Rapporto OCHA del periodo 13 – 26 settembre

La versione in italiano dei rapporti ONU OCHA OPT è stata curata negli ultimi 10 anni dall’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, ma purtroppo questo prezioso lavoro si è ora interrotto per la scomparsa di Ezio Romanelli che con costanza e competenza provvedeva alla loro pubblicazione. Nella speranza che altri raccolgano stabilmente questa importante eredità, AssoPacePalestina si offre di colmare intanto questa lacuna.

Tre palestinesi, tra cui un minore, e un ufficiale israeliano sono stati uccisi a Jenin.

Il 14 settembre, due uomini palestinesi hanno avuto uno scambio di fuoco con i soldati israeliani di stanza al checkpoint di Jalama (Jenin), vicino al confine settentrionale della Cisgiordania con Israele. Come risultato, entrambi i palestinesi (22 e 23 anni), uno dei quali lavorava nei servizi di sicurezza palestinesi, e un ufficiale israeliano sono stati uccisi. Il giorno successivo, le forze israeliane hanno fatto irruzione a Kafr Dan (Jenin), da dove provenivano gli attentatori, e hanno preso le misure delle case delle due famiglie, a quanto pare in preparazione della loro demolizione punitiva. Durante l’incursione, le forze israeliane hanno sparato munizioni vere e bombole di gas lacrimogeno contro i residenti che lanciavano pietre. Un ragazzo di 17 anni è stato colpito e ucciso, e altri tre sono stati feriti con munizioni vere. Un altro palestinese è stato arrestato. Il 15 settembre, le autorità israeliane hanno chiuso per quattro giorni i checkpoint Jalama e Salem, al confine tra la Cisgiordania e Israele, vicino a Jenin, e hanno impedito ai residenti a Kafr Dan (Jenin), anche se titolari di un permesso, di entrare in Israele attraverso qualsiasi checkpoint fino al 29 settembre. Ai parenti dei responsabili è ancora vietato l’uso dei checkpoint fino a nuovo avviso.

Le forze israeliane hanno sparato e ucciso un uomo palestinese e ne hanno feriti altri tre a Nablus. Il 25 settembre, durante un’operazione militare nella città di Nablus, le forze israeliane hanno aperto il fuoco contro un uomo palestinese in moto, che secondo le autorità israeliane era armato, uccidendolo. Alla fine del periodo di riferimento di questo rapporto, il suo corpo è ancora trattenuto dalle autorità israeliane. Successivamente, si è verificato uno scambio di fuoco tra Palestinesi armati e forze israeliane e tre Palestinesi armati sono stati feriti con munizioni vere.

Due palestinesi sono stati colpiti e uccisi durante due loro attacchi, o presunti tali, in Cisgiordania e in Israele. Il 24 settembre, un uomo palestinese di 36 anni ha, secondo quanto riportato, speronato con il suo veicolo un’auto della polizia israeliana parcheggiata sul ciglio della strada vicino all’insediamento di Gilad Farm (Nablus), prima di essere colpito e ucciso da un soldato israeliano. Secondo i media israeliani, un agente di polizia israeliano è rimasto ferito. Mentre le autorità israeliane hanno affermato che lo speronamento è stato intenzionale, i testimoni oculari e le prime indagini di un’organizzazione per i diritti umani suggeriscono che si è trattato di un incidente e che la vittima ha perso il controllo del suo veicolo. Il 22 settembre, un uomo palestinese di 23 anni, proveniente dall’area di At Tur, a Gerusalemme Est, ha aggredito fisicamente, tentato di accoltellare e spruzzato dello spray al peperoncino contro gli israeliani seduti nei veicoli che si erano fermati ad un semaforo, su un tratto della Strada 443 che corre all’interno di Israele, vicino al confine con la Cisgiordania, ferendone otto, secondo i media israeliani. L’uomo palestinese è stato colpito e ucciso da un agente della Polizia di Frontiera fuori servizio. Alla fine del periodo di riferimento di questo rapporto, entrambi i corpi dei palestinesi sono ancora trattenuti dalle autorità israeliane. Dall’inizio dell’anno, dodici Palestinesi sono stati colpiti e uccisi dalle forze israeliane durante attacchi palestinesi o tentati/presunti attacchi contro israeliani in Cisgiordania e Israele.

Un passante palestinese è stato colpito e ucciso e altri due sono stati feriti dalle forze di sicurezza palestinesi a Nablus. Il 19 settembre, le forze di sicurezza palestinesi hanno condotto un’operazione a Nablus per arrestare un uomo palestinese dichiarato ‘ricercato’ dalle autorità israeliane. Successivamente, si è verificato uno scambio di fuoco tra le forze di sicurezza palestinesi e le fazioni armate palestinesi, che chiedevano il rilascio dell’uomo. Nel corso dell’incidente si sono verificati lanci di pietre e incendio di pneumatici. Un palestinese, a quanto pare un passante, è stato colpito e ucciso con uno sparo e altri due sono stati feriti.

In totale, 175 palestinesi, tra cui almeno 29 minori, sono stati feriti dalle forze israeliane in tutta la Cisgiordania, di cui 17 sono stati colpiti da munizioni vere. 115 dei feriti sono stati registrati nei pressi di Beita e Beit Dajan (entrambi a Nablus), Kafr Qaddum (Qalqilya) e At Tuwani (Hebron) durante le proteste contro gli insediamenti. Altri 23 palestinesi sono stati feriti in una manifestazione vicino a Qusra (Nablus), dove protestavano contro la chiusura dal 13 settembre dell’ingresso principale del villaggio con cumuli di terra da parte delle forze israeliane. A Huwwara (Nablus), tre palestinesi sono stati feriti quando i coloni israeliani, accompagnati dalle forze israeliane, hanno aggredito fisicamente i residenti e lanciato pietre contro i veicoli e i negozi della comunità. Secondo fonti palestinesi, le forze israeliane hanno sparato bombe sonore, candelotti di gas lacrimogeno e proiettili di gomma contro i residenti che lanciavano pietre (maggiori dettagli di seguito). Altre 28 persone sono state ferite in sette operazioni di perquisizione e arresto e in operazioni militari a Kafr Dan (Jenin), Husan (Betlemme), Beit Ummar, At Tuwani (entrambi a Hebron) e nella città di Nablus. In due incidenti, le forze israeliane hanno sparato munizioni vere contro Palestinesi che cercavano di raggiungere i loro cantieri di lavoro in Israele, passando attraverso aperture informali nella Barriera vicino a Tulkarm e Ramallah; uno è stato ferito dalle munizioni vere e altri 15 sono stati arrestati. Dall’inizio dell’anno, tre lavoratori palestinesi sono stati colpiti e uccisi e altri 30 sono stati feriti dalle forze israeliane mentre cercavano di attraversare le aperture informali della Barriera. In un altro incidente, a seguito dell’attacco palestinese sulla strada 443 il 22 settembre (vedi sopra), le forze israeliane hanno fatto irruzione nella zona di At Tur a Gerusalemme Est, da dove proveniva l’autore dell’attacco. Decine di poliziotti sono stati dispiegati, bloccando la circolazione dei residenti e innescando scontri con le forze israeliane. Come risultato, cinque palestinesi sono stati feriti con proiettili di gomma.

Il 26 settembre, sono stati registrati ferimenti e arresti di palestinesi a Haram al Sharif/Monte del Tempio, nella Città Vecchia di Gerusalemme. Quel giorno, coloni e altri israeliani hanno avuto accesso al complesso per il Capodanno ebraico. Le autorità israeliane hanno schierato migliaia di poliziotti e installato barriere metalliche all’interno e intorno alla Città Vecchia, limitando l’accesso dei palestinesi, anche ad Haram al Sharif/Monte del Tempio. Le forze israeliane hanno sparato proiettili di gomma, granate stordenti e candelotti di gas lacrimogeno contro i palestinesi nella Moschea Al Qibli e hanno chiuso i suoi cancelli con catene di ferro per diverse ore, impedendo ai fedeli di lasciare la struttura. Secondo le autorità israeliane, i palestinesi hanno lanciato pietre e petardi. Almeno due uomini palestinesi sono stati feriti e cinque palestinesi sono stati aggrediti fisicamente e arrestati dalle forze israeliane.

Le autorità israeliane hanno demolito o confiscato 45 strutture di proprietà palestinese nell’Area C della Cisgiordania, adducendo la mancanza di permessi di costruzione rilasciati da Israele; quattro delle strutture erano state fornite come aiuti umanitari finanziati da donatori. In conseguenza di ciò, 21 persone, tra cui 13 minori, sono state sfollate e sono stati colpiti i mezzi di sostentamento di circa 270 altre persone. Tutte le strutture si trovavano nell’Area C, comprese 13 strutture sequestrate senza preavviso, il che ha impedito ai proprietari di opporsi in anticipo. Questo rappresenta un aumento significativo di tali sequestri rispetto alla media bisettimanale dall’inizio dell’anno (quattro). A Ras ‘Atiya (Qalqiliya) e Kur (Tulkarm), le autorità israeliane hanno sigillato due pozzi, situati nell’Area B, senza preavviso. I pozzi erano l’unica fonte di irrigazione per circa 400 ettari di terreno coltivato e venivano utilizzati anche per l’acqua potabile; la loro chiusura colpisce più di 8.000 palestinesi in tre villaggi circostanti.

Durante il periodo di riferimento, le forze israeliane hanno condotto 120 operazioni di perquisizione e arresto e hanno arrestato 216 Palestinesi, tra cui almeno dieci minori, in tutta la Cisgiordania. Il governatorato di Hebron ha registrato il maggior numero di operazioni (34) e di arresti (66). Nel corso di sette operazioni di ricerca e arresto e di operazioni militari, le forze israeliane hanno sparato munizioni vere contro i Palestinesi che hanno lanciato pietre e, in alcuni casi, hanno aperto il fuoco contro le forze israeliane, causando 28 feriti palestinesi, di cui 13 da munizioni vive.

I coloni israeliani hanno ferito otto Palestinesi, e persone conosciute o ritenute essere coloni israeliani hanno danneggiato proprietà palestinesi in 11 casi. Il 19 e il 22 settembre, coloni israeliani hanno aggredito fisicamente e spruzzato pepe su otto palestinesi a Huwwara e al checkpoint di Za’atara (entrambi a Nablus). Complessivamente, 60 alberi di proprietà palestinese sono stati sradicati o vandalizzati nei pressi degli insediamenti israeliani vicino a Qaryut e Deir Sharaf (entrambi a Nablus) e Qawawis (Hebron). In otto incidenti, nell’area H2 della città di Hebron, vicino a Khirbet Bir al ‘Idd (Hebron), a Silat adh Dhahr (Jenin), a Burqa e Burin (entrambi a Nablus), a Sinjil e ad Al Mu’arrajat East (entrambi a Ramallah), almeno nove auto di proprietà palestinese sono state vandalizzate; il lancio di pietre avrebbe danneggiato tre strutture di sostentamento palestinesi.

Un colono israeliano è stato ferito e sono stati causati danni a una sinagoga e a un veicolo con targa israeliana quando persone ritenute palestinesi hanno aperto il fuoco verso l’insediamento israeliano di Carmel (Hebron) e contro veicoli israeliani che viaggiavano a Huwwara (Nablus). In altri sette incidenti, persone conosciute o ritenute palestinesi hanno lanciato pietre contro veicoli israeliani che viaggiavano sulle strade della Cisgiordania; di conseguenza, sei israeliani sono stati feriti e almeno sette veicoli sono stati danneggiati, secondo le fonti israeliane.

Dal 26 al 28 settembre, la centrale elettrica di Gaza ha chiuso una delle sue tre turbine operative a causa di una carenza di carburante dovuta alla chiusura del confine tra Israele e Gaza per le festività ebraiche. La produzione di energia, che dipende dal carburante in arrivo da Israele, si è ridotta da 70 a 50 megawatt. Le interruzioni programmate di elettricità sono aumentate da 12 a 16 ore al giorno, ostacolando la fornitura dei servizi di base.

Anche nella Striscia di Gaza, in almeno 39 occasioni, le forze israeliane hanno aperto il fuoco di avvertimento vicino alla recinzione perimetrale di Israele o al largo della costa, presumibilmente per far rispettare le restrizioni di accesso ad aree all’interno di Gaza. Secondo quanto riferito, la maggior parte degli incidenti ha costretto agricoltori o pescatori ad allontanarsi dalle loro aree di lavoro. Un uomo palestinese è stato arrestato mentre tentava di entrare in Israele attraverso la recinzione perimetrale vicino a Beit Lahiya. Quattro pescatori palestinesi sono stati arrestati e le loro barche sono state confiscate dalle forze navali israeliane al largo della costa di Gaza, vicino a Deir Al Balah. In quattro occasioni, le forze israeliane hanno effettuato un livellamento del terreno vicino alla recinzione perimetrale nell’area di Rafah.

Ultimi sviluppi (al di fuori del periodo di riferimento)

– Il 28 settembre, quattro palestinesi sono stati uccisi e decine di altri sono rimasti feriti in un’operazione militare israeliana che ha comportato uno scambio di fuoco con i palestinesi.

– Il 29 settembre, un bambino palestinese di 7 anni è morto durante un’attività svolta dalle forze israeliane a Tuqu’ (Betlemme); l’ONU ha chiesto un’indagine

(Maggiori dettagli su entrambi gli incidenti saranno forniti nel prossimo rapporto)

Questo rapporto contiene le informazioni disponibili al momento della pubblicazione. Dati più aggiornati e ulteriori suddivisioni sono disponibili su ochaopt.org/data.

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Chi volesse ricevere ogni due settimane via email una copia del Rapporto in italiano (oppure cancellarsi dalla mailing list) può richiederlo a: donatocioli@gmail.com




La Cisgiordania sta per esplodere e Israele fa poco per impedirlo

Amos Harel

4 settembre 2022 – Haaretz

L’accordo nucleare iraniano e la disputa marittima con il Libano proseguono, ma i funzionari della difesa israeliana sono più preoccupati per quello che sta succedendo in Cisgiordania

Quasi tutte le frequenti riunioni sulla sicurezza di Israele si concentrano sul nuovo accordo nucleare fra le potenze mondiali e l’Iran. La disputa sul confine marittimo tra Israele e Libano sta ancora infuriando, accompagnata da minacce violente da parte di Hezbollah. Ma, nelle ultime settimane, in tutti i colloqui con i funzionari della difesa in cima alla lista delle potenziali zone di escalation c’è il contesto palestinese, e in particolare la Cisgiordania.

Questa estate, agli inizi di agosto, nella Striscia di Gaza ci sono stati scontri durati tre giorni. La miccia che li ha accesi è stata l’arresto in Cisgiordania da parte israeliana del comandante del Jihad islamico palestinese. Come le precedenti, l’operazione a Gaza ha evidenziato la limitata capacità delle organizzazioni palestinesi nella Striscia di danneggiare Israele. Il muro costruito da Israele intorno al territorio ne limita notevolmente la penetrazione attraverso i tunnel e lo scudo antimissile Iron Dome [Cupola di Ferro] intercetta la maggior parte dei missili lanciati da Gaza. Hamas ha rivendicato il suo principale successo l’anno scorso durante l’operazione israeliana Guardiano delle Mura quando l’organizzazione ha incoraggiato le violenze sul Monte del Tempio a Gerusalemme e nelle città entro i confini israeliani antecedenti il 1967 dove la popolazione è mista, arabo-ebraica.

Maggiore è il rischio potenziale in Cisgiordania, come si è visto nella seconda intifada e, successivamente, in periodi più brevi, con attacchi di “lupi solitari” per circa sei mesi dall’autunno 2014 e, più recentemente, per circa due mesi questa primavera. La sfida principale, come anche dimostrato quest’anno, è l’impossibilità di impedire completamente ai potenziali terroristi di entrare in Israele dalla Cisgiordania attraverso brecce in alcuni punti nel muro o nella recinzione di separazione. Il risultato: sparatorie e accoltellamenti in Israele e la conseguente maggiore tensione con combattenti palestinesi quando le Forze di Difesa Israeliane [IDF, l’esercito israeliano, ndt.] rispondono con arresti in Cisgiordania.

La più recente ondata di attacchi terroristi è stata fermata a maggio, ma rimpiazzata da aspri e frequenti scontri nel nord della Cisgiordania, nelle zone di Jenin e Nablus. Gli scontri a fuoco durante le operazioni di arresto sono aumentati di dozzine di punti percentuali, come anche i tentativi di attacchi in zone remote contro campi militari e zone civili in Cisgiordania.

Qui abbiamo elencato più di una volta le ragioni: un declino della capacità dell’Autorità Palestinese (ANP) di controllare gli eventi, l’ingresso di organizzazioni locali nel vuoto creatosi, l’esitazione dei meccanismi di sicurezza palestinesi nell’affrontarli e la passività israeliana, espressa anche nella totale paralisi del processo diplomatico (e nella taccagneria quando si tratta di gesti economici). Il timore che questa miscela esplosiva diventi ancora più infiammabile, invischiando Israele e i palestinesi in un altro lungo periodo di escalation, una terza intifada o una versione leggermente più contenuta, emerge in conversazioni con alti funzionari nella sicurezza: il servizio di sicurezza Shin Bet, l’intelligence militare, il Comando Centrale dell’ IDF e l’ufficio del coordinatore delle attività governative nei Territori.

In tutti questi dialoghi si descrive un lento ma quasi certo sprofondare verso il conflitto. L’ANP raramente manda le sue forze di sicurezza nei campi profughi, nei centri delle città e in certi villaggi della Cisgiordania settentrionale. Hamas infiamma la tensione, ma non la controlla. In assenza di attività del meccanismo di sicurezza dell’ANP, l’IDF incrementa le proprie. Nel passato questo metodo è stato descritto come un’efficace “falciatura”: numerosi arresti multipli portano a indagini che a loro volta producono intelligence e altri arresti e gradualmente riducono la portata del terrorismo.

Ma ora si teme che si sia creato un circolo vizioso: la maggior parte degli arresti prende di mira non i veterani fra gli attivisti, ma giovani militanti che hanno sparato contro le forze israeliane. E ogni altra morte di palestinesi durante le azioni dell’IDF intensifica il desiderio di vendetta e trascina altri giovani nel circolo vizioso delle tensioni. L’esercito stima che circa 200 combattenti palestinesi siano stati coinvolti negli scontri recenti, solo a Nablus. Questi sono numeri mai visti in Cisgiordania da anni, probabilmente fin dall’operazione Scudo Difensivo nel 2002, il punto di svolta della seconda intifada. 

Un’altra profonda differenza è la grande quantità di armi presenti oggi in Cisgiordania. Al culmine dell’intifada anche le forze di sicurezza dell’ANP avevano preso parte agli scontri. Fino ad ora questo non è successo, ma le armi automatiche sono molto più comuni nelle strade palestinesi, disponibili a ogni cellula locale. Questo è il risultato di anni di contrabbando dalla Giordania e di furti nel territorio israeliano e dalle basi dell’IDF. In qualche modo il fenomeno è simile a quello che è successo nelle comunità arabe in Israele, dove le pistole sono usate principalmente a scopi criminali, non ideologici. Un funzionario della difesa ha detto ad Haaretz: “Nel corso degli anni la crescita del numero delle armi ricorda quella dei telefonini”.

Le agenzie israeliane di intelligence non possono prevedere se e quando il punto di non ritorno trascinerà la Cisgiordania verso una drammatica escalation. Un allarme strategico lanciato dall’intelligence militare circa sei anni fa è finito nel nulla, ma in questo periodo c’è stato un significativo aumento della frustrazione in Cisgiordania e delle critiche nei confronti del presidente palestinese Mahmoud Abbas, sulla cui successione è in atto uno scontro aperto.

In questo contesto si deve anche citare il Monte del Tempio. L’operazione Guardiano delle Mura è stata scatenata quando i leader di Hamas a Gaza hanno lanciato razzi in risposta agli scontri all’interno del complesso [la Spianata delle Moschee, ndt.] durante il mese di Ramadan, quando i sentimenti religiosi si accendono e ogni divergenza locale sulla moschea Al-Aqsa è vista come una questione di vita o morte. Passato un anno le dispute intorno al sito hanno minacciato di innescare un’altra serie di violenze che poi sono scoppiate ad agosto, ma per altre ragioni.

Il Ramadan arriverà anche il prossimo anno, ma quello che sta succedendo nel frattempo è l’erosione continua dello status quo nel complesso [della Spianata delle Moschee, ndt.] a favore della parte ebraica, in un modo che irrita i musulmani. Ha a che fare con l’erosione della proibizione religiosa ebraica sulle loro visite al sito, accompagnata dalla volontà del governo e della polizia di permettere troppi visitatori. I cambiamenti richiedono un aumento della coordinazione fra Israele, Giordania e il Waqf, l’istituzione religiosa che gestisce il complesso di Al-Aqsa, per rivedere i vecchi accordi la cui storia e le esatte disposizioni sono note a pochi. Abdullah, il re di Giordania, esprime regolarmente la sua collera per la condotta israeliana, ma successivi governi israeliani hanno fatto ben poco a questo proposito. Hanno invece lasciato che i rabbini e le organizzazioni di ebrei che frequentemente visitano il luogo dettino nuove regole inaccettabili per la Giordania e i palestinesi. Come nel passato ciò potrebbe avere risultati drammatici per l’area.

Più sicurezza

Tutto quello qui descritto è ben noto ai leader politici di Israele. Ma guardare sempre alla destra, a quello che dirà il capo dell’opposizione Benjamin Netanyahu, rende difficile per il governo a interim di muoversi per sostenere l’ANP e ancor più riprendere i negoziati di pace.

Sembra che influiscano sulla situazione anche la gara e le rivalità tra il primo ministro Yair Lapid e il ministro della Difesa Benny Gantz (l’unico politico che mantiene ancor contatti diretti e regolari con i leader dell’ANP). Il timore di essere visti come troppo di sinistra paralizza i membri del cosiddetto governo del cambiamento. E bisogna ammettere che persino gli esperti nei vari ministeri del governo, che espongono le loro preoccupazioni in discussioni riservate, non fanno molto per lanciare l’allarme pubblicamente. La luce rossa è accesa: è probabile che a un certo punto ci sarà un’esplosione.

C’è un’altra cosa da tener presente: quando scoppiò la seconda intifada nel settembre 2000, in Cisgiordania vivevano circa 200.000 israeliani. Oggi (secondo l’ufficio centrale di statistica) sono circa 450.000 escludendo i circa 300.000 che stanno nei quartieri di Gerusalemme al di là della Linea Verde [il confine tra Israele e Cisgiordania prima dell’occupazione nel 1967, ndt.]. Come per i palestinesi, una larga parte di loro non ha vissuto di persona la seconda intifada. Il maggiore rischio per la sicurezza a cui sono abituati sono le pietre tirate contro le macchine in autostrada, non gli scontri a fuoco. Nel corso degli anni le colonie in Cisgiordania si sono allargate e in pratica hanno annesso enormi estensioni di terreno come avamposti delle colonie. Un nuovo conflitto in Cisgiordania dovrà garantire la protezione di aree popolate più ampie e la sicurezza costante a molti più israeliani.

Uno strano consenso

Cinquant’anni fa proprio in questo mese il giornalista americano David Halberstam pubblicò “The Best and the Brightest,” [I migliori e i più intelligenti], un classico che documentava il ruolo degli USA nella guerra del Vietnam. Halberstam ha descritto come l’America fosse sprofondata in un conflitto sanguinoso e futile proprio con due presidenti, John Kennedy e Lyndon Johnson, che apparentemente erano circondati dai migliori consulenti.

Potrebbe benissimo essere che il conflitto israelo-palestinese sia più complesso. Inoltre si svolge non a 13.000 chilometri di distanza da casa, ma anzi nel quartiere dall’altra parte della strada. Eppure non è difficile notare alcune somiglianze, a cominciare dall’insistenza con cui si ignora tutto quello che i palestinesi comunicano e segnalano, come se Israele agisse in un vuoto. Questa è l’origine dello strano consenso che è prevalso qui in anni recenti, per cui in Israele, in assenza di un accordo politico sulla soluzione auspicata, sarebbe possibile continuare a gestire il conflitto per sempre, senza subire alcune conseguenze. Questa sembra un’illusione che, alla fine, svanirà davanti alla realtà.

(traduzione dall’inglese di Mirella Alessio)