Esperimento fallito: tre motivi per cui Israele teme un ampio conflitto contro Gaza 

Ramzy Baroud

6 febbraio 2023 Middle East Monitor

Sebbene le precedenti guerre di Israele contro Gaza siano spesso state giustificate da Tel Aviv come risposta ai razzi palestinesi o generalmente come azioni di autodifesa, la verità è diversa. Storicamente la relazione di Israele con Gaza è stata determinata dalla necessità di Tel Aviv di creare diversivi alla propria complicata politica, per mostrare i muscoli ai suoi nemici nella regione e per testare le sue innovazioni belliche.

Sebbene la Cisgiordania occupata, e in effetti anche altri Paesi arabi, siano stati usati come campi di prova per la macchina militare israeliana, nessun altro luogo ha permesso a Israele di sperimentare le proprie armi così a lungo come Gaza, facendo di Israele nel 2022 il decimo esportatore globale di armi.

C’è un motivo per cui Gaza è ideale per tali grandiosi, seppur tragici, esperimenti.

Gaza è il posto perfetto per raccogliere informazioni dopo che le nuove armi sono state schierate e usate sul campo di battaglia. Nella Striscia abitano, ammassati in 365 km², due milioni di palestinesi che vivono una misera esistenza, praticamente senza acqua potabile e poco cibo. Infatti, grazie alle cosiddette ‘cinture di sicurezza’ di Israele, gran parte del terreno coltivabile di Gaza che confina con Israele è off limits. I contadini sono spesso uccisi da cecchini israeliani quasi con la stessa frequenza con cui anche i pescatori di Gaza sono presi di mira se si avventurano oltre le tre miglia nautiche a loro assegnate dalla marina israeliana.

The Lab“, [Il laboratorio, N.d.T.], un premiato documentario israeliano uscito nel 2013, descrive con angosciosi dettagli come Israele abbia trasformato milioni di palestinesi in un vero e proprio laboratorio umano per testare nuove armi. Anche prima, ma soprattutto da allora, Gaza è il principale campo di prova per usare questi armamenti.

Gaza è stato ‘ il laboratorio’ anche per esperimenti politici israeliani.

Dal dicembre 2008 al gennaio 2009, quando l’allora prima ministra israeliana pro-tempore Tzipi Livni decise, parole sue, di ” andarci giù pesante”, lanciò contro Gaza una delle guerre più letali sperando che la sua avventura militare l’avrebbe aiutata a consolidare il sostegno al suo partito nella Knesset.

All’epoca Livni era a capo di Kadima [partito politico israeliano centrista, N.d.T.], fondato nel 2005 dall’ex leader del Likud Ariel Sharon. Subentratagli, Livni volle dimostrare il suo valore di personalità forte capace di dare una lezione ai palestinesi.

Sebbene il suo esperimento le avesse guadagnato un certo consenso nelle elezioni del febbraio 2009, dopo la guerra del novembre 2012 le si ritorse contro, nelle elezioni del gennaio 2013 Kadima fu quasi annientata e alla fine scomparve completamente dalla mappa politica israeliana.

Quella non è stata né la prima né l’ultima volta in cui i politici israeliani hanno cercato di usare Gaza e distrarre dalle proprie sventure politiche o per dimostrare le loro credenziali come protettori di Israele uccidendo palestinesi.

Tuttavia nessuno ha perfezionato l’uso della violenza per guadagnare consensi politici quanto l’attuale primo ministro Benjamin Netanyahu. Ritornando a capo del governo più estremista nella storia di Israele, Netanyahu è ansioso di restare al potere, soprattutto perché la sua coalizione di destra ha un sostegno più solido nella Knesset di tutti gli altri cinque governi degli ultimi tre anni.

Con un elettorato di destra a favore della guerra che è molto più interessato all’espansione illegale delle colonie e alla ‘sicurezza’ che alla crescita economica o all’uguaglianza socioeconomica, Netanyahu dovrebbe, almeno tecnicamente, essere in una posizione più forte per lanciare un’altra guerra contro Gaza. Allora perché sta esitando?

Il primo febbraio un gruppo palestinese ha lanciato un razzo verso il sud di Israele causando una risposta israeliana intenzionalmente limitata.

Secondo le fazioni palestinesi della Striscia assediata il razzo fa parte della continua ribellione armata dei palestinesi della Cisgiordania. Doveva servire a dimostrare l’unità politica fra Gaza, Gerusalemme e la Cisgiordania.

La Cisgiordania sta vivendo i suoi giorni più cupi. Solo a gennaio sono stati uccisi dall’esercito israeliano 35 palestinesi, dieci dei quali sono morti a Jenin in un solo raid israeliano. Un palestinese che ha agito da solo ha reagito uccidendo sette coloni ebrei nella Gerusalemme Est occupata, la scintilla perfetta di quella che normalmente avrebbe causato una massiccia risposta israeliana.

Ma tale risposta per ora è stata limitata alla demolizione di case, arresti e tortura dei famigliari degli aggressori, assedio militare di varie città palestinesi e centinaia di attacchi individuali di coloni ebrei contro i palestinesi.

Una guerra vera e propria, specialmente a Gaza, non si è ancora concretizzata. Ma perché?

Primo, i rischi politici di attaccare Gaza con una lunga guerra, almeno per ora, prevalgono sui vantaggi. Sebbene la coalizione di Netanyahu sia relativamente stabile, le aspettative degli alleati estremisti del primo ministro sono molto alte. Una guerra con un esito incerto potrebbe essere considerato dai palestinesi come una vittoria, un’idea che da sola potrebbe mandare in pezzi la coalizione. Anche se Netanyahu potrebbe scatenare una guerra come ultima risorsa, al momento non ha bisogno di un’alternativa così rischiosa.

Secondo, la resistenza palestinese è più forte che mai. Il 26 gennaio Hamas ha dichiarato di aver usato missili terra-aria per respingere un attacco israeliano contro Gaza. Sebbene l’arsenale militare del gruppo di Gaza sia piuttosto rudimentale, quasi tutto prodotto in loco, è molto più avanzato e sofisticato se confrontato con le armi usate durante la cosiddetta “Operazione [israeliana] Piombo fuso ” nel 2008.

E infine le riserve di munizioni israeliane devono essere al loro punto più basso da molto tempo. Ora che gli USA, il maggiore fornitore di armi a Israele, ha attinto alla sua riserva di armi strategiche a causa della guerra Russia-Ucraina, Washington non sarà in grado di rifornire gli arsenali israeliani con costanti forniture di armamenti come aveva fatto l’amministrazione Obama durante la guerra del 2014. Persino più preoccupante per l’esercito israeliano, a gennaio il New York Times ha rivelato che “il Pentagono sta attingendo a una vasta, ma poco nota, scorta di forniture militari americane in Israele per andare incontro alla disperata necessità di proiettili di artiglieria in Ucraina …”

Sebbene ci sia un maggiore rischio di guerre israeliane contro Gaza rispetto al passato, un Netanyahu intrappolato e messo in difficoltà potrebbe ancora far ricorso a un tale scenario se avesse la sensazione che la sua leadership fosse in pericolo. Infatti nel maggio 2021 il leader israeliano ha fatto proprio questo. Eppure anche allora non ha potuto salvare sé stesso o il proprio governo da una sconfitta umiliante.

Le opinioni espresse in questo articolo appartengono all’autore e non riflettono necessariamente la politica editoriale di Middle East Monitor.

(traduzione dall’inglese di Mirella Alessio)




Rapporto OCHA del periodo 10 – 30 Gennaio 2023

Questo rapporto copre eccezionalmente tre settimane.

1). In Cisgiordania, compresa Gerusalemme est, durante il periodo di riferimento, sono stati uccisi 31 palestinesi, 6 israeliani e un cittadino straniero; sono rimasti feriti 441 palestinesi e nove israeliani, compreso un membro delle forze israeliane.

2). Durante una operazione condotta da forze israeliane nel Campo profughi di Jenin sono stati uccisi dieci palestinesi, tra cui due minori e una donna, e altri 26 sono rimasti feriti: tutti colpiti con proiettili veri. Questo è il numero più alto di palestinesi uccisi in una singola operazione da quando, nel 2005, l’OCHA iniziò a registrare in Cisgiordania il numero di vittime. Lo stesso giorno, un undicesimo palestinese è stato ucciso da forze israeliane nella città di Ar Ram (Gerusalemme), nel corso di una protesta contro l’operazione condotta a Jenin (seguono dettagli). Il 26 gennaio, forze israeliane hanno fatto irruzione nel Campo. Secondo l’esercito israeliano, citato dai media israeliani, l’operazione era finalizzata all’arresto di palestinesi sospettati di pianificare attacchi contro israeliani. Durante l’operazione le forze israeliane hanno circondato un edificio; ne è nato uno scambio a fuoco con palestinesi, tre dei quali sono stati uccisi e un altro è stato arrestato; tutti e quattro sono stati rivendicati dalla Jihad islamica come affiliati. Altri tre palestinesi sono stati uccisi in scontri a fuoco con forze israeliane: costoro sono stati rivendicati come affiliati sia dalla Brigata dei martiri di Al-Aqsa che dalla Jihad islamica. Inoltre, tre palestinesi, tra cui due minori (16 e 17 anni) e una donna palestinese di 61 anni, sono stati colpiti e uccisi con proiettili veri da forze israeliane, benché, secondo quanto riferito, non costituissero alcuna minaccia immediata. Durante l’operazione di cui sopra, le forze israeliane hanno sparato gas lacrimogeni nelle vicinanze dell’ospedale di Jenin, colpendo l’unità pediatrica e rendendo necessaria l’evacuazione dei pazienti, compresi i minori. Quando le forze israeliane hanno sparato con missili a spalla contro l’edificio residenziale dove sono stati uccisi i tre palestinesi, sono stati distrutti diversi appartamenti, provocando lo sfollamento di tre persone. Durante l’operazione nessun soldato israeliano ha riportato ferite. Un palestinese, rivendicato come affiliato dalla Brigata dei martiri di Al-Aqsa, è deceduto il 29 gennaio per le ferite da arma da fuoco riportate il 26 gennaio nel Campo profughi di Jenin. Dopo l’operazione, in tutta la Cisgiordania, i palestinesi hanno tenuto manifestazioni; nel corso di alcune di esse i partecipanti hanno lanciato pietre e mortaretti contro le forze israeliane che, a loro volta, hanno sparato lacrimogeni, proiettili di gomma e proiettili veri. Un palestinese è stato ucciso vicino alla città di Ar Ram (Gerusalemme) durante una protesta contro l’operazione di Jenin e almeno altri 147 sono rimasti feriti (vedi sotto).

3). In un insediamento israeliano a Gerusalemme est, un palestinese ha sparato, uccidendo sei israeliani, tra cui un minore, e un cittadino straniero (per un totale di sette vittime); cinque israeliani sono rimasti feriti in questo e in un altro attacco palestinese, sempre in Gerusalemme est (seguono dettagli). Il 27 gennaio, un palestinese ha sparato, uccidendo sei israeliani, tra cui un ragazzo di 14 anni, e un cittadino straniero; ne ha quindi feriti altri tre nell’insediamento israeliano di Neve Ya’acov a Gerusalemme est. L’aggressore è stato successivamente colpito e ucciso dalla polizia israeliana. Dal 2008 questo è l’attacco più mortale condotto da palestinesi contro israeliani.

Il 28 gennaio, a Silwan, Gerusalemme est, un palestinese di 13 anni ha sparato, ferendo due israeliani, prima di essere colpito e ferito. Sono state segnalate altre due sparatoria: una vicino ad Almog, un insediamento israeliano a sud di Gerico, e un secondo contro un autobus israeliano sulla strada 60 vicino all’insediamento di Karmei Tsur, a nord di Hebron. Non sono stati segnalati feriti, solo danni al bus. Sulle strade della Cisgiordania, in ulteriori tre episodi separati, almeno tre veicoli israeliani sono stati danneggiati da pietre o bottiglie incendiarie lanciate da persone conosciute come palestinesi, o ritenute tali.

4). In Cisgiordania, forze israeliane hanno ucciso sette palestinesi, tra cui un ragazzo; altri due palestinesi sono morti per le ferite riportate durante operazioni di ricerca-arresto e altre operazioni condotte da forze israeliane (seguono dettagli). L’11 gennaio, nel Campo profughi di Balata (Nablus), durante uno scontro a fuoco seguito a un’incursione sotto copertura di un’unità dell’esercito israeliano, forze israeliane hanno sparato con proiettili veri, ferendo un palestinese che in seguito è morto per le ferite riportate.

Il 12 gennaio, nel Campo profughi di Qalandiya (Gerusalemme), durante un’operazione di ricerca-arresto, un palestinese è stato ucciso da forze israeliane mentre cercava di impedire loro di arrestare il figlio.

Il 16 gennaio, forze israeliane hanno fatto irruzione nel Campo profughi di Ad Duheisha (Betlemme), innescando scontri con palestinesi che hanno lanciato pietre e bottiglie molotov, mentre le forze israeliane hanno sparato proiettili veri e lacrimogeni: un ragazzo palestinese di 14 anni è rimasto ucciso, colpito da proiettili veri.

Il 19 gennaio, forze israeliane hanno effettuato una operazione nel Campo profughi di Jenin, dove hanno avuto uno scontro a fuoco con palestinesi; due palestinesi sono stati uccisi, tra cui un insegnante che stava cercando di aiutare uno dei palestinesi feriti durante l’operazione. Durante la stessa operazione, secondo quanto riferito, un soldato israeliano è stato ferito da un ordigno esplosivo lanciato da un palestinese e tre palestinesi sono stati arrestati.

Il 12 gennaio, forze israeliane hanno fatto irruzione nella città di Qabatiya (Jenin), dove hanno avuto uno scontro a fuoco con palestinesi, due dei quali sono stati colpiti e uccisi.

Inoltre, il 14 e il 25 gennaio, un palestinese è morto per le ferite riportate il 2 gennaio ad opera delle forze israeliane a Kafr Dan (Jenin); un altro è stato ucciso nel Campo profughi di Shu’fat (Gerusalemme), colpito da proiettili veri sparati da forze israeliane durante scontri tra manifestanti e forze israeliane; entrambi sono rimasti uccisi durante demolizioni punitive di case di due palestinesi che avevano ucciso soldati israeliani prima di essere uccisi a loro volta.

5). In episodi separati, alcuni dei quali avvenuti ai checkpoints militari israeliani prossimi a Ramallah, Qalqilya e Hebron, forze israeliane hanno ucciso altri sette palestinesi, compreso un minore (seguono dettagli). Il 14 gennaio, nei pressi di Al Fandaqumiya (Jenin), forze israeliane hanno inseguito due palestinesi, colpendoli ed uccidendoli nel loro veicolo; secondo l’esercito israeliano, avevano aperto il fuoco contro soldati nei presi di Jaba’ (Jenin).

Il 15 gennaio, a un checkpoint volante disposto all’ingresso di Silwad (Ramallah), forze israeliane hanno sparato, uccidendo un palestinese; secondo testimoni oculari, è stato colpito da una distanza ravvicinata, dopo essere sceso dall’auto per controllare il figlio, che era stato spruzzato da forze israeliane con spray al peperoncino. Secondo i media israeliani, le forze israeliane hanno inizialmente affermato che l’uomo aveva lanciato pietre o aveva cercato di sottrarre l’arma ad un soldato; tuttavia, successivamente hanno ammesso che l’uccisione potrebbe essere stata ingiustificata.

Il 17 gennaio, un palestinese ha aperto il fuoco contro soldati in servizio ad un checkpoint militare vicino all’ingresso di Halhul (Hebron); è stato colpito e ucciso. Secondo le forze israeliane, che ne hanno trattenuto il corpo, l’uomo era sospettato di aver sparato contro un autobus il 15 gennaio. Durante l’episodio, due passanti palestinesi sono stati colpiti e feriti con proiettili veri dalle forze israeliane.

In un altro episodio, accaduto il 30 gennaio al checkpoint militare di Al Salaymeh, nell’area H2 della città di Hebron, forze israeliane hanno sparato, uccidendo un palestinese che, secondo le forze israeliane, aveva cercato di fuggire dopo essere passato con l’auto sul piede di un soldato.

Altri due distinti episodi sono stati registrati nei pressi dell’insediamento israeliano di Kedumim a est di Qalqiliya. Nel primo, accaduto il 25 gennaio, forze israeliane hanno sparato, uccidendo un palestinese che, secondo le forze israeliane, aveva cercato di accoltellare soldati israeliani posizionati a un checkpoint. Nel secondo caso, accaduto il 29 gennaio, una guardia dell’insediamento israeliano ha sparato, uccidendo un palestinese che, secondo le forze israeliane, era stato avvistato vicino all’insediamento con una pistola. In nessuno dei cinque episodi sopra descritti è stato registrato alcun ferimento di israeliani.

Il 27 gennaio, un sedicenne palestinese è deceduto per ferite: il 25 gennaio era stato colpito da forze israeliane durante una manifestazione palestinese tenutasi nell’area di Silwan a Gerusalemme Est per protestare contro una demolizione punitiva avvenuta nel Campo profughi di Shu’fat (altri dettagli sotto).

6). Nei pressi degli avamposti di insediamenti di nuova costituzione a Hebron e Ramallah, coloni israeliani hanno sparato, uccidendo due palestinesi: il primo aveva accoltellato un colono israeliano; il secondo aveva tentato l’accoltellamento (seguono dettagli). L’11 gennaio, nei pressi di un nuovo avamposto colonico costruito su un terreno appartenente a palestinesi di As Samu’ (Hebron), un palestinese ha aggredito e ferito con un coltello un colono israeliano; a sua volta l’aggressore è stato colpito, con arma da fuoco, e ucciso da un altro colono.

Il 21 gennaio, nei pressi di un avamposto colonico di nuova costituzione vicino a Kafr Ni’ma (Ramallah), un altro palestinese è stato colpito e ucciso da un colono israeliano; come mostrato in un filmato pubblicato sui media israeliani, il palestinese aveva tentato un accoltellamento. I corpi di entrambi i palestinesi sono stati trattenuti dalle autorità israeliane.

7). In Cisgiordania, durante il periodo di riferimento, 422 palestinesi, tra cui almeno 49 minori, sono stati feriti da forze israeliane; 74 di loro (18%) sono stati colpiti da proiettili veri (seguono dettagli). Dei feriti, 249 (59 %) sono stati registrati in varie manifestazioni, comprese quelle contro l’espansione degli insediamenti e le restrizioni di accesso relative agli insediamenti vicino a Kafr Qaddum (Qalqilya), Beit Dajan, Beita e Jurish (tutte a Nablus) e altre manifestazioni contro l’operazione Jenin che ha comportato la morte di dieci palestinesi (vedi sopra).

In altri sette episodi separati, tutti registrati nel governatorato di Nablus, 95 palestinesi sono rimasti feriti in seguito all’ingresso di coloni israeliani nelle Comunità palestinesi, accompagnati dalle forze israeliane.

Altri 70 feriti si sono avuti in operazioni di ricerca-arresto e in altre operazioni condotte da forze israeliane; tre si sono verificati durante demolizioni (vedi sotto); altri cinque feriti sono stati registrati a Tulkarm, Jenin e Qalqilya, quando forze israeliane hanno sparato proiettili veri contro palestinesi che cercavano di attraversare varchi nella Barriera per raggiungere il loro posto di lavoro in Israele. Complessivamente, 288 palestinesi sono stati curati per inalazione di gas lacrimogeni, 74 sono stati colpiti da proiettili veri, 45 sono stati feriti con proiettili di gomma, sei sono stati aggrediti fisicamente, uno è stato colpito da una granata assordante, quattro da lacrimogeni e quattro da schegge.

8). Coloni israeliani hanno ferito 18 palestinesi, tra cui almeno un minore, in nove episodi, e persone conosciute come coloni israeliani, o ritenute tali, hanno causato danni a proprietà palestinesi in altri 42 casi (oltre a quelli feriti da forze israeliane nel summenzionato episodio riferito a coloni / seguono dettagli). Il 27 gennaio, sulla strada 60 vicino all’ingresso di Beita (Nablus), cinque palestinesi sono stati colpiti e feriti con proiettili veri sparati da coloni israeliani che hanno aperto il fuoco su un gruppo di palestinesi.

L’11 e il 28 gennaio, su una strada principale, vicino a Huwwara e Qusra (entrambe a Nablus), coloni israeliani hanno preso a sassate un veicolo palestinese, ferendo tre palestinesi.

Il 13 gennaio, in prossimità della Comunità di Al Mu’arrajat East (Ramallah), coloni israeliani hanno attaccato con bastoni e manganelli escursionisti palestinesi, ferendo due donne.

Il 18 gennaio, nelle vicinanze della Comunità di Khirbet Bir Al Idd di Masafer Yatta (Hebron), coloni israeliani hanno ferito due pastori palestinesi ed hanno attaccato il loro bestiame.

Il 20 gennaio, nel villaggio di Jurish (Nablus), coloni avevano collocato delle roulottes per impossessarsi di terreni di proprietà palestinese; ne è seguito uno scontro, con reciproco lancio di pietre, tra coloni israeliani e palestinesi e due palestinesi e un colono sono rimasti feriti.

Il 28 gennaio, a Qusra, coloni israeliani hanno attaccato i residenti palestinesi con pietre: due palestinesi sono rimasti feriti e sono stati segnalati danni a due veicoli e a una casa.

Il 27 e il 29 gennaio, in altri due distinti episodi, coloni israeliani hanno attaccato palestinesi che viaggiavano sulle strade vicino a Salfit e Huwwara, aggredendoli fisicamente e spruzzandoli con gas al peperoncino, ferendo due uomini e provocando danni ai loro veicoli.

In altri diciassette episodi, più di 1.500 alberi sono stati vandalizzati su terreni palestinesi, alcuni dei quali vicino a insediamenti israeliani, comprese aree in cui l’accesso palestinese richiede l’approvazione dell’esercito israeliano (comunemente indicato come “previo coordinamento”).

In altre tredici occasioni, persone conosciute come coloni, o ritenute tali, hanno lanciato pietre contro veicoli palestinesi, danneggiandone almeno ventuno. Altre proprietà palestinesi sono state danneggiate in dodici episodi registrati nei pressi di Al Ganoub e A Seefer (entrambi a Hebron), Kisan (Betlemme), Ras ‘Ein al ‘Auja (Gerico) e Beit Sira, Al Mazra’a al Qibliya, Turmus’ayya (tutti a Ramallah); secondo testimoni oculari e fonti della Comunità locale, questi includevano strutture agricole, trattori, raccolti e bestiame.

9). A Gerusalemme Est e nell’Area C della Cisgiordania, adducendo la mancanza di permessi di costruzione rilasciati da Israele, che sono quasi impossibili da ottenere, le autorità israeliane hanno demolito, confiscato o costretto la gente a demolire 88 strutture, comprese 21 abitazioni. Tre delle strutture erano state fornite da donatori come assistenza umanitaria. Di conseguenza, 99 palestinesi, tra cui 54 minori, sono stati sfollati e i mezzi di sussistenza di oltre 21.000 altri ne sono stati colpiti. Cinquantacinque delle strutture si trovavano in Area C, comprese cinque strutture demolite in base al Military Order 1797, che fornisce solo un preavviso di 96 ore e motivi molto limitati per impugnare legalmente una demolizione. Le restanti ventisei strutture sono state demolite a Gerusalemme est, di cui otto sono state distrutte dai loro proprietari, per evitare il pagamento di multe alle autorità israeliane. In Area B della Cisgiordania, le autorità israeliane hanno sigillato due pozzi d’acqua artigianali in costruzione, uno ad Habla e un altro a Kaqr Laqif (entrambi a Qalqiliya); entrambi i pozzi avrebbero fornito la principale fonte di acqua potabile e irrigazione per almeno 1.500 famiglie palestinesi in quattro Comunità.

10). Il 25 gennaio forze israeliane hanno fatto irruzione nel Campo profughi di Shu’fat, e il 28 gennaio a Ras al ‘Amud, entrambi a Gerusalemme est, dove hanno demolito o sigillato due edifici a più piani appartenenti a famiglie i cui membri avevano ucciso un soldato israeliano il 19 ottobre 2022, e sei israeliani e un cittadino straniero il 27 gennaio 2023. Di conseguenza, due famiglie, composte da 13 persone, tra cui cinque minori, sono state sfollate. Durante la demolizione nel Campo profughi di Shu’fat, i palestinesi hanno lanciato pietre contro le forze israeliane, che hanno sparato proiettili veri: un palestinese è stato ucciso (riportato sopra). Dall’inizio dell’anno, le autorità israeliane hanno demolito o sigillato, per motivi punitivi, quattro case e un’altra struttura, rispetto alle undici in tutto il 2022 e tre nel 2021. Queste includono tre strutture in Area B e due a Gerusalemme est. Queste demolizioni punitive sono una forma di punizione collettiva, proibita dal diritto internazionale e spesso innescano scontri tra le Comunità palestinesi e le forze israeliane, con conseguenti vittime.

11). Nel sud di Hebron una scuola finanziata da donatori è a rischio imminente di demolizione. Il 18 gennaio, l’Alta Corte di giustizia israeliana ha stabilito che il piano delle autorità israeliane di demolire la scuola può procedere a partire dal 28 gennaio. La scuola finanziata da donatori è frequentata da 47 minori della Comunità beduina palestinese di Khashm Al Karem, situata in un’area designata come “Zona a fuoco 917” nel sud di Hebron.

12). In Cisgiordania le chiusure continuano a interrompere l’accesso di migliaia di palestinesi a mezzi di sussistenza e servizi. A seguito di un attacco con armi da fuoco, accaduto il 28 gennaio nei pressi di Almog (un insediamento israeliano a sud di Gerico) dove non sono stati segnalati feriti o danni, forze israeliane hanno dispiegato checkpoints volanti davanti a tutti gli ingressi e le uscite della città di Gerico, e successivamente hanno chiuso tutti e cinque i punti di accesso da e per Jericho City per un giorno intero (28 gennaio). Da allora sono stati eretti cinque checkpoints, compreso l’utilizzo di blocchi di cemento, e gli ingressi principali della città sono presidiati da forze israeliane. Ai checkpoints sono state effettuate lunghe perquisizioni, soprattutto all’uscita dalla città di Gerico. Ciò ha limitato il movimento di circa 50.000 persone, costringendo i residenti a utilizzare strade sterrate alternative e lunghe deviazioni per accedere a cliniche, scuole e mercati. In altri due circostanze, il 23 e il 29 gennaio, nell’area H2 della città di Hebron, forze israeliane hanno chiuso l’As Salaymeh (Checkpoint 160) per diverse ore durante l’orario scolastico. Ciò ha limitato gli spostamenti di circa 1.200 residenti della zona ed ha pregiudicato l’accesso di circa 300 studenti alle undici scuole vicine. In una di queste occasioni, le forze israeliane hanno applicato limiti di età, consentendo di attraversare il checkpoint solo ai minori sotto i 13 anni. Il 15 gennaio, l’esercito israeliano ha bloccato, con cumuli di terra e blocchi di cemento, l’ingresso della Comunità di Khirbet ‘Atuf a Tubas, ostacolando il movimento di almeno 120 palestinesi; secondo quanto riferito in risposta al lancio di pietre palestinesi contro veicoli israeliani.

13). Nella Striscia di Gaza, vicino alla recinzione perimetrale israeliana o al largo della costa, presumibilmente per far rispettare le restrizioni di accesso, in almeno 56 occasioni, le forze israeliane hanno aperto il fuoco di avvertimento; non sono stati segnalati feriti o danni. In una occasione, bulldozer militari israeliani hanno spianato terreni all’interno di Gaza, vicino alla recinzione perimetrale a est di Khan Younis.

14). Sempre nella Striscia di Gaza, il 25 e 26 gennaio, gruppi armati palestinesi hanno lanciato una serie di razzi e proiettili verso il sud di Israele; i razzi sono stati intercettati o sono caduti in aree aperte a Gaza e in Israele. Forze israeliane hanno lanciato una serie di attacchi aerei contro siti militari appartenenti a gruppi armati della Striscia di Gaza. Non sono stati segnalati feriti da entrambe le parti, ma sono stati provocati danni ai siti presi di mira a Gaza.

Questo rapporto riflette le informazioni disponibili al momento della pubblicazione. I dati più aggiornati e ulteriori analisi sono disponibili su ochaopt.org/data.

nota 1:

I Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati ogni due settimane in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informa-zioni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati.

sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina: https://www.ochaopt.org/reports/protection-of-civilians

L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano l’edizione inglese dei Rapporti.

nota 2: Nella versione italiana non sono riprodotti i dati statistici ed i grafici. Le scritte [in corsivo tra parentesi quadre]

sono talvolta aggiunte dai traduttori per meglio esplicitare situazioni e contesti che gli estensori dei Rapporti

a volte sottintendono, considerandoli già noti ai lettori abituali.

nota 3: In caso di discrepanze (tra il testo dei Report e la traduzione italiana), fa testo il Report originale in lingua inglese.

Associazione per la pace – Via S. Allende, 5 – 10098 Rivoli TO; e-mail: assopacerivoli@yahoo.it




Rapporto OCHA del periodo 22 novembre – 5 dicembre 2022

1- Durante il periodo di riferimento, nel territorio palestinese occupato e a Gerusalemme ovest, sono stati uccisi tredici palestinesi e due israeliani; 307 palestinesi e 21 israeliani sono rimasti feriti. In Cisgiordania, su media mensile, il 2022 è stato l’anno più mortifero per i palestinesi da quando, nel 2005, le Nazioni Unite iniziarono a registrare sistematicamente le vittime.

2- Durante operazioni di ricerca-arresto, le forze israeliane hanno ucciso sette palestinesi; un altro è morto per le ferite riportate durante una precedente operazione (seguono dettagli). Il 23 novembre, un palestinese è deceduto per le ferite riportate il 24 luglio durante un’operazione di ricerca-arresto e uno scontro a fuoco tra forze israeliane e palestinesi avvenuta nella Città Vecchia di Nablus.

Il 28 novembre, nel corso di un’operazione di ricerca-arresto condotta nella città di Beit Ummar (Hebron), sono scoppiati scontri tra palestinesi e forze israeliane e un palestinese è stato ucciso dalle forze israeliane mentre si trovava fuori dalla propria abitazione. Durante lo stesso episodio, 18 palestinesi sono rimasti feriti, di cui nove con proiettili veri; un’ambulanza ha subito danni e le forze israeliane hanno fatto irruzione in una clinica, arrestando un medico che stava curando i feriti.

Il 29 novembre, nel villaggio di Kafr Ein (Ramallah), durante un’operazione di ricerca-arresto e i conseguenti scontri, due palestinesi (fratelli) sono stati uccisi dalle forze israeliane con proiettili veri, quattro sono rimasti feriti e quattro sono stati arrestati. Le prime informazioni indicano che uno dei fratelli, quando gli hanno sparato, aveva in mano una bottiglia incendiaria.

Il 30 novembre, nella città di Ya’bad (Jenin), durante un’operazione di ricerca-arresto che ha comportato uno scontro a fuoco, un passante palestinese è stato ucciso, mentre un altro palestinese è stato ferito dalle forze israeliane e un terzo è stato arrestato.

Il 1° dicembre, durante uno scontro a fuoco tra palestinesi e forze israeliane sotto copertura che effettuavano un’operazione di ricerca-arresto nel Campo profughi di Jenin, due palestinesi affiliati alla Jihad islamica e alle Brigate dei martiri di Al Aqsa sono stati uccisi, due sono rimasti feriti e quattro sono stati arrestati.

Il 5 dicembre, durante un’operazione di ricerca-arresto nel Campo profughi di Ad Duheisha (Betlemme), un palestinese è stato ucciso da proiettili veri sparati dalle forze israeliane.

3- In Cisgiordania, in altri quattro episodi, le forze israeliane hanno ucciso cinque palestinesi (seguono dettagli). Il 22 novembre, nella città di Nablus, in coincidenza con l’ingresso di decine di coloni israeliani nel sito della tomba di Giuseppe, si sono avuti scontri con lanci di pietre e uno scontro a fuoco tra palestinesi e forze israeliane che hanno sparato, uccidendo un ragazzo palestinese di 16 anni e ferendone altri 110, di cui dieci con proiettili veri. Un altro palestinese, ferito nello stesso contesto, è morto Il 23 novembre.

Il 29 novembre, nei pressi dell’insediamento di Kochav Ya’akov, a nord di Gerusalemme, un palestinese ha investito e ferito una soldatessa israeliana: è stato inseguito e ucciso dalle forze israeliane nei pressi di checkpoint che conduce alla città di Ramallah. Sempre il 29 novembre, nel villaggio di Al Mughayyir (Ramallah), le forze israeliane stavano impartendo ordini di demolizione contro strutture di proprietà palestinese; ne sono nati scontri, durante i quali un palestinese è stato ucciso da proiettili veri sparati dalle forze israeliane.

Il 2 dicembre, nella città di Huwwara (Nablus), un palestinese è stato ucciso da un agente della polizia di frontiera israeliana. Le registrazioni video mostrano l’ufficiale israeliano che tiene un palestinese bloccato alla testa e altri due uomini che cercano di liberarlo. L’ufficiale si allontana, sempre trattenendo il palestinese, questi afferra il fucile dell’ufficiale poi cade a terra e l’ufficiale gli spara quattro colpi con la sua pistola. Sia fonti palestinesi che israeliane riferiscono che inizialmente il palestinese era stato colpito da un israeliano che attraversava Huwwara in auto. Secondo fonti israeliane, l’uomo aveva cercato di introdursi in un’auto israeliana prima che l’autista (un soldato fuori servizio) gli sparasse; precedentemente il palestinese avrebbe accoltellato un altro membro delle forze israeliane. Secondo testimoni oculari palestinesi, l’uomo avrebbe avuto un alterco con un colono israeliano seduto in un’auto, avrebbe cercato di aprire la portiera del veicolo e sarebbe stato colpito e ferito dal colono. I testimoni oculari aggiungono che, dopo il secondo momento di spari, per circa 20 minuti, all’uomo sarebbero state impedite le cure mediche. A Huwwara successivi scontri tra lanciatori di pietre palestinesi e forze israeliane hanno provocato il ferimento di 16 palestinesi.

4- A Gerusalemme ovest sono stati uccisi due israeliani (seguono dettagli). Il 23 novembre, come riportato da Magen David Adom, in una presunta aggressione palestinese, un ragazzo israeliano di 15 anni è stato ucciso e altri 14 sono rimasti feriti da due ordigni esplosi vicino alle fermate degli autobus a Gerusalemme ovest e vicino all’insediamento di Ramot a Gerusalemme est. Per le ferite riportate, uno degli israeliani feriti è morto il 26 novembre.

5- In Cisgiordania, complessivamente, sono stati feriti dalle forze israeliane 299 palestinesi, tra cui almeno 17 minori. La maggior parte dei feriti (177 – 59%) è stata registrata nel governatorato di Nablus. Complessivamente, 203 palestinesi sono stati curati per inalazione di gas lacrimogeno, 45 sono stati feriti da proiettili di gomma, 34 sono stati colpiti da proiettili veri, dieci sono stati spruzzati con liquido al peperoncino, tre sono stati aggrediti fisicamente, tre sono stati feriti da schegge e uno è stato colpito da un candelotto di gas lacrimogeno. Tra i feriti, 136 sono stati coinvolti in episodi che hanno visto la presenza di coloni israeliani, 93 in operazioni militari e scontri (tra cui operazioni di ricerca-arresto), 68 in manifestazioni contro l’espansione degli insediamenti e le restrizioni all’accesso legate agli insediamenti colonici, uno in un caso di demolizione e uno mentre cercava di attraversare un varco non autorizzato nella Barriera per raggiungere il suo posto di lavoro in Israele. In uno degli episodi, accaduto il 24 novembre, le forze israeliane hanno sparato, ferendo 19 studenti palestinesi della Palestine Technical University di Tulkarm City, di cui tre con proiettili veri; erano coinvolti negli scontri scoppiati vicino al checkpoint della Barriera. Inoltre, due agenti della polizia di frontiera israeliana sono rimasti feriti all’ingresso del Campo profughi di Ayda (Betlemme), ad opera di palestinesi che lanciavano pietre e ordigni esplosivi improvvisati contro le forze israeliane.

6- Otto palestinesi e quattro coloni israeliani sono rimasti feriti in episodi collegati a coloni. Oltre ai 136 palestinesi feriti da forze israeliane in episodi legati ai coloni, otto palestinesi sono stati feriti da coloni israeliani (seguono dettagli). Il 23 novembre, vicino a Khallet Sakariya (Betlemme), coloni israeliani hanno aggredito fisicamente e ferito una donna palestinese. Il 24 novembre, nella città di Huwwara (Nablus), un palestinese è rimasto ferito da pietre lanciate da coloni israeliani contro il suo veicolo.

Il 29 novembre, un palestinese di tre anni, una donna incinta e altri due palestinesi sono rimasti feriti (uno da una pietra e tre da uno spray al peperoncino) quando coloni israeliani hanno fatto irruzione nel villaggio di Al Mughayyir, lanciando pietre contro case e veicoli palestinesi. In precedenza, lo stesso giorno, coloni israeliani, secondo quanto riferito, provenienti dall’insediamento di Adei Ad, avevano aggredito agricoltori palestinesi di Al Mughayyir, ferendo un palestinese e impossessandosi di attrezzature per la raccolta, in un’area in cui l’accesso degli agricoltori richiede un preventivo coordinamento con l’esercito israeliano.

Il 1° dicembre, nell’area H2 della città di Hebron, coloni israeliani hanno aggredito fisicamente e ferito un ragazzo di 17 anni. Durante il periodo in esame, persone conosciute come palestinesi, o ritenute tali, hanno lanciato pietre contro veicoli israeliani che viaggiavano sulle strade dei governatorati di Ramallah e Gerusalemme, ferendo quattro coloni israeliani e provocando danni ai veicoli.

7- Le forze israeliane hanno disposto delle chiusure intorno a una città ed hanno bloccato gli ingressi principali di quattro villaggi, interrompendo l’accesso di migliaia di palestinesi ai mezzi di sussistenza e ai servizi (seguono dettagli). Il 22 novembre, nell’Area B della città di Huwwara (Nablus), l’esercito israeliano ha eretto cumuli di terra in corrispondenza di due incroci, ostacolando, per cinque giorni, il movimento di almeno 7.000 palestinesi; secondo quanto riferito, in risposta al lancio di pietre contro veicoli di coloni israeliani.

Il 22, 25 e 30 novembre l’esercito israeliano ha limitato il movimento di oltre 12.000 palestinesi bloccando, per due giorni, gli ingressi ai villaggi di Majdal Bani Fadil e Qusra (entrambi a Nablus) e chiudendo, per tre ore, i cancelli stradali all’ingresso del villaggio di Haris (Salfit); secondo quanto riferito, in risposta al lancio di pietre palestinesi contro veicoli di coloni israeliani.

Il 3 dicembre, in seguito a quanto accaduto a Huwwara (vedi sopra), l’esercito israeliano ha bloccato l’ingresso del villaggio di Osarin (Nablus), ostacolando il movimento di almeno 2000 palestinesi. Dall’inizio del 2022, in Cisgiordania sono state segnalate quasi 70 nuove chiusure permanenti o temporanee.

8– Per mancanza di permessi di costruzione, rilasciati da Israele, le autorità israeliane hanno demolito, confiscato o costretto persone a demolire 58 strutture, tra cui 10 case residenziali e una scuola. Cinque delle strutture erano state fornite da donatori come assistenza umanitaria. Di conseguenza, 47 palestinesi, tra cui 27 minori, sono stati sfollati e sono stati colpiti i mezzi di sussistenza di altri 160. Cinquantasei delle strutture prese di mira si trovavano in Area C, comprese cinque strutture demolite in base al “Military Order 1797”, che fornisce solo un preavviso di 96 ore e motivi molto limitati per contestare legalmente una demolizione. Inoltre, a Gerusalemme Est, due strutture sono state demolite dai proprietari per evitare il pagamento di multe alle autorità israeliane.

9- A Hebron, è stata demolita una scuola finanziata da donatori e per un’altra è stato emesso un ordine di demolizione (seguono dettagli). Il 23 novembre, a Masafer Yatta, le autorità israeliane hanno demolito la scuola Isfey Al Faqua finanziata da donatori, che accoglieva 21 studenti di tre Comunità nel sud di Hebron. Isfey Al Fauqa è una delle 13 Comunità di pastori che comprendono circa 1.150 persone, la metà delle quali sono minori, in un’area designata dalle autorità israeliane come “Zona di fuoco 918”.

Il 29 novembre, a Khashem al Karem (Hebron), le autorità israeliane hanno emesso un ordine di demolizione, con un preavviso di 96 ore, nei confronti di un’altra scuola finanziata da donatori. Il 1° dicembre, i garanti dell’assistenza legale hanno ottenuto una ingiunzione del tribunale (valida 21 giorni) contro la demolizione, a condizione che nella scuola, durante questo periodo, non abbiano luogo ulteriori lavori di costruzione.

10- Nella Striscia di Gaza, in almeno 33 occasioni, le forze israeliane hanno aperto il fuoco di avvertimento vicino alla recinzione perimetrale israeliana o al largo della costa, presumibilmente per imporre restrizioni di accesso in aree interne a Gaza. Di conseguenza, tre pescatori palestinesi sono rimasti feriti, sei sono stati arrestati e due pescherecci sono stati confiscati. Separatamente, il 3 dicembre, un palestinese è stato arrestato dalle forze israeliane mentre tentava di entrare in Israele senza autorizzazione attraverso la recinzione perimetrale. Inoltre, il 3 dicembre, da Gaza è stato lanciato un razzo che è atterrato in un campo aperto nel sud di Israele; non sono stati segnalati feriti o danni. Durante la notte, le forze israeliane hanno effettuato attacchi aerei su Gaza; non sono stati segnalati feriti.

Questo rapporto riflette le informazioni disponibili al momento della pubblicazione. I dati più aggiornati e ulteriori analisi sono disponibili su ochaopt.org/data.

Ultimi sviluppi (al di fuori del periodo di riferimento)

Secondo le prime informazioni provenienti dalla Comunità locale e da fonti dei media, tra il 7 e l’11 dicembre, sono stati uccisi sei palestinesi, tra cui due minori (seguono dettagli). Il 7 dicembre, vicino all’insediamento di Ofra (Ramallah), secondo quanto riferito, un palestinese ha aperto il fuoco contro una postazione militare israeliana. Ne è seguito un inseguimento e uno scontro a fuoco, e l’uomo è stato ucciso dalle forze israeliane.

L’8 dicembre, nel Campo profughi di Jenin ha avuto luogo uno scontro a fuoco tra forze israeliane e palestinesi, durante il quale sono stati uccisi tre palestinesi. Lo stesso giorno, durante scontri nei pressi del villaggio di Abud (Ramallah), le forze israeliane hanno sparato, uccidendo un minore palestinese.

L’11 dicembre, nella città di Jenin (Jenin), durante un’operazione di ricerca-arresto che ha comportato uno scontro a fuoco tra forze israeliane e palestinesi, una ragazza palestinese di 15 anni è stata uccisa da proiettili veri.

(Maggiori dettagli saranno forniti sugli episodi sopra menzionati nella prossima relazione)

nota 1:

I Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati ogni due settimane in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informa-zioni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati.

sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina: https://www.ochaopt.org/reports/protection-of-civilians

L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano l’edizione inglese dei Rapporti.

nota 2: Nella versione italiana non sono riprodotti i dati statistici ed i grafici. Le scritte [in corsivo tra parentesi quadre]

sono talvolta aggiunte dai traduttori per meglio esplicitare situazioni e contesti che gli estensori dei Rapporti

a volte sottintendono, considerandoli già noti ai lettori abituali.

nota 3: In caso di discrepanze (tra il testo dei Report e la traduzione italiana), fa testo il Report originale in lingua inglese.

Associazione per la pace – Via S. Allende, 5 – 10098 Rivoli TO; e-mail: assopacerivoli@yahoo.it




Rapporto OCHA del periodo 8 – 21 Novembre 2022

1). In Cisgiordania sono stati uccisi cinque palestinesi e tre israeliani; altri 146 palestinesi e cinque israeliani sono rimasti feriti. Inoltre, un colono israeliano è morto per le ferite riportate in una aggressione con coltello ad opera di palestinesi, avvenuta il 25 ottobre 2022, vicino al villaggio di Al Funduq (Qalqilya). In Cisgiordania, su media mensile, il 2022 è l’anno più mortifero per i palestinesi da quando, nel 2005, le Nazioni Unite iniziarono a contare sistematicamente le vittime: finora, quest’anno sono 127 i palestinesi uccisi.

2). In Cisgiordania, in due diversi episodi, due palestinesi, tra cui un minore, sono stati uccisi e altri 60 sono rimasti feriti dalle forze israeliane [seguono dettagli]. Il 9 novembre, nella città di Nablus, durante scontri armati, un ragazzo palestinese di 15 anni è stato colpito da proiettili veri, sparati dalle forze israeliane, mentre l’ordigno esplosivo (IED) che stava presumibilmente collocando esplodeva. Ciò è avvenuto quando coloni israeliani e membri del parlamento israeliano si sono recati in visita alla tomba di Giuseppe; fatto che ha innescato scontri tra palestinesi e forze israeliane, provocando il ferimento di 60 palestinesi. Nel corso degli anni, la Tomba di Giuseppe ha visto ricorrenti scontri tra palestinesi e forze israeliane che scortavano coloni israeliani. Dall’inizio del 2022, nelle occasioni in cui scortavano coloni israeliani al sito, le forze israeliane hanno ucciso quattro palestinesi, tra cui due minori, e ne hanno ferito 525.

Il 10 novembre, forze israeliane hanno sparato e ferito a morte con proiettili veri un palestinese di 29 anni che stava tentando di raggiungere il posto di lavoro in Israele attraverso un varco nella Barriera prossimo al villaggio di Anin (Jenin). Secondo fonti mediche ufficiali, l’uomo aveva subito una grave perdita di sangue, dovuta al fatto che fosse stato trattenuto in una base militare israeliana per almeno un’ora, ritardando il suo trasferimento in ospedale, dove era stato poi dichiarato morto.

Dall’inizio del 2022, questo è il quarto lavoratore palestinese ucciso mentre tentava di attraversare varchi non ufficiali della Barriera. Anche in un altro caso, registrato a Tulkarm, le forze israeliane hanno sparato proiettili veri contro un palestinese che cercava di attraversare un varco nella Barriera, con l’intento di raggiungere il posto di lavoro in Israele.

3). Nei pressi di Salfit, un palestinese ha ucciso tre israeliani e ne ha feriti altri tre, in una aggressione con coltello e speronamento con auto [seguono dettagli]. Il 15 novembre, un palestinese di 19 anni ha compiuto un attacco all’interno e intorno all’insediamento di Ariel: ha accoltellato due israeliani, uccidendoli; in un secondo tempo l’aggressore ha ucciso un altro colono israeliano, investendolo con un veicolo rubato. Successivamente è stato ucciso dalle forze israeliane. Dopo l’attacco, le forze israeliane hanno fatto irruzione ad Haris (Salfit), la città natale dell’autore del reato, ed hanno effettuato rilevamenti della sua casa, presumibilmente in preparazione di una demolizione punitiva.

In un altro episodio avvenuto l’8 novembre, un colono israeliano di 55 anni è morto per le ferite riportate il 25 ottobre 2022, quando un palestinese lo accoltellò vicino al villaggio di Al Funduq (Qalqilya). Dall’inizio dell’anno, in Cisgiordania, sono stati uccisi dieci israeliani, tra cui quattro membri delle forze israeliane, rispetto ai tre israeliani uccisi nel 2021.

4). A Ramallah e nel Campo profughi di Jenin, nel corso di due operazioni di ricerca-arresto, le forze israeliane hanno sparato, uccidendo due minori palestinesi e ferendone altri cinque [seguono dettagli]. Il 14 novembre, a Beituniya (Ramallah), prima dell’alba, una ragazza palestinese di 15 anni è stata uccisa e un uomo è stato ferito e arrestato durante un’operazione di ricerca-arresto. Il Coordinatore speciale delle Nazioni Unite, Tor Wennesland, ha invitato Israele a condurre un’indagine immediata e approfondita sull’episodio. Secondo fonti dei media israeliani che citano l’esercito israeliano, i soldati hanno aperto il fuoco contro un veicolo sospetto che stava accelerando verso di loro. Secondo fonti della Comunità locale, l’esercito israeliano ha sparato contro l’auto con proiettili veri, da lontano.

Il 21 novembre, nelle vicinanze del Campo profughi di Jenin, durante un’operazione delle forze israeliane, un minore palestinese di 17 anni è stato ucciso mentre si recava a scuola e altri tre sono rimasti feriti. Durante l’operazione, secondo quanto riferito, le forze israeliane hanno lanciato un missile da spalla e hanno avuto uno scambio a fuoco con palestinesi prima di arrestare un altro palestinese. In Cisgiordania, dall’inizio dell’anno, nel corso di operazioni di ricerca-arresto, le forze israeliane hanno sparato, uccidendo 63 palestinesi, compresi quindici minori; venti delle uccisioni si sono verificate nel Campo profughi di Jenin.

5). In Cisgiordania, in totale, sono stati feriti dalle forze israeliane 138 palestinesi, tra cui almeno 18 minori; 23 (17%) sono stati colpiti da proiettili veri [seguono dettagli]. La maggior parte dei ferimenti (67%) è avvenuta nel governatorato di Nablus; 60 durante scontri scoppiati vicino alla tomba di Giuseppe (vedi sopra), 31 vicino a Beit Dajan e Beita, in manifestazioni contro le restrizioni di accesso e l’espansione degli insediamenti nell’area; un minore è stato ferito nella Città Vecchia di Nablus, durante un’operazione di ricerca-arresto. Altri tre sono rimasti feriti a Kafr Qaddum (Qalqilya), durante le proteste settimanali contro l’espansione degli insediamenti. Altri ventitré palestinesi sono rimasti feriti in scontri con forze israeliane; tredici durante operazioni di ricerca-arresto ed altri arresti; due ai checkpoints volanti; altri quattro quando le forze israeliane hanno aggredito fisicamente e sparato lacrimogeni contro palestinesi che cercavano di raggiungere i loro terreni prossimi ad un insediamento israeliano a Dura (Hebron) e dietro la Barriera a Qaffin (Tulkarm). In un altro caso le forze israeliane hanno sparato proiettili veri contro un palestinese che, per raggiungere il posto di lavoro in Israele, cercava di attraversare un varco nella Barriera a Tulkarm.

Complessivamente, 94 palestinesi sono stati curati per inalazione di gas lacrimogeno, 23 sono stati colpiti da proiettili veri, nove sono stati feriti da proiettili di gomma, nove sono stati aggrediti fisicamente, uno è stato spruzzato con spray al peperoncino, uno è stato colpito da una granata assordante e uno è stato colpito da un bomboletta di gas lacrimogeno.

In un episodio separato, avvenuto il 10 novembre, un ragazzo di 11 anni è rimasto ferito dall’esplosione di un ordigno inesploso (UXO): stava maneggiando una munizione trovata vicino alla sua casa nel villaggio di Tell (Nablus). Secondo quanto riferito, l’ordigno era stato sparato dalle forze israeliane, il giorno prima, durante un’operazione militare. (Non conteggiato nel totale)

6). In Cisgiordania, complessivamente, le forze israeliane hanno condotto 110 operazioni di ricerca-arresto, arrestando 159 palestinesi, tra cui almeno sette minori. In Cisgiordania, tra gennaio e il 21 novembre 2022, in media, ogni mese, sono stati detenuti più di 500 palestinesi.

7). Le forze israeliane hanno bloccato gli ingressi principali di quattro città, impedendo l’accesso di migliaia di palestinesi a mezzi di sussistenza e ai servizi [seguono dettagli]. Nell’Area B della città di Huwwara (Nablus), in due occasioni, l’esercito israeliano ha bloccato con cumuli di terra due incroci, ostacolando il movimento di almeno 7.000 palestinesi; secondo quanto riferito in risposta al lancio di pietre contro veicoli di coloni israeliani.

Il 15 novembre, chiudendo i cancelli stradali all’ingresso dei villaggi dei Kifl Haris e Bruqin (Salfit), rispettivamente per un giorno e per tre ore, le forze israeliane hanno limitato il movimento di oltre 9.000 palestinesi; ciò è avvenuto all’indomani dell’attacco all’insediamento di Ariel e in seguito alle proteste dei coloni israeliani contro il deterioramento delle condizioni di sicurezza nell’area.

Il 20 novembre, dopo un giorno di apertura, l’esercito israeliano ha richiuso il cancello stradale all’ingresso principale della città di Azzun (Qalqiliya), ostacolando il movimento di almeno 11.000 palestinesi che sono costretti a fare una deviazione di 7 km per raggiungere i centri-servizi di Qalqilya e Nablus. Negli ultimi due mesi, il cancello è stato in gran parte chiuso, presumibilmente a causa del lancio di pietre da parte di palestinesi contro veicoli di coloni israeliani che transitano sulla strada 55.

8). In Cisgiordania, adducendo la mancanza di permessi di costruzione rilasciati da Israele, le autorità israeliane hanno demolito 33 strutture di proprietà palestinese e ne hanno confiscato altre tre. Di conseguenza, 40 persone, tra cui 20 minori, sono state sfollate e sono stati colpiti i mezzi di sussistenza di altre 120. Trentacinque delle strutture prese di mira erano situate in Area C, comprese otto strutture demolite in base all’Ordine militare israeliano (1797) che accorda un preavviso di sole 96 ore e motivi molto limitati per impugnare legalmente una demolizione. L’altra struttura residenziale è stata demolita dal Comune di Gerusalemme a Sur Bahir, sfollando una famiglia composta da quattro persone, tra cui due minori.

9). Coloni israeliani, in sette distinti episodi, hanno ferito otto palestinesi, tra cui due minori e persone conosciute come coloni israeliani, o ritenute tali, hanno causato danni a proprietà palestinesi in 24 casi [seguono dettagli]. Il 15, 16 e 17 novembre, in cinque distinti episodi, sette palestinesi, tra cui un minore, sono rimasti feriti e dodici veicoli sono stati danneggiati (tra cui un camion di verdure incendiato) ad opera di coloni israeliani che hanno lanciato pietre contro veicoli palestinesi che transitavano sulle strade principali vicino a Beit Lid (Tulkarm), l’insediamento di Kedumim a Qalqilya, vicino agli insediamenti di Shavei Shomron e Yitzhar a Nablus e all’ingresso della città di Hebron.

In altre 16 occasioni, durante il periodo di riferimento, persone conosciute come coloni israeliani, o ritenute tali, hanno lanciato pietre contro veicoli palestinesi in transito per la Cisgiordania, causando danni a 16 veicoli.

Il 18 novembre, un gruppo di coloni israeliani, secondo quanto riferito, proveniente dagli avamposti agricoli di coloni vicino all’insediamento di Rimonim e accompagnato da forze israeliane, ha aggredito fisicamente e ferito un ragazzo di 14 anni; il gruppo intendeva attaccare i palestinesi che pascolavano il loro bestiame presso la Comunità beduina del Centro Al Mu’arrajat, a est di Ramallah. Secondo fonti della Comunità, un team medico palestinese ha prestato i primi soccorsi al ragazzo, ma le forze israeliane hanno bloccato sia il ragazzo che il team medico fino all’arrivo di un’ambulanza israeliana che ha trasportato il ferito in un ospedale israeliano.

In tre occasioni, il 18 e il 19 novembre, circa 35.000 coloni israeliani e altri gruppi hanno tenuto una festa religiosa nell’area H2 della città di Hebron e sono stati autorizzati a transitare dai checkpoints per raggiungere l’area H1 sotto il controllo dell’Autorità palestinese; qui hanno attaccato e causato danni alle proprietà palestinesi.

In altri tre episodi, coloni israeliani hanno rubato 170 alberelli di ulivo appartenenti a un agricoltore palestinese di Al Mughayyir (Ramallah); a Mantiqat Shi’b al Butum (Hebron), dopo essere entrati con il loro bestiame su proprietà palestinesi, hanno vandalizzato circa 100 ulivi; in un’area vicino all’insediamento di Shilo, il cui accesso richiede il preventivo coordinamento con l’esercito israeliano, hanno abbattuto nove alberi, di cui quattro vecchi di 15 anni, appartenenti a una famiglia palestinese di Qaryut (Nablus).

Infine, in sette episodi separati registrati vicino a Kafr ad Dik (Salfit), Kafr Thulth (Qalqiliya), Susiya, Tarqumiya, l’area H2 della città di Hebron (tutti a Hebron) e Al Mughayir (Ramallah), secondo testimoni oculari e fonti della Comunità locale, ad opera di coloni sono stati danneggiate due strutture agricole finanziate da donatori, due serbatoi d’acqua, bestiame e recinzioni in pietra.

10). Secondo fonti israeliane, in sei distinti episodi, sono rimasti feriti due coloni israeliani e sono stati segnalati danni ad almeno sei veicoli israeliani, ad opera di persone conosciute come palestinesi, o ritenute tali, che hanno lanciato pietre contro veicoli israeliani in transito sulle strade della Cisgiordania.

11). Nella Striscia di Gaza, il 17 novembre, nel Campo profughi di Jabalia nel nord di Gaza, 21 palestinesi della stessa famiglia allargata, tra cui 11 minori, sono rimasti uccisi in un incendio scoppiato in un edificio residenziale. Secondo un’indagine delle autorità de facto, abitudini non sicure hanno contribuito ad aggravare l’accaduto. Ha contribuito all’elevato numero di morti anche la limitata capacità operativa della Protezione civile palestinese, dovuta a disaccordi con l’Autorità Palestinese e al divieto imposto da Israele sui materiali essenziali.

12). Vicino alla recinzione perimetrale israeliana e al largo della costa di Gaza, in almeno 23 occasioni, le forze israeliane hanno aperto il fuoco di avvertimento, a quanto riferito per far rispettare [ai palestinesile restrizioni di accesso [loro imposte]: non sono state segnalate vittime. In almeno due occasioni, i bulldozer militari israeliani hanno spianato il terreno all’interno di Gaza, a 50 metri dalla recinzione perimetrale, a est di Deir al-Balah.

Ultimi sviluppi (successivi al periodo di riferimento)

1). Il 24 novembre, il corpo di un israeliano di 17 anni, presumibilmente morto il 23 novembre in un incidente stradale a Jenin, è stato consegnato all’esercito israeliano; il corpo era stato portato via dall’ospedale da un gruppo palestinese e trattenuto nel Campo profughi di Jenin, per più di 30 ore.

2). Il 23 novembre, in due episodi separati, durante scontri tra palestinesi e forze israeliane (innescati da una visita di coloni israeliani alla tomba di Giuseppe nella città di Nablus), le forze israeliane hanno sparato, uccidendo due palestinesi, tra cui un minore, e ferendone altri 210.

3). Il 23 novembre, un palestinese è morto per le ferite riportate il 24 luglio 2022, quando fu colpito dalle forze israeliane durante un’operazione di ricerca-arresto condotta nella Città Vecchia di Nablus.

4). Il 23 novembre, a Gerusalemme, sono state registrate due esplosioni vicino a fermate di autobus: un minore israeliano è rimasto ucciso e altri 14 sono rimasti feriti. Successivamente, le forze israeliane hanno cercato i potenziali responsabili nelle Comunità palestinesi.

5). Il 23 novembre, a Massafer Yatta nel sud di Hebron, dopo l’annullamento da parte dell’Alta Corte di giustizia israeliana di una ingiunzione temporanea che ne vietava la demolizione, le autorità israeliane hanno demolito la scuola Isfey Al Faqua, finanziata da donatori. La scuola accoglieva 21 studenti provenienti da tre diverse Comunità. Isfey Al Fauqa è una delle 13 Comunità di pastori di Masafer Yatta, situate in un’area designata dall’esercito israeliano come “Zona a fuoco 918”, che ospita circa 1.150 palestinesi, la metà dei quali minori.

nota 1:

I Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati ogni due settimane in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informa-zioni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati.

sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina: https://www.ochaopt.org/reports/protection-of-civilians

L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano l’edizione inglese dei Rapporti.

nota 2: Nella versione italiana non sono riprodotti i dati statistici ed i grafici. Le scritte [in corsivo tra parentesi quadre]

sono talvolta aggiunte dai traduttori per meglio esplicitare situazioni e contesti che gli estensori dei Rapporti

a volte sottintendono, considerandoli già noti ai lettori abituali.

nota 3: In caso di discrepanze (tra il testo dei Report e la traduzione italiana), fa testo il Report originale in lingua inglese.

Associazione per la pace – Via S. Allende, 5 – 10098 Rivoli TO; e-mail: assopacerivoli@yahoo.it




Prima i droni. Poi le bombe

Abdallah al-Naami 

The Electronic Intifada 10 novembre 2022

Il fine settimana era finalmente arrivato.

E la cosa migliore dei fine settimana è che posso passare del tempo con mio nipote Yahya di 5 mesi.

Lui e mia sorella Inas vengono a trovarci ogni fine settimana nella nostra casa nel campo di Maghazi al centro di Gaza.

Ma lo scorso fine settimana vorrei che non l’avessero fatto.

Il 3 novembre, verso le 10 di notte, eravamo tutti in soggiorno a dire come i droni israeliani volassero particolarmente bassi e rumorosi.

Sebbene i droni siano una maledetta costante nella vita di ogni palestinese a Gaza, non mi ci sono mai abituato. Il ronzio rende difficile lo studio e il lavoro e devo dormire con il ventilatore acceso, anche in inverno, per coprirne il rumore.

Ma più che un fastidio i droni sono una minaccia mortale. Un promemoria che l’occupazione israeliana ci osserva sempre dall’alto, pronta ad uccidere in qualsiasi momento.

La conversazione si è interrotta quando mia sorella ha chiesto chi volesse dar da mangiare a Yahya. Gli ho dato un biberon di latte e l’ho cullato per farlo addormentare, cantandogli una canzone per coprire, anche solo un po’, il ronzio dei droni.

Un brusco risveglio

Andammo tutti a letto, Yahya e mia sorella al piano di sopra, ma non dormimmo a lungo.

Intorno alle 3 del mattino, mi sono svegliato al frastuono di un’enorme esplosione.

Ho subito pensato a Yahya. Sono riuscito a malapena ad alzarmi dal letto che è arrivata la seconda esplosione. L’elettricità è saltata. Ho preso il cellulare per usare la torcia, ma la terza esplosione è stata così forte che la finestra sopra il mio letto è andata in frantumi, coprendo me e il cuscino di vetri.

Sono seguite altre due esplosioni. Dal rumore sembrava che gli aerei israeliani lanciassero due missili ad ogni esplosione.

Potevo sentire i vetri infrangersi, terra e mattoni cadere, urla. Era passato meno di un minuto.

Mi feci strada al piano di sopra, nella stanza di Inas e Yahya. L’ho sentito prima di vederlo: strillava, la faccia rossa per le urla.

Siamo andati nella “zona sicura” della nostra casa, che in realtà non è affatto sicura. È solo un corridoio che ci diciamo sia sicuro perché non ha finestre. Ma le finestre contano davvero quando l’intera casa trema per le esplosioni?

Eravamo tutti sotto shock, terrorizzati, ma abbiamo fatto del nostro meglio per calmare Yahya. Abbiamo cantato, applaudito e riso per cercare di calmare la sua paura.

Ho poi saputo che quando alla prima esplosione Yahya si è svegliato, le mie sorelle lo hanno riparato con i loro corpi per proteggerlo da possibili ferite.

Dopo circa un’ora nel corridoio, Yahya si è riaddormentato e io ho controllato il resto della casa.

Le finestre erano in frantumi in ogni stanza e si erano aperte crepe lungo molte pareti.

Distruzione

Il giorno dopo sono andato alla moschea per la preghiera del venerdì. La nostra strada era irriconoscibile: coperta di fango, mattoni e pietre lanciati fino a 300 metri di distanza dal luogo dello scoppio.

I vicini parlavano dell’attacco israeliano, di quali bombe fossero state usate, quali aerei fatti volare. Questi attacchi sono così numerosi che ora siamo tutti esperti di aerei e bombe.

Dopo la preghiera ho fatto una passeggiata per il quartiere. Riuscivo a malapena a riconoscere il parco giochi di al-Mamoura, dove sono cresciuto e ho giocato, dove avevo di recente guardato le partite di calcio su un grande schermo all’aperto. Il parco giochi era ora sepolto da terra e macerie.

Ho pensato a come questo non fosse nemmeno il primo attacco israeliano vissuto da Yahya, come il 5 agosto 2022, quando Israele attaccò Gaza, Yahya avevesse pianto tutta la notte.

È passata quasi una settimana da quest’ultimo attacco israeliano e, sebbene fortunatamente non siano stati segnalati decessi, la copertura dei media in lingua inglese è stata minima o inesistente.

Nel frattempo, lavoriamo per riparare i danni alla nostra casa. Stiamo ancora raccogliendo pezzi di vetro così piccoli da essere penetrati in vestiti, tende e tappeti. E infine ieri abbiamo sostituito i vetri delle finestre. Fino ad allora, il vento soffiava dentro la pioggia torrenziale attraverso le tende e io mi precipitavo ad asciugare l’acqua.

Ho tenuto sott’occhio Yahya ogni giorno dal bombardamento. È piccolo, ma il trauma degli attacchi israeliani ha un impatto incalcolabile e duraturo sui bambini. La mia speranza è che dimentichi tutto.

E, mentre il fine settimana si avvicina, non vedo l’ora di abbracciare di nuovo Yahya, e di cantare per farlo dormire.

Abdallah al-Naami è un giornalista e fotografo che vive a Gaza.

(traduzione dall’inglese di Luciana Galliano)




Rapporto OCHA del periodo 25 ottobre – 7 novembre 2022

1- In Cisgiordania, durante il periodo in esame, 15 palestinesi e un colono israeliano sono stati uccisi e 201 palestinesi e 12 israeliani sono rimasti feriti, inclusi sette membri delle forze israeliane.

I palestinesi feriti includono 184 feriti dalle forze israeliane e 17 da coloni israeliani. In Cisgiordania, considerando la media mensile di uccisi, il 2022 è l’anno più mortifero per i palestinesi, da quando (nel 2005) le Nazioni Unite iniziarono a contare sistematicamente le vittime.

2- Nella Città Vecchia di Nablus e nel Campo profughi di Jenin, nel corso di due operazioni militari israeliane sotto copertura, sono stati uccisi dalle forze israeliane sei palestinesi; 28 sono rimasti feriti (seguono dettagli).

Il 25 ottobre, nella Città Vecchia di Nablus, le forze israeliane hanno accerchiato palestinesi affiliati al gruppo Lions’ Den, [La Fossa dei Leoni ndr] con i quali hanno avuto uno scambio a fuoco, durante il quale l’esercito israeliano ha utilizzato anche proiettili esplosivi da spalla. Di conseguenza, quattro palestinesi, tra cui due passanti, sono stati uccisi e altri 27 sono rimasti feriti da proiettili veri sparati dalle forze israeliane. Inoltre, secondo i rapporti disponibili, un palestinese è stato ucciso e altri due sono rimasti feriti dalle schegge di un ordigno esplosivo improvvisato (IED) esploso sul luogo degli scontri, all’interno di un’auto. Il 3 novembre, nel Campo profughi di Jenin, le forze israeliane sotto copertura, hanno ucciso un palestinese: dopo averlo inseguito, gli hanno sparato alla schiena. Successivamente, tra palestinesi e forze israeliane, si sono verificati lanci di pietre e uno scontro a fuoco, durante il quale un ragazzo di 14 anni è stato ucciso e un altro palestinese è rimasto ferito; entrambi colpiti con proiettili veri.

3- A Hebron, Qalqilya e Gerusalemme, nel corso di due aggressioni, portate con arma da fuoco e coltello, e un episodio di lancio di pietre contro coloni israeliani, un colono israeliano e un palestinese sono stati uccisi, e cinque coloni israeliani e un palestinese sono rimasti feriti, (seguono dettagli).

Il 25 ottobre, nel villaggio di Al Funduq (Qalqilya), un palestinese ha accoltellato un colono israeliano che, per le ferite riportate, è morto l’8 novembre (questa vittima verrà conteggiata nel prossimo periodo di riferimento). Dopo l’accoltellamento, le forze israeliane hanno condotto nell’area operazioni di ricerca-arresto ed hanno arrestato un palestinese, presunto aggressore. Il 29 ottobre, nell’area di Wadi al Ghrouz della città di Hebron, vicino all’insediamento di Kiryat Arba, un palestinese ha sparato contro veicoli di coloni israeliani, uccidendo un colono israeliano e ferendone altri tre. Ne è seguito uno scontro a fuoco, durante il quale l’uomo è stato investito da un veicolo di una guardia dell’insediamento israeliano e poi è stato ucciso, con arma da fuoco, da un soldato israeliano. Durante lo stesso episodio, è stato ferito, con proiettili veri sparati dalle forze israeliane, anche un paramedico palestinese; faceva parte di una equipe medica inviata nella zona dopo l’accaduto. Successivamente, le forze israeliane hanno chiuso gli ingressi alla città di Hebron (vedi sotto). Il 31 ottobre, un colono israeliano è stato ferito dal lancio di pietre, da parte palestinese, contro un autobus israeliano che viaggiava sulla strada 437 vicino al villaggio di Hizma (Gerusalemme). Complessivamente, sulle strade della Cisgiordania, almeno tre veicoli di coloni israeliani sono stati danneggiati dal lancio di pietre da parte di persone conosciute come palestinesi, o ritenute tali, mentre nell’area di Silwan a Gerusalemme est, sei veicoli sono stati dati alle fiamme. Il 3 novembre, nell’insediamento colonico di Kiryat Arba, una colona israeliana di 13 anni ha riportato un trauma cranico a causa di un proiettile vagante; l’esercito israeliano ha dichiarato che le circostanze dell’episodio sono sotto inchiesta (non conteggiata nel totale).

4- A Gerico, Ramallah e Gerusalemme, nel contesto di tre attacchi palestinesi, o presunti attacchi, contro le forze israeliane sono stati uccisi tre autori/presunti autori palestinesi e sono stati feriti sette membri delle forze israeliane (seguono dettagli). Il 30 ottobre, in due diversi incroci prossimi a Gerico, un palestinese ha investito, e ferito, con il suo veicolo cinque soldati israeliani; è stato quindi colpito e ucciso dalle forze israeliane. Il 2 novembre, al checkpoint di Beit ‘Ur al Fauqa nel Governatorato di Ramallah, secondo quanto riferito, un palestinese ha investito e ferito con il suo veicolo un soldato israeliano. Poi è uscito dal veicolo e, secondo quanto riferito, ha brandito un’ascia prima di essere colpito e ucciso da un soldato israeliano. Il 3 novembre, alla porta di Bab al Majles nella Città Vecchia di Gerusalemme, un palestinese ha ferito un poliziotto israeliano con un coltello, prima di essere colpito e ucciso da agenti di polizia israeliani; secondo fonti dei media israeliani, nello stesso contesto, altri due poliziotti israeliani sono stati feriti da “fuoco amico”. I corpi dei tre palestinesi autori degli attacchi di cui sopra sono stati trattenuti dalle autorità israeliane. Dall’inizio del 2022, in Cisgiordania e Israele, durante attacchi palestinesi o tentati/presunti attacchi, sono stati uccisi dalle forze israeliane, con armi da fuoco, diciassette (17) palestinesi.

5- In Cisgiordania, in altre quattro circostanze, sono stati uccisi dalle forze israeliane cinque palestinesi (seguono dettagli). Il 25 ottobre, all’ingresso del villaggio di An Nabi Salih (Ramallah), un palestinese è stato colpito e ucciso dalle forze israeliane: i soldati israeliani hanno sparato proiettili veri e lacrimogeni contro palestinesi che, manifestando contro l’operazione militare israeliana nella Città Vecchia di Nablus, lanciavano pietre contro soldati israeliani di guardia alla torretta militare posizionata all’ingresso del villaggio. Il 28 ottobre, nella città di Huwwara (Nablus), le forze israeliane hanno sparato, uccidendo due palestinesi (successivamente identificati come membri della Protezione civile palestinese) e ferendone un terzo. Secondo fonti dei media israeliani, le forze israeliane hanno aperto il fuoco contro veicoli sospettati di aver sparato a una postazione militare vicino al checkpoint di Huwwara; non sono state segnalate vittime tra i soldati israeliani e le circostanze precise dell’episodio rimangono poco chiare. Il 3 novembre, l’esercito israeliano ha fatto irruzione nel villaggio di Beit Duqqu (Gerusalemme), la città natale dell’uomo palestinese che aveva effettuato un attacco con auto al checkpoint di Beit ‘Ur al Fauqa (vedi dettagli sopra); l’irruzione ha innescato scontri tra palestinesi che lanciavano pietre e forze israeliane che, secondo quanto riferito, hanno sparato proiettili veri e lacrimogeni: un palestinese è stato colpito e ucciso da proiettili veri sparati dall’esercito israeliano. Secondo fonti mediche, per almeno mezz’ora, le forze israeliane hanno impedito al personale medico di raggiungere il ferito e hanno permesso all’ambulanza di trasportarlo solo dopo averne confermato la morte. Il 5 novembre, l’esercito israeliano ha sparato, uccidendo un palestinese e ferendone un altro a seguito di un presunto lancio di pietre contro veicoli di coloni israeliani che viaggiavano sulla strada 60, vicino al villaggio di Sinjil (Ramallah). Non sono state segnalate vittime tra i coloni israeliani e, secondo fonti palestinesi, le circostanze complete dell’episodio rimangono poco chiare. Questo porta a 125 (di cui 28 minori) il numero totale di palestinesi uccisi dalle forze israeliane in Cisgiordania nel 2022.

6- In Cisgiordania, in totale, sono stati feriti dalle forze israeliane 184 palestinesi (16 minori), di cui 60 (33%) colpiti da proiettili veri. Oltre ai 28 palestinesi feriti durante due operazioni militari nella Città Vecchia di Nablus e nel campo profughi di Jenin (vedi sopra), 95 palestinesi sono rimasti feriti durante manifestazioni tenutesi in tutta la Cisgiordania, principalmente per protestare contro queste operazioni militari. Altri 13 palestinesi e un attivista israeliano sono rimasti feriti nei pressi di Beit Dajan (Nablus) e Kafr Qaddum (Qalqilya) durante manifestazioni contro le restrizioni di accesso e l’espansione degli insediamenti. Inoltre, nei governatorati di Nablus e Ramallah, le forze israeliane hanno ferito 19 palestinesi in concomitanza di attacchi di coloni israeliani. A Hebron un palestinese è stato ferito durante un attacco palestinese contro coloni (vedi sopra). Altri quindici palestinesi sono rimasti feriti in scontri: sei durante operazioni di ricerca-arresto e altri arresti, due durante un episodio di demolizione e uno quando le forze israeliane hanno sparato proiettili veri contro un palestinese che cercava di attraversare varchi nella Barriera a Hebron, nel tentativo di raggiungere il luogo di lavoro in Israele. Infine, due palestinesi sono rimasti feriti presso checkpoints in Cisgiordania, uno in un attacco/presunto attacco contro le forze israeliane e uno in risposta a presunti lanci di pietre contro forze israeliane

7- In Cisgiordania, complessivamente, le forze israeliane hanno condotto 144 operazioni di ricerca-arresto ed hanno arrestato 268 palestinesi, tra cui 31 minori. Il governatorato di Gerusalemme ha registrato il maggior numero di operazioni (56 – 39%) e il maggior numero di arresti (54 – 20%). Tra gennaio e ottobre 2022, il numero medio mensile di palestinesi detenuti/arrestati dalle forze israeliane in Cisgiordania, pari a 572, è il più alto dal 2017.

8- In diverse località della Cisgiordania le forze israeliane hanno limitato gli spostamenti dei palestinesi. In seguito all’uccisione di un colono israeliano, avvenuta il 29 ottobre (vedi sopra), l’esercito israeliano ha chiuso per un giorno tutti i punti di accesso e uscita dalla città di Hebron; da allora sono state bloccate quattro strade con cumuli di terra e sono stati chiusi due cancelli stradali che di solito erano aperti. Nelle aree di Al Bowereh, Beit ‘Einun e Wadi al Ghrous nell’Area C della città di Hebron, ciò ha impedito il movimento di circa 3.000 persone, costringendo i residenti a utilizzare strade sterrate alternative e lunghe deviazioni per accedere a cliniche, scuole e mercati. Simili restrizioni di movimento si sono intensificate anche intorno alla città di Nablus in seguito al presunto attacco con armi da fuoco registrato al checkpoint di Huwwara il 28 ottobre.

9- A Gerusalemme Est e nell’Area C della Cisgiordania, adducendo la mancanza di permessi di costruzione rilasciati da Israele, le autorità israeliane hanno demolito, confiscato o costretto persone a demolire 54 strutture; sette delle strutture erano state fornite come aiuti umanitari finanziati da donatori. Di conseguenza, 35 persone, tra cui 16 minori, sono state sfollate e quasi 200 persone sono state colpite in altro modo. La maggior parte delle strutture prese di mira (41) si trovava in Area C, comprese undici strutture sequestrate senza preavviso, impedendo così ai proprietari di presentare opposizioni in tempo utile. Inoltre, 13 strutture sono state demolite a Gerusalemme Est, tra cui sei case demolite dai proprietari per evitare il pagamento di multe alle autorità israeliane.

10- La stagione della raccolta delle olive è stata interrotta da almeno 23 episodi di violenza che hanno provocato il ferimento di 18 palestinesi: 10 da parte di coloni israeliani e 8 da parte delle forze israeliane; inoltre sono stati danneggiati più di 350 ulivi e sono state rubate grandi quantità di raccolto (seguono dettagli). Il 25 ottobre, nell’Area C del villaggio di Turmus’ayya (Ramallah), durante un’attività di raccolta delle olive un gruppo di coloni israeliani ha lanciato pietre contro palestinesi e ha dato fuoco a due veicoli. Successivamente le forze israeliane sono intervenute e hanno ferito otto palestinesi, usando proiettili di gomma, lacrimogeni e aggressioni fisiche. In due casi, registrati nel governatorato di Hebron il 29 ottobre e il 3 novembre, coloni israeliani hanno aggredito fisicamente e lanciato pietre contro raccoglitori di olive palestinesi, tra cui un uomo e una donna anziani, ferendo sette palestinesi alla periferia del villaggio di Ash Shuyukh e nell’area H2 della città di Hebron. Il 5 novembre, a nord del villaggio di Kafr ad Dik nel governatorato di Salfit, tre palestinesi, tra cui un ragazzo di 13 anni, intenti a raccogliere le loro olive, sono stati aggrediti fisicamente e presi a sassate da un gruppo di circa 40 coloni israeliani; nella stessa circostanza, coloni israeliani hanno rubato circa 40 kg di raccolto e un macchinario per la raccolta. Gli episodi che hanno provocato danni alla proprietà hanno comportato, tra gli altri, il furto di strumenti e prodotti per la raccolta, lo sradicamento di alberi, danni alle attrezzature agricole e l’irrorazione di ulivi con sostanze chimiche. Inoltre, in 25 episodi di violenza dei coloni non collegati alla raccolta delle olive, coloni israeliani hanno ferito sette palestinesi e persone conosciute come coloni israeliani, o ritenute tali, hanno danneggiato proprietà palestinesi. Questi includono un caso registrato a Burin (Nablus) dove le forze israeliane sono intervenute e hanno ferito altri nove palestinesi. I danni alla proprietà segnalati riguardano tra l’altro più di 50 veicoli, 1.400 metri di tubi di irrigazione, serbatoi d’acqua, pannelli solari e case residenziali.

11- Nella Striscia di Gaza, il 1° novembre, tre minori palestinesi sono rimasti feriti dall’esplosione di un residuato bellico (UXO) trovato a nord-ovest di Rafah.

12- Il 3 novembre, gruppi armati palestinesi hanno lanciato quattro razzi da Gaza verso il sud di Israele (la prima volta dalle ostilità dell’agosto 2022): tre razzi sono caduti e il quarto è stato intercettato dal sistema israeliano Iron Dome. Successivamente, le forze israeliane hanno effettuato diversi attacchi aerei, colpendo posizioni che, secondo quanto riferito, appartenevano a gruppi armati di Gaza; sono stati segnalati danni strutturali, ma non feriti.

13- Nella Striscia di Gaza, vicino alla recinzione perimetrale israeliana o al largo della costa, in almeno 35 occasioni, le forze israeliane hanno aperto il fuoco di avvertimento; presumibilmente per far rispettare le restrizioni di accesso nelle aree all’interno di Gaza: ciò ha provocato il ferimento di un pescatore, l’arresto di nove palestinesi, il danneggiamento di quattro pescherecci e il sequestro di altri tre. In un altro episodio, tre palestinesi di Gaza sono stati arrestati dalle forze israeliane al valico di Erez.

nota 1:

I Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati ogni due settimane in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informa-zioni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati.

sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina: https://www.ochaopt.org/reports/protection-of-civilians

L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano l’edizione inglese dei Rapporti.

nota 2: Nella versione italiana non sono riprodotti i dati statistici ed i grafici. Le scritte [in corsivo tra parentesi quadre]

sono talvolta aggiunte dai traduttori per meglio esplicitare situazioni e contesti che gli estensori dei Rapporti

a volte sottintendono, considerandoli già noti ai lettori abituali.

nota 3: In caso di discrepanze (tra il testo dei Report e la traduzione italiana), fa testo il Report originale in lingua inglese.

Traduzione a cura di  Associazione per la Pace , gruppo di Rivoli

Via S. Allende, 5 – 10098 Rivoli TO; e-mail: assopacerivoli@yahoo.it




Amnesty sollecita un’inchiesta per possibili crimini di guerra a Gaza

Redazione di Al Jazeera

25 Ottobre 2022 – Al Jazeera

Solo in quest’anno almeno 160 palestinesi sono stati uccisi dalle forze israeliane nella Cisgiordania occupata e nella Striscia di Gaza

Amnesty International ha sollecitato la Corte Penale Internazionale (CPI) ad indagare su possibili crimini di guerra relativi agli “illegittimi attacchi” condotti nel corso della letale aggressione di Israele alla Striscia di Gaza in agosto.

Le forze israeliane “si sono vantate” della precisione dei loro attacchi su Gaza in agosto, ha affermato Amnesty International in un nuovo rapporto pubblicato martedì, che indaga le circostanze relative a tre specifici attacchi a civili.

Amnesty ha affermato che le vittime dei cosiddetti “attacchi mirati” includono un bambino di quattro anni, un adolescente in visita alla tomba della madre e una studentessa di belle arti uccisa dal fuoco israeliano mentre era in casa a bere un tè con sua madre.

L’organizzazione ha dichiarato che è stato posto sotto indagine anche un attacco che ha ucciso sette civili palestinesi, che sembra essere stato l’esito di un razzo senza guida probabilmente lanciato da gruppi armati palestinesi.

L’ultima offensiva di Israele contro Gaza è durata solo 3 giorni, ma è stato un tempo sufficiente per infliggere nuovi traumi e distruzioni alla popolazione assediata”, ha detto Agnès Callamard, segretaria generale di Amnesty International, in una dichiarazione allegata al rapporto.

I tre attacchi mortali che abbiamo esaminato devono essere indagati come crimini di guerra; tutte le vittime degli attacchi illegittimi e le loro famiglie meritano giustizia e risarcimenti”, ha detto.

Il violento attacco di agosto da parte delle forze israeliane è stato solo uno dei più recenti esempi di violenza indiscriminata contro la popolazione di Gaza “dominata, oppressa e segregata”, che ha subito anni di blocco illegale del territorio, ha aggiunto Callamard.

Oltre ad indagare sui crimini di guerra compiuti a Gaza, la CPI dovrebbe prendere in considerazione, all’interno della sua attuale inchiesta nei Territori Palestinesi Occupati, il crimine contro l’umanità di apartheid”, ha affermato.

Secondo il Ministero della Salute palestinese dall’inizio di quest’anno almeno 160 palestinesi sono stati uccisi dalle forze israeliane nella Cisgiordania occupata e nella Striscia di Gaza, compresi 51 palestinesi uccisi durante l’attacco di tre giorni a Gaza in agosto.

31 civili figurano fra i 49 palestinesi che secondo le Nazioni Unite sono stati uccisi nella Striscia di Gaza durante il conflitto di tre giorni, ha dichiarato Amnesty nel nuovo rapporto.

Il conflitto è iniziato il 5 agosto, quando Israele ha scatenato attacchi aerei in ciò che a suo dire era un attacco preventivo mirato al gruppo della Jihad islamica.

Amnesty ha detto che, utilizzando fotografie di frammenti di armi, l’analisi di immagini satellitari e le testimonianze di decine di intervistati, ha ricostruito le circostanze relative ai tre attacchi specifici, due dei quali condotti dalle forze israeliane e uno probabilmente da gruppi armati palestinesi.

La CPI ha avviato un’indagine sul conflitto israelo-palestinese, che ci si attende focalizzata in parte su possibili crimini di guerra compiuti durante il conflitto del 2014 a Gaza. L’inchiesta è appoggiata dall’Autorità Nazionale Palestinese, ma Israele non è membro della CPI e contesta la sua giurisdizione.

Il mese scorso la famiglia della giornalista di Al Jazeera Shireen Abu Akleh ha inoltrato una denuncia ufficiale alla CPI per chiedere giustizia per la sua morte.

Abu Akleh, che ha lavorato per Al Jazeera per 25 anni ed era conosciuta come “la voce della Palestina”, è stata colpita alla testa ed uccisa dalle forze israeliane l’11 maggio mentre stava documentando un’incursione dell’esercito nel campo profughi di Jenin nella Cisgiordania occupata.

Fonte: Al Jazeera e agenzie di stampa

(Traduzione dall’inglese di Cristiana Cavagna)




Con la breakdance i giovani di Gaza danno un calcio alle paure e scaricano la tensione

Reuters

24 ottobre 2022 – Haaretz

È stato calcolato nel 2022, a Gaza circa 500.000 giovani hanno avuto bisogno di assistenza psicologica. La danza è usata in tutto il mondo come pratica terapeutica per alleviare ansia, depressione, rabbia e stress post-traumatico

In una strada del campo profughi di Nusseirat, nel centro della Striscia di Gaza, gli adolescenti si esibiscono in quei movimenti e passi della breakdance una volta condannati dalla gente del posto come immorali, ma ora visti come un modo per aiutare i giovani a gestire anni di guerra e traumi.

Le mosse, con nomi come top rock [quelle eseguite in piedi, N.d.T.] e down rock [a terra, in ginocchio o sulle mani, N.d.T.] fanno parte del programma di Ahmed Al-Ghraiz, allenatore a Gaza, che dice di usare la danza come terapia per aiutare i giovani a dare un calcio alle paure e scaricare la tensione.

Ghraiz, 32 anni, ha un certificato in studi sul disturbo post-traumatico e ha passato sette anni in Europa dove con alcuni amici ha organizzato esibizioni di breakdance che secondo lui poteva adattarsi alla situazione palestinese, in particolare a Gaza.

Un momento dell’allenamento con l’istruttore:foto di Ibraheem Abu Mustafa/Reuters

All’inizio la gente del campo aveva rifiutato la danza hip-hop, ma poi Ghraiz ha fatto vedere come avrebbe potuto far emergere nei loro figli alcuni dei problemi quotidiani e aiutarli a elaborare le loro esperienze.

“Alcuni vengono da me e mi dicono di essere stanchi, hanno l’aria smorta perché non riposano abbastanza e non dormono un sonno profondo. Ho scoperto che alcuni si tagliano e altri evitano le attività sociali,” dice Ghraiz a Reuters.

“Questo sport e questi movimenti creano una stabilità psicologica,” afferma.

foto: Ibraheem Abu Mustafa/Reuters

La danza è usata in varie parti del mondo come pratica terapeutica, accanto al counselling tradizionale e ad altre pratiche di riabilitazione, per alleviare ansia, depressione, rabbia e stress post-traumatico.

foto:Ibraheem Abu Mustafa/Reuters

Nel 2022 l’UNICEF, il fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia, ha sostenuto che circa 500.000 minori a Gaza hanno bisogno di assistenza psicologica. I minori sono circa la metà dei 2,3 milioni dei palestinesi che popolano Gaza.

“Siamo spaventati, restiamo in casa, abbiamo paura dei rumori dei droni e delle guerre,” afferma Jana Al-Shafe, undicenne.

“Con la breakdance la nostra salute mentale è cambiata. Quando veniamo qua ci divertiamo e giochiamo con i nostri amici e il nostro umore cambia,” dice a Reuters.

(traduzione dall’inglese di Mirella Alessio)




Rapporto OCHA del periodo 27 settembre – 10 ottobre 2022

1- In Cisgiordania quotidiani scontri violenti fra palestinesi, coloni israeliani e forze israeliane hanno provocato la morte di 13 palestinesi (inclusi cinque minori) e un soldato israeliano, e il ferimento di 434 palestinesi e 7 israeliani. Ad oggi, in Cisgiordania, rispetto ai 16 anni precedenti, il 2022 è l’anno con il più alto numero di vittime palestinesi. Le Nazioni Unite hanno esortato i leader a “riportare la calma ed evitare un ulteriore inasprimento”.

2- Durante tre operazioni di ricerca-arresto condotte nei Campi profughi di Jenin e Al Jalazun, sono stati uccisi dalle forze israeliane 9 palestinesi, compreso un ragazzo, e altri 44 sono rimasti feriti (seguono dettagli). Il 28 settembre, secondo quanto riferito, le forze israeliane hanno sparato proiettili esplosivi contro un edificio nel Campo profughi di Jenin, uccidendo due palestinesi definiti “ricercati” (maggiori dettagli di seguito). Durante l’operazione, si è verificato uno scontro a fuoco tra forze israeliane e palestinesi. Altri tre palestinesi sono stati uccisi; tra cui un passante e un ragazzo di 12 anni che, essendo stato colpito, è morto successivamente per le ferite riportate. Altri 31 sono rimasti feriti, di cui 21 con proiettili veri. In una scuola vicina, circa 500 studenti sono rimasti bloccati per circa quattro ore. Il 3 ottobre, le forze israeliane hanno fatto irruzione nel Campo profughi di Al Jalazun (Ramallah), hanno aperto il fuoco, uccidendo due palestinesi alla guida di un’auto e ferendone un terzo. Le forze israeliane hanno confiscato il veicolo, hanno trattenuto i corpi degli uccisi ed hanno arrestato il palestinese ferito. Secondo le autorità israeliane, citate dai media israeliani, i palestinesi avevano cercato di investire i soldati; un’accusa contestata da fonti palestinesi locali. L’8 ottobre, le forze israeliane hanno nuovamente fatto irruzione nel Campo profughi di Jenin (Jenin), dove ha avuto luogo uno scambio a fuoco con i palestinesi. Due palestinesi, tra cui un ragazzo, sono stati uccisi a colpi di arma da fuoco e altri dodici sono rimasti feriti, di cui dieci colpiti da proiettili veri. Uno è stato arrestato. In nessuna delle tre operazioni sono stati riportati ferimenti di israeliani ad opera di palestinesi. Ciò porta a 70 il numero totale di palestinesi uccisi nel 2022 dalle forze israeliane, in Cisgiordania, durante operazioni militari e operazioni di ricerca-arresto, 27 delle quali segnalate nei Campi profughi.

3 – Le forze israeliane hanno ucciso tre ragazzi palestinesi in tre distinti episodi avvenuti a Gerusalemme, a Qalqiliya e a Ramallah (seguono dettagli). Il 1° ottobre, nella città di Al ‘Eizariya (Gerusalemme), le forze israeliane hanno aperto il fuoco contro due palestinesi a bordo di una motocicletta, uccidendone uno, un ragazzo di 17 anni. Le autorità israeliane affermano che i ragazzi avevano tentato di lanciare una bottiglia incendiaria contro i soldati; affermazione contestata da testimoni oculari. Secondo fonti mediche, il ragazzo era stato colpito con arma da fuoco e con proiettili veri nella parte posteriore del collo da distanza ravvicinata e sul suo corpo non sono state trovate tracce di materiale incendiario. Il 7 ottobre, a Qalqilya, nei pressi della Barriera, le forze israeliane hanno aperto il fuoco contro un gruppo di ragazzi, uccidendo, con proiettili veri, un quattordicenne. Le forze israeliane sostengono che il ragazzo avrebbe lanciato una bottiglia incendiaria contro i soldati; questo è contestato da testimoni oculari palestinesi. Un altro ragazzo palestinese di 17 anni è stato ucciso dalle forze israeliane, con arma da fuoco, nei pressi di una sorgente d’acqua e di un parco pubblico nell’Area B del villaggio di Al Mazra’a Al Qibliya (Ramallah). In questo caso, mentre palestinesi lanciavano pietre contro forze israeliane presenti nell’area, questi ultimi hanno sparato proiettili di gomma e proiettili veri: il ragazzo è stato colpito con arma da fuoco e ucciso, mentre altri 51 sono rimasti feriti. In nessuno dei casi è stato registrato alcun ferito israeliano. Ciò porta a 27 il numero totale di minori palestinesi uccisi in Cisgiordania dall’inizio del 2022 (di cui almeno 24 uccisi dalle forze israeliane) rispetto ai 17 minori uccisi durante tutto il 2021.

4- A Nablus e Gerusalemme, in aggressioni con armi da fuoco da parte palestinese e operazioni militari israeliane, un soldato israeliano e un palestinese sono stati uccisi e tre membri delle forze israeliane e 52 palestinesi sono rimasti feriti (seguono dettagli). Il 2 ottobre, nei pressi del checkpoint di Beit Furik (Nablus) palestinesi hanno aperto il fuoco contro veicoli di coloni israeliani, ferendo un colono. Successivamente, le forze israeliane hanno chiuso le strade vicine ed hanno condotto operazioni di ricerca-arresto. Il 5 ottobre, a Deir al Hatab (Nablus), le forze israeliane hanno fatto irruzione e circondato una casa palestinese; ne è seguito uno scambio a fuoco con i palestinesi, prima che uno degli occupanti si arrendesse. Le forze israeliane hanno sparato proiettili veri, proiettili di gomma e lacrimogeni contro palestinesi che hanno lanciato pietre. Un palestinese armato è stato ucciso e altri 52 sono rimasti feriti, di cui sei con proiettili veri. Durante l’episodio, le forze israeliane hanno sparato gas lacrimogeni contro tre giornalisti e un’ambulanza palestinese che prestava i primi soccorsi ai feriti. L’8 ottobre, un palestinese ha aperto il fuoco contro un checkpoint militare israeliano all’ingresso del Campo profughi di Shu’fat a Gerusalemme est, uccidendo una soldatessa israeliana e ferendone altre due, inclusa una guardia di sicurezza. L’aggressore è ancora latitante. Successivamente, le forze israeliane hanno chiuso tutti gli ingressi e le uscite nell’area, limitando pesantemente o spesso impedendo il movimento di almeno 130.000 persone, compreso il personale medico e umanitario. Il 2 ottobre palestinesi hanno aperto il fuoco contro soldati israeliani di stanza al checkpoint di Huwwara (Nablus); un soldato è rimasto ferito.

5- Il 29 settembre, un bambino palestinese di 7 anni è morto in concomitanza con una operazione militare israeliana condotta nel villaggio di Tuqu’ (Betlemme). Secondo fonti della Comunità locale, il bambino è stato trovato morto in circostanze poco chiare. L’Onu ha chiesto un’indagine.

6- In Cisgiordania, complessivamente, sono stati feriti dalle forze israeliane 433 palestinesi, tra cui almeno 45 minori, di cui 65 feriti con proiettili veri. Del totale dei feriti, 67 sono stati registrati vicino a Beita e Beit Dajan (entrambi a Nablus) e Kafr Qaddum (Qalqilya), in proteste contro gli insediamenti. Altri 95 palestinesi sono rimasti feriti in manifestazioni e scontri scoppiati a Nablus, Qalqilya, Ramallah, Betlemme e Hebron in segno di protesta contro la chiusura da parte delle forze israeliane del Campo profughi di Shu’fat e di ‘Anata a Gerusalemme e le operazioni militari israeliane nel Campo profughi di Jenin. Ad Al Mazra’a al Gharbiyeh e Al Bireh (entrambi a Ramallah), Burqa e Madama (entrambi a Nablus), 63 persone sono state ferite dalle forze israeliane che accompagnavano coloni all’interno delle Comunità palestinesi; quattro di questi casi si sono trasformati in scontri con palestinesi (più dettagli di seguito). Secondo fonti palestinesi, le forze israeliane hanno sparato bombe assordanti, lacrimogeni e proiettili di gomma contro i residenti che hanno lanciato pietre. Altre 198 persone sono rimaste ferite in operazioni militari e operazioni di ricerca-arresto (dettagli sopra). L’8 ottobre, in un episodio distinto, dieci palestinesi sono stati feriti e otto sono stati arrestati (di cui cinque minori) dalle forze israeliane dentro e intorno alla Città Vecchia di Gerusalemme; qui i palestinesi si erano riuniti per celebrare il compleanno del profeta Maometto. Secondo quanto riferito, le forze israeliane hanno ordinato ai palestinesi di allontanarsi, quindi hanno sparato proiettili di gomma, granate assordanti e lacrimogeni contro i palestinesi che avrebbero lanciato bottiglie.

7- In Cisgiordania, complessivamente, le forze israeliane hanno condotto 145 operazioni di ricerca-arresto ed hanno arrestato 127 palestinesi, inclusi 13 minori. Il governatorato di Gerusalemme ha registrato il maggior numero di operazioni (59) e il maggior numero di arresti (43). Finora, nel 2022, il numero medio mensile di palestinesi arrestati dalle forze israeliane in Cisgiordania è il più alto dal 2017. Durante 15 di queste operazioni, le forze israeliane hanno sparato proiettili veri contro palestinesi che hanno lanciato pietre e, in alcuni casi, hanno aperto il fuoco contro le forze israeliane: dieci palestinesi sono stati uccisi e 198 feriti, di cui 40 con proiettili veri.

8- A Gerusalemme Est e nell’Area C della Cisgiordania, adducendo la mancanza di permessi di costruzione rilasciati da Israele, le autorità israeliane hanno demolito, confiscato o costretto persone a demolire 24 strutture di proprietà palestinese; tre delle strutture erano state fornite come aiuti umanitari finanziati da donatori. Di conseguenza, 71 persone, tra cui 41 minori, sono state sfollate e sono stati colpiti i mezzi di sostentamento di circa altre 36. Circa 22 delle strutture si trovavano in Area C. A Gerusalemme Est, in seguito all’emissione di ordini di demolizione, altre due strutture sono state demolite dai proprietari per evitare di pagare le multe previste nel caso che la struttura venga demolita dalle autorità israeliane.

9- Il 28 settembre, nel Campo profughi di Jenin (Jenin), le autorità israeliane hanno demolito il primo piano di un edificio residenziale di quattro piani, provocando lo sfollamento di una famiglia, composta da cinque persone, tra cui un minore. La demolizione (citata prima) sarebbe avvenuta durante la fase finale di un’operazione militare per la cattura di “ricercati” che si erano nascosti, rifiutando di arrendersi. Le forze israeliane li hanno invitati a costituirsi ed hanno sparato proiettili esplosivi contro l’edificio, distruggendo un appartamento e provocando danni ad altri appartamenti residenziali all’interno degli stessi edifici o a quelli contigui. Durante l’operazione, quattro palestinesi sono stati uccisi; un quinto, che era rimasto ferito, è morto successivamente per le ferite riportate. In Cisgiordania, questa è la quinta volta, dall’inizio del 2022, in cui le forze israeliane hanno utilizzato, durante operazioni militari, proiettili esplosivi da spalla in aree urbane affollate.

10- Coloni israeliani hanno ferito 35 palestinesi e persone conosciute come coloni israeliani, o ritenute tali, hanno danneggiato proprietà palestinesi in 42 casi (seguono dettagli). Il 28 settembre e il 4 ottobre, coloni israeliani sono entrati nelle città di Madama e Huwwara (entrambe a Nablus) dove hanno appiccato il fuoco a terre incolte, hanno aggredito fisicamente palestinesi o hanno lanciato pietre contro persone e case. 19 palestinesi sono rimasti feriti. Nell’area H2 della città di Hebron, coloni israeliani hanno lanciato pietre contro case palestinesi e hanno spruzzato con liquido al peperoncino i residenti: otto palestinesi, tra cui tre minori, sono rimasti feriti. In almeno cinque occasioni, sulla strada 60 tra Nablus e Jenin, coloni israeliani hanno bloccato gli incroci, vicino ai checkpoints di Beit El (Ramallah) e Huwwara. Coloni israeliani hanno lanciato pietre contro veicoli palestinesi, causando gravi ingorghi. Tali episodi si sono trasformati in scontri tra palestinesi, che hanno lanciato pietre, e forze israeliane che sono intervenute sparando proiettili veri, proiettili gommati e lacrimogeni. Secondo quanto riferito, quattro palestinesi sono stati feriti da pietre lanciate da coloni e almeno dodici veicoli di proprietà palestinese sono stati danneggiati. In altri tre cassi accaduti a Biddya (Salfit), Ein el Beida (Tubas) e Jurat al Khiel (Hebron), tre pastori palestinesi che stavano lavorando le loro terre e accudendo il bestiame sono stati feriti da coloni che li hanno attaccati e aggrediti fisicamente. In almeno altri 16 episodi accaduti vicino a Nablus, Qalqiliya, Gerusalemme e Ramallah, almeno venti auto di proprietà palestinese sono state danneggiate dal lancio di pietre da parte di coloni israeliani. Inoltre, circa 500 alberi di proprietà palestinese sono stati dati alle fiamme, sradicati o vandalizzati in 13 distinti episodi. Altri 13 episodi registrati a Hebron, Gerusalemme, Nablus, Ramallah, Salfit e Tubas hanno provocato danni alle colture, al bestiame, alle attrezzature agricole, ai serbatoi d’acqua, alle strutture legate al sostentamento e alle reti idriche. Il 4 ottobre, coloni israeliani, secondo quanto riferito provenienti da Yitzhar, hanno preso d’assalto la scuola di Urif (Nablus) mentre si tenevano le lezioni, lanciando pietre e costringendo la Direzione a sospendere le lezioni e mettere in sicurezza gli studenti; due studenti e il preside della scuola sono rimasti feriti, 250 studenti sono stati colpiti in altro modo e sono stati segnalati danni alla proprietà. Successivamente, le forze israeliane hanno sparato gas lacrimogeni contro palestinesi che hanno lanciato pietre contro i coloni.

11- In Cisgiordania, in quattro distinti episodi, sono rimasti feriti quattro coloni israeliani. In un caso, vicino a Nablus, palestinesi hanno sparato contro un loro veicolo, mentre in altri tre casi persone conosciute come palestinesi (o ritenute tali) hanno lanciato pietre contro veicoli israeliani che viaggiavano sulle strade della Cisgiordania. Secondo fonti israeliane, almeno quattro veicoli israeliani sono stati danneggiati.

12- Nella Striscia di Gaza, vicino alla recinzione perimetrale israeliana o al largo della costa, presumibilmente per far rispettare le restrizioni di accesso nelle aree all’interno di Gaza, in almeno 25 occasioni, le forze israeliane hanno aperto il fuoco di avvertimento: danni a due pescherecci, ma nessun ferito. Vicino a Beit Lahiya, un palestinese è stato arrestato, secondo quanto riferito, mentre cercava di entrare in Israele attraverso la recinzione perimetrale.

Associazione per la pace – Via S. Allende, 5 – 10098 Rivoli TO; e-mail: assopacerivoli@yahoo.it




Al-Haq: “65 organizzazioni inviano una lettera al nuovo alto commissario per i diritti umani, sollecitando misure concrete per assicurare giustizia e responsabilizzazione per il popolo palestinese”

Al-Haq

18 ottobre 2022 – IMEMC

Il 17 ottobre 65 organizzazioni palestinesi, regionali ed internazionali hanno inviato una lettera congiunta al nuovo alto commissario per i diritti umani, Volker Türk, dandogli il benvenuto per questa sua nuova posizione ed evidenziando alcune delle recenti e allarmanti politiche e pratiche israeliane imposte ai palestinesi.

In modo specifico la lettera sottolinea i 15 anni di chiusura e assedio della Striscia di Gaza da parte di Israele; l’inasprimento delle incursioni militari intrusive di Israele nelle città palestinesi nei mesi scorsi; la chiusura come atto di punizione collettiva dei campi profughi di Shuafat e ‘Anata, così come un aggravamento nell’uso della politica “sparare per uccidere” delle forze di occupazione israeliane.

Inoltre la lettera sottolinea l’incremento della campagna israeliana di arresti e detenzioni arbitrari di massa, inclusa l’arbitraria, coercitiva e punitiva politica della detenzione amministrativa [cioè senza processo né accuse e rinnovabile a tempo indeterminato, ndt.].

Notando come al popolo palestinese sia stato negato per decenni il diritto all’autodeterminazione, la lettera congiunta evidenzia che la situazione dei diritti umani in Palestina dovrebbe essere in cima all’agenda dell’alto commissario, incluso un incremento della priorità dell’aggiornamento annuale del database ONU sulle attività commerciali delle colonie, come prescritto [dalle norme dell’ONU, ndt.].

La lettera fa notare con preoccupazione i ripetuti e inspiegabili ritardi dell’aggiornamento del database che sono senza precedenti nel modo in cui l’ufficio dell’alto commissariato per i diritti umani (OHCHR) ha gestito i mandati precedenti e sono causati da pressioni e interferenze politiche esercitate su OHCHR.

A tal fine la lettera evidenzia gli sforzi sistematici di Israele per silenziare i difensori dei diritti umani che alzano la loro voce contro le politiche e pratiche illegali di Israele, inclusa la messa al bando arbitraria di sei importanti organizzazioni della società civile palestinese, e spingono per la giustizia e la responsabilizzazione internazionale Ciò detto, le organizzazioni hanno espresso la loro fiducia che tale pressione non farà sviare l’OHCHR dal suo impegno per i diritti umani, per la giustizia, e la responsabilizzazione e sollecitano il nuovo alto commissario e il suo ufficio a:

    1. Riconoscere e prendere atto delle cause prime della prolungata negazione dei diritti dei palestinesi, radicata nel colonialismo di insediamento e nell’apartheid dello Stato di Israele;
    2. Dare priorità all’aggiornamento annuale del database ONU, come prescritto dalla Risoluzione 31/36 del Consiglio per i Diritti Umani (HRC) ed assicurare che siano allocate le opportune risorse per permettere uno sviluppo continuativo del database;
    3. Continuare a lavorare con le organizzazioni della società civile e con i difensori dei diritti umani in piena trasparenza per il completamento e l’aggiornamento continuativo del database;
    4. Affrontare l’aggressione istituzionale e sistematica da parte di Israele del popolo palestinese, inclusi i 15 anni di blocco della Striscia di Gaza e le massicce e arbitrarie politiche di “sparare per uccidere” e detenzione amministrativa
    5. Indagare e segnalare, con visite in loco o altro, attacchi contro i difensori dei diritti umani che lavorano sulle questioni palestinesi e che affrontano intimidazioni o arbitrarie restrizioni legislative o amministrative e assicurarne la protezione

(traduzione dall’inglese di Gianluca Ramunno)