Il piano di Israele per eliminare l’influenza turca a Gerusalemme a favore degli Stati del Golfo

Adnan Abu Amer

28 dicembre 2020 – Middle East Monitor

Alla luce dell’attuale serie di accordi di normalizzazione tra gli Stati arabi e l’occupante, Israele sta cercando di attirare i Paesi del Golfo, soprattutto gli Emirati Arabi Uniti (EAU) e l’Arabia Saudita, con un possibile ruolo nel controllo dei luoghi santi della Gerusalemme occupata, competendo così con la Giordania e i palestinesi per prendersi carico di questo importante compito.

L’iniziativa di Israele in questo senso ha provocato tensioni politiche tra le parti coinvolte, nascondendo nel contempo il proprio vero piano, che consiste nel dare a questi Paesi un nuovo ruolo e un’opportunità per ostacolare la crescente influenza turca tra i gerosolimitani, una manovra che pone domande sul successo o il fallimento dell’iniziativa israeliana.

Sembra che il piano di normalizzazione tra gli Emirati Arabi Uniti e l’occupazione sia in corsa contro il tempo per determinare una nuova situazione sul terreno, dato che il ministro israeliano per le questioni di Gerusalemme, il rabbino Rafi Peretz, ha annunciato un progetto per attirare migliaia di turisti emiratini che visitino Gerusalemme. Come egli ha affermato, il piano ha come obiettivo migliorare lo status della città come “capitale di Israele”.

È risultato evidente che il progetto israeliano di attrarre turisti degli Emirati Arabi Uniti, e due milioni di turisti musulmani a Gerusalemme ogni anno, è in sintonia con quanto l’occupazione ha cercato di ottenere negli ultimi dieci anni. Fa parte di un tentativo di sottomettere Gerusalemme e la moschea di Al –Aqsa alla sua asserita sovranità e di evacuarla per impedire che gli abitanti di Gerusalemme sviluppino un settore turistico religioso nazionale e controllino la santa moschea e la sua spianata.

Il piano israeliano deriva dal testo dell’accordo tra gli Emirati Arabi Uniti e Israele, dato che concede ai musulmani solo il diritto alla moschea di Al-Aqsa e nega loro il resto del Monte del Tempio nel suo complesso. Ciò è conseguenza di una condanna politica e religiosa palestinese che rifiuta di ricevere qualunque visitatore emiratino, arabo o persino musulmano perché preghi nella moschea di Al-Aqsa come parte dell’accordo summenzionato.

I gerosolimitani sono stati i primi ad annunciare il proprio rifiuto dell’accordo di normalizzazione tra Israele e gli Emirati Arabi Uniti, dato che esso stabilisce il diritto di tutte le religioni monoteiste eliminando l’esclusività per i musulmani. Ciò ha provocato l’indignazione dei palestinesi, che hanno espresso il proprio ripudio attaccando grandi manifesti in tutta Gerusalemme.

Il progetto israeliano mette in evidenza la gravità dell’accordo di normalizzazione con gli Emirati Arabi Uniti. L’idea di patrocinare viaggi degli Emirati per pregare nella moschea di Al-Aqsa è un semplice occultamento del piano di normalizzazione, nonostante il fatto che pregare a Gerusalemme non necessiti di accordi. È un diritto religioso e giuridico sacro, così come la moschea di Al-Aqsa è un diritto esclusivo dei musulmani secondo tutte le religioni e i documenti internazionali, in particolare il riconoscimento da parte dell’UNESCO della moschea di Al-Aqsa come proprietà esclusiva dei musulmani, senza alcun legame con gli ebrei. Tuttavia gli Emirati Arabi Uniti hanno scelto di concedere agli israeliani questo accordo, un diritto che non gli compete.

I gerosolimitani si preparano a ricevere come si meritano quanti verranno a Gerusalemme con il pretesto della normalizzazione. Nessun palestinese permetterà che gli emiratini e altri violino la santità della moschea di Al-Aqsa usando le preghiere in quel luogo per legittimare il loro accordo nullo con Israele. Di conseguenza il popolo di Gerusalemme non accoglierà queste visite per via delle preoccupazioni a Gerusalemme e in Palestina, in generale, per un numero probabilmente crescente di turisti musulmani, soprattutto da Bahrein e Arabia Saudita, che possono venire a pregare a Gerusalemme sotto le pressioni e lusinghe degli Emirati.

Il nuovo piano va di pari passo con l’accordo tra Israele e gli Emirati Arabi Uniti di accogliere annualmente nello Stato occupante due milioni di turisti musulmani, la maggior parte dei quali visiterà la moschea di Al-Aqsa nel quadro della cosiddetta “pace religiosa”. Nonostante il fatto che nel 2018 98.000 turisti musulmani hanno visitato Gerusalemme e la moschea di Al-Aqsa, Israele ha cominciato ad organizzare l’arrivo di turisti degli Emirati e di altri Stati del Golfo per pregare nella moschea di Al-Aqsa.

I palestinesi credono che il piano israeliano fallirà, in quanto gli emiratini non arriveranno in gran numero, forse a causa dello scontro negli Emirati Arabi Uniti tra la posizione ufficiale e quella del popolo riguardo alla normalizzazione. I turisti degli EAU non saranno centinaia o migliaia. Così la gestione degli emiratini a Gerusalemme è stata preceduta da un piano saudita per mettersi in comunicazione con le personalità di Gerusalemme al fine di garantire un punto di appoggio in città, ma gli abitanti di Gerusalemme si sono rifiutati di recarsi nel Regno.

Insieme all’annuncio del piano israeliano per portare turisti emiratini a Gerusalemme, l’Ong israeliana “Gerusalemme Terrestre” ha rivelato che gli Emirati Arabi Uniti si sono accordati per la prima volta per cambiare lo status quo nella moschea di Al-Aqsa, permettendo agli ebrei di pregare lì e limitando l’accesso dei musulmani solo alla moschea e non a tutto il Monte del Tempio. Di conseguenza il piano israeliano conferma il recente accordo degli Emirati Arabi Uniti riguardo alla moschea di Al-Aqsa, cosa che suscita preoccupazioni e timori in merito alle dotazioni giordane e palestinesi. Ciò è dovuto al fatto che l’accordo intende offrire agli Emirati Arabi Uniti un nuovo ruolo nella moschea di Al-Aqsa, che mette apertamente in discussione la presenza giordana e palestinese come principali supervisori dei luoghi santi della città.

Forse la principale preoccupazione degli abitanti di Gerusalemme riguarda la storia negativa degli Emirati Arabi Uniti, soprattutto dopo che gli emiratini hanno cercato di vendere alle associazioni per la colonizzazione ebraica le case ed i beni immobili comprati ai palestinesi. Ciò fa sì che i palestinesi temano che il prossimo passo possa segnare l’inizio della costruzione della presunta sinagoga con i contributi degli Emirati Arabi Uniti, che hanno già costruito un tempio indù a Dubai ed hanno aperto una sinagoga ad Abu Dhabi.

Nel contempo Israele non ha avuto dubbi nell’adottare tutti i mezzi necessari per sradicare le attività turche a Gerusalemme, sostenendo che i giorni dell’Impero ottomano sono finiti e che la Turchia non ha nulla a che vedere con Gerusalemme e nel contempo che la dichiarazione del presidente turco Erdogan secondo cui Gerusalemme appartiene a tutti i musulmani è esagerata e senza fondamento. Tuttavia ciò che fa infuriare i palestinesi è la notizia dell’appoggio saudita-giordano al piano orchestrato dall’occupante.

Benché i progetti turchi a Gerusalemme siano di carattere assistenziale ed economico, in quanto Israele proibisce ogni attività politica in città, la presenza della Turchia sul posto ha irritato gli israeliani ed i Paesi arabi che cercano di aumentare la propria influenza su Gerusalemme. Tra loro figurano la Giordania e l’Arabia Saudita, dato che qualunque aumento dell’influenza turca in città può ridurre il loro potere e la loro tutela religiosa sui luoghi santi che vi si trovano, benché Gerusalemme sia una causa comune per tutti i musulmani, non solo per gli arabi [i turchi non sono arabi, ndtr.] o i palestinesi.

Il piano di occupazione è motivato dal fatto che l’influenza turca tra gli abitanti di Gerusalemme ha preoccupato per anni i funzionari della sicurezza e i politici israeliani, dato che in molti luoghi della città si possono vedere bandiere e ristoranti turchi. D’altra parte negli ultimi anni la Turchia è diventata la destinazione favorita di decine di migliaia di cittadini di Gerusalemme.

L’informazione sul piano israeliano contro le attività turche a Gerusalemme indica che esiste un consenso tra i diversi decisori politici israeliani riguardo alla convinzione che la presenza della Turchia minacci la sicurezza nazionale di Israele. Quindi lo Stato di occupazione può prendersi il rischio di alimentare le tensioni già esistenti tra Ankara e Tel Aviv su vari dossier spinosi.

(traduzione dallo spagnolo di Amedeo Rossi)




“Questa non è la pace. È la normalizzazione dell’occupazione”: per i palestinesi l’accordo tra Israele e gli Emirati è pericoloso

Akram Al-Waara Betlemme, Cisgiordania occupata

domenica 16 agosto 2020 – Middle East Eye

In tutti i territori i palestinesi ritengono che questo patto incoraggi l’occupazione israeliana a danno dei loro legittimi diritti.

In questi giorni nei territori palestinesi occupati l’annuncio dell’accordo di normalizzazione tra Israele e gli Emirati Arabi Uniti (EAU) è stato sulle prime pagine dei giornali locali: i palestinesi e i loro dirigenti vi esprimono la propria indignazione di fronte a quello che considerano un “tradimento” da parte di un altro Paese arabo.

L’accordo, annunciato giovedì sera, è stato negoziato dal presidente americano Donald Trump e stabilisce che Israele sospenderà l’annessione di alcune parti della Cisgiordania in cambio di relazioni diplomatiche con gli EAU.

Se gli EAU sono il primo Stato arabo del Golfo a raggiungere un tale accordo pubblico con Israele, da molto tempo il Paese, come la vicina Arabia Saudita, si dimostra amichevole nei confronti di Israele e ha messo in pratica una normalizzazione “nascosta”.

Un comunicato congiunto del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e del principe ereditario di Abu Dhabi Mohammed ben Zayed (MBZ) ha celebrato questa decisione definendola “un progresso diplomatico storico” in grado di far avanzare la pace nella regione mediorientale. Tuttavia i palestinesi ritengono che questo nuovo accordo otterrà l’effetto contrario.

È una decisione pericolosa che non porterà che ulteriori persecuzioni contro i palestinesi,” garantisce a Middle East Eye Iyad Nasser, segretario generale di Fatah nel sud della Striscia di Gaza. Egli dice a MEE che, come tutti i palestinesi, giovedì, all’annuncio di questo accordo, gli abitanti della Striscia di Gaza assediata da Israele sono stati sopraffatti da disillusione e frustrazione.

Si percepiva nell’aria la sensazione di essere stati traditi dai nostri fratelli,” racconta. “Con questa decisione gli EAU non tradiscono solo il popolo palestinese, ma l’insieme degli arabi e persino la loro stessa popolazione.”

A Gerusalemme est occupata, Jawad Siyam, direttore del centro d’informazione Wadi Hilweh nel quartiere di Silwan, esprime un’opinione simile: “La normalizzazione è un tradimento. Nient’altro che questo.”

Se per lui come per molti altri il momento scelto per annunciare questa decisione è una sorpresa, Siyam precisa che la normalizzazione dei rapporti tra Israele ed Emirati Arabi Uniti era prevista da molto tempo. “Bisognava essere ciechi per pensare che non sarebbe successo,” afferma Jawad Siyam. Secondo lui “da anni si poteva vederli agire insieme. Non sono solo gli Emirati, ci sono l’Egitto, l’Arabia Saudita e gli altri Paesi del Golfo. Sono i servi di Israele e degli Stati Uniti.”

A Betlemme, città della Cisgiordania occupata, gli effetti dell’occupazione israeliana sono assolutamente visibili. Circondati da muri e colonie in espansione, i palestinesi che vi abitano vivono con il ricordo costante che Israele controlla le loro vite.

George Zeidan, 30 anni, attivista locale e cofondatore del gruppo “Diritto di Muoversi”, dichiara a MEE che l’annessione è una “realtà quotidiana per i palestinesi in Cisgiordania. Utilizzare l’annessione come giustificazione per la normalizzazione è scandaloso,” ritiene l’attivista, in riferimento alla presunta promessa di Israele di sospendere questa politica in cambio delle relazioni diplomatiche con gli EAU.

L’annessione è una pratica illegale,” afferma. “Quindi il congelamento di una politica illegale non dovrebbe concedere ad Israele la pace con le Nazioni arabe. Non è una cosa per la quale dovrebbe essere ricompensato.”

D’altra parte, secondo George Zeidan l’idea che l’annessione sia stata congelata in conseguenza di questo accordo è una farsa: “Solo un’ora o due dopo questo annuncio, Netanyahu ha chiaramente promesso che non smetterà di perseguire l’annessione. È veramente patetico. Per ottenere questo rapporto diplomatico Israele non ha ceduto su niente.”

Tutti amano la pace,” continua. “Ma questa non è la pace. È la normalizzazione di un’occupazione. È un’occupazione quotidiana sul terreno, con la quale Israele continua a umiliare tutti i giorni la popolazione palestinese nei territori occupati.”

Una farsa”

Se l’annessione ufficiale della Cisgiordania è stata sospesa, il furto e l’appropriazione continui delle terre palestinesi non sono cessati, sottolinea, aggiungendo che l’annessione era stata ufficialmente rimandata parecchi mesi fa.

George Zeidan, Iyad Naser e Jawad Siyam hanno espresso la stessa opinione: che gli EAU si attribuiscano il merito della sospensione dell’annessione è una farsa.

È demoralizzante vedere che gli EAU utilizzano l’annessione per mascherare le loro iniziative di normalizzazione,” insiste Jawad Siyam con MEE. “Cercano di mostrare che attraverso questo accordo sostengono la Palestina, ma si capisce chiaramente il loro gioco.”

Si sa che non è così. Con questo accordo gli EAU hanno offerto a Trump e a Netanyahu un regalo per aiutarli a realizzare il loro programma politico,” spiega.

Trump utilizza questo successo per la sua campagna elettorale e Netanyahu per portare avanti le sue politiche nei territori occupati,” continua Jawad Siyam. “Da quando in luglio ha sospeso ufficialmente l’annessione, Netanyahu è soggetto ad una forte pressione da parte della destra israeliana, così questo accordo lo aiuta a tenersi a galla.”

Iyad Naser sottolinea che alla fine l’annessione non è stata ufficialmente annunciata come previsto il primo luglio a causa della crescente pressione internazionale, delle minacce di condizionare l’aiuto a Gerusalemme da parte del Congresso americano e della posizione dei cittadini palestinesi e dei loro dirigenti.

Con l’aiuto della comunità internazionale abbiamo fatto pressione su Israele e sugli Stati Uniti per bloccare l’annessione,” dice. “Gli emirati non hanno fatto niente. Non gli permetteremo di usarla come scusa per mascherare la loro vergogna.”

Iyad Naser ricorda l’iniziativa di pace del 2002, che offriva un più ampio riconoscimento di Israele se quest’ultimo si fosse ritirato all’interno delle frontiere del 1967 e avesse risolto il problema dei rifugiati palestinesi.

Nel quadro dell’iniziativa di pace araba la normalizzazione con Israele avrebbe dovuto essere l’ultima tappa di questo processo,” insiste. “Prima avrebbero dovuto essere garantiti i diritti dei palestinesi, restituite le loro frontiere e le loro terre, la loro libertà, poi sarebbe venuta la normalizzazione. E non il contrario.” 

In tutto lo spettro politico gli attivisti e i dirigenti palestinesi sono d’accordo sul fatto che questo accordo tra Israele e gli EAU costituisca un pericoloso precedente nella regione e a livello internazionale.

La Giordania, l’Egitto e ora gli EAU sono per il momento gli unici Paesi arabi ad avere ufficialmente relazioni diplomatiche con Israele. I palestinesi ritengono che questo nuovo accordo aprirà la strada ad altri Paesi della regione. 

Questo accordo è pericoloso perché legittima l’occupazione dal punto di vista internazionale,” dice a MEE George Zeidan.

Quando le persone vedranno che i Paesi arabi cominciano a firmare accordi con Israele sarà più difficile fare pressioni su Israele per porre fine alle sue violazioni dei diritti umani nei territori occupati.”

Il sostegno alla nostra causa e alla liberazione tra gli Stati arabi verrà inevitabilmente indebolita,” prevede il responsabile di Fatah. “Oggi dirigenti come MBZ e MBS (il principe ereditario saudita Mohammed ben Salman) tradiscono le politiche dei loro nonni che appoggiavano la Palestina. E altri Paesi finiranno per seguire l’esempio degli Emirati.”

Nonostante un futuro che sembra oscuro e la possibilità di una normalizzazione regionale con Israele, i palestinesi dicono di sperare ancora che il sostengo alla loro causa si manifesterà tra i popoli di tutto il mondo.

Malgrado il sostegno degli Stati del Golfo a Israele, abbiamo potuto constatare più volte che i popoli arabi sostengono sempre i palestinesi e la nostra lotta per la libertà,” nota Jawad Siyam.

Anche se non abbiamo il sostegno dei loro dirigenti, speriamo che i popoli di tutto il mondo continueranno a sostenere i diritti dell’uomo e a fare pressione su Israele per mettere fine all’occupazione.”

(traduzione dal francese di Amedeo Rossi)




Thomas Friedman si sbaglia di nuovo – questa volta sull’accordo tra Emirati Arabi Uniti e Israele

James North

14 agosto 2020 – MondoWeiss

Thomas Friedman [commentatore e autore politico americano, tre volte vincitore del Premio Pulitzer ed editorialista settimanale del New York Times, ndtr.] sbaglia sempre sul Medio Oriente, e ha di nuovo sbagliato. Il suo articolo sul New York Times di sabato, “Un terremoto geopolitico ha appena colpito il Medio Oriente”, interpreta male l’accordo Israele-Emirati Arabi Uniti – e mostra ancora una volta come Friedman abbia avuto paura di prendere posizione sulla prevista annessione da parte di Israele del 30 % della Cisgiordania palestinese.

Friedman l’ha presa al contrario. L’accordo, che si limita a ratificare la cooperazione già esistente tra gli Emirati Arabi Uniti e Israele, non è un “terremoto” – ma, almeno per ora, ha ridotto le occasioni di disordini in Palestina ed evitato un’enorme crisi del sostegno statunitense a Israele, in particolare all’interno della comunità ebraica. Lo stesso Friedman riconosce che:Se Israele avesse annesso parte della Cisgiordania, avrebbe diviso ogni sinagoga e comunità ebraica in America in annessionisti intransigenti contro anti-annessionisti progressisti.

Oggi riconosce che l’annessione costituirebbe “un disastro incombente” per “la comunità ebraica americana”.

Fermiamoci un attimo e consideriamo il patetico primato di Friedman nelle ultime settimane. È il giornalista di affari esteri più influente al mondo, venerato specialmente in molte delle case ebraiche statunitensi. Si è fatto un nome coprendo dal 1980 il Medio Oriente. Ma non ha pubblicato una sola parola contro l’annessione di Israele fino a ieri, quando gli Emirati Arabi Uniti e Donald Trump lo hanno spiazzato. Friedman è un codardo intellettuale. Si è comportato esattamente come l’organizzazione di punta della lobby israeliana americana, l’AIPAC, che allo stesso modo non ha dichiarato alcun allarme per l’annessione, ma è subito intervenuta nel sostenere l’accordo Emirati Arabi Uniti-Israele.

Larticolo di Friedman include ulteriori prove della sua negligenza giornalistica. Dopo aver sottolineato che la proposta di annessione è “un piano molto pro-Israele” – punto di vista su cui aveva sinora mantenuto il silenzio – ha aggiunto: “(Mi chiedo se l’ambasciatore di Trump in Israele, David Friedman, un estremista pro-colonie, abbia incoraggiato Bibi [Netanyahu] a pensare che avrebbe potuto farla franca.)”

Friedman “si chiede”? Il punto centrale dell’essere un giornalista influente è poter raggiungere al telefono chiunque si voglia. Ieri non ha avuto problemi ad ottenere immediatamente una risposta di prima mano da Itamar Rabinovich, ex ambasciatore israeliano, e da Ari Shavit, lo scrittore.

Non ha Friedman sicuramente qualche fonte in Israele che avrebbe potuto fornire dettagli eloquenti sull’ “estremismo pro-colonie” dell’ambasciatore statunitense Friedman? Il quotidiano israeliano Haaretz copre Friedman continuamente.

Thomas Friedman ha commesso in passato errori peggiori sul Medio Oriente. Ha appoggiato con entusiasmo l’invasione dell’Iraq del 2003 e, a differenza di molti appassionati sostenitori dellepoca non ha mai ammesso di essersi sbagliato o detto di essere dispiaciuto. “Lo rifarei”, ha detto. Ha parlato enfaticamente del sovrano de facto dell’Arabia Saudita, il principe ereditario Mohammed, e ha fatto un po’ marcia indietro solo dopo che il principe ereditario ha ordinato il terribile omicidio del giornalista dissidente saudita Jamal Khashoggi.

Ma ci sono segnali incoraggianti del fatto che l’influenza di Friedman stia progressivamente diminuendo. I commenti dei lettori all’editoriale di oggi, ad esempio, sono fortemente critici. La migliore risposta a Friedman da un lettore, “Russell in Oakland”, andava direttamente al punto: Insomma Israele ha annunciato il suo piano per commettere un crimine, l’annessione dei territori della Cisgiordania, e poi accetta di firmare la “pace” con un paese con cui, per quanto ne so, non era in guerra in cambio di non commettere quel crimine. Per ora.

La tragedia è che Friedman continua ad occupare spazi giornalistici che potrebbero essere occupati da qualcuno intelligente che non ha paura di scrivere quello che pensa.

(traduzione dall’ inglese di Luciana Galliano)




“Una pugnalata alle spalle”: i palestinesi denunciano l’accordo di normalizzazione tra gli Emirati e Israele

MEE e agenzie

venerdì 14 agosto 2020 – Middle East Eye

I palestinesi e i loro sostenitori hanno condannato duramente l’accordo concluso da Abu Dhabi con Israele, che ha peraltro annunciato per bocca del suo primo ministro Benjamin Netanyahu che l’annullamento del progetto di annessione che si pensava fosse previsto nel patto non è garantito

Questo giovedì in un comunicato l’Autorità Nazionale Palestinese ha denunciato l’accordo di normalizzazione delle relazioni diplomatiche tra Israele e gli Emirati Arabi Uniti (EAU) con il sostegno degli Stati Uniti, definendolo un “tradimento di Gerusalemme, di Al-Aqsa e della causa palestinese” ed esigendone il ritiro.

Questo accordo, che dovrà essere firmato tra tre settimane a Washington, farebbe di Abu Dhabi la terza capitale araba a seguire questa via dalla creazione di Israele.

La direzione (palestinese) afferma che né gli EAU né nessun’altra controparte hanno il diritto di parlare in nome del popolo palestinese, né consente a chicchessia di intervenire negli affari palestinesi riguardanti i loro legittimi diritti sulla loro patria.”

L’Autorità Nazionale Palestinese ha richiamato il suo ambasciatore ad Abu Dhabi e chiesto una “riunione d’urgenza” della Lega Araba e dell’Organizzazione per la Cooperazione Islamica (OCI) per denunciare il progetto.

La normalizzazione delle relazioni tra Israele e le potenze del Golfo come Bahrein, Arabia Saudita ed Emirati è uno degli aspetti del piano dell’amministrazione Trump per il Medio Oriente, accolto dagli israeliani ma duramente criticato dai palestinesi.

Questo piano prevede anche l’annessione da parte di Israele della Valle del Giordano e di centinaia di colonie ebraiche in Cisgiordania, giudicate illegali dal diritto internazionale. Giovedì sera il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha detto di aver “rinviato” questo progetto, senza tuttavia “avervi rinunciato”.

La dirigenza palestinese “rifiuta questo scambio tra la sospensione dell’annessione illegale e la normalizzazione con gli EAU che avviene a spese dei palestinesi,” continua il comunicato, che definisce l’accordo tra Israele e gli Emirati “un’aggressione contro i palestinesi.”

Hanan Ashrawi, una dei maggiori esponenti dell’Autorità Nazionale Palestinese che governa la Cisgiordania, ha dichiarato che in questo modo Israele è stato ricompensato per le sue azioni illegali dal 1967 nei territori palestinesi.

Gli EAU hanno rivelato alla luce del sole i loro rapporti segreti e la normalizzazione con Israele. Vi preghiamo, non fateci dei favori. Non siamo la foglia di fico di nessuno!” ha twittato.

Possiate voi non provare mai la sofferenza di vedersi rubare il proprio paese; possiate voi non provare mai il dolore di vivere prigionieri sotto occupazione; possiate voi non assistere mai alla demolizione della vostra casa o all’uccisione dei vostri cari. Possiate voi non essere mai venduti dai vostri ‘amici’,” ha aggiunto.

Awni Almashni, un responsabile del movimento Fatah del presidente palestinese Mahmoud Abbas, e attivista della città di Betlemme, in Cisgiordania, ha dichiarato a Middle East Eye che la pace nella regione non potrà essere ottenuta che risolvendo i problemi che i palestinesi devono affrontare.

Gli accordi che Israele cerca di concludere con i Paesi musulmani ed arabi sono un mezzo per eludere ed evitare la questione palestinese, ma qualunque piano di pace con un Paese arabo non è che un’illusione e non risolverà il problema principale tra Israele e la Palestina,” ha avvertito.

In passato Israele ha cercato di costruire la pace con certi Paesi arabi, ma noi sappiamo che non ha raggiunto nessun tipo di pace nella regione.”

L’attivista nota che l’annessione è stata congelata molto prima dell’annuncio di giovedì, grazie al popolo palestinese e al rifiuto categorico da parte della comunità internazionale.

Secondo lui legare l’annessione all’intesa tra gli EAU e Israele “è un tentativo di presentare l’accordo con Israele come un successo, cosa che non è affatto.”

Hamas, il movimento palestinese che governa la Striscia di Gaza assediata da Israele, ha definito “pericoloso” l’accordo tra Israele e gli Emirati.

L’accordo tra Israele e gli Emirati Arabi Uniti è uno sviluppo pericoloso nel segno della normalizzazione e un colpo a tradimento contro i sacrifici del popolo palestinese,” ha dichiarato.

Per i comitati di resistenza popolare della Striscia di Gaza l’accordo “rivela l’ampiezza della cospirazione contro (il) popolo e (la) causa (palestinesi).”

Lo consideriamo una pugnalata alle spalle perfida e velenosa contro la nazione e la sua storia,” ha aggiunto l’organizzazione.

Anche la Jihad islamica, un altro gruppo della resistenza che opera da Gaza, ha condannato il patto: “Chiunque non sostenga la Palestina con una pallottola dovrebbe vergognarsi,” ha dichiarato.

Da parte sua l’Alleanza Nazionale Democratica, nota anche con il nome di partito Balad [gruppo politico arabo-israeliano, ndtr.], ha dichiarato che la decisione “incoraggia Israele a continuare con le attuali politiche (…) che privano i palestinesi dei loro legittimi diritti storici. Gli EAU si sono ufficialmente uniti a Israele contro la Palestina e si sono collocati nel campo dei nemici del popolo palestinese.”

Una “sciocchezza strategica di Abu Dhabi e di Tel Aviv”

Anche vari Paesi della regione hanno condannato l’accordo.

Questo venerdì la Turchia ha così accusato gli Emirati Arabi Uniti di “tradire la causa palestinese” accettando di firmarlo.

Gli Emirati Arabi Uniti cercano di presentarlo come una sorta di sacrificio per la Palestina, mentre tradiscono la causa palestinese per i propri meschini interessi,” ha reagito in un comunicato il ministero degli Esteri turco.

La storia e la coscienza dei popoli della regione non dimenticheranno questa ipocrisia e non la perdoneranno mai,” ha aggiunto.

Ardente difensore della causa palestinese, il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan critica regolarmente i Paesi arabi che accusa di non adottare un atteggiamento sufficientemente fermo di fronte a Israele.

La vivace reazione di Ankara arriva anche nel momento in cui le relazioni tra la Turchia e gli Emirati Arabi Uniti, due rivali regionali, sono tese. I due Paesi si scontrano in particolare in Libia, dove sostengono campi opposti.

Anche l’Iran ha condannato duramente l’accordo, descritto come una “sciocchezza strategica di Abu Dhabi e di Tel Aviv, che rafforzerà senza dubbio l’asse della resistenza nella regione. Il popolo oppresso di Palestina e tutte le Nazioni libere del mondo non perdoneranno mai la normalizzazione dei rapporti con l’occupante e il regime criminale di Israele, così come la complicità con i crimini del regime,” ha dichiarato in un comunicato il ministero iraniano.

La Giordania, che nel 1994 ha firmato un trattato di pace con Israele, diventando il secondo Paese arabo dopo l’Egitto a farlo, non ha né accolto favorevolmente né condannato l’accordo, ritenendo che il suo futuro dipenderà dalle prossime iniziative di Israele e in particolare dal fatto che possa spingere Israele ad accettare uno Stato palestinese sulla terra che ha occupato dopo la guerra arabo-israeliana del 1967.

Se Israele l’ha considerato come un incitamento a mettere fine all’occupazione (…) ciò porterà la regione verso una pace giusta,” ha dichiarato il ministro degli Affari Esteri Ayman Safadi in un comunicato ai mezzi di informazione statali.

Annullamento o semplice rinvio dell’annessione?

Secondo Abu Dhabi, in cambio di questo accordo Israele ha accettato di “mettere fine alla realizzazione dell’annessione dei territori palestinesi.”

Durante una telefonata tra il presidente Trump e il primo ministro Netanyahu si è trovato un accordo per mettere fine a una qualunque ulteriore annessione,” ha affermato il principe ereditario di Abu Dhabi, lo sceicco Mohammed ben Zayed al-Nahyane sul suo account twitter.

Ma il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu non lo ha confermato, parlando di un semplice “rinvio”.

L’annessione di parti di questo territorio palestinese occupato è “rinviata”, ma Israele non vi ha “rinunciato”, ha affermato Netanyahu. “Ho portato la pace, realizzerò l’annessione,” ha persino proclamato.

La formulazione è stata scelta con cura dalle diverse parti. ‘Pausa temporanea’, non è definitivamente scartata,” ha sostenuto da parte sua l’ambasciatore americano in Israele David Friedman.

Ciononostante l’accordo è stato ben accolto da gran parte della comunità internazionale.

Così la Francia ha giudicato che “la decisione presa in questo contesto dalle autorità israeliane di sospendere l’annessione dei territori palestinesi (è) una tappa positiva, che (dovrebbe) diventare una misura definitiva,” secondo il capo della diplomazia francese, Jean-Yves Le Drian.

Per le Nazioni Unite questo accordo potrebbe creare “un’occasione per i dirigenti israeliani e palestinesi di riprendere negoziati concreti, che portino a una soluzione dei due Stati in base alle risoluzioni dell’ONU a questo riguardo,” ha dichiarato il segretario generale dell’organizzazione, António Guterres.

(traduzione dal francese di Amedeo Rossi)