sorpresa ha ucciso 1.140 persone, circa 700 delle quali civili, e ha visto circa 240 persone prese in ostaggio a Gaza, di cui più o meno la metà rilasciate in un accordo per lo scambio di prigionieri.

Da allora incessanti bombardamenti israeliani contro la Striscia di Gaza assediata hanno ucciso più di 25.000 palestinesi, in maggioranza donne e bambini. Secondo alcuni resoconti, durante l’offensiva israeliana sono morti almeno 25 ostaggi.

Vorremmo chiarire… la verità su quanto è avvenuto il 7 ottobre, le ragioni che l’hanno motivato, il contesto generale relativo alla causa palestinese così come una smentita delle affermazioni israeliane, e porre i fatti nella luce giusta,” inizia il rapporto.

La parte introduttiva espone il contesto storico e attuale della situazione in Palestina, in un capitolo che spiega perché l’organizzazione ha creduto che l’attacco fosse necessario.

Evidenzia l’esproprio di terre e l’espulsione di massa dei palestinesi durante la Nakba, o “catastrofe”, del 1948 e la guerra del 1967 in Medio Oriente, che portò all’occupazione israeliana della Cisgiordania, di Gerusalemme est e di Gaza, così come delle Alture del Golan siriane e del Sinai egiziano.

Continua elencando le azioni più recenti di Israele contro i palestinesi prima del 7 ottobre, tra cui cinque guerre contro Gaza dall’inizio del nuovo secolo e la Seconda Intifada che, sostiene, hanno ucciso più di 11.000 palestinesi

Hamas afferma anche che “attraverso una vasta campagna di costruzione di colonie e l’ebreaizzazione delle terre palestinesi nella Cisgiordania occupata e a Gerusalemme” Israele ha fatto fallire gli Accordi di Oslo e la possibilità di creare uno Stato palestinese

Il rapporto ricorda: “Solo un mese prima dell’operazione ‘Inondazione Al-Aqsa’ il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha presentato una mappa del cosiddetto ‘Nuovo Medio Oriente’ che raffigurava ‘Israele’ esteso dal fiume Giordano al mar Mediterraneo, comprese la Cisgiordania e Gaza.”

Cita anche le incursioni israeliane nella moschea di al-Aqsa a Gerusalemme, “aggressioni e umiliazioni” dei palestinesi detenuti nelle carceri israeliane e i 17 anni di blocco della Striscia di Gaza.

Che cosa ci si aspettava dal popolo palestinese dopo tutto questo? Che continuasse ad aspettare e a contare sull’impotente ONU? O prendesse l’iniziativa nella difesa del popolo, delle terre, dei diritti e dei luoghi santi palestinesi, sapendo che le azioni difensive sono un diritto insito nelle leggi, norme e convenzioni internazionali?” dice.

Forse ci sono stati errori”

Riguardo agli eventi del 7 ottobre il rapporto sostiene che Hamas ha preso di mira postazioni militari israeliane e intendeva “arrestare i soldati del nemico” nel tentativo di fare pressione sulle autorità israeliane per il rilascio di migliaia di prigionieri palestinesi.

Evitare di arrecare danno ai civili, soprattutto bambini, donne e anziani è un impegno religioso e morale di tutti i combattenti delle Brigate Al-Qassam,” afferma, in riferimento all’ala militare di Hamas.

Insistiamo sul fatto che durante l’operazione la resistenza palestinese è stata molto disciplinata e rispettosa dei valori islamici e che i combattenti palestinesi hanno preso di mira solo i soldati dell’occupazione e quelli che hanno impugnato le armi contro il nostro popolo.”

Il rapporto aggiunge che i combattenti di Hamas hanno cercato di evitare danni ai civili “nonostante il fatto che la resistenza non possiede armi di precisione.”

Secondo i dati ufficiali israeliani durante gli attacchi tra le vittime ci sono stati più di 30 minorenni e 100 anziani, oltre a 60 lavoratori stranieri.

Se ci sono stati casi in cui sono stati presi di mira civili, ciò è avvenuto accidentalmente e nel corso di scontri con le forze dell’occupazione. A causa del rapido crollo del sistema di sicurezza israeliano e del caos provocato lungo le aree di confine con Gaza forse c’è stato qualche errore nella messa in atto dell’operazione ‘Inondazione Al-Aqsa’”.

Varie associazioni per i diritti umani hanno chiesto che Hamas, un’organizzazione bandita in molti Paesi occidentali, tra cui USA e Gran Bretagna, venga indagata per i fatti del 7 ottobre.

Amnesty International ha descritto “uccisioni deliberate di civili, rapimenti e aggressioni indiscriminate” durante l’operazione.

Amnesty afferma di aver verificato video che mostrano combattenti di Hamas rapire ed uccidere intenzionalmente civili all’interno e nei dintorni di centri abitati israeliani e analizzato video che mostrano gruppi armati che sparano contro civili durante il festival musicale Nova.

Hamas sostiene che Israele ha ucciso i suoi stessi cittadini

Hamas prosegue smentendo varie affermazioni israeliane riguardo al fatto che sono stati presi di mira i civili, comprese quelle secondo cui i miliziani palestinesi avrebbero decapitato 40 bambini, così come accuse che i combattenti palestinesi avrebbero violentato donne israeliane.

Citando articoli dei mezzi di informazione israeliani Haaretz e Yedioth Ahronoth, ipotizza anche che il 7 ottobre alcuni civili israeliani siano stati uccisi da un elicottero.

I due articoli sostengono che i combattenti di Hamas hanno raggiunto la zona della manifestazione musicale senza sapere in precedenza che ci fosse un festival, dove l’elicottero israeliano ha aperto il fuoco sia contro i miliziani di Hamas che contro i partecipanti al concerto,” afferma.

Cita la “Direttiva Hannibal”, una regola d’ingaggio israeliana che stabilirebbe che si debba evitare ad ogni costo che israeliani vengano presi di ostaggio, persino se ciò comportasse la morte della propria gente.

Hamas menziona anche il fatto che Israele abbia rivisto al ribasso i numeri delle persone uccise il 7 ottobre da 1.400 a 1.200 dopo aver scoperto che 200 corpi bruciati erano di combattenti di Hamas.

Ciò significa che chi ha ucciso i miliziani ha ucciso anche gli israeliani, dato che solo l’esercito israeliano possiede aerei da guerra che il 7 ottobre hanno ucciso, bruciato e distrutto zone israeliane,” dice l’organizzazione.

Aggiunge di avere la certezza che un’inchiesta indipendente “dimostrerebbe la verità della nostra narrazione” e proverebbe la portata delle “menzogne e informazioni fuorvianti da parte israeliana”.

Rifiutiamo lo sfruttamento della sofferenza degli ebrei”

Più avanti nel rapporto Hamas sollecita la comunità internazionale, indicando gli USA, la Germania, il Canada e la Gran Bretagna, a sostenere gli sforzi perché tribunali internazionali indaghino le azioni di Israele.

Continua affermando che il conflitto non è con il popolo ebraico, ma con “il progetto sionista”. “Hamas non conduce una lotta contro gli ebrei in quanto tali, ma contro i sionisti che occupano la Palestina,” sostiene. “Però sono i sionisti che continuano a identificare ebraismo ed ebrei con il loro progetto coloniale e la loro entità illegale.”

Aggiunge che i palestinesi si oppongono alle ingiustizie contro i civili, incluse “quelle che gli ebrei hanno subito dalla Germania nazista.

Qui ricordiamo che il problema ebraico è stato essenzialmente un problema europeo, mentre i contesti arabi e islamici sono stati, nel corso della storia, un rifugio sicuro per il popolo ebraico e per popoli di altre fedi ed etnie,” sostiene.

Rifiutiamo lo sfruttamento della sofferenza degli ebrei in Europa per giustificare l’oppressione contro il nostro popolo in Palestina”.

Il rapporto aggiunge che in base alle leggi internazionali la resistenza armata contro l’occupazione è legittima e afferma che le lezioni della storia dimostrano che “la resistenza è l’approccio strategico e il solo modo per la liberazione e la fine dell’occupazione.”

In un altro punto il movimento dice anche di “rifiutare categoricamente” ogni piano internazionale o israeliano per il futuro di Gaza che “serva a prolungare l’occupazione” e che i palestinesi dovrebbero decidere il proprio futuro.

Chiediamo di opporsi ai tentativo di normalizzazione con l’entità israeliana ed essere a favore di un boicottaggio complessivo dell’occupazione israeliana e dei suoi sostenitori,” conclude il rapporto.

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)