Cisgiordania: l’arresto di palestinesi ricercati da Israele scatena scontri con un morto

Shatha Hammad

20 settembre 2022 – Middle East Eye

Ucciso un palestinese durante un conflitto armato tra forze di sicurezza dell’Autorità Palestinese e manifestanti

All’alba di martedì sono scoppiati scontri armati tra forze di sicurezza palestinesi e manifestanti dopo che, la sera prima, l’Autorità Palestinese (AP) aveva arrestato in un’imboscata a Nablus, nella Cisgiordania occupata, un importante dirigente di Hamas ricercato da Israele. 

Gli scontri sono continuati per tutta la mattinata e si sono conclusi con un morto, il palestinese Firas Yaish, 53 anni, e un ferito grave.

Poco prima della mezzanotte in un’imboscata in Faisal Street, a Nablus est, le forze dell’AP hanno arrestato Musab Shtayyeh che era stato il bersaglio di parecchi tentativi di assassinio da parte di Israele. Nello stesso attacco hanno anche arrestato Ameed Tabileh, un combattente palestinese vicino al Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina [storico gruppo marxista della resistenza armata palestinese, N.d.T.], anch’egli ricercato da Israele.

Shtayyeh aveva avuto stretti rapporti con Ibrahim Nabulsi, leader delle Brigate dei Martiri al-Aqsa, ala militare di Fatah, che era stato ucciso dalle forze israeliane ad agosto.

La famiglia di Shtayyeh ha chiesto il suo immediato rilascio e respinto le informazioni dell’AP secondo cui sarebbe stato consegnato alle forze di sicurezza. 

In un comunicato la famiglia ha detto: “Noi riteniamo le forze di sicurezza pienamente responsabili della vita del nostro figlio ed eroe, Musab Shtayyeh, degli eventi successivi e degli attacchi contro il nostro popolo,” e ha chiesto di vedere Shtayyeh per controllare le sue condizioni dopo le percosse ricevute durante l’arresto.

Hamas, da lungo tempo rivale di Fatah, primo partito dell’AP, ha condannato l’arresto di Shtayyeh definendolo un “rapimento… un delitto nazionale ” e una “macchia” sull’immagine dell’AP. 

A vantaggio di Israele

Centinaia di palestinesi radunatesi in cortei provenienti dai campi profughi della città, tra cui quelli di Balata, al-Ain e Askar, hanno chiesto il rilascio immediato dei detenuti. I manifestanti hanno bloccato le strade incendiando pneumatici e tirando pietre contro i veicoli blindati dell’AP. 

Nel frattempo palestinesi armati hanno partecipato a scontri contro le forze di sicurezza durati tutta la mattina durante i quali è stato ucciso Yaish.

Uomini armati hanno anche sparato verso il quartier generale distrettuale dell’AP in protesta contro le politiche dell’Autorità.

Talal Dweikat, portavoce dei servizi di sicurezza dell’Autorità Palestinese, ha confermato con un comunicato la morte di Yaish aggiungendo che “si sta attendendo il referto medico” sulle circostanze del decesso.

Dweikat ha dichiarato che Yaish è stato ucciso “in una zona dove non era presente il personale della sicurezza”.

In informazioni non confermate alcuni testimoni oculari hanno detto che Yaish è stato ucciso dalla polizia dell’AP. 

Sono stati feriti anche quattro manifestanti palestinesi, tra cui Anas Abdel-Fattah, studente presso l’università al-Najah ed ex detenuto nelle carceri israeliane che, colpito allo stomaco, è in condizioni critiche. 

Khaled Mansour, leader dei Comitati di Resistenza Popolare [organizzazione armata che riunisce miliziani di varie formazioni palestinesi, N.d.T.], ha dichiarato a Middle East Eye: “Noi speravamo che la rabbia popolare si sarebbe scatenata contro l’occupazione israeliana, e ci eravamo impegnati affinché avvenisse, ma quello che le azioni dell’AP hanno fatto ha distrutto tutti i nostri sforzi.”.

Non ci saremmo mai aspettati gli eventi di cui siamo stati testimoni a Nablus dalla scorsa notte. Sono il risultato degli errori e delle prevaricazioni dell’AP e devono essere revocate,” ha aggiunto Mansour.

La calma non ritornerà fino a che l’Autorità non smetterà di incarcerare e perseguitare le persone ricercate da Israele.”

Mansour ritiene l’AP responsabile anche delle vittime.

“L’Autorità arresta i palestinesi e li insegue adempiendo ai suoi obblighi con Israele. Ma Israele viola tutti i trattati con i palestinesi e non ne rispetta nessuno,” ha detto. 

L’unico a trarre beneficio dagli eventi di oggi a Nablus è Israele e siamo noi, il popolo palestinese e la nostra resistenza, a perdere in seguito a questi sventurati eventi.”

Le ragioni’ dell’AP

L’AP non ha dato un resoconto chiaro dei disordini, ma nella sua dichiarazione Dweikat ha detto che Shtayyeh e Tabileh sono in carcere “per le ragioni della sicurezza dell’establishment che verranno rivelate successivamente”.

I detenuti “non correranno alcun pericolo” e “alle organizzazioni per i diritti umani sarà permesso di far loro visita immediatamente”, ha aggiunto.

La dichiarazione tenta di avere un tono tranquillizzante, ma definisce le proteste contro l’AP manipolate da “interessi stranieri”.

“In questo momento dovremmo serrare i ranghi e non farci trascinare in progetti dannosi,” ha detto Dweikat.

Il gruppo armato di Nablus Fossa del leone [gruppo armato palestinese da poco creato e la cui connotazione politica è ancora ignota, N.d.T.], fondato dopo l’assassinio di Nabulsi [combattente diciannovenne ucciso il 7 agosto], in varie dichiarazioni ha invocato l’escalation contro l’AP per l’arresto di Shtayyeh e la persecuzione da parte dell’Autorità di palestinesi sulla lista dei ricercati da Israele.

Il gruppo ha minacciato che alle forze di sicurezza dell’AP non verrà permesso di entrare a Nablus se Shtayyeh non verrà rilasciato.

Noi abbiamo mandato un messaggio urgente ai servizi di sicurezza: i figli della ‘Fossa del leone’, e tutte le altre fazioni politiche palestinesi a Nablus, non accetteranno che il più importante ricercato dell’occupazione (israeliana) sia detenuto nelle carceri dell’AP,” precisa il gruppo.

(traduzione dall’inglese di Mirella Alessio)




Rapporto OCHA del periodo 15 -28 novembre 2016 (due settimane)

Il 22 e 25 novembre, in due distinti episodi verificatisi a Gerusalemme Est, al checkpoint di Shu’fat ed a quello di Qalandiya, le forze israeliane hanno ucciso, con armi da fuoco, due palestinesi, uno dei quali quattordicenne: secondo fonti israeliane, si presume che entrambi fossero aggressori con coltello.

Nessun soldato israeliano è rimasto ferito negli episodi citati. Le autorità israeliane hanno trattenuto i corpi dei palestinesi uccisi; in totale sono ora trattenuti sei cadaveri di palestinesi. Dall’inizio del 2016, 73 palestinesi, tra cui 21 minori, e otto israeliani, tra cui una ragazza, sono stati uccisi durante aggressioni e presunte aggressioni effettuate da palestinesi della Cisgiordania. Le risposte delle forze israeliane ad alcuni di questi episodi hanno sollevato preoccupazione circa un possibile uso eccessivo della forza ed esecuzioni extragiudiziali.

Un altro palestinese di 22 anni è stato ucciso dalle forze israeliane il 18 novembre, con armi da fuoco, in scontri avvenuti nel corso di una manifestazione presso la recinzione perimetrale della Striscia di Gaza. Nei Territori palestinesi occupati (oPt), nel corso di molteplici scontri, le forze israeliane hanno anche ferito 34 palestinesi, tra cui quattro minori. In Cisgiordania, tali scontri sono scoppiati durante operazioni di ricerca-arresto, durante le manifestazioni settimanali a Ni’lin (Ramallah) e Kafr Qaddum (Qalqiliya) contro la Barriera e contro gli insediamenti, e contro la costruzione di un nuovo insediamento-avamposto [illegale anche per la legge israeliana] nel nord della Valle del Giordano. Tre soldati israeliani sono rimasti feriti ad opera di palestinesi, per lancio di bottiglie incendiarie e pietre.

Una donna palestinese è stata uccisa il 16 novembre nel Campo Profughi di Balata (Nablus), durante uno scontro a fuoco tra Forze di Sicurezza palestinesi e civili palestinesi. La donna non era coinvolta negli scontri, scoppiati nel corso di una operazione di ricerca-arresto nel Campo. Tre membri delle Forze di Sicurezza sono rimasti feriti.

Gli incendi boschivi, divampati tra il 22 e il 27 novembre in molteplici località israeliane ed in alcune zone dei Territori palestinesi occupati (oPt), hanno determinato vasti sfollamenti di popolazione. La polizia israeliana ha avviato indagini su possibili casi di incendio doloso ed ha arrestato alcuni sospetti. In Cisgiordania, circa 380 famiglie sono state temporaneamente evacuate dalle loro case negli insediamenti colonici israeliani di Dolev, Talmon e Halamish (Ramallah); secondo i media, in quest’ultimo insediamento 15 case sono state bruciate completamente e altre 25 sono state danneggiate. Almeno sei persone hanno riportato lesioni per inalazione di fumo. Gli incendi hanno raggiunto la città di Huwwara (Nablus), dove è stato danneggiato un ettaro di terra coltivata. Le forze antincendio palestinesi sono state dispiegate sia in Israele che negli insediamenti colonici della Cisgiordania per sostenere gli sforzi di Israele contro gli incendi.

In Cisgiordania le forze israeliane hanno condotto 252 operazioni di ricerca-arresto ed hanno arrestato 243 palestinesi. Il governatorato di Gerusalemme ha registrato la più alta quota di arresti (103, di cui 35 minori) e di operazioni (62), incluse le due operazioni compiute nell’Università Al Quds, in Abu Dis (Gerusalemme).

A Gaza, in almeno 16 occasioni, le forze israeliane hanno aperto il fuoco di avvertimento verso palestinesi presenti o in avvicinamento alle Aree ad Accesso Riservato (ARA) di terra e di mare. In un’altra occasione, le forze israeliane sono entrate in Gaza ed hanno svolto un’operazione di spianatura del terreno. Non sono stati segnalati feriti, ma il lavoro di agricoltori e pescatori è stato interrotto. Sei palestinesi sono stati arrestati, tra cui due pescatori che sono stati costretti a togliersi i vestiti e nuotare verso le imbarcazioni della marina israeliana, mentre la loro barca e le reti da pesca sono state sequestrate. Altri quattro civili sono stati arrestati mentre tentavano di entrare illegalmente in Israele.

Per la mancanza di permessi di costruzione, le autorità israeliane hanno demolito o requisito 18 strutture, sfollando 42 palestinesi, tra cui 30 minori, e colpendo i mezzi di sostentamento di altre 60 persone. In Ma’azi Jaba, una delle comunità colpite nel governatorato di Gerusalemme, le autorità hanno demolito nove tra strutture abitative e di sostentamento che erano state fornite come assistenza umanitaria. Questa è una delle 46 comunità della Cisgiordania centrale a rischio trasferimento forzato in conseguenza di un piano israeliano per “rilocalizzarli”.

In cinque comunità dell’Area C, Khirbet ar Ras al Ahmar e Ibziq (entrambe in Tubas), Jit (Qalqiliya) e Ash Shuyukh (Hebron), le autorità israeliane hanno sequestrato tre trattori e due bulldozer, adducendo quale motivazione il loro impiego in costruzioni illegali. Nel villaggio di Ya’bad (Jenin), per violazione delle norme ambientali, le forze israeliane hanno sequestrato quattro veicoli e 150 tonnellate di legna per la produzione di carbone, fonte di sostentamento per almeno 1.000 lavoratori.

In cinque occasioni, per consentire l’addestramento militare, le forze israeliane hanno sfollato temporaneamente 210 persone, inclusi 123 minori, appartenenti a due comunità di pastori palestinesi nel nord della Valle del Giordano (Khirbet ar Ras al Ahmar e Ibziq). Le due comunità devono far fronte a ripetute demolizioni e restrizioni ai loro spostamenti che acuiscono le crescenti preoccupazioni legate al rischio di trasferimento forzato. In altre tre occasioni, nella stessa area, le forze israeliane hanno effettuato esercitazioni militari in prossimità della comunità di pastori palestinesi di Khirbet Tel al Himma, con conseguenti danni alle proprietà e limitazioni negli spostamenti; per due volte, dalla fine del settembre 2016, tale comunità ha subito demolizioni.

Sono stati registrati tre attacchi di coloni israeliani che hanno causato lesioni a palestinesi o danni alle loro proprietà; in particolare, l’aggressione fisica e il ferimento di tre uomini palestinesi in due distinti episodi avvenuti nella zona H2 di Hebron e danni ad un veicolo palestinese, per lancio di pietre, ad Hebron. Inoltre, non inclusi nel conteggio, a Gerusalemme Est, Hebron e Tubas sono stati segnalati almeno tre episodi di aggressione e intimidazione contro palestinesi.

Secondo i media israeliani, ci sono stati otto casi di lancio di pietre ad opera di palestinesi contro veicoli israeliani; ne sono conseguiti il ferimento di un colono israeliano e danni ad almeno sei veicoli, oltre che alla metropolitana leggera di Gerusalemme.

Il valico di Rafah, sotto controllo egiziano, è stato eccezionalmente aperto per tre giorni (16-18 novembre): è stata consentita l’uscita dalla Striscia di Gaza a 1.702 persone e il rientro a 947. Secondo le autorità palestinesi di Gaza, dall’inizio del 2016, circa 20.000 persone sono registrate e in attesa di uscire da Gaza attraverso Rafah.