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Premere il grilletto è la prima opzione: un nuovo rapporto rivela un’impennata della violenza israeliana contro i palestinesi

Comunicato stampa

30 gennaio 2023 – Euro-Med Monitor

Territori palestinesi – L’allarmante impennata delle uccisioni perpetrate nel 2022 dall’esercito israeliano contro palestinesi nei Territori Palestinesi Occupati è estremamente preoccupante, ha avvertito in una dichiarazione Euro-Med Human Rights Monitor, sottolineando la necessità di accertare le responsabilità e porre fine allo stato di impunità di cui Israele gode da decenni.

In un rapporto diffuso oggi intitolato “Premere il grilletto è la prima opzione”, Euro-Med Monitor ha affermato che il numero accertato di morti palestinesi in Cisgiordania è aumentato dell’82% nel 2022 rispetto al 2021 ed è quasi quintuplicato (491%) rispetto al 2020. L’analisi dei dati sul campo rivela che la maggioranza delle vittime palestinesi erano civili uccisi dall’esercito israeliano in operazioni ingiustificate e in contesti in cui non erano presenti minacce o pericoli imminenti per la vita di soldati o coloni israeliani.

Il nuovo rapporto si basa su un esame esaustivo dei casi di uccisioni nel 2022, sulla documentazione di eventi sul campo e su interviste condotte da Euro-Med Monitor con testimoni oculari e amici e familiari delle vittime.

Le uccisioni e le esecuzioni sommarie da parte dell’esercito israeliano di civili palestinesi, come si evince dalle sue indulgenti regole di ingaggio e dal sistema ufficiale di protezione per gli autori di terribili violazioni, dimostrano che si tratta di azioni autorizzate dallo Stato, piuttosto che individuali”, dice Ramy Abdu, direttore di Euro-Med Monitor.

A prescindere dal fatto che il governo di Israele sia politicamente di sinistra, di centro o di destra, l’uso della forza letale contro i palestinesi resta un elemento chiave della sua politica”, aggiunge Abdu. “Temiamo che quest’anno vedrà un incremento della violenza israeliana, con i decisori al potere che sostengono l’uccisione dei palestinesi e l’espulsione dalle loro terre.”

Il report contiene statistiche dettagliate di palestinesi uccisi dalle forze dell’esercito israeliano e da coloni nel 2022, documentando l’uccisione di 204 palestinesi da parte dell’esercito nel 2022, di cui 142 avvenute in Cisgiordania (69,6%), 37 nella Striscia di Gaza (18,1%), 20 a Gerusalemme (9,8%) e cinque nelle località arabe all’interno di Israele (2,4%).

I dati presentati dal rapporto mostrano che le forze israeliane hanno compiuto 32 esecuzioni sommarie, 18 delle quali accompagnate da accuse secondo cui le vittime avevano compiuto o stavano per compiere un attacco col coltello o con l’auto contro israeliani vicino a posti di blocco o aree sensibili israeliane; le altre esecuzioni in generale erano prive di qualsiasi motivazione o sono state effettuate sulla sola base di sospetti.

Con 55 palestinesi uccisi, il Governatorato di Jenin ha avuto il numero più alto di morti palestinesi nel 2022 rispetto ad altre città e governatorati, toccando una percentuale del 26,9% di tutti i decessi. Il Governatorato di Nablus segue con 35 morti, il 17,1% del totale; ciò è dovuto alla maggior frequenza delle incursioni e all’effettuazione di altre operazioni speciali nei due Governatorati.

Il mese di agosto 2022 ha registrato il maggior numero di palestinesi uccisi in un mese, con 42 morti, pari al 20,5% del numero totale, senza contare 16 altri uccisi nello stesso mese in seguito a razzi locali caduti nella Striscia di Gaza. Il tributo di morti in agosto è stato elevato a causa dell’operazione dell’esercito israeliano denominata “Breaking Dawn”, durata tre giorni, che ha preso di mira attivisti e postazioni legate al movimento della Jihad Islamica nella Striscia di Gaza. Ottobre ha visto il secondo più alto numero di palestinesi uccisi (28), seguito da 23 in aprile, 20 in novembre, 18 in settembre e 17 in marzo, tutti in Cisgiordania e Gerusalemme est.

Un’analisi sulla tipologia delle vittime e il contesto delle uccisioni ha rivelato che 125 degli uccisi erano civili non coinvolti in disordini, il 61,2% della cifra totale delle vittime. Altre 17 persone sono state uccise mentre cercavano di condurre attacchi individuali (come accoltellamenti o assalti con auto), mentre 62 militanti palestinesi – che agivano per conto proprio o in gruppi – sono stati uccisi in scontri o mentre cercavano di portare attacchi contro obbiettivi israeliani.

In base alle cifre del rapporto, i minori costituiscono circa il 20% delle vittime delle uccisioni israeliane nel 2022, con 48 minori uccisi in attacchi e aggressioni israeliane, oltre a 8 donne uccise nello stesso anno, tre delle quali in esecuzioni sul campo in Cisgiordania. L’autorizzazione concessa dai vertici politici israeliani all’esercito e alle forze di sicurezza di agire “in assoluta libertà” col pretesto di “combattere il terrorismo” sembra aver spianato la strada all’uccisione e alla violenza ingiustificate contro civili palestinesi ai posti di blocco militari e in città, villaggi e paesi in tutta la Cisgiordania e a Gerusalemme est.

Il comportamento delle forze israeliane verso civili palestinesi rivela l’esplicito disinteresse dello Stato per i propri obblighi internazionali in base alle Convenzioni di Ginevra, in particolare alla Quarta Convenzione, che impone alle parti in conflitto di proteggere e non danneggiare i civili, e anche allo Statuto di Roma che ha dato vita alla Corte Penale Internazionale, ai sensi del quale le prassi israeliane configurano crimini di guerra.

Euro-Med Human Rights Monitor chiede all’Unione Europea di riconsiderare l’applicazione del suo accordo di partnership con il governo israeliano alla luce delle violazioni israeliane delle prescrizioni relative al rispetto dei diritti umani e dei principi di democrazia, e anche di interrompere i programmi di cooperazione fino a quando il governo di Israele non rispetti i propri obblighi e ponga fine alle sue gravi violazioni dei diritti umani nei territori palestinesi.

Le principali strutture e agenzie dell’ONU devono intraprendere azioni urgenti per proteggere i civili nei Territori Palestinesi Occupati e garantire indagini e attribuzioni di responsabilità per le gravi violazioni e per qualunque violazione che potrebbe configurare un crimine di guerra. La Corte Penale Internazionale deve avviare le proprie inchieste senza ritardo e trattare la situazione nei territori palestinesi nello stesso modo in cui tratta casi simili in altre regioni del mondo.

Euro-Med Human Rights Monitor è un’organizzazione indipendente con sede a Ginevra e uffici regionali in tutta la regione del Medioriente e Nordafrica e in Europa.

(Traduzione dall’inglese di Cristiana Cavagna)




Diffondere il virus dell’occupazione: lo sputo come arma nelle mani di Israele coloniale

Ramzy Baroud

14 aprile 2020 – Middle East Monitor

Sputare addosso a qualcuno è un insulto universale. In Israele, tuttavia, sputare sui palestinesi ha una storia completamente diversa.

Ora che sappiamo che il coronavirus mortale può essere trasmesso attraverso goccioline di saliva, i soldati israeliani e i coloni ebrei illegali sono duramente impegnati a sputare addosso al maggior numero di palestinesi, alle loro macchine, maniglie di porte ecc.

Se la cosa ti sembra troppo surreale e ripugnante, allora potrebbe essere che sei meno informato di quanto pensi della particolare natura del colonialismo israeliano.

In tutta onestà, gli israeliani sputano addosso ai palestinesi da molto prima che l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ci tenesse lezioni sulla natura elusiva della malattia COVID-19 e sulla necessità cruciale di esercitare il “distanziamento sociale”.

In effetti, se cerchi su Google la frase “sputi israeliani”, verrai inondato dai molti interessanti risultati della ricerca, come “Giudice di Gerusalemme agli ebrei: non sputate sui cristiani”, “I cristiani di Gerusalemme vogliono che gli ebrei smettano di sputare su di loro”, e il più recente,” I coloni israeliani che sputano sulle auto palestinesi sollevano preoccupazioni per il tentativo di diffondere il coronavirus”.

È interessante notare che nel corso degli anni la maggior parte di questa copertura giornalistica è stata fatta dai media israeliani, mentre riceve scarsa attenzione da parte dei media occidentali.

Si potrebbe facilmente classificare tali atti degradanti come un ulteriore esempio del falso senso di superiorità degli israeliani sui palestinesi. Ma il deliberato tentativo di infettare con coronavirus i palestinesi sotto occupazione è ben più che un oltraggio, anche per un regime di insediamento coloniale.

Due particolari elementi di questa storia richiedono un approfondimento.

In primo luogo, l’atto di sputare sui palestinesi e le loro proprietà, sia da parte dei soldati dell’occupazione che dei coloni, è stato ampiamente segnalato in molte parti della Palestina occupata.

Ciò significa che, nel giro di pochi giorni, la cultura dell’esercito e dei coloni israeliani ha rapidamente adattato il razzismo preesistente sino ad usare un virus mortale come strumento finale per soggiogare e nuocere ai palestinesi, sia fisicamente che simbolicamente.

In secondo luogo, [è notevole] il grado di ignoranza e buffoneria che accompagna questi atti razzisti e umilianti.

Il paradigma di potere che ha governato il rapporto tra Israele colonialista e palestinesi colonizzati ha seguito finora un corso tipico, secondo cui le cattive azioni di Israele rimangono per lo più impunite.

Quegli israeliani razzisti che stanno deliberatamente cercando di infettare i palestinesi con il COVID-19 pensano e si comportano non solo da criminali, ma anche incredibilmente da sciocchi.

Quando i soldati israeliani arrestano o picchiano gli attivisti palestinesi, hanno la stessa probabilità di contrarre il coronavirus quanto di trasmetterlo.

Ma, naturalmente, Israele sta facendo molto di più per complicare, se non bloccare del tutto gli sforzi palestinesi per contenere la diffusione del coronavirus.

Il 23 marzo un lavoratore palestinese, Malek Jayousi, è stato espulso dalle autorità israeliane al checkpoint militare di Beit Sira, vicino a Ramallah, perché sospettato di avere il coronavirus.

Un filmato del povero lavoratore rannicchiato vicino al checkpoint, dopo essere stato “scaricato come spazzatura”, è diventato virale sui social media.

Per scioccante che fosse quell’immagine, si è ripetuta in altre parti della Cisgiordania.

Ovviamente i lavoratori palestinesi non erano stati testati per il virus, ma avevano semplicemente manifestato sintomi para-influenzali, abbastanza da far sì che Israele se ne liberasse come se la loro vita non avesse importanza.

Due settimane dopo, il governatore palestinese della città occupata di Qalqiliya, Rafi ‘Rawajbeh, ha detto ai giornalisti che l’esercito israeliano avrebbe aperto diversi tunnel per le acque reflue a nord della città palestinese, pensando di impiegare di nuovo operai palestinesi in Cisgiordania senza previo coordinamento con l’Autorità Nazionale Palestinese.

Senza fare i test a quelle centinaia di lavoratori irregolari, l’Autorità Nazionale Palestinese, che già opera con una capacità limitata nell’affrontare la malattia, si troverà nell’impossibilità di contenere la diffusione del virus.

Le denunce palestinesi del deliberato tentativo di Israele di favorire la diffusione del coronavirus in Palestina sono state ulteriormente confermate da Euro-med Monitor [Ong per la difesa dei diritti umani, ndtr.] di Ginevra, che il 31 marzo ha invitato la comunità internazionale a indagare sul “comportamento sospetto” dei soldati israeliani e dei coloni ebrei.

Durante i raid dell’esercito israeliano contro case palestinesi, i soldati “sputano contro macchine parcheggiate, bancomat e serrature di negozi, il che fa sospettare si tratti di tentativi deliberati di diffondere il virus e causare panico nella società palestinese”, ha dichiarato Euro-Med.

L’articolo 56 della Quarta Convenzione di Ginevra non dice nulla sull’obbligo per i membri della potenza occupante di smettere di sputare sulle comunità occupate e soggiogate; molto probabilmente perché è previsto che un comportamento così sordido sia evidentemente inaccettabile e non richieda uno specifico riferimento testuale.

Tuttavia l’articolo 56, come ha recentemente sottolineato Michael Lynk, relatore speciale delle Nazioni Unite per la situazione dei diritti umani nel territorio palestinese, impone a Israele, potenza occupante, di “garantire che siano utilizzati tutti i mezzi preventivi necessari e disponibili per ‘combattere la diffusione di malattie contagiose ed epidemie.’”

Tuttavia Israele sta drammaticamente venendo meno al suo obbligo giuridico.

Persino il sindaco israeliano di Gerusalemme, Moshe Leon, ha sottolineato la disuguaglianza nella risposta ufficiale israeliana alla diffusione del coronavirus.

Nella sua lettera del 7 aprile al direttore generale del Ministero della Sanità israeliano Moshe Bar Siman Tov, Leon ha messo in guardia contro “la grave carenza di attrezzature mediche negli ospedali (palestinesi) a Gerusalemme est (occupata), in particolare di attrezzature e dispositivi di protezione per condurre i test del coronavirus.

Al di là delle gravi carenze negli ospedali di Gerusalemme est e in Cisgiordania, la situazione nella Striscia di Gaza assediata è semplicemente disastrosa; il Ministero della Sanità di Gaza ha dichiarato il 9 aprile di aver esaurito tutti i kit per il test del coronavirus, che peraltro non erano mai stati più di poche centinaia.

Ciò significa che i numerosi abitanti di Gaza già in quarantena non saranno rilasciati in un prossimo futuro e che i nuovi casi non verranno individuati e tanto meno guariti.

Nelle ultime settimane abbiamo spesso segnalato questo terrificante scenario prossimo venturo, specialmente perché Israele usa il coronavirus come occasione per isolare ulteriormente i palestinesi e barattare potenziali aiuti umanitari con concessioni politiche.

Senza un intervento immediato e sostenibile da parte della comunità internazionale, la Palestina occupata, e specialmente Gaza impoverita e assediata, potrebbero diventare un focolaio di COVID-19 per gli anni a venire.

Israele non cederà mai senza un intervento internazionale. Se non sarà chiamata a risponderne, neppure un virus mortale cambierà mai le abitudini di una vile occupazione militare.

Le opinioni espresse in questo articolo appartengono all’autore e non riflettono necessariamente la politica editoriale di Middle East Monitor.

(Traduzione dall’inglese di Luciana Galliano)




Nel pieno dell’epidemia da coronavirus i soldati israeliani gettano immondizia e sputano sui veicoli palestinesi in Cisgiordania

6 aprile 2020 – Palestine Chronicle

Secondo l’agenzia di stampa palestinese WAFA, mentre i palestinesi cercano di combattere la diffusione della letale pandemia da coronavirus, oggi nella città della Cisgiordania meridionale di Beit Ummar soldati israeliani hanno scaricato rifiuti contaminati ed hanno sputato sulle portiere di veicoli e sulle porte delle case.

L’attivista locale Muhammad Awad ha detto alla WAFA che un folto gruppo di soldati israeliani ha fatto irruzione in una zona di Beit Ummar – situata vicino al blocco di colonie illegali di Gush Etzion – ed ha gettato in mezzo alle case del villaggio vetri contaminati con una sostanza sconosciuta, nonché rifiuti, siringhe e guanti usati.

I soldati israeliani hanno anche sputato sulle macchine e sulle porte delle case ed insultato gli abitanti con termini razzisti, ha detto Awad, sollevando il sospetto che i soldati vogliano intenzionalmente diffondere il coronavirus tra i civili palestinesi di quella zona.

Dopo che i soldati se ne sono andati dalla città, i volontari locali del Comitato di Emergenza di Beit Ummar hanno sterilizzato le due zone e distrutto e bruciato tutto ciò che i soldati avevano gettato.

Il 31 marzo l’Euro-Med Monitor [organizzazione indipendente per la protezione dei diritti umani, ndtr.] con sede a Ginevra ha chiesto alla comunità internazionale di proteggere i palestinesi e costringere i soldati israeliani a porre fine alle incursioni nelle città e cittadine, che mettono a rischio le misure preventive messe in atto dall’Autorità Nazionale Palestinese per controllare l’epidemia da coronavirus.

Ha chiesto inoltre di indagare sul comportamento sospetto di molti soldati e coloni israeliani, che sembra essere un tentativo di diffondere il contagio, e di far sì che quanti ne sono stati responsabili rispondano dei loro atti.

Secondo il Ministero della Sanità palestinese stamattina sono stati confermati 15 nuovi casi di coronavirus in Cisgiordania, che hanno portato il totale in Palestina a 252.

(Palestine Chronicle, WAFA, reti sociali)