Coloni, l’esercito scatena la vendetta in Cisgiordania

Tamara Nassar

29 gennaio 2023 – The Electronic Intifada

I coloni israeliani hanno attaccato i palestinesi in tutta la Cisgiordania occupata per vendicare l’uccisione di sette israeliani da parte di un palestinese armato venerdì in una colonia nella Gerusalemme est occupata.

Ciò è avvenuto mentre il governo israeliano è in procinto di armare migliaia di altri suoi cittadini, una mossa che sicuramente porterà a più uccisioni e violenze sommarie.

Come risposta alla sparatoria di venerdì il governo israeliano ha anche promesso di “potenziare” i suoi insediamenti coloniali illegali in Cisgiordania, usando lo spargimento di sangue come pretesto per confiscare e colonizzare ulteriormente la terra palestinese, un’altra mossa che sicuramente alimenterà altra violenza.

Nel frattempo le forze di occupazione hanno iniziato a imporre una punizione collettiva alla famiglia dell’uomo armato sigillandone la casa in preparazione di una demolizione come vendetta.

Israele sta anche minacciando più punizioni collettive crimini di guerra ai sensi del diritto internazionale inclusa la negazione dei benefici della sicurezza sociale ai parenti dei presunti aggressori palestinesi e la deportazione delle loro famiglie.

Questi tipi di punizione collettiva sono una caratteristica essenziale del sistema di apartheid israeliano, poiché vengono usati solo contro i palestinesi.

La furia dei coloni

Domenica gruppi di coloni hanno attaccato con pietre auto palestinesi sulle strade di diverse località della Cisgiordania, tra cui un incrocio vicino alla colonia di Yitzhar, vicino a Nablus.

i coloni hanno attaccato i palestinesi con spray al peperoncino e, secondo quanto riferito, un palestinese è stato leggermente ferito dal lancio di pietre dei coloni ebrei.

Domenica notte una casa e un’auto sono state date alle fiamme nel villaggio di Turmusaya vicino a Ramallah.

Una seconda casa nello stesso villaggio è stata vandalizzata.

Secondo quanto riferito, la polizia israeliana sta indagando sull’incidente, ma ci sono poche possibilità che qualcuno possa essere incolpato.

I proprietari di entrambe le case sono cittadini palestinesi americani e il personale addetto alla manutenzione è intenzionato a notificare gli attacchi all’ambasciata americana.

Secondo Ynet, una pubblicazione israeliana, nel villaggio i coloni hanno anche scritto con le bombolette “vendetta” e “morte agli arabi”.

Dei palestinesi hanno riferito ai media che i soldati israeliani nell’area hanno assistito senza reagire allo scatenarsi della furia dei coloni.

Nel frattempo nel villaggio di Aqraba, vicino a Nablus, dei coloni hanno sradicato e rubato più di 100 alberelli di ulivo.

Inoltre ad Aqraba e Majdal Bani Fadil, un altro villaggio vicino, dei coloni hanno dato fuoco a delle auto.

A Nablus i coloni hanno vandalizzato un’ambulanza palestinese.

E’ stato riferito che hanno anche danneggiato e distrutto le tende utilizzate dagli agricoltori nella Valle del Giordano.

Gli attacchi vendicativi dei coloni israeliani fanno seguito all’uccisione, venerdì, di sette israeliani a Neve Yaakov, un insediamento coloniale nella Gerusalemme est occupata, da parte di Khayri Alqam, 21 anni.

Secondo quanto riferito, Alqam, che è stato colpito a morte dai soldati, si chiamava come suo nonno, ucciso nel 1998 insieme ad altri tre palestinesi dal colono israeliano Haim Perelman.

Nonostante ciò Perelman venne successivamente rilasciato. Vive in una colonia per soli ebrei in Cisgiordania.

Le uccisioni di venerdì a Neve Yaakov hanno fatto seguito all’attacco israeliano al campo profughi di Jenin di giovedì, in cui le forze di occupazione hanno ucciso nove palestinesi, tra cui due minori e una donna . Nell’attacco israeliano sono rimaste ferite almeno 20 persone.

Una decima persona è morta domenica per le ferite riportate. Secondo quanto riporta il Ministero della Salute palestinese giovedì le forze israeliane hanno sparato allo stomaco a Omar Tariq al-Saadi, 24 anni.

Fomentare ulteriore violenza

L’Unione Europea ha condannato fermamente l’attacco a Neve Yaakov come un atto di “folle violenza e odio”.

Bruxelles ha anche affermato falsamente e in modo provocatorio che l’attacco è avvenuto “in una sinagoga di Gerusalemme” uccidendo e ferendo persone “mentre assistevano alla cerimonia dello Shabbat [servizio liturgico tradizionale del sabato ebraico, ndt]”.

Ma i resoconti dei media israeliani affermano tutti indistintamente che la sparatoria è avvenuta in una strada “vicino a una sinagoga”.

E invece l’UE ha approvato retroattivamente l’attacco letale di Israele a Jenin, affermando che Bruxelles “riconosce pienamente le legittime preoccupazioni di sicurezza di Israele, come evidenziato dagli ultimi attacchi terroristici”.

In realtà, le sparatorie di venerdì sono seguite al massacro di Jenin, che un funzionario delle Nazioni Unite ha descritto come “la più letale delle operazioni israeliane in Cisgiordania almeno dal 2005”.

Come ha scritto domenica Gideon Levy, editorialista del quotidiano israeliano Haaretz, “tutti sapevano che l’operazione a Jenin avrebbe scatenato una pericolosa ondata di violenza”.[vedi Zeitun]

Levy afferma che “non è possibile invadere il campo profughi di Jenin senza un massacro”, aggiungendo che “nessun massacro nel campo potrebbe passare sotto silenzio”.

L’organizzazione palestinese per i diritti umani Al-Haq ha documentato numerose violazioni del diritto internazionale da parte delle forze israeliane durante il micidiale raid nel campo profughi di Jenin.

In un caso gli aggressori israeliani hanno sparato a un minore palestinese e dopo la sua morte “un veicolo militare ha investito il suo corpo recidendogli l’orecchio destro e mutilandogli il volto”.

Dopo il massacro di Jenin, i media israeliani hanno riportato diversi tentativi da parte dei palestinesi di attaccare soldati o coloni israeliani.

L’anno 2022 ha visto il maggior numero di palestinesi uccisi dalle forze e dai coloni israeliani in Cisgiordania, compresa Gerusalemme est, dalla seconda intifada quasi due decenni fa.

Secondo il monitoraggio di The Electronic Intifada, nel corso dell’anno 207 palestinesi sono stati uccisi dall’esercito, dalla polizia e dai coloni israeliani in Cisgiordania, a Gaza e all’interno di Israele, o sono morti per le ferite riportate negli anni precedenti.

Finora, nel 2023, Israele ha ucciso in media un palestinese al giorno, un fatto poco rilevato nella copertura dei media occidentali, ma che sta portando alla violenza.

Incremento della violenza

Sabato nel quartiere di Silwan, nella Gerusalemme est occupata, un altro palestinese avrebbe sparato, ferendoli, a un soldato fuori servizio e suo padre.

I media hanno identificato nel tredicenne Mahmoud Aleiwat l’autore degli spari.

La famiglia del ragazzo nega che possa essere stato coinvolto nella sparatoria, anche se si dice che abbia lasciato un messaggio a sua madre chiedendo perdono.

Il soldato aveva l’arma con sé e ha sparato al ragazzo. Anche un altro colono gli ha sparato.

Il soldato ferito è in condizioni gravi ma stabili e, secondo quanto riferito, suo padre è in condizioni discrete.

Secondo Haaretz il ragazzo accusato della sparatoria è cosciente e sta ricevendo delle cure.

Giorni prima un parente di Mahmoud Aleiwat era è stato ucciso dalle forze israeliane.

Wadie Abdul Aziz Abu Rumouz, 17 anni, è stato colpito al petto il 25 gennaio. Le autorità israeliane hanno sottoposto Wadie agli arresti persino mentre si trovava nel reparto di terapia intensiva.

E’ morto venerdì a causa delle ferite.

Israele sta ora progettando di demolire la casa della famiglia del ragazzo di 13 anni, così come quella di Khayri Alqam.

Nel frattempo, sabato un giovane palestinese è stato colpito e ucciso da una guardia di sicurezza nei pressi dell’insediamento di Kedumim, nel nord della Cisgiordania.

Karam Ali Salman, 18 anni, aveva cercato di entrare nell’insediamento coloniale armato di pistola, ha affermato l’esercito. Il suo video è stato condiviso dai media locali.

Mostra una persona che cammina con cautela attraverso un campo portando un oggetto.

I media israeliani non hanno riferito di feriti tra i coloni.

Kedumim, che è costruito su terreno privato palestinese, ospita l’abitazione del Ministro delle Finanze israeliano Bezalel Smotrich.

In un altro incidente i soldati israeliani hanno sparato a un camionista palestinese che, secondo loro, stava tentando un attacco ma in seguito hanno ammesso che non era così.

L’esercito ha riferito che nessuno è rimasto ferito nell’incidente.

Nonostante l’aumento vertiginoso dello spargimento di sangue, Israele e i suoi alleati sembrano determinati a non imparare che ulteriori uccisioni e oppressione di palestinesi non placheranno mai la resistenza, ma solo la alimenteranno.

Ha contribuito all’inchiesta Ali Abunimah.

(Traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)




L’UE afferma che è antisemita chiamare Israele Stato di apartheid.

Ali Abunimah  

23 gennaio 2023 – Electronic Intifada

Secondo l’Unione Europea dire che Israele sta perpetrando il crimine di apartheid contro il popolo palestinese è antisemita.

Ciò significherebbe che per Bruxelles importanti organizzazioni per i diritti umani, tra cui Human Rights Watch, Amnesty International e l’israeliana B’Tselem, finanziata dall’UE, sono colpevoli di fanatismo antiebraico.

L’incredibile affermazione è giunta in risposta a un’interpellanza da parte di alcuni membri filoisraeliani del parlamento europeo rivolta all’organo esecutivo dell’UE, la Commissione Europea.

I parlamentari hanno affermato che il rapporto di Amnesty International dello scorso febbraio “sostiene che l’apartheid è intrinseco alla fondazione dello Stato di Israele nel 1948, costruito e conservato dai successivi governi israeliani.”

I deputati hanno chiesto se anche il responsabile per la politica estera dell’UE Josep Borrell considera Israele uno “Stato di apartheid”.

Intendevano anche sapere se Borrell considera “antisemita” il rapporto di Amnesty in base alla definizione di antisemitismo dell’International Holocaust Remembrance Alliance [Alleanza Internazionale per la Memoria dell’Olocausto] (IHRA) “dato che esso sostiene che l’esistenza dello Stato di Israele è un’iniziativa razzista (cioè uno Stato di apartheid).”

Non appropriata”

I parlamentari filoisraeliani dovrebbero essere pienamente soddisfatti dalla risposta scritta di Borrell resa pubblica il 20 gennaio:

La commissione considera che non sia appropriato usare il termine apartheid in relazione con lo Stato di Israele,” scrive Borrell.

Egli afferma che l’UE si basa sulla cosiddetta definizione di antisemitismo dell’IHRA e sottolinea: “Sostenere che l’esistenza dello Stato di Israele sia un’iniziativa razzista è tra gli esempi illustrativi inclusi nella definizione dell’IHRA.”

L’estremamente politicizzata definizione dell’IHRA, pesantemente promossa da Israele e dalla sua lobby, ha subito incontrato una vasta opposizione dovuta a preoccupazioni sul fatto che sarebbe stata utilizzata esattamente nel modo in cui l’ha fatto Borrell ora: etichettare falsamente legittime critiche contro Israele e i suoi crimini come fanatismo antiebraico.

Borrell non fornisce nessuna base concreta per smentire la meticolosa ricerca di molte associazioni per i diritti umani che dimostra come Israele perpetra l’apartheid, un grave crimine contro l’umanità previsto dallo Statuto di Roma, il trattato che ha istituito la Corte Penale Internazionale.

Ma egli prosegue riaffermando la rituale e vuota adesione dell’UE a “una soluzione negoziata a due Stati.”

Crimine contro l’umanità

In base al diritto internazionale il crimine di apartheid si configura come “azioni inumane commesse con lo scopo di creare e conservare la dominazione di un gruppo razziale di persone su qualunque altro gruppo razziale di persone e opprimerlo sistematicamente.”

Nel gennaio 2021 B’Tselem, l’associazione per i diritti umani appoggiata dall’UE, ha affermato che Israele mette in atto “un regime di supremazia ebraica dal fiume Giordano al mar Mediterraneo”, cioè tutta l’area che comprende Israele, la Cisgiordania occupata e la Striscia di Gaza.

Questo è apartheid,” conclude B’Tselem.

Il nuovo governo israeliano si è insediato proclamando apertamente il proprio impegno a favore della supremazia ebraica e di conseguenza delle politiche di apartheid necessarie a conservarla.

Il popolo ebraico ha un diritto esclusivo e inalienabile su ogni parte della Terra di Israele”, ha proclamato la nuova coalizione, promettendo di “favorire e sviluppare l’insediamento in ogni parte della Terra di Israele: nelle Galilee, nel Negev, sulle Alture del Golan e in Giudea e Samaria.”

Le Alture del Golan sono un territorio siriano occupato, mentre “Giudea e Samaria” sono i termini sionisti per la Cisgiordania occupata.

Dopo questa dichiarazione Borrell ha detto ai nuovi governanti israeliani di “guardare avanti per lavorare con voi per migliorare ulteriormente i rapporti UE-Israele.”

In altre parole l’impegno dell’UE nei confronti del regime di apartheid israeliano e della sua opposizione ai diritti dei palestinesi rimane solidissimo.

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)




Ragazzo ucciso e genitore giustiziato dalle truppe israeliane

Maureen Clare Murphy

17 gennaio 2023 – The Electronic Intifada

Tra sabato e lunedì in Cisgiordania le forze di occupazione israeliane hanno ucciso quattro palestinesi e una quinta persona è morta per le ferite riportate all’inizio del mese.

Secondo Defence for Children International-Palestine [ONG internazionale per i diritti dei minori, ndt] lunedì mattina presto nel campo profughi di Dheisheh fuori Betlemme dei soldati hanno sparato alla testa ad Amer Khaled Lutfi al-Khamour. Il ragazzo è stato dichiarato morto in ospedale nel corso della giornata.

L’adolescente è il quarto minorenne palestinese ucciso dalle forze israeliane dall’inizio dell’anno e il secondo ucciso a Dheisheh. In totale durante questo periodo sono stati uccisi dalla polizia, dai soldati e dai coloni israeliani 14 palestinesi, tutti in Cisgiordania.

Domenica, presso un posto di blocco volante vicino al villaggio di Silwad, nella Cisgiordania centrale, le forze israeliane hanno sparato e ucciso di fronte al figlio Ahmad Hasan Kahlah, 45 anni, dopo che un litigio si è trasformato in uno scontro fisico.

Il Centro palestinese per i diritti umani ha affermato che l’assassinio di Kahlah “equivale a un’uccisione extragiudiziale”.

L’associazione per i diritti ha affermato che prima dell’inizio dell’alterco alcuni conducenti hanno iniziato a suonare i clacson dei loro veicoli per protestare contro un posto di blocco militare israeliano appena eretto che causava il rallentamento del traffico e la formazione di lunghe code.

Le forze israeliane hanno sparato granate stordenti colpendo un veicolo su cui viaggiavano Kahlah e suo figlio.

Secondo il PCHR [Centro palestinese per i diritti umani], i soldati “hanno usato lo spray al peperoncino contro [Kahlah] e suo figlio e li hanno costretti a scendere dal veicolo”. Un litigio verbale è diventato fisico quando i soldati hanno aggredito Kahlah, “che ha cercato di fuggire”, riferisce l’associazione per i diritti.

“Nel frattempo uno dei soldati ha sparato a distanza ravvicinata due proiettili veri contro Ahmad Kahlah, sebbene non rappresentasse una minaccia per la vita dei militari“, aggiunge il PCHR. Quando i soldati hanno permesso ai paramedici palestinesi di fornirgli assistenza, Kahlah, che era stato colpito al collo, non era più cosciente.

I soldati hanno impedito ai paramedici di accorrere in aiuto del figlio di Kahlah, Qusai, che stava male e aveva inalato gas lacrimogeno. Qusai è stato arrestato e successivamente rilasciato.

Secondo il PCHR l’esercito israeliano ha inizialmente sostenuto che Ahmad Kahlah aveva cercato di pugnalare i soldati con un coltello e di afferrare una delle loro pistole, affermazioni contraddette dal filmato dell’incidente.

Quel video, registrato da un’altra persona che tentava di attraversare il checkpoint, mostra l’anziano Kahlah nel corso di una collutazione con tre soldati che lo picchiano prima di aprire il fuoco, nonostante il fatto che Kahlah avrebbe potuto essere immobilizzato con mezzi non letali, dice il PCHR.

Israele non ha confiscato il corpo di Kahlah come fa abitualmente nei casi di palestinesi uccisi nel corso di quelli che secondo Israele sarebbero degli attacchi.

Il quotidiano di Tel Aviv Haaretz ha riferito che l’esercito israeliano “in seguito ha cambiato la sua versione degli eventi” affermando che “i soldati hanno chiesto a [Kahlah] di fermarsi e hanno usato gas lacrimogeni quando ha rifiutato di seguire il loro ordine”.

L’esercito ha riferito che, dopo che egli si era rifiutato di uscire dal suo veicolo, ne è nato uno scontro, Kahlah ha cercato di rubare un’arma a un soldato ed è stato quindi colpito”, aggiunge Haaretz.

Ziad Kahlah, il fratello di Ahmad, ha respinto le affermazioni dell’esercito israeliano e ha riferito che Ahmad, padre di quattro figli, era un elettricista che stava facendo una commissione con suo figlio quando è stato ucciso.

“Chi va a compiere un attacco non lo fa con il proprio figlio”, ha detto Ziad secondo Haaretz.

Se non ci si crede, è un dato di fatto che suo figlio è stato rilasciato poco dopo. È facile accusare un palestinese di essere un terrorista e poi sparargli a sangue freddo”, aggiunge Ziad.

Il giorno prima le forze israeliane hanno ucciso due palestinesi, Izzedine Bassem Hamamreh, 24 anni, e Amjad Adnan Khaliliyeh, 23, durante un presunto scontro a fuoco vicino al villaggio di Jaba, a sud della città di Jenin, nel nord della Cisgiordania.

La Jihad islamica, una fazione della resistenza armata palestinese, ha rivendicato l’appartenenza dei due uomini al gruppo.

Lo stesso giorno Yazan al-Jaabari, 19 anni, è morto per le ferite riportate dopo essere stato colpito durante un raid militare israeliano a Kafr Dan, sempre vicino a Jenin. Il 2 gennaio altri due palestinesi, uno dei quali un ragazzo di 17 anni, sono stati uccisi durante lo stesso raid punitivo di demolizione di case.

Con la nomina a importanti ruoli ministeriali di israeliani di estrema destra che costituiscono gli elementi più pericolosi dello Stato colonizzatore è pressochè certo un ulteriore bagno di sangue.

Itamar Ben-Gvir, leader del partito di estrema destra Potere Ebraico che appartiene al nuovo governo di coalizione di Benjamin Netanyahu, sta proponendo norme ancora più flessibili sull’uso delle armi da fuoco.

Ben-Gvir sta promuovendo una legge che garantirebbe l’immunità legale ai soldati e alla polizia per le loro azioni durante le operazioni di “sicurezza”.

Secondo Adalah, un’organizzazione per i diritti umani, ciò “codificherebbe una politica israeliana di impunità quasi totale nei confronti delle sue forze armate nei casi che coinvolgono palestinesi”.

Lunedì, dopo l’uccisione di Amer al-Khamour, il Regno Unito ha invitato “le autorità israeliane a condurre un’indagine rapida e trasparente”, nonostante la loro quasi assoluta mancanza di affidabilità nella ricerca dei responsabili della morte di palestinesi per mano delle forze israeliane.

L’appello del Regno Unito equivale a un’approvazione dello status quo di impunità totale. Secondo il monitoraggio di The Electronic Intifada, l’anno scorso tale situazione ha provocato l’uccisione o la morte per ferite riportate negli anni precedenti di oltre 200 palestinesi per mano dell’esercito, della polizia e dei coloni israeliani in Cisgiordania, a Gaza e all’interno di Israele.

Lunedì Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite per la Cisgiordania e la Striscia di Gaza, ha dichiarato che “la perdita di vite umane procede senza sosta“.

Una presenza di una forza di protezione è una necessità fondamentale e inevitabile”, ha aggiunto.

(Traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)




La falsa richiesta per la “parità di diritti” maschera le opinioni suprematiste di Ben-Gvir

Michael F. Brown

13 gennaio 2023 – Electronic Intifada

Non c’è niente di nuovo nel fatto che suprematisti bianchi e coloni si approprino della nozione di uguaglianza per giustificare il loro razzismo e potere illegittimo a spese di coloro che considerano essere meno che umani.

I razzisti americani hanno usato per molto tempo lo slogan “separati ma uguali” per mascherare il brutale sistema segregazionista delle leggi ’Jim Crow’ [in vigore nel sud degli USA fra il 1877 e il 1964 per mantenere la segregazione razziale dei servizi pubblici, N.d.T.] da loro imposte sui neri ridotti in schiavitù e sui loro discendenti.

E infine i governanti bianchi suprematisti sudafricani cercarono di vendere l’apartheid non come quel dominio e sfruttamento razzista e coloniale che era, ma sostenendo che lo “sviluppo separato” avrebbe permesso ai neri sudafricani di avere pieni diritti politici nei bantustan.

Così non sorprende che in Israele Itamar Ben-Gvir e i suoi compagni razzisti anti-palestinesi abbiano adottato una strategia simile.

Ora importanti membri del nuovo governo di Benjamin Netanyahu, Ben-Gvir e company hanno cercato di presentare l’accesso degli ebrei e l’annessione e la dominazione israeliana del complesso della moschea al-Aqsa, che gli ebrei chiamano il Monte del Tempio, come un tema di “uguaglianza di diritti”.

Ben-Gvir, un discepolo del rabbino genocida anti-palestinese Meir Kahane e un fan di Baruch Goldstein, il colono ebreo che nel 1994 assassinò decine di palestinesi nella moschea di Ibrahimi a Hebron, è ora il ministro della Sicurezza Nazionale di Israele.

A questo titolo il 3 gennaio egli ha visitato il sacro sito, ostentando il suo potere sui palestinesi e godendosi sia la paura che la rabbia provocate dalla sua visione suprematista.

Dallo stesso luogo, il razzista da sempre e capo del partito Otzma Yehudit (Potere Ebraico) ha sostenuto scandalosamente che “nel governo di cui io sono un membro non ci saranno discriminazioni razziste.”

Evidentemente non stava improvvisamente caldeggiando i diritti che Israele ha da sempre negato ai palestinesi, ma parlava in modo molto specifico del suo “diritto” di impossessarsi di territori occupati.

Il leader kahanista potrebbe farcela con gli stenografi di estrema destra a Fox News e Newsweek, dove l’opinionista Josh Hammer è un razzista antipalestinese che se la spassa con l’antisemita Viktor Orbán e proprio l’anno scorso si è divertito in compagnia di Donald Trump, l’antisemita e anti-palestinese negatore dei risultati elettorali.

(Verso la fine dello scorso anno Hammer aveva criticato Trump perché si era incontrato con gli antisemiti Nick Fuentes, Milo Yiannopoulos e Kanye West, ora conosciuto come Ye, dicendo nonostante ciò che la sua organizzazione filoisraeliana preferita, la Zionist Organization of America [Organizzazione Sionista d’America, ZOA, N.d.T.] aveva “giustamente onorato” Trump per il suo “incredibile contributo durante la sua presidenza per salvaguardare il benessere, l’incolumità e la sicurezza dello Stato ebraico e del popolo ebraico.” Hammer comunque ha anche sottolineato che tiene sempre fede a un articolo scritto nell’ottobre 2020 in cui definiva Trump “il presidente più filoebraico di sempre.”)

A novembre Hammer ha ringraziato Dio per il successo elettorale di Ben-Gvir, un tizio che è stato condannato per il suo sostegno a un’organizzazione terrorista e per incitamento al razzismo.

Né Ben-Gvir né nessun altro nel governo israeliano ha alcun interesse nell’uguaglianza dei diritti, certamente non se riguardano i palestinesi. Dopotutto questa è una coalizione che si è insediata sostenendo che “il popolo ebraico ha un diritto esclusivo e indiscutibile a tutte le aree della terra di Israele.” Netanyahu cerca in modo grottesco di rendere complici delle sue azioni tutti gli ebrei attraverso un discorso che prelude all’infrazione delle leggi da parte del suo governo.

Sui diritti Ben-Gvir sta solo blaterando. Questo governo sarà lealmente impegnato a opporsi all’autodeterminazione e ai pieni diritti per i palestinesi, al diritto al ritorno dei rifugiati palestinesi spossessati e al completo accesso ai luoghi religiosi a Gerusalemme. Il governo israeliano è determinato a strappare terre in favore dei coloni, negando nel contempo il diritto alla restituzione ai proprietari palestinesi di quantità sempre più grandi di terre, come accaduto a Gerusalemme Est e Ovest.

Quello che Ben-Gvir vuole, proprio come i segregazionisti americani, è il dominio perpetuo rietichettato come “uguaglianza.”

Da parte sua Zvika Fogel, parlamentare di Potere Ebraico, parlando della visita di Ben-Gvir ha minacciato il genocidio.

Se Hamas viola la pace vigente e apre il fuoco contro il territorio israeliano noi risponderemo come penso dovremmo, e sì, varrebbe la pena, perché questa sarà l’ultima guerra e dopo potremmo sederci e allevare colombe e tutti gli altri splendidi uccelli viventi.”

Tuttavia proporre il genocidio mina profondamente le affermazioni della destra estrema di essere interessata all’uguaglianza dei diritti.

Diritto internazionale e il Gran Rabbinato in Israele

Va anche ricordato che il complesso della moschea di al-Aqsa fa parte di Gerusalemme Est, territorio occupato di cui Israele si è impossessata con la forza nel 1967 e che poi ha annesso illegalmente. Come tale Israele non vi ha alcuna giurisdizione o sovranità legittima.

Ma i palestinesi sono ben consci che Israele usa fede e tradizioni ebraiche come mezzi per esercitare una sovranità politica illegittima e il controllo fisico, motivo per cui resistono alle abituali intimidazioni e violente incursioni promosse da Ben-Gvir e altri leader della destra nel complesso della moschea di al-Aqsa.

Nel 1994 dopo il massacro nella moschea Ibrahimi perpetrato da Baruch Goldstein, l’eroe di Ben-Gvir, Israele ha diviso la moschea con la forza e l’ha assegnata quasi tutta ai coloni: qui la violenza, la segregazione e la discriminazione anti-musulmana restano molto reali.

I palestinesi sanno che questo è il piano di Israele anche per Gerusalemme, specialmente poiché così tanti leader politici e religiosi ebrei israeliani sostengono il cosiddetto movimento del Tempio.

Questo movimento fanatico messianico che fruisce dei fondi del governo israeliano e del supporto dei principali leader politici e religiosi, mira a una completa acquisizione israeliana del complesso della moschea di al-Aqsa, alla distruzione delle moschee antiche che vi sorgono e alla loro sostituzione con un nuovo tempio ebraico.

Senza alcun dubbio i palestinesi ricordano bene come, immediatamente dopo l’occupazione di Gerusalemme Est nel 1967, Israele demolì il Quartiere Marocchino, risalente a 700 anni prima, che comprendeva una scuola islamica e una moschea del XII secolo per creare la cosiddetta piazza del Muro del Pianto.

È il desiderio di dominio, sovranità e controllo che guida Ben-Gvir e i suoi compari sostenitori dell’apartheid. Dalla prospettiva teologica ebraica, agli ebrei è vietato pregare o persino metter piede sul Monte del Tempio.

Infatti il Gran Rabbinato di Israele esplicitamente avverte i visitatori ebrei che “secondo la legge della Torah è severamente proibito entrare nell’area del Monte del Tempio a causa della sacralità del sito.”

In anni recenti gli attivisti di estrema destra hanno sfidato ed eroso questo divieto religioso per far progredire il loro progetto politico di impossessarsi del sito.

Ovviamente nulla di tutto ciò ha a che fare con “uguaglianza” o accesso paritario ai siti per persone di varie fedi religiose.

È un gioco di potere in linea con la determinazione di Ben-Gvir di far vedere ai palestinesi chi sono “i padroni di casa”.

Ali Abunimah ha contribuito con ricerche ed analisi.

(traduzione dall’inglese di Mirella Alessio)




La famiglia di un bambino ucciso dai coloni teme nuove aggressioni

Jaclynn Ashly 

30 dicembre 2022 – The Electronic Intifada

Ahmad Dawabsheh non ama guardare al passato.

Ha delle buone ragioni. Il dodicenne è sopravvissuto a una delle peggiori aggressioni dei coloni degli ultimi anni, quando nel 2015 alla casa della sua famiglia nel villaggio di Duma nel distretto di Nablus della Cisgiordania occupata venne dato fuoco con bombe incendiarie da coloni israeliani.

Alì, fratellino di 18 mesi di Ahmad, morì in seguito alle ustioni, suo padre Saad una settimana dopo per le ferite e Riham, madre di Ahmed, un mese dopo.

All’epoca Ahmad aveva 4 anni. Riportò gravissime ustioni su tutto il corpo.

L’attacco getta ancora un’ombra oscura sulla vita del villaggio.

Secondo Nasser Dawabsheh, 48 anni, lo zio che ora si occupa di Ahmad, i rapporti tra gli abitanti del villaggio di Duma e i coloni che li circondano non hanno fatto che peggiorare, e dal 2015 il villaggio è stato attaccato almeno una decina di volte.

Quanto ad Ahmad, sta cercando di lasciarsi tutto alle spalle.

L’aggressione non mi ferisce più perché mi vieto di pensarci,” dice a The Electronic Intifada Ahmad, seduto in poltrona nella casa dello zio. Cerca di far roteare un pallone tra le dita prendendolo al volo prima che cada a terra.

Ahmad ha ancora cicatrici da ustioni sulla parte destra del volto e sul corpo. Ha subito anni di chirurgia ricostruttiva e trapianti di pelle e la sua terapia è tutt’altro che terminata.

Ogni sei mesi deve subire cure per la pelle con il laser a causa delle ustioni, trapianti di capelli e di cute. Alla famiglia vengono concessi permessi militari speciali per avere accesso alle cure in un ospedale israeliano.

Non siamo contenti di andarci (in Israele),” afferma Nasser. “Ma sono solo gli ospedali israeliani che hanno le apparecchiature mediche, quindi non abbiamo alternative.”

Dato che le tensioni crescono in tutta la Cisgiordania occupata – secondo le Nazioni Unite il 2022 è stato l’“anno più letale” per i palestinesi in Cisgiordania da quando ha iniziato a contare le vittime nel 2005 – la famiglia Dawabsheh è stata abbandonata a sé stessa.

Siamo terrorizzati all’idea che qualcosa del genere possa succedere di nuovo,” dice Nasser a The Electronic Intifada. “Qui non c’è nessuna autorità che ci protegga da loro. Abbiamo solo dio.”

Testimonianza di violenza”

La casa della famiglia Dawabsheh è rimasta tale e quale, coperta di cenere e costellata di coperte e oggetti dei genitori di Ahmad nella stanza dove hanno subito le ustioni che li hanno uccisi. Su uno dei muri qualcuno ha scritto: “Non perdoneremo mai.”

Abbiamo deciso di lasciare la casa in queste condizioni come prova e testimonianza della violenza che questi coloni ci hanno inflitto,” sostiene Nasser.

Il responsabile dell’attacco fu l’allora ventunenne Amiram Ben-Uliel, che all’epoca viveva in un autobus ad Adei Ad, un avamposto dei coloni che domina Duma.

Avrebbe fatto parte della “hilltop youth,” [gioventù della cima delle colline], un gruppo estremista e religioso-nazionalista di coloni israeliani che rivendica una teocrazia ebraica da cui i gentili, i non ebrei, siano espulsi.

Mentre in base alle leggi internazionali tutte le colonie israeliane in territorio palestinese sono considerate illegali, il governo israeliano considera illegali solo gli avamposti. Tuttavia fornisce loro protezione finanziata dallo Stato e collegamenti alla rete idrica e a quella elettrica.

Spesso li ha anche legalizzati retroattivamente e la nuova coalizione di governo israeliana si sarebbe impegnata a conferire status legale a tutti gli avamposti rimanenti entro i suoi primi 60 giorni al potere.

L’“hilltop youth” è accanitamente anti-palestinese. È accusato di essere autore dei cosiddetti attacchi ‘price tag’ [prezzo da pagare], in cui i coloni prendono di mira i palestinesi e le loro proprietà come ritorsione per la demolizione di avamposti da parte dell’esercito israeliano.

Ben-Uliel è stato difeso dall’avvocato Itamar Ben-Gvir, ora leader del partito di ultradestra Otzma Yehudit (Potere Ebraico) e destinato a diventare nell’ultima e più estremista coalizione di governo di Benjamin Netanyahu ministro della Sicurezza Nazionale, una carica creata ex novo.

Secondo i pubblici ministeri quella notte Ben-Uliel partì da Yishuv Hadaat, un vicino avamposto coloniale.

Si appostò fuori da alcune case a Duma per attaccarle, lanciando prima una bottiglia molotov in una casa vuota, poi si diresse verso la casa della famiglia Dawabsheh.

Una molotov venne lanciata attraverso la finestra della camera da letto dei Dawabsheh mentre la famiglia stava dormendo. Prima dell’attacco Ben-Uliel scrisse anche fuori dalla casa con la vernice spray “Vendetta” e “Viva il re Messiah”.

Il capo d’accusa afferma che Ben-Uliel agì da solo e un sospetto non identificato che all’epoca era minorenne patteggiò una pena e così venne condannato solo come complice. Tuttavia testimoni oculari affermano di aver visto quella notte due uomini mascherati scappare dalla scena del delitto.

Nel 2020 un tribunale israeliano condannò a tre ergastoli Ben-Uliel, imputato per triplice omicidio e due tentati omicidi. All’epoca lo Shin Bet, una agenzia di spionaggio israeliana, affermò che la sentenza era “un’importante pietra miliare nella lotta contro il terrorismo ebraico.”

Aggrediscono ancora

Ma la inusuale condanna di un colono ebreo per reati commessi contro palestinesi non ha consolato molto la famiglia Dawabsheh.

Non è stato sufficiente,” dice Nasser, davanti ai resti carbonizzati della casa di famiglia. “Non ci riporterà mai i defunti e non è stata l’azione di una singola persona. Se non fosse stato per il sostegno del governo e dell’esercito quei coloni non sarebbero mai arrivati al punto di bruciare viva la nostra famiglia.

Sono il governo israeliano e l’occupazione in sé, non solo un colono, che dovrebbero essere processati,” afferma Nasser.

Il tribunale ha condannato Ben-Uliel anche al pagamento di 75.000 dollari [circa lo stesso importo in euro, ndt.], che avrebbe dovuto essere versato come indennizzo ad Ahmad. Nasser afferma che la famiglia non ha ancora ricevuto neppure un soldo.

Quei coloni continuano ad aggredirci,” dice Nasser a The Electronic Intifada. “E continuano a prendersi la nostra terra. Non è cambiato niente.”

Solo una settimana dopo che la famiglia di Ahmad era stata presa di mira in un attacco incendiario, anche la casa di un’altra famiglia palestinese nei pressi di Duma venne attaccata con bottiglie molotov. Non si ebbe notizia di feriti in quell’aggressione.

Negli scorsi mesi Nablus in particolare ha visto un netto incremento di attacchi armati coordinati da parte di coloni sotto la protezione dell’esercito. Ciò in parte è dovuto a operazioni della resistenza armata palestinese contro soldati e coloni israeliani a Nablus e in altre città della Cisgiordania, così come all’avvio dell’annuale stagione della raccolta delle olive, in cui a molti palestinesi viene dato il permesso di accedere alla propria terra nei pressi di colonie e avamposti israeliani e spesso è accompagnata da un picco di aggressioni dei coloni.

Secondo l’ONU finora quest’anno [il 2022, ndt.] ci sono stati quasi 800 attacchi dei coloni contro i palestinesi e le loro proprietà. Nel 2022 almeno 175 palestinesi sono stati uccisi dall’esercito israeliano in Cisgiordania e a Gaza.

Duma ha subito la sua parte di questo incremento della violenza dei coloni. Il 16 giugno nei pressi di Duma un’auto è stata attaccata da coloni armati di sbarre di ferro. Hanno rotto il parabrezza e i finestrini della macchina e spruzzato liquido urticante contro i due uomini che erano a bordo.

Lo stesso giorno anche una coppia con una figlia di 3 anni e un neonato di un mese è stata attaccata da coloni che si trovavano vicino a una jeep dell’esercito israeliano. I coloni hanno colpito l’auto, rotto uno dei finestrini e un fanale anteriore con un bastone e spruzzato un liquido urticante contro la coppia e il loro bimbo.

Diritto alla terra

Indipendentemente dal recente incremento, gli attacchi dei coloni sono normali nei villaggi attorno a Nablus, plasmando la vita di tutti. Ma non è sempre stato così.

Satira, la sessantunenne nonna di Ahmad, è nata e cresciuta a Duma.

Quando ero più giovane c’erano libertà e sicurezza,” dice a The Electronic Intifada. “Potevamo lasciare le porte di casa aperte e andarcene sulle colline senza paura.”

Tuttavia ora la maggior parte delle case ha spesse sbarre di metallo alle finestre, mentre qualcuno le ha completamente coperte con lamiere nel timore di futuri attacchi incendiari.

L’aggressione del 2015 ci ha dimostrato fino che punto questi coloni fossero intenzionati ad arrivare per cancellarci da questa terra,” afferma Satira. “Vogliono ucciderci e persino bruciarci vivi.”

Ma il giovane Ahmad non ha permesso che questa tragedia lo condizionasse. Dice a The Electronic Intifada di avere il grande sogno di diventare un calciatore professionista.

E se non ci dovesse riuscire allora “diventerò un medico,” dice.

Nel corso dell’intervista ogni tanto Ahmad si alza e si mette a palleggiare e a prendere a calci un pallone.

È un tifoso sfegatato del Real Madrid, la ex-squadra di Cristiano Ronaldo, considerato uno dei più grandi calciatori di sempre. Ahmad ha incontrato Ronaldo in Spagna nel 2016, parecchi mesi dopo la devastante aggressione.

Quando arriva un ospite Ahmad gli chiede immediatamente per quale squadra di calcio tifa. “Barcellona,” risponde l’ospite. Ahmad alza gli occhi al cielo.

Poi, quando l’adhan, cioè l’invito musulmano alla preghiera, risuona dagli altoparlanti della moschea del villaggio, l’ospite chiede ad Ahmad di portargli un tappeto da preghiera.

Ahmad subito risponde, provocando le risate di Nasser e Satira: “Non ho un tappeto da preghiera per i tifosi del Barcellona,”

Secondo suo zio il ragazzino è ancora traumatizzato. Nasser dice a The Electronic Intifada che Ahmad è ancora nervoso e ansioso quando la tensione con i coloni aumenta.

Dopotutto è ancora un bambino,” afferma Nasser.

Ma Ahmad lo interrompe prontamente.

Non sono un bambino!” sostiene. “E non ho paura di loro (i coloni). Hanno le armi ma siamo noi ad avere diritto su questa terra. Quindi di cosa c’è da aver paura?”

Jaclynn Ashly è una giornalista freelance

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)




Israele aiuta i nazisti dell’Ucraina a rifarsi l’immagine

Asa Winstanley e Ali Abunimah 

23 dicembre 2022,The Electronic Intifada 

Dei rappresentanti del Battaglione neonazista ucraino Azov hanno visitato Israele per raccogliere sostegno ai propri combattenti imprigionati. Si sono incontrati con politici e soldati israeliani. L’ufficiale dell’intelligence dell’Azov Illia Samoilenko era stato rilasciato a settembre in uno scambio di prigionieri con la Russia.

Era uno delle centinaia di combattenti dell’Azov che si erano arresi a maggio alla fine del lungo assedio russo alla città orientale di Mariupol.

Israele apprezza la libertà, apprezza la forza, Israele apprezza l’onore. Sono le stesse cose che apprezziamo anche noi”, ha detto questa settimana al quotidiano israeliano Haaretz.

Samoilenko ha anche detto a The Times of Israel che “vede Israele e Ucraina dalla stessa parte, i civili che combattono gli incivili in una lotta per il futuro dell’umanità”: così il giornale sintetizza il suo sfogo.

Abbiamo ricchezze, una bella, prospera, magnifica civiltà, e loro hanno medievali uomini delle caverne “, ha detto. Sembra che “loro” in questo caso siano i palestinesi e i russi, che Samoilenko considera “incivili”.

Insieme nel tour israeliano con Samoilenko c’era Yulia Fedosiuk, moglie di un combattente Azov imprigionato e attivista di estrema destra a pieno titolo. Entrambi hanno partecipato questa settimana a una campagna di propaganda come parte di una più ampia iniziativa per rifare l’immagine di Azov in Occidente.

Prima che la Russia invadesse l’Ucraina a febbraio era ampiamente riconosciuto che il Battaglione Azov promuovesse l’ideologia nazista.

Ad esempio, l’Anti-Defamation League, un importante gruppo di lobby ebraico e israeliano [con sede negli USA, fondato nel 1913, che considera “antisemita” ogni critica al governo di Israele, ndt.], nel 2019 aveva segnalato Azov come “gruppo estremista ucraino” con “legami con neonazisti e suprematisti bianchi”.

Ma ora con i governi occidentali che armano l’Ucraina, incluso il Battaglione Azov, in una guerra per procura contro la Russia, c’è uno sforzo concertato per nascondere questa preoccupante realtà all’opinione pubblica.

Di conseguenza – con l’aiuto dei media e ora di Israele e della sua lobby – Azov ha tentato negli ultimi mesi di cambiare marchio.

Ottenere un timbro di approvazione da parte di Israele è una strategia consolidata da tempo degli estremisti di estrema destra europei e americani che cercano di guadagnare legittimità nell’opinione corrente.

A maggio il Times di Londra ha riferito come Azov stesse progettando di cambiare il suo simbolo del wolfsangel, un simbolo di estrema destra associato a una divisione dell’esercito tedesco durante il regime nazista di Hitler.

Ma sembra che anche questa superficiale ripulitura fosse un cambiamento intollerabile per Azov. Il simbolo rimane visibile in tutti i siti online di Azov.

I recenti post sui social media di Azov dimostrano che i loro combattenti usano ancora il wolfsangel.

Masada è il sito di una mitica ultima resistenza dei combattenti ebrei contro le milizie romane. Oggi, Israele vi tiene le cerimonie di giuramento dei nuovi soldati, che promettono che “Masada non cadrà più”.

L’account Telegram dell’associazione Azovstal ha pubblicato foto dei membri dell’Azov a Masada e ha dichiarato: “Quando oggi in Israele parliamo della difesa di Mariupol, gli israeliani… ripetono costantemente: ‘Mariupol è la vostra Masada’”.

Accanto a Masada, i tweet mostrano che i due militanti ucraini hanno anche incontrato soldati israeliani riservisti, assistito alla proiezione di un film e incontrato Naama Lazimi, un’importante politica israeliana del Partito Laburista che fa parte del governo di coalizione uscente.

[Poco dopo la pubblicazione di questo articolo, l’account Twitter di Azovstal ha cancellato il post che mostrava il loro incontro con Lazimi. Anche Shahar Tenenbaum, portavoce di Lazimi, ha contattato The Electronic Intifada per chiedere che il suo nome fosse rimosso da questo articolo.]

Legami provati con il nazismo

Durante l’incontro con Lazimi Samoilenko “ha sfatato i miti creati dalla propaganda russa sul Reggimento Azov”, ha affermato l’associazione Azovstal sul suo canale Telegram.

Sembra essere un riferimento alla corretta affermazione del governo russo all’inizio della sua invasione dell’Ucraina a febbraio secondo cui il Battaglione Azov è un’organizzazione nazista.

Ma ricordiamo che questa non era solo un’affermazione della Russia, era stata ampiamente riconosciuta e riportata dai media occidentali, incluso il sito “investigativo” finanziato dall’UE Bellingcat.

Nel 2019, Bellingcat ha documentato ampiamente il raggio d’azione internazionale del Battaglione rispetto a gruppi della supremazia bianca, osservando che “l’interesse di Azov nel mettersi in contatto con gli estremisti americani e la disinvoltura del gruppo ucraino nel cooperare con i neonazisti negli Stati Uniti e in Occidente erano evidenti” almeno fino al 2018 – quattro anni dopo il Battaglione Azov fu integrato nella guardia nazionale ucraina.

Ma quando gli Stati Uniti, il Regno Unito e l’UE hanno intrapreso la loro guerra per procura contro la Russia in Ucraina, i media occidentali si sono ampiamente allineati, dipingendo Azov con simpatia come i “difensori di Mariupol”, come nazionalisti incompresi e come vittime della “propaganda di Putin”.

Anche l’Anti-Defamation League (ADL), che in precedenza aveva condannato i legami nazisti di Azov, si sta allineando.

Dopo l’invasione russa, l’ADL si è impegnata in un palese revisionismo dell’Olocausto per riabilitare i collaboratori di Hitler in tempo di guerra che oggi sono venerati come eroi nazionali in Ucraina, anche se hanno aiutato il leader tedesco a uccidere centinaia di migliaia di polacchi ed ebrei durante la seconda guerra mondiale.

L’ADL sta ora anche aiutando a ritoccare Azov. Recentemente, il gruppo di pressione israeliano ha affermato che l’integrazione del 2014 del Battaglione Azov nella guardia nazionale ucraina ha significato che l’unità militare Azov si era separata dal più ampio movimento politico Azov di estrema destra e dal fondatore del movimento Andriy Biletsky.

Di conseguenza, l’ADL ora afferma di “non considerare il Reggimento Azov come il gruppo di estrema destra che era una volta”.

Ma nel 2019, Bellingcat aveva già riferito di “dichiarazioni recentemente scoperte fatte da un alto funzionario delle forze dell’ordine” in Ucraina che “suggeriscono che l’incorporazione del Reggimento Azov nella Guardia nazionale dell’Ucraina non ha influenzato l’ideologia di estrema destra sposata da ex membri – e invece ha permesso ad Azov di ottenere armi sofisticate e costruire un proprio partito politico”.

“Ripristinare l’onore della razza bianca”

Negli ultimi mesi pare che il Battaglione Azov si sia ribattezzato “Reggimento Azov”, altro evidente tentativo di legittimarsi come elemento normale dello Stato ucraino e di imbiancare la sua immagine nazista pur mantenendo le stesse politiche.

Questo cambio di nome è stato messo in risalto in un articolo del Jerusalem Post questa settimana, in cui si affermava che “il Battaglione Azov [è] il predecessore del Reggimento Azov”.

Ma proprio come quando gli Stati Uniti e i loro alleati hanno ripetutamente tentato di rinominare il ramo siriano di al-Qaeda come “ribelli moderati”, è improbabile che simili cambiamenti cosmetici possano ingannare qualcun altro oltre alle truppe degli smidollati giornalisti dei media mainstream.

E nonostante il fascino esercitato questa settimana da Samoilenko e Fedosiuk sulla stampa israeliana non c’è assolutamente alcun motivo per pensare che l’Azov si sia allontanato dalle sue radici razziste e antisemite.

Oltre a utilizzare ancora il simbolo nazista wolfsangel, i recenti post sui social media dell’Azov mostrano che il fondatore del gruppo Andriy Biletsky è ancora una presenza regolare nelle parate dell’Azov.

Biletsky si è “impegnato a ripristinare l’onore della razza bianca” e quando era in parlamento ha proposto leggi per proibire il “mescolamento razziale”.

Nel 2014 ha scritto che “la missione storica della nostra nazione in questo momento critico è guidare le razze bianche del mondo in una crociata finale per la loro sopravvivenza. Una crociata contro i sub-umani semiti”.

Un fascista convinto

Nonostante il benevolo trattamento che ha ricevuto quest’anno dagli stessi media occidentali che hanno rivalutato i nazisti di Azov, anche Yulia Fedosiuk è parte attiva dell’estrema destra ucraina.

“Uno dei miei migliori amici è ebreo ed è in Azov”, ha affermato questa settimana Fedosiuk in un’intervista al Times of Israel.

Samoilenko ha fatto affermazioni simili nella sua intervista ad Haaretz, un’affermazione che, ha sottolineato il giornale, non era “in grado di sostenere immediatamente fornendo nomi”.

In un articolo rivelatore su Fedosiuk, il ricercatore Bob Pitt osserva che “la propensione di Azov al linguaggio ambiguo e al negazionismo è particolarmente notevole in relazione all’antisemitismo, e le assicurazioni ai giornalisti occidentali che il movimento accoglie membri ebrei sono contraddette altrove da espressioni di estrema ostilità verso gli ebrei”.

Pitt scrive che Fedosiuk è una fascista convinta che inveisce contro il femminismo e i diritti LGBTQ e che apprezzava il leader fascista rumeno dell’inizio del XX secolo Corneliu Codreanu.

Codreanu era un violento antisemita che una volta dichiarò che “la missione storica della nostra generazione è risolvere il problema dei kike, gli ebrei (kike è un termine estremamente dispregiativo per gli ebrei).

Come ha sottolineato Pitt, quando Fedosiuk lavorava per Plomin, la casa editrice di Azov, pubblicava traduzioni ucraine degli scritti di Codreanu, del fascista italiano Julius Evola e di altre figure famose della storia fascista europea.

Nazisti al potere

Israele ha stretti legami sia con la Russia che con l’Ucraina. Nonostante il presidente Volodymyr Zelensky si sia lamentato del fatto che Israele abbia rifiutato di fornire all’Ucraina il sistema missilistico Iron Dome, sono arrivate da Israele in Ucraina, e anche al battaglione Azov, armi, addestramento e combattenti.

Ad aprile è emerso un video di mercenari israeliani che combattono in Ucraina, con i ringraziamenti al governo israeliano per “averci aiutato” nella guerra contro la Russia.

Nello stesso mese un video pubblicato online da Azov mostrava l’unità che utilizza armi anticarro israeliane.

Il Battaglione Azov nacque come banda di teppisti di strada di estrema destra. I suoi attivisti hanno formato l’avanguardia del colpo di stato Maidan del 2014, sostenuto dagli Stati Uniti, che ha rovesciato un governo eletto in Ucraina. Poco dopo, è stato integrato nelle forze armate ucraine, e lì resta.

Nel 2018 l’avvocato israeliano per i diritti umani Eitay Mack ha scritto al governo israeliano per obiettare che gli aiuti del paese all’Ucraina venivano utilizzati da neonazisti.

In risposta, il governo ha confermato che le sue licenze di armi all’Ucraina erano state concesse “in pieno coordinamento con il Ministero degli Affari Esteri e altri enti governativi”, ma non ha negato di armare i nazisti ucraini.

La denuncia nel 2018 di Electronic Intifada sull’armamento israeliano dei nazisti ucraini ha causato un piccolo incidente diplomatico nel momento in cui l’ambasciatore ucraino in Israele ha scritto una denuncia formale ad Haaretz quando questo giornale fece eco alla nostra segnalazione.

Mack ha presentato una petizione all’Alta Corte israeliana per impedire allo Stato di armare i nazisti ucraini. Il governo ha risposto con la richiesta che le udienze si tenessero a porte chiuse e mettendo il bavaglio alla stampa.

Asa Winstanley è un giornalista investigativo e Ali Abunimah è il direttore esecutivo di The Electronic Intifada.

(traduzione dall’inglese di Luciana Galliano)




Domenica Israele ha espulso Salah Hammouri dalla sua patria, ignorando le proteste della Francia

Ali Abunimah

18 dicembre 2022 – Electronic Intifada

Padre palestinese e madre francese, è arrivato a Parigi accolto da un benvenuto entusiasta della moglie Elsa Lefort e dei suoi sostenitori e ha promesso di continuare a lottare in nome dei palestinesi.

All’aeroporto di Parigi Hammouri, nato a Gerusalemme, ha detto ai giornalisti che l’obiettivo di Israele è “svuotare la Palestina dei suoi cittadini.”

Oggi sento di avere un’enorme responsabilità per la causa mia e del mio popolo,” ha aggiunto Hammouri.

Non rinunceremo alla Palestina, soprattutto perché non permetteremo che le future generazioni debbano patire quello che abbiamo sofferto noi. È nostro diritto resistere.”

Alla domanda se cercherà di ritornare in Palestina, Hammouri, visibilmente emozionato, ha risposto: “Ho lasciato l’anima nella mia patria. E continuerò a lottare per questo, perché secondo me è mio diritto vivere a Gerusalemme, vivere nella mia patria, ed è diritto della mia famiglia stare là.”

Il fatto che Hammouri abbia la cittadinanza di un altro Paese, la Francia, non mitiga in alcun modo la gravità di espellerlo dalla sua città e patria contro la sua volontà” ha dichiarato l’organizzazione israeliana per i diritti umani B’Tselem, avvertendo che la sua espulsione stabilisce “un pericoloso precedente per altre deportazioni di palestinesi dai territori occupati.”

Il pretesto israeliano per espellere Hammouri è la “violazione dell’obbligo di fedeltà” dell’avvocato per i diritti umani a una potenza occupante che l’ha sottoposto a varie forme di persecuzione, inclusi parecchi periodi di detenzione da quando aveva 15 anni e a cui non deve alcuna fedeltà.

Da marzo fino alla sua espulsione, Israele l’ha tenuto in “detenzione amministrativa”, reclusione senza accuse o processo basato su supposte “prove segrete.”

Prima della sua forzata espulsione Hammouri ha anche rilasciato un messaggio vocale ai suoi sostenitori in Palestina.

Condanna e silenzio francese

Resta molta rabbia sull’inazione del governo del presidente Emmanuel Macron per impedire a Israele di perpetrare un crimine di guerra.

Patrice Leclerc, sindaco del quartiere parigino di Gennevilliers e uno dei molti politici eletti che hanno accolto Hammouri all’aeroporto, ha espresso la sua “vergogna per l’incapacità”, presumibilmente del governo francese.

Oggi condanniamo la decisione, contraria alla legge, delle autorità israeliane di espellere Salah Hammouri in Francia,” ha detto domenica il ministero degli Esteri a Parigi.

Il ministero degli Esteri si è vantato di aver detto ripetutamente alle autorità israeliane “nel modo più chiaro che si oppone a questa espulsione di un abitante palestinese di Gerusalemme Est, un territorio occupato ai sensi della Quarta Convenzione di Ginevra.”

Come ha detto domenica Amnesty International Francia, l’espulsione di palestinesi dai territori occupati da parte di Israele “costituisce una grave violazione del diritto internazionale e della Quarta Convenzione di Ginevra e un potenziale crimine di guerra.”

L’espulsione potrebbe costituire un crimine contro l’umanità, ha aggiunto Amnesty, notando che tutti questi crimini ricadono sotto la giurisdizione della Corte Penale Internazionale.

Ma piuttosto che affermare quanto sia stata diligente e attiva la Francia a favore di Hammouri, la dichiarazione del ministero degli Esteri va letta come una dichiarazione di un fallimento.

Questo non sorprende poiché, in nessun momento l’amministrazione Macron, strenuamente filoisraeliana, ha neppure accennato al fatto che Israele avrebbe dovuto affrontare delle conseguenza per l’espulsione di Hammouri.

Appelli alle linee aeree

Recentemente, Addameer, l’associazione palestinese per i diritti dei prigionieri per la quale Hammouri lavora, si è unita alla campagna per invitare Easy Jet, Air France e Transavia a non collaborare all’espulsione di Hammouri.

Chiediamo alle linee aeree commerciali di fare tutto il possibile per non collaborare a quello che potrebbe equivalere a un crimine di guerra rifiutando di trasportare individui sottoposti a deportazione forzata illegale e di rilasciare una dichiarazione pubblica a riguardo,” ha detto Addameer.

C’è un precedente recente, quando varie linee aeree hanno rifiutato di aiutare il governo britannico a trasportare richiedenti asilo in Ruanda, una politica che è stata messa in discussione perché crudele e illegale.

Alla fine l’espulsione di Hammouri è avvenuta grazie a una linea nazionale israeliana.

Electronic Intifada ha saputo che Hammouri è rimasto ammanettato dal momento in cui le autorità israeliane l’hanno prelevato dalla prigione di Hadarim e spinto a bordo di un volo della El Al, fino all’apertura del portellone a Parigi.

Porgere scuse

Nel frattempo i sostenitori di Israele in Francia hanno portato a livelli assurdi i loro sforzi per difendere le azioni di Tel Aviv.

Jacques Attali, noto personaggio pubblico ed ex consigliere del presidente François Mitterand, ha rimproverato a una deputata del blocco parlamentare di sinistra La France Insoumise (LFI) di descrivere l’espulsione di Hammouri da Israele come una deportazione.

Qualsiasi cosa si pensi della situazione in Palestina e delle politiche del governo israeliano, usare qui la parola ‘deportazione’ è spregevole e ancora una volta rivela i numerosi slittamenti nell’antisemitismo dei parlamentari di LFI,” ha affermato Attali in risposta a un tweet della parlamentare Ersilia Soudais.

Attali stava presumibilmente alludendo a come la parola francese “deportazione” sia usata per descrivere le azioni dei collaborazionisti francesi che mandarono migliaia di ebrei francesi a morire nei campi di concentramento del governo tedesco durante la Seconda Guerra Mondiale.

Ma il testo ufficiale in francese della Quarta Convenzione di Ginevra, che persino l’amministrazione Macron ammette si applichi ai territori occupati da Israele inclusa Gerusalemme Est, usa la parola “déportation” per descrivere il trasferimento forzato proibito di civili dai territori occupati da parte di una potenza occupante, esattamente quello che è successo ad Hammouri.

Spregevole sarebbe quindi una definizione più accurata dell’uso da parte di Attali degli orribili crimini commessi dai collaborazionisti francesi con i nazisti per spostare l’attenzione dai crimini israeliani di oggi contro i palestinesi.

I propagandisti di Israele definiscono Hammouri anche un “terrorista” perché Israele l’ha accusato nel 2005 sostenendo che abbia fatto parte di un complotto del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina”, [gruppo storico della resistenza armata marxista con numerosi appartenenti di origine cristiana, N.d.T.] per uccidere Ovadia Yosef, un famoso rabbino israeliano che ha abitualmente incitato a livelli di violenza genocida per “annientare” i palestinesi.

Hamouri ha sempre proclamato la propria innocenza. È stato tenuto per tre anni in detenzione amministrativa prima di accettare un patteggiamento del tribunale militare israeliano per ottenere una sentenza più breve dei 14 anni che gli accusatori militari avrebbero voluto.

Il tribunale militare israeliano ha un tasso di condanne per i palestinesi quasi del 100%.

Ora che è ritornato in Francia Hammouri probabilmente dovrà fronteggiare continue campagne di calunnie e diffamazione da parte dei lobbisti israeliani.

Ma prendendo ispirazione da altre lotte anticoloniali resta convinto che alla fine i palestinesi otterranno la libertà.

Gli israeliani non sono più forti degli americani e noi non siamo più deboli dei vietnamiti. Continueremo la lotta fino alla fine” ha detto Hammouri all’aeroporto di Paris. “Finché resistiamo significa che esistiamo.”

(traduzione dall’inglese di Mirella Alessio)




Una lobby israeliana ammette di aver mentito riguardo ad un’associazione palestinese per i diritti

Maureen Clare Murphy

13 dicembre 2022 – The Electronic Intifada

Il principale gruppo lobbistico olandese a favore di Israele ha rimosso dal proprio sito web tre articoli contenenti diffamazioni nei confronti di Al-Haq, una nota associazione palestinese per i diritti umani.

Dopo che Al-Haq ha avviato un’azione legale contro di esso il Centro di Informazione e Documentazione Israele (CIDI) ha ammesso che gli articoli contenevano false accuse che danneggiavano “il buon nome dell’organizzazione”.

Una di tali accuse è che Al-Haq avrebbe “stretti legami con gruppi terroristi palestinesi” e farebbe parte del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (FPLP), una fazione marxista-leninista bandita da Israele, USA e UE.

Nell’ottobre 2021 Israele ha etichettato Al-Haq e diverse altre famose associazioni della società civile palestinese come organizzazioni terroriste, sostenendo che esse erano organizzazioni collaterali al FPLP. Israele non ha fornito alcuna prova a riscontro delle sue accuse, che sono state respinte da 10 Paesi europei, compresa l’Olanda, che finanziano le organizzazioni.

Il CIDI ha anche ammesso che è “falso sostenere che Al-Haq compaia in diversi elenchi internazionali di terroristi” e che non vi è prova dell’accusa che essa storni i finanziamenti europei al FPLP o che sia stata bandita dalle società di carte di credito.

Al-Haq ha accusato il CIDI di diffamazione per aver amplificato le infondate accuse nei suoi confronti.

Concordando con la veridicità dell’accusa di Al-Haq, il CIDI di fatto riconosce che la definizione di organizzazione “terroristica” da parte del governo israeliano è senza fondamento e diffamatoria.

Il CIDI ha condotto a lungo una campagna per porre fine all’assistenza olandese alle associazioni palestinesi ed ha ricalcato le campagne del governo israeliano che le diffamavano come fiancheggiatrici di organizzazioni terroristiche.

Israele e strutture di copertura come il CIDI hanno preso di mira Al-Haq soprattutto a causa dell’attività dell’organizzazione in difesa della giustizia internazionale, in particolare presso la Corte Penale Internazionale (CPI).

Circa 200 organizzazioni in Palestina e in tutto il mondo hanno chiesto a Karim Khan, il procuratore capo della CPI, di condannare le definizioni di Israele contro Al-Haq e due altre associazioni palestinesi, fornendo prove e rappresentando le vittime presso la Corte.

Il problema della “arbitraria criminalizzazione” da parte di Israele di associazioni della società civile palestinese è stato sollevato nel corso dell’assemblea degli Stati membri della CPI la settimana scorsa.

In una dichiarazione comune, Al-Haq e altre organizzazioni, comprese Human Rights Watch, Al Mezan e il Centro Palestinese per i Diritti Umani, hanno chiesto di agire rispetto alle minacce e agli attacchi contro i difensori dei diritti umani che collaborano con la Corte.

Al-Haq, Al Mezan e il Centro Palestinese per i Diritti Umani hanno convenuto, durante l’assemblea degli Stati membri, di mettere in evidenza l’ostruzionismo di Khan rispetto all’indagine sulla Palestina avviata dal suo predecessore all’inizio dello scorso anno.

I critici affermano che il doppio standard della generosa allocazione delle risorse della Corte per l’indagine in Ucraina mentre viene affossata l’inchiesta sulla Palestina ha ulteriormente compromesso la credibilità della CPI.

Se la CPI non agirà sulla Palestina, verrà disconosciuta in quanto strumento al servizio degli interessi dei potenti Stati occidentali, lasciando che i palestinesi prendano le leggi nelle proprie mani, hanno dichiarato i difensori dei diritti umani durante l’evento in corso all’Aja.

Maureen Clare Murphy è caporedattrice di The Electronic Intifada.

(Traduzione dall’inglese di Cristiana Cavagna)




Prima i droni. Poi le bombe

Abdallah al-Naami 

The Electronic Intifada 10 novembre 2022

Il fine settimana era finalmente arrivato.

E la cosa migliore dei fine settimana è che posso passare del tempo con mio nipote Yahya di 5 mesi.

Lui e mia sorella Inas vengono a trovarci ogni fine settimana nella nostra casa nel campo di Maghazi al centro di Gaza.

Ma lo scorso fine settimana vorrei che non l’avessero fatto.

Il 3 novembre, verso le 10 di notte, eravamo tutti in soggiorno a dire come i droni israeliani volassero particolarmente bassi e rumorosi.

Sebbene i droni siano una maledetta costante nella vita di ogni palestinese a Gaza, non mi ci sono mai abituato. Il ronzio rende difficile lo studio e il lavoro e devo dormire con il ventilatore acceso, anche in inverno, per coprirne il rumore.

Ma più che un fastidio i droni sono una minaccia mortale. Un promemoria che l’occupazione israeliana ci osserva sempre dall’alto, pronta ad uccidere in qualsiasi momento.

La conversazione si è interrotta quando mia sorella ha chiesto chi volesse dar da mangiare a Yahya. Gli ho dato un biberon di latte e l’ho cullato per farlo addormentare, cantandogli una canzone per coprire, anche solo un po’, il ronzio dei droni.

Un brusco risveglio

Andammo tutti a letto, Yahya e mia sorella al piano di sopra, ma non dormimmo a lungo.

Intorno alle 3 del mattino, mi sono svegliato al frastuono di un’enorme esplosione.

Ho subito pensato a Yahya. Sono riuscito a malapena ad alzarmi dal letto che è arrivata la seconda esplosione. L’elettricità è saltata. Ho preso il cellulare per usare la torcia, ma la terza esplosione è stata così forte che la finestra sopra il mio letto è andata in frantumi, coprendo me e il cuscino di vetri.

Sono seguite altre due esplosioni. Dal rumore sembrava che gli aerei israeliani lanciassero due missili ad ogni esplosione.

Potevo sentire i vetri infrangersi, terra e mattoni cadere, urla. Era passato meno di un minuto.

Mi feci strada al piano di sopra, nella stanza di Inas e Yahya. L’ho sentito prima di vederlo: strillava, la faccia rossa per le urla.

Siamo andati nella “zona sicura” della nostra casa, che in realtà non è affatto sicura. È solo un corridoio che ci diciamo sia sicuro perché non ha finestre. Ma le finestre contano davvero quando l’intera casa trema per le esplosioni?

Eravamo tutti sotto shock, terrorizzati, ma abbiamo fatto del nostro meglio per calmare Yahya. Abbiamo cantato, applaudito e riso per cercare di calmare la sua paura.

Ho poi saputo che quando alla prima esplosione Yahya si è svegliato, le mie sorelle lo hanno riparato con i loro corpi per proteggerlo da possibili ferite.

Dopo circa un’ora nel corridoio, Yahya si è riaddormentato e io ho controllato il resto della casa.

Le finestre erano in frantumi in ogni stanza e si erano aperte crepe lungo molte pareti.

Distruzione

Il giorno dopo sono andato alla moschea per la preghiera del venerdì. La nostra strada era irriconoscibile: coperta di fango, mattoni e pietre lanciati fino a 300 metri di distanza dal luogo dello scoppio.

I vicini parlavano dell’attacco israeliano, di quali bombe fossero state usate, quali aerei fatti volare. Questi attacchi sono così numerosi che ora siamo tutti esperti di aerei e bombe.

Dopo la preghiera ho fatto una passeggiata per il quartiere. Riuscivo a malapena a riconoscere il parco giochi di al-Mamoura, dove sono cresciuto e ho giocato, dove avevo di recente guardato le partite di calcio su un grande schermo all’aperto. Il parco giochi era ora sepolto da terra e macerie.

Ho pensato a come questo non fosse nemmeno il primo attacco israeliano vissuto da Yahya, come il 5 agosto 2022, quando Israele attaccò Gaza, Yahya avevesse pianto tutta la notte.

È passata quasi una settimana da quest’ultimo attacco israeliano e, sebbene fortunatamente non siano stati segnalati decessi, la copertura dei media in lingua inglese è stata minima o inesistente.

Nel frattempo, lavoriamo per riparare i danni alla nostra casa. Stiamo ancora raccogliendo pezzi di vetro così piccoli da essere penetrati in vestiti, tende e tappeti. E infine ieri abbiamo sostituito i vetri delle finestre. Fino ad allora, il vento soffiava dentro la pioggia torrenziale attraverso le tende e io mi precipitavo ad asciugare l’acqua.

Ho tenuto sott’occhio Yahya ogni giorno dal bombardamento. È piccolo, ma il trauma degli attacchi israeliani ha un impatto incalcolabile e duraturo sui bambini. La mia speranza è che dimentichi tutto.

E, mentre il fine settimana si avvicina, non vedo l’ora di abbracciare di nuovo Yahya, e di cantare per farlo dormire.

Abdallah al-Naami è un giornalista e fotografo che vive a Gaza.

(traduzione dall’inglese di Luciana Galliano)




Il fardello che i progressisti occidentali impongono solo ai palestinesi

Joseph Massad

9 novembre 2022 – The Electronic Intifada

Fin dall’inizio della colonizzazione sionista ebraica del loro Paese negli anni ’80 dell’800, i palestinesi hanno affrontato la richiesta che si facessero carico di un doppio fardello: lottare contro il colonialismo razzista sionista dovendo nel contempo difendere i loro colonizzatori contro il razzismo antisemita dei cristiani europei.

Nessun altro popolo colonizzato è stato obbligato a farsi carico di un tale duplice fardello. Neppure alle popolazioni native africane della Liberia venne chiesto di difendere i loro colonizzatori afro-americani razzisti, che li disprezzavano, dal razzismo europeo e statunitense contro i neri che prendeva di mira i colonialisti neri. Né venne mai chiesto ai sudafricani neri di difendere i loro oppressori afrikaner [coloni calvinisti olandesi, tedeschi e francesi, ndt.] contro i britannici che li opprimevano, rinchiudendoli persino in campi di concentramento.

E nessuno ha mai chiesto che la popolazione indigena difendesse i suoi colonizzatori bianchi contro le persecuzioni religiose di cui erano vittime in Europa, che secondo loro li avevano obbligati a colonizzare il Nord America.

Quando queste diverse popolazioni colonizzate attaccarono l’oppressione dei loro colonizzatori, i loro crimini suprematisti e lo sfruttamento, nessuno sembrava preoccupato che tali critiche sarebbero state utilizzate dai precedenti oppressori dei coloni contro di essi, o che il colonizzato non avesse diritto di condannare i propri oppressori.

Al contrario, la richiesta generale imposta da molti europei cristiani ed ebrei e da molti ebrei europei colonialisti ai palestinesi è che essi avrebbero dovuto cedere volontariamente la propria patria agli ebrei europei e manifestare simpatia per la sofferenza causata agli ebrei europei dall’antisemitismo europeo.

In mancanza di ciò, gli europei cristiani e gli ebrei europei colonizzatori sostengono che la lotta anticoloniale dei palestinesi contro la colonizzazione ebraica è “antisemita”, intendendo con ciò che i palestinesi non si oppongono al principio della colonizzazione della loro patria, ma piuttosto che si oppongono solo al diritto degli ebrei, ma non di altri popoli, a colonizzarla.

Secondo questo ragionamento, se fossero stati cristiani, musulmani o induisti a colonizzare la Palestina i palestinesi avrebbero ceduto volontariamente la loro patria, ma rifiutano di fare altrettanto nel caso degli ebrei semplicemente perché sono antisemiti.

Simpatia condizionata

Negli ultimi 50 anni progressisti occidentali cristiani ed ebrei che simpatizzano con i palestinesi come vittime dell’oppressione israeliana, ma non come resistenti anticolonialisti, insistono sul fatto che ogni critica palestinese a Israele debba essere accuratamente calibrata per il timore che venga percepita dagli europei come antisemitismo.

Tuttavia durante lo stesso periodo gli israeliani e chi li appoggia in Occidente hanno scatenato una massiccia campagna sostenendo che ogni critica al sionismo e a Israele è “antisemita”, culminata nella recente adozione da parte di Paesi europei e degli USA della definizione di antisemitismo ideata dall’International Holocaust Remembrance Alliance [Alleanza Internazionale per la Memoria dell’Olocausto], con sede in Europa.

Queste accuse sono centrate su una serie di argomentazioni sospette che molti sostenitori occidentali dei palestinesi-come-vittime-ma non-come-resistenti vogliono impedire ai palestinesi di fare.

I sionisti e i progressisti occidentali sostengono che, se i palestinesi attaccano il diritto degli ebrei a colonizzare le loro terre, ciò sarebbe antisemita perché, negando agli ebrei europei il diritto di essere colonialisti, i palestinesi negherebbero il loro presunto “diritto” all’autodeterminazione. O peggio, che i palestinesi negherebbero il legame razziale che i protestanti europei evocarono fin dal XVI secolo, cioè che gli ebrei europei sarebbero fantasiosamente in qualche modo i discendenti degli antichi ebrei della Palestina (una leggenda che a volte sostengono anche gli ebrei europei) e non europei convertitisi in seguito all’ebraismo!

In base a questa logica, i sionisti sostengono che i palestinesi di fatto sono i colonizzatori della Palestina, mentre i colonialisti ebrei europei sarebbero i veri nativi della Palestina che starebbero tornando alla patria dei loro presunti antenati.

All’inizio del XIX secolo molti europei filoellenici si consideravano i discendenti degli antichi greci e vedevano i greci nativi come “slavi cristianizzati” che erano migrati a sud verso l’antica Grecia e più simili ai turchi.

Ma, dato che alla fine nessun progetto di colonialismo d’insediamento venne concepito per la Grecia, la questione venne lasciata cadere a favore dell’“indipendenza” greca dagli ottomani e dell’appropriazione della Grecia come parte dell’Europa invece che del Mediterraneo orientale.

I sionisti non sono mai stati dei pensatori originali, in quanto la maggior parte delle loro argomentazioni è derivata da altri colonialisti europei. Furono i francesi, e poi gli italiani, che sostennero che la loro colonizzazione del Nord Africa non era nientemeno che il ritorno alle antiche terre dell’impero romano e che i nativi arabi erano i veri colonialisti!

In effetti illustri razzisti occidentali come Albert Camus sostennero che gli arabi algerini erano colonialisti stranieri affermando che “i francesi d’Algeria erano anche nativi, nel vero senso della parola.”

L’antisemitismo europeo proiettato sui palestinesi

Dunque, per timore di essere accusati di antisemitismo, i palestinesi dovrebbero accettare l’invenzione sionista secondo cui gli ebrei europei sarebbero la popolazione indigena della Palestina e che loro sono i veri colonialisti? Quando i palestinesi affermano che i media dell’Occidente e degli USA sono sempre stati filoisraeliani e razzisti contro i palestinesi, i loro sostenitori occidentali temono che ciò venga percepito come antisemita perché gli antisemiti europei e statunitensi storicamente accusano gli ebrei europei di controllare i mezzi di comunicazione occidentali.

Tuttavia l’affermazione dei palestinesi non è diversa da quella degli algerini, cioè che i mezzi di comunicazione occidentali appoggiarono sempre il colonialismo francese in Algeria, o da quella dei nativi americani, secondo cui essi appoggiano i diritti dei colonizzatori bianchi negli Stati Uniti.

Che i media occidentali, che sono i mezzi di comunicazione dei colonizzatori e dei colonialisti, appoggino il colonialismo testimonia pregiudizi strutturali, a volte persino pregiudizi complottisti, contro le popolazioni native. Ciò non significa che gli ebrei controllino i media occidentali come sostengono gli antisemiti, ma che lo fanno i colonialisti europei, cristiani ed ebrei, e i sostenitori del colonialismo.

Quindi i palestinesi non dovrebbero attaccare i pregiudizi endemici filoisraeliani e antipalestinesi dei media occidentali per timore di venire “scambiati” per antisemiti dai progressisti?

Storicamente i palestinesi hanno anche identificato il grande potere finanziario e politico mobilitato dal sionismo fin dagli anni ’80 dell’800 per realizzare il progetto di colonizzazione della Palestina, a cominciare dai Rothschild che finanziarono le prime colonie di ebrei europei in Palestina.

Di nuovo, quando i palestinesi parlano dei ricchi ebrei europei e americani, uomini d’affari e banchieri, che appoggiano il sionismo e Israele, concepiscono progetti per espellere i palestinesi e promettono di finanziare la loro espulsione, come propose nel 1934 il ricco ebreo americano sionista Edward A. Norman, o di rubare le loro terre, i progressisti cristiani ed ebrei occidentali sussultano perché queste argomentazioni ricordano le fandonie antisemite dei cristiani europei secondo cui tutti gli ebrei sono ricchi e controllano tutto il sistema finanziario dell’Occidente.

Ma il fatto che i ricchi ebrei filosionisti appoggino Israele e finanzino i colonizzatori non è diverso dagli investimenti di imprese e Stati europei cristiani che hanno finanziato la colonizzazione di Algeria, Sudafrica, Kenya, Nuova Zelanda e persino Israele.

Smascherare i ricchi ebrei europei e statunitensi che finanziano il sionismo corrisponde al loro fondamentale ruolo e influenza coloniali nel distruggere la società palestinese e nell’oppressione dei palestinesi.

Ciò non implica, come gli antisemiti vorrebbero farci credere, che tutti gli ebrei siano banchieri che controllano le vite degli europei cristiani, o che tutti gli ebrei siano ricchi, cosa che non sono – anche se e quando, secondo molti, fin dalla Seconda Guerra Mondiale la maggioranza degli ebrei europei e statunitensi ha appoggiato e continua a sostenere la colonizzazione ebraica in Palestina, proprio come la maggioranza dei cristiani francesi o dei britannici appoggiarono la colonizzazione in Africa.

Quindi, per timore di essere scambiati per antisemiti, i palestinesi dovrebbero tacere riguardo all’influenza dei sionisti europei e statunitensi che contribuiscono alla loro oppressione?

Incontro coloniale

Non essendo europei, fin dagli anni ’80 dell’800 i palestinesi hanno incontrato gli ebrei per lo più come coloni armati, intenzionati a rubare la loro terra e a espellerli dal loro Paese.

Mentre è vero che alcuni dirigenti politici palestinesi cercarono di utilizzare la retorica antisemita europea contro i colonizzatori ebrei europei per difendersi contro la colonizzazione sionista, la maggioranza dei leader palestinesi spesso ha fatto l’esatto contrario e ha concordato con parecchie affermazioni sioniste, colonialiste e razziste, come fecero, oltre un secolo fa, lo scrittore e intellettuale Yusuf al-Khalidi, Yasser Arafat nel 2002 e Mahmoud Abbas continua a fare oggi.

Al-Khalidi, vissuto a Vienna a cavallo tra ‘800 e ‘900, contestò la scelta della Palestina come luogo per un futuro Stato per gli ebrei europei, in quanto era la patria dei nativi arabo-palestinesi.

Egli rispose alle affermazioni di Theodor Herzl, fondatore del movimento sionista, a cui nel 1899 inviò una lettera di questo tenore: “In base a quale diritto dunque gli ebrei la rivendicano per sé?”

Stranamente, accettando le rivendicazioni razziali e antisemite dei sionisti secondo cui gli ebrei europei erano i discendenti biologici diretti degli antichi ebrei, al-Khalidi, molto probabilmente a causa dell’educazione colonialista europea che gli era stata impartita, affermò che “il sionismo, teoricamente, è un’idea completamente naturale e giusta come soluzione della questione ebraica,” e di conseguenza “chi può opporsi ai diritti degli ebrei sulla Palestina? Buon dio, storicamente è davvero il vostro Paese.”

Tuttavia, nell’interesse della pace, al-Khalidi propose che il movimento sionista cercasse altri “Paesi disabitati in cui milioni di poveri ebrei forse potrebbero essere felici e avere una vita sicura come popolo.”

Ciò forse sarebbe la soluzione migliore, più razionale per la questione ebraica,” affermò.

Ma, nel nome di dio, lasciate in pace la Palestina.”

Dopo al-Khalidi molti altri palestinesi continuarono a cadere in queste false argomentazioni sioniste.

I frutti del razzismo antipalestinese

L’ironia risiede nel fatto che i critici progressisti occidentali dei palestinesi e quanti sostengono i palestinesi-come-vittime raramente chiedono conto ai sionisti e ai filosionisti dei loro interminabili accessi di razzismo contro i palestinesi e gli altri arabi e dell’utilizzo del tradizionale razzismo antiarabo europeo e statunitense che ha portato all’uccisione di milioni di arabi dall’Algeria alla Libia da parte degli europei durante le lotte anticoloniali, e dal 1991 in Iraq da parte degli americani.

Per esempio, nel suo lavoro pubblicato il giornalista ebreo americano Jeffrey Goldberg rivela di essere stato un colono in Israele, di essere entrato nell’esercito israeliano e di averci prestato servizio come guardia carceraria di palestinesi imprigionati per essersi opposti alla colonizzazione ebraica (è stato anche sostenitore dell’invasione statunitense in Iraq).

Eppure, nonostante le sue deplorevoli opinioni sui palestinesi e sugli iracheni, per non parlare del suo ruolo diretto in azioni di persecuzione come guardia carceraria, Goldberg è celebrato, rispettato e gli vengono dati lavori editoriali nelle più prestigiose riviste progressiste degli USA, oltre che premi giornalistici.

Al contrario, se si scopre che, nella sua immatura e male informata gioventù, una giornalista palestinese [si riferisce alla vicenda di Shatha Hammad, licenziata dal sito di notizie Middle East Eye, ndt.], non nel suo lavoro pubblicato, ma su Facebook, ha manifestato abominevoli opinioni a favore dell’antisemitismo europeo, opinioni che ha palesemente equivocato come parte della legittima espressione di rabbia contro i suoi oppressori, viene licenziata dal suo lavoro persino da un mezzo di informazione filopalestinese.

Oltretutto, per la soddisfazione dei progressisti occidentali, le è stato revocato un premio giornalistico benché l’errore di gioventù non sia stato ripetuto durante la sua carriera giornalistica.

Invece l’ex-guardia carceraria israeliana continua con i suoi discorsi giornalistici antiarabi e antipalestinesi e con i suoi continui attacchi contro quei palestinesi che difendono il proprio popolo dal colonialismo come antisemiti.

Un altro importante giornalista ebreo americano, Ben Shapiro, ha invocato l’espulsione di massa dei palestinesi e appoggiato l’uccisione di civili palestinesi e afghani.

Una volta Shapiro ha dichiarato che “gli israeliani amano costruire”, mentre “gli arabi amano sparare merda e vivere in mezzo a fogne a cielo aperto.”

Eppure questi e altri commenti razzisti non impediscono al New York Times di celebrare Shapiro come “gladiatore provocatorio” e “pugile professionista”, notando nel contempo che egli è stato bersaglio di antisemitismo.

Ovviamente giornalisti americani ed europei cristiani bianchi come John F. Burns del New York Times, che appoggiano e informano entusiasticamente sulle invasioni USA all’estero, sono stati e continuano a essere esaltati.

Vengono puniti anche giornalisti ebrei

Nel contempo giornalisti ebrei che criticano Israele vengono licenziati da mezzi di comunicazione progressisti dell’Occidente, com’è successo a Emily Wilder, che nel 2021 è stata cacciata dall’Associated Press [agenzia di stampa USA, ndt.], e più di recente Katie Halper, licenziata da The Hill [giornale statunitense di politica e di tendenza liberal, ndt.].

Nel caso di Wilder, secondo quanto riferito dai media, il suo “attivismo nel college è stato il vero problema” che ha portato al suo licenziamento. Si confronti questo caso con l’esaltazione da parte dei principali media occidentali del racconto della guardia carceraria israeliana del suo incontro con i palestinesi nelle prigioni israeliane come motivo di promozione, non di ostracismo o licenziamento!

Quello che i progressisti europei e americani vogliono è che i palestinesi rimangano in silenzio riguardo ai meccanismi internazionali che appoggiano e difendono la colonia di insediamento ebraica; che i palestinesi si oppongano solamente all’oppressione a cui sono sottoposti dai loro colonizzatori ebrei, ma non al diritto di questi ultimi a colonizzarli; che i palestinesi difendano i loro colonizzatori ebrei contro gli antisemiti europei; che i palestinesi si schierino in solidarietà con i colonizzatori-come-vittime mentre vengono repressi sotto gli stivali militari dei colonizzatori.

Nel contempo praticamente nessuna collaborazione attiva con gli israeliani nella loro oppressione dei palestinesi, per non parlare delle abituali manifestazioni di razzismo contro i palestinesi da parte di israeliani e filoisraeliani, merita alcuna censura quando espressa da israeliani o dai loro sostenitori in Occidente.

Quando la maggioranza della classe politica e intellettuale palestinese presta ascolto ai progressisti occidentali perché difendano gli ebrei dall’antisemitismo, come ha fatto l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina onorando le vittime ebree dell’Olocausto fin dagli anni ’70, né Israele né i suoi sostenitori si dicono soddisfatti.

Il loro obiettivo non è insegnare ai palestinesi la storia degli ebrei europei come vittime di oppressione, ma piuttosto insegnargli perché gli ebrei europei come oppressori hanno avuto e hanno il diritto di colonizzarli e portagli via la patria.

Joseph Massad è docente di politica e storia intellettuale araba contemporanea alla Columbia University a New York. Il suo libro più recente è Islam in Liberalism [L’Islam nel liberalismo] (University of Chicago Press, 2015).

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)