I risultati finali delle elezioni israeliane confermano la situazione di stallo

26 marzo 2021 – Al Jazeera

Il conteggio definitivo mostra il partito Likud del premier Benjamin Netanyahu e i suoi alleati otto seggi sotto la maggioranza per la guida del Paese.

I risultati finali delle elezioni hanno mostrato che Israele si trova ancora una volta in una situazione di stallo politico, dato che il primo ministro Benjamin Netanyahu e i suoi oppositori non hanno raggiunto la maggioranza necessaria per governare.

Il voto di martedì, le quarte elezioni parlamentari in due anni in Israele, è stato generalmente visto come un referendum sull’adeguatezza di Netanyahu a governare in concomitanza con il processo per corruzione.

Egli ha posto al centro della sua campagna il grande risultato della campagna di vaccinazioni in Israele, ma è stato criticato per i precedenti passi falsi durante la pandemia e per aver rifiutato di dimettersi dopo essere stato incriminato.

Giovedì la commissione elettorale israeliana ha dichiarato che con il 100% dei voti scrutinati il partito di destra Likud di Netanyahu e i suoi alleati naturali hanno conquistato 52 dei 120 seggi della Knesset, il parlamento israeliano. Uno schieramento ideologicamente diversificato di partiti impegnati nel volerlo rimpiazzare ha conquistato 57 seggi.

Un partito di destra [Nuova Destra, ndtr.], guidato dall’ex alleato di Netanyahu Naftali Bennett, ha conquistato sette seggi e un partito arabo islamista [Lista Araba Unita, ndtr.] guidato da Mansour Abbas ne ha ottenuti quattro. Nessuno dei due partiti è legato a una coalizione, ma, date le molte rivalità in parlamento, non è chiaro se uno dei due possa concedere i propri voti per la maggioranza richiesta.

Ma giovedì il dirigente del Partito Sionista Religioso [di estrema destra, alleato di Netanyahu, ndtr.] Bezalel Smotrich ha sostenuto che “non ci sarà un governo di destra con il sostegno di Abbas”, chiudendo di fatto la porta a una possibile alleanza tra il partito islamista israeliano e quelli ebraici religiosi.

Gideon Saar, un transfuga del Likud di Netanyahu che ora è a capo di un partito con sei seggi [Nuova Speranza, ndtr.] impegnato a cacciarlo dal potere, ha dichiarato che “è chiaro che Netanyahu non ha la maggioranza per formare un governo sotto la sua guida. Ora occorre fare in modo che si possa formare un governo per il cambiamento”.

Il Likud, che ha conquistato un numero di seggi maggiore rispetto a tutti gli altri partiti, ha reagito dicendo che un tale veto sarebbe “antidemocratico”. Ha paragonato gli oppositori di Netanyahu alla dirigenza religiosa dell’Iran, acerrimo nemico di Israele, che controlla i candidati alle alte cariche.

Yohanan Plesner, presidente dell’Israel Democracy Institute [centro indipendente di ricerca e impegno dedicato al rafforzamento delle basi della democrazia israeliana, ndtr.], ha descritto la situazione di stallo come la “peggiore crisi politica israeliana degli ultimi decenni”.

“È evidente che il nostro sistema politico trova molto difficile esprimere un risultato definitivo“, ha detto Plesner.

Ha aggiunto che le debolezze intrinseche del sistema elettorale israeliano sono aggravate dal “fattore Netanyahu”: un primo ministro popolare che lotta per rimanere al potere mentre è posto in stato di accusa.

“Su tale questione gli israeliani sono divisi a metà.”

Molti degli oppositori di Netanyahu hanno iniziato a discutere la presentazione di un disegno di legge per impedire che un politico sotto accusa possa essere incaricato di formare un governo, una misura volta a escludere il primo ministro di lunga data dall’incarico. Un disegno di legge simile è stato presentato dopo le elezioni del marzo 2020, ma non è mai stato approvato.

Netanyahu è sotto processo per frode, abuso di fiducia e per tre casi di corruzione. Ha negato qualsiasi addebito e ha respinto le accuse in quanto si tratterebbe di una caccia alle streghe da parte di magistrati e organi d’informazione faziosi.

Nonostante le accuse contro di lui il partito Likud di Netanyahu ha ricevuto circa un quarto dei voti, che ne fa il più grande partito in parlamento.

In tutto 13 partiti, il numero più elevato dalle elezioni del 2003, hanno ottenuto voti sufficienti per entrare alla Knesset e rappresentano una molteplicità di tendenze ultra-ortodosse, arabe, laiche, nazionaliste e progressiste.

(traduzione dall’inglese di Aldo lotta)




Ultimissime sulle elezioni israeliane: ‘Gli israeliani’ e la propaganda del corona

Jonathan Ofir

4 gennaio 2021 – Mondoweiss

Ron Huldai, da vent’anni sindaco di Tel Aviv, ha formato un nuovo partito, “Gli israeliani”, per abbattere definitivamente Netanyahu. Ma Netanyahu ha ancora una carta da giocarsi: il vaccino contro il coronavirus.

Israele si sta avviando verso la quarta tornata elettorale in due anni, questa volta con la scusa di non essere riusciti ad approvare il bilancio 2020. Benny Gantz, il cavaliere bianco liberale, ex generale entrato in politica due anni fa vantandosi di aver riportato Gaza “all’età della pietra”, si è dimostrato un perdente incapace di costituire una reale minaccia per Netanyahu. Lui non vedrà arrivare il suo ‘turno’ [come primo ministro, ndtr.], proprio come la maggioranza degli israeliani si aspettava fin dall’inizio, e secondo i sondaggi i resti del suo partito Blu e Bianco si aggirano appena intorno alla soglia di sbarramento di 4 seggi.

Dal Likud, lo stesso partito di Netanyahu, proviene Gideon Sa’ar, un altro cavaliere bianco con politiche probabilmente ancora più a destra di Netanyahu stesso. Lui salverà Israele con il suo partito “New Hope – Unity for Israel”, [Nuova Speranza – Unità per Israele] difendendo la supremazia ebraica dei “diritti naturali e storici del popolo ebraico sulla terra di Israele”, sostenendo i “valori dello Stato nazionale del popolo ebraico”. Sa’ar, il Netanyahu senza champagne e sigari, negli ultimi sondaggi si aggira sui 17 seggi, rispetto ai 22 previsti una settimana fa, (in Israele, per creare una coalizione di governo, c’è bisogno di una maggioranza di 61 seggi sui 120 del parlamento).

Nessun altro cavaliere bianco?

Ron Huldai, da lungo tempo sindaco di Tel Aviv, ha appena annunciato il suo nuovo partito. Tenetevi forte: ‘Gli Israeliani’. Dovete ammetterlo, un nome originale. E arrogante: noi siamo i ‘veri’ israeliani. In che senso? Huldai rappresenta la vecchia ideologia laburista israeliana, liberale se paragonata alla destra, ma elitaria nel suo sionismo militante, ovviamente. Perciò, Huldai come prima fra le sue credenziali ha scelto di dire che è stato un pilota da guerra. Sai, è una di quelle cose che questi israeliani fanno. Se hai la qualifica di pilota di aerei da combattimento la tiri fuori per prima. Poi ci sono anche quelle di educatore e sindaco. Huldai cerca di riaccendere la speranza del partito laburista israeliano, anche se il partito è appena finito nel dimenticatoio e si dubita che riesca a superare la soglia di sbarramento. Huldai ha dalla sua Amir Peretz, leader del Labor che ha appena lasciato vacante il suo posto, nel caso ci sia qualcuno che veramente lo voglia.

Gli Israeliani’ sembra essere andato bene nel primo sondaggio, attorno agli 8 seggi. Potrebbe piacere ad alcuni fra gli elettori di sinistra che erano andati verso il centro con Blu e Bianco, ma sono rimasti delusi. Ofer Shelah, uno dei suoi leader, ha appena cercato di formare un suo partito per suscitare un maggiore interesse a sinistra, ma i sondaggi lo danno vicino allo zero. Avi Nissenkorn, uno dei ministri di spicco di Gantz (fino ad ora ministro della Giustizia), è passato a Huldai.

Ancora una volta, come è stato pe le tre precedenti elezioni, qui non c’è un blocco assolutamente chiaro per la creazione di un governo. Il Likud ha perso un numero considerevole di voti a causa della scissione di Sa’ar e si aggira ora attorno ai 26 seggi (dai 36 dell’ultima elezione a marzo); ciononostante è di gran lunga il maggior partito e Netanyahu di gran lunga il candidato premier più popolare, più del doppio rispetto a Sa’ar.

E il blocco di Netanyahu? Consisterebbe di quelli che non sono nel campo di chi dice ‘ Purché non sia Netanyahu’, che include i partiti religiosi Shas [partito sefardita, ndtr.] e United Torah Judaism [Giudaismo unito nella Torah, ebrei haredim ultraortodossi ashkenaziti, ndtr.] (insieme raggiungono un consistente numero di 15-16 seggi) e Yamina, il partito nazionalista di destra di Naftali Bennett, ora, stando ai sondaggi, con circa 13 seggi. Yamina è salito fino a 19 all’inizio del mese, ma Sa’ar potrebbe avergli portato via i più moderati. Quindi se aggiungiamo i 26 seggi del Likud si arriva appena a 55. Ma neanche i blocchi rivali, da destra a sinistra, vanno oltre.

È chiaro che dal punto di vista di Netanyahu il sogno sarebbe semplicemente di ampliare i votanti del Likud per riprendersi quei circa 6 seggi e continuare a governare per sempre.

Ma c’è bisogno di un cambio di passo. Qualcuno ha delle idee?

Ma ovvio: il coronavirus.

La propaganda del Corona

Netanyahu ha adocchiato da tempo l’opportunità di essere il ‘re del corona’ e di battere la minaccia del COVID-19 al punto da diventare famoso come il padre della Nazione che la proteggerà come nessun altro. Gli accordi tanto strombazzati sotto il re Trump con gli EAU, Bahrain, Sudan, Marocco sono stati un bel lavoro, ma non decisivi. Dopotutto, le decine di migliaia di turisti israeliani che vanno a Dubai, molti dei quali turisti sessuali, non porteranno così tanti seggi. Ora in Israele c’è il terzo lockdown e la gente vuole uscire, non necessariamente per andare a Dubai, basterebbe uscire di casa.

Perciò Netanyahu sta lavorando freneticamente per assicurarsi un’enorme quantità di dosi di vaccino per gli israeliani, ma, cosa importante, non per i palestinesi sotto occupazione. Si è vantato di chiamare l’amministratore generale di Pfizer alle due di notte. È stato riportato che la Germania avrebbe cambiato le regole sulla condivisione europea del vaccino per dare a Israele parte della quota destinata alla UE per via della ‘relazione speciale’ [con Israele, ndtr.]. Un funzionario dell’ambasciata israeliana ha detto che “ la Germania vede Israele come parte dell’Europa quando si tratta di procurarsi il vaccino e perciò ne permetterà l’invio in Israele quando sarà approvato.” 

Il Likud di Netanyahu continua a tirar fuori il vaccino quando si tratta di rispondere agli sfidanti. “Auguriamo a Gantz e Huldai buona fortuna mentre il primo ministro Netanyahu porta in Israele milioni di vaccini, traghetta Israele fuori dalla crisi da coronavirus e ci dà la vita,” ha ribattuto in risposta al recente annuncio di Huldai di correre alle elezioni.

Netanyahu ha fatto il suo atteso spettacolino della vaccinazione in pubblico il 19 dicembre e Israele è entrato nella corsa per vaccinare gli israeliani ventiquattr’ore su ventiquattro. Ora si vantano di essere i primi al mondo, avendo vaccinato circa il 7% della popolazione (con la prima dose). Per esempio, questo video da hasbara [propaganda israeliana] trasmesso sul canale 4IL: “La Nazione start-up è diventata la VacciNazione! Con il 7% della popolazione già vaccinata, oltre 600.000 vaccini somministrati Israele è al #1 posto al mondo per le vaccinazioni.”

Nel video si vaccina persino un ‘arabo’, un druso [popolazione araba che collabora con Israele, ndtr.]. Naturalmente è per far scena. Se Israele veramente adempisse i suoi obblighi di potenza occupante, allora dovrebbe vaccinare molti ‘arabi’(palestinesi) in più.

No, quello che adesso è importante per Netanyahu è la corsa contro il tempo per inoculare una consistente quantità di israeliani, soprattutto tutti i coloni dei territori palestinesi occupati, entro il 23 marzo, data delle elezioni. Netanyahu ha affermato che Israele sarà in salvo “entro poche settimane”. Vuole che su questo Israele sia #1. Ci aveva già provato prima, lo scorso anno quando aveva detto che in primavera Israele sarebbe stato il posto più sicuro, ma poi in estate era diventato il posto più insicuro. Ma ora sembra più probabile che la popolazione israeliana ebraica possa essere convinta della sua abilità di portarle la salvezza. Pare che Israele stia somministrando circa 150.000 dosi al giorno, quindi in un mese potrebbe vaccinare circa metà dei suoi cittadini.

Netanyahu la vede come una guerra da cui potrebbe uscire vincitore. E bisogna tener conto dell’aspetto: “cosa c’è di meglio?” I più vogliono vaccinarsi, certamente vogliono la fine del COVID-19, almeno per loro. E chi se ne importa dei palestinesi.

In questo modo, Netanyahu entrerebbe nelle vene degli israeliani. Capirebbero quanto profondamente ci tiene a loro. E in quei momenti di beatitudine, potrebbero ridargli quei seggi che quelli del ‘purché non sia Netanyahu’ gli hanno tolto. Netanyahu farà vedere a tutti che è lui quello di cui hanno veramente bisogno ‘gli israeliani.’     

(traduzione dall’inglese di Mirella Alessio)




Ecco chi è Gideon Sa’ar, l’ideologo di destra che piace alla sinistra israeliana

Naomi Niddam

2 dicembre, 2019 + 972

Il membro del Likud Gideon Sa’ar è il volto nuovo della coalizione di sinistra e di centro anti-Netanyahu. Ma, come mostra la sua biografia, è un convinto ideologo di destra.

Negli ultimi due mesi la coalizione di centro sinistra “chiunque tranne Netanyahu” ha acquisito un nuovo volto: quello di Gideon Sa’ar, da tempo membro del Likud [partito di destra al governo, ndtr.] e antico rivale del Primo Ministro, che potrebbe alla fine sfidare Bibi (Netanyahu) per la guida del partito, se il Likud svolgesse le primarie. Per molti Sa’ar è l’antitesi di Netanyahu: ha buoni rapporti coi media, un atteggiamento da uomo di Stato e continua a far andare avanti le cose nonostante le pagliacciate di Netanyahu.

Ma prima di tirare un sospiro di sollievo conviene riconsiderare alcune delle sue scelte politiche e dichiarazioni pubbliche come ministro, per valutare dove potrebbe condurre Israele se fosse eletto Primo Ministro.

Sa’ar, 52 anni, è stato un ideologo della destra sin da quando era un giovane di Tehiya, partito ultranazionalista che protestava contro l’evacuazione delle colonie israeliane nel Sinai nel 1982 in seguito agli Accordi di Camp David. È fermamente contrario ad uno Stato palestinese e appoggia l’annessione della Cisgiordania – soprattutto dell’area C e delle colonie esistenti, avendo sostenuto qualche anno fa che una tale mossa deve essere “una politica ufficiale del Likud” e che il partito ha bisogno di “abbandonare formalmente l’idea dei due Stati”.

Da allora Sa’ar ha chiarito la sua intenzione di compiere passi concreti verso la messa in pratica della sovranità israeliana nei territori occupati, compreso un incremento della costruzione di colonie. Inoltre, secondo una dichiarazione che fece tre anni fa, ritiene che “il compito più urgente ed importante della Nazione è garantire una maggioranza ebraica in una Gerusalemme unita”, aggiungendo che la costruzione di colonie ebraiche nella città era “insufficiente”.

L’esperto di media, laico, ashkenazita che viene da Tel Aviv.

Come Ministro dell’Educazione dal 2009 al 2013, Sa’ar ha inserito la sua personale versione del sionismo nel curriculum scolastico, incluse lezioni sull’eredità ebraica e viaggi a Hebron [dove si trova una delle colonie israeliane più fanatiche e violente, ndtr.]. Ha anche supervisionato personalmente i cambiamenti di personale nei dipartimenti civili del Ministero, inserendovi quattro membri dell’Istituto per le Strategie Sioniste, un gruppo di esperti ideologico.

La professoressa Yuli Tamir, ex politica laburista e Ministro dell’Educazione prima di Sa’ar, rileva che l’educazione civica in Israele è peggiorata dopo il suo incarico. Tuttavia apprezza Sa’ar, dicendo che i ministri che gli sono succeduti “hanno distrutto l’intero sistema”. Benché avesse dei disaccordi con Sa’ar, continua, “lui era molto professionale. Dopo le proteste per la giustizia sociale (del 2011) ha introdotto una riforma che ha inserito l’istruzione gratuita dall’età di tre anni.”

Ogni ministro porta nel sistema la propria visione del mondo”, continua Tamir. “Io ho portato la mia, e lui la sua. Cerchiamo di lasciare un segno. Io non ho sempre approvato ciò che lui ha fatto, ma, a differenza di Naftali Bennett [dirigente della coalizione di estrema destra dei coloni, ndtr.] (Ministro dell’Educazione dal 2015 al 2019), ha agito in modo ragionevole.”

Tamir suggerisce che chi preferisce Sa’ar a Netanyahu forse rimpiange, come lei, un dibattito corretto. “Sa’ar è molto di destra, ma non ha bisogno che tutti siano d’accordo con lui”, continua. “Abbiamo avuto molti scontri, ma lui si è sempre comportato secondo le regole – a differenza di Bibi, che le ha completamente stravolte. È questa l’impressione – non che Sa’ar sia di sinistra, ma che sia un uomo che rispetta le regole.”

Il professor Yossi Dahan, un fondatore del sito web israeliano di sinistra Haokets ed esperto di educazione e giustizia sociale, respinge l’opinione di Tamir. “Sa’ar non si comporta secondo le regole democratiche, se non sono le regole della maggioranza”, dice. “È uno dei più entusiastici sostenitori del gruppo di estrema destra sionista ‘Im Tirtzu’, quindi non capisco come possa essere un democratico. Non ha mai condannato quell’organizzazione, che un giudice ha sentenziato potesse essere definita legalmente un gruppo fascista”, continua Dahan. “Quando mai ha condannato la destra quando essa disprezza la legge e viola i diritti umani? Essere democratico comporta proteggere questi diritti.”

Dahan sostiene che la posizione morbida delle persone di sinistra verso Sa’ar deriva dal loro status sociale – laici, ashkenaziti [ebrei dell’Europa centro-orientale, ndtr.], abitanti di Tel Aviv, che sono “galvanizzati soprattutto dal fatto che lui gli assomiglia da vicino. Non è Miri Regev [ex militare e ministra della Cultura e dello Sport del Likud, che appoggia incondizionatamente Netanyahu, ndtr.] o Bazalel Smotrich [parlamentare della coalizione di estrema destra dei coloni, ndtr.]”.

Sa’ar è anche noto come benvoluto dai media e gode di un rapporto personale con parecchi giornalisti di alto livello in giornali e canali televisivi di tutto lo spettro politico.

Ha una profonda conoscenza dell’ambiente dei media, da quando ha lavorato per breve tempo come giornalista e commentatore”, dice Ronit Vardi, giornalista e commentatore politico.

Se la strategia mediatica di Netanyahu è aggressiva e reazionaria –avendo lanciato il canale 20 di estrema destra, a quanto pare con interventi personali nel modo di dare le notizie del [giornale] ‘Israel Hayom’ e del sito informativo web ‘Walla!’, e dimostrando una costante riluttanza ad essere intervistato – Sa’ar al contrario è riuscito a ingraziarsi giornalisti di sinistra e di destra senza mitigare le proprie opinioni.

Le conversazioni informali con Gideon Sa’ar sono sempre eccellenti”, dice Vardi. “I giornalisti ricavano un sacco di informazioni da lui, e anche la sua manipolazione nei loro confronti è più proficua.”

Continua la guerra ai richiedenti asilo

Un esempio di questa manipolazione sono i precedenti contraddittori di Sa’ar riguardo ai richiedenti asilo in Israele, quando era Ministro dell’Interno dal 2013 al 2014. Da un lato ha garantito un permesso ai richiedenti asilo di spicco perché rimanessero in Israele, un atto che è apparso dare un segno ai leader della lotta [dei richiedenti asilo] che lui prestava attenzione alle loro richieste. D’altro lato ha mantenuto una politica bellicosa che è stata responsabile della creazione del campo di detenzione di Holot, in mezzo al deserto meridionale israeliano. Vi sono stati imprigionati migliaia di richiedenti asilo africani – persone a cui i media non hanno dato né nomi né volti.

Come Ministro dell’Interno Sa’ar ha continuato a promuovere le decisioni del governo prese quando era Ministro dell’Interno Eli Yishai del partito Shas [partito di ebrei sefarditi ultraortodossi, ndtr.]. Holot, per esempio, non è stato un’idea di Sa’ar, ma piuttosto parte di un tira e molla legale tra la Corte Suprema ed il governo. Ma, a differenza dell’attuale Ministro dell’Interno Aryeh Deri, anch’egli dello Shas, Sa’ar ha usato la guerra ai richiedenti asilo come strumento politico e, secondo Yael Agor Orgel, membro del Consiglio del Centro della Comunità Africana di Gerusalemme, si è vantato di farlo. “Deri è più disposto di Sa’ar a considerare i richiedenti asilo come esseri umani”, dice.

Oltre ad applicare formalmente le precedenti decisioni del governo, Saa’ar ha anche introdotto una delle politiche che ha maggiormente danneggiato i richiedenti asilo – la riduzione del numero delle sedi dove potevano rivolgersi per essere riconosciuti come rifugiati e li ha isolati rispetto ad altre procedure burocratiche.

Il suo intento era rendere loro la vita difficile”, dice Agor Orgel. “Invece di passare due ore al mattino per richiedere i servizi, devono passare una giornata intera e fare ore di coda. Ora vi è un dipartimento che è precluso a chiunque non sia un richiedente asilo e che si occupa solo di loro. Vi subiscono trattamenti umilianti, degradanti e verbalmente violenti.”

Alcuni dicono che la preferenza di Sa’ar rispetto a Netanyahu è simile a come la gente si rapporta con Ayelet Shaked [ex Ministra della Giustizia, dirigente della coalizione di estrema destra dei coloni, ndtr.]: entrambi sono di Tel Aviv e sono della giusta classe socioeconomica di destra e del colore giusto. Ma, a parte le dinamiche sociali, è difficile ignorare l’inusuale grado di rispetto che Sa’ar ha ottenuto dai suoi rivali politici.

Non è solo questione di familiarità, ma è anche il fatto che lui è il tipo di politico che può proporre fatti, non solo parole. Sa’ar ha guadagnato consensi perché non si nasconde dietro parole vuote: dichiara apertamente le proprie intenzioni politiche e fa tutto ciò che può per portarle avanti – che si tratti di espandere il territorio israeliano, di rafforzare l’identità ebraica, di calpestare i diritti dei palestinesi o di agire con la forza contro ogni resistenza.

Una versione di questo articolo è stata originariamente pubblicata in ebraico su Local Call.

Naomi Niddam è una giornalista

(Traduzione dall’inglese di Cristiana Cavagna)




Il Likud di Netanyahu dovrà votare per la leadership del partito

25 novembre 2019 – Middle East Monitor

La Reuters riferisce che domenica un candidato alla direzione del Likud ha dichiarato che Il partito del Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu terrà una votazione per decidere chi dovrà essere il segretario, mentre aumentano le pressioni sul leader perché si faccia da parte dopo la sua incriminazione per le accuse di corruzione

I media israeliani hanno riferito che le primarie del Likud si terranno tra sei settimane. Non è stato possibile raggiungere nessun portavoce del partito per [avere] una conferma dei tempi.

Gideon Saar, un parlamentare del Likud che ha sfidato Netanyahu, ha scritto su Twitter che “accoglie con favore il consenso del primo ministro a tenere le primarie per la leadership del partito”.

L’incriminazione di Netanyahu lo scorso giovedì è giunta in Israele nel mezzo di uno scompiglio politico, dopo che né Netanyahu né il suo principale sfidante nelle elezioni generali, il centrista Benny Gantz, hanno ottenuto la maggioranza in parlamento dopo le votazioni di aprile e settembre.

Netanyahu ha negato le accuse di corruzione, frode e abuso d‘ufficio e ha detto che sarebbe rimasto in carica e si sarebbe difeso.

Domenica il leader conservatore in carica per quattro mandati ha previsto impegni di ordinaria amministrazione, visitando la frontiera settentrionale del Paese e inasprendo i discorsi sulle minacce iraniane.

La Corte Suprema israeliana ha respinto una richiesta di un’organizzazione di controllo rivolta a costringere Netanyahu a farsi da parte.

Nella sua richiesta presentata alla Corte il Movement for Quality Government [movimento per un governo di qualità, organizzazione no profit israeliana impegnata nel campo della moralizzazione dello Stato, ndtr.] in Israele aveva dichiarato che le prime accuse penali contro un primo ministro in carica costituivano “l’attraversamento di una linea rossa e un grave colpo alla fiducia dell’opinione pubblica nel potere istituzionale”.

Il tribunale ha respinto la richiesta di costringere Netanyahu a dimettersi o ad abbandonare temporaneamente l’incarico. Ha affermato che il comitato di controllo non aveva ancora esaurito altre vie possibili, come una richiesta diretta a Netanyahu e al procuratore generale di Israele.

Da parte sua, Netanyahu si è concentrato sulla sicurezza e si è recato sulle Alture del Golan insieme alle più alte gerarchie militari.

“Sto facendo tutto il necessario per portare avanti il lavoro di governo, il lavoro di gabinetto … in tutti i modi opportuni, per garantire la sicurezza dei cittadini di Israele e quanto è vitale per Israele”, ha detto in una dichiarazione video.

Ha ribadito le preoccupazioni per il tentativo dell’Iran di rafforzarsi militarmente in un certo numero di Paesi del Medio Oriente e ha detto che Israele “agirà per impedire il tentativo dell’Iran di fare dell’Iraq e dello Yemen le basi per il lancio di razzi e missili contro Israele”.

Ma la copertura delle notizie israeliane è rimasta focalizzata sulla sfida politica. I commentatori hanno affermato che potrebbero far seguito altre richieste giudiziarie.

Il mandato di Gantz di formare un governo – dopo un tentativo fallito da parte di Netanyahu – è scaduto mercoledì. Il giorno successivo, il presidente israeliano ha indetto un periodo di tre settimane in cui i parlamentari possono eleggere uno di loro per tentare di mettere insieme una coalizione al potere.

In caso contrario, si imporrà una nuova elezione, la terza in Israele in un anno.

La speranza di Netanyahu di assicurarsi la nomina parlamentare è stata contrastata da Saar.

“C’è solo un modo per poter salvare il Paese, allontanarlo dalla crisi e garantire ancora il potere al Likud – ed è indire oggi le primarie, entro i prossimi 21 giorni”, ha detto Saar alla televisione israeliana Channel 12.

Una proposta meno ostile [a Netanyahu] è stata fatta da un secondo parlamentare del Likud, Nir Barkat, che ha chiesto di nominare un vice di Netanyahu che prenderebbe il suo posto nel caso in cui [quest’ultimo] fosse costretto a lasciare.

Saar aveva affermato in precedenza che avrebbe preso in considerazione l’idea di candidarsi per la leadership del Likud.

Nell’esprimere apprezzamento per il primato di durata [al governo] di Netanyahu e sottolineando la sua innocenza fino a prova contraria, Saar ha criticato i tentativi del premier di screditare il suo procedimento penale come un “tentativo di colpo di stato” che coinvolgerebbe la polizia, i pubblici ministeri e i media.”

Non solo è sbagliato affermarlo, ma è anche irresponsabile dirlo. È completamente fuori dal mondo “, ha affermato Saar.

Il portavoce del partito Likud all’inizio della giornata ha smentito la sfida.

“È triste vedere che mentre il Primo Ministro Netanyahu mantiene Israele al sicuro su tutti i fronti e lavora per preservare il dominio del Likud, Gideon Saar, come è suo solito, non mostra nessuna lealtà e il massimo di sovversione”, ha detto il portavoce.

(traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)