Israele e Hamas dichiarano il cessate il fuoco dopo 11 giorni di conflitto 

20 maggio 2021 Al Monitor

Il Gabinetto di Sicurezza di Israele ha approvato all’unanimità una proposta egiziana di cessate il fuoco nell’undicesimo giorno di conflitto con i militanti palestinesi nella Striscia di Gaza, che ha causato più di 200 morti.

Giovedì il Gabinetto di Sicurezza di Israele ha approvato all’unanimità una proposta egiziana di cessate il fuoco, nell’undicesimo giorno di conflitto con i militanti palestinesi nella Striscia di Gaza, che ha causato più di 200 morti.

I rapporti dei media israeliani hanno informato che il cessate il fuoco inizierà venerdì alle 2 del mattino (ora locale), circa quattro ore dopo l’annuncio.

Hamas, il movimento islamista palestinese che dall’inizio delle ostilità il 10 maggio ha lanciato migliaia di razzi contro Israele, ha confermato il cessate il fuoco.

Mercoledì il vice capo politico di Hamas Mousa Abu Marzouk ha sottolineato che il cessate il fuoco sarà un’interruzione dei lanci, non una tregua. I colpi da entrambe le parti probabilmente continueranno fino a quando non inizierà il cessate il fuoco.

I dirigenti israeliani hanno smentito voci secondo cui avrebbero concordato ulteriori condizioni al di là dello stop alle operazioni militari, suggerendo che le ragioni sottostanti al conflitto – le denunce palestinesi di espropriazioni di fronte al mancato raggiungimento di una soluzione a due Stati o altra equa soluzione – continueranno.

I dirigenti di Hamas hanno richiesto che le forze di sicurezza di Israele si astengano dall’entrare nel complesso della moschea di Al- Aqsa e interrompano i tentativi da parte dei coloni israeliani di sfrattare attraverso pratiche legali sei famiglie palestinesi dal quartiere di Gerusalemme Sheikh Jarrah.

La settimana scorsa Israele ha respinto una precedente offerta accompagnata da simili richieste, optando per il proseguo dei bombardamenti mirati contro i comandanti di Hamas e della Jihad a Gaza.

Le bombe israeliane hanno ucciso almeno 230 persone a Gaza, tra cui moltissime donne e bambini. In seguito al lancio di 4.000 razzi all’interno di Israele sono morti dodici israeliani. La gran parte di essi comunque sono stati intercettati dal sistema di difesa antimissile israeliana Iron Dome.

L’annuncio è giunto poche ore dopo che il Presidente USA Joe Biden ha telefonato al Presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi. Dirigenti egiziani hanno condotto la mediazione tra Hamas e Israele. Anche diplomatici del Qatar e della Giordania, come anche funzionari delle Nazioni Unite, sono stati coinvolti nel compito di fare pressione per porre fine al conflitto.

Secondo una lettera del Congresso ottenuta da Al-Monitor, all’inizio di giovedì deputati USA ancora una volta hanno premuto su Biden perché chiedesse un immediato cessate il fuoco.

I rappresentanti democratici Hank Johnson della Georgia e Pramila Jayapal di Washington e leader democratici progressisti, compresa Alexandra Ocasio Cortez di New York, hanno chiesto a Biden di fare pressioni più intense sul governo Netanyahu ed hanno avvertito che non facendolo avrebbe potuto danneggiare ulteriormente la credibilità USA a livello internazionale.

Questa settimana si sono sollevate ulteriori proteste, in larghissima parte di democratici, sia nel Congresso che in Senato, dopo che è stato reso noto che l’amministrazione Biden ha programmato di concedere alla Boeing la licenza per rifornire Israele di armi teleguidate simili a quelle che sarebbero state usate nel conflitto.

La portavoce del Congresso Nancy Pelosi, democratica della California, all’inizio di questa settimana ha chiesto un immediato cessate il fuoco, quando si sono intensificate le critiche su una percepita riluttanza da parte della Casa Bianca a fare pressioni sul governo Netanyahu per un alleggerimento della sua devastante campagna.

Biden mercoledì ha detto a Netanyahu che si aspettava per quella sera una “significativa de-escalation” nel conflitto.

(Traduzione dall’inglese di Cristiana Cavagna)




“Vogliono uccidere”: i medici di Gaza raccontano le esperienze vissute durante la guerra

Ana Adli

20 Maggio 2021 – Al Jazeera

I medici dell’ospedale al-Shifa riportano ad Al Jazeera le difficoltà emotive e pratiche che devono affrontare mentre lavorano per salvare vite umane nel corso dei bombardamenti israeliani

Gaza City – Per più di 10 giorni i medici palestinesi di al Shifa, principale ospedale della Striscia di Gaza, durante gli incessanti bombardamenti dell’esercito israeliano sull’enclave assediata, hanno lavorato 24 ore su 24 per salvare vite umane.

Da quando il 10 maggio Israele ha iniziato a bombardare la Striscia di Gaza almeno 230 persone, tra cui 65 minori, sono state uccise. I feriti sono stati più di 1.500.

Questa settimana l’uccisione di due dirigenti medici – Ayman Abu al-Ouf, primario della medicina interna all’ospedale al-Shifa, e il neuro-psichiatra Mooein Ahmad al-Aloul – ha inferto un ulteriore colpo psicologico ai medici che già lavoravano sotto un’immensa pressione e si trovavano di fronte a una grave carenza di risorse sanitarie a causa di molteplici guerre e un blocco che dura da 14 anni.

Al Jazeera ha discusso con i medici di al-Shifa su cosa significhi, fisicamente ed emotivamente, lavorare in mezzo ad un violento conflitto. Le interviste che seguono hanno subito delle modifiche per brevità e chiarezza.

Sarah El-Saqqa, 33 anni, specialista in chirurgia generale

“Durante l’attuale escalation lavoro sotto pressione per circa 13 ore al giorno: vengo in ospedale alle 19:30 e me ne vado alle 8 o alle 8:30 del giorno successivo.

Questo è stressante ed estenuante … essere lontana dalla famiglia nel mezzo dei bombardamenti è preoccupante. Ho paura che tra le persone che accogliamo in ospedale possa esserci uno dei miei familiari.Sono casi molto difficili, simili a quelli che si vedono solo durante le guerre. Non sappiamo che tipo di armi vengano utilizzate, ma l’obiettivo è uccidere, non terrorizzare o causare ferite. La maggior parte dei casi che giungono in ospedale sono persone che sono state uccise o con gravi ferite.

La morte del dottor Ayman Abu al-Auf è stata una delle notizie più difficili da sopportare. È stato mio docente all’università e poi sono diventata sua collega nel dipartimento di medicina interna dell’ospedale, che lui dirigeva.

“Quello che sta accadendo nella Striscia di Gaza è un crimine di guerra e un crimine di genocidio, e le organizzazioni internazionali per i diritti umani devono intervenire per fermare questa guerra e non permettere che si ripeta di nuovo”.

Hani al-Shanti, 42 anni, medico consulente specialista in malattie vascolari

In questa guerra il numero di persone uccise è superiore al numero di feriti gravi. Nella guerra del 2014, quando il campo di Shati [campo profughi nel nord della Striscia di Gaza, ndtr.] è stato colpito, ci sono stati molti feriti e abbiamo dovuto trascorrere diversi giorni in sala operatoria per salvare vite umane. Non sono un esperto militare, ma questa volta l’obiettivo principale sembra quello di uccidere le persone. Ecco perché abbiamo avuto meno interventi chirurgici per salvare vite umane.

In ospedale ci sentiamo al sicuro, ma l’ansia per mia moglie, i miei figli e i miei familiari è forte. A casa, questa sensazione è ancora più intensa perché i bombardamenti sono intorno a te, vicino a te. Vivo in uno stato di emergenza a casa e in ospedale.

Il suono dei bombardamenti durante questa guerra è terrificante; il rumore stesso ha causato danni alle persone e ci sono state morti non per lesioni dirette ma per attacchi di cuore dovuti al rumore dei missili.

Soffriamo per la mancanza di sonno, in ospedale e a casa. Ciò causa insonnia cronica e depressione. Inoltre la guerra, in aggiunta alla diffusione del COVID-19, ha iniziato a colpire servizi come acqua, elettricità e rifiuti, oltre, lasciando il settore sanitario sull’orlo del collasso.

Il martirio del mio collega Ayman Abu al-Auf e della sua famiglia è stato devastante. Solo suo figlio è sopravvissuto all’attacco, ma è in terapia intensiva. Non è a conoscenza della loro morte e continua a chiedere ogni giorno di suo padre e della sua famiglia – gli abbiamo detto che si trovano nel reparto di chirurgia.

Il mondo ha calpestato la Striscia di Gaza. Rimarremo nella condizione di crisi e di guerre per diversi motivi: gli israeliani infrangono le promesse e i donatori internazionali non rispettano i loro impegni né per ricostruire né per fermare l’assedio.

Vorrei che Gaza potesse vivere in pace. Vorrei poter vivere in un paese indipendente, vivere dignitosamente “.

Amid Awad, 48 anni, specialista in chirurgia vascolare

I medici sono qui 24 ore su 24. Iniziamo la giornata esaminando i feriti per verificare se ci sono state complicazioni o se è necessario un intervento medico o un intervento chirurgico.

Le necessità di un intervento chirurgico vascolare durante questa guerra non sono le stesse che durante le proteste della Grande Marcia del Ritorno, quando i cecchini israeliani sparavano col proposito di rendere invalidi i palestinesi, specialmente quelli di età inferiore ai 18 anni. Questa volta, la maggior parte delle persone che arrivano in ospedale sono già morte.

“Ci sono esplosioni che non abbiamo mai sperimentato prima. Ciò ha influito sullo stato psicologico dei nostri figli. I nostri figli non hanno visto una bella giornata da più di 15 anni.

Penso alla mia famiglia a casa tutto il giorno, ma quando vengo in ospedale dimentico l’ansia perché Dio li protegge.

C’è una carenza di materiali e dispositivi medici. Abbiamo competenze che non sono disponibili nei Paesi vicini. Quando le delegazioni mediche vengono qui sono stupite da quello che stiamo facendo nel settore.

Serve un appoggio internazionale. Siamo un popolo indifeso e i nostri media e il nostro arsenale, a differenza di Israele, sono deboli. Ho un’altra nazionalità, sono russo e ho votato per il presidente Vladimir Putin. Voglio chiedere il suo sostegno a noi, cittadini russi, per fermare questa escalation e i massacri. Anche mia moglie è russa, ha assistito a tre guerre israeliane contro Gaza ed è in grado di far fronte alla situazione attuale meglio di me.

Temo che le future generazioni di palestinesi saranno sfigurate dalle armi e dalle bombe che Israele sta usando. Non abbiamo laboratori per esaminarle, ma la questione emergerà nei prossimi anni. I tumori sono molto numerosi e questo è il risultato di ciò che hanno usato nelle guerre precedenti”.

Muhammad Ibrahim al-Ron, 40 anni, consulente chirurgo e responsabile del dipartimento di chirurgia generale

“In questa guerra è dura. La famiglia ha bisogno di te e l’ospedale ha bisogno di te, ma non puoi trovarti in due posti contemporaneamente. In ospedale il lavoro è diviso in tre squadre che lavorano 24 ore e riposano 24 ore. Ma veniamo in servizio anche durante i turni di riposo.Il nemico ha come obiettivo l’uccisione di civili innocenti. I casi che provengono dalle case bombardate sono soprattutto bambini e donne. Queste sono tattiche militari, forse il nemico sta cercando di sconfiggere psicologicamente le persone e le uccisioni seminano la paura tra le persone e le destabilizzano. Questa è la realtà che ho sotto gli occhi.

Il morale generale nella Striscia di Gaza in risposta [agli eventi a] Gerusalemme è alto. Ma c’è anche paura perché stanno bombardando civili, quindi il movimento delle persone e i loro spostamenti non sono gli stessi di prima.

La guerra ha colpito il cuore di Gaza, l’economia, le aziende, la stampa, le torri, i civili e altro.

Il settore sanitario sta soffrendo a causa del blocco. Nel complesso ha periodi buoni e periodi cattivi, ma è peggiorato durante la crisi legata al coronavirus. Non abbiamo l’attrezzatura. Lavoriamo con dispositivi obsoleti e abbiamo bisogno di molte attrezzature mediche, formazione e manutenzione di dispositivi diagnostici e terapeutici.

I 15 anni del blocco corrispondono a 150 anni del progresso medico che avviene al di fuori della Striscia di Gaza. Ciò che è necessaria ora è una giusta soluzione alla questione palestinese, che ci possa consentire di vivere come gli altri”.

Abdul Hadi Mohammad Abu Shahla, 37 anni, specialista in chirurgia vascolare

Da quando è iniziata questa guerra, arriviamo in ospedale alle 7 del mattino e lavoriamo per 24 ore, poi ci prendiamo un giorno per riposarci. Riceviamo vittime che necessitano di interventi specialistici di chirurgia vascolare. Ma portiamo assistenza anche in altre specialità, come chirurgia generale e toracica.

Ci occupiamo di casi clinici provenienti da tutta la Striscia di Gaza. Una delle situazioni più difficili è stata quando è arrivato un bambino di 11 anni con schegge conficcate nell’aorta e nell’arteria epatica [che rifornisce di sangue il fegato, ndtr.]. Abbiamo usato un cerotto sintetico per riparare l’arteria e l’operazione ha avuto successo. Ma il bambino è morto due giorni dopo a causa di ferite alla testa e al torace.

“Le notti in cui sono a casa con la mia famiglia mi sento più tranquillo, e le notti in cui lavoro in ospedale … è difficile trovare un equilibrio tra il prendermi cura dei feriti e il pensare alla mia famiglia e proteggerla.

Ma abbiamo ancora energie e le squadre sono pronte a continuare a lavorare nonostante la carenza di forniture mediche, gravissima nei periodi di guerra e di crisi.

“Voglio che la guerra finisca, poiché la maggior parte delle vittime sono martiri”.

(traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)




La lobby filoisraeliana teme che l’appoggio si autodistrugga a causa dei bombardamenti su Gaza

Yvonne Ridley

19 maggio 2021 – Middle East Monitor

La scorsa notte l’influente lobby filoisraeliana in America era sbigottita dopo che si è saputo che il governo USA potrebbe bloccare la vendita a Israele di missili teleguidati per 735 milioni di dollari. I politici USA, in genere sostenitori dello Stato sionista, sono divisi sul fatto di dare la loro usuale approvazione a un simile accordo.

Qualunque cosa faccia a meno di un appoggio incondizionato da parte di quelli di Washington porterebbe ad accuse di antisemitismo da parte dei lobbysti, ma persino loro stanno avendo sempre più difficoltà a giustificare i crimini di guerra commessi dal loro Stato favorito contro i palestinesi nella Striscia di Gaza.

Mentre i bombardamenti israeliani di civili palestinesi hanno provocato una condanna globale, quello che pare concentrare l’attenzione dei e delle parlamentari a Washington è il fatto che siano stati deliberatamente presi di mira dallo Stato dell’occupazione il grattacielo che ospitava importanti uffici dei mezzi i di comunicazione e case civili, tra cui gli uffici di una compagnia americana, l’Associated Press [agenzia di notizie USA, ndtr.]. I democratici della Commissione per gli Affari Esteri della Camera stanno facendo pressione sull’amministrazione Biden perché rimandi almeno la vendita di armi tecnologicamente avanzate in attesa di un riesame. Deve insistere che venga firmato un accordo di cessate il fuoco prima che sia dato il via libera alla vendita.

Il gruppo di pressione ebraico If Not Now [Se Non Ora] ha accolto positivamente la notizia dell’opposizione del Partito Democratico all’accordo d’emergenza per la vendita di armi. “È un segno incoraggiante di quanto accadrà. Per decenni [l’organizzazione della lobby filo-israeliana] AIPAC ha cinicamente utilizzato false accuse di antisemitismo per rendere impossibile ai democratici mettere in discussione il modo in cui gli USA stavano finanziando le politiche israeliane di apartheid, ha detto la portavoce Morriah Kaplan. “Ora, grazie al movimento guidato dai palestinesi in Israele/Palestina e nella diaspora, chiunque presti attenzione può vedere che queste bombe fabbricate e finanziate dagli USA vengono utilizzate per uccidere palestinesi e commettere crimini di guerra. I bombardamenti israeliani stanno esacerbando le tensioni e rendendo sia i palestinesi che gli ebrei israeliani sempre meno sicuri. Se Joe Biden continua a imporre questo accordo riguardo agli armamenti sarà chiaramente dalla parte sbagliata della storia e del suo stesso partito.”

Ovviamente tra le voci di dissenso c’è stata Ihlan Omar, esplicita critica di Israele e membro della commissione. La parlamentare ha affermato che sarebbe “sconvolgente” che l’amministrazione Biden permettesse la vendita “senza alcun vincolo in seguito alla crescente violenza e agli attacchi contro i civili.”

Un ulteriore dissenso è arrivato da uno dei “buoni amici” di Israele, il politico texano Joaquin Castro, che ha affermato che gli USA non dovrebbero più guardare da un’altra parte mentre vengono commesse atrocità sul territorio di Gaza dagli israeliani. Un rinvio, ha affermato, consentirebbe alla commissione di condurre un riesame approfondito.

“Sarebbe ragionevole chiedere un rinvio di questa vendita in modo che possiamo verificarla alla luce di quanto sta avvenendo,” ha spiegato Castro, “in particolare il fatto che Israele, che è nostro buon amico e che gli Stati Uniti hanno appoggiato da generazioni, ora ha preso di mira un edificio che ospitava un’agenzia americana, l’Associated Press.” Ha evidenziato che nessuno può limitarsi a guardare da un’altra parte. “Gli Stati Uniti devono inviare un fermo messaggio.”

Eventuali risoluzioni di disapprovazione condivise richiedono un’approvazione speciale della commissione, perché il tempo per presentare un ricorso è già tecnicamente scaduto. Tuttavia il fatto che politici USA siano divisi sull’accordo relativo agli armamenti illustra i venti di cambiamento che soffiano nei corridoi del potere a Washington.

Lunedì pomeriggio i democratici hanno tenuto un incontro urgente sulla prevista vendita dopo che il Washington Post ha informato che l’accordo sugli armamenti include kit di Joint Direct Attack Munitions (“JDAM”), che trasformano le bombe in missili teleguidati e Guided Bomb Unit-39s (GBU-39), un’arma sviluppata per penetrare in strutture fortificate situate a grande profondità sottoterra.

Il presidente della Commissione Affari Esteri della Camera, il deputato Gregory Meeks, ha accettato di inviare una lettera all’amministrazione Biden chiedendo che la vendita venga rinviata mentre i parlamentari riesaminano il contratto che è stato formalmente autorizzato il 5 maggio e di cui il Congresso era stato informato. Si tratta di un processo di revisione di 15 giorni, che termina giovedì [20 maggio].

Meeks è considerato un grande amico delle lobby filo-israeliane di Washington ed è una presenza costante alla conferenza annuale dell’AIPAC (the American Israel Public Affairs Committee) [Commissione degli Affari Pubblici Israelo-Americana]. Tuttavia pare che la disponibilità comprata e pagata dall’AIPAC non sia più una garanzia di influenza sul Congresso.

Sono scoppiate tensioni tra i deputati democratici sulla commissione che vuole ritardare il discusso accordo. Molti affermano di aver appreso della sospensione dell’accordo solo durante il fine settimana e hanno criticato la commissione per la scarsa trasparenza.

Mentre tenevano un incontro urgente per discutere sul futuro dell’accordo, l’esercito israeliano era impegnato a lanciare attacchi aerei mortali sulla Striscia di Gaza. Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha esternato le solite bellicose minacce: “Faremo tutto il necessario per ripristinare l’ordine, la tranquillità e la sicurezza del nostro popolo e la deterrenza. Stiamo cercando di ridurre la capacità terroristica di Hamas e la sua volontà di riprovarci. Quindi ci vorrà un po’ di tempo. Spero che non ci voglia molto, ma non sarà immediato.”

Tuttavia, nonostante i tentativi di contrastare la copertura giornalistica dal vivo sul terreno a Gaza distruggendo deliberatamente gli uffici di alcune agenzie di notizie con missili e bombe, il mondo esterno può vedere chiaramente la devastazione provocata da Israele. E sappiamo tutti dell’uccisione di uomini, donne e bambini innocenti.

È quasi certo che tra la vasta gamma di armamenti utilizzati contro la popolazione civile ci sono missili ottenuti da Israele dal Dipartimento della Difesa USA attraverso un accordo di 1.8 miliardi di dollari nel 2015 per la fornitura di armi.

Nel contratto di vendita c’erano 14.500 kit JDAM per trasformare missili intelligenti e altre armi di distruzione di massa installati su aerei da combattimento e droni israeliani come quelli inviati a bombardare il grattacielo di Gaza che ospitava l’Associated Press e Al Jazeera. Israele ha sostenuto che l’agenzia di intelligence militare di Hamas stava utilizzando l’edificio commerciale e residenziale, ma finora non è stata fornita alcuna prova di ciò. L’AP chiede un’inchiesta indipendente. Nel contempo anche una linea elettrica di servizio dell’unica centrale per la maggior parte di Gaza City è stata distrutta.

I tradizionali amici di Israele sembrano essere divisi sull’offensiva militare dello Stato sionista e alcuni democratici americani stanno facendo pressione sul presidente Joe Biden perché faccia presente a Netanyahu i loro sentimenti.

“Non riesco a ricordare una guerra aperta in cui vengano uccisi bambini da ambo le parti in cui gli USA non abbiano aggressivamente spinto per un cessate il fuoco,” ha detto ai giornalisti il senatore Tim Kaine.

Il presidente della sottocommissione Relazioni Estere sul Medio Oriente del Senato, senatore Chris Murphy, ha sottolineato che “se Israele non crede che il cessate il fuoco sia nel suo interesse, ciò non significa che noi dobbiamo accettare questa opinione. Abbiamo un enorme potere di persuasione.”

In effetti l’America ha un enorme potere di persuasione e sarebbe incoraggiante vedere che una volta tanto venga utilizzato per appoggiare il popolo palestinese. Non possiamo che sperare che il potere e l’influenza della lobby filo-israeliana sia in declino. Sarebbe una cosa buona, non solo per i palestinesi, ma anche per la democrazia occidentale.

Le opinioni espresse in questo articolo sono dell’autrice e non riflettono necessariamente la politica editoriale di Middle East Monitor.

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)




Unità, infine: il popolo palestinese si è sollevato

Ramzy Baroud

18 maggio 2021 – Middle East Monitor

 

Anzitutto qualche chiarimento sul linguaggio usato per descrivere le violenze in atto nella Palestina occupata ed anche in tutto Israele. Non è un ‘conflitto’. Non è neppure una ‘controversia’ o una ‘violenza settaria’, né una guerra in senso tradizionale.

Non è un conflitto perché Israele è una potenza occupante e il popolo palestinese è una nazione occupata. Non è una controversia perché libertà, giustizia e diritti umani non possono essere trattati come semplici divergenze politiche. I diritti inalienabili del popolo palestinese sono inscritti nel diritto internazionale e umanitario e l’illegalità delle violazioni israeliane dei diritti umani in Palestina sono riconosciute dalle stesse Nazioni Unite.

Se è una guerra, allora è una guerra unilaterale israeliana, che incontra una modesta, ma reale e determinata resistenza palestinese.

In realtà, si tratta di una rivolta palestinese, un’Intifada senza precedenti nella storia della lotta palestinese, sia per la sua natura che per la sua portata.

Per la prima volta da tanti anni vediamo il popolo palestinese unito, da Gerusalemme Al-Quds [nome arabo della città di Gerusalemme. Significa “la (città) santa”, ndtr.] a Gaza, alla Cisgiordania e, anche in modo più importante, alle comunità, città e villaggi nella Palestina storica – oggi Israele.

Questa unità conta più di qualunque cosa, è molto più carica di conseguenze di qualche accordo tra le fazioni palestinesi. Essa eclissa Fatah e Hamas e tutto il resto, perché senza un popolo unito non può esserci una resistenza significativa, una prospettiva di liberazione, una lotta vincente per la giustizia.

Il Primo Ministro israeliano di destra Benjamin Netanyahu non poteva certo prevedere che un’azione di routine di pulizia etnica nel quartiere di Gerusalemme est di Sheikh Jarrah avrebbe condotto ad una sollevazione palestinese, che unifica tutti i settori della società palestinese in una dimostrazione di unità senza precedenti.

Il popolo palestinese ha deciso di lasciarsi alle spalle tutte le divisioni politiche e le polemiche di fazione. Sta invece creando nuove terminologie, incentrate sulla resistenza, la liberazione e la solidarietà internazionale. Di conseguenza sta sfidando la faziosità, e contemporaneamente ogni tentativo di normalizzare l’apartheid israeliano. Di pari importanza, la voce palestinese sta ora bucando il silenzio internazionale, costringendo il mondo ad ascoltare un unico canto di libertà.

I capi di questo nuovo movimento sono giovani palestinesi, a cui è stato impedito di partecipare a qualunque forma di rappresentanza democratica, che vengono costantemente emarginati ed oppressi dalla loro stessa leadership e dalla incessante occupazione militare israeliana. Sono nati in un mondo di esilio, povertà ed apartheid, indotti a pensare di essere inferiori, di una razza inferiore. Il loro diritto all’autodeterminazione e tutti gli altri loro diritti sono stati rinviati indefinitamente. Sono cresciuti senza speranza, vedendo le loro case demolite, la loro terra rubata e i loro genitori umiliati.

Infine, si stanno sollevando.

Senza un previo coordinamento e senza un manifesto politico, questa nuova generazione palestinese sta facendo sentire la sua voce, sta mandando un inequivocabile forte messaggio ad Israele e alla sua società sciovinista di destra, cioè che il popolo palestinese non è fatto di vittime passive: che la pulizia etnica di Sheikh Jarrah e del resto della Gerusalemme est occupata, il protratto assedio di Gaza, l’interminabile occupazione militare, la costruzione di colonie ebraiche illegali, il razzismo e l’apartheid non resteranno più sotto silenzio; benché stanchi, poveri, spossessati, assediati ed abbandonati, i palestinesi continueranno a difendere i propri diritti, i propri luoghi sacri e l’assoluta inviolabilità del proprio popolo.

Certo, l’attuale violenza è stata fomentata dalle provocazioni israeliane nel quartiere di Sheikh Jarrah a Gerusalemme est. Tuttavia non si è mai trattato solo della pulizia etnica di Sheikh Jarrah. Questo quartiere assediato non è che un microcosmo della più ampia lotta palestinese.

Netanyahu può aver sperato di usare Sheikh Jarrah come un modo per mobilitare il suo elettorato di destra intorno a sé, per formare un governo di emergenza o aumentare le sue possibilità di vincere anche le quinte elezioni. Il suo spericolato comportamento, inizialmente dovuto a motivi del tutto personali, ha scatenato una ribellione popolare tra i palestinesi, mostrando Israele come lo Stato violento, razzista e di apartheid quale è ed è sempre stato.

L’unità palestinese e la resistenza popolare si sono dimostrate vincenti anche sotto altri aspetti. Mai prima d’ora avevamo visto questa ondata di sostegno alla libertà palestinese, non solo da parte di milioni di persone comuni in tutto il mondo, ma anche da parte di celebrità – star del cinema, calciatori, intellettuali di primo piano ed attivisti politici, addirittura modelle e influencer dei social media. Gli hashtag ‘SaveSheikhJarrah’ e ‘FreePalestine’, tra i tanti altri, sono ora interconnessi e hanno pervaso tutte le piattaforme social per settimane. I continui tentativi di Israele di presentarsi come una vittima perenne di qualche immaginaria orda di arabi e musulmani non pagano più. Il mondo finalmente può vedere, leggere e ascoltare la tragica realtà della Palestina e la necessità di porre termine immediatamente a questa tragedia.

Nulla di tutto ciò sarebbe possibile se non per il fatto che tutti i palestinesi hanno legittime ragioni e stanno parlando all’unisono. Nella loro spontanea reazione e nella genuina, comune solidarietà tutti i palestinesi sono uniti, da Sheikh Jarrah all’intera Gerusalemme, a Gaza, Nablus, Ramallah, Al-Bireh e persino alle città palestinesi all’interno di Israele – Lod, Umm Al-Fahm, Kufr Qana ed altre.

Nella nuova rivoluzione popolare della Palestina le fazioni, la geografia e tutte le divisioni politiche sono irrilevanti. La religione non è fonte di divisione, ma di unità spirituale e nazionale.

Le attuali atrocità israeliane a Gaza continuano, con un crescente pedaggio di morte. Questa devastazione continuerà fino a quando il mondo tratterà il devastante assedio della impoverita e sottile Striscia (di Gaza) come irrilevante. La gente a Gaza moriva da molto prima che le bombe israeliane esplodessero sulle sue case e quartieri. Moriva per la mancanza di medicine, per l’acqua inquinata, per la carenza di elettricità e per le infrastrutture fatiscenti.

Dobbiamo salvare Sheikh Jarrah, ma dobbiamo anche salvare Gaza; dobbiamo chiedere la fine dell’occupazione militare israeliana della Palestina e, con essa, del sistema di discriminazione razziale e di apartheid. Le organizzazioni internazionali per i diritti umani sono ora precise e determinate nel descrivere questo regime razzista, con Human Rights Watch e l’associazione israeliana per i diritti B’Tselem che si uniscono all’appello per l’eliminazione dell’apartheid nell’intera Palestina.

Parlatene. Parlatene apertamente. I palestinesi si sono svegliati. E’ ora di schierarsi al loro fianco.

Le opinioni espresse in questo articolo appartengono all’autore e non riflettono necessariamente la politica editoriale di Middle East Monitor.

(Traduzione dall’inglese di Cristiana Cavagna)




La polizia non è in grado di arginare la violenza nelle città miste israeliane

AfifAbuMuch

17 maggio 2021 – Al-Monitor

Lo Shin Bet è stato chiamato ad affiancare la polizia israeliana nel compito di contrastare le rivolte nelle città arabe e miste ebraico-arabe.

L’Alto Comitato di Follow-up per i cittadini arabi di Israele [organizzazione extraparlamentare che rappresenta i cittadini arabo-israeliani, ndtr.] ha proclamato per domani uno sciopero generale nelle città e nelle comunità arabe in seguito all’aggressione nella moschea di Al-Aqsa e alle violenze dei coloni nelle città miste. I membri del Comitato si sono incontrati ieri con gli abitanti di Giaffa e Lod per ascoltare i loro pareri e preoccupazioni.

L’incontro si è tenuto mentre per la seconda settimana di seguito nelle città miste ebraico-arabe le tensioni continuavano a crescere. La scorsa settimana scontri e tensioni a Gerusalemme est durante il Ramadan, immagini angoscianti dalla moschea di Al-Aqsa che mostrano la polizia israeliana mentre irrompe nella moschea, proteste violente in tutta Gerusalemme e la battaglia in corso nel quartiere di Sheikh Jarrah hanno creato una situazione esplosiva caratterizzata dal lancio di razzi verso Gerusalemme da parte di Hamas. E mentre Israele scatenava sulla Striscia di Gaza una valanga di bombardamenti aerei contro Hamas, in città miste come Lod, Giaffa e Ramie esplodevano scontri interni tra gli abitanti arabi e i loro vicini ebrei.

Durante il Ramadan ci sono stati anche diversi violenti scontri nelle città arabe e proteste per i fatti di Gerusalemme. Tali incidenti, tra cui lanci di pietre, disordini, l’incendio di una sinagoga, aggressioni a cittadini ebrei da parte di arabi e a cittadini arabi da parte di ebrei e distruzioni di proprietà private e pubbliche, hanno provocato molti feriti. A Lod un uomo è stato ucciso. Mousa Hassouna, 32 anni, è stato colpito a morte da un ebreo che è stato arrestato.

Il caos ha indotto il presidente Reuven Rivlin a chiedere alla leadership araba di far sentire la propria voce contro la violenza montante. Egli ha definito il suo silenzio “vergognoso, tale da offrire supporto al terrorismo e alle rivolte e incoraggiare la frattura della società in cui viviamo e in cui continueremo a vivere una volta che tutto questo sarà passato”. Ha anche invitato il governo israeliano a “perseguire i rivoltosi con mano ferma e ripristinare la sicurezza e l’ordine durante la battaglia senza compromessi contro il terrorismo proveniente da Gaza”. Il presidente ha poi tenuto un incontro con tutti i sindaci delle città arabe ed ebraiche del Negev per chiedere loro di calmare la loro gente e porre fine alla violenza.

A testimonianza della portata delle violenze lo Shin Bet [l’intelligence interna israeliana, ndtr.] ha fatto l’insolito annuncio che, alla luce dell’escalation, l’agenzia agirà a fianco della polizia israeliana all’interno delle città per fermare la violenza tra arabi ed ebrei. Con la presenza dello Shin Bet, la situazione è sembrata modificarsi, e c’è stata una drastica diminuzione degli scontri e dei disordini causati da ebrei o arabi.

Fermare gli scontri è un compito troppo arduo per la polizia, proprio come la lotta alla violenza e alla criminalità nella comunità araba, la quale perde più di 100 vite all’anno in seguito ad omicidi? È Lo Shin Bet la risposta a entrambe le sfide?

Uno degli aspetti positivi è che la leadership israeliana sembra aver finalmente capito che il gran numero di armi circolanti nella comunità araba potrebbe un giorno essere rivolto contro gli ebrei. Coloro che in passato hanno chiesto la confisca di armi illegali sono scoraggiati e affermano che il governo e le forze dell’ordine non si preoccupano della questione fintanto che gli arabi continuano a sparare agli arabi.

Ieri il leader del partito arabo Raam ,[ di tendenza islamista, ndtr.] Mansour Abbas ha visitato Lod, invitando entrambe le parti a riportare la calma. Durante la visita Abbas ha incontrato per la prima volta la famiglia di Hassouna e ha poi visitato il sito della sinagoga che è stata data alle fiamme dai rivoltosi.

Il Paese sta ora affrontando anche la crisi politica in atto, aggravata dalle tensioni interne e dall’operazione militare a Gaza. Il presidente di Yamina [alleanza di partiti politici israeliani di destra ed estrema destra nata in occasione delle elezioni del settembre 2019, ndtr.] Naftali Bennett ha annunciato di aver interrotto i negoziati riguardanti il cosiddetto Change Bloc per la formazione di un governo a rotazione con il leader di Yesh Atid [partito politico israeliano centrista e laico, ndtr.] Yair Lapid, che attualmente detiene il mandato di formare un governo. Bennett è tornato a negoziare con il Likud e il primo ministro Benjamin Netanyahu, affermando che la sicurezza deve avere priorità sulle questioni civili. Sembra che Bennett abbia detto: “A causa della situazione di emergenza nelle città miste, non è un ‘governo di cambiamento’ così come era stato pianificato a potersene occupare. Abbiamo bisogno della forza, per mettere in campo i militari e fare arresti. Queste cose non possono essere fatte se dipendiamo da Mansour Abbas [che avrebbe dovuto appoggiare il governo di Lapid, ndtr.]”.

(traduzione dall’inglese di Aldo lotta)




I palestinesi non vogliono antisemiti nei loro cortei

Kamel Hawwash

17 maggio 2021 – Middle East Monitor

Come presidente della Palestine Solidarity Campaign [Campagna di Solidarietà con la Palestina] in Gran Bretagna sono stato orgoglioso di lavorare con i nostri partner per organizzare sabato un corteo stimato in 150.000 partecipanti da Marble Arch [arco di trionfo nei pressi di Hide Park, ndtr.] di Londra all’ambasciata israeliana a Kensington. Con noi c’erano il Palestinian Forum in Gran Bretagna, i Friends of Al-Aqsa [Amici di Al-Aqsa], la coalizione Stop the War [Ferma la guerra, ndtr.], CND e l’associazione musulmana della Gran Bretagna.

Discorso dopo discorso abbiamo espresso il nostro rifiuto dei letali bombardamenti di Israele contro Gaza che hanno fatto seguito ai tentativi di compiere una pulizia etnica a Sheikh Jarrah a danno degli abitanti palestinesi e all’indicibile violenza inflitta ai fedeli nella moschea di Al-Aqsa. C’è stato anche un supporto unanime ai palestinesi che si sono uniti nella Palestina storica come mai prima d’ora. L’apartheid israeliano, il colonialismo di insediamento, il razzismo e l’occupazione colpiscono tutte le aree della Palestina sotto occupazione. Nessun luogo è risparmiato dall’aggressione e dall’ oppressione sioniste, compresi quei palestinesi che hanno la cittadinanza israeliana perché nel 1948 sono rimasti nella loro terra in quello che ora è Israele.

C’è stato anche ripudio nei confronti dei leader dalla cosiddetta comunità internazionale, che sono rimasti in silenzio riguardo alla violenza inflitta ai palestinesi a Sheikh Jarrah, a Bab El-Amoud (la Porta di Damasco) e all’interno del complesso di Al-Aqsa. Gli stessi dirigenti, compresi tra gli altri il presidente USA e i rappresentanti dei governi britannico, francese e tedesco, si sono affrettati a sincronizzare il loro orologio discriminatorio contro i palestinesi quando il primo razzo è stato lanciato da Gaza verso Israele.

Il loro discorso è stato semplicemente che Israele ha il diritto all’autodifesa. Non è stata fatta alcuna menzione al diritto dei palestinesi all’autodifesa – in effetti il nostro diritto legittimo di resistere all’occupazione israeliana – come se fossimo persone inferiori. Invece gli americani hanno sostenuto che solo Paesi o Stati hanno il diritto all’autodifesa. La Palestina ha chiesto il riconoscimento come Stato da decenni. Tuttavia i principali Paesi del mondo, come gli USA, la Gran Bretagna, la Francia e la Germania, hanno ignorato questa richiesta, nonostante alcuni dei loro parlamenti abbiano approvato risoluzioni che impongono ai governanti di riconoscere lo Stato di Palestina.

Tuttavia questa è semantica e non dovrebbe essere utilizzata come scusa per negare al popolo palestinese il diritto all’autodifesa perché farlo sconvolgerebbe lo status quo favorevole a Israele. Cosa importante, la Corte Penale Internazionale ha accettato di avere giurisdizione sui Territori Palestinesi Occupati perché la Palestina è riconosciuta dall’ONU come Stato osservatore ed è stata ammessa allo Statuto di Roma. Quindi è uno Stato ed ha il diritto all’autodifesa.

Le persone possono avere diverse opinioni su cosa significhi autodifesa. Nel caso di Israele, sembra che utilizzerà ogni mezzo violento a disposizione per mettere in atto quello che considera il suo diritto. Tuttavia basta guardare alle distruzioni e devastazioni provocate a Gaza. Non c’è una giustificazione di “autodifesa” per il massacro di uomini, donne e bambini innocenti con quelle che dovrebbero essere armi intelligenti che costano milioni di dollari. Non ci sono scuse per la demolizione di grattacieli che ospitano centinaia di persone, indipendentemente dal fatto che l’esercito abbia o meno avvertito gli abitanti per telefono o con razzi “leggeri” che stava per privarli di una casa. Non ci sono scuse per aver fatto saltare in aria il grattacielo che ospitava gli uffici di mezzi di comunicazione come Al Jazeera, che ha informato del barbaro bombardamento. Non ci sono scuse per la distruzione di banche e altre infrastrutture della società civile. Israele ha fatto tutto ciò per “autodifesa”. Non sono sicuro che distruggere una banca o privare i palestinesi della propria casa possa rendere i cittadini israeliani più sicuri.

Questa è una violenza assolutamente folle contro una popolazione imprigionata, assediata, senza un posto in cui rifugiarsi nella zona più densamente popolata al mondo. Israele ha di nuovo traumatizzato un’intera generazione che crescerà pronta ad unirsi alla resistenza.

Né io né la PSC vogliamo vedere qualcuno ucciso o ferito a causa dell’insistenza di Israele nel negare ai palestinesi il loro diritto all’autodeterminazione nella loro patria e il legittimo diritto dei rifugiati di tornare a casa.

Né vogliamo la sorprendente solidarietà cui abbiamo assistito nelle strade di Londra, Brighton, Birmingham, Manchester e Newcastle e in molti altri luoghi in Gran Bretagna e altrove, segnata da alcuni come espressione di odio verso gli ebrei, che non hanno niente a che vedere con gli eventi che si sviluppano in Palestina, derivanti dalle ripugnanti politiche e pratiche di Israele.

In quanto antirazzista e anche presidente di un’organizzazione di solidarietà antirazzista, io e la mia organizzazione prendiamo le distanze da ogni tentativo di accusare gli ebrei britannici delle azioni di Israele. Quest’ultimo è guidato dalle politiche della sua dirigenza di estrema destra e dall’ideologia sionista che ha insediato Israele nella mia patria, la Palestina, con l’aiuto e la complicità della Gran Bretagna.

Né io la PSC o i nostri alleati vogliamo che i razzisti prendano parte alle nostre manifestazioni e raduni. Cosa ancora più importante, il popolo palestinese non vuole l’appoggio di razzisti che tentano di utilizzare la nostra causa per vomitare il proprio odio contro gli ebrei.

Quindi sono rimasto realmente scioccato e sconvolto quando ho visto un filmato ampiamente diffuso domenica sulle reti sociali in cui la bandiera della pace, la bandiera palestinese, copriva automobili in cui alcuni antisemiti hanno attraversato zone ebraiche a Londra e gridato oscenità razziste. Ciò non è stato fatto in nome dei palestinesi, lo condanno incondizionatamente e chiedo alle autorità di prendere ogni misura necessaria per fronteggiare questi razzisti.

Ho pubblicato immediatamente questo tweet:

“Questa gente non parla per i palestinesi e non abbiamo bisogno né vogliamo il loro appoggio. Il nostro problema riguarda il sionismo, non gli ebrei. Non voglio che partecipino alle nostre manifestazioni o cortei.”

Non è questo il momento per discutere sulla definizione di antisemitismo, ma rifiuto il tentativo di proteggere Israele attraverso nuove definizioni di questa piaga razzista. Per me è semplice: l’antisemitismo è l’odio contro gli ebrei perché sono ebrei. Detesto ogni forma di razzismo. Credo fermamente che noi, palestinesi britannici, stiamo fianco a fianco con gli ebrei britannici nel rifiuto di ogni forma di razzismo, esattamente come facciamo con ogni altra minoranza.

Sfileremo di nuovo a Londra il prossimo sabato e ci saranno cortei e marce in tutta la Gran Bretagna e nel mondo. La nostra rabbia sarà rivolta contro Israele, non contro gli ebrei britannici o di altri luoghi. Dico a quanti vengono alle manifestazioni: non portate cartelli con immagini antisemite o che fanno riferimento al nazismo. Non gridate slogan antisemiti. Contestate quelli che lo fanno, perché non li vogliamo ed essi non aiutano la nostra causa. Portate cartelli che appoggino i palestinesi e sventolate la bandiera palestinese.

Non vogliamo antisemiti nella nostra società e non vogliamo antisemiti nei cortei e nei raduni in solidarietà con i palestinesi o negli eventi filo-palestinesi. Per il bene dei nostri fratelli e sorelle palestinesi, rendiamo gli eventi palestinesi zone libere dall’antisemitismo e concentriamoci e facciamo pressione contro l’apartheid israeliano. Palestina libera.

Le opinioni espresse in questo articolo sono dell’autore e non riflettono necessariamente la politica editoriale di Middle East Monitor.

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)




Stavolta è diverso

Ahmed Abu Artema

14 maggio 2021 The Electronic Intifada

Mentre scrivo l’edificio dove vivo qui a Gaza trema incessantemente. Sopra di noi gli aerei da combattimento israeliani F-16 ci attaccano con una bordata apparentemente incessante di bombe.

Mentre scrivo gli eventi si succedono rapidi, quindi sicuramente quando l’articolo verrà pubblicato è probabile che ci saranno stati molti cambiamenti, ma voglio tentare di evidenziare le caratteristiche generali dell’attuale fase di escalation in Palestina.

L’escalation è iniziata a Gerusalemme durante il mese di Ramadan, con una serie di provocazioni messe in atto dalle autorità di occupazione israeliane.

La prima della serie, alla fine di aprile, è stata la decisione di impedire ai palestinesi di radunarsi a Bab al-Amoud [Porta di Damasco, una delle entrate principali alla Città Vecchia, ndtr] in Gerusalemme. Questo ha dato origine a diverse proteste che alla fine hanno costretto Israele a ritirare l’ordine.

Un’altra provocazione – tuttora in corso – che ha attirato qualche attenzione internazionale, è costituita dalle ordinanze di espulsione in corso contro le famiglie palestinesi dalle loro case di Sheikh Jarrah [quartiere prevalentemente palestinese a Gerusalemme Est,ndtr] – una concessione dei tribunali ai coloni israeliani.

Una terza provocazione israeliana è stata l’irruzione nella moschea di al-Aqsa durante la preghiera di venerdì 7 maggio. Le forze israeliane hanno sparato gas lacrimogeni e pallottole metalliche ricoperte di gomma sui fedeli, causando oltre 200 feriti.

In una quarta provocazione i coloni hanno annunciato che avrebbero marciato a Gerusalemme il 10 maggio per celebrare quello che essi definiscono il Giorno di Gerusalemme [festa nazionale israeliana che commemora la riunificazione di Gerusalemme e l’istituzione del controllo israeliano sulla Città Vecchia all’indomani della guerra dei sei giorni nel 1967, ndtr]. L’intenzione era di sfilare vicino alla moschea di al-Aqsa.

Questa marcia è poi degenerata, la mattina del 10 maggio, in una quinta provocazione quando, per la seconda volta in una settimana, le forze israeliane hanno fatto irruzione ad al-Aqsa, attaccando i fedeli che pregavano all’interno e devastando il luogo sacro. Più di trecento palestinesi sono rimasti feriti.

Un’ondata di rabbia

Queste provocazioni si sono protratte per tutto il Ramadan e hanno provocato un’ondata di rabbia che ha investito i palestinesi in tutta la loro patria storica. Sono scoppiate proteste ad Haifa, Giaffa, Ramallah e Gaza.

A Gaza i manifestanti hanno chiesto alle Brigate Qassam, il braccio armato di Hamas, di intervenire. I palestinesi di Gaza hanno sostenuto con forza la necessità di una pronta risposta da parte delle fazioni della resistenza in ritorsione alle violazioni a Gerusalemme.

Ho letto sui social media qualcosa come centinaia di messaggi di attivisti che chiedevano ad Hamas perché la rappresaglia ci mettesse così tanto ad arrivare. Tassisti, negozianti, gente comune: tutti facevano la stessa domanda.

Alla fine è arrivato l’avvertimento da Qassam che i soldati israeliani avevano due ore per evacuare al-Aqsa, togliere l’assedio ai murabitoun – i fedeli che rimangono giorno e notte nel sito per proteggerlo con la loro presenza – e liberare tutti i prigionieri.

Allo scadere del termine fissato, non avendo ricevuto alcuna risposta da Israele, Qassam ha lanciato una raffica di razzi verso Gerusalemme.

L’esercito israeliano ha risposto bombardando la città di Beit Hanoun nel nord della Striscia di Gaza.

Nove persone, compresi tre bambini, sono stati uccisi mentre si preparavano ad interrompere il digiuno.

I combattenti per la libertà di Gaza hanno continuato con le ritorsioni ed Israele ha intensificato i bombardamenti colpendo abitazioni residenziali.

L’aviazione israeliana ha distrutto diverse torri residenziali che ospitavano anche dozzine di sedi di organi di stampa e imprese commerciali.

Israele ha inoltre attaccato stazioni di polizia e vari edifici governativi, tutti obiettivi civili.

Perché è diverso

L’attuale escalation si distingue per il fatto che il popolo palestinese chiedeva una risposta alle pratiche dell’occupazione israeliana. Poiché Hamas ha risposto, esso viene considerato eroico.

Non c’è critica o denuncia della decisione di agire da parte di Hamas, nonostante siano i cittadini a pagare il prezzo più alto dell’aggressione israeliana con la perdita dei propri cari e delle loro case.

Gaza mostra con chiarezza che i palestinesi credono fermamente nella resistenza come via verso la liberazione dall’occupazione.

Questa ondata di combattimenti è significativa anche perché è nata come risposta alle continue violazioni avvenute a Gerusalemme.

Tutti i precedenti casi di escalation da parte di Hamas erano stati provocati da aggressioni israeliane contro la Striscia di Gaza. Così. quando Gerusalemme ha chiesto aiuto a Gaza e questa si è sollevata in sua difesa, si è rafforzato un sentimento nascente di unità nazionale palestinese e si è liberata dall’isolamento la resistenza palestinese di Gaza.

Che si tratti di Gaza o di qualsiasi altro luogo in Palestina, i palestinesi lottano contro l’occupazione che li ferisce ovunque con aggressioni ed abusi.

Questa escalation si è caratterizzata anche per un aumento del livello di sfida all’interno dei movimenti di resistenza. La cancellazione della marcia per il Giorno di Gerusalemme ha rappresentato una delle prime vittorie.

Gli attacchi israeliani contro Gaza hanno sempre comportato sofferenze e tragedie. Tuttavia, stavolta l’escalation viene percepita come particolarmente significativa, come eroica.

In tutta la Palestina la gente aveva un disperato bisogno di qualcuno che la facesse sentire sostenuta e difesa. I palestinesi hanno bisogno di sentire che non sono soli a pagare il prezzo. E’ pertanto estremamente significativo che la resistenza sia esplosa in tutta la Palestina storica.

Israele si è impegnato a distruggere l’identità palestinese, specialmente in città, paesi e villaggi all’interno dei confini del 1948 che ha volutamente tenuto in stato di povertà – le zone cioè dove quell’anno veniva proclamato lo Stato di Israele durante la Nakba, la pulizia etnica della Palestina.

In quelle aree le proteste di massa, le stazioni di polizia incendiate, la sostituzione delle bandiere israeliane con quelle palestinesi, tutto sembra indicare un nuovo risveglio dello spirito palestinese.

I palestinesi sono ancora profondamente radicati nella propria terra, attaccati alla loro identità, il loro profondo senso di unità è più significativo di qualsiasi fattore che li possa tenere separati, e la loro capacità di sopravvivere agli orrori e ai crimini di Israele non finisce mai di sorprendere.

Israele possiede un potente arsenale missilistico e nel tentativo di recuperare la dignità perduta a fronte della resistenza palestinese, Israele continua a commettere crimini contro la popolazione civile di Gaza.

Tuttavia la potenza di Israele non gli garantisce legittimazione né stabilità. Il progetto sionista in Palestina è estraneo a questa terra, e tutti gli sforzi di neutralizzare o rimuovere la presenza palestinese sono falliti da più di settanta anni.

Il popolo palestinese potrà anche indebolirsi, ma non morirà. Ha la volontà di combattere fino alla fine e alla vittoria certa.

Ahmed Abu Artema è uno scrittore residente a Gaza, ricercatore presso il Centro di Studi di Politica e Sviluppo.

traduzione dall’inglese di Stefania Fusero




#NOTINOURNAMES

Siamo un gruppo di giovani ebree ed ebrei italiani.
In questo momento drammatico e di escalation della violenza sentiamo il bisogno di prendere la parola e dire #NotInOurNames, unendoci ai nostri compagni e compagne attivisti in Israele e Palestina e al resto delle comunità ebraiche della diaspora che stanno facendo lo stesso.
Abbiamo già preso posizione come gruppo quest’estate condannando il piano di annessione dei territori della Cisgiordania da parte del governo israeliano (https://www.joimag.it/contro-lannessione-una-voce…/) e il nostro percorso prosegue nella sua formazione e autodefinizione.
-gli sfratti a Sheikh Jarrah e la conseguente repressione della polizia
-gli ultimi episodi repressivi sulla Spianata delle Moschee
-il governo israeliano che pretende di parlare a nome di tutti gli ebrei, in Israele e nella diaspora
-i giochi di potere (di Netanyahu, Hamas, Abu Mazen) che non tengono conto delle vite umane
-i linciaggi e gli atti violenti che si stanno verificando in molte città israeliane
-il bombardamento su Gaza
-il lancio di razzi indiscriminato da parte di Hamas
-la riduzione del dibattito a tifo da stadio
-l’utilizzo strumentale della Shoah sia per criticare che per sostenere Israele
-le posizioni unilaterali e acritiche degli organi comunitari ebraici italiani
-gli eventi di piazza organizzati dalle comunità ebraiche con il sostegno della classe politica italiana, compresi personaggi di estrema destra e razzisti
-la narrazione mediatica degli eventi in Medio Oriente che non tiene conto di una dinamica tra oppressi e oppressori
-qualunque iniziativa e discorso che veicoli rappresentazioni islamofobe e antisemite
La situazione attuale rappresenta l’apice di un sistema di disuguaglianze e ingiustizie che va avanti da troppi anni: l’occupazione israeliana dei Territori Palestinesi e l’embargo contro Gaza incarnano l’intollerabile violenza strutturale che il popolo palestinese subisce quotidianamente. Condanniamo le politiche razziste e di discriminazione nei confronti dei palestinesi.
All’interno delle nostre società riteniamo necessaria ogni forma di solidarietà e mobilitazione, ma ci troviamo spesso in difficoltà. Pur coscienti che antisionismo non sia sinonimo di antisemitismo, osserviamo come un antisemitismo non elaborato, che si riversa più o meno consciamente in alcune delle giuste e legittime critiche alle politiche di Israele, rende alcuni spazi di solidarietà difficili da attraversare. Si tratta di una impasse dalla quale vogliamo uscire, per combattere efficacemente ogni tipo di oppressione.
Aliza Fiorentino
Sara De Benedictis
Daniel Damascelli
Bruno Montesano
Teodoro Cohen
Micol Meghnagi
Michael Blanga-Gubbay
Susanna Montesano
Michael Hazan
Beatrice Hirsch
Giorgia Alazraki
Bianca Ambrosio
Alessandro Fishman
Tali Dello Strologo
Giulia Frova
Sara Missio
Alessandro Dayan
Ruben Attias
Keren Strulovitz
Enrico Campelli
Jonathan Misrachi
Yael Pepe
Claudia Pepe
Daniel Disegni
Sara Buda
Dana Portaleone
Ludovico Tesoro
Viola Gabbai
Edoardo Gabbai
Benjamin Fishman
Lorenzo Foà
Alessandro Foà
Giulio Ambrosio
Gaia Fiorentino
Joy Arbib
Nathan De Paz Habib
Joel Hazan
Tami Fiano
Emanuel Salmoni



Israele ammassa forze militari a ridosso di Gaza mentre continuano gli attacchi aerei: notizie in diretta*

Virginia Pietromarchi e Arwa Ibrahim

13 maggio 2021 – Al Jazeera

Secondo l’autorità sanitaria il bilancio delle vittime a Gaza sale a 87, mentre Israele accresce il numero di soldati e carri armati al confine dell’enclave palestinese sotto assedio.

*Nota redazionale. A oggi sabato sera 15 maggio il bilancio delle vittime e di feriti è il seguente: 140 morti di cui 39 bambini e 950 i feriti.

Giovedì i caccia israeliani hanno continuato ad attaccare gli edifici più alti e altri obiettivi nella Striscia di Gaza mentre Israele ha intensificato il suo dispiegamento di truppe e carri armati vicino all’enclave palestinese assediata.

I palestinesi hanno trascorso il primo giorno della festa religiosa di Eid al-Fitr [la festa al termine del mese di digiuno del Ramadan, ndtr.] sotto incessanti bombardamenti aerei, mentre il ministero della Salute di Gaza ha annunciato che almeno 87 persone, tra cui 18 bambini, sono state uccise dall’inizio dell’offensiva israeliana nella tarda serata di lunedì. Oltre 530 sono rimaste ferite.

Sono stati anche uccisi almeno sei israeliani e un cittadino indiano. L’esercito israeliano ha affermato che centinaia di razzi sono stati lanciati da Gaza verso varie località in Israele e che sono stati aggiunti rinforzi a ridosso della parte orientale dell’enclave.

In diverse città all’interno di Israele si è anche intensificata la violenza degli scontri tra ebrei israeliani e cittadini palestinesi di Israele.

Ecco gli ultimi aggiornamenti

43 minuti fa (16:52 )

Mentre divampa il conflitto israelo-palestinese Biden sollecita la riduzione degli attacchi missilistici.

Con l’intensificarsi del conflitto a Gaza il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha chiesto una de-escalation della violenza in Medio Oriente, affermando di voler assistere ad una significativa riduzione degli attacchi missilistici.

Parlando ai giornalisti alla Casa Bianca, Biden ha anche detto che si aspetta di avere più colloqui con i leader della regione. Ha aggiunto di non aver assistito a una risposta significativamente sproporzionata” da parte di Israele agli attacchi missilistici di Hamas da Gaza.

“La domanda è … in che modo si otterrà una significativa riduzione degli attacchi, in particolare gli attacchi missilistici, che vengono lanciati indiscriminatamente sui centri abitati”, ha detto Biden.

Biden ha parlato mercoledì con il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e ha riferito che sono in corso conversazioni tra diplomatici, militari e funzionari dell’intelligence statunitensi con le controparti in Israele, Egitto e Arabia Saudita e altri su una riduzione della violenza.

56 minuti fa (16:39)

Israele chiama a raccolta 9.000 riservisti da schierare al confine di Gaza

Nel corso dei combattimenti con Hamas il ministro della Difesa israeliano ha approvato la mobilitazione di altre 9.000 riservisti e il portavoce militare israeliano riferisce che le forze militari si stanno schierando al confine con la Striscia di Gaza.

Il ministero della Difesa ha affermato che l’ultima mobilitazione approvata dal ministro della Difesa Benny Gantz è stata un “reclutamento eccezionale”.

1 ora fa (16:33)

Gli Stati Uniti si oppongono ad una riunione delle Nazioni Unite, venerdì, su Israele e Gaza

Fonti diplomatiche hanno riferito che gli Stati Uniti si sono opposti alla richiesta di Norvegia, Cina e Tunisia di una riunione allargata del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite venerdì per discutere l’aggravarsi della violenza tra Israele e militanti palestinesi, hanno riferito i diplomatici.

Hanno detto che Washington ha citato gli sforzi diplomatici come il motivo della sua opposizione, dicendo che una discussione del consiglio non sarebbe stata produttiva, ma ha lasciato la porta aperta per un possibile incontro martedì.

1 ora fa (16:27)

“Un incubo”: abitante di Gaza racconta l’attacco aereo israeliano

Yousef Al Hammash, un abitante della Striscia di Gaza, ha detto ad Al Jazeera: “Due giorni fa mi trovavo a casa mia con mia moglie incinta e mia figlia di tre anni, e cercavamo di convincerci che stare a casa fosse sicuro.

Alle 18:00 un drone ha colpito improvvisamente l’edificio. Poi è arrivato un attacco aereo che ha colpito l’appartamento sottostante. Sono dovuto scappare subito perché ci aspettavamo un razzo successivo.

“Non ho potuto prendere niente. Il giorno dopo sono tornato per due minuti per cercare di prendere dei vestiti e delle medicine, ma poi [Israele] ha colpito di nuovo.

“Oggi sono dovuto fuggire ancora una volta dalla casa dei miei nonni con tutta la mia famiglia. Tutto quello che possiamo fare è spostarci da un posto all’altro e cercare di convincerci che questa volta staremo al sicuro. È stato un incubo.”

1 ora fa (16:15)

Panico all’aeroporto Ben Gurion

Utenti dei social media hanno detto che i viaggiatori all’aeroporto principale di Israele, il Ben Gurion, erano spaventati e in preda al panico mentre correvano in cerca di riparo dopo che un razzo sparato da Hamas dalla Striscia di Gaza è caduto vicino all’aeroporto.

2 ore fa (15:47)

La Germania mette in guardia per le proteste mentre il conflitto si intensifica

In Germania le autorità hanno previsto ulteriori proteste per il conflitto tra Israele e palestinesi.

Mercoledì la polizia tedesca ha arrestato in tre città più di una decina di persone sospettate di aver danneggiato una sinagoga, bruciato bandiere israeliane e appiccato un incendio in un sito commemorativo ebraico.

I servizi di sicurezza si aspettano un’intensificazione delle azioni di protesta da parte dei palestinesi in Germania e di frange del movimento di sinistra”, ha riferito un portavoce del ministero dell’Interno.

Alcuni dei sospettati per gli incidenti hanno detto alla polizia che sarebbero stati spinti a lanciare pietre contro una sinagoga dalle violenze israeliane contro i palestinesi.

2 ore fa (15:36)

Il bilancio delle vittime a Gaza raggiunge le 87

Il numero dei palestinesi uccisi nella Striscia di Gaza è ora salito a 87, inclusi 18 bambini e otto donne, ha riferito il ministero della Sanità locale.

Almeno altre 530 persone sono state ferite in seguito al persistere della violenza.

2 ore fa (15:07)

La Francia chiede alla polizia di impedire le proteste filo-palestinesi a Parigi

Il ministero degli Interni francese ha chiesto alla polizia di impedire questo fine settimana a Parigi le proteste filo-palestinesi sul conflitto con Israele temendo il ripetersi degli scontri avvenuti nel 2014 in occasione di un evento analogo.

Gli attivisti hanno fatto un appello alla protesta nel quartiere Barbes, a nord di Parigi, per manifestare contro l’uso della forza da parte di Israele nella Striscia di Gaza in risposta al lancio di razzi da parte del gruppo militante Hamas contro lo Stato ebraico.

“Ho chiesto al capo della polizia di Parigi di impedire le proteste di sabato collegate alle recenti tensioni in Medio Oriente”, ha scritto su Twitter il ministro dell’Interno Gerald Darmanin.

“Nel 2014 ci sono state gravi violazioni dell’l’ordine pubblico”, ha aggiunto, esortando anche i comandanti della polizia in altre parti della Francia a rimanere all’erta sulle manifestazioni.

In una circolare visionata da AFP [Agence France-Presse, agenzia di stampa francese, ndtr.] ha anche esortato i comandanti della polizia locale a garantire la “protezione dei luoghi di culto, delle scuole, dei centri culturali e delle attività economiche della comunità ebraica”.

3 ore fa (14:52)

Il ruolo delle celebrità sul conflitto israelo-palestinese

Un’escalation nel conflitto israelo-palestinese, che ha visto decine di morti in pochi giorni, ha suscitato sconcerto e preoccupazioni internazionali sulle possibilità di una guerra totale.

Il conflitto ha preso il sopravvento nell’agenda delle notizie internazionali e ha portato a richieste internazionali per la riduzione dell’escalation.

Ha anche attirato l’attenzione da parte di personaggi pubblici e celebrità di spicco, tra cui le modelle palestinesi-olandesi Bella e Gigi Hadid, la cantante Rihanna, il premio Nobel pakistano Malala Yousafzai e l’attrice israeliana Gal Gadot.

3 ore fa (14:49)

I cittadini palestinesi di Israele riferiscono di attacchi da parte delle forze di sicurezza israeliane

Riya Al-Sanah, attivista palestinese residente ad Haifa, ha dichiarato ad Al Jazeera: Dobbiamo mettere le cose in chiaro su una cosa. Questa non è una guerra civile. Noi palestinesi nel cosiddetto Israele siamo un popolo colonizzato”.

Questo è iniziato nel 1948 con la creazione dello Stato israeliano e la colonizzazione della Palestina. Quindi, non è corretto descriverla [la violenza inter-comunitaria] come una guerra civile. Questa situazione è la continuazione di un processo iniziato molto tempo fa.

“C’è molta paura tra le comunità palestinesi. Non stiamo solo affrontando una violenza strutturale da parte dello Stato israeliano, delle istituzioni di polizia e dei militari, ma stiamo anche assistendo a bande di sionisti organizzate e armate che vagano per le strade, alla ricerca di palestinesi e li attaccano”, ha detto.

Ieri ad Haifa le bande che vagavano per le strade in cerca di palestinesi da aggredire erano protette dalla polizia. La polizia stessa è entrata nelle case delle persone e le ha assalite in modo feroce e violento”.

3 ore fa (14:25)

Putin e il capo delle Nazioni Unite chiedono la cessazione delle violenze

Durante una videochiamata il presidente russo Vladimir Putin e il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres hanno fatto appello perché si ponga fine ai combattimenti tra Israele e palestinesi, ha dichiarato il Cremlino.

“Alla luce dell’escalation del conflitto israelo-palestinese è stato precisato che l’obiettivo principale è fermare gli atti violenti da entrambe le parti e garantire la sicurezza della popolazione civile”, ha detto il Cremlino in un comunicato.

3 ore fa (14:14)

I cittadini palestinesi di Israele riferiscono di attacchi da parte di gruppi di ebrei

Famiglie palestinesi nella comunità mista arabo-ebraica di Haifa hanno detto ad Al Jazeera in arabo che mercoledì sera gruppi di ebrei israeliani stavano marcando le case della comunità araba della città per poterle identificare.

Nel frattempo, altri hanno usato la forza letale per attaccare gli arabi nelle loro case mentre le forze di polizia stavano a guardare.

“La scorsa notte centinaia se non migliaia di coloni [ebrei israeliani] hanno attaccato i quartieri arabi di Haifa”, ha detto Heba, un’abitante araba di Haifa.

Chiedevano dove abitavano gli arabi. Sotto la protezione delle forze di sicurezza ci hanno attaccato nella nostra casa con pietre. C’erano decine di agenti di polizia, automobili e persino cavalli. Non avevamo nulla con cui proteggerci nelle nostre case”, ha aggiunto.

Heba dice che i coloni andavano in giro contrassegnando in rosso le case arabe. Hanno promesso di tornare per attaccarci”.

Stanno assalendo tutti gli arabi che siano musulmani, cristiani o drusi. Siamo terribilmente spaventati dalla possibilità che tornino e ci aggrediscano nelle nostre case e per le strade. Non abbiamo nulla per proteggerci da questa violenza sponsorizzata dallo Stato.

Nessuno è stato arrestato. La polizia li ha chiaramente protetti. Questi gruppi si sentono protetti dallo Stato, dalla polizia, dai militari e da questa violenza”, dice ad Al Jazeera in arabo.

4 ore fa (13:39)

Israele prevede [di attivare] un aeroporto di emergenza in seguito alle crescenti cancellazioni dei voli

British Airways, Virgin Atlantic, Lufthansa e Iberia hanno cancellato i voli per Tel Aviv poiché i vettori europei si sono aggiunti alle compagnie aeree statunitensi nel sospendere i voli verso Israele che ha attivato un aeroporto di emergenza nell’estremo sud come misura precauzionale in difesa dai missili da Gaza.

“La sicurezza e la protezione dei nostri colleghi e clienti è sempre la nostra massima priorità, e continuiamo a monitorare la situazione da vicino”, ha detto British Airways dopo aver cancellato per giovedì i suoi voli da e per [l’aeroporto di] Ben Gurion.

5 ore fa (12:35)

Delegazione egiziana a Tel Aviv per colloqui sul cessate il fuoco

Funzionari dell’intelligence egiziana hanno dichiarato che una delegazione egiziana è a Tel Aviv per colloqui con funzionari israeliani come parte degli sforzi per negoziare un cessate il fuoco nell’escalation del conflitto con Gaza.

I due funzionari hanno parlato sotto anonimato perché non erano autorizzati a informare i media. Essi hanno affermato che la stessa delegazione ha incontrato prima i funzionari di Hamas nella Striscia di Gaza ed è entrata in Israele via terra. L’Egitto ha svolto in passato un ruolo di mediazione tra le parti.

6 ore fa (11:48)

Missile a lungo raggio lanciato verso l’aeroporto Ramon: Hamas

Il portavoce delle Brigate al-Qassam di Hamas ha dichiarato che l’ala armata ha lanciato per la prima volta un razzo verso l’aeroporto di Ramon, a sud del Paese.

lanciato verso l’aeroporto di Ramon, a circa 220 km da Gaza”, ha detto Abu Obeida.

Il razzo prende il nome da Yahya Ayyash, uno dei principali miliziani di Hamas assassinato da Israele nel 1996.

Abu Obeida ha definito il lancio del razzo come parte della risposta delle Brigate al-Qassam all’uccisione dei suoi alti comandanti.

6 ore fa (11:24)

Il primo ministro Johnson afferma che il Regno Unito vuole con urgenza una de-escalation

Il primo ministro Boris Johnson ha detto che la Gran Bretagna vuole vedere un’immediata riduzione della violenza in Israele.

Ovviamente noi nel Regno Unito siamo molto tristi nell’assistere a ciò che sta succedendo e al ciclo di violenze che sembra ora essere in atto”, ha detto Johnson ai giornalisti.

“Penso che sia importante interrompere questo ciclo e porre fine al monopolio della vendetta, e penso che ciò che tutti vogliono vedere sia una immediata, immediata de-escalation”.

6 ore fa (11:21)

Egitto e Russia sostengono che Israele debbano cessare gli attacchi a Gaza

Il ministro degli Esteri egiziano Sameh Shoukry e il suo omologo russo Sergey Lavrov hanno convenuto che Israele deve cessare gli attacchi contro la Striscia di Gaza.

Secondo una dichiarazione rilasciata dal ministero degli Esteri egiziano, in una telefonata i due massimi diplomatici hanno ribadito che Israele dovrebbe fermare lo spargimento di sangue.

6 ore fa (11:12)

“Le nostre armi sono per il bene della nostra terra, per difendere il nostro popolo”: Hamas

L’ala militare di Hamas, le Brigate al-Qassam, ha avvertito Israele che “non ci sono linee rosse se Al-Aqsa viene violata”.

Il portavoce Abu Obeida ha detto che [prendere] la decisione di bombardare Dimona, Tel Aviv e altre città israeliane “è più facile per noi che bere un bicchier d’acqua”.

“Rassicuriamo la nostra gente che abbiamo molti razzi nel nostro arsenale, e i nostri attacchi missilistici hanno rivelato la fragilità del nemico”, ha detto.

Mentre Israele sta preparando le truppe di terra a est della Striscia di Gaza, Obeida ha detto che l’esercito israeliano si pentirà molto nel caso effettuasse un’invasione via terra.

“Le nostre armi sono per la nostra terra, per la difesa del nostro popolo e per la vittoria nella difesa dei nostri luoghi sacri”, ha detto il portavoce militare.

“Ciò che distingue questa battaglia è la solidarietà dei palestinesi in tutto il paese e il loro sostegno unanime alla resistenza”.

8 ore fa (09:56)

Lufthansa sospende i voli per Tel Aviv fino a venerdì

La compagnia aerea tedesca Lufthansa ha dichiarato che sospenderà tutti i voli per Tel Aviv fino a venerdì 14 maggio.

“Lufthansa sta monitorando da vicino l’andamento della situazione in Israele e continua a mantenere uno stretto scambio con le autorità, i fornitori di servizi di sicurezza e il nostro personale sul campo”, si legge in una dichiarazione dell’azienda.

Lufthansa ha dichiarato che i voli per Israele riprenderanno sabato 15 maggio.

8 ore fa (09:43)

Israele organizza “consistenti rinforzi” per sedare la violenza interna

Il ministro della Difesa israeliano Benny Gantz ha ordinato un “consistente rinforzo” delle forze di sicurezza per aiutare a contenere i letali disordini interni che hanno sconvolto le comunità miste ebraiche e arabe in tutto il Paese.

“Siamo in una situazione di emergenza a causa delle violenze interne e ora è necessario un consistente rinforzo delle forze sul campo, che devono essere inviate immediatamente per far rispettare la legge e l’ordine”, ha detto.

Ha specificato che le forze saranno costituite dai riservisti della polizia di frontiera israeliana, forze che operano in gran parte nella Cisgiordania occupata.

8 ore fa (09:28)

L’esercito israeliano provoca 35 feriti nella Cisgiordania occupata

Nida Ibrahim di Al Jazeera riferisce che almeno 35 palestinesi sono rimasti feriti negli scontri con l’esercito israeliano in varie località della Cisgiordania occupata.

Ibrahim ha detto che la maggior parte delle persone è stata colpita da proiettili veri e che i ferimenti hanno avuto luogo prevalentemente nella città di Hebron, nel sud della Cisgiordania.

“C’è stato un numero particolarmente alto di feriti in seguito ad incendi, il che ci mostra che la situazione potrebbe aggravarsi rapidamente”, ha aggiunto.

9 ore fa (09:01)

Il bilancio delle vittime a Gaza sale a 83

Il numero dei palestinesi uccisi nella Striscia di Gaza è ora salito a 83, inclusi 17 bambini, ha detto il ministero della Sanità locale. Più di altri 480 sono rimasti feriti a causa del ripetersi delle violenze.

9 ore fa (08:31)

1.600 razzi lanciati da Gaza: esercito israeliano

Secondo l’esercito israeliano, da quando all’inizio di questa settimana è iniziata l’ultima fiammata di combattimenti, più di 1.600 razzi sono stati lanciati da Gaza contro Israele da quando è scaturita l’ultima fiammata di combattimenti all’inizio di questa settimana.

Circa 400 razzi sono caduti su Gaza, ha detto il portavoce Jonathan Conricus. Il tasso di successo del sistema di difesa aerea israeliano Iron Dome nell’intercettazione dei razzi continua a raggiungere una media di circa il 90%, ha aggiunto.

L’esercito israeliano ha attaccato circa 600 obiettivi nella Striscia di Gaza, compresa la produzione di razzi e le strutture di stoccaggio. È stato anche preso di mira un tunnel che, secondo Conricus, è stato in parte utilizzato per nascondere i combattenti ed è stato costruito sotto una scuola in un’area sovrappopolata.

L’esercito israeliano ha anche affermato che presenterà alla dirigenza politica un piano per un’operazione di terra, ha riferito per Al Jazeera Harry Fawcett in un rapporto dal sud di Israele, vicino al confine con la Striscia di Gaza.

“Ciò non significa che [il piano] andrà avanti poiché un’offensiva di terra a Gaza sarebbe un enorme passo di escalation che comporta un’enorme quantità di rischi”, ha detto.

Fawcett ha riferito che nel frattempo altri razzi sono stati lanciati da Gaza nel corso della notte, aggiungendo che alcuni rapporti hanno rivelato che altri bombardamenti arriveranno durante il giorno.

“Quindi il carattere di grave evoluzione dei fatti rimane per lo più invariato.”

9 ore fa (08:27)

Nuovo raid aereo israeliano sulla città di Rafah

La città di Rafah, nel sud della Striscia di Gaza, è stata colpita da un nuovo raid aereo israeliano, mentre una raffica di razzi è stata lanciata da Gaza verso le città israeliane vicine all’enclave, ha riferito Nida Ibrahim di Al Jazeera in un rapporto da Ramallah.

“Gaza è un pezzo di terra relativamente piccolo con due milioni di palestinesi – una delle aree a più elevata densità di popolazione del mondo, quindi potete immaginare l’impatto su questi obiettivi”, ha detto Ibrahim.

È anche una zona così chiusa che le possibilità di colpire i civili diventano molto alte, come i palestinesi possono testimoniare sulla base delle guerre precedenti”, ha aggiunto.

10 ore fa (07:45)

Israele distrugge la terza torre di Gaza

10 ore fa (07:26)

PODCAST: The take [Il furto, ndtr.] – A Sheikh Jarrah, i palestinesi affrontano il futuro della città

Quelle che erano iniziate come proteste contro le espulsioni forzate in un quartiere palestinese si sono trasformate in una repressione israeliana che ha travolto gran parte della Gerusalemme est occupata, compresi i luoghi sacri come la moschea di Al-Aqsa.

Ma Sheikh Jarrah è solo un quartiere e le evacuazioni sono in corso nella totalità dei territori occupati.

Man mano che si estendono le ripercussioni di Sheikh Jarrah, come influenzeranno il futuro dei palestinesi a Gerusalemme?

10 ore fa (07:23)

“Fate un passo indietro”: il ministro britannico

Il ministro britannico per il Medio Oriente ha esortato “entrambe le parti a fare un passo indietro” dal limite di quella che ha descritto come una terribile escalation.

“Abbiamo visto, tuttavia, un livello senza precedenti di attacchi missilistici contro Israele”, ha detto a Sky News James Cleverly, un giovane ministro degli Esteri che si occupa di Medio Oriente e Nord Africa. “Vogliamo che cessino gli attacchi missilistici”.

10 ore fa (07:23)

Prepararsi a “scenari multipli”: esercito israeliano

Il portavoce militare israeliano Jonathan Conricus ha riferito che gli attacchi a Gaza continueranno mentre Israele si prepara a “scenari multipli”.

“Abbiamo unità di terra che sono pronte e che si trovano in varie fasi della preparazione per le operazioni di terra”, ha detto ai giornalisti giovedì.

11 ore fa (06:16)

Preghiere dell’Eid

Centinaia di fedeli hanno assistito alle preghiere dell’Eid nel complesso della moschea di Al-Aqsa nella Città Vecchia di Gerusalemme, il terzo luogo più sacro dell’Islam.

“Noi a Gaza e in tutta la Palestina non proviamo gioia per questo Eid, a causa dell’attuale devastante aggressione compiuta dalle forze di occupazione su Gaza e su tutta la Palestina in generale”, ha detto Moe’n Ahmad, abitante di Gaza.

I leader religiosi hanno chiesto la tregua nel giorno che segna la fine del Ramadan per i musulmani di tutto il mondo.

12 ore fa (06:00)

La Turchia invita i musulmani a prendere una posizione chiara su Gaza

I Paesi musulmani devono mostrare una posizione unita e chiara sul conflitto di Israele con il movimento di Hamas a Gaza, ha detto il vicepresidente turco Fuat Oktay mentre criticava le potenze mondiali per aver condannato la violenza senza agire.

“Quello che desideriamo è che vengano prese misure attive”, ha detto Oktay ai giornalisti dopo le preghiere mattutine che segnano la fine del Ramadan.

Ci sono decisioni prese ripetutamente alle Nazioni Unite, ci sono condanne. Ma sfortunatamente non è stato ottenuto alcun risultato, perché non viene presa una posizione chiara“.

12 ore fa (05:58)

I razzi determinano il dirottamento dei voli da Tel Aviv

Le autorità aeroportuali hanno annunciato che tutti i voli passeggeri per l’aeroporto internazionale di Israele Ben Gurion, vicino a Tel Aviv, sono stati dirottati verso un aeroporto meridionale a causa del persistente lancio di razzi da Gaza.

Hanno detto che dalla mattina di giovedì è in corso la programmazione dell’atterraggio degli aerei passeggeri all’aeroporto di Ramon, vicino alla città turistica meridionale di Eilat.

(Traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)




Realtà coloniali: da Sheikh Jarrah a Lod

Nimer Sultany

12 maggio 2021 – Mondoweiss

La realtà del colonialismo da insediamento, della ebraizzazione della Palestina, esiste a Lod, “all’interno di Israele”, tanto quanto a Sheikh Jarrah, nei territori occupati.

Nei giorni scorsi i cittadini palestinesi di Israele hanno protestato contro l’oppressione israeliana a Gerusalemme. Si ribellano allo sfratto e allo spossessamento dei palestinesi di Sheikh Jarrah [quartiere di Gerusalemme est, ndtr.] , all’attacco contro i fedeli all’interno della moschea di Al-Aqsa, ai tentativi della polizia di impedire ai cittadini palestinesi di pregare nella moschea durante il Laylat Al-Qadr [‘la notte del destino’, una delle ultime 10 notti del Ramadan, ndtr.] e al brutale attacco a Gaza.

I media israeliani sono preoccupati della situazione. Stamattina Roni Daniel, corrispondente esperto in materia di sicurezza della TV israeliana, ha sostenuto che il comportamento dei cittadini palestinesi è più preoccupante del conflitto con Hamas. L’esercito si occuperà di Hamas, ha assicurato agli ascoltatori, ma il problema dei disordini all’interno di Israele è molto più grave, ha ribadito, respingendo i tentativi del conduttore di fargli domande su Gaza.

In generale i media israeliani sono allarmati per il crollo della “coesistenza” nelle “città miste” all’interno di Israele: Lod, Ramla, Giaffa, Acri e Haifa. A Lod il sindaco ha chiesto l’intervento dell’esercito in città contro i suoi stessi cittadini. Il governo ha acconsentito: ha dichiarato lo stato di emergenza e imposto il coprifuoco sulla città.

Eppure è difficile prendere sul serio questa invocazione ad una coesistenza perduta. La realtà del colonialismo da insediamento, della ebraizzazione della Palestina, esiste a Lod tanto quanto a Sheikh Jarrah. L’ideologia che vi sta alle spalle è simile. Anche le forze politiche sono le stesse.

Per esempio, nel 2004 Haaretz ha parlato di un “insediamento a Lod”, riferendosi ad un gruppo di coloni religiosi della Cisgiordania che si sono trasferiti a Lod per impedire “il controllo arabo”.

Questo non è stato solo un semplice caso di privati cittadini che si spostano nella città. Nel 2003 l’Amministrazione delle Terre di Israele ha concesso all’associazione Kiryat Eliyashiv, che era l’unico partecipante alla gara d’appalto, sei dunam [1 dunam= 0,1 ettaro, ndtr.] di terra, di fatto gratuitamente (7 shekel israeliani per unità abitativa!) [1,76 euro, ndtr.]

Questi tentativi di insediamento per modificare la “bilancia demografica” tra palestinesi ed ebrei israeliani sono l’espressione di una politica di apartheid: i capi dei coloni religiosi hanno subito chiarito che nessun arabo può ottenere un appartamento nel quartiere di Ramat Eliyashiv. Solo gli ebrei!

Nel 2015 il sito web [israeliano] Walla ha ulteriormente riferito di questa realtà di segregazione a Lod, Ramla e Giaffa, che separa dai ricchi quartieri ebrei i negletti ghetti arabi, afflitti da povertà e delinquenza.

Questa segregazione consiste in muri che dividono i quartieri arabi ed ebraici a Ramla e Lod.

A Lod un muro alto più di 4 metri e lungo 1,5 chilometri separa l’arabo Pardes Shnir dall’ebraico Nir Zvi.

A Ramla un muro alto 4 metri e lungo 2 chilometri separa l’arabo Jawarish dall’ebraico Ganei Dan.

Sembra esserci segregazione anche nel villaggio non riconosciuto di Dahmash. I ricchi quartieri ebraici appena costruiti sono ben forniti. Ma il quartiere di Dahmash, che esiste da oltre 70 anni, è costantemente sotto minaccia di demolizioni. In quanto villaggio non riconosciuto, manca dei servizi essenziali come elettricità e acqua corrente. Ieri un razzo ha ucciso due abitanti di Dahmash. Questo incidente ha messo ulteriormente in luce la vulnerabilità dei cittadini palestinesi. Non disponevano di alcuna rifugio antiaereo.

Il sindaco di estrema destra di Lod (i media lo definiscono un kahanista [seguace del defunto rabbino Kahane, esplicitamente razzista, ndtr.]) ha contribuito alla segregazione anche bloccando le licenze edilizie per impedire agli abitanti arabi di trasferirsi nei quartieri ebraici.

I kahanisti e l’organizzazione [di estrema destra, ndtr.] Lahava, che hanno marciato a Gerusalemme gridando morte agli arabi solo pochi giorni fa, sono calati su Ramla e Lod. Centinaia di questi estremisti hanno attaccato cittadini arabi a Ramla.

Itamar Ben Gvir [capo del partito kahanista, ndtr.], ora membro della Knesset, a Lod ha invitato a sparare a chiunque lanci pietre. 

Il Ministro per la Sicurezza interna Amir Ohana [del partito di destra Likud, ndtr.] ha già stabilito che il cittadino ebreo che ha sparato ad un manifestante arabo, Musa Hassouna, da 50 metri di distanza ha agito per autodifesa e che i privati cittadini ebrei con fucili stanno aiutando la polizia! In seguito a questa pressione politica la polizia, che inizialmente aveva arrestato lo sparatore, lo ha rilasciato il giorno dopo. La violenza privata contro i cittadini palestinesi è quindi incoraggiata e sancita dalle autorità dello Stato.

Dunque la realtà è quella di un colonialismo di insediamento in cui i poteri privati e pubblici agiscono di concerto per ebraizzare la terra e scatenare violenze nella Palestina storica, dal fiume (Giordano) al mare (Mediterraneo).

È quindi una finzione sostenere che all’interno di Israele vi è “coesistenza” o che ci sono “città miste. È una realtà di ghetti e di apartheid: un ininterrotto progetto coloniale di supremazia ebraica. Jim Crow non era un progetto di coesistenza [ in riferimento alle leggi segregazioniste negli USA tra ‘800 e ‘900, ndtr.] .

È anche fuorviante definire Israele una “democrazia liberale” o semplicemente una “società profondamente divisa”. In un contesto di assenza di una clausola di uguale protezione nella Dichiarazione dei Diritti di Israele, e della Legge sui Comitati di Ammissione del 2011, che consente di escludere i cittadini palestinesi dal poter vivere in centinaia di località, la legge fondamentale [che in Israele funge da costituzione, ndtr.] “Israele Stato Nazione del Popolo Ebraico” del 2018 semplicemente costituzionalizza la supremazia ebraica.

C’è ironia nel fatto che fino a poco tempo fa l’analogia dell’apartheid o la configurazione giuridica del crimine di apartheid sia stata usata con riferimento alla Cisgiordania. Invece uno dei primi casi in cui i palestinesi hanno evocato l’apartheid si riferiva alla situazione coloniale antecedente al 1967. Fayez Sauegh nel suo libro del 1965 “Il colonialismo sionista in Palestina” proponeva un’analogia con l’apartheid del Sudafrica prima dell’occupazione [israeliana della Cisgiordania, ndtr.] del 1967 e all’interno del disegno coloniale da insediamento.

Nimer Sultany è lettore di Diritto Pubblico presso la Scuola di Studi Orientali e Africani. È direttore responsabile del Palestine Yearbook of International Law [Annuario Palestinese di Diritto Pubblico, rassegna giuridica specializzata sulla Palestina, ndtr.], autore di “Law and Revolution: Legitimacy and constitutionalism after the Arab spring” [Legge e rivoluzione: legittimità e costituzionalismo dopo le primavere arabe, (OUP 2017) e di “Citizens without citizenship: Israel and the Palestinian minority 2000-2002” [Cittadini senza cittadinanza: Israele e la minoranza palestinese 2000-2002] (Mada, 2003).

(Traduzione dall’inglese di Cristiana Cavagna)