Guardate Hebron e vedrete l’occupazione nel suo complesso

Eyal Hareuveni

29 settembre 2019 +972 Magazine

Le colonie, i checkpoint ed i muri che sono la realtà della popolazione palestinese di Hebron vengono ora replicati ovunque in tutta la Cisgiordania.

Chi visita per la prima volta la colonia ebraica nel centro della città vecchia di Hebron potrebbe avere l’impressione di essere finito nel cuore dell’oscurità. È qui che le politiche di occupazione militare israeliana hanno toccato il picco della barbarie: reggimenti di soldati sono dispiegati per proteggere 700 coloni ebrei che vivono in un’enclave che è diventata un luogo di degrado urbano in conseguenza delle misure di sicurezza dell’esercito. I 200.000 palestinesi residenti della città non possono fare nulla per contrastare le misure oppressive che rendono insopportabili le loro vite.

A Hebron l’esercito ha distrutto o sigillato le case dell’epoca mamelucca [regno egiziano durato dalla metà del XIII alla metà del XVI secolo, ndtr.] che costeggiano il cosiddetto Cammino dei Fedeli, un sentiero riservato esclusivamente ai coloni ebrei in quanto è il loro percorso verso la Tomba dei Patriarchi [la moschea di Ibrahim per i musulmani, ndtr.]. Shuhada Street, un tempo vivace fulcro commerciale dell’intera Cisgiordania meridionale, è immersa nel silenzio; i commercianti hanno abbandonato i loro negozi e quasi tutti gli abitanti se ne sono andati. Né è possibile ignorare le decine di checkpoint attrezzati con tecnologie avanzate di riconoscimento facciale. Queste riproposizioni nel XXI secolo delle fortezze medievali mantengono la colonia ebraica separata dal resto di Hebron.

Alcuni palestinesi sono rimasti, anche se le loro vite sono controllate e gestite dalle forze di sicurezza israeliane. Quasi tutti dicono che, se solo avessero potuto, avrebbero lasciato la città fantasma in cui da tempo Israele li ha intrappolati. Ogni attività quotidiana – andare a scuola o al lavoro, fare o ricevere visite dai famigliari, partecipare a feste di famiglia, addirittura andare a fare la spesa – comporta stare in fila ai checkpoint e subire un trattamento umiliante.

Quasi ogni giorno, nella pressoché totale impunità, soldati, poliziotti e coloni commettono violenze contro i palestinesi. I soldati li sottopongono a perquisizioni umilianti, fanno incursione nelle loro case nel cuore della notte ed eseguono finti arresti. Tutti questi sono normali aspetti dell’occupazione in generale, ma ad Hebron sono molto più continui.

Nel 2007 Hagai Alon, allora collaboratore dell’ex Ministro della Difesa Amir Peretz [dirigente del partito Laburista israeliano, ndtr.], disse che lo scopo di queste politiche era di “svuotare Hebron dagli arabi” – in altri termini, scacciare la popolazione civile con la forza. In base al diritto umanitario internazionale, il trasferimento forzato di popolazione civile è un crimine di guerra.

Il modello di Hebron non è unico. Le forze di occupazione usano le stesse tattiche in tutta la Cisgiordania, in modi differenti ma con lo stesso scopo – la sempre più violenta espulsione dei palestinesi dalle loro case e dalle loro terre. Insediamenti, checkpoint e muri circondano i principali centri urbani palestinesi, ed anche villaggi come Susiya e Khan al-Ahmar. Gli abitanti di questi due villaggi devono anche affrontare la minaccia di espulsione nel tentativo di spingerli a forza in enclave più grandi. Lo stesso avviene nella Valle di Shiloh, nel blocco di colonie di Talmonim, in tutta la Valle del Giordano dove sono sorti gli avamposti, a Gerusalemme est, intorno a Betlemme e nel sud della Cisgiordania. In altre parole, avviene ovunque.

Il meglio di Israele ha preso parte a questa ingiustizia: i giudici della Corte Suprema, gli alti ufficiali dell’esercito e degli apparati di sicurezza, i membri dell’Avvocatura Generale dell’esercito, l’ufficio della Procura di Stato e, ovviamente, politici di destra e di sinistra. Tutti hanno tollerato la violenza, a Hebron e dovunque in Cisgiordania. Tutti hanno legittimato l’espulsione dei palestinesi e il furto delle loro proprietà – e non solo ad Hebron. Tutti hanno appoggiato la continua oppressione dei palestinesi, anche dopo che gli atroci effetti di questa politica sono diventati evidenti.

I coloni amano dire: “Hebron: infine e per sempre”. Ma Hebron è molto più di ciò: è qui, là e dovunque. Guardate Hebron e vedrete tutti i territori occupati.

Eyal Hareuveni è un ricercatore di B’Tselem. Questo articolo è stato pubblicato per la prima volta in ebraico su ‘Local Call’.

(Traduzione di Cristiana Cavagna)




Visita di Netanyahu a Hebron

La visita senza precedenti di Netanyahu a Hebron scatena la rabbia tra i palestinesi e richieste di annessione da parte di ministri israeliani

 

Yumna Patel

4 settembre 2019 – Mondoweiss

 

Mercoledì il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha fatto una visita senza precedenti alla città di Hebron nella Cisgiordania occupata, provocando irate reazioni da parte di dirigenti e cittadini palestinesi, che l’hanno definita una “pericolosa escalation”.

Per la prima volta un primo ministro israeliano ha pronunciato un discorso nella turbolenta città: Netanyahu ha partecipato a una cerimonia di commemorazione dei disordini del 1929 che provocarono la morte di 67 ebrei.

Durante il suo discorso il primo ministro ha definito i palestinesi “terroristi assetati di sangue” che “perpetrarono questo orribile massacro 90 anni fa,” ribadendo la narrazione israeliana secondo cui i disordini che provocarono morti furono motivati dall’odio palestinese per gli ebrei.

“Erano sicuri che con ciò ci avrebbero sradicati da questo luogo per sempre. Si sbagliavano,” ha detto Netanyahu, aggiungendo: “Siamo tornati a Hebron”, lodando l’espansione delle colonie nella città, in particolare la notoriamente violenta colonia di Kiryat Arba.

La cerimonia si è svolta nella piazza antistante la moschea di Ibrahim, o tomba dei Patriarchi, un sito santo sia per musulmani che per ebrei, e luogo in cui nel 1994si svolse il massacro di 29 fedeli palestinesi da parte di un colono americano israeliano.

“Nel novantesimo anniversario dei disordini dico: non siamo stranieri a Hebron, vi rimarremo per sempre,” ha detto il primo ministro, aggiungendo che “il popolo di Israele è profondamente radicato a Hebron. Fin dalle nostre origini il nostro posto è qui.”

Ricordate dai palestinesi come la “rivolta di Buraq” del 1929, in tutta la Palestina storica scoppiarono massicce proteste dopo che un gruppo di immigrati ebrei andò ad “al-Buraq”, noto come il “Muro del Pianto”, portando bandiere e gridando slogan sionisti.

I palestinesi videro l’iniziativa, in coincidenza con l’anniversario della nascita del profeta Maometto, come la manifestazione di una crescente presenza sionista in Palestina che minacciava di impossessarsi della loro terra e dei luoghi santi.

A Gerusalemme l’avvenimento portò in città a violenti scontri tra palestinesi ed ebrei, che poi si diffusero in diverse città in tutta la Palestina, compresa Hebron, iniziando la rivolta di “al Buraq”.

Si ritiene che 133 ebrei e 116 palestinesi vennero uccisi durante la rivolta, per lo più per mano delle forze coloniali britanniche, mentre altri furono uccisi durante attacchi di ebrei contro comunità arabe.

La commissione Shaw, un’indagine britannica sulla rivolta, stabilì che “non c’erano dubbi” che la ragione fondamentale della ribellione fosse la sensazione di ostilità tra i palestinesi “in conseguenza della delusione delle loro aspirazioni politiche e nazionali e del timore per il loro futuro economico.”

Sfatando il mito secondo cui i palestinesi avrebbero ucciso gli ebrei semplicemente per la loro religione, la commissione mise in evidenza il fatto che nei 10 anni precedenti la rivolta di “al Buraq” c’erano stati solo tre incidenti rilevati di attacchi arabi contro ebrei, e negli 80 anni precedenti ad essa “non c’erano stati casi registrati di alcun incidente simile.”

Nonostante le testimonianze storiche, il presidente israeliano Reuven Rivlin si è unito a Netanyahu nel ribadire la convinzione che, come ha affermato, “i disordini del 1929 furono diretti contro ogni ebreo di qualunque etnia e opinione, semplicemente in quanto ebrei.”

Rivlin ha persino trattato di affermazioni da parte di storici, secondo cui i moti erano diretti contro il sionismo, affermando che “esse sono totalmente infondate.”

Durante la cerimonia, che è stata vista innanzitutto come un tentativo di Netanyahu di ingraziarsi la base di destra in vista delle elezioni di questo mese, alcuni ministri del partito Likud di Netanyahu hanno invitato il premier ad estendere la sovranità israeliana a tutta Hebron.

Secondo il “Times of Israel” [giornale israeliano indipendente in inglese, ndtr.] il presidente della Knesset [parlamento israeliano, ndtr.] Yuli Edelstein ha chiesto che Hebron diventi “una città israeliana a pieno titolo,” affermando che “è venuto il tempo che la colonia ebraica di Hebron cresca di migliaia di abitanti.”

Durante il suo discorso nel corso della cerimonia la ministra della cultura Miri Regev ha chiesto direttamente al primo ministro di adempiere alla sua promessa di estendere la sovranità israeliana a tutta la Cisgiordania, affermando che “non c’è posto migliore di Hebron per iniziare a portare a compimento l’impegno.”

“Se non c’è Hebron non c’è Tel Aviv,” ha detto Regev.

Yishai Fleisher, portavoce della comunità dei coloni di Hebron, ha condiviso su Twitter la maggior parte degli eventi del giorno, elogiando Regev e Netanyahu per le loro affermazioni e congratulandosi per gli avvenimenti del giorno.

I dirigenti palestinesi hanno condannato la cerimonia di mercoledì, che ha coinciso con un crescente dispiegamento di truppe israeliane nella zona e forti limitazioni agli spostamenti dei palestinesi in città.

Secondo l’agenzia palestinese di notizie WAFA le forze israeliane “hanno imposto il coprifuoco sui quartieri palestinesi”, mentre negozi e scuole palestinesi sono stati obbligati a chiudere in anticipo.

Hanan Ashrawi [nota dirigente palestinese, ndtr.] ha definito la visita di Netanyahu e Rivlin “un tentativo irresponsabile e offensivo di compiacere gli elementi più estremisti e razzisti del movimento dei coloni.”

“L’intollerabile situazione di segregazione, discriminazione razziale, vessazioni quotidiane e oppressione imposte sulla popolazione palestinese ad Hebron è guidata dalle politiche razziste e illegali che il signor Netanyahu vuole perpetuare e promuovere contro il popolo palestinese nei territori palestinesi occupati, compresa Gerusalemme,” ha detto Ashrawi.

Il portavoce del presidente palestinese Mahmoud Abbas Nabil Abu Rudeineh ha condannato la visita come tentativo di provocare i musulmani della regione, affermando che “lanciamo un monito contro le pericolose ripercussioni dell’iniziativa di Netanyahu, che viene messa in atto per conquistare i voti dell’estrema destra (israeliana).”

Sia Ashrawi che Abu Rudeineh hanno sottolineato lo status di patrimonio dell’umanità dell’UNESCO del centro storico di Hebron e della moschea di Ibrahim ed hanno chiesto alla comunità internazionale di impedire ulteriori “aggressioni” contro i luoghi.

“La comunità internazionale ha l’ulteriore responsabilità di proteggere questa città da nuove spoliazioni e devastazioni, di obbligare Israele a porre fine alle sue misure draconiane contro la popolazione palestinese di Hebron e a ripristinare vita e libertà nei quartieri assediati, che sono stati svuotati a forza di vita e speranza dall’occupazione israeliana,” ha detto Ashrawi.

Nel centro storico di Hebron circa 800 coloni estremisti israeliani vivono sotto la protezione di migliaia di soldati israeliani, che garantiscono l’accesso dei coloni alla maggior parte della zona.

Nel contempo più di 30.000 palestinesi originari della città sono sottoposti al sistema israeliano di permessi e devono affrontare quotidianamente la violenza dei coloni e i più di venti posti di controllo militari che limitano ogni loro movimento.

 

 

Yumna Patel

Yumna Patel è l’inviata di Mondoweiss in Palestina.

 

 

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)

 




In seguito all’uccisione del soldato*, politici israeliani promuovono l’annessione della Cisgiordania

Lubna Masarwa , Daniel Hilton

9 agosto 2019 – Middle East Eye

Esperti del discorso politico affermano che la scoperta del corpo del diciannovenne spinge i politici a chiedere l’estensione della sovranità di Israele, che ora è accettata dalla maggioranza dell’opinione pubblica israeliana

Inizialmente la risposta israeliana al ritrovamento giovedì del corpo del diciannovenne Dvik Sorek nei pressi di una colonia in Cisgiordania è stata la stessa di altri momenti in cui un soldato è stato ucciso nei territori occupati.

Le forze di sicurezza hanno perlustrato la zona nelle cittadine e villaggi vicini, bloccando le strade principali tra le città di Hebron e Betlemme.

Nel contempo leader israeliani hanno emesso comunicati, esprimendo le proprie condoglianze alla famiglia di Sorek, condannando l’aggressione e le fazioni palestinesi e promettendo una punizione esemplare.

Tuttavia la piega che ha preso il discorso è stata molto significativa.

Ore dopo che è iniziata la caccia all’uomo, il primo ministro Benjamin Netanyahu ha partecipato ad una cerimonia per la posa della prima pietra nella colonia di Beit El. Là ha parlato della costruzione di centinaia di appartamenti e di rafforzare il radicamento israeliano “in tutte le sue parti”.

La nostra missione è di insediare il popolo di Israele sulla nostra terra, di garantire la nostra sovranità sulla nostra patria storica,” ha detto Netanyahu.

Benché la costruzione di colonie e l’incremento della presenza ebraica siano stati da molto tempo un ritornello comune delle politiche della destra israeliana, l’estensione della sovranità e quindi la piena annessione della Cisgiordania sta diventando un discorso sempre più spesso ventilato.

E il primo ministro israeliano non è stato l’unico leader a prendere la morte di Sorek nel blocco di colonie di Gush Etzion come spunto per parlarne ancora una volta.

Il portavoce del parlamento Yuli Edelstein ha detto che la risposta di Israele all’aggressione deve essere decisiva: “L’applicazione della sovranità israeliana in ogni luogo – e prima a Gush Etzion.”

È intervenuto anche Naftali Bennet, ex-ministro dell’educazione e importante esponente della lista “Destra Unita”, da poco formata.

Oggi, sì, oggi, la legge israeliana deve essere applicata a Gush Etzion con una decisione del governo,” ha twittato.

Raggiungere il consenso diffuso

L’idea di annessione ha fatto breccia nella comune opinione pubblica ai primi di aprile, giorni prima delle elezioni politiche israeliane, quando Netanyahu ha provato a prendersi i voti di destra promettendo di applicare la sovranità [israeliana] alle colonie della Cisgiordania.

La Cisgiordania è stata ufficialmente sotto occupazione militare da quando è stata conquistata nel 1967, e da allora ogni colonia vi è stata costruita in violazione delle leggi internazionali in base a un sistema amministrativo separato dalle comunità israeliane all’interno dei confini del Paese del 1948.

Ma negli ultimi mesi la destra ha cercato di estendere la sovranità israeliana e di annettere parti o tutto il territorio, riflettendo iniziative prese in altre zone conquistate nel 1967, come Gerusalemme est e le Alture del Golan. Queste annessioni non sono mai state riconosciute dalla comunità internazionale.

È sicuramente significativo che il dibattito sia diventato una questione ampiamente condivisa,” dice a Middle East Eye Meron Rapoport, un esperto analista politico israeliano. “Le parole ‘annessione’ e ‘sovranità’ vengono dette quotidianamente dai politici.”

Il dibattito non si limita alle sole colonie israeliane.

All’inizio di questa settimana Ayelet Shaked, dirigente della coalizione di estrema destra “Destra Unita”, ha chiesto ai membri della lista di dichiarare il proprio impegno ad estendere la sovranità di Israele sui “territori di Giudea, Samaria e della valle del Giordano,” riferendosi a tutta la Cisgiordania.

Con la “Destra Unita” in corsa per vincere circa 10 seggi nel parlamento israeliano, la Knesset, tale discorso potrebbe diventare una parte importante del futuro governo di destra in seguito alle elezioni israeliane del 17 settembre.

Già molti nel partito Likud di Netanyahu stanno chiedendo la stessa cosa.

La maggioranza dei deputati del Likud parla di sovranità, annessione e sviluppo delle colonie,” dice Rapoport.

Ma non bisogna dimenticare che è periodo di elezioni, quando i politici sostengono posizioni sempre più radicali.” Per Rapoport l’annessione senza cittadinanza per gli abitanti palestinesi della Cisgiordania, il cui numero è di circa 2.8 milioni, renderebbe ufficialmente Israele uno Stato di apartheid. Ma, afferma, se la destra dovesse fallire, ciò porrebbero serie domande.

L’annessione è uno dei principali progetti politici della destra. Per cui se non riuscisse ad ottenere l’approvazione per l’annessione della Cisgiordania, ciò provocherebbe una grave crisi all’interno della destra.”

Salah Khawaja, un attivista palestinese contro l’occupazione, afferma che l’annessione è già in atto sul terreno.

Nota che la maggior parte della popolazione palestinese che una volta risiedeva nell’Area C, territorio direttamente amministrato da Israele, è stata cacciata altrove in Cisgiordania a causa di una serie di politiche israeliane.

Nel contempo il discorso sulla soluzione dei due Stati è totalmente assente.

I partiti di destra israeliani non parlano più di uno Stato palestinese,” dice a MEE. “L’annessione sta diventando istituzionalizzata.”

* vedi http://zeitun.info/2019/08/10/luccisione-di-un-soldato-israeliano-scatena-una-vasta-caccia-alluomo-in-cisgiordania/

(traduzione di Amedeo Rossi)




L’uccisione di un soldato israeliano scatena una vasta caccia all’uomo in Cisgiordania

MEE e agenzie

8 agosto 2019 – Middle East Eye

Gli abitanti dicono a MEE che, dopo il ritrovamento nei pressi di una colonia del diciannovenne morto, l’esercito sta bloccando le uscite dei villaggi e perlustrando terreni coltivati

L’uccisione di un soldato israeliano ha scatenato una massiccia caccia all’uomo nella Cisgiordania occupata, e le forze militari stanno facendo incursione in zone in cui si sospetta siano ospitati gli assassini.

L’esercito ha affermato che giovedì, nei pressi di una colonia ebraica illegale nella Cisgiordania occupata, è stato trovato il corpo di un soldato israeliano con diverse ferite da armi da taglio. Il comunicato afferma che “oggi alle prime ore del giorno nei pressi di una comunità (ebraica) a nord di Hebron è stato trovato il corpo di un soldato con segni di ferite da accoltellamento.”

Reparti militari, polizia e membri del servizio di intelligence Shin Bet stanno setacciando la zona. Il quotidiano israeliano Haaretz afferma che il portavoce dell’esercito, brigadiere generale Ronen Manelis ha detto che le forze di sicurezza “stanno procedendo in base all’ipotesi che nella zona ci sia una cellula terroristica che ha effettuato l’attacco.”

Forze israeliane hanno fatto incursione nel villaggio palestinese di Beit Fajjar, a sud di Betlemme, perlustrando terreni coltivati alla ricerca di sospetti.

Abitanti del posto hanno detto a Middle East Eye che centinaia di soldati sono stati posizionati agli ingressi di vari villaggi e sulla strada principale tra Hebron e Betlemme.

Dvir Sorek, 19 anni, è stato trovato nei pressi della colonia illegale di Migdal Oz. Secondo i media israeliani, si ipotizza che sia stato ucciso durante un fallito tentativo di rapimento.

Nel passato fazioni palestinesi hanno utilizzato israeliani rapiti come mezzo di pressione per liberare membri della propria comunità imprigionati da Israele.

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha rilasciato un comunicato definendo quanto avvenuto un attacco palestinese.

In seguito, durante una cerimonia per la deposizione della prima pietra nella colonia di Beit El, ha parlato di nuovo dell’uccisione e ha affermato che Israele si impegnerà per estendere la propria sovranità in Cisgiordania.

Israele ha occupato la Cisgiordania dal 1967 e vi ha insediato i suoi cittadini violando le leggi internazionali.

La nostra missione è insediare il popolo di Israele sulla nostra terra, garantire la nostra sovranità sulla nostra patria storica,” ha detto Netanyahu.

Sorek, un soldato appena arruolato, era studente di una yeshiva – o seminario ebraico – nella colonia di Migdal Oz, nei pressi del luogo in cui è stato trovato il suo corpo.

Era inserito in un progetto che associa il servizio militare a studi religiosi, ha detto il responsabile del seminario a una radio pubblica israeliana. Sembra che il corpo sia stato trovato a circa 30-40 metri fuori dall’entrata della colonia.

La morte arriva in un momento particolarmente delicato per palestinesi e israeliani. Eid al-Adha, una delle feste più importanti per l’islam, dovrebbe iniziare domenica ed è un periodo in cui è previsto che i palestinesi si spostino all’interno della Cisgiordania e a Gerusalemme est per visitare i parenti.

Nel contempo Israele sta preparando le elezioni politiche del 17 settembre. Quando simili fiammate di violenza avvengono prima del giorno delle elezioni e i discorsi pre-elettorali si esasperano, i politici israeliani chiedono sistematicamente una dura repressione contro i palestinesi.

(traduzione di Amedeo Rossi)




Ministri israeliani parteciperanno a un evento in onore di un rabbino che ha elogiato il massacro di palestinesi

7 agosto 2019 – Palestine Chronicle

Due ministri israeliani parleranno ad una conferenza organizzata in onore di un rabbino di destra che nel 1994 lodò il massacro di fedeli palestinesi a Hebron (al-Khalil) ed era stato in precedenza accusato di razzismo.

Il ministro dell’Educazione, rabbino Rafi Peretz, e il ministro dei Trasporti Bezalel Smotrich parleranno giovedì a un evento in cui verrà assegnato al rabbino Yitzchak Ginsburgh un premio chiamato “Cathedra for Torah and Wisdom,” [Cattedra per la Torah e la Saggezza].

Ginsburgh, un rabbino nato negli Stati Uniti, lodò l’estremista religioso Baruch Goldstein che nel 1994 uccise 29 musulmani durante la preghiera sulla Tomba dei Patriarchi, nota ai musulmani come il Santuario di Abramo.

Promosse inoltre il libro “La Torah del Re”, in cui sono trattate varie circostanze legali in base alle quali gli ebrei possono uccidere non-ebrei.

La “Cathedra for Torah and Wisdom” nel 2017 e nel 2018 ha ricevuto circa 7.162 dollari dal Dipartimento di cultura ebraica del ministero dell’Educazione. Tuttavia il ministero ha affermato di non aver finanziato l’istituzione nel 2019 e di non essere coinvolto nella selezione di chi riceve il premio.

Due settimane fa, quando Ginsburgh è stato nominato vincitore, durante la proclamazione a “Cathedra for Torah and Wisdom” ha usato il logo del Dipartimento di cultura ebraica del ministero dell’Educazione.

Il ministero ha detto ad Haaretz che “il direttore del Dipartimento (di cultura ebraica) ha ordinato che il logo venga rimosso,” aggiungendo di non essere coinvolto nella cerimonia.

Nel contempo il Comune di Giv’at Shmuel, il cui logo è stato anch’esso usato nella proclamazione, ha negato la propria collaborazione alla cerimonia e di essere al corrente che il suo logo fosse stato utilizzato.

In un tweet il ministro dei Trasporti Bezalel Smotrich ha elogiato Ginsburgh, affermando che è “un genio” e che il suo lavoro ha una “portata incomparabile. Non c’è bisogno di concordare con lui su tutto per pensare che meriti un premio.” Secondo il programma della manifestazione, “Peretz parlerà all’apertura della conferenza, e Ginsburgh riceverà il premio alla fine,” mentre “è previsto che Smotrich parli durante la cerimonia di premiazione.”

(traduzione di Amedeo Rossi)




Rapporto OCHA del periodo 9 – 22 aprile 2019 (due settimane)

Nella Striscia di Gaza, il 12 aprile, nei pressi della recinzione israeliana che delimita la Striscia, un 15enne è stato ucciso e circa 450 altri palestinesi sono stati feriti nel corso delle proteste tenute nel contesto delle manifestazioni per la “Grande Marcia di Ritorno”.

Secondo fonti mediche palestinesi, di tutti i palestinesi feriti nel corso delle proteste svolte durante il periodo di riferimento, 200 hanno richiesto un ricovero ospedaliero; 71 di questi presentavano ferite da armi da fuoco.

In aree [di terraferma] adiacenti alla recinzione perimetrale [lato interno della Striscia] e [di mare], al largo della costa di Gaza, le forze israeliane, per far rispettare le restrizioni di accesso [imposte ai palestinesi], hanno aperto il fuoco di avvertimento in almeno 35 occasioni non collegate a proteste, causando il ferimento di un palestinese. Un minore palestinese è morto per le ferite riportate il 4 aprile; secondo quanto riferito, era stato colpito durante il tentativo di infiltrarsi in Israele. In circostanze diverse, le forze israeliane hanno arrestato nove palestinesi, tra cui due minori; secondo quanto riferito, tentavano di entrare in Israele attraverso la recinzione perimetrale. Inoltre, in un’occasione, le forze israeliane sono entrate nella Striscia, ad est di Rafah, ed hanno effettuato operazioni di spianatura del terreno e di scavo vicino alla recinzione perimetrale.

In Cisgiordania, in numerosi scontri, sono stati feriti dalle forze israeliane 405 palestinesi. Sale quindi a oltre 1.400 il numero di palestinesi feriti dall’inizio dell’anno. In un episodio rilevante verificatosi il 9 aprile durante scontri nella zona di Hebron controllata da Israele (H2), le forze israeliane hanno sparato numerose bombolette lacrimogene all’interno di un complesso scolastico maschile. Come conseguenza, 350 palestinesi [dei 405 riportati sopra], prevalentemente studenti, hanno avuto bisogno di trattamento medico per inalazione di gas. Il 18 aprile, durante scontri con forze israeliane verificatisi nel Campo profughi di Qalandiya (Gerusalemme), una scuola femminile dell’UNRWA [Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi] è stata evacuata a causa delle bombolette di gas lacrimogeno cadute all’interno del complesso. Altri 13 palestinesi sono rimasti feriti nelle operazioni di ricerca-arresto condotte dall’esercito israeliano in Al ‘Eizariya ed Hizma a Gerusalemme, ed in An Nabi Saleh e Al Mazra’a al Qibliya a Ramallah. Complessivamente sono state condotte 170 operazioni di ricerca-arresto, durante le quali sono stati arrestati 155 palestinesi. Altri cinque palestinesi sono rimasti feriti nei villaggi di Kafr Qaddum (Qalqiliya) e di Ni’lin (Ramallah) nel corso delle proteste settimanali contro l’espansione degli insediamenti.

La maggior parte delle rimanenti lesioni (evidenziate nel prosieguo del rapporto) sono state prodotte nel corso di scontri che hanno visto il protagonismo di coloni.Complessivamente, quasi il 90% delle lesioni registrate nel periodo di riferimento sono state causate da inalazione di gas lacrimogeno richiedenti cure mediche, il 4% da proiettili di gomma, il 2% da aggressioni fisiche e l’1% da armi da fuoco.

Coloni israeliani hanno effettuato 12 aggressioni che hanno causato il ferimento di 23 palestinesi e danni a proprietà palestinesi [segue dettaglio]. In due distinti episodi verificatisi il 13 e il 18 aprile nella zona H2 della città di Hebron,  coloni hanno attaccato, con spray al peperoncino, quattro palestinesi, di cui due donne. Altri 19 palestinesi sono stati feriti da coloni (o da soldati che li accompagnavano) in scontri conseguenti all’ingresso di coloni in villaggi palestinesi; due di tali villaggi si trovano nel Governatorato di Ramallah (Turmus’ayya e Al Mazra’a al Qibliya) e due nel Governatorato di Nablus (Urif e Burin). Inoltre, coloni israeliani hanno vandalizzato quattro trattori nel villaggio di Qaryut (Nablus) e 23 auto in ‘Ein Yabrud (Ramallah); in quest’ultima località hanno anche spruzzato scritte sui muri di tre case. Ad ‘Asira al Qibliya (Nablus), nel tentativo di appropriarsene, coloni hanno recintato circa 50.000 m2 di terra attigua all’insediamento colonico di Yitzhar, ma di proprietà palestinese. Vicino all’insediamento-avamposto [cioé, non legalizzato da Israele] di Adei Ad (Ramallah), palestinesi hanno riferito che, in un’area il cui accesso richiede un preventivo accordo con le autorità israeliane, sono stati vandalizzati 55 ulivi.

In occasione delle festività pasquali, per facilitare l’ingresso dei coloni ad un sito archeologico interno al villaggio palestinese di Sabastiya (Nablus), dal 21 aprile, i soldati israeliani hanno chiuso una strada ed hanno preso il controllo dei tetti vicini come punti di osservazione; in conseguenza di ciò, i residenti sono costretti ad utilizzare strade alternative. Inoltre, durante il periodo di riferimento, vicino al villaggio di Tuqu’ (Betlemme), un palestinese è morto, a quanto riferito, dopo essere stato investito da un veicolo guidato da un colono (non incluso nel totale riportato sopra).

28 strutture di proprietà palestinese sono state demolite, sfollando 33 persone e colpendo i mezzi di sostentamento di altre 100; tutte le proprietà, tranne tre, sono state demolite per mancanza di permessi di costruzione rilasciati da Israele [segue dettaglio]. Dieci delle strutture erano situate in cinque Comunità dell’Area C; 15, tra cui sette abitazioni, si trovavano in diverse località a Gerusalemme Est. Sempre a Gerusalemme Est, una stalla per cavalli e un magazzino sono stati demoliti nel quartiere Silwan di Wadi Yasul; in questo caso la Corte distrettuale israeliana aveva respinto tre appelli presentati da residenti palestinesi che contestavano gli ordini di demolizione. Le altre demolizioni avvenute nel periodo di riferimento sono state eseguite per motivi “punitivi”: di queste, due appartamenti si trovavano nella zona A della città di Hebron ed appartenevano alla famiglia di un palestinese accusato di aver ucciso un colono israeliano il 7 febbraio. L’altra era una abitazione in zona B, nel villaggio di Kobar (Ramallah), appartenuta ad un palestinese accusato di aver perpetrato un attacco che, nei pressi dell’insediamento di Ofra (Ramallah), provocò la morte di un bambino e il ferimento di altri sette coloni israeliani; successivamente, il 12 dicembre, l’uomo fu ucciso dalle forze israeliane. Le demolizioni a Silwan e Kobar [di cui sopra] hanno innescato scontri con le forze israeliane, durante i quali due palestinesi sono rimasti feriti. Inoltre, il 15 aprile, le forze israeliane hanno confiscato un camion che trasportava materiale per un progetto idrico da realizzare nell’area di Tubas e finanziato da donatori.

Il 10 aprile, un colono che transitava vicino al villaggio di Tuqu’, in Hebron, è rimasto ferito nel suo veicolo, colpito da un martello lanciato da un palestinese. Secondo resoconti di media israeliani, tra il 20 e il 22 aprile, palestinesi hanno lanciato pietre contro veicoli israeliani che viaggiavano sulla strada 443, nell’area di Ramallah, e sulla strada 60, nelle aree di Hebron e Betlemme, causando danni ad almeno quattro veicoli.

Durante il periodo di riferimento, il valico di Rafah tra Gaza e l’Egitto (controllato dall’Egitto) è stato aperto per cinque giorni in entrambe le direzioni e quattro giorni in una direzione. Un totale di 3.387 persone, tra cui 1.510 pellegrini, sono entrati a Gaza; 3.244, tra cui 1.577 pellegrini, ne sono usciti.

nota 1:

I Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati ogni due settimane in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informa-zioni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati.

sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina: https://www.ochaopt.org/reports/protection-of-civilians

L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano (vedi di seguito) l’edizione inglese dei Rapporti.

nota 2: Nella versione italiana non sono riprodotti i dati statistici ed i grafici. Le scritte [in corsivo tra parentesi quadre]

sono talvolta aggiunte dai traduttori per meglio esplicitare situazioni e contesti che gli estensori dei Rapporti

a volte sottintendono, considerandoli già noti ai lettori abituali.

nota 3: In caso di discrepanze (tra il testo dei Report e la traduzione italiana), fa testo il Report originale in lingua inglese.

Associazione per la pace – Via S. Allende, 5 – 10098 Rivoli TO; e-mail: assopacerivoli@yahoo.it




Il ‘kahanismo’: la logica conclusione del sionismo

Asa Winstanley

2 aprile 2019, Middle East Monitor

Tutti sanno che Kahane aveva ragione’

Nelle elezioni israeliane che si terranno questo mese una coalizione di estrema destra, guidata dall’attuale primo ministro Benjamin Netanyahu, sarà probabilmente vincente.

L’attuale compagine di parlamentari probabilmente includerà i kahanisti del partito ‘Otzma Yehudit’ (Potere Ebraico).

Il rabbino Meir Kahane era un fanatico razzista antiarabo e antipalestinese. Chiedeva esplicitamente che i palestinesi fossero espulsi dalla Palestina storica – che definiva la “terra di Israele”, dal fiume (Giordano) al mare (Mediterraneo).

Il suo libro del 1981 era un sermone diretto e vero e proprio che sosteneva la pulizia etnica esplicitamente razzista della Palestina. Si intitolava “Devono andarsene”.

Kahane, come molti sionisti, era talmente razzista che si rifiutava di usare il termine “palestinesi”, sostenendo che essi non esistevano realmente ed erano semplicemente “arabi” che erano arrivati nella terra di Israele in periodi successivi – un comune mito sionista.

“Gli ebrei e gli arabi della terra di Israele sostanzialmente non possono coesistere”, ha scritto. “Per noi c’è solo una strada percorribile: il trasferimento immediato degli arabi da Eretz Yisrael, la Terra di Israele, verso le loro terre.”

A New York nel 1968 aveva fondato la cosiddetta “Jewish Defence League” [Lega di Difesa Ebraica] (JDL). Questo gruppo di estremisti sionisti era violentemente razzista nei confronti degli afro-americani, dei palestinesi e degli altri arabi.

Per anni ha condotto una campagna interna di terrore contro obbiettivi civili – soprattutto palestinesi, altri arabi e sovietici – ma a volte anche contro altri ebrei e addirittura sionisti, quando doveva risolvere conflitti intestini.

Furono presi di mira gli uffici del famoso intellettuale palestinese Edward Said. E’ stata messa una bomba nell’ufficio dell’attivista palestinese-americano per i diritti civili Alex Odeh, provocando l’uccisione di Odeh.

I principali sospettati dall’FBI fuggirono in Israele, dove alcuni di loro sono tuttora nascosti.

Nel 1971 Kahane si trasferì in Israele, dove fondò il partito Kach ed iniziò a partecipare alle elezioni. Kahane affermò che il Kach era la sezione israeliana della JDL. Questa venne infine giudicata un’organizzazione terroristica dall’FBI e il Kach venne messo fuorilegge persino da Israele.

Alla fine nel 1984 Kahane entrò alla Knesset, il parlamento israeliano. Probabilmente il suo partito avrebbe guadagnato più seggi nelle elezioni del 1988, ma gli fu proibito di presentarsi dopo essere stato messo fuorilegge.

Kahane fu assassinato a New York nel 1990, ma il suo pensiero politico sopravvive oggi in molti partiti politici israeliani. Non si tratta solo di ‘Potere ebraico’, benché sia già abbastanza cattivo.

I capi di ‘Potere ebraico’ sono Michael Ben-Ari e Baruch Marzel.

Marzel è uno dei coloni israeliani più violentemente radicali della Cisgiordania. Vive nella colonia di Tel Rumeida, nella città occupata di Hebron, ed ha partecipato alla creazione di molte colonie simili, espellendo con la violenza i palestinesi e colonizzando la loro terra.

I sostenitori di Marzel hanno scritto che lui è stato, per 25 anni, “la mano destra del rabbino Meir Kahane”, entrando nel Kach quando era giovane e fungendo da suo portavoce per un decennio.

Ha anche “guidato il fronte militare in Giudea e Samaria (la Cisgiordania), agendo con mano ferma e senza compromessi contro il nemico arabo”, come si è vantato un tempo in un “Curriculum Vitae ed esposizione delle attività pubbliche”, ora cancellato.

Marzel per decenni ha celebrato una commemorazione presso la tomba di Baruch Goldstein – un noto seguace americano di Kahane, che massacrò 29 civili palestinesi nel 1994 nella moschea di Ibrahim a Hebron.

Questi sono i sionisti estremisti che adesso pare che Netanyahu farà entrare nel governo. Netanyahu ha spinto perché ‘Potere ebraico’ venisse integrato in un’ampia coalizione di estrema destra, rendendone molto più probabile la partecipazione nel suo governo di coalizione.

Le lobby israeliane negli Stati Uniti hanno stranamente condannato ‘Potere ebraico’. Per esempio, l’“American Jewish Committee” [Commissione Ebraica Americana] ha affermato che “le opinioni di ‘Potere ebraico’ sono deplorevoli. Non rispecchiano i valori fondamentali che stanno alla base della creazione dello Stato di Israele.”

Quest’ultima affermazione è tuttavia palesemente falsa, considerando il fatto che lo Stato di Israele è stato fondato sulla pulizia etnica di oltre 750.000 palestinesi espulsi dalla Palestina.

A quanto pare, solo la “Zionist Organisation of America” [Organizzazione Sionista Americana] (ZOA) di Morton Klein, apertamente razzista nei confronti dei palestinesi, ha spalleggiato Netanyahu sulla questione di ‘Potere ebraico’.

Secondo il quotidiano liberale israeliano Haaretz, questo è dovuto al fatto che la ZOA ha rapporti finanziari più stretti e diretti con il donatore miliardario sionista americano di estrema destra antipalestinese Sheldon Adelson.

Benché la dichiarazione di ZOA – che di per sé è palesemente razzista– non vada presa del tutto sul serio, bisogna riconoscere che il presidente di ZOA Morton Klein ha ragione quando afferma che la condanna da parte di AIPAC, ADL, AJC e delle altre lobby filoisraeliane è “ipocrita”.

Assomiglia alla condanna fatta a marzo nei confronti di Netanyahu per aver detto che Israele non è uno Stato per tutti i suoi cittadini, ma solo per gli ebrei. In entrambi i casi, l’indignazione non si riferisce alla sostanza del razzismo israeliano, ma al fatto che i leader dell’estrema destra israeliana accampano la pretesa e la finzione che Israele non sia uno Stato razzista e che il sionismo non sia razzismo.

Sono menzogne difficili da sostenere quando i tuoi politici seguono come un guru l’uomo che ha asserito che gli arabi se ne debbano andare.

Uno degli slogan popolari tra i coloni israeliani è “Oggi tutti sanno che Kahane aveva ragione”. Non c’era bisogno che Netanyahu togliesse il bando sul partito Kach, perché la maggior parte di ciò che Kahane sosteneva è stata adottata in toto dai principali partiti politici israeliani.

Le opinioni espresse in questo articolo sono dell’autore e non riflettono necessariamente la politica editoriale di Middle East Monitor.

(Traduzione di Cristiana Cavagna)




Soldati israeliani arrestano bambino di 10 anni

Soldati israeliani irrompono in una scuola palestinese e arrestano un bambino di 10 anni

Soldati pesantemente armati entrano nella scuola a Hebron occupata, minacciano gli insegnanti e portano via un bambino andando probabilmente oltre il loro potere di arrestarlo perché troppo giovane

+972

Di Meron Rapoport – 21 marzo 2019

 

Questa settimana soldati israeliani pesantemente armati hanno fatto irruzione in una scuola palestinese a Hebron, nella Cisgiordania occupata, ed hanno portato via un bambino di 10 anni. Per le leggi israeliane sia civili che militari l’età minima per essere imputati penalmente è di 12 anni.

Benché i soldati in questo caso siano probabilmente andati oltre il loro potere, non sarebbe la prima volta che ciò accade. È stato documentato che nel corso degli anni soldati israeliani hanno arrestato e imprigionato bambini palestinesi ancora più giovani, soprattutto ad Hebron.

L’episodio di questa settimana è avvenuto alla scuola Haj Ziad Jaber di Hebron, una città della Cisgiordania in cui centinaia di soldati israeliani sono dislocati in permanenza vicino a centinaia di coloni ebrei e a decine di migliaia di palestinesi.

Mentre i coloni ebrei che vivono nella stessa città sono sottoposti alle leggi civili israeliane, i palestinesi, anche quelli che abitano nella stessa via, sono sottoposti alle leggi militari e possono essere arrestati in qualunque momento dalle truppe israeliane – un esercito straniero.

Secondo un articolo di Ma’an News [sito di notizie palestinese, ndt.], che ha pubblicato un video dell’episodio, i soldati hanno fatto irruzione nella scuola e hanno trascinato via il bambino dall’aula. La scuola ha scritto sulla sua pagina Facebook che il bambino frequenta la quarta elementare.

Nel video si può vedere un ufficiale dell’esercito israeliano afferrare il bambino, che sembra giovanissimo. Qualche adulto palestinese, compreso il vice-preside della scuola, cerca di impedire ai soldati di portarselo via.

Si vede un altro soldato israeliano spingere un anziano palestinese, che Ma’an ha identificato come il vice-preside. Quando un altro insegnante palestinese cerca di spiegare ai soldati che si tratta di un bambino piccolo, l’ufficiale israeliano gli risponde in ebraico: “Hanno lanciato pietre, non mi importa la loro età,” aggiungendo che li avrebbe portati in una stazione di polizia israeliana.

Quando il vice-preside chiede ai soldati israeliani di spiegare in arabo quello che sta succedendo, l’ufficiale dell’esercito risponde, di nuovo in ebraico: “Non me ne frega niente del tuo arabo.”

La maggioranza dei palestinesi non parla ebraico e quasi tutti i soldati israeliani, persino quelli con funzioni che richiedono loro di interagire quotidianamente con la popolazione palestinese occupata, non parla arabo.

Nel video ad un certo punto si vede l’ufficiale israeliano parlare nella sua radio e ordinare ad altri soldati di entrare a scuola, dicendo: “Ci sono insegnanti che mi stanno saltando addosso.” Un altro soldato allora minaccia di rompere un braccio a uno dei maestri palestinesi.

Quando un insegnante palestinese chiede di parlare con un ufficiale israeliano di grado superiore, l’ufficiale che per primo ha fatto irruzione nella scuola per arrestare il bambino risponde: “Parla con chi vuoi, non me ne frega niente.”

Alla fine, dopo che i rinforzi dell’esercito israeliano hanno occupato i corridoi della scuola elementare, ognuno con in mano un fucile da guerra, i soldati portano via il bambino palestinese di 10 anni e almeno uno degli adulti.

Secondo Ma’an, “fonti locali” hanno detto che a quel punto le autorità palestinesi hanno cercato di intervenire e il bambino è stato rilasciato qualche tempo dopo.

Gaby Lasky, avvocatessa israeliana specializzata in diritti umani nei territori palestinesi occupati, ha affermato che, poiché l’età minima per essere imputati penalmente è di 12 anni, “i soldati non avevano l’autorità di arrestare il bambino.”

“Ogni soldato, e sicuramente ogni ufficiale, dovrebbe sapere di non avere l’autorità legale di arrestare o giudicare un bambino di quell’età,” ha spiegato Lasky. Anche entrare in una scuola durante le ore di lezione con delle armi, senza autorizzazione e senza essersi messi d’accordo con la direzione della scuola è una cosa che dovrebbe essere vietata. Di solito, dice, persino l’esercito evita di farlo.

Lasky dice che sta pensando di presentare un esposto contro i soldati per essere entrati nella scuola ed aver arrestato il bambino.

Un portavoce dell’esercito israeliano ha risposto affermando che un gruppo di studenti aveva lanciato pietre verso auto israeliane nella colonia ebraica di Hebron e che, in seguito all’incidente, una “forza militare ha fatto un ammonimento verbale agli scolari, ma non sono stati arrestati.”

Tuttavia, ha aggiunto il portavoce, “l’episodio verrà indagato e in base a ciò verrà chiarito il regolamento.”

 

Meron Rapoport è un giornalista di “Local Call” [sito di notizie in ebraico di +972, ndt.], dove è già stata pubblicata una versione in ebraico di questo articolo.

 

(traduzione di Amedeo Rossi)

 

 




Netanyahu vuole espellere gli osservatori internazionali da Hebron

MEE e agenzie

lunedì 28 gennaio 2019, Middle East Eye

Benjamin Netanyahu afferma che non rinnoverà il mandato degli osservatori TIPH dall’infiammabile città della Cisgiordania.

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha deciso di espellere un posto di osservazione internazionale inteso a garantire i palestinesi di Hebron, una città nella Cisgiordania occupata, accusando la missione di attività anti-israeliane.

Non consentiremo la continuità di una forza internazionale che agisce contro di noi,” ha affermato lunedì Netanyahu in una dichiarazione riguardo alla Temporary International Presence in Hebron [Presenza Internazionale Temporanea ad Hebron, ndtr.] (TIPH).

Netanyahu non ha specificato il presunto comportamento scorretto della TIPH, che schiera personale da Norvegia, Italia, Svezia, Svizzera e Turchia, né ha detto quando pensa di espellerla.

L’accordo per il dispiegamento di osservatori della TIPH ad Hebron venne raggiunto tra Israele e l’Autorità Nazionale Palestinese nel 1994, dopo che un colono israeliano aveva ucciso 29 fedeli nella moschea di Ibrahim, un luogo santo sia per i musulmani che per gli ebrei, che la definiscono la “Tomba dei Patriarchi”.

Tuttavia il gruppo non iniziò il proprio lavoro in città fino al 1998, dopo che l’esercito israeliano rifiutò di lasciare Hebron in seguito alla fondazione di una colonia israeliana illegale nel cuore della città.

Lunedì il giornale israeliano Haaretz ha informato che l’ultimo mandato della TIPH – schierata per un tempo di sei mesi rinnovabili – dovrebbe terminare il 31 gennaio

Il gruppo non ha ancora commentato la decisione di Netanyahu.

Violazioni dei diritti umani da parte israeliana a Hebron

Associazioni per i diritti umani hanno a lungo criticato le politiche israeliane ad Hebron, una città nel sud della Cisgiordania che ha sia zone sotto il controllo dell’ANP che parti controllate dall’esercito israeliano.

Da quando coloni israeliani hanno fondato un insediamento nel centro della città in seguito al massacro dei fedeli 35 anni fa, Israele ha sottoposto i palestinesi di Hebron a gravi restrizioni negli spostamenti, costruito una serie di posti di controllo militarizzati e ha di fatto paralizzato quello che una volta era un florido centro di attività commerciali.

Il gruppo israeliano per i diritti umani B’Tselem afferma che a Hebron Israele “ha imposto una segregazione fisica e giuridica tra le centinaia di coloni e le migliaia di abitanti palestinesi.”

Ciò, insieme alla violenza dei coloni e delle forze di sicurezza, ha reso la vita intollerabile ai palestinesi, portando ad un esodo di massa e al collasso economico della zona centrale.” Da quando è stata attivata, la TIPH ha “osservato e registrato violazioni degli accordi e delle leggi umanitarie internazionali e di quelle per i diritti umani,” sostiene l’associazione nel suo sito in rete.

Lunedì i palestinesi hanno denunciato la decisione di Netanyahu di espellere gli osservatori internazionali.

La decisione del governo israeliano significa che ha abbandonato l’applicazione degli accordi firmati sotto garanzia internazionale ed è venuto meno ai propri impegni in base a questi accordi,” ha detto alla Reuters [agenzia di stampa britannica, ndtr.] Nabil Abu Rudeineh, portavoce del presidente palestinese Mahmoud Abbas.

Lo scorso mese Haaretz ha informato che un’inchiesta della TIPH con “rapporti su 40.000 incidenti” ha mostrato che Israele ha violato le leggi internazionali limitando i movimenti dei palestinesi in città.

Le colonie israeliane in Cisgiordania sono illegali in base alle leggi internazionali.

Tuttavia Netanyahu ha giocato le sue credenziali a favore dei coloni in quanto cerca di essere rieletto nelle votazioni del 9 aprile.

Sempre lunedì il primo ministro israeliano ha visitato Gush Etzion, una striscia di colonie e avamposti nel sud della Cisgiordania e si è impegnato a continuare il sostegno del suo governo ai coloni israeliani che vi vivono.

Ci vogliono sradicare da qui. Non ci riusciranno,” ha detto Netanyahu, come riferito dall’ufficio stampa del governo.

C’è una linea di pensiero che afferma che il modo per raggiungere la pace con gli arabi è essere cacciati dalla nostra terra. Questo è il cammino sicuro per raggiungere il contrario di questo sogno.”

(traduzione di Amedeo Rossi)




Cecchino israeliano uccide donna di Gaza, prima vittima del 2019

Maureen Clare Murphy

11 gennaio 2019 Electronic Intifada

Una donna colpita venerdì durante le proteste nella Striscia di Gaza occupata è la prima vittima palestinese per mano delle forze di occupazione israeliane nel 2019. Lo stesso giorno un uomo palestinese è stato colpito e gravemente ferito dalle forze israeliane in Cisgiordania.

Amal al-Taramsi, 44 anni, è morta a est di Gaza City dopo che le hanno sparato con proiettili veri alla testa durante le manifestazioni della Grande Marcia del Ritorno. Secondo il gruppo per i diritti umani con sede a Gaza “Al Mezan”, quando è stata colpita si trovava a 200 metri dalla barriera di confine.

Al-Taramsi è la terza donna ad essere uccisa durante la serie di proteste iniziate il 30 marzo dello scorso anno. Le altre due vittime sono state la dottoressa Razan al-Najjar e la quattordicenne Wesal al-Sheikh Khalil.

Più di 180 palestinesi sono stati uccisi durante le dimostrazioni della Grande Marcia del Ritorno che si sono tenute lungo i confini orientali e settentrionali di Gaza.

Secondo Al Mezan, le forze israeliane hanno anche lanciato di proposito candelotti lacrimogeni contro i corpi di palestinesi durante le proteste di venerdì, ferendo 68 persone.

Paramedici e giornalisti presi di mira

Il paramedico volontario Mustafa al-Sinwar, 22 anni, è rimasto gravemente ferito quando è stato colpito alla gola da un lacrimogeno mentre svolgeva il suo lavoro durante le manifestazioni a est di Khan Younis, a sud di Gaza.

Husni Salah, 25 anni, fotogiornalista che lavora per l’agenzia di notizie AFP [Agenzia France Presse, ndtr.], è stato colpito al volto con un candelotto lacrimogeno mentre stava informando sulle proteste lungo il confine centro-orientale di Gaza.

Anche un altro giornalista, Hussein Karsou, 44 anni, è stato colpito al volto da un lacrimogeno a est di Gaza City.

Circa 150 palestinesi sono rimasti feriti durante le proteste di venerdì. Un filmato mostra una persona che sarebbe stata gravemente ferita dopo essere stata colpita alla testa.

Il ministero della Salute di Gaza ha affermato che, da quando sono iniziate, circa 14.000 persone sono state ricoverate in ospedale per le ferite riportate durante le manifestazioni della Grande Marcia del Ritorno.

I dimostranti chiedono la fine dell’assedio israeliano contro il territorio e che i rifugiati palestinesi possano esercitare il loro diritto al ritorno alle terre da cui le loro famiglie sono state espulse nel periodo della fondazione di Israele nel 1948.

Due terzi dei più di due milioni di abitanti di Gaza sono rifugiati, molti dei quali originari delle terre che si trovano appena al di là della barriera di confine di Israele.

Nel contempo nella Cisgiordania occupata un uomo palestinese è stato colpito da un civile israeliano e da soldati.

L’esercito israeliano sostiene che Ghazi Skafi, 35 anni, ha cercato di accoltellare dei soldati a un posto di controllo militare nella colonia di Kiryat Arba [colonia di stremisti nazional-religiosi, ndtr.], nei pressi di Hebron.

Un video mostra che l’uomo è stato colpito due volte, prima da un uomo con abiti civili e poi da un soldato in uniforme. “Uccidilo” dice nel filmato in inglese un uomo non ripreso dalla telecamera.

Si sentono anche persone che assistono alla scena affermare “Dio è buono, dio è buono” e “Brucia all’inferno, stronzetto” in inglese con accento nordamericano.

Il video mostra Skafi steso sulla strada con sopra una coperta. La cinepresa si sposta verso destra e mostra a terra quello che sembra un piccolo coltello.

Secondo quanto riferito dai media, Skafi è stato curato all’ospedale per ferite all’addome e alle gambe.

Lo scorso anno le forze israeliane e civili armati hanno ucciso 15 palestinesi responsabili, o presunti tali, di attacchi contro israeliani in Cisgiordania.

Incursioni a Ramallah

Questa settimana per cinque giorni consecutivi le forze israeliane hanno fatto incursioni a Ramallah, la sede dell’Autorità Nazionale Palestinese in Cisgiordania, e nella vicina città di al-Bireh.

Gli attacchi hanno avuto luogo nel contesto di una caccia all’uomo alla ricerca di un palestinese che la scorsa settimana ha aperto il fuoco contro un autobus che trasportava coloni israeliani, ferendone uno.

Le forze di occupazione hanno fatto irruzione in negozi ed hanno sequestrato riprese di telecamere di sicurezza.

Un’abitante di Ramallah si è servita di Twitter per descrivere come le incursioni hanno colpito la sua vita familiare.

Durante gli attacchi giovani palestinesi si sono scontrati con le forze di occupazione israeliane.

All’inizio della settimana le forze israeliane hanno arrestato Assem Barghouti, che Israele accusa di aver perpetrato l’aggressione armata in cui il mese scorso sono rimasti feriti a morte due soldati in Cisgiordania.

È anche accusato da Israele di essere coinvolto in un’altra sparatoria in Cisgiordania a dicembre, in cui una donna israeliana incinta è stata gravemente ferita. Il suo bambino, nato prematuro, è morto pochi giorni dopo il parto indotto.

Israele ha incolpato Saleh Barghouti, fratello di Assem, di essere l’uomo armato che ha perpetrato l’attacco.

Lo scorso mese il gruppo palestinese per i diritti umani Al-Haq ha fatto un pressante appello riguardo al caso di Saleh Barghouti al Gruppo di Lavoro dell’ONU per le Persone Forzatamente o Involontariamente Scomparse.

Secondo la documentazione di Al-Haq, compresi testimoni oculari, Barghouti è stato catturato vivo il 12 dicembre. Qualche ora dopo la sua scomparsa, i media israeliani hanno informato che Barghouti era stato ucciso da Yamam, un’unità speciale della polizia di frontiera di Israele.

(traduzione di Amedeo Rossi)