La donazione di reni solo ad ebrei emula il nazismo

Rogel Alpher

18 luglio 2023 Haaretz

Arnon Segal è un fascista messianico, come dimostra il suo essere il numero 20 nella lista del sionismo religioso alla Knesset e il suo attivismo a favore della costruzione del Terzo Tempio (e prima è, meglio è).

“Sono coinvolto quotidianamente con il Monte del Tempio”, ha osservato in un’intervista la scorsa settimana sulla sua decisione di donare un rene a uno sconosciuto. Ha anche annunciato che “l’unica condizione è che il rene vada a un ebreo”.

Questa dichiarazione è come un americano bianco che annunci di rifiutarsi di donare un rene a una persona nera o ispanica o non cristiana, un tedesco che doni esclusivamente ad ariani, un afrikaaner che rifiuti di donare a uno zulu, un indù in India che non lasci che il suo rene vada a un musulmano. Casi evidenti di discriminazione razziale basati su un nazionalismo estremista.

Segal non è diverso da tutti loro. Ha espresso molto chiaramente che l’unico requisito è l’ebraicità del destinatario, foss’anche un gay ebreo che disprezza la religione: “Siamo tutti fratelli, e i disaccordi sono all’interno della famiglia… il nostro impegno è di essere un solo popolo”. Il trapianto ha lo scopo di rafforzare la razza.

La Ministra della Diplomazia Pubblica [Ministero per la gestione dell’immagine nazionale attraverso canali ufficiali di Stato e non, ndt.] Galit Distal-Atbaryan ha spiegato su Twitter: Segal vede tutti gli ebrei come “fratelli e sorelle di sangue… l’immortale famiglia ebraica”. Ogni ebreo è percepito come parte di un corpo più grande chiamato “famiglia”: il popolo ebraico, la nazione ebraica. La connessione tra gli individui di questa “famiglia” è organica. È “nel sangue”. Il sangue che scorre nel corpo di ogni ebreo lo collega eternamente ad un corpo nazionale più ampio, “l’immortale popolo ebraico”. Così disse il Signore. Anche il Terzo Reich propugnò un’ideologia che vedeva ogni individuo della Volksgemeinschaft (la comunità di razza tedesca) come una cellula di un corpo nazionale più ampio.

“Puoi chiamarlo razzismo o fascismo”, ha scritto Distal-Atbaryan. “Noi lo chiamiamo amore.” Il razzismo è amore. Il fascismo è amore. E sulla base di questo neolinguaggio orwelliano, arriva la morale della favola: anche se dice che la “sinistra laica” e il “blocco dei credenti” sono “due universi paralleli che parlano lingue aliene”, secondo lei i fascisti devono pur sempre vedere quelli di sinistra come “amati fratelli… senza limiti nel tempo…”

“Sangue e terra”, cantavano i suprematisti bianchi che marciarono a Charlottesville, in Virginia [nel 2021, una contromanifestante fu uccisa e 19 feriti, ndt.]. Anche questo è uno slogan originariamente nazista, che si basa sull’idea di una connessione mistica tra la patria tedesca e i tedeschi “razzialmente puri”.

Come loro Segal, Distal-Atbaryan e l’intero movimento fascista ebraico in Israele credono in una connessione mistica, divina ed eterna tra tutti gli ebrei e tra gli ebrei e la terra di Eretz Israel [il Grande Israele, ndtr.]

Negli anni ’70 la giunta dittatoriale in Argentina appese un cartello circolare sull’obelisco bianco al centro del viale principale di Buenos Aires che diceva “El Silencio es Salud” (“Il silenzio è salute”). I regimi totalitari, come George Orwell ha capito e prefigurato così chiaramente, capovolgono la logica. Il silenzio è salute? La censura è ovviamente tossica e distruttiva. Il razzismo è amore?

Questo “amore” tra “fratelli e sorelle di sangue” nella “immortale famiglia ebraica” non deriva in alcun modo da valori condivisi. Anzi. Segal è pronto a donare un rene a qualcuno i cui valori sono all’opposto dei suoi, purché il sangue di quella persona sia ebreo. La stessa connessione mistica, divina, organica si trova nel sangue che scorre nelle vene di ogni ebreo, e contiene un legame eterno, e totalmente fascista, con il suolo di Eretz Israel.

La lezione che la fazione del “razzismo è amore” trae dall’Olocausto (di cui ogni fibra dell’esperienza israeliana è satura) è quella di emulare i tedeschi. Forse se i fascisti ebrei in Israele dimenticassero l’Olocausto sarebbero persone migliori, più morali.

(traduzione dall’inglese di Luciana Galliano)




È ufficiale: il fascismo siamo noi

Yossi Klein

4 novembre 2022 – Haaretz

La vittoria della coalizione di Netanyahu e la sconfitta della sinistra non sono né sorprendenti né l’aspetto più significativo delle elezioni. C’è stato un vincitore in queste elezioni: il nazionalismo sionista religioso. Netanyahu se ne andrà, e anche Ben-Gvir. Il fascismo è destinato a rimanere. Non è più uno degli attori politici in campo: è una visione del mondo.

Si tratta di un cambiamento drammatico e storico. Il fascismo si è affermato. Il quadro generale è che si è manifestato con il punteggio di 14 a 0: 14 seggi per il fascismo, 0 per la sinistra. È una sconfitta cocente. Israele ha adottato la visione del mondo del peggiore dei suoi nemici. Chiamiamola con il suo nome: Ben-Gvir [leader della coalizione di estrema destra Sionismo Religioso, ndt.] il Ben-gvirismo è kahanismo [ideologia suprematista e razzista del defunto rabbino Meri Kahane, ndt.] ed è fascismo.

Non siamo rimasti sorpresi. Siamo rimasti indifferenti. Abbiamo chiamato l’emergente fascismo “un processo”, nella speranza che sarebbe stato contenuto a lungo, o almeno non sarebbe fiorito finché ci fossimo stati noi in giro. Ma il 14 a 0 non è solo una fase, l’ha già superato. I processi sono dinamici, si sviluppano e avanzano, prima alla Knesset, poi al governo, e poi a casa tua.

Il fascismo è una vecchia conoscenza. È qui fin dal 1967, forse da prima. La gente si vergognava di chiamarlo così, ma era qui ad ogni passo, anche se lo abbiamo accettato in silenzio. Oggi non c’è più vergogna. Il fascismo non è più una parolaccia. Oggi puoi chiamare qualcuno fascista e non si sente insultato. Chiamaci fascisti se ne hai voglia, a Otzma Yehudit [Potere Ebraico, il partito di Ben-Gvir, ndt.] non ci importa, nelle prossime elezioni Ygal Amir [kahanista e uccisore del primo ministro Yitzhak Rabin, ndt.] avrà un posto di rilievo nelle liste elettorali.

Nello stesso modo in cui legittimiamo Ben-Gvir legittimiamo il fascismo. Lo trasformeremo. Prenderemo l’estrema destra, gli metteremo una kippah [copricapo degli ebrei religiosi, ndt.] e le frange rituali e avremo il fascismo sionista religioso. Umberto Eco ha definito il fascismo anche come una profonda passione per la tradizione, la concezione del dissenso come tradimento, un’ossessione per il complotto e la venerazione dell’eroe e della morte. Il fascista ebreo sionista religioso ha tutto questo.

Quando l’estrema destra è arrivata al potere in Italia non siamo stati presi dal panico e non abbiamo chiesto agli ebrei di venire a vivere in Israele. Che importa se 80 anni fa gli ebrei furono uccisi in suo nome? Direte che non si può fare un parallelo e che il fascismo ha anche i suoi aspetti bellissimi. Apprezzerà il patriottismo, elogerà la disciplina.

Di chi è la colpa della vittoria del fascismo qui? A breve termine, la televisione commerciale, e a lungo termine il sistema educativo. La televisione ha costruito Ben-Gvir come un ridicolo pagliaccio, una macchietta innocua, e gli ha fornito una piattaforma che nessun politico si era mai sognato. Ora, quando il genio è uscito dalla bottiglia si rifiuta di tornarci dentro. Non c’è da preoccuparsi della televisione, è già pronta per i nuovi padroni, a prostrarsi e a leccargli i piedi.

Che la televisione commerciale adulasse il fascismo non ci ha sorpresi. Eravamo preparati. Per 75 anni nelle scuole hanno evitato di chiamare il fascismo con il suo nome. “Amore per la patria”, “insediamenti”, “estrema destra”. Ci hanno insegnato che siamo migliori del resto del mondo, ma anche le sue vittime. Grazie al rapporto tra autocommiserazione e arroganza, abbiamo fatto quello che la democrazia rifiuta e il fascismo accetta. Ogni ministro dell’educazione ha contribuito all’avanzata del fascismo. Ogni programma scolastico lo ha rafforzato. Lo hanno diluito con ingredienti intesi a offuscarne l’essenza: “il nostro diritto alla terra” ci ha dato il diritto di espellere rifugiati e tormentare gli occupati. I genitori hanno sgranato gli occhi increduli: sono andati a dormire con bravi bambini e si sono svegliati con truppe d’assalto. Se davvero vogliono sapere da dove i loro figli hanno ricevuto questa malvagità, dovrebbero andare nelle loro scuole e leggere i programmi, controllare cosa imparano e soprattutto ciò che non gli viene consentito di imparare.

Capiranno che puoi insegnare ai diciassettenni i diritti umani, la giustizia e l’uguaglianza di fronte alla legge, mentre come soldati gli verrà chiesto di calpestarli. Non puoi insegnare l’uguaglianza in un Paese conquistatore e spiegare cos’è un confine quando non ti viene permesso di citare la Linea Verde [che separa Israele dalla Cisgiordania, ndt.]. Forse è già troppo tardi. Forse abbiamo perso l’occasione e il fascismo non può più essere sradicato.

Come ogni movimento fascista, userà strumenti democratici per vincere, rifletterà la visione del mondo della maggioranza dell’opinione pubblica. È legittimo? Ma può il fascismo essere legittimo in un Paese democratico? L’ingresso ufficiale del fascismo nelle nostre vite è il vero messaggio delle elezioni. Si parla del processo a Netanyahu, del servizio militare di Lapid [polemica contro l’ex-primo ministro che avrebbe fatto il militare come giornalista e non in unità operative, ndt.] e non dell’elefante nella stanza. Lo si è evitato, ignorato. Dopo queste elezioni chiunque deve chiedersi se è ancora orgoglioso di essere israeliano.

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)




In Israele cresce il fascismo e un razzismo simile al nazismo dei primi anni

Zeev Sternhell*

19 gennaio 2018, Haaretz

Non desiderano danneggiare fisicamente i palestinesi. Vogliono solo privarli dei loro diritti umani fondamentali, come l’autogoverno nel loro stesso Stato e la libertà dall’oppressione

Mi chiedo spesso come tra 50 o 100 anni uno storico interpreterà la nostra epoca. Quando, si chiederà, il popolo di Israele ha iniziato a capire che lo Stato fondato durante la guerra d’Indipendenza [definizione israeliana della guerra del ’48 contro i Paesi arabi, che portò all’espulsione dei palestinesi ed alla nascita di Israele, ndt.], sulle rovine dell’ebraismo europeo e a costo del sangue dei combattenti, alcuni dei quali erano sopravvissuti all’Olocausto, è degenerato in un vero mostro per i suoi abitanti non ebrei? Quando alcuni israeliani hanno compreso che la loro crudeltà e capacità di angariare gli altri, palestinesi ed africani, ha iniziato ad erodere la legittimazione morale della loro esistenza come entità sovrana?

La risposta, potrebbe dire questo storico, era insita nelle azioni di membri della Knesset  come Miki Zohar [parlamentare del Likud, ndt.] e Bezalel Smotrich [parlamentare di estrema destra] e nelle leggi proposte dalla ministra della Giustizia Ayelet Shaked [del partito di estrema destra “Casa ebraica”, ndt.]. La legge sullo Stato-Nazione, che assomiglia a ciò che venne formulato dai peggiori ultra-nazionalisti europei, è stata solo l’inizio. Dato che nelle sue manifestazioni su viale Rothschild [una delle principali vie di Tel Aviv, ndt.] la sinistra non ha protestato contro di essa, ciò ha funzionato come un primo chiodo sulla bara del vecchio Israele, quello la cui Dichiarazione di Indipendenza rimarrà come un pezzo da museo. Questo reperto archeologico insegnerà alla gente quello che Israele avrebbe potuto diventare se la sua società non fosse stata disintegrata dalla devastazione morale provocata dall’occupazione e dall’apartheid nei territori [palestinesi occupati, ndt.].

La sinistra non è più in grado di controllare l’ultranazionalismo tossico che vi si è sviluppato, del genere il cui ceppo europeo ha quasi spazzato via la maggior parte del popolo ebraico. Le interviste che il giornalista di Haaretz Ravit Hecht ha fatto a Smotrich e Zohar (3 dicembre 2016 e 28 ottobre 2017) dovrebbero essere diffuse ampiamente su tutti i mezzi di comunicazione in Israele e in tutto il mondo ebraico. In entrambe si nota non solo il crescente fascismo israeliano, ma un razzismo simile al nazismo nelle sue prime fasi.

Come ogni ideologia, la teoria nazista della razza si sviluppò nel corso degli anni. All’inizio si limitò a privare gli ebrei dei loro diritti civili ed umani. È possibile che, senza la Seconda Guerra Mondiale, il “problema ebraico” sarebbe finito solo con l’espulsione “volontaria” degli ebrei dal territorio del Reich. Dopotutto, la maggior parte degli ebrei austriaci e tedeschi lo fece per tempo. È possibile che questo sia il futuro che attende i palestinesi.

Di fatto, Smotrich e Zohar non vogliono danneggiare fisicamente i palestinesi, a patto che non si ribellino ai loro padroni ebrei. Desiderano solo privarli dei loro diritti umani fondamentali, come l’autogoverno nel loro stesso Stato e la libertà dall’oppressione, o di pari diritti nel caso in cui i territori vengano ufficialmente annessi ad Israele. Per questi due rappresentanti della maggioranza alla Knesset, i palestinesi sono destinati a rimanere per sempre sotto occupazione. È probabile che il comitato centrale del Likud la pensi allo stesso modo. Il ragionamento è semplice: gli arabi non sono ebrei, per cui non possono rivendicare il possesso di nessuna parte della terra che è stata promessa al popolo ebraico.

Secondo la concezione di Smotrich, Zohar e Shaked, un ebreo di Brooklyn che non ha mai messo piede in questo Paese è il legittimo proprietario di questa terra, mentre un palestinese la cui famiglia ha vissuto qui per generazioni è uno straniero, che ci vive solo per gentile concessione degli ebrei. “Un palestinese”, ha detto Zohar a Hecht, “non ha diritto all’autodeterminazione in quanto non possiede la terra di questo Paese. Per correttezza accetto che stia qui come residente, sempre che sia nato qui e viva qui – non voglio chiedergli di andarsene. Mi spiace dirlo, ma essi hanno uno handicap fondamentale – non sono nati ebrei.”

Da ciò si può desumere che, anche se tutti loro si convertissero, si facessero crescere i riccioli dalle tempie [tipici degli ebrei ortodossi, ndt.] e studiassero la Torah, non basterebbe. Questa è la situazione riguardo ai richiedenti asilo sudanesi, agli eritrei ed ai loro figli, che sono israeliani a tutti gli effetti Era così anche per i nazisti. Poi arriverà l’apartheid, che potrebbe essere applicato in base a certe circostanze agli arabi che sono cittadini di Israele. La maggior parte degli israeliani non ne sembra turbata.

(traduzione di Amedeo Rossi)

* Nota del traduttore: Zeev Sternhell è un importante storico della politica israeliano di orientamento liberale, esperto nello studio dei fascismi ed apprezzato dallo storico Renzo De Felice e dal filosofo Augusto del Noce, entrambi di destra. È stato insignito del premio “Israel”, uno dei più importanti riconoscimenti accademici israeliani. Membro del gruppo pacifista “Peace now” e critico con la colonizzazione in Cisgiordania, nel 2008 ha subito un attentato dinamitardo ad opera di estremisti di destra israeliani.