Nazioni Unite OCHA opt STRISCIA DI GAZA – Istantanea al 20 novembre 2023

L’istantanea fornisce una panoramica completa della crisi umanitaria in corso a Gaza al 20 novembre 2023, comprese le vittime, in particolare tra donne e bambini.

Danni significativi sono stati apportati alle infrastrutture basilari e ai servizi essenziali, colpendo la capacità delle persone di mantenere la propria dignità e gli standard di vita fondamentali.

Questa istantanea evidenzia i dati dell’impatto delle ostilità sulla popolazione di Gaza, dove si è verificata una grave crisi umanitaria.

PUNTI CHIAVE

Il 20 novembre, l’ospedale indonesiano di Beit Lahiya (nord di Gaza) è stato attaccato, provocando, secondo quanto riferito, almeno 12 morti, tra cui pazienti e loro accompagnatori, oltre a numerosi feriti. È la quinta volta che l’ospedale viene colpito dall’inizio delle ostilità. Secondo quanto riferito, è assediato e i pazienti e il personale non sono in grado di andarsene. A causa della mancanza di carburante, questa struttura sanitaria è soggetta a un’interruzione dell’energia elettrica e deve far fronte anche a una grave carenza di acqua, medicinali e forniture essenziali. In questo contesto, il 20 novembre l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha dichiarato che “gli operatori sanitari e i civili non dovrebbero mai essere esposti a un simile orrore, soprattutto all’interno di un ospedale”.

Gli ospedali e il personale medico sono specificamente protetti dal diritto internazionale umanitario (DIU) e tutte le parti in conflitto devono garantire la loro protezione. Gli ospedali non devono essere utilizzati per proteggere obiettivi militari da attacchi. Qualsiasi operazione militare intorno o all’interno degli ospedali deve adottare misure per risparmiare e proteggere i pazienti, il personale medico e gli altri civili. Devono essere prese tutte le precauzioni possibili, compresi avvertimenti efficaci, che tengano conto della capacità dei pazienti, del personale medico e degli altri civili di evacuare in sicurezza. Attacchi e carenze di carburante, medicinali, acqua potabile e altre risorse essenziali hanno fatto sì che la capacità dei posti letto ospedalieri in tutta Gaza sia scesa dai 3.500 letti, prima del 7 ottobre, ai 1.400 letti attuali. A ciò si aggiunge, dopo l’inizio della guerra, l’aumento esponenziale di coloro che richiedono cure. L’OMS denuncia carenze rilevanti per i pazienti con lesioni e altre malattie che richiedono il ricovero ospedaliero.

Il 20 novembre, sono entrati a Gaza, dall’Egitto, circa 40 camion che trasportavano attrezzature mediche, insieme a 180 medici e infermieri. Queste attrezzature e il personale medico sono destinati alla creazione di un secondo ospedale da campo giordano a Khan Younis, nel sud di Gaza, con una capacità di 150 posti letto.

In occasione della Giornata mondiale dell’infanzia, la coordinatrice umanitaria Lynn Hastings ha ribadito il suo appello “a tutte le parti in conflitto affinché proteggano i minori palestinesi e israeliani e i loro diritti”. Secondo il Ministero della Salute (MoH) di Gaza, al 10 novembre, 4.506 minori palestinesi sono stati uccisi e circa 1.500 risultano dispersi; questi ultimi potrebbero essere intrappolati o morti sotto le macerie, in attesa di essere salvati o recuperati. Secondo Save the Children, il numero di minori uccisi finora ha superato le cifre annuali registrate in tutte le zone di guerra dal 2019. Secondo il portavoce militare israeliano, almeno 33 minori israeliani sono stati uccisi il 7 ottobre e altri 40 minori sono tenuti in ostaggio a Gaza.

Il 20 novembre, circa altre 25.000 persone sono fuggite dal nord attraverso il “corridoio” di Salah Ad Deen. A causa della mancanza di spazio nei rifugi esistenti nel sud, migliaia di sfollati interni (IDP) dormono all’aperto, contro le pareti dei rifugi, in cerca di cibo, acqua e protezione. La loro situazione è notevolmente peggiorata nelle ultime 24 ore, poiché sono rimasti esposti alle forti piogge.

Il 19 novembre, verso le 11:30, secondo quanto riferito, le forze israeliane hanno colpito un edificio residenziale nella città di Gaza. L’attacco è avvenuto mentre le persone si accalcavano per prelevare acqua da un’adiacente stazione di desalinizzazione. Di conseguenza, sei palestinesi sono stati uccisi e dieci feriti.

Spostamenti

Il 20 novembre, l’esercito israeliano ha continuato a chiedere e ad esercitare pressioni sui residenti del nord affinché uscissero verso sud attraverso un “corridoio” lungo l’arteria principale del traffico, Salah Ad Deen Road, tra le 9:00 e le 16:00. Il team di monitoraggio dell’OCHA stima che circa 25.000 persone si siano spostate durante il giorno, la maggior parte delle quali sono arrivate a Wadi Gaza su carri trainati da asini o autobus, e alcune a piedi.

Le forze israeliane hanno arrestato alcune persone che si muovevano attraverso il “corridoio”. Gli sfollati interni intervistati dall’OCHA hanno riferito che le forze israeliane hanno istituito un posto di blocco senza personale in cui le persone vengono guidate a distanza per passare attraverso due strutture, dove si pensa sia installato un sistema di sorveglianza. Agli sfollati interni viene ordinato di mostrare i loro documenti d’identità e di sottoporsi a quella che sembra essere una scansione di riconoscimento facciale.

È stato osservato sempre più spesso il movimento di minori non accompagnati e di famiglie separate, comprese donne a cui è stato ordinato di lasciare i propri figli, durante tali spostamenti. In prossimità del corridoio si sono sentiti più volte bombardamenti intensivi.

Il 20 novembre il gruppo di monitoraggio dell’OCHA ha notato un aumento del numero di feriti che attraversavano il “corridoio”. Una donna intervistata ha riferito che proveniva da Tal Az Za’tar a Jabalia, dove la sua casa era stata bombardata e aveva riportato ferite da schegge nell’addome. Stava camminando premendosi un asciugamano sulle ferite. In precedenza, aveva tentato di farsi curare presso l’ospedale indonesiano, ma non era stata ricoverata a causa del collasso dei servizi.

Si stima che a Gaza siano oltre 1,7 milioni le persone sfollate interne. Quasi 900.000 di tali sfollati interni alloggiano in almeno 154 rifugi dell’UNRWA. I rifugi dell’UNRWA ospitano molte più persone rispetto alla capacità prevista e non sono in grado di accogliere i nuovi arrivati.

Il sovraffollamento contribuisce alla diffusione di malattie, tra cui malattie respiratorie acute e diarrea, suscitando preoccupazioni ambientali e sanitarie. In media c’è una doccia ogni 700 persone e un solo bagno ogni 150 persone. La congestione sta influenzando la capacità dell’UNRWA di fornire servizi efficaci e tempestivi.

Si stima che al 1° novembre oltre il 15% degli sfollati interni presentasse disabilità, ma la maggior parte dei rifugi non sono adeguatamente attrezzati per le loro esigenze. I rifugi non dispongono dei materassi e dei letti sanitari necessari, causando ulcere alle persone incapaci di muoversi e altri problemi medici che non possono essere curati in condizioni non sterilizzate. Il Relatore Speciale delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità chiede l’accesso incondizionato e senza restrizioni agli aiuti umanitari e ai soccorsi per le persone con disabilità della Striscia di Gaza.

Nei giorni scorsi, l’UNRWA, in collaborazione con l’ONG “Umanità e Inclusione”, ha fornito kit igienici, dispositivi di assistenza, occhiali, kit di pronto soccorso e kit per neonati a 3.830 persone con disabilità, feriti, bambini e anziani.

VITTIME PALESTINESI

VITTIME ISRAELIANE

GAZA: uccisi 11.078

feriti 27.490

ISRAELE: uccisi 1.200

feriti 5.400

Dati ONU, aggiornati al 10 novembre

Degli 11.078 palestinesi morti, 4.506 sono minori e 3.027 donne. Altri 2.700 circa (di cui 1.500 minori) risultano dispersi.

Traduzione a cura Associazione per la pace Rivoli




‘Annienteremo tutti a Gaza’ – una canzone di bambini israeliani chiede la distruzione di Gaza

Redazione di Palestine Chronicle

20 novembre 2023 Palestine Chronicle

Una canzone di un gruppo di giovani israeliani intitolata “Bambini della generazione della vittoria” è recentemente diventata virale sulle piattaforme dei social media ebraici.

Il testo sollecita i soldati israeliani a distruggere tutto a Gaza.

Kan, l’emittente pubblica israeliana, l’ha trasmessa con il titolo ‘Annienteremo tutti a Gaza’, ma è poi stata costretta a rimuovere il video che aveva sollevato reazioni indignate in tutto il mondo.

Le parole di “Bambini della generazione della vittoria” esprimono sostegno a soldati e all’esercito israeliani e incita i bambini in Israele in particolare e tutti gli ebrei in generale, a distruggere i palestinesi.

Kan la descrive come “una canzone di amicizia,” sottolineando che “le sue nuove parole rappresentano i ragazzi della generazione vittoriosa, e che entro un anno  là non rimarrà più niente (riferendosi alla distruzione totale di Gaza), che questi ragazzi ritorneranno alle proprie case (gli insediamenti che circondano Gaza) e che il mondo vedrà come elimineremo il nostro nemico (i palestinesi).”

Secondo i media ebraici la nuova canzone è un adattamento di ‘Malvagità,’ scritta da Haim Ghouri. La nuova versione è interpretata da ragazzi/e israeliani/e tra i 6 e i 12 anni.

La nuova canzone è stata prodotta dal Rosenbaum Communications Group, con parole di Ofer Rosenbaum e Shulamit Stolero, che hanno sottolineato il loro desiderio di non cambiare il coro di “malvagità”, conosciuto in tutte le case di Israele.

L’autore della nuova canzone, Ofer Rosenbaum, ha detto ai media in ebraico:

I bambini del video appartengono alla generazione della vittoria, questi ragazzi sono forti, coraggiosi, amano la propria patria e hanno la sola richiesta che non si ripeta più: lo Stato di Israele deve la sicurezza a loro, alle loro famiglie e a tutti i cittadini e noi l’otterremo solo con una vittoria completa a Gaza, senza concessioni.”

Uno dei ragazzi che la cantano, Aden Nezof, 11 anni, dell’insediamento di Sderot, ha detto: “Io so e credo che i nostri soldati trionferanno sui terroristi, che la mia citta risorgerà e prospererà e che io potrò tornare a casa.”

Parole della canzone ‘Malvagità modificata

La notte autunnale scende sulla costa di Gaza

Gli aerei bombardano, distruzione, distruzione

Qui l’esercito israeliano attraversa il confine

Per sterminare quelli con la svastica

Fra un anno non resterà più nulla

E noi ritorneremo sani e salvi alla nostra patria

Entro un anno li elimineremo tutti

Ritorneremo ad arare i nostri campi.

E noi tutti ricorderemo

La bellezza e la purezza del cristallo

Perché questa malvagità

Non sarà dimenticata dai nostri cuori

l’amore sacro santificato dal sangue

Tornerà a sbocciare fra noi.

E ora basta con le parole

E le nostre anime urleranno

Perché la nostra anima non è solo la nostra patria

Perché oggi anche le nostre anime stanno combattendo

Una nazione sola, per l’eternità, per sempre

Non ci fermeremo e proteggeremo le nostre case

Non resteremo in silenzio e noi e voi vedremo

Come oggi i nostri nemici sono distrutti

E noi tutti ricorderemo

La bellezza e la purezza del cristallo

Perché tale malvagità

Non sarà dimenticata dai nostri cuori

l’amore sacro santificato dal sangue

Tornerà a sbocciare fra noi.

Il video della canzone ha ricevuto aspre critiche e suscitato molte polemiche.

Il giornalista e regista Dan Cohen ha twittato: “I bambini israeliani cantano, ‘Annienteremo tutti’ a Gaza. Questo video è stato caricato e rimosso dall’emittente nazionale @kann_news. Perché insegnano ai loro figli a odiare?”

L’analista Patrick Henningsen ha commentato: “Gli americani devono capire che il sionismo è un’ideologia razzista e genocida e proprio come ogni altro movimento o culto di supremazia etnica …”

L’attivista Lema Pal ha twittato:“I bambini vengono istruiti all’arte della guerra, a loro viene insegnato a dare la priorità a distruzione, uccisioni e sono educati ad approvare il conflitto e il genocidio!”

Secondo il ministero della Salute palestinese fino ad ora Israele ha ucciso oltre 13.300 palestinesi, fra cui 5.600 minori e 3.550 donne, oltre 31.000 sono i palestinesi feriti.

L’esercito israeliano continua a colpire case di civili in tutta la Striscia di Gaza e giungono notizie di nuovi massacri ovunque nell’enclave assediata.

(traduzione dall’inglese di Mirella Alessio)




Un influente capo della sicurezza nazionale israeliana propone il genocidio a Gaza

Jonathan Ofir

 20 novembre 2023 – Mondoweiss

In un editoriale intitolato “Non lasciamoci intimorire dal mondo”, il generale israeliano in congedo Giora Eiland sostiene che ogni palestinese di Gaza è un bersaglio legittimo e che persino una “grave epidemia” a Gaza “avvicinerà la vittoria”.

Dal 7 ottobre non sono certo mancati gli appelli al genocidio da parte di dirigenti israeliani, né chiari progetti, anche a livello ministeriale, di pulizia etnica totale a Gaza. E mentre il ricorso a eufemismi biblici, come il riferimento ad “Amalek” [irriducibile nemico degli ebrei nella Bibbia, ndt.] da parte del primo ministro israeliano Netanyahu potrebbe sembrare ad alcuni troppo vago, anche se la vicenda suggerisce l’uccisione di neonati, domenica il generale di divisione in congedo Giora Eiland, ex-capo del Consiglio di Sicurezza Nazionale e attuale consigliere del ministero della Difesa, ha deciso di parlare in modo più esplicito di genocidio.

In un articolo in ebraico sull’edizione cartacea del [giornale] di centro Yedioth Ahronoth intitolato “Non facciamoci intimorire dal mondo”, Eiland ha chiarito che tutta la popolazione civile di Gaza è un bersaglio legittimo e che persino “una grave epidemia nel sud della Striscia di Gaza avvicinerà la vittoria.” Le conclusioni non lasciano dubbi sulle sue opinioni:

Non sono solo i combattenti armati di Hamas ma anche tutti i funzionari ‘civili’, compresi gli impiegati degli ospedali e delle scuole, e anche tutta la popolazione di Gaza che hanno sostenuto entusiasticamente Hamas ed hanno acclamato le atrocità del 7 ottobre.”

Eiland si pronuncia contro le preoccupazioni umanitarie e ogni principio di distinzione:

Israele non sta combattendo un’organizzazione terroristica, ma lo Stato di Gaza.”

Di conseguenza per Eiland “Israele non deve fornire all’altra parte alcuna possibilità che ne prolunghi la vita.”

Eiland si fa beffe dell’idea delle “povere donne” come rappresentazione di civili non coinvolti:

Chi sono le ‘povere’ donne di Gaza? Sono tutte madri, sorelle o mogli degli assassini di Hamas.”

La definizione riprende quella dell’ex ministra della Giustizia di estrema destra Ayelet Shaked che, durante il massacro del 2014 [operazione militare “Margine protettivo” contro Gaza, ndt.], affermò che il nemico di Israele era tutto il popolo palestinese:

Dietro ogni terrorista ci sono decine di uomini e donne, senza i quali non potrebbe impegnarsi nel terrorismo. Ora ciò include anche le madri dei martiri, che li mandano all’inferno con fiori e baci. Dovrebbero seguire i loro figli, niente sarebbe più giusto. Dovrebbero andarsene, come le dimore fisiche in cui hanno allevato i serpenti. Altrimenti là verranno cresciuti altri piccoli serpenti.”

Eiland si oppone ad arrendersi alla sensibilità americana. Egli sostiene che le pressioni umanitarie (cioè, bloccare ogni necessità fondamentale per la sopravvivenza) è un mezzo legittimo di guerra:

Il governo israeliano deve assumere una linea più dura con gli americani e avere almeno la capacità di dire quanto segue: finché tutti gli ostaggi non saranno tornati in Israele, non parlateci degli aspetti umanitari.”

Bisogna resistere anche al resto della comunità internazionale, con le sue preoccupazioni umanitarie. Persino la diffusione di una grave epidemia è un legittimo mezzo di guerra:

La comunità internazionale ci mette in guardia da un disastro umanitario a Gaza e da una grave epidemia. Non dobbiamo evitarlo, per quanto possa essere difficile. Dopotutto, una grave epidemia nel sud della Striscia di Gaza avvicinerà la vittoria e ridurrà le vittime tra i soldati dell’IDF [l’esercito israeliano, ndt.].”

Ma no, Eiland non è un sadico né un genocida, tutto ciò non è altro che un mezzo per raggiungere un presunto lieto fine:

E no, qui non si parla di una crudeltà fine a se stessa, dato che non sosteniamo la sofferenza dell’altra parte come fine, ma come mezzo.”

L’editoriale vergognosamente genocidario di Eiland è stato appoggiato dal ministro delle Finanze Bezalel Smotrich, che ha twittato l’articolo integrale e affermato di “essere d’accordo con ogni parola”. Smotrich è noto, tra le altre cose, per aver chiesto di “annientare Huwwara” [citttadina palestinese in cui c’è stato un pogrom antipalestinese ad opera di coloni, ndt.] in Cisgiordania, quindi non dovrebbe sorprendere che ora appoggi l’appello di Eiland a fare lo stesso a Gaza.

Un campo di concentramento

Eiland ha una lunga storia nel manifestare in modo sorprendentemente esplicito le sue opinioni sulle condizioni della Striscia di Gaza. Nel 2004, quando era capo del Consiglio per la Sicurezza Nazionale vedeva la Striscia di Gaza come “un grande campo di concentramento” mentre faceva pressione sugli USA perché espellessero i palestinesi nel deserto del Sinai come parte di una “soluzione a due Stati”.

Secondo il cablogramma di un diplomatico statunitense fatto filtrare a Wikileaks:

Ripetendo un’opinione personale che aveva in precedenza esposto a un altro funzionario del governo americano in visita, il direttore del CSN Eiland ha prospettato all’ambasciatore [USA in Israele, ndt.] Djerejian una soluzione finale diversa da quella comunemente concepita come con due Stati. La visione di Eiland, ha detto, è introdotta dall’immaginare l’assunto secondo cui la demografia e altre considerazioni rendono impraticabile la prospettiva della soluzione a due Stati tra il Giordano e il Mediterraneo. Attualmente, ha detto, ci sono 11 milioni di persone in Israele, in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza, e questo numero arriverà in cinquant’anni a 36 milioni. L’area tra Beer Sheva e la punta settentrionale di Israele (compresa la Cisgiordania e Gaza) ha la maggior densità di popolazione al mondo. Gaza da sola, ha detto, è già un ‘grande campo di concentramento’ con 1.3 milioni di palestinesi. Oltretutto la terra è circondata su tre lati da deserti. I palestinesi hanno bisogno di più terra e Israele non può permettersi di cederla. La soluzione, ha affermato, si trova nel deserto del Sinai.”

È interessante vedere Eiland ammettere una simile situazione persino prima del “disimpegno” da Gaza del 2005, prima della vittoria elettorale di Hamas nel 2006 e dell’assedio genocida dal 2007, che è stato superato per gravità solo a partire dal 7 ottobre. A questo punto, vedere Gaza come un campo di concentramento sembra forse un termine troppo debole – è diventato un campo di sterminio.

Ecco la traduzione completa dell’articolo di Eiland:

Non lasciamoci intimorire dal mondo

Giora Eiland, Yedioth Ahronoth, 19 novembre 2023

Direttamente verso il crollo di Hamas

La discussione relativa all’ottemperanza da parte di Israele delle richieste internazionali per consentire l’ingresso di carburante a Gaza riflette il conflitto fondamentale tra Israele e gli USA riguardo la narrazione corretta.

Secondo quella americana a Gaza ci sono due gruppi di persone. Uno sarebbe costituito dai combattenti di Hamas, che sono terroristi brutali e devono di conseguenza morire. La grande maggioranza delle persone a Gaza fa parte di un secondo gruppo, civili innocenti che soffrono senza avere colpe. Di conseguenza Israele non solo deve evitare il più possibile di colpirle, ma anche agire per migliorarne la vita.

L’altra, e più corretta narrazione è la seguente: Israele non sta combattendo contro un’organizzazione terroristica, ma contro lo Stato di Gaza. Lo Stato di Gaza è in effetti sotto la guida di Hamas e questa organizzazione è riuscita a mobilitare tutte le risorse del suo Stato, l’appoggio della maggioranza dei suoi cittadini e l’assoluta lealtà della sua amministrazione civile attorno alla dirigenza di Sinwar [capo di Hamas a Gaza, ndt.] appoggiando pienamente la sua ideologia. In questo senso Gaza è molto simile alla Germania nazista, dove avvenne un processo simile. Dato che questa è la descrizione corretta della situazione, lo è anche il fatto di condurre la guerra di conseguenza.

Una guerra tra Stati non si vince solo sul piano militare, ma anche con la capacità di una parte di spezzare il regime dell’avversario ed è della massima importanza la sua capacità dal punto di vista economico e in primo luogo quella di fornire energia. Il collasso della Germania all’inizio del 1945 fu dovuto principalmente alla perdita dei campi di petrolio in Romania, e una volta che la Germania non ebbe abbastanza carburante per i suoi aerei e carri armati la guerra venne vinta.

Quindi Israele non deve fornire all’altra parte alcuna possibilità che ne prolunghi la vita. Oltretutto ci diciamo che Sinwar è talmente malvagio che non gli importa se tutti gli abitanti di Gaza muoiono. Una simile rappresentazione non è corretta, perché chi sono le ‘povere’ donne di Gaza? Sono tutte madri, sorelle o mogli di assassini di Hamas. Per un verso sono parte dell’infrastruttura che appoggia l’organizzazione e dall’altro, se essi fanno l’esperienza di un disastro umanitario, allora si può supporre che alcuni dei combattenti di Hamas e i comandanti più giovani inizino a comprendere che la guerra è inutile e che è meglio impedire danni irreversibili alle proprie famiglie.

Il modo per vincere la guerra più in fretta e a un costo minore per noi richiede un collasso del regime dell’avversario e non la semplice uccisione di più combattenti di Hamas. La comunità internazionale ci avverte del disastro umanitario a Gaza e di una grave epidemia. Non dobbiamo evitarlo, per quanto possa essere difficile. Dopotutto, una grave epidemia nel sud della Striscia di Gaza avvicinerà la vittoria e ridurrà le vittime tra i soldati dell’IDF. E no, qui non si parla di una crudeltà fine a se stessa, dato che non sosteniamo la sofferenza dell’altra parte come fine, ma come mezzo.

All’altra parte è concessa la possibilità di porre fine alle sofferenze se si arrende. Sinwar non si arrenderà, ma non c’è ragione per cui i comandanti della milizia di Hamas nel sud della Striscia di Gaza non si arrendano dato che non hanno né carburante né acqua, e quando l’epidemia colpirà anche loro e il pericolo per le vite delle loro donne aumenterà. Il governo israeliano deve assumere una linea più dura con gli americani e avere almeno la possibilità di dire quanto segue: finché tutti gli ostaggi non saranno tornati in Israele, non parlateci degli aspetti umanitari.

E sì, crediamo che anche la pressione umanitaria sia un mezzo legittimo per aumentare la possibilità di salvare gli ostaggi. Ma non dobbiamo, assolutamente, adottare la narrazione americana che ci “permette” di combattere solo contro i miliziani di Hamas invece di fare la cosa giusta: combattere contro l’intero regime nemico, perché è esattamente il crollo dei civili che avvicinerà la fine della guerra. Quando importanti personalità israeliane dicono ai media “Si tratta di noi o di loro”, dovremmo chiarire la questione di chi sono “loro”. “Loro” non sono solo i combattenti di Hamas con le armi, ma anche tutti i funzionari “civili”, compresi gli impiegati degli ospedali e delle scuole, e anche tutta la popolazione di Gaza che ha sostenuto entusiasticamente Hamas ed ha acclamato le atrocità del 7 ottobre.

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)




Craig Murray: Attivare la Convenzione sul genocidio

Craig Murray

19 novembre 2023 – Consortium News

Non c’è dubbio che il bombardamento da parte di Israele dei civili palestinesi e la privazione di cibo, acqua e altre necessità vitali costituiscano motivo per appellarsi alla Convenzione sul genocidio del 1948.

Sono 149 gli Stati che aderiscono alla Convenzione sul Genocidio. Ognuno di loro ha il diritto di segnalare pubblicamente il genocidio in corso a Gaza e di denunciarlo alle Nazioni Unite.

Nel caso in cui un altro Stato contraente contesti laccusa di genocidio, e Israele, Stati Uniti e Regno Unito sono tutti Stati contraenti, allora la Corte internazionale di Giustizia è tenuta a pronunciarsi sulla responsabilità dello Stato per genocidio”.

Questi sono gli articoli salienti della Convenzione sul Genocidio:

Articolo VIII

Ogni Parte contraente può invitare gli organi competenti delle Nazioni Unite a intraprendere, ai sensi della Carta delle Nazioni Unite, le azioni che ritengono appropriate per prevenire e reprimere atti di genocidio o qualsiasi altro atto elencato nell’articolo III.

Articolo IX

Le controversie tra le Parti contraenti relative all’interpretazione, applicazione o adempimento della presente Convenzione, comprese quelle relative alla responsabilità di uno Stato per genocidio o per qualsiasi altro atto contemplato nell’articolo III, saranno sottoposte alla Corte internazionale di Giustizia su richiesta di una delle parti in causa”.

Si noti che qui parti in causa” significa gli Stati che contestano

le azioni genocidarie, non le parti coinvolte direttamente nel genocidio/conflitto. Ogni singolo Stato contraente può appellarsi alla convenzione.

Non c’è dubbio che le azioni di Israele equivalgano a un genocidio. Lo hanno affermato numerosi esperti di diritto internazionale e lintento genocida è stato espresso direttamente da numerosi ministri, generali e funzionari pubblici israeliani.

Definizione di Genocidio

Questa è la definizione di genocidio nel diritto internazionale in base alla Convenzione sul Genocidio:

Articolo II

Nella presente Convenzione per genocidio si intende qualsiasi dei seguenti atti commessi con l’intento di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, in quanto tale:

(a) Uccidere membri del gruppo;

(b) Causare gravi danni fisici o mentali a membri del gruppo;

(c) Infliggere deliberatamente al gruppo condizioni di vita intese a provocarne la distruzione fisica totale o parziale;

(d) Imporre misure intese a impedire le nascite all’interno del gruppo;

(e) Il trasferimento forzato di bambini del gruppo in un altro gruppo”

Non vedo ragioni per mettere in dubbio che lattuale campagna israeliana di bombardamenti contro civili e di privazione di cibo, acqua e altri beni di prima necessità per i palestinesi equivalga a un genocidio ai sensi dell’articolo II a), b) e c).

Vale la pena considerare anche gli articoli III e IV:

Articolo III

Sono punibili i seguenti atti:

(a) Genocidio;

(b) Cospirazione per commettere un genocidio;

(c) Incitamento pubblico e diretto a commettere un genocidio;

(d) Tentativo di commettere un genocidio;

(e) Complicità nel genocidio.

Articolo IV

Saranno punite le persone che commettono un genocidio o uno qualsiasi degli altri atti elencati nellarticolo III, siano essi governanti costituzionalmente competenti, funzionari pubblici o privati”.

Esistono consistenti elementi di prova che le azioni degli Stati Uniti, del Regno Unito e di altri nel fornire apertamente sostegno militare diretto da utilizzare nel genocidio rappresentino complicità nel genocidio.

Il significato dellArticolo IV è che gli individui, e non solo gli Stati, sono responsabili. Quindi il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, il presidente degli Stati Uniti Joe Biden e il primo ministro britannico Rishi Sunak hanno una responsabilità individuale. Lo stesso vale in realtà per tutti coloro che chiedono l’annientamento dei palestinesi.

L’attivazione della Convenzione sul genocidio sarebbe decisamente opportuna. Una sentenza della Corte Internazionale di Giustizia che dichiarasse Israele colpevole di genocidio avrebbe uno straordinario effetto diplomatico e causerebbe difficoltà interne nel Regno Unito e persino negli Stati Uniti nel continuare a sovvenzionare e armare Israele.

Rapporto tra CIG e CPI

La Corte Internazionale di Giustizia è la più rispettata delle istituzioni internazionali; mentre gli Stati Uniti non hanno riconosciuto la sua competenza vincolante, il Regno Unito non lo ha fatto e lUE la recepisce concretamente.

Se la Corte Internazionale di Giustizia stabilisce [il verificarsi di] un genocidio, allora la Corte Penale Internazionale non è tenuta a stabilire se il genocidio sia [o meno] avvenuto.

Questo è importante perché, a differenza della prestigiosa e indipendente CIG, la CPI è in gran parte unistituzione fantoccio dei governi occidentali che se possibile se ne terrà fuori.

Ma una decisione della Corte Internazionale di Giustizia in merito al genocidio e alla complicità nel genocidio ridurrebbe il compito della Corte Penale Internazionale all’individuazione dei responsabili. Questa è una prospettiva che può effettivamente modificare i calcoli dei politici.

C’è anche il fatto che un riferimento al genocidio costringerebbe i media occidentali ad affrontare la questione e a usare il termine, invece di limitarsi a diffondere della propaganda sul fatto che Hamas abbia basi di combattimento negli ospedali.

Inoltre una sentenza della Corte Internazionale di Giustizia farebbe automaticamente scattare un dibattito allAssemblea Generale delle Nazioni Unite e non al Consiglio di Sicurezza, bloccato dal veto occidentale.

Tutto ciò solleva la questione del perché nessuno Stato si sia ancora appellato alla Convenzione sul Genocidio. Ciò è particolarmente significativo, in quanto la Palestina è uno dei 149 Stati che aderiscono alla Convenzione sul Genocidio, e a tal fine avrebbe potuto presentarsi davanti sia alle Nazioni Unite che alla CIG.

Temo che la questione riguardante il motivo per cui la Palestina non si sia appellata alla Convenzione sul Genocidio ci porti dentro oscuri meandri. Chiunque, come me e George Galloway, si sia fatto le ossa nella politica di sinistra di Dundee degli anni 70 ha fatto propria (una lunga) esperienza legata ai rapporti con Fatah, e le mie simpatie sono sempre state fortemente rivolte a Fatah piuttosto che ad Hamas.

Lo sono ancora, insieme allaspirazione a una Palestina democratica e laica. È Fatah ad occupare il seggio palestinese alle Nazioni Unite, e la decisione che la Palestina attivi la Convenzione sul genocidio spetta al presidente palestinese Mahmoud Abbas.

Ogni giorno è sempre più difficile sostenere Abbas. Sembra straordinariamente passivo, ed è impossibile scacciare il sospetto che sia più interessato a impedire una guerra civile palestinese che ad opporsi al genocidio.

Appellandosi alla Convenzione sul Genocidio potrebbe rimettere se stesso e Fatah al centro della narrazione. Ma non fa nulla. Non voglio credere che le motivazioni di Mahmoud risiedano nella corruzione e nelle promesse da parte del segretario di Stato americano Antony Blinken di ereditare Gaza. Ma al momento non posso aggrapparmi a nessunaltra spiegazione a cui dar credito.

Ciascuno dei 149 Stati aderenti potrebbe appellarsi alla Convenzione sul Genocidio contro Israele e i suoi complici. Tra di loro ci sono Iran, Russia, Libia, Malesia, Bolivia, Venezuela, Brasile, Afghanistan, Cuba, Irlanda, Islanda, Giordania, Sud Africa, Turchia e Qatar. Ma nessuno di questi Stati ha denunciato il genocidio. Perché?

Non è perché la Convenzione sul genocidio sia lettera morta. Non è così. È stata invocata contro la Serbia dalla Bosnia-Erzegovina e la Corte Internazionale di Giustizia si è pronunciata contro la Serbia in merito al massacro di Srebrenica. Ciò ha portato immediatamente ai procedimenti giudiziari da parte della CPI.

Alcuni Stati potrebbero semplicemente non averci pensato. Per gli Stati arabi in particolare, il fatto che la stessa Palestina non si sia appellata alla Convenzione sul Genocidio può fornire una scusa. Gli Stati dellUE possono nascondersi dietro lunanimità del blocco [occidentale].

Ma temo che la verità sia che nessuno Stato si preoccupa delle migliaia di bambini palestinesi già uccisi e delle migliaia di altri che lo saranno a breve tanto da introdurre un altro fattore di contrasto nelle loro relazioni con gli Stati Uniti.

Proprio come nel vertice dello scorso fine settimana in Arabia Saudita, dove i Paesi islamici non sono riusciti a concordare un boicottaggio sul petrolio e gas nei confronti di Israele, la verità è che chi è al potere non ha davvero a cuore un genocidio a Gaza. Si preoccupa dei propri interessi.

È sufficiente che uno Stato faccia ricorso alla Convenzione sul Genocidio per cambiare la narrazione e le dinamiche internazionali. Ciò avverrà solo grazie al potere delle persone di imporre tale idea ai propri governi. Questo è il modo in cui tutti possono fare qualcosa per aumentare la pressione. Per favore, fate il possibile.

Tanto di cappello all’infaticabile Sam Husseini, il giornalista indipendente che ha insistito sulla Convenzione sul Genocidio alla Casa Bianca.

Craig Murray è un autore, conduttore televisivo e attivista per i diritti umani. È stato ambasciatore britannico in Uzbekistan dall’agosto 2002 all’ottobre 2004 e rettore dell’Università di Dundee dal 2007 al 2010. La sua attività giornalistica dipende interamente dal supporto dei lettori. Sono gradite sottoscrizioni per mantenere attivo questo blog.

Questo articolo è tratto da CraigMurray.org.uk.

Le opinioni espresse sono esclusivamente dell’autore e non riflettono necessariamente quelle di Consortium News.

(Traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)




Un gran numero di palestinesi morti e feriti a causa del bombardamento israeliano sulla scuola di Gaza che ospitava persone sfollate

Redazione di MEMO

17 novembre 2023 – Middle East Monitor

Palestine TV ha riferito che c’è stato un gran numero di morti e feriti a causa del bombardamento di venerdì che ha preso di mira una scuola di Gaza City in cui si sono rifugiate persone sfollate.[50 morti e decine di feriti fonte Al Jazeera 19 nov.ndt]

Secondo quanto riportato dall’agenzia Anadolu, un canale affiliato all’Autorità Palestinese con sede a Ramallah, in Cisgiordania, ha affermato che più di 20 persone sono state uccise e altre 100 ferite nel bombardamento della scuola Al-Falah, nel quartiere meridionale Zeitun di Gaza City, che ospita sfollati.

Da parte israeliana non ci sono stati commenti riguardo a questa notizia.

Venerdì mattina presto Palestine TV ha annunciato l’arrivo di 120 corpi dai governatorati di Gaza e Gaza Nord all’ospedale indonesiano, nella parte settentrionale della Striscia di Gaza.

Secondo gli ultimi dati, da quando Israele ha cominciato a bombardare Gaza il 7 ottobre almeno 11.500 palestinesi sono stati uccisi, tra cui 7.800 donne e minori, e oltre 29.200 sono stati feriti.

Un blocco israeliano ha anche tagliato a Gaza le forniture di carburante, elettricità e acqua e ha ridotto l’invio di aiuti a ben poco.

Nel contempo secondo dati ufficiali il numero dei morti israeliani è di circa di 1.200.

(traduzione dall’inglese di Gianluca Ramunno)




Fatti o finzione: Israele ha bisogno di false infermiere per giustificare l’uccisione dei bambini di Gaza

Marc Owen Jones

17 novembre 2023-Al Jazeera

Israele sa che rischia di perdere il sostegno globale per il suo massacro di bambini. Quindi ci si rivolge alla disinformazione sui social media, che è sciatta ma spesso efficace.

A Gaza ogni 10 minuti viene ucciso un bambino. Dal 7 ottobre Israele ha ucciso più di 4.000 bambini. In questo momento i bambini prematuri dell’ospedale al-Shifa di Gaza stanno morendo perché dopo oltre un mese di assedio israeliano l’istituto è senza energia elettrica e quindi non è in grado di far funzionare le incubatrici.

Israele sa che rischia di perdere il sostegno internazionale per il suo continuo massacro di bambini. Alleati occidentali come il presidente francese Emmanuel Macron e il primo ministro canadese Justin Trudeau, che fino ad ora sono stati risoluti nel sostenere Israele, la scorsa settimana hanno chiesto pubblicamente al governo israeliano di smettere di uccidere bambini, anche se Macron da allora ha ammorbidito il suo tono.

Di solito, la prima risposta di Israele alle accuse di atrocità è la negazione. Quando ciò fallisce, la seconda strategia è quella di incolpare Hamas o altri gruppi armati palestinesi per le morti palestinesi.

Non ha rinunciato a queste strategie, ma sta anche cercando di collegare direttamente i bambini palestinesi a Hamas, cercando così di raffigurare loro– e i luoghi in cui si rifugiano – come obiettivi legittimi.

Incolpare Hamas

L’11 novembre, l’account ufficiale in arabo gestito dal Ministero degli Affari Esteri israeliano ha pubblicato un video di un’infermiera, apparentemente agitata, che parlava di Hamas e riferiva che aveva invaso l’ospedale di al-Shifa e preso tutto il carburante e la morfina. Ha affermato che, poiché Hamas aveva rubato la morfina, non poteva usarla su un bambino di cinque anni con una frattura.

Il video, ritwittato migliaia di volte, era chiaramente un falso. Nessun membro del personale nelle vicinanze sembra riconoscere la donna del video, mettendo in dubbio la sua identità e il suo ruolo. Robert Mackey, giornalista dell’agenzia di ricerca Forensic Architecture, ha parlato con tre membri dello staff di Medici Senza Frontiere che lavorano all’ospedale al-Shifa, nessuno dei quali l’ha riconosciuta.

Il video era quasi comico nella sua assurdità. L’infermiera parlava con un accento non palestinese e il suo dialogo sembrava riecheggiare perfettamente i discorsi dell’esercito israeliano secondo cui Hamas avrebbe rubato tutto il carburante dagli ospedali.

Inoltre il posizionamento strategico di un logo del Ministero della Sanità palestinese è stato un tentativo artificioso di fuorviare o creare una trappola per ottenere un rilancio da parte degli algoritmi “intelligenti”. Ad aumentare il sospetto c’erano gli effetti audio “di repertorio” dei bombardamenti, il suo camice bianco perfettamente pulito e il trucco perfetto, che sembravano tutti fuori posto in un ambiente che avrebbe dovuto essere disastrato.

Lo scopo del video era chiaro: incolpare Hamas per la sofferenza dei bambini e legittimare le affermazioni dell’esercito israeliano secondo cui Hamas sta usando civili e bambini come scudi umani.

Alla fine, quando al governo israeliano è stato chiesto di rendere conto del video, il Ministero degli Esteri ha cancellato silenziosamente il suo post, senza alcuna spiegazione.

Ma diffondere disinformazione e poi cancellarla è diventata una routine; ciò solleva la domanda: perché la propaganda dell’esercito israeliano è così sciatta? Dopotutto, Israele non rischia di perdere credibilità in questo modo?

No, perché i benefici superano i costi. Il vecchio adagio, “Una bugia può viaggiare dall’altra parte del mondo mentre la verità si sta ancora mettendo le scarpe” ci dice gran parte di ciò che dobbiamo sapere sulla propaganda. La chiave non è la veridicità, ma piuttosto la velocità e il primato.

Controllare la narrazione significa diffondere le informazioni più velocemente del tuo nemico e renderle sensazionali, indipendentemente dal fatto che siano reali. Uno studio ha dimostrato che l’86% delle persone non verifica le notizie che vede sui social media.

Una volta che qualcosa di falso diventa virale, è improbabile che le persone che lo vedono cerchino la verifica dei fatti. Il pubblico di questi video non è un astuto fact-checker. Nel caso di Israele, un gran numero di spettatori è di lingua inglese, spettatori occidentali che non coglieranno accenti contraffatti e non hanno motivo di credere che tali informazioni siano false.

È importante ricordare che la propaganda non deve essere sofisticata per essere efficace, ma solo veloce e sensazionalistica. I social media sono perfetti per questo.

Bambini pieni di odio, che leggono il Mein Kampf

Oltre a incolpare Hamas, sta emergendo uno stadio più sinistro della legittimazione dell’uccisione di minori da parte di Israele: il tentativo di denigrare i minori palestinesi definendoli destinatari della propaganda malvagia e antisemita di Hamas. Insomma i minori palestinesi verrebbero educati solo per diventare “terroristi”.

Il 5 novembre l’account ufficiale in arabo di Israele ha twittato una vignetta che mostrava che Israele alleva i suoi bambini all’ “amore”, mentre Hamas riempie i bambini di Gaza di “odio”.

Poi, lunedì, l’account ufficiale israeliano gestito dal Ministero degli Esteri ha affermato su X che l’esercito israeliano aveva trovato una copia del “Mein Kampf” di Hitler nella stanza di un minore a Gaza. Intonso, con perfette annotazioni e sottolineature dei punti salienti, il “ritrovamento” del libro è stato un tentativo di rafforzare la narrazione secondo cui i minori palestinesi sono pieni di odio, senza speranza di redenzione e sono quindi validi bersagli da uccidere.

Mein Kampf rappresenta l’epitome dell’antisemitismo. È l’autobiografia di Hitler. Il significato di ciò non sfuggirà a molti occidentali, spesso destinatari della propaganda israeliana. L’uso del Mein Kampf, una copia del quale è stata brandita teatralmente dal presidente israeliano Isaac Herzog, dimostra che Israele sta cercando di ritrarre i minori palestinesi più grandi come antisemiti a cui è stato fatto il lavaggio del cervello: è uno strumento semplice per promuovere questa narrazione.

Bunker sotto un ospedale pediatrico

Lunedì sera Israele ha raddoppiato i suoi tentativi di legittimare i suoi attacchi contro i bambini. L’esercito israeliano ha pubblicato un video del suo portavoce Daniel Hagari che si aggira in un presunto bunker di Hamas sotto l’ospedale pediatrico Rantisi a Gaza. In una delle scene Hagari è inginocchiato accanto a pistole, granate e altre armi, sullo sfondo il dipinto di un albero apparentemente disegnato da bambini.

In un altro video, anch’esso si presume proveniente dal seminterrato dell’ospedale Rantisi, Hagari attira l’attenzione su una sedia e i resti di una corda che, secondo lui, venivano usate per legare gli ostaggi. Quindi indica un biberon che si trova sopra una scatola di giunzione elettrica contrassegnata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.

Porre accanto la rappresentazione dell’innocenza infantile nella forma del dipinto o del biberon alle armi serve a legittimare la narrazione israeliana di Hamas come “terroristi” disumani che usano bambini, ospedali e prigionieri come scudi umani. Ciò a sua volta viene utilizzato per giustificare gli attacchi di Israele contro obiettivi civili – anche se la vita dei bambini è a rischio, e anche se è coinvolta un’organizzazione delle Nazioni Unite.

Tuttavia il video è chiaramente una trovata propagandistica. Hagari indica una tabella scritta a mano in arabo fissata al muro. Hagari poi dice che la lista nomina i combattenti di Hamas. “Questa è una lista di guardiani in cui ogni terrorista scrive il suo nome, e ogni terrorista ha il proprio turno di guardia per le persone che erano qui”.

L’unico problema è che lì non c’era scritto nulla del genere. Era la pagina settimanale di un calendario.

Perché Israele fa questo?

Durante il fine settimana Israele ha offerto all’ospedale di al-Shifa una miserabile quantità di carburante, dopo aver imposto dal 7 ottobre un blocco totale della Striscia di Gaza che ha paralizzato le strutture mediche.

Il direttore dell’ospedale, Muhammad Abu Salmiya, ha detto del tentativo di fornire carburante che “Israele vuole mostrare al mondo che non sta uccidendo bambini”.

Ma ora che Israele non può più negare di uccidere bambini palestinesi sta cercando di legittimare il loro omicidio. Nel suo lavoro sulla “teoria del restauro dell’immagine” William Benoit chiama ciò “ridurre l’offensività”. In parole povere, incolpi la vittima o fai sembrare la vittima meritevole della sua sofferenza.

Man mano che il bilancio delle vittime aumenta, aumentano anche i tentativi stravaganti di scaricare la colpa su vittime innocenti.

Ma nessuna quantità di video fabbricati o di “prove” nascoste può oscurare la verità. I bambini stanno morendo a centinaia a Gaza, il loro sangue è versato a causa delle bombe, dei proiettili e dell’assedio di Israele.

The views expressed in this article are the author’s own and do not necessarily reflect Al Jazeera’s editorial stance.

Le opinioni espresse in questo articolo appartengono all’autore e non riflettono necessariamente la linea editoriale di Al Jazeera.

(traduzione dall’ Inglese di Giuseppe Ponsetti)




Alcuni collaboratori dei politici statunitensi si pronunciano duramente contro la mancanza di umanità dei loro capi nei confronti dei palestinesi e chiedono il cessate il fuoco

Redazione di MEMO

14 novembre 2023 – Middle East Monitor

Un grande numero di collaboratori in servizio ed ex si sta pronunciando contro i loro capi e stanno sollecitando un cessate il fuoco a Gaza, evidenziando un netto divario generazionale presso Capitol Hill [il Campidoglio, sede del congresso statunitense, ndt].

Durante un drammatico sciopero senza precedenti al Campidoglio, giovani collaboratori hanno dichiarato di non poter più stare in silenzio mentre i loro capi ignorano gli elettori che stanno insistentemente chiedendo un allentamento dell’attacco israeliano contro Gaza. Sebbene molti parlamentari supportino la campagna militare israeliana e rifiutino le richieste per il cessate il fuoco, i loro giovani collaboratori si stanno mobilitando per la pace, lottando per conciliare le convinzioni personali con gli obblighi professionali.

Più di 100 collaboratori del Congresso, che indossavano tutti maschere per nascondere la loro identità, hanno organizzato uno sciopero per protestare contro i loro capi. “Noi siamo membri del personale del Congresso a Capitol Hill, e non ce la sentiamo più di stare in silenzio” hanno dichiarato tre collaboratori, i quali hanno tutti evitato di fornire il proprio nome. “I nostri elettori stanno chiedendo a gran voce un cessate il fuoco e noi siamo i collaboratori che rispondono alle loro chiamate. La maggior parte dei nostri capi al Campidoglio non sta ascoltando le persone che rappresentano. Noi chiediamo ai nostri capi di schierarsi: chiedere un cessate il fuoco, il rilascio di tutti gli ostaggi e una immediata riduzione degli attacchi adesso.”

I collaboratori hanno mostrato dissenso in molti modi. Oltre 550 hanno firmato una lettera aperta questo mese sollecitando il Congresso a supportare un cessate il fuoco, accusando i parlamentari di ignorare le morti dei civili palestinesi mentre esprimono solidarietà allo Stato di Israele. Decine hanno protestato fuori dal Congresso chiedendo azioni, nonostante la poca tolleranza per le critiche a Israele in Campidoglio.

Come discendenti di sopravvissuti alla schiavitù, all’Olocausto, al colonialismo, alla guerra e all’oppressione, ci sentiamo obbligati ad alzare le nostre voci in questo momento,” si afferma nella lettera. “Abbiamo apprezzato il fatto che quasi tutti i membri del Congresso abbiano espresso una rapida ed esplicita solidarietà con il popolo israeliano, ma siamo profondamente turbati che tali dimostrazioni di umanità siano state di rado estese al popolo palestinese.”

Secondo il New York Times, più o meno nello stesso momento 500 ex collaboratori della campagna del 2020 del presidente Biden, che si autodefiniscono gli Allievi di Biden per la Pace e la Giustizia, hanno scritto una lettera aperta chiedendo un cessate il fuoco. “Se tu non riesci ad agire rapidamente”, hanno avvisato, “il tuo lascito sarà la complicità di fronte ad un genocidio.”

Più di 400 ex collaboratori della campagna del 2020 della senatrice Elizabeth Warren hanno firmato una lettera simile diretta ai democratici del Massachusetts, così come hanno fatto ex collaboratori delle campagne del 2016 e 2020 del senatore Bernie Sanders.

Questa vera e propria rivolta pubblica riflette il divario tra il fermo supporto di lunga data allo Stato di Israele dei democratici e una nuova generazione che non crede che tale supporto sia sempre la cosa giusta da fare. I collaboratori normalmente influenzano la politica dietro le quinte, ma quelli attuali e gli ex adesso stanno dissentendo apertamente.

L’ex collaboratore del Senato Em Slevin secondo il New York Times avrebbe affermato: “Io non riesco a pensare a un’iniziativa simile o comparabile da parte dei collaboratori. E’ diverso da qualsiasi cosa abbiamo mai visto.”

Con il loro capi largamente schierati sulle posizioni di Biden, i giovani collaboratori si sentono in obbligo di dare voce al loro dissenso. Questa straordinaria ribellione alle regole sul posto di lavoro rivela un partito in conflitto con se stesso su Israele, con i valori progressisti che si scontrano con la rigidità istituzionale.

(traduzione dall’inglese di Gianluca Ramunno)




I giornalisti occidentali hanno le mani sporche del sangue palestinese

Mohammed El-Kurd

20 ottobre 2023 – The Nation

La continua de-umanizzazione dei palestinesi da parte dei principali mezzi di comunicazione sta favorendo i crimini di guerra israeliani.

Il 9 ottobre l’ambasciatore dell’Autorità Palestinese in Gran Bretagna Husam Zomlot ha concesso un’intervista alla conduttrice della BBC Kirsty Wark. “Sono stati semplicemente bombardati. Il loro edificio è stato totalmente demolito,” le ha detto. Poche ore prima dell’intervista sei dei suoi familiari erano stati vittime dell’operazione militare israeliana che ha lanciato più bombe sulla stretta e densamente popolata Striscia di Gaza in meno di una settimana di quante ne abbiano sganciate gli Stati Uniti in un anno intero sull’Afghanistan. Che è 1.800 volte più grande di Gaza.

“Mia cugina Ayah, i suoi due figli, suo marito, sua suocera e altri due parenti sono stati uccisi sul colpo mentre altri due figli più giovani, gemelli di 2 anni, ora sono in terapia intensiva,” le ha raccontato Zomlot. I membri della sua famiglia sono tra le migliaia di persone uccise dall’attacco contro la più grande prigione all’aperto del mondo, dove due milioni di persone sono sotto assedio. Wark ha risposto: “Mi spiace per il suo lutto personale. Ma intendo, per essere chiara, che lei non possa giustificare l’uccisione di civili in Israele, vero?”

La risposta di Wark alla terribile perdita di Zomlot non è semplicemente insensibile. Rivela uno sconcertante fenomeno nei principali mezzi di comunicazione: la norma del settore è la de-umanizzazione dei palestinesi. La nostra sofferenza è insignificante, la nostra rabbia è infondata. La nostra morte è così quotidiana che i giornalisti la riportano come se parlassero del tempo che fa: cielo nuvoloso, lievi piogge e 3.000 palestinesi morti negli ultimi 10 giorni. E proprio come per il meteo, solo dio è responsabile, non coloni armati, non attacchi mirati con i droni.

Io e pochi altri palestinesi siamo passati da canali TV a stazioni radio per parlare delle atrocità che avvengono a Gaza, la maggior parte delle quali sono assenti dalle prime pagine, ed abbiamo incontrato la stessa ostilità. I responsabili dei programmi ci invitano, a quanto pare, non per intervistarci sulla nostra esperienza o analisi o sul contesto che possiamo fornire, ma per interrogarci. Testano le nostre risposte contro i preconcetti insiti nello spettatore, preconcetti ben alimentati attraverso anni di islamofobia e discorsi antipalestinesi. Le bombe che piovono sulla Striscia di Gaza assediata diventano secondarie, se non del tutto irrilevanti, per i processi che ci fanno in televisione.

Non mi aspetto la messa in onda di frasi di circostanza, ma voglio un racconto accurato. La scorsa settimana sulla rete radiofonica britannica LBC la conduttrice Rachel Johnson (sorella dell’ex-primo ministro) si è presa una pausa dall’interrompermi ripetutamente per interrogarmi, di fatto accusarmi, riguardo a informazioni non verificate e per sentito dire secondo cui combattenti palestinesi avrebbero “decapitato e stuprato” israeliani. Non ha citato i vari video di israeliani che mutilano, calpestano e urinano su cadaveri palestinesi, molti già disponibili per gli 83.000 abbonati a un canale Telegram israeliano denominato “I terroristi stanno morendo”.

Quelle affermazioni senza fondamento erano, e sono ancora, ovunque in rete. The Indipendent (edizione britannica) ha piazzato in prima pagina il reportage “impossibile da verificare” della sua corrispondente internazionale Bel Trew su “donne e bambini decapitati”. L’editorialista del Los Angeles Times Jonah Goldberg ha riportato, e poi cancellato, di “stupri”. Sulla CNN Sara Sidner, con le lacrime agli occhi, ha confermato dal vivo, sulla base di fonti ufficiali israeliane, che “bambini e neonati sono stati trovati con la testa tagliata,” poi si è scusata su Twitter (ora X) di essere stata indotta in errore dopo un comunicato, di nuovo di fonti ufficiali israeliane, che ammetteva che non c’erano informazioni che confermassero l’affermazione secondo cui “Hamas aveva decapitato bambini”.

Questo è un copione già noto. Un’affermazione viene fatta circolare senza prove; giornalisti occidentali la diffondono a macchia d’olio; diplomatici e politici la ripetono; si costruisce una narrazione; l’opinione pubblica ci crede e il danno è fatto.

Potrebbe sembrare irrilevante porre un tale peso sul modo in cui si uccide, dato che si è ucciso, ma tale linguaggio non è senza conseguenze. Lunedì un proprietario di casa dell’Illinois ha aggredito i suoi affittuari palestinesi-americani ferendo gravemente una donna e uccidendo suo figlio di 6 anni. “Voi musulmani dovete morire,” ha gridato mentre li accoltellava per decine di volte ognuno. Joe Biden ha detto di essere rimasto “scioccato e disgustato” dall’attacco, come se potesse dissociarsi dall’affermazione che aveva fatto qualche giorno prima secondo cui aveva visto “foto di terroristi che decapitavano bambini” (una dichiarazione che ha tranquillamente ritrattato qualche ora dopo).

Evocare stupri e decapitazioni alimenta luoghi comuni islamofobi. Nel contempo contribuisce alla strategia propagandistica del regime israeliano, che ha cercato di equiparare Hamas e ISIS nell’immaginario pubblico, risvegliando la cultura che ha prodotto la “guerra al terrorismo”. Potrebbe essere la nebbia della guerra che fa sì che i giornalisti ripetano invenzioni (o, quanto meno, riportino come fatti affermazioni non verificate), o forse è un errore di giudizio che li ha portati a equiparare l’attacco di Hamas all’11 settembre senza prendere in considerazione le conseguenze di tali analogie. O, si potrebbe supporre, si tratta di un malcostume giornalistico. In ogni caso, abbandonando l’etica professionale, i giornalisti stanno assecondando la brutalità che incombe sul popolo palestinese di Gaza: un possibile genocidio.

Non si tratta di un’ardita teoria cospirativa. Il 13 ottobre il Centro per i Diritti Costituzionali ha affermato che il regime israeliano, agendo per “distruggere del tutto o in parte un’organizzazione, anche uccidendo o creando condizioni di vita per determinare la sua distruzione” sta commettendo un genocidio nella Striscia di Gaza. Il giorno dopo l’Istituto Lemkin per la Prevenzione del Genocidio ha mandato un messaggio di allarme avvertendo che “senza immediati tentativi di pacificazione la comunità internazionale assisterà e sarà complice del genocidio di Gaza.” Raz Segal, professore di studi sull’Olocausto e il genocidio, lo ha definito un “caso da manuale di genocidio che avviene davanti ai vostri occhi”.

Se ciò suona assurdo è proprio perché i principali mezzi di comunicazione hanno evitato, o impedito, ai lettori e spettatori di conoscere le innumerevoli dichiarazioni fatte da politici israeliani che suggeriscono che è in corso un genocidio. Quando il New York Times ha informato sulle istruzioni del ministro della Difesa israeliano per stringere l’assedio contro Gaza bloccando acqua, elettricità e cibo nell’enclave, guarda caso l’articolo ha omesso la sua descrizione dei palestinesi come “animali umani”. Quando il presidente israeliano Isaac Herzog ha cercato di giustificare il violentissimo attacco contro Gaza con l’argomento genocidario che “un’intera nazione è responsabile,” il Financial Times inizialmente ha riportato la sua frase: “Non è vero questo discorso che i civili non erano informati, non hanno partecipato”. Ma il giornale ha rapidamente tolto dall’articolo quelle parole e il resto delle sue affermazioni rivelatrici.

Nel contempo un soldato israeliano ha “corretto” la presentatrice della CNN Abby D. Phillip dicendole che “la guerra non è solo contro Hamas” ma “contro tutti i civili,” tuttavia non ci sono stati titoli in prima pagina. Un famoso riservista israeliano che nel 1948 ha partecipato al massacro di Deir Yassin [la strage più nota di civili palestinesi della guerra del 1947-49, ndt.] ha detto alle truppe che i palestinesi sono “animali” le cui “famiglie, madri e figli” devono essere cancellati: “Se avete un vicino arabo, non aspettate, andate a casa sua e sparategli,” ha affermato – di nuovo, nessun titolo in prima pagina. E nella via più trafficata di Tel Aviv alcuni israeliani hanno appeso un cartello che afferma: “Genocidio a Gaza.” Nessuna notizia.

Ancora peggio delle dichiarazioni genocidarie sono le azioni genocidarie, anch’esse accolte con pochissima rilevanza: minaccia di bombardare l’invio di aiuti se dovessero tentare di entrare a Gaza; bombardamento reale di ambulanze; uccidere (e, secondo molti, prendere di mira) medici e giornalisti; bombardare ripetutamente il valico di Rafah; cancellare intere famiglie dall’anagrafe.

Si è informato poco sulle accuse secondo cui l’esercito israeliano ha usato bombe al fosforo bianco a Gaza e nel sud del Libano, nonostante il divieto internazionale contro il suo utilizzo in aree densamente popolate. E non ci sono stati titoli in prima pagina sulle amministrazioni comunali nella Cisgiordania occupata che hanno iniziato ad armare coloni israeliani (spesso già armati) con migliaia di fucili o sul fatto che il numero di palestinesi uccisi da coloni o soldati in Cisgiordania dal 7 ottobre ha superato di molto i 50. E chissà cos’altro sta per succedere.

Sinceramente dubito che l’americano medio sappia che l’esercito israeliano ha ordinato l’evacuazione di 22 ospedali palestinesi, o che ha colpito l’ospedale pediatrico Al Durrah a Gaza est con fosforo bianco, o che ha ordinato l’espulsione entro 24 ore di oltre 1 milione di palestinesi dalla parte settentrionale di Gaza, in violazione delle leggi umanitarie internazionali (l’ho inclusa solo perché i politici che fanno il tifo per questa aggressione amano citarla). Quando in migliaia hanno cercato di spostarsi da nord a sud, gli israeliani li hanno bombardati mentre scappavano. E quando MSNBC [canale statunitense di notizie via cavo, ndt.] ha informato di questo massacro, il canale ha messo in dubbio la loro innocenza chiamandoli “quelli che sembrano profughi”.

Nelle ultime settimane giornali come il Daily Telegraph hanno associato le immagini di edifici residenziali palestinesi distrutti dagli aerei da guerra israeliani a titoli che sembravano suggerire che si trattasse di costruzioni israeliane, mentre The Times (edizione britannica) ha pubblicato un’immagine di bambini palestinesi feriti con un titolo che suggeriva che fossero israeliani (solo uno sguardo attento alla didascalia scritta in piccolo rivela che si trattava di palestinesi).

E proprio oggi l’Associated Press ha pubblicato un articolo con varie frasi sorprendenti, che il sito di notizie poi ha tagliato, che descrivevano come i diplomatici americani “sono sempre più preoccupati” per i commenti genocidari fatti dalle loro “controparti” israeliane. Queste affermazioni riguardavano “la loro intenzione di negare acqua, cibo, medicine, elettricità e carburante a Gaza, così come l’inevitabilità di vittime civili,” e ha incluso osservazioni secondo cui “lo sradicamento di Hamas avrebbe richiesto metodi usati per sconfiggere le potenze dell’Asse nella Seconda Guerra Mondiale.”

Informare su una “guerra” senza presentarne le radici ai lettori è impreciso. Ignorare il blocco israeliano della Striscia di Gaza durato 17 anni o pretendere che il regime israeliano non abbia il controllo dei suoi confini e risorse (come evidenziato dalla possibilità per Israele di bloccare acqua, cibo ed elettricità) è subdolo. Omettere decenni di violenza colonialista è disonesto. Riguardo al rifiuto di riconoscere che il 70% dei palestinesi di Gaza proviene dalle terre in cui ora si trovano molti insediamenti israeliani e da cui le milizie sioniste li cacciarono… non ho aggettivi per questa omissione.

Sfortunatamente quando si tratta di Palestina, sono consentite omissioni e falsificazioni. Regna la forma passiva. Sparisce l’impegno per la verità, così come per la corretta verifica. Un tempo credevo che il giornalismo fosse il settore del “non fare del male” e “dire la verità al potere”. Ma i reporter troppo spesso sembrano stenografi e impiegati statali, che amplificano inconsciamente (o intenzionalmente) la propaganda israeliana.

E le loro mani grondano sangue.

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)




Migliaia le persone intrappolate mentre l’esercito israeliano fa irruzione nell’ospedale al-Shifa di Gaza

Redazione di Al Jazeera

15 novembre 2023 – Al Jazeera

Il raid segue giorni di pesanti attacchi nell’area in cui migliaia di sfollati e pazienti cercano riparo.

Dopo giorni di pesanti attacchi nell’area circostante il complesso situato a Gaza City le forze israeliane hanno fatto irruzione nell’ospedale di al-Shifa, dove cercano riparo migliaia di palestinesi.

All’alba di mercoledì lesercito israeliano ha dichiarato che stava effettuando una operazione contro Hamas in una zona specifica” ad al-Shifa. Definendo lassalto una operazione mirata” contro la più grande struttura medica di Gaza, ha affermato che il raid faceva seguito ad informazioni dellintelligence israeliana e statunitense.

Israele accusa Hamas, il partito che governa Gaza, di utilizzare l’ospedale come base. Hamas respinge le accuse perché Israele non ha prodotto prove a sostegno di quanto affermato.

Decine di soldati israeliani sono entrati nella struttura mentre carri armati stazionavano nel cortile, ha riferito mercoledì Tareq Abu Azzoum di Al Jazeera dalla cittadina di Khan Younis. Secondo i dirigenti sanitari nellospedale ci sono circa 650 pazienti, di cui 22 in terapia intensiva e 36 neonati prematuri, oltre a circa 400 operatori sanitari e più di 2.000 sfollati.

Il dottor Munir al-Bursh, direttore generale degli ospedali nella Striscia di Gaza, ha detto ad Al Jazeera che le forze israeliane hanno perquisito il seminterrato di al-Shifa e sono entrate nei reparti chirurgici e di emergenza all’interno del complesso.

Secondo fonti interne ad al-Shifa i soldati israeliani usano gli altoparlanti per ordinare ai giovani di arrendersi. Sembra che circa 30 persone siano state portate nel cortile, spogliate, bendate e interrogate dai soldati. Le forze israeliane avrebbero anche fatto saltare in aria un magazzino di medicinali e dispositivi medici.

Il dottor Ahmed El Mokhallalati, un chirurgo all’interno della struttura, ha riferito che nel complesso si sono sentiti forti colpi di arma da fuoco ed esplosioni.

È un momento assolutamente spaventoso, è un momento orribile per le famiglie e i civili che si rifugiano in ospedale con i loro figli. È terribile per il personale che si prende cura dei pazienti e per gli stessi pazienti”, ha detto ad Al Jazeera.

Mokhallalati riferisce che in ospedale ci sono circa 700 pazienti, di cui circa 100 in condizioni critiche. Sul posto sono intrappolati anche più di 1.000 operatori sanitari, ma non sono in grado di curare i pazienti a causa della carenza di medicinali e carburante.

Allinterno dellospedale al-Shifa si trovano anche migliaia di civili sfollati a causa delle cinque settimane di bombardamento israeliano contro Gaza, che ha ucciso più di 11.200 palestinesi. Non vi sono indicazioni che ad al-Shifa sia detenuta qualcuna delle oltre 200 persone prese in ostaggio durante lattacco di Hamas del 7 ottobre, che ha ucciso circa 1.200 persone.

Gli ospedali non sono campi di battaglia’

Per settimane larea che circonda al-Shifa è stata martoriata da molteplici attacchi israeliani. Il governo israeliano ha avvertito di evacuare la struttura. Tuttavia, i dirigenti sanitari palestinesi hanno respinto lordine affermando di non poter abbandonare i loro pazienti.

Nel corso del raid il ministro della Sanità dellAutorità Palestinese Mai al-Kaila ha affermato in una dichiarazione pubblicata dallagenzia di stampa palestinese Wafa che le forze israeliane stanno commettendo un nuovo crimine contro lumanità, il personale medico e i pazienti”.

Il governo palestinese ritiene le forze israeliane responsabili della vita del personale medico, dei pazienti e degli sfollati nel complesso di al-Shifa”, ha aggiunto.

Hamas ha affermato di ritenere Israele e il presidente degli Stati Uniti Joe Biden responsabili delle implicazioni del raid, definendolo un crimine barbaro contro una struttura sanitaria protetta dalla quarta Convenzione di Ginevra”.

Il Sottosegretario delle Nazioni Unite Martin Griffiths si è detto sconvolto” dallassalto israeliano ad al-Shifa. Gli ospedali non sono campi di battaglia”, ha detto in un post su X.

Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, ha scritto su X che “le notizie sull’incursione militare nell’ospedale al-Shifa sono profondamente preoccupanti”.

Anche il Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR) si è detto estremamente preoccupato per limpatto sui malati e sui feriti, sul personale medico e sui civili” e che devono essere prese tutte le misure per evitare qualsiasi conseguenza su di loro”.

‘Nessuna prova’

Gli Stati Uniti hanno espresso parole di cautela attraverso le affermazioni di un portavoce del Consiglio di Sicurezza Nazionale della Casa Bianca: Non siamo favorevoli ad un bombardamento di un ospedale dall’alto e non vogliamo vedere uno scontro a fuoco in un ospedale dove persone innocenti, indifese, malate, che cercano di ottenere le necessarie cure mediche restino intrappolate in mezzo al fuoco incrociato”.

Allo stesso tempo, gli Stati Uniti hanno anche affermato di avere informazioni” secondo cui Hamas e la Jihad islamica palestinese utilizzano gli ospedali di Gaza, compreso quello di al-Shifa, per nascondere e sostenere le loro operazioni militari e trattenere ostaggi”.

Hamas ha negato di utilizzare gli ospedali come base e ha invitato le Nazioni Unite a inviare investigatori indipendenti per verificare “la falsità” delle affermazioni di Israele.

Ardi Imseis, esperto di diritto internazionale presso la Queens University in Canada, ha affermato che Israele ha lonere di produrre prove” e dimostrare la sua affermazione secondo cui lospedale sarebbe stato utilizzato da Hamas come base.

Lobiettivo dellattacco è civile. Fino a quando gli israeliani non forniranno una prova che giustifichi una sua conversione in obiettivo militare, la sua natura civile non cambierà”, dice.

Omar Shakir, direttore per Israele e Palestina di Human Rights Watch, ha dichiarato ad Al Jazeera che il governo israeliano non ha presentato alcuna prova che giustifichi la privazione degli ospedali delle loro protezioni speciali ai sensi del diritto umanitario internazionale”.

Anche se le giustificazioni di Israele per attaccare gli ospedali fossero accolte a scatola chiusa”, dice Shakir, il diritto internazionale umanitario consente di attaccare gli ospedali solo se si provveda a consentire unevacuazione sicura”, aggiungendo: La realtà è che qui a Gaza non esiste nessun luogo sicuro dove andare”.

(Traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)




Una funzionaria delle Nazioni Unite denuncia la ‘pausa umanitaria’ di quattro ore a Gaza come ‘assolutamente cinica’

Redazione di MEMO

10 novembre 2023 – Middle East Monitor

Francesca Albanese, la relatrice speciale per i diritti umani nei territori occupati palestinesi, ha criticato la proposta dello Stato di Israele di mettere in atto “una pausa umanitaria” giornaliera di quattro ore nelle operazioni militari nel nord di Gaza, permettendo ai civili di muoversi verso sud, descrivendola come “assolutamente cinica ed inumana”.

Venerdì Albanese ha affermato che “ci sono stati bombardamenti continui, 6.000 bombe ogni settimana sulla Striscia di Gaza, su questo minuscolo pezzo di terra dove le persone sono intrappolate e la distruzione è enorme. Non ci sarà alcun modo di ritornare dopo quello che Israele sta facendo alla Striscia di Gaza.”

Quindi quattro ore di cessate il fuoco, sì, per permettere alle persone di respirare e ricordare quale sia il suono della vita senza bombardamenti prima di cominciare a bombardarli nuovamente. E’ molto cinico e crudele.”

Ciò accade dopo che l’esercito israeliano e la Casa Bianca hanno annunciato ieri che lo Stato di Israele ha accettato di permettere pause giornaliere di quattro ore nella parte nord della Striscia di Gaza in modo che i palestinesi fuggano.

Secondo il portavoce statunitense presso il Consiglio di Sicurezza degli Stati Uniti John Kirby, “gli israeliani ci hanno detto che non ci saranno operazioni militari in queste aree durante le pause e che questo modo di procedere inizia oggi.” Egli ha chiamato le pause un “primo passo” per l’alleviare la crisi umanitaria di Gaza, facendo “passi nella giusta direzione.”

Kirby ha affermato che gli accordi per implementare le pause, le cui tempistiche a quanto si dice sarebbero annunciate da Israele tre ore prima, sono giunti dopo “un’enorme quantità di impegni da parte dell’amministrazione [il Presidente Joe Biden] per cercare di assicurarsi che l’assistenza umanitaria possa entrare e le persone possano uscire in sicurezza.”

Lo Stato di Israele ha bombardato Gaza ripetutamente in risposta all’incursione di Hamas sul confine sud di Israele il 7 ottobre, nella quale uomini armati hanno ucciso 1.400 persone e hanno preso 240 ostaggi. Funzionari palestinesi hanno affermato che fino a giovedì 10.812 abitanti di Gaza sono stati uccisi, di cui il 40% minori. I critici dicono che le richieste devono insistere su un cessate il fuoco e non una “pausa” nelle uccisioni.

(traduzione dall’inglese di Gianluca Ramunno)