Effetti di un attacco israeliano a Gaza simili a quelli di armi chimiche, rileva il rapporto di una ONG

Bethan McKernan, Gerusalemme e Hazem Balousha, Gaza City

Lunedì 30 maggio 2022 – The Guardian

I proiettili sparati contro un magazzino agrochimico hanno creato una nube tossica che ha causato problemi di salute agli abitanti

Secondo un rapporto che analizza il bombardamento e i suoi effetti, un attacco aereo israeliano contro un magazzino agrochimico durante la guerra dell’anno scorso a Gaza ha rappresentato un equivalente dell’ “impiego indiretto di armi chimiche”.

Il 15 maggio dello scorso anno i proiettili incendiari sparati dalle Forze di difesa israeliane (IDF)  hanno colpito il grande magazzino di prodotti farmaceutici e agricoli di Khudair nel nord della Striscia di Gaza dando fuoco a centinaia di tonnellate di pesticidi, fertilizzanti, plastica e nylon. L’impatto ha creato una nube tossica che ha investito un’area di 5,7 kmq e ha lasciato i residenti locali alle prese con problemi di salute, tra cui due segnalazioni di aborti spontanei, e indicazioni di danni ambientali.

L’indagine approfondita, che ha comportato l’analisi di filmati di telefoni cellulari, droni e telecamere a circuito chiuso, dozzine di interviste con i residenti e l’analisi di esperti di munizioni e dinamica dei fluidi, ha utilizzato un modello in 3D del magazzino per determinare le circostanze dell’attacco.

È la prima pubblicazione da parte dell’unità investigativa di architettura forense della ONG palestinese per i diritti umani Al-Haq, una collaborazione unica nel suo genere in Medio Oriente con Forensic Architecture, un’agenzia di ricerca con sede presso la Goldsmiths University of London, che svolge analisi territoriali e dei media per le ONG e nei casi internazionali riguardanti i diritti umani.

Esperti legali hanno concluso in base alle risultanze di Al-Haq che, sebbene nell’attacco siano state usate armi convenzionali, il bombardamento del magazzino, con la consapevolezza della presenza all’interno di sostanze chimiche tossiche, equivale all’uso indiretto di armi chimiche. Tali atti sono chiaramente vietati… e perseguibili sulla base dello Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale”.

Chris Cobb-Smith, un esperto di munizioni, avrebbe affermato: Non c’è alcuna giustificazione militare per l’uso in quel luogo di [proiettili fumogeni avanzati]. Il loro impiego in un contesto urbano è intrinsecamente scorretto e inappropriato.

Duecentocinquantasei persone a Gaza e 14 in Israele sono morte nella guerra di 11 giorni del maggio dello scorso anno tra Israele e Hamas, il gruppo militante palestinese che controlla la striscia assediata. Al-Haq ha affermato che l’attacco al magazzino di Khudair è stato il primo di una serie di attacchi mirati deliberatamente alle infrastrutture economiche e industriali di Gaza, con il bombardamento sistematico di una mezza dozzina di altre fabbriche e magazzini.

Nel 2019 la Corte Penale Internazionale (CPI) ha aperto un’indagine su presumibili crimini di guerra da parte delle forze israeliane e dei militanti palestinesi in territorio palestinese. Israele contesta la giurisdizione della CPI.

Le IDF hanno dichiarato che l’anno scorso in risposta alla serie di attacchi di Hamas Israele ha “effettuato una serie di bombardamenti contro obiettivi militari legittimi nella Striscia di Gaza” durante quella che in Israele è nota come Operazione guardiano delle mura.

Le IDF prendono tutte le precauzioni possibili per evitare di danneggiare i civili durante l’attività operativa”, ha detto un portavoce, aggiungendo che “l’evento in questione” è stato oggetto di indagine da parte di un’inchiesta interna delle IDF “per esaminare se ci fossero deviazioni dalle regole vincolanti e operare necessarie modifiche sulla base delle lezioni apprese”.

Israa Khudair, 20 anni, che vive con il marito e due figli a 40 metri dal sito del magazzino agrochimico, ha subito un aborto spontaneo al quinto mese di gravidanza, otto settimane dopo l’attacco.

“Per mesi l’odore è stato insopportabile, come quello del motore di un’auto misto con olio bruciato, liquame e gas da cucina, quindi ovviamente sapevamo che poteva essere dannoso”, ha detto suo marito, Ihab, 26 anni.

Da allora ho avuto eruzioni cutanee come la maggior parte delle persone qui. Abbiamo lavato la casa cinque volte, insieme ai mobili, ma l’odore è rimasto. Era come un olio sui muri… alla fine in inverno la pioggia ne ha spazzato via gran parte dalle macerie del magazzino.

Ora siamo preoccupati per la nostra salute. Di recente uno dei miei cugini, che ha solo 19 anni, e anche mia zia, si sono ammalati di cancro e pensiamo che sia correlato a quello che è successo qui”.

I combattimenti dell’anno scorso hanno costituito il ​​terzo conflitto su vasta scala tra lo Stato israeliano e Hamas da quando il gruppo ha preso il controllo di Gaza nel 2007, dopo di che Israele ed Egitto hanno imposto un blocco punitivo. Da allora le infrastrutture idriche, fognarie ed elettriche della striscia sono quasi collassate, lasciando i 2 milioni di abitanti di Gaza impegnati ad affrontare crescenti livelli di inquinamento dell’aria,  del suolo e dell’acqua.

Anche Al-Haq, che opera a Gaza e in Cisgiordania, è stata attaccata dalle autorità israeliane: l’anno scorso la ONG è stata una delle sei principali organizzazioni della società civile e dei diritti umani che operano nei territori palestinesi occupati ad essere designate come organizzazioni terroristiche. La decisione è stata ampiamente condannata dalle Nazioni Unite, dai governi occidentali e da importanti organizzazioni internazionali come Amnesty International.

Rula Shadeed, la responsabile del dipartimento di monitoraggio e documentazione di Al-Haq, ha dichiarato: Senza la nostra documentazione professionale basata su standard giuridici [i palestinesi] non possono chiedere accertamenti di responsabilità e giustizia. L’introduzione di nuove metodologie per migliorare e completare la documentazione standard e la presentazione del nostro lavoro è molto importante.

“Siamo molto orgogliosi del fatto che, nonostante gli attacchi illegali e i tempi difficili che la società civile palestinese sta affrontando, riusciamo ancora a continuare e ad avanzare nel nostro lavoro, grazie alla nostra ferma convinzione nell’importanza di denunciare le violazioni contro il nostro popolo e di chiamare a rispondere i colpevoli”.

(traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)