Rapporto OCHA della settimana 2-8febbraio 2016

Il 3 febbraio, nei pressi della porta di Damasco, a Gerusalemme Est, tre palestinesi hanno effettuato un attacco con coltelli ed armi da fuoco contro forze israeliane, uccidendo una poliziotta israeliana e ferendone un’altra. I tre autori (di 19 e 21 anni), tutti provenienti dal villaggio di Qabatiya (Jenin), sono stati uccisi durante l’attacco;

secondo quanto riferito, nessuno di loro apparteneva ad una qualche fazione. Nonostante la gravità dell’episodio, questa settimana ha fatto segnare, in Cisgiordania, il minor numero di attacchi contro israeliani a partire dall’ottobre 2015. L’episodio sopraccitato porta a 18 il numero dei palestinesi uccisi dall’inizio del 2016 nel corso di aggressioni contro israeliani; tra essi cinque minori.

Dopo l’attacco di cui sopra, le forze israeliane hanno bloccato, per tre giorni consecutivi, tutte le strade in entrata ed in uscita dal villaggio di Qabatiya (23.300 abitanti). Per i residenti l’accesso ai servizi ed ai luoghi di lavoro esterni al villaggio è stato gravemente compromesso; circa 300 permessi di lavoro, concessi ai residenti occupati in Israele, sono stati revocati. Durante gli stessi giorni sono stati registrati diversi scontri e operazioni di ricerca-arresto con conseguente ferimento di 61 palestinesi, tra cui 28 minori.

Durante la settimana sono avvenuti altri tre accoltellamenti all’interno di Israele, con conseguente ferimento di una donna israeliana e di due soldati; secondo quanto riferito, gli episodi sarebbero da collegare al clima di scontro. Uno degli aggressori, un cittadino straniero, è stato ucciso; due ragazze palestinesi di 13 anni, con cittadinanza israeliana, sono state arrestate. Un altro aggressore, la cui identità rimane ignota, è fuggito. [1]

Un 14enne palestinese è stato ucciso, con armi da fuoco, dalle forze israeliane in prossimità dell’ingresso del villaggio di Halhul (Hebron), presumibilmente dopo aver lanciato una bottiglia incendiaria; nello stesso contesto, e con armi da fuoco, è stato ferito anche un 13enne.

Numerosi scontri con le forze israeliane, avvenuti in varie località dei Territori palestinesi occupati, hanno provocato il ferimento di 138 palestinesi, tra cui 45 minori. Otto dei ferimenti si sono verificati nella Striscia di Gaza, vicino alla recinzione perimetrale; i rimanenti in Cisgiordania. La maggior parte dei ferimenti verificatisi in Cisgiordania sono stati registrati nel contesto di scontri scoppiati durante le manifestazioni settimanali a Ni’lin (Ramallah) e Kafr Qaddum (Qalqiliya) e durante le operazioni di ricerca-arresto a Qabatiya (Jenin), nella città di Salfit, a Qabalan (Nablus) e al Campo profughi di Al Fawwar (Hebron).

L’8 febbraio, un civile palestinese è morto a causa del crollo di un tunnel per il contrabbando sotto il confine tra Gaza e l’Egitto. L’attività di contrabbando, lungo il confine con l’Egitto, era in gran parte già cessata dalla metà del 2013, in seguito alla distruzione o al blocco, ad opera delle autorità egiziane, della stragrande maggioranza delle gallerie. A quanto si sa, pochi tunnel sono rimasti parzialmente operativi.

Nella Striscia di Gaza, nelle Aree ad Accesso Riservato, a terra ed in mare, sono stati registrati almeno 13 casi in cui le forze israeliane hanno aperto il fuoco di avvertimento contro civili palestinesi, senza causare vittime. Quattro pescatori sono stati arrestati in mare, dopo essere stati costretti dalle forze israeliane, secondo quanto riferito, a togliersi i vestiti e nuotare verso l’imbarcazione militare; due barche sono state confiscate. Inoltre, in un caso, le forze israeliane sono entrate a Gaza ed hanno spianato il terreno ad est della città di Rafah.

Il 3 febbraio, presso due comunità di pastori, a sud di Hebron (Jinba e Halaweh), le autorità israeliane hanno distrutto, o smontato e confiscato, 31 strutture, sfollando 139 persone. Queste e altre dieci comunità (circa 1.300 persone) sono a rischio di trasferimento forzato a causa della designazione dell’area [da parte di Israele], negli anni 80, come “zona chiusa destinata alle esercitazioni militari”. Alcune di queste comunità furono costituite prima dell’occupazione israeliana e sono in possesso dei documenti attestanti i loro diritti sulla terra. L’episodio consegue alla conclusione senza accordo di un processo di mediazione riguardante ricorsi inoltrati alla Corte Suprema israeliana contro la distruzione e lo sfratto di queste comunità.

Durante la settimana, in Cisgiordania, per mancanza dei permessi di costruzione rilasciati da Israele, sono state demolite o smontate e confiscate, altre 36 strutture di proprietà palestinese, 29 delle quali finanziate da donatori. Come risultato, 26 persone sono state sfollate, tra cui 15 minori; altre 26 persone sono state coinvolte in vario modo. Quattro delle strutture implicate si trovavano a Gerusalemme Est, in aree designate dalle autorità israeliane come “parco nazionale”. Le 157 strutture distrutte o smontate e sequestrate, dall’inizio del 2016 fino all’8 febbraio, equivalgono al 29% delle strutture prese di mira in tutto il 2015.

Sempre in questa settimana, le autorità israeliane hanno emesso nove ordini di demolizione e sequestro contro le case di famiglia di nove presunti autori di attacchi contro israeliani, ponendo le famiglie a rischio sfollamento. Le demolizioni punitive sono una forma di punizione collettiva e, in quanto tali, sono illegali secondo il diritto internazionale.

Un palestinese è stato aggredito e ferito da coloni israeliani nei pressi dell’insediamento di Kiryat Arba (Hebron). In un altro caso, agricoltori di Iraq Burin (Nablus) hanno riferito il furto di due asini da parte di coloni israeliani provenienti dall’insediamento di Bracha. Inoltre, coloni israeliani della fattoria-avamposto di Ma’on hanno impedito ad alunni palestinesi di raggiungere la loro scuola nel villaggio di At-Tuwani (Hebron).

Il 6 febbraio, nei pressi dell’insediamento di Karmei Tzur (Hebron), ignoti hanno incendiato una tenda eretta da coloni israeliani, e utilizzata come sinagoga, su un terreno di proprietà privata palestinese. Una struttura precedente, eretta sullo stesso sito, era stata demolita dalle autorità israeliane nel 2015, in seguito ad una petizione inoltrata presso il tribunale dai proprietari dei terreni. Il Segretario generale dell’ONU ha condannato l’incendio doloso ed ha invitato tutte le parti a rispettare l’inviolabilità dei luoghi sacri.

I media israeliani hanno riferito cinque episodi di lanci di pietre da parte palestinese contro veicoli con targa israeliana, con conseguenti danni a tre veicoli e alla metropolitana leggera di Gerusalemme.

Durante il periodo di riferimento il valico di Rafah, sotto controllo egiziano, è stato chiuso in entrambe le direzioni. Il valico è rimasto chiuso, anche per l’assistenza umanitaria, dal 24 ottobre 2014 ad eccezione di 39 giorni di aperture parziali. Le autorità di Gaza hanno segnalato che sono registrati e in attesa di attraversare oltre 25.000 persone con bisogni urgenti, tra cui circa 3.500 malati.

[1] I dati OCHA per la protezione dei civili includono gli episodi che si sono verificati al di fuori dei Territori occupati solo se risultano coinvolti, sia come vittime che come aggressori, persone residenti nei Territori occupati.

Ultimi sviluppi (fuori dal periodo di riferimento)

Tra il 9 e 11 febbraio, le autorità israeliane hanno distrutto almeno 80 abitazioni con le relative strutture ausiliarie di sussistenza, in sette comunità palestinesi in Area C, tutte situate nella valle del Giordano tranne una, sfollando circa 60 persone, la metà delle quali minori.

Il 10 febbraio, le forze israeliane hanno ucciso un ragazzo palestinese 15enne durante scontri all’ingresso del campo profughi di Al Arrub (Hebron).

nota 1:

I Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati settimanalmente in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informazio-ni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati.

sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina: http://www.ochaopt.org/reports.aspx?id=104&page=1

L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano (vedi di seguito) l’edizione inglese dei Rapporti.

sono scaricabili dal sito Web della Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, alla pagina:

https://sites.google.com/site/assopacerivoli/materiali/rapporti-onu/rapporti-settimanali-integrali

nota 2: in caso di discrepanze, fa testo la versione originale in lingua inglese. Nella versione italiana non sono riprodotti i

dati statistici ed i grafici.

Associazione per la pace Gruppo di Rivoli TO

e-mail: assopacerivoli@yahoo.it; Web: https://sites.google.com/site/assopacerivoli

 




Rapporto ONU OCHAoPt: 29 dicembre 2015 – 11 gennaio 2016 (147)

Nel periodo di riferimento di questo rapporto (due settimane), sono stati registrati dodici attacchi e presunti attacchi palestinesi contro israeliani, nel corso dei quali tre israeliani, tra cui due soldati, sono stati feriti; nove attentatori e presunti attentatori palestinesi sono stati uccisi dalle forze israeliane. Due dei palestinesi uccisi erano minori (16 e 17 anni). Gli attacchi ed i presunti attacchi includono: otto accoltellamenti e tentativi di accoltellamento, un investimento con auto e due scontri a fuoco effettuati da presunti palestinesi, poi fuggiti. Tutti questi episodi sono stati segnalati in Cisgiordania, di cui due a Gerusalemme Est. Le circostanze di numerosi incidenti rimangono controverse. Secondo quanto riferito, nessuno degli autori e presunti colpevoli apparteneva a fazioni o gruppi armati. Dal 1° ottobre fino alla fine del periodo di riferimento del presente rapporto [102 giorni], 97 palestinesi, tra cui 21 minori, e 23 israeliani sono stati uccisi nei Territori palestinesi occupati ed in Israele [1] nel corso di attacchi e presunti attacchi contro israeliani.

C’è stato un forte calo della frequenza e dell’intensità di proteste e scontri avvenuti nel periodo cui si riferisce questo rapporto: in tutti i Territori palestinesi occupati sono stati registrati un totale di 203 feriti palestinesi [nell’arco di due settimane] (per confronto: nel corso dell’ultimo trimestre del 2015, la media è stata di 240 feriti [palestinesi] ogni settimana). I feriti includono 41 minori e 3 donne. Dodici dei ferimenti si sono verificati durante scontri vicino alla recinzione perimetrale nella Striscia di Gaza, nei pressi del valico di Erez e ad est del campo profughi di Al Bureij. Il resto dei feriti (191) sono stati registrati in Cisgiordania; il numero più alto è stato registrato nel governatorato di Gerusalemme (85), seguito dai governatorati di Qalqiliya (27), Hebron (24), Betlemme (25) e Ramallah (20). Almeno 25 dei ferimenti in Cisgiordania e 8 nella Striscia di Gaza sono stati provocati da arma da fuoco, mentre la maggior parte dei rimanenti sono stati causati da proiettili di gomma o inalazione di gas lacrimogeno (solo le persone che ricevono assistenza medica sono conteggiate come feriti).

Un quarantenne palestinese è morto per le ferite riportate il 31 dicembre, quando fu colpito con arma da fuoco durante gli scontri nel campo profughi di Al Jalazun (Ramallah). Questo decesso porta a 51 (28 in Cisgiordania e 23 nella Striscia di Gaza) il numero di palestinesi uccisi dal 1° ottobre durante proteste e scontri con le forze israeliane.

Il 6 gennaio, in Area C, ad est di Gerusalemme, nella comunità beduina di Abu Nuwar, adducendo la mancanza di permessi di costruzione, le autorità israeliane hanno distrutto undici strutture: cinque abitazioni, cinque latrine finanziate da donatori ed un ricovero per animali; sono state così sfollate cinque famiglie, composte da 26 persone, tutte rifugiati, tra cui 18 minori. Quattro giorni più tardi, le forze israeliane hanno smantellato e confiscato le cinque tende residenziali fornite, in risposta alle demolizioni, dalla Mezzaluna Rossa Palestinese. Abu Nuwar è una delle 46 comunità beduine nella Cisgiordania centrale a rischio di trasferimento forzato, a seguito di un piano di “rilocalizzazione” delle autorità israeliane. Si trova all’interno di una zona conosciuta come E1, destinata [dalle autorità israeliane] all’espansione verso ovest dell’insediamento [colonico] di Ma’ale Adummim, realizzando così un abitato continuo tra questo insediamento e Gerusalemme Est.

Sempre in Area C, in altre due comunità di pastori, a causa della mancanza di permessi di costruzione, è stato notificato l’ordine di blocco dei lavori per due progetti umanitari: il rifacimento di una strada in Khirbet ar Rahwa (Hebron) e la realizzazione di una cisterna d’acqua in Kardala (Tubas). Nel primo caso, le autorità israeliane hanno anche sequestrato parte dei materiali da costruzione.

In Gerusalemme Est e nel villaggio di Surda (Ramallah), le autorità israeliane, con ordinanze punitive, hanno demolito due case e ne hanno sigillato un’altra, sfollando 19 persone, tra cui 7 minori. Le case appartenevano alle famiglie di tre palestinesi accusati di aggressioni verificatesi nel mese di ottobre 2015, nel corso delle quali furono uccisi sei israeliani e gli stessi palestinesi accusati di essere gli aggressori; altri nove israeliani rimasero feriti. Il 16 novembre, il coordinatore umanitario per i Territori occupati palestinesi ha chiesto di fermare le demolizioni punitive, che violano il diritto internazionale.

A Gerusalemme Est, nei quartieri di Silwan, Sur Bahir e Beit Safafa, a motivo della mancanza dei permessi edilizi, il Comune ha demolito tre case in costruzione di proprietà palestinese ed una struttura commerciale. Sono state coinvolte un totale di 28 persone, la metà dei quali minori.

Il 30 dicembre, le autorità israeliane hanno emesso un decreto di espropriazione che riguarda oltre 10 ettari di terreni di proprietà palestinese ad est della città di Qalqiliya, per la realizzazione di un by-pass stradale. Secondo un giornale israeliano, questa misura è stata presa in risposta alle richieste di sicurezza dei coloni che affrontano rischi quando percorrono il tratto di strada che attraversa il villaggio di Nabi Elyas. I lavori richiederanno lo sradicamento di centinaia di alberi di ulivo appartenenti a diversi contadini del villaggio di Azzun.

Nel governatorato di Hebron, nel periodo di riferimento si è assistito ad una attenuazione di alcune delle restrizioni di movimento imposte dalle autorità israeliane dall’ottobre 2015; è così leggermente migliorato l’accesso della popolazione ai servizi ed ai mezzi di sussistenza. Ciò ha comportato, in primo luogo, la rimozione dei posti di blocco permanenti allestiti agli ingressi principali delle località principali: le città di Hebron, Halhul, Sa’ir, Samu’, Yatta, Beit Ummar, Tarqumiya, e il campo profughi di Al Arrub, riducendo in modo significativo i ritardi. In questi luoghi, durante il periodo di riferimento, sono stati dispiegati ad intermittenza e per brevi periodi di tempo, posti di blocco “volanti”. Sono tuttavia rimasti al loro posto la maggior parte degli ostacoli che, posizionati a partire da ottobre 2015, bloccano le vie di accesso secondario che incanalano il traffico verso le strade principali menzionate sopra.

L’accesso e la circolazione interna della zona H2 di Hebron, sotto controllo israeliano, sono rimasti gravemente limitati. Uno dei principali punti di controllo dell’ingresso a questa zona, il checkpoint 56, è stato riattivato dopo lavori di fortificazione. A causa di procedure di controllo più severe, il tempo medio di attraversamento per i residenti registrati è aumentato da 10 a 40 minuti. Inoltre, l’ordine di chiusura della zona H2 di Tel Rumeida, che permette l’ingresso solo ai residenti registrati, è stato prolungato fino al 31 gennaio e la zona interessata è stata ampliata.

Nel corso del periodo di due settimane cui si riferisce il presente rapporto, nel governatorato di Nablus, sono stati registrati due attacchi di coloni israeliani con conseguenti lesioni o danni materiali: un 24enne palestinese è stato aggredito e ferito nei pressi dell’insediamento di Shave Shamron; coloni israeliani provenienti, secondo quanto riferito, dall’insediamento Itamar hanno compiuto atti di vandalismo e danneggiato una casa palestinese nel villaggio di Beit Furik. Le autorità israeliane hanno emesso atti d’accusa contro due coloni israeliani in relazione all’incendio doloso, appiccato nel villaggio di Duma nel luglio 2015, che provocò la morte di tre membri della stessa famiglia, tra cui un bambino, e lesionò gravemente un altro minore.

I media israeliani hanno riportato cinque episodi di lancio di pietre, da parte di palestinesi, contro veicoli con targa israeliana, con conseguenti danni a tre veicoli privati vicino ad Hebron e a Betlemme, oltre che alla Metropolitana leggera di Gerusalemme (due casi)

Nella Striscia di Gaza, nelle Aree ad Accesso Riservato (ARA) a terra e in mare, sono stati registrati almeno dieci episodi in cui le forze israeliane hanno aperto il fuoco contro civili palestinesi, senza causare vittime. È stato riferito che in almeno un caso, membri di un gruppo armato di Gaza hanno sparato una serie di razzi verso Israele, due dei quali sono caduti in Israele, in una zona aperta, mentre i rimanenti sono ricaduti in Gaza. Non sono stati segnalati feriti o danni.

In Cisgiordania le forze israeliane hanno condotto 144 operazioni di ricerca-arresto ed hanno arrestato 252 palestinesi; il governatorato di Hebron conta il maggior numero di operazioni e arresti. Tra i luoghi interessati alle incursioni: l’Università Birzeit a Ramallah, dove sono stati confiscati computer e documenti e arrecati danni alla proprietà; nella città di Nablus, gli uffici di un’organizzazione per i diritti umani che sono stati chiusi per sei mesi, con ordinanza militare, per presunta istigazione contro gli israeliani; ancora a Nablus, una scuola secondaria nella quale sono stati anche arrecati danni materiali.

Nella Striscia di Gaza la fornitura di energia elettrica si è deteriorata per due giorni a causa di danni riportati da due delle tre linee egiziane di alimentazione che provvedono alla fornitura a Gaza-Sud, così come ad una delle linee israeliane che alimentano Gaza City. Nelle zone interessate il black-out è giunto fino a 18 ore al giorno, compromettendo l’erogazione di servizi di base e rendendo ancora più precari i già scarsi mezzi di sostentamento e le condizioni di vita.

Durante il periodo di riferimento, il valico di Rafah, sotto controllo egiziano, è stato chiuso in entrambe le direzioni. Il valico è stato chiuso, anche per l’assistenza umanitaria, dal 24 ottobre 2014 ad eccezione di 37 giorni di aperture parziali. Le autorità di Gaza hanno indicato che sono registrati, e in attesa di attraversare, oltre 25.000 persone con bisogni urgenti, tra cui circa 3.500 bisognosi di cure mediche.

1]  I dati OCHA per la protezione dei civili includono gli episodi che si sono verificati al di fuori dei Territori occupati solo se risultano coinvolti, sia come vittime che come aggressori, persone residenti nei Territori occupati. I feriti palestinesi riportati in questo rapporto includono solo persone che hanno ricevuto cure mediche da squadre di paramedici presenti sul terreno, nelle cliniche locali o negli ospedali. Le cifre sui feriti israeliani si basano su notizie di stampa.

Ultimi sviluppi (fuori dal periodo di riferimento)

Il 12 gennaio tre palestinesi, tra cui un ragazzo di 17 anni, sono stati colpiti con armi da fuoco e uccisi dalle forze israeliane in due episodi separati: durante un presunto tentativo di accoltellamento al bivio di Beit ‘Einun (Hebron) e durante gli scontri nel corso di una operazione di ricerca-arresto a Beit Jala (Betlemme).

Il 13 gennaio, nei pressi della recinzione perimetrale di Gaza, vicino a Beit Lahia, le forze israeliane hanno colpito con armi da fuoco e ucciso un palestinese e ne hanno feriti altri tre; non sono ancora chiare le circostanze.

Ezio R. e Giovanni L.V. per “Associazione per la pace – gruppo di Rivoli”

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Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati settimanalmente in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informazioni, corredate da dati numerici e grafici statistici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati. Sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina: http://www.ochaopt.org/reports.aspx?id=104&page=1

Sullo stesso sito sono reperibili mappe dettagliate della Striscia di Gaza e della Cisgiordania:
Striscia di Gaza:
http://www.ochaopt.org/documents/Gaza_A0_2014_18.pdf
Cisgiordania:
http://www.ochaopt.org/documents/Westbank_2014_Final.pdf

La scrivente “Associazione per la pace – gruppo territoriale di Rivoli”, stante l’imparzialità dell’Organo che li redige, utilizza i Rapporti per diffondere un’informazione affidabile sugli eventi che accadono in Palestina. Pertanto, traduce i Rapporti in italiano (escludendo i dati statistici ed i grafici) e li invia agli interessati. Tali Rapporti sono anche scaricabili dal sito Web dell’Associazione, alla pagina:
https://sites.google.com/site/assopacerivoli/materiali/rapporti-onu/rapporti-settimanali-integrali




La domanda non è perché la violenza sta esplodendo a Hebron, ma perché adesso?

Lo scontro è inevitabile quando centinaia di coloni vivono in mezzo a centinaia di migliaia di palestinesi.

di Amira Hass

Haaretz

Il rompicapo che il servizio di sicurezza israeliano ha cercato di risolvere nelle scorse settimane, riguardo al motivo per cui il centro dell’escalation si è posizionato tra Gerusalemme e Hebron, non è complicato. Queste sono le due città in cui i coloni vivono nel cuore della popolazione palestinese. In entrambe, i coloni sono pesantemente protetti, il che significa che sistematicamente ci si imbatte in soldati, poliziotti, agenti di sicurezza israeliani armati, come anche lo sono gli stessi coloni. In altre città la vita può andare avanti quasi dimenticandosi delle colonie e delle postazioni militari che le circondano. A Gerusalemme e a Hebron questo è impossibile, la protezione di poche centinaia di coloni impedisce costantemente la vita di centinaia di migliaia di palestinesi.

Dal punto di vista palestinese, la vita prosegue all’ombra di violente provocazioni quotidiane e di infinite umiliazioni. Perciò la vera domanda è perché l’ondata di protesta popolare, comprese le aggressioni individuali all’arma bianca, è esplosa adesso e non prima. Non è ancora possibile sapere se gli attacchi con le armi di venerdì segnano una nuova fase e se i tentativi israeliani di repressione la fermeranno oppure incoraggeranno altri a prendere le armi.

Uno dei compiti dei servizi di sicurezza palestinesi nelle ultime settimane è stato quello di controllare che individui armati non si avvicinassero a punti di contatto con l’esercito israeliano, ma questa non è l’unica spiegazione al fatto che non siano state usate le armi. Finora, anche senza indicazioni dall’alto, la maggior parte dei palestinesi concorda che sia meglio non essere indotti all’uso delle armi, a causa dell’amara esperienza della seconda intifada e della paura della repressione israeliana. Le persone che hanno sparato e ferito tre israeliani sono evidentemente giunte alla conclusione che ora i palestinesi lo possono accettare e sono pronti ad affrontare una maggiore repressione.

Come previsto, nella notte tra venerdì e sabato l’esercito israeliano ha compiuto raids in diversi quartieri. Un sito web di informazioni, identificato come appartenente ad Hamas, ha riferito che nel quartiere di Abu Sneina i soldati hanno arrestato un uomo delle forze di sicurezza palestinesi. Era probabilmente da quel quartiere, parte del quale è sotto il controllo della sicurezza israeliana, che sono stati colpiti i due giovani israeliani vicino alla Tomba dei Patriarchi.

Secondo fonti palestinesi, venerdì notte e sabato mattina[i coloni] israeliani hanno attaccato parecchie case palestinesi nei quartieri di Tel Rumeida e Jaber, attraverso i quali passa la strada che collega la città vecchia di Hebron a Kiryat Arba. Hanno tentato di entrare nelle case ed hanno tirato pietre almeno contro una di esse, mentre i soldati israeliani si trovavano lì vicino. Domenica l’esercito israeliano ha occupato almeno tre case nella città vecchia di Hebron, ha radunato gli abitanti di ognuna di esse in una stanza ed ha comunicato che le case erano diventate postazioni militari per 24 ore.

La settimana scorsa sono state bloccate le strade di accesso diretto che collegano Hebron ai villaggi e alle città vicine. Nella città vecchia di Hebron, chiunque non sia residente in Shuhada Street o Tel Rumeida non può entrare in questi quartieri. Il checkpoint all’entrata della moschea di Al-Ibrahimi (Tomba dei Patriarchi) è stato chiuso. Venerdì pomeriggio ai musulmani è stato impedito di entrare nel loro luogo sacro.

L’esercito israeliano ed il servizio di sicurezza Shin Bet hanno effettuato incursioni in ogni casa in cui un membro della famiglia è stato recentemente ucciso dai soldati o dalla polizia. In alcune delle case, i soldati hanno controllato ogni stanza ed esaminato i materiali di costruzione. I residenti hanno dichiarato a Haaretz che il personale dello Shin Bet ha comunicato loro l’intenzione di far esplodere le case. Non si trattava di casi in cui un militare o un civile israeliano era stato ucciso, ma di aggressioni all’arma bianca che avevano causato una lieve ferita, o addirittura nessuna.

Le famiglie sostengono di essere certe che se i soldati avessero voluto, avrebbero potuto ferire o arrestare i loro parenti. Dopo l’uccisione, che le famiglie ritengono intenzionale, la seconda più grave punizione è la sottrazione del corpo. Per le famiglie e per i loro congiunti, il pensiero che i loro cari giacciano in un obitorio e non abbiano ricevuto una degna sepoltura incrementa il livello di odio ed avversione nei confronti di Israele e degli israeliani.

(Traduzione di Cristiana Cavagna)




Rapporto ONU OCHAoPt:15 – 28 settembre 2015 (due settimane).

Le forze israeliane, nelle due settimane di riferimento, hanno ucciso due palestinesi. Il 22 settembre, al checkpoint di Ash  Shuhada Street di Hebron, una studentessa diciottenne è stata colpita da più proiettili di arma da fuoco. Per le ferite riportate la studentessa è morta il giorno stesso in un ospedale israeliano. Secondo le autorità israeliane, la donna aveva tentato di accoltellare un soldato. Tale versione è stata contestata da Amnesty International che ha citato l’evidenza di una “esecuzione extragiudiziale”. Il 24 settembre un venticinquenne palestinese è morto per le ferite di arma da fuoco riportate il 18 settembre durante scontri tra forze israeliane e palestinesi al checkpoint di Beit Furik (Nablus). Secondo i media, le autorità israeliane affermano di aver sparato in risposta al lancio di bottiglie incendiarie contro un veicolo israeliano; fatto che testimoni oculari palestinesi negano.

Sempre il 22 settembre, nel villaggio Khursa (Hebron), un 21enne palestinese è stato ucciso dalla deflagrazione di un ordigno esplosivo che tentava di gettare contro un veicolo delle forze israeliane.

Durante il periodo di riferimento, 51 palestinesi, tra cui due minori, e cinque poliziotti israeliani, sono rimasti feriti durante scontri in Haram al Sharif-Monte del Tempio. Secondo il direttore della Moschea di Al Aqsa, l’interno della moschea ha subito danni. Gli scontri hanno avuto luogo nelle settimane in cui, in coincidenza con le festività ebraiche, erano aumentati gli ingressi di coloni e di altri gruppi israeliani nel Complesso mentre, viceversa, all’ingresso dei palestinesi venivano imposte varie restrizioni, attenuate solo durante i quattro giorni della festa musulmana di Eid. In collegamento a quanto sopra, diffuse proteste palestinesi e scontri hanno avuto luogo in altre zone dei Territori occupati, compresa la Striscia di Gaza, provocando il ferimento di 128 palestinesi, tra cui 43 minori, così come di 14 membri delle forze israeliane (tutti in Cisgiordania), nonché danni a circa 100 ulivi, investiti dal fuoco conseguente al lancio di lacrimogeni contro i manifestanti in Tuqu’ (Betlemme).

In Cisgiordania le forze israeliane hanno ferito altri 106 palestinesi (tra cui 37 minori) e due volontari internazionali: 13 palestinesi durante operazioni di ricerca-arresto in Hebron City, Beit Ummar (Hebron), Tuqu’ (Betlemme), Deir al Hatab (Nablus), nel Campo profughi di Jenin (Jenin) e nella città di Nablus; 86 palestinesi ed un volontario internazionale durante le manifestazioni settimanali a Kafr Qaddum (Qalqiliya) ed a Bil’in (Ramallah); un minore palestinese ed un volontario internazionale durante il funerale di un palestinese ucciso dalle forze israeliane a Beit Furik; tre palestinesi ad un checkpoint nella zona H2 di Hebron e tre feriti durante altri scontri.

Membri di gruppi armati palestinesi hanno lanciato diversi razzi verso il sud di Israele. Il 18 settembre un razzo è caduto a Sderot, causando danni alla proprietà; il 21 settembre un altro razzo è caduto nella zona di Hof Ashkelon senza provocare feriti o danni. Un altro razzo lanciato da Gaza è stato intercettato da Israele, senza danni. Il 19 settembre, forze aeree israeliane hanno lanciato almeno due missili contro una torre di telecomunicazioni ad est di Jabalia – utilizzata, a quanto riferito, da un gruppo armato – e contro una torre-acqua ad est di Beit Hanoun. Entrambe le strutture e un certo numero di case vicine hanno subito danni, mentre due residenti civili palestinesi sono stati feriti.

L’8 settembre, in Gaza City, un 17enne è stato ferito dalla esplosione di un residuato bellico. UNMAS [United Nations Mine Action Service] stima che ci siano oltre 5.000 ordigni inesplosi a Gaza, residuati delle ostilità del 2014. Dal cessate il fuoco dell’agosto 2014, almeno undici persone sono state uccise da ordigni inesplosi e 110 ferite.

Le forze israeliane hanno effettuato 128 operazioni di ricerca-arresto in Cisgiordania, per la maggior parte (44) nel Governatorato di Gerusalemme. Similmente, dei 248 palestinesi arrestati in tutta la Cisgiordania, 154 sono stati arrestati nella sola Gerusalemme; tra essi circa 40 minori.
A Gaza, il 15 settembre, le forze israeliane hanno ferito un membro delle forze di sicurezza di Gaza mentre cercava di impedire ad un palestinese di valicare la recinzione perimetrale per entrare in Israele senza autorizzazione. Secondo quanto riferito, nel periodo considerato da questo Rapporto, 13 palestinesi hanno tentato di attraversare la recinzione per entrare in Israele senza autorizzazione; quattro di essi sono stati arrestati dalle forze israeliane. In due occasioni le forze israeliane sono entrate all’interno della Striscia di Gaza e hanno spianato il terreno ed eseguito scavi nei pressi della recinzione.

Sono stati segnalati tre attacchi di coloni israeliani contro palestinesi, con lesioni o danni alle proprietà: l’aggressione fisica contro un palestinese che, per errore, era entrato all’interno dell’insediamento di Shave Shomron; un incendio doloso, a sud di Hebron, che ha causato danni a circa 550 alberi e che, secondo quanto riferito, è stato appiccato da coloni dell’insediamento di Haggay; il danneggiamento di una cisterna per acqua ad Al Khader (Hebron), da attribuire, secondo quanto riferito, a coloni dell’insediamento di El’azar. Inoltre (non incluso nel conteggio), nella zona H2 di Hebron, un bambino di sette anni è stato investito da un guidatore fuggito senza prestar soccorso.

Sempre nel periodo cui si riferisce questo Rapporto, sono stati registrati 14 attacchi di palestinesi, con lesioni a coloni israeliani o danni alle loro proprietà: la media settimanale più alta (7) dal febbraio 2015. Si è trattato di lanci di pietre contro veicoli israeliani nei Governatorati di Hebron, Betlemme, Gerusalemme e Ramallah. In un caso sono state lanciate bottiglie incendiarie contro case nella colonia di Nof Zion a Gerusalemme Est, causando lesioni a cinque coloni e ad un membro delle forze israeliane.
La fornitura di combustibile a Gaza – compreso quello per la Centrale elettrica – è stata interrotta a causa della chiusura dei valichi durante le festività ebraiche, ma anche per la mancanza di un coordinamento efficace tra le autorità palestinesi, con la conseguente carenza di combustibile sul mercato locale ed interruzioni di energia elettrica in tutta la Striscia fino a 20 ore al giorno. Verso la fine del periodo di riferimento [15-28 settembre] è ripresa la fornitura di carburante per la Centrale elettrica e le interruzioni di corrente si sono ridotte a 12-16 ore al giorno. Durante il periodo considerato dal precedente Rapporto [8-14 settembre], le interruzioni di corrente erano aumentate dalle 12-16 ore/giorno a più di 20 ore/giorno, a causa della generale mancanza di carburante ed a problemi sulle linee elettriche egiziane, problemi in seguito risolti. Le interruzioni di corrente hanno gravemente perturbato la fornitura dei servizi di base, tra cui quelli sanitari e quelli riguardanti l’acqua.

In Cisgiordania, nel periodo in esame, le forze israeliane hanno intensificato le restrizioni di accesso: tra esse la chiusura, dal 20 settembre, dell’ingresso nord della città di Ar Ram con blocchi stradali; la chiusura, per diversi giorni, delle strade agricole a sud e ad ovest del villaggio di Kafr Qaddum (Qalqiliya); la chiusura degli ingressi ai quartieri Al Isawiya e Sur Bahir (Gerusalemme Est) e Deir Nidham (Ramallah).

Per mancanza dei permessi edilizi rilasciati da Israele, le autorità israeliane hanno demolito cinque strutture nel Governatorato di Gerusalemme. Tra queste, tre strutture commerciali nel villaggio di Hizma, una struttura per animali in Al Isawiya ed una casa in costruzione nella zona di Silwan. Le autorità israeliane hanno emesso ordini di sgombero contro 600 m2 di terreno ad est di Qusra (Nablus), sostenendo che è “terra di stato”, e contro più di 2 ettari di terra nel villaggio Qarawat Bani Hassan (Salfit), sulla base del fatto che si tratta di una “riserva naturale”; in quest’ultimo caso, i proprietari sono tenuti a sradicare gli alberi ivi piantati quattro anni fa. Inoltre, nel Governatorato di Tubas, le autorità israeliane hanno confiscato, per motivi non chiariti, un trattore in Ein al Hilwa ed un serbatoio per acqua in Humsa Al Bqai’a.
Il valico di Rafah è stato eccezionalmente aperto il 17 settembre per oltre 500 pellegrini palestinesi diretti a La Mecca (Arabia Saudita). Il valico è stato continuamente chiuso, anche per l’assistenza umanitaria, dal 24 ottobre 2014, ad eccezione di 33 giorni di aperture parziali.

Ezio R. e Giovanni L.V. per

“Associazione per la pace – gruppo di Rivoli”

* note

I Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati settimanalmente in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informazioni, corredate da dati numerici e grafici statistici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati. Sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina: http://www.ochaopt.org/reports.aspx?id=104&page=1

Sullo stesso sito sono reperibili mappe dettagliate della Striscia di Gaza e della Cisgiordania:
Striscia di Gaza:
http://www.ochaopt.org/documents/Gaza_A0_2014_18.pdf
Cisgiordania:
http://www.ochaopt.org/documents/Westbank_2014_Final.pdf

La scrivente “Associazione per la pace – gruppo territoriale di Rivoli”, stante l’imparzialità dell’Organo che li redige, utilizza i Rapporti per diffondere un’informazione affidabile sugli eventi che accadono in Palestina. Pertanto, traduce i Rapporti in italiano (escludendo i dati statistici ed i grafici) e li invia agli interessati. Tali Rapporti sono anche scaricabili dal sito Web dell’Associazione, alla pagina:
https://sites.google.com/site/assopacerivoli/materiali/rapporti-onu/rapporti-settimanali-integrali